verso nuove opportunità per le telecomunicazioni
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verso nuove opportunità per le telecomunicazioni
50 SERVIZI VERSO NUOVE OPPORTUNITÀ PER LE TELECOMUNICAZIONI Roberto Saracco 51 NETWORK SERVIZI 1 Introduzione Se da un lato il business della connettività si va trasformando in una “utility”, con tempistiche diverse in varie parti del mondo, dall’altro si stanno aprendo nuovi spazi di business che fanno leva sul trinomio connettività, awareness e dati. A questi tre pilastri corrisponde il mondo delle Telco (molti attori frammentati e geograficamente localizzati), del Consumer Electronics (pochi attori con footprint mondiale o almeno multinazionale) e di Google (preso come principale rappresentante, ma esiste una pletora di altri da big come Facebook, a emergenti come Pachube). Il business deriva dalla capacità di sfruttare le potenzialità che questo “mix” offre. 2 Dal 2% al 10%: un business in crescita Il sistema telecomunicazioni oggi rappresenta un 2-3% (medio) del PIL nei paesi sviluppati (40 Mld vs 1600 Mld in Italia). Nei prossimi anni, grazie ad una reingegnerizzazione dei processi di business, dall’agricoltura al trasporto, dall’education alla sanità, dall’energia all’ambiente, le telecomunicazioni dovrebbero portare un’efficienza stimata dalla Sloan School of Economics1 in un 5-6%, grazie allo sfruttamento dei 1 http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=1819486 dati resi disponibili dalla Information Society ed ulteriori punti percentuali sarebbero possibili dal decremento dei costi tecnologici nei diversi settori. Questo significa che il sistema di telecomunicazioni avrà a disposizione un mercato cinque volte maggiore di quello attuale. Non è un mercato, però, a cui possono accedere solo quelli che oggi sono gli attori delle telecomunicazioni. Infatti, man mano che le telecomunicazioni diventano pervasive, si sfumano i confini tra ciò che significa essere un attore nel settore delle telecomunicazioni in quanto possessore di una infrastruttura di connettività ed essere attore in quanto gestore di connettività. Anche il modo che abbiamo di definire OTT INFORMATICA L' attenzione generale, oggi, è sulla transizione da rame a fibra e da 3G a LTE nel wireless. Entrambe sono evoluzioni “lineari” del sistema di telecomunicazioni degli ultimi 20 anni, un sistema che ha messo insieme varie forme di comunicazione di informazioni spesso definite multimediali. Alcuni tendono a considerare queste evoluzioni come una discontinuità: l’aumento di capacità dell’infrastruttura, in effetti, è significativo: due ordini di grandezza. Dal mio punto di vista, tuttavia, tendo a considerare questa evoluzione come lineare, anche perché negli ultimi quindici anni abbiamo già avuto una crescita di capacità di due ordini di grandezza; un’evoluzione che, al massimo, accentua la differenza tra offerta e domanda e deprime gli introiti degli Operatori. Al riguardo, e come caso limite, basta guardare ad Hong Kong dove esiste il servizio a 100 Mbps, simmetrico, offerto a 10 euro al mese e dove il passaggio a 1 Gbps, simmetrico, a partire da aprile 2011, offerto a 20 euro al mese non ha generato particolare interesse, essendo i 100 Mbps giudicati adeguati dalla stragrande maggioranza degli utilizzatori. In questo articolo intendo condividere alcune riflessioni che sono state fatte al Future Centre e che sono state oggetto di discussione anche all’IEEE Technology Time Machine, un evento organizzato per discutere le telecomunicazioni oltre questa decade. Interessante notare che tra i tanti punti affrontati in quella sede, non ve ne fosse uno relativo alla banda. Questo è considerato un punto consolidato in un’ottica 2020. INFORMATICA SERVIZI NETWORK 52 (Over The Top) chi utilizza le nostre infrastrutture per offrire servizi con connettività embedded (da Skype, a Amazon-Kindle, a Pachube) è indicativo della polarizzazione della nostra prospettiva. I cosiddetti OTT non si considerano affatto tali. Secondo loro sono dei semplici fruitori dell’infrastruttura di telecomunicazioni, così come lo è chi solleva la cornetta. Ci sentiamo forse OTT quando facciamo una telefonata o quando accediamo al sito di un giornale o quando facciamo un fax? Perché mai dovremmo esserlo se vi accediamo tramite una Apps che fa riferimento ad un sito specifico, piuttosto che ad informazioni sul Cloud? La buona notizia, quindi, è che il volume di business legato alle comunicazioni si moltiplicherà in questa decade; quella cattiva è che questo business è potenzialmente aggredibile da una varietà di attori che non avranno, per la maggior parte, significative barriere di ingresso. Sperare nella sopravvivenza di barriere regolatorie potrebbe essere controproducente nel momento in cui queste verranno abolite. Si ricordi la sentenza del 1956, in cui AT&T perse la causa contro Hush-a-phone, un sistema che si attaccava sulla cornetta (un vero e proprio OTT), per aumentare la privacy di una conversazione e che AT&T considerava illegale in quanto sfruttava la propria infrastruttura senza generare alcun introito per lei. Inoltre, ritengo che la visione OTT sia semplicistica, specie in una prospettiva futura. Come chiameremo quelle aziende e servizi, che sfrutteranno servizi oggi forniti dai cosiddetti OTT? OOTT? E poi aumenteremo il numero delle “O”?! Non sarebbe neppure corretto, visto che stiamo assistendo all’emergere di ragnatele, in cui un servizio utilizza, spesso in modo dinamicamente variabile, diverse componenti derivanti da altri servizi preesistenti. Pensiamo a Twitter: tipicamente un OTT, che potrebbe essere utilizzato Figura 1 - La pubblicità di Hush-a-phone come infrastruttura di comunicazione per il mondo delle Internet of Things, creando un meccanismo di segnalazione, ma anche di archiviazione e quindi una banca dati su cui potrebbe basarsi un Pachube bis. Questo nuovo mondo è quello degli ecosistemi e in questo mondo diventa difficile identificare gerarchie. Le food chain che osserviamo in natura sono gerarchiche solo in prima approssimazione. Quanto più entriamo nel dettaglio, tanti più attori appaiono moltiplicando le relazioni e di fatto annullando la visione gerarchica. Questo è il motivo per cui i biologi hanno difficoltà a prevedere l’impatto di cambiamenti locali sul contesto complessivo. L’Internet of Things rappresenta, in prospettiva, un settore di estremo interesse dal punto di vista concettuale proprio per la numerosità degli attori e relazioni coinvolte, non solo quindi per essere un salto tra le telecomunicazioni di oggi e quelle di domani. 2 Internet of Things Oggi abbiamo probabilmente intorno ai 15 miliardi di punti di utilizzazione di comunicazioni, 6 miliardi di televisori, 5 miliardi di telefonini, 3 miliardi di telefoni (mal contati e comprendenti anche le derivazioni interne) e 1 miliardo di sensori (incluse le CCTV). In questa decade non dovremmo avere un significativo incremento di televisori, telefonini e telefoni, ma assistere piuttosto ad un enorme incremento di sensori. Cisco stima 50 miliardi di sen- sori al 2015, HP arriva a 1.000 miliardi al 2020. Sono numeri enormi, che, anche se affetti da un errore di un ordine di grandezza, porterebbero comunque ad una prevalenza di punti di comunicazione utilizzati da “cose” piuttosto che da persone. Ciascuno di questi punti sarà identificato da un indirizzo IP, cosa possibile con il passaggio a IPv6. Che poi la comunicazione tra questi oggetti, a livello locale, si basi su IP è perlomeno incerto. Il protocollo IP è relativamente dispendioso in termini energetici, per cui è probabile l’adozione di altri sistemi di segnalazione e trasporto. Questo insieme di “cose connesse” è chiamato IoT (Internet of Things) e ipotizza un mondo in cui le cose si scambiano dati per portare ad ambienti in grado di avere una consapevolezza (awareness) della loro composizione e delle funzionalità disponibili. In questi ambienti, ad esempio, la temperatura verrebbe regolata sulla base delle necessità locali. Una medicina che deve essere conservata a 10 gradi porta il sistema di condizionamento a garantire, in quel punto, quella data temperatura. Una persona che soffre di asma, e che quindi ha problemi a temperature elevate, entrando in un ambiente, automaticamente troverà il condizionamento regolato sulla temperatura più opportuna (l’identità di ciascuno di noi sarà rilevabile elettronicamente attraverso varie tecnologie2 e da questa l’ambiente potrà accedere alle caratteristiche collegate). Ovviamente, l’IoT ha bisogno di un sistema di connettività pervasivo, in generale a basso consumo energetico e 2 Google ha già pronto, ma non attivo per problemi sulla privacy, un sistema di riconoscimento delle facce. Lo stesso lo troviamo su iPhoto di Apple e, annunciato in maggio 2011 anche in Facebook). Non è quindi indispensabile ipotizzare una tag RFID come sistema di identificazione… 53 Internet with Things Se non vi è dubbio che le IoT, specialmente i sensori, moltiplicheranno il numero di entità connesse alla rete, credo che una crescita significativa sarà rappresentata da oggetti più complessi che saranno collegati alla rete e utilizzeranno questo collegamento non solo per dialogare con altri oggetti (o computer), ma soprattutto per dialogare con noi. In un prossimo futuro collegandoci ad Internet secondo Sergey Brin potremo cercare le nostre chiavi ed ottenere una risposta, in quanto Internet non conterrà solo servizi e informazioni ma anche “cose”: per questo si può parlare Figura 2 - Nikon D300 INFORMATICA 3 di Internet con le cose, IwT (Internet with Things). Se dal punto di vista quantitativo l’IoT sovrasta l’IwT, dal punto di vista del business generato l’IwT pare molto più promettente. Nell’IwT cambiano le catene del valore; un prodotto dal momento in cui è concepito (Nikon D300) porta alla creazione di una sua immagine virtuale presente nel web. Nel momento in cui viene venduta un’istanza di quel prodotto (una macchina fotografica D300 con un ben preciso numero di serie), viene creato nel web la corrispondente istanza, associabile tramite un meccanismo di opt-in all’acquirente. A questo punto si è creato un legame, attraverso Internet con la macchina fotografica (direttamente o indirettamente) che consente al produttore di restare agganciato all’utilizzatore e a terzi di sviluppare add on che si agganciano all’istanza virtuale presente nel web e, tramite questa, all’istanza reale nelle mani dell’utilizzatore. Si è venuto così a creare quel meccanismo ipotizzato precedentemente di intermediazione tramite la rete (e dal punto di vista realizzativo, tramite il cloud). Questo meccanismo, se diffu- SERVIZI dalla rete cercherà soluzioni che siano sufficientemente flessibili da adattarsi a qualunque prodotto. In questo contesto non vedo bene soluzioni basate su gateway imposti da terzi. Vedo invece la possibilità di creare dei gateway software, probabilmente nel cloud, che facciano azioni di intermediazione. E questo mi porta al punto successivo. NETWORK senza “fili”. Quindi di reti locali wireless. Queste hanno un consumo energetico, che aumenta molto rapidamente al crescere della distanza. Dato che l’elaborazione ha un costo energetico molto inferiore conviene avere delle reti ambientali, in cui ogni elemento comunica con quelli più vicini e questi fanno da transito per comunicazioni sempre più distanti fino ad arrivare ad un punto di connessione con una rete fissa, in cui i consumi sono molto inferiori a quelli di una rete wireless. Il transito porta all’introduzione di ritardi, ma in genere per l’IoT questo non è un problema. Il vantaggio di questo sistema di comunicazione (detto anche ad “hop”) risiede nella sua capacità di riconfigurazione dinamica e nell’estrema robustezza. Il punto dolente è nella maggiore complessità dei circuiti del singolo nodo (oggetto, sensore), ma visto la discesa dei costi ,questo fattore in pratica scompare in un orizzonte a 5 anni. Inoltre la comunicazione locale tra le IoT da un lato porta ad aggregazioni spontanee, che caratterizzano un ambiente, e dall’altro sposta il livello di interazione per la rete dalla terminazione all’ambiente stesso. Chi sarà ad adattare e ad interpretare i flussi informativi? La rete che conosce la struttura e le caratteristiche dell’ambiente collegato o sarà l’ambiente stesso? Dal punto di vista tecnico ci sono pro e contro in entrambe le soluzioni, ma come accade quando esistono alternative tecnologiche sono le forze del mercato che determineranno la scelta. Dal punto di vista del mercato abbiamo una varietà di attori, chi popola l’ambiente a partire dal bordo, chi lo popola in termini di servizi e quindi a partire dalla rete (contenuti, applicazioni) e chi lo vive e che in qualche modo si fa carico dei costi. Visto che gli attori sono diversi e ciascuno ha una propria logica, avremo che chi parte dai bordi adotterà soluzioni che differenziano il prodotto, mentre chi parte NETWORK 54 Oggetto Reale Rappresentazione in Rete Vmax u SERVIZI Vi+1 Vj Vi INFORMATICA Vmin Clone nel Cloud π(Vmax) π(Vi+1) evi π(Vi) π(Vj) π(Vmin) Figura 3 - La Rete come elemento di intermediazione so, nel tempo porta alla creazione di un mondo virtuale che garantisce a tutto il sistema economico transazioni a bassissimo costo (basta raggiungere l’istanza virtuale, per erogare un servizio sull’istanza reale; il tutto a costi tipici di internet). Questo meccanismo innesca un ciclo virtuoso in cui i prodotti aumentano nel tempo il loro valore grazie ad un mash up di servizi, che sfrutta cicli di produzione e distribuzione a basso costo. Quegli ambienti, di cui parlavo prima per le IoT, si trovano a corrispondere ad altrettanti ambienti virtuali gestibili a livello del cloud e completamente disintermediati dalle politiche specifiche dei singoli costruttori. Unico requisito la “messa in rete” della copia virtuale e il suo collegamento (con le modalità scelte dal singolo costruttore) con l’istanza reale. Conclusioni Realizzare uno schema di questo tipo in un contesto basato su catene di valore comporta estenuanti trattative per arrivare a standard condivisi (o meglio, adottati). Oggi, però, siamo sempre più in un contesto in cui le catene di valore si trovano immerse in ecosistemi e questa creazione del mondo virtuale per le IwT avviene proprio in questo spazio. Quello che occorre è qualcuno che prenda l’iniziativa e cominci a costruire il framework, aggregando man mano alcuni costruttori convinti che l’apertura del prodotto (cioè la messa a disposizione di API) non costituisca una perdita di controllo, ma un sistema per aumentare il valore percepito. Un Operatore di Telecomunicazioni potrebbe farsi promotore di questo nuovo modo di vedere il sistema produttivo, distributivo e di rapporto con i clienti. Le telecomunicazioni proseguirebbero sulla strada che le porta a diventare embedded, ma lo farebbero da protagoniste, guidando gran parte del sistema economico. Ed è proprio in questo, che ritengo vi sia uno spazio di business enorme per la Nuvola, una nuvola che diventa motore per produzione, distribuzione, aggregazione e gestione di prodotti servizi e ambienti ■ [email protected] API: Acronimi Application Programming Interface CCTV: Closed Circuit Television IoT: Internet of Things IwT: Internet with Things LTE: Long Term Evolution OTT: Over The Top OOTT:Over Over The Top 55 Diplomato in informatica e laureato in matematica con un perfezionamento in fisica delle particelle elementari. Nei quasi quarant'anni in Telecom Italia ha partecipato a molti progetti di ricerca in commutazione, reti dati, gestione della rete, occupando varie posizioni di responsabilità. Negli ultimi dieci anni i suoi interessi si sono spostati verso gli aspetti economici dell’innovazione. Attualmente è responsabile per Future Centre di Telecom Italia, dove guida gruppi di ricerca sulle implicazioni economiche dei nuovi ecosistemi e scenari di business. È senior member dell’IEEE, tra i direttori della Communication Society, coChair del Communications Future Program del MIT, nonché autore di numerose pubblicazioni in Italia e all’estero. SERVIZI Roberto Saracco