RIPARTE l`Italia con la Road Map del CoLAP

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RIPARTE l`Italia con la Road Map del CoLAP
RIPARTE l’Italia con la Road Map del CoLAP
@CoLAP_Nazionale
#RIPARTELITALIA
#RoadmapCoLAP
#siamofiduciosi
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Sponsor dell’evento
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Indice
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Introduzione a cura di Emiliana Alessandrucci,
Presidente CoLAP Nazionale
Road Map CoLAP: le proposte delle professioni associative
per far ripartire l’Italia
1. Previdenza
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2. Formazione e Politiche Attive
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3. Fisco 12
4. Il ruolo delle Regioni e dell’Europa nel sistema delle libere
Professioni
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I tavoli di proposte organizzati dal CoLAP:
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5. Proposte per la semplificazione amministrativa
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6. Proposte a supporto dei Beni Culturali
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Approfondimenti
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4
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1. “Nuova direttiva Qualifiche ed EQF” di Angelo Paletta,
Prof. Università Alma Mater Studiorum di Bologna
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2. “Jobs Act e professionisti” di Pasquale Passalacqua,
Prof. Associato di Diritto del lavoro, Università di Cassino
e del Lazio Meridionale
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3. “La certificazione delle competenze in Italia nel quadro
europeo delle qualificazioni” di Riccardo Mazzarella,
Ricercatore Isfol
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Conclusioni a cura di Stefano Cordero di Montezemolo,
Presidente Comitato Scientifico CoLAP
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Introduzione
A cura di Emiliana Alessandrucci, Presidente CoLAP Nazionale
Per ripartire occorre avere una spinta, una passione, una gran forza, molto
coraggio e una buona idea.
Ragionando in uno dei nostri vivaci direttivi abbiamo compreso che tutti noi,
come organizzazione e come singoli, eravamo in possesso delle caratteristiche necessarie per aiutare il nostro Paese a ripartire; e ognuno, in modo più
o meno strampalato, più o meno strutturato aveva in mente quell’idea che
avrebbe contributo a ricostruire, ripensare, progettare il cambiamento. Siamo
gli attori del pensiero divergente; di quel modo di vedere le cose diversamente, siamo capaci di cambiare prospettiva e scoprire che nulla è come appare e
che gli occhiali vanno cambiati per mettere a fuoco meglio cosa sta avvenendo, cercando di interpretare cosa avverrà. Molte sono le teorie del cambiamento, ma quella che mi ha sempre convinto di più delle altre è la teoria del
passo laterale e del disordine. Il passo laterale è il primo fattore del pensiero
divergente; per vedere le cose che accadono in maniera diversa, occorre per
prima cosa cambiare la propria prospettiva, abbandonando con coraggio la
posizione fino a quel momento assunta per andarne ad occupare una meno
certa ma diversa. La nuova posizione crea disordine, ovvero sovverte un ordine precostituito e questo è già cambiamento; solo dopo aver rimesso tutto in
gioco (in disordine appunto) si può pensare alla trasformazione dei ruoli, degli obiettivi, delle funzioni, dei vincoli. Per questo chiediamo di fare #reset,
perché per ripartire occorre liberarsi dai pregiudizi, dalla immobilità e tentare
di abbandonare vecchi e inefficaci modelli in favore di nuove idee, nuove proposte e nuovi interlocutori. Su questa idea un pizzico rivoluzionaria si sono
avviati i lavori per la messa a punto della #RoadmapCoLAP per contribuire
alla ripartenza dell’Italia. Il nostro vuole essere un approccio costruttivo e
propositivo, le professioni associative sono la parte viva del nostro paese e
siamo sicuri che le nostre proposte e il nostro pensiero innovativo possano
essere molto utili per ripensare le nostre politiche economiche, sociali e occupazionali.
Abbiamo deciso di avviare questa riflessione interna, facendo una riunione
dei Presidenti delle associazioni CoLAP il 10 e 11 aprile a Sabaudia, per
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preparare la nostra mappa da offrire alla politica e alle istituzioni. Le idee
nuove ci sono e spesso la loro realizzabilità è più semplice della resistenza al
cambiamento che riscontriamo.
Sono stati i due giorni dei pensatori divergenti, si possono descrivere così.
La nostra Road Map è fatta, come tutte le mappe, da strade con curve larghe
e strette in grado di far terminare la salita e lasciar pensare che tutte le mete
sono raggiungibili se percorse con dedizione, passione e determinazione.
Abbiamo proposte per rinnovare: Previdenza, Formazione e Politiche attive, Fisco e Lavoro, il ruolo delle Regioni e dell’Europa nel sistema delle
professioni e della competitività; ma anche delle idee innovative per i beni
culturali, la semplificazione amministrativa e le potenzialità del rapporto
tra le professioni del benessere e quelle sanitarie. Abbiamo la presunzione
di saper proporre; questa è la nostra prima certezza.
La legge 4/2013 affida alle associazioni professionali il ruolo di garante delle
professioni associative e di rappresentanza di un settore economico ancora
sotto rappresentato. Il CoLAP come forma aggregativa riconosciuta dal Ministero dello Sviluppo economico è voce autorevole di questo nostro mondo. Siamo convinti che possiamo contribuire maggiormente alla ripresa del
trend economico e che i contributi che possiamo dare non sono solo relativi
all’innalzamento del PIL da noi prodotto (già 7%), ma sono relativi anche
ad introdurre una nuova visione del mondo del lavoro, della professione e
dell’autoimprenditoria.
Siamo gli attori del cambiamento di cui necessita questo paese.
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“Aiuto sto cambiando” disse il ghiaccio
“Sto diventando acqua come faccio?
Acqua che fugge nel suo gocciolio!
Ci sono gocce, non ci sono io!”
Ma il sole disse “Calma i tuoi pensieri
Il mondo cambia, sotto i raggi miei
Tu tieniti ben stretto a ciò che eri
E poi lasciati andare a ciò che sei”
Quel ghiaccio diventò un fiume d’argento
Non ebbe più paura di cambiare
E un giorno disse “Il sale che io sento
Mi dice che sto diventando mare
E mare sia. Perché ho capito, adesso
Non cambio in qualcos’altro, ma in me stesso”.
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1.Previdenza
Premessa
Gestione Separata: Con la legge 08/08/1995 n°335, articolo 2, comma 26,
si inserisce l’obbligo di iscrizione alla GS per chi esercita per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo di cui al comma 1
dell’art.49 (ora art. 53) del Testo Unico delle Imposte Dirette; nonché per i
titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui al comma 2 dell’art. 49 (ora art.53); e gli incaricati alla vendita a domicilio.
v Le aliquote contributive sono state sensibilmente variate nel tempo,
da parte dell’Istituzione; partiti con un 10% nel 1996, con l’aumento
di un punto percentuale contenuto nell’art.22, comma 1, della legge
12-11-2011 n° 183, con effetto dal 01/01/2012 si è arrivati al 27,72%
(l’aliquota è invece del 18% per coloro che sono iscritti ad altra forma di
previdenza e/o pensionati).
Il contributo è ripartito con modalità diverse a secondo della forma contrattuale con la quale si lavora:
•
I lavoratori autonomi pagano l’aliquota intera, con diritto di rivalsa
al 4%;
•
I co.co.pro pagano un contributo che per 2/3 è a carico del committente e per 1/3 a carico del lavoratore.
LA LEGGE FORNERO prevede l’aumento dell’aliquota contributiva di un punto
percentuale l’anno fino ad arrivare al 33,72% (previsto per il 2018).
I redditi medi delle partite iva afferenti alla GS si sono ridotti nel 2013 del
13,3% rispetto al 2012; passando da un reddito lordo annuo di 18.257 (2012)
a 15.837 (2013) euro. Qualora le aliquote contributive salissero (oggi saremmo al 30,72%) partendo da uno stesso reddito lordo, il lavoratore a partita
IVA, afferente alla gestione separata dell’INPS, avrebbe un reddito netto tra il
40% e il 50% inferiore a quello del lavoratore dipendente. Simulazione: reddito 12 mila euro annui lordi netto mensile euro 515; un lavoratore dipendente
con stesso reddito arriva ad un netto mensile di Euro 903,25. Attualmente
con l’aliquota del 27,72% con un reddito lordo medio di 18.640 euro, il netto
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mensile è di euro 723; con lo stesso reddito il lavoratore dipendente ottiene
euro 1283 netti mensili. Per le altre partite IVA di professioni ordinistiche
le contribuzioni variano lievemente tra cassa e cassa, il contributo più alto
arriva al 14%. Per le altre casse INPS invece, il contributo più alto lo pagano
i commercianti e gli artigiani rispettivamente il 21,84% e il 21,75%, solo fra
sei anni arriveranno all’aliquota del 24%.
La situazione attuale è ancora provvisoria: il decreto milleproroghe del 2015
ha prorogato l’aliquota al 27% per tutti i professionisti a partita IVA esclusiva
per il solo anno 2015.
Altri due fattori incidono fortemente sul tema delle pensioni: rendimenti
legati al PIL e calcolo in base al sistema contributivo.
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Proposte
Divisione nella GS dei professionisti a partita iva e lavoratori parasubordinati
Blocco dell’aliquota al 27% in via definitiva (riduzione per i Giovani
fino a 29 anni, del 50% della contribuzione per fascia di reddito fino
a 30.000 euro)
Rivalsa ferma al 4%
Tutele piene: Revisionate ed incentivate (es. indennità di malattiamalattie lunghe e oncologiche – Maternità/paternità utilizzo flessibile
e interscambiabile dell’astensione obbligatoria).
Reversibilità
Riconsiderare i fattori legati al rendimento (PIL negativo!)
Rivedere tutte le pensioni calcolate sul retributivo per evitare scontro
generazionale: chiedere un sacrificio a tutti.
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2.Formazione e Politiche Attive
Premessa
La Legge 4/13 impone ai professionisti iscritti alle associazioni l’obbligo
della Formazione Permanente; Il rappresentante legale dell’Associazione è
garante di questo adempimento; ma non esistono sistemi di supporto all’assolvimento di tale dovere.
L’accesso ai finanziamenti predisposti dai Fondi interprofessionali è limitato
a quei soggetti, che versano lo 0,30% della propria aliquota contributiva
all’INPS (e poi al fondo).
Il FSE predispone finanziamenti per impresa, disoccupati, inoccupati; la figura del professionista a partita IVA non è contemplata come beneficiario del
finanziamento o dell’agevolazione (vedi garanzia giovani). Al contempo, il
dipendente di un’impresa interviene troppo poco nella definizione del proprio
bisogno formativo e laddove interviene, lo fa indirettamente.
•
Non esistono politiche attive a favore dell’occupabilità del professionista
a partita IVA
•
non esistono strumenti opportuni per rendere i pagamenti delle prestazioni esigibili.
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Proposte
Non si deve assimilare il professionista all’imprenditore, il professionista non è impresa, è necessario aggiungere la categoria del professionista associativo, in possesso dell’attestato ai sensi della legge 4/2013
tra i beneficiari dei finanziamenti, delle agevolazioni, dei supporti.
Inserire il mondo delle Professioni associative all’interno delle attività
pubbliche di promozione dell’occupabilità: giornate di orientamento
per neolaureati, disoccupati, inoccupati; sinergie tra associazioni e
centri per l’impiego, tra associazioni e camere di commercio, tra associazioni e Università.
Stanziare finanziamenti per le start up professionali.
Permettere anche al professionista a partita IVA di accantonare lo 0,30
della propria contribuzione previdenziale (ovviamente senza aumentare aliquota) per poter accedere ai piani formativi proposti dai fondi
interprofessionali.
Rendere completamente deducibile la formazione come strumento di
politica attiva per mantenere alta l’occupabilità.
Allargare la partecipazione del dipendente nella definizione del fabbisogno formativo, tenendo maggiormente in considerazione anche il
fabbisogno formativo personale.
Implementare il sistema di voucher anche per i dipendenti.
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3.FISCO E LAVORO
Premessa
La pressione fiscale che subiscono i professionisti è tra le più alte in Italia ed
è stimata intorno al 60%.
La complessità delle norme fiscali e la loro, spesso improvvisa variazione,
oltre ad essere un deterrente per chi vuole intraprendere la libera professione,
può divenire una vera difficoltà di gestione e un alibi per chi intende pregiudizialmente evadere.
Il sistema de minimi oggi prevede una doppia possibilità di scelta per il solo
anno 2015:
-
Per i primi 5 anni fino ad un reddito di 30.000 euro imposta mista pari
al 5%
-
Per redditi fino a 15.000 imposta mista pari al 15% (senza limiti di tempo di utilizzo)
Proposte
Regime de minimi: soglia di reddito 30.000 euro, imposta mista 10%,
senza limiti di utilizzo anagrafici o temporali del regime; decontribuzione per i primi tre anni di attività al 50%
Defiscalizzazione indiscriminata per Start Up (primi tre anni)
Semplificazione adempimenti fiscali
Stabilità e certezza nel tempo della normativa fiscale
Istituzione delle S.T.P.A. (società tra professionisti associativi)
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4.Il ruolo delle Regioni e dell’Europa nel
sistema delle libere Professioni
La legge 4/2013 nasce insieme al decreto 13/13; entrambi gli atti normativi
fanno riferimento a forme di “certificazione “professionale o delle competenze del professionista. La legge 4/13 prevede la possibilità per le associazioni
professionali di rilasciare l’attestazione di qualità e qualificazione professionale dei servizi e la certificazione secondo norma tecnica UNI; il decreto
13/13 cerca di integrare i vari repertori regionali creando un repertorio nazionale e affida agli enti titolati il ruolo di “certificatori delle competenze”
(documento di validazione ai sensi del decreto 13/13 e del decreto interministeriale 22/01/2015. Ci troviamo così davanti a tre sistemi diversi che ancora
non si sono integrati.
Il decreto 13/13 e ancor più il decreto interministeriale, nascono in qualche
modo dall’esigenza manifesta di attivare un processo di revisione e innovazione delle professioni anche in Italia, voluto fortemente dall’Europa ed implementato dalla revisione della direttiva qualifiche. Le innovazioni maggiori
apportate da tale revisione sono:
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L’esercizio trasparenza per rivedere le riserve professionali
-
La tessera professionale
-
Il riconoscimento reciproco delle qualifiche
La direttiva qualifiche sempre più si integra con il sistema EQF (gli otto livelli
riconosciuti dall’Europa), applicabile a tutte le qualifiche ottenute dalla formazione formale, non formale, informale.
Un altro tema importante che riguarda il rapporto Regioni/Professioni è la
consulta delle professioni; le Regioni più sensibili alle professioni hanno già
costituito da anni delle consulte regionali, ma i criteri per l’adesione alle
consulte sono differenti a seconda della Regione, richiedendo alle associazioni uno sforzo gestionale e organizzativo spesso insostenibile e quindi impedendo loro di prendere parte a questo importante processo partecipativo.
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Proposte
Si richiede alle Regioni che hanno nei propri repertori regionali le professioni associative di sentire le associazioni iscritte al MISE rappresentanti la professione in oggetto per validare il profilo professionale da
inserire nel repertorio.
Richiedere che vengano inserite nel Repertorio Nazionale, qualora le
associazioni «rappresentanti la stessa professione» ne facciano richiesta, le professioni rappresentate da Associazioni iscritte al MISE e/o
al CoLAP (in qualità di forma aggregativa riconosciuta), con descrizione dell’attività e delle sue caratteristiche, il cui profilo sia elaborato
dopo avere sentito l’associazione o le associazioni di riferimento. Tutto
questo, anche se non vi siano qualificazioni regionali relative a quella
professione.
Richiedere che il CoLAP e le Associazioni iscritte al MISE (nell’elenco
delle associazioni con facoltà di attestazione), diventino enti titolati
ad individuare e validare le competenze relative alle professioni da loro
rappresentate.
Stipulare protocolli di intesa con le Regioni, finalizzati a trovare integrazione e sinergia tra i sistemi di validazione e qualificazione delle Regioni
e le attestazioni rilasciate dalle associazioni professionali.
Le attestazioni rilasciate dalle associazioni avrebbero così una doppia
valenza: Attestazione ai sensi della L.4/2013 e Documento di validazione con valore di atto pubblico, ai sensi del D. Lgs. N. 13/13 e del
Decreto Interministeriale 22/1/2015.
Richiedere che nell’elaborazione del Repertorio Nazionale e nelle sue
procedure, venga salvaguardata la ricchezza della diversità delle attività
lavorative e della loro continua evoluzione, evitando un’eccessiva rigidità della struttura del Repertorio stesso.
Chiedere con quali criteri e modalità e da parte di chi, venga elaborato
ed implementato il Repertorio al fine di richiedere che prima dell’elaborazione dell’inserimento di una professione, venga ascoltata la/le associazioni di riferimento e/o il CoLAP.
Definire criteri unici proposti dalla Conferenza Stato – Regioni per permettere alle associazioni di entrare nelle diverse consulte regionali.
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I tavoli di proposte organizzati dal CoLAP
Premessa
Il CoLAP ha organizzato dei tavoli propositivi presso tre Ministeri chiave
per le professioni afferenti alle nostre associazioni: Ministero della Salute,
Ministero dei Beni Culturali, Ministero della Funzione Pubblica. L’obiettivo è
quello di fornire ai Ministeri di riferimento il nostro punto di vista sulle problematicità incontrate e la nostra proposta di soluzione e/o semplificazione
dei problemi. I professionisti associativi hanno un orientamento innovativo e
costruttivo; le numerose proposte lo evidenziano; l’approccio proposto è stato quello di offrire alle Istituzioni la nostra esperienza, le nostre competenze,
la nostra capacità di lettura della realtà e del fabbisogno dei cittadini. Questi
tavoli stanno producendo diversi frutti che oggi sono proposte e domani dovranno divenire emendamenti, iniziative, atti di Governo.
Abbiamo avuto anche la presunzione di cambiare il modello di confronto; il
nostro contributo infatti non vuole essere un “vaglio”, una validazione o una
verifica ma una proposta, una visione innovativa delle problematiche e delle
potenzialità ancora inespresse da molti nostri ambiti operativi.
Di seguito andremo a presentare delle schede sintetiche illustrative delle nostre proposte, saranno soluzioni semplici a problemi quotidiani, non grandi
strategie, non grandi rivoluzioni, i cittadini e le imprese hanno bisogno di
provvedimenti snelli in grado di facilitare, migliorare e implementare la loro
realtà.
Non presenteremo il lavoro che da oltre un anno stiamo conducendo con il
Ministero della Salute, perché in quel caso stiamo lavorando e collaborando
per definire i confini delle professioni sanitarie, le potenzialità delle professioni associative del benessere e dello sviluppo della persona e le possibili
sinergie tra loro.
Le professioni associative lavorano così e vogliamo continuare ad essere un
buon esempio per tutti i sistemi aggregativi; questo è il nostro modo costruttivo di contribuire alla ripresa del nostro Paese.
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La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.
Giorgio Gaber, La libertà, 1972
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5.Proposte per la semplificazione
amministrativa
A) Modifica Codice degli Appalti
Problematicità: L’art.34 del Codice degli Appalti riporta l’elenco di soggetti
che possono divenire affidatari di contratti pubblici;
- L’art. 3 comma 6 del Codice degli appalti definisce il soggetto affidatario
di contratti pubblici quale “operatore economico”, termine che include
l’imprenditore, il fornitore, il prestatore di servizi o raggruppamento o
consorzio di essi; in ambito europeo questa nozione è molto ampia e
tende ad abbracciare tutta una gamma di soggetti che potenzialmente
possono prendere parte ad una pubblica gara; l’art. 1 comma 8 della
direttiva 2004/18/CE del 31 Marzo 2004 definisce i termini imprenditore, fornitore e prestatore di servizi una persona fisica o giuridica o ente
pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul
mercato rispettivamente la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti e
servizi. In ambito italiano secondo il comma 22 dell’art 3 del Codice la
definizione di imprenditore, fornitore e prestatore di servizi coincide con
quella europea.
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Di fronte alla necessità di chiarire dubbi interpretativi sull’art.34 del
Codice degli Appalti, in merito alla possibilità di ammettere tra i potenziali affidatari di contratti pubblici anche soggetti giuridici diversi da
quelli ricompresi in elenco, è stata investita della questione l’AVCP;
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Con determinazione n.7 del 21 ottobre 2010 AVCP ha deliberato che:
1. “L’elenco riportato nell’art. 34 D.Lgs. n.163/2006 non è da considerarsi esaustivo dei soggetti di cui è ammessa la partecipazione alle
gare indette per l’affidamento dei contratti pubblici;
2. Gli accordi tra amministrazioni non possono essere stipulati in contrasto con la normativa comunitaria, in particolare non devono interferire con il perseguimento dell’obiettivo della libera circolazione
dei servizi e dell’apertura del mercato degli appalti pubblici alla concorrenza, nel rispetto dei principi illustrati nella determinazione.”
3. In virtù di tale determinazione i professionisti associativi ed, ovviamente, altri soggetti non iscritti nell’elenco previsto dall’art. 34 del
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Codice degli Appalti, possono essere considerati soggetti affidatari
dell’appalto pubblico.
Attualmente, nonostante la determinazione dell’AVCP, che chiarisce la natura non esaustiva dell’elenco di cui all’art. 34 del Codice degli Appalti, in
armonia con la normativa europea, si continua ad adottare nelle procedure
di affidamento il criterio della elencazione tassativa in articolo;
- Il soggetto giuridico potenzialmente affidatario secondo la previsione
non esaustiva di cui alla determinazione dell’AVCP, si trova, nella realtà,
escluso di fronte all’applicazione pedissequa dell’elencazione;
-
Il soggetto illegittimamente escluso si trova, pertanto, costretto a rivendicare il proprio diritto nelle competenti sedi giudiziarie; deve necessariamente ricorrere avverso il provvedimento di esclusione con un
inevitabile aggravio di costi ed allungamento dei tempi.
-
Il ricorso all’impugnazione, ogni volta che l’avente diritto viene escluso,
integra inevitabilmente una complicazione nella procedura di affidamento dei contratti pubblici; ciò pone l’attuale sistema di affidamento
in una logica di contrasto rispetto al progetto di semplificazione in atto
nella pubblica amministrazione.
Proposta:
Alla luce dell’innovazione normativa avvenuta con la legge 4/2013 e
della determinazione dell’AVCP, si ritiene un atto di giustizia sociale
inserire, tra i soggetti che possono partecipare alle procedure di affidamento, anche i professionisti in possesso dell’attestato ai sensi dell’art
7 della legge 4/2013: il possesso dell’attestato garantisce l’amministrazione delle competenze del professionista, della sua deontologia,
del suo aggiornamento professionale e della sua capacità di rispettare
gli standard qualitativi professionali.
Per le ragioni esposte il CoLAP ritiene urgente la modifica del Codice
degli Appalti, artt. 34 comma 1, lettera a) e 39, comma 1 con le seguenti proposte di emendamento:
Art. 34 comma 1, lettera a)
Dopo le società cooperative inserire “i professionisti ordinisti o associativi, quest’ultimi purché in possesso dell’attestato rilasciato da
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un’associazione professionale ai sensi dell’art. 7 della legge 4/2013.
Art. 39 comma 1
Dopo “ordini professionali” inserire “o presso un’associazione iscritta
nell’elenco del Ministero dello Sviluppo Economico ai sensi dell’art 2 e
4 della legge 4/2013.
Proposta presentata da tutte le associazioni CoLAP i cui associati lavorano con la PA.
B) Fatturazione Elettronica
Problematicità: l’obbligo della fatturazione elettronica per la PA è un ulteriore onere a carico del professionista, che si vede costretto a pagarsi
l’assistenza di un servizio esterno (la procedura è complessa), quando la PA
potrebbe invece dotarsi internamente di tale servizio, come fanno le grandi
imprese che ricevono le fatture in formato word o pdf e provvedono a caricarle sulla propria piattaforma elettronica.
Proposta:
Trovare sistema premiante, almeno per i primi anni di attivazione della
fatturazione elettronica e prevedere finanziamenti a supporto per le
aziende che intendono investire sulla fatturazione elettronica e sui
professionisti che si strutturano per assolvere a tale richiesta. E’ necessario unificare il sistema di fatturazione sia se si tratta di PA che
di impresa privata, ma occorre supportare questa rivoluzione sia da un
punto di vista culturale che economico.
Proposta presentata da Assointerpreti
C) Semplificazione Fiscale
Problematicità: scarso rispetto dello Statuto del contribuente (legge
212/2000), puntualizzazione di alcuni principi presenti nella legge delega
sul federalismo fiscale (legge 42/2009) come lo spostamento della pressione
fiscale dal centro alla periferia e quello della individuazione e fissazione
dei costi standard connessi alle spese locali ed anche alle amministrazioni
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centrali; esistenza di eccessivi adempimenti a volte ripetitivi , inutili e/o
superflui ; regimi fiscali da ridefinire ; testi unici imposte dirette ed indirette
da riassemblare; difficoltà nelle compensazioni; discriminanti per la rappresentanza presso le agenzie delle entrate e delle commissioni tributarie;
scarsa certezza del diritto: molte volte vengono cambiate le regole del gioco
in corsa….. ; sistema sanzionatorio inadeguato e vessatorio; IRAP - imposta
difficile da sostenere.
Proposta:
Semplicità degli adempimenti contabili e degli obblighi dichiarativi;
generalizzazione della compensazione e quindi estensione dell’istituto
della stessa; rispetto per lo Statuto del contribuente con particolare
riferimento alla non retroattività delle disposizioni tributarie; prevedere ed estendere le forme del contraddittorio che precedono l’emissione
dell’atto di accertamento; rivisitazione dell’imposta IRAP ; abrogazione degli adempimenti inutili e superflui; estensione dei soggetti abilitati alla rappresentanza ; revisione del sistema sanzionatorio e della
rateizzazione; regole certe e certezza del diritto; fatturazione elettronica, tracciabilità bancaria, abrogazione della responsabilità fiscale ,
semplificazione degli elenchi INTRASTAT, deducibilità degli interessi
passivi per tutti, revisione dei coefficienti di ammortamento , sistemi
contabili semplificati integrati e in base al principio di cassa.
Proposta presentata da ANCOT
D) Codice dell’Amministrazione Digitale
Problematicità: è necessaria una profonda rivisitazione del Decreto Legislativo n. 82/2005 in modo da renderlo un corpus organico, completo, realmente autonomo e sistematico all’interno del nostro ordinamento. Qualsiasi
timido inserimento di singole norme o commi, pur effettuato - come sarebbe
sempre indispensabile durante il delicato percorso di modifica legislativa
- con la minuziosa attenzione del chirurgo che incide con il bisturi, rischierebbe solo di minare ulteriormente alle radici gli scopi per cui tale Codice è
entrato in vigore. Sarebbe invece il caso che il CAD venisse rivisitato, diven- 20 -
tando un codice di principi generali, validi e stabili nel tempo – questo anche
per allinearlo al regolamento europeo eIDAS n. 910/2014 recentemente emanato – e che tutte le Regole tecniche a esso riconducibili fossero integrate in
un Testo Unico.
Proposta:
La legge delega dovrebbe porsi questi fondamentali obiettivi:
Stabilire una prevalenza in materia di digitalizzazione del Codice su
tutte le altre normative che ancora oggi si occupano indirettamente
di questi argomenti e, quindi, stabilire la necessaria applicazione delle
Regole tecniche attuative del Codice in tutti gli ambiti del documentale, senza pericolose eccezioni;
Cercare di razionalizzare tra loro le attuali Regole tecniche che oggi
rischiano di essere ripetitive e disorganiche;
Rendere il Codice un reale Testo Unico acquisendo al suo interno tutto
ciò che oggi risulta “outstanding” (ad esempio, SPID, PEC, SPC, protocollo informatico, trasparenza, PSI, solo per citare gli esempi più
eclatanti) e, quindi, provvedere a riformare completamente normative
fondamentali come il DPR 445/2000, le quali oggi hanno bisogno di
essere inquadrate in modo organico in un Corpus normativo completo
e autosufficiente come aspira ad essere il CAD ([1]);
Allineare il Codice con le definizioni e i principi oggi presenti nel Regolamento eIDAS (Regolamento N. 910/2014 del PARLAMENTO EUROPEO
e del CONSIGLIO del 23 luglio 2014 in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato
interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE);
Provvedere a definire meglio ruoli e funzioni nell’organizzazione, gestione, archiviazione e conservazione digitale tra CAD e Codice dei beni
culturali (normativa quest’ultima che è oggi fortemente incentrata su
una visione di “bene culturale” ancorata al mondo cartaceo e poco
incline ad accettare l’innovazione digitale);
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Provvedere a favorire un iter di razionalizzazione, semplificazione e
riorganizzazione nativa digitale dell’agire amministrativo affidato ad
uffici dirigenziali con adeguate competenze e che assicurino il necessario coordinamento di tutti gli uffici all’interno di enti pubblici
centrali e locali;
Prevedere un più efficace sistema sanzionatorio per le attività di vigilanza di AGID in capo a certificatori, gestori di PEC e conservatori
accreditati;
Prevedere delle forti incentivazioni per le PA che perseguano una reale
attività “paperless”;
Chiarire l’ambito di applicazione del Codice, delineato dall’art. 2, con
riguardo alle società partecipate non inserite nel conto economico
consolidato della pubblica amministrazione quantomeno per l’attività
di pubblico interesse, in coerenza a quanto disposto dall’art. 11 del D.
Lgs. N. 33/2013;
Prevedere norme uniformi e non ambigue per favorire l’“Open Government Data” anche in relazione all’emergente “diritto alla conoscenza”
e favorire così una reale trasparenza dell’azione pubblica. Inoltre, si
ritiene opportuno coordinare il CAD con le nuove indicazioni apportate dalla Direttiva 2013/37/UE alla Direttiva 2003/98/CE sul riutilizzo
dell’informazione del settore pubblico.
Proposta presentata da ANORC
E) Accesso all’amministrazione pubblica
Problematicità: La semplificazione necessaria al Paese, passa per la digitalizzazione, lo sviluppo di nuovi processi, il web. Tuttavia questi rimangono
strumenti, per alcuni di difficile accesso, ad oggi la digitalizzazione è stata
introdotta attraverso prescrizioni, l’utente e l’impresa non sono stati ancora
in grado di comprenderne l’utilità. L’accesso alla pubblica amministrazione pertanto è necessario che diventi più facile e fruibile da parte di tutti,
trovando il modo anche di tutelare l’utente e la qualità delle prestazioni,
siano esse svolte direttamente o indirettamente. Un passaggio importante
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è l’auto-amministrazione (Scia, ecc.). La CNS, Carta Nazionale dei Servizi,
nata per favorire il digitale e la sua sicurezza, ha visto in questi anni una
moltiplicazione di strumenti e una confusione costante nel loro utilizzo. Il
rischio è che si faccia un passo indietro e alcuni venti sembrano soffiare
verso approcci del passato e non del futuro.
Proposta:
Al fine di superare le difficoltà espresse, si propone la figura del PROCURATORE TELEMATICO che, nella sua semplicità, contempla e riunisce
molti passaggi che la semplificazione amministrativa da tempo ricerca e propone. Processi più veloci che la competenza riesce a rendere
effettivi; apertura di canali nella possibilità di rilasciare deleghe di
scopo a terzi per l’esecuzione di una pratica; garanzia per l’utente
che con un atto formale potrà assegnare a chiunque voglia la propria
fiducia, salvo per quelle pratiche che prevedano esclusive verso professionalità riconosciute; risparmio per la p.a. e maggiore tutela, infatti
l’interfaccia con gli esperti garantisce maggiormente il procedimento.
Allo stesso tempo, accessi sicuri e sicurezza degli interlocutori sono
fasi determinanti di uno sviluppo digitale. La DELEGA e la FIRMA intervengono per garantire all’intero sistema della gestione della pratica
digitale di poter funzionare in velocità, sia esso gestito direttamente
o indirettamente dall’utente. Con il procuratore telematico si risolve
anche il problema legato alla rappresentanza nella gestione di pratiche
che, ad oggi, non trova chiara interpretazione lasciando all’arbitrio del
singolo ufficio, o dell’operatore, la possibilità di decidere.
Proposta presentata da UNAPPA
F) Sicurezza sul lavoro
Problematicità: gli adempimenti previsti per adempiere alle prescrizioni
relative alla sicurezza sul lavoro sono moltissime e alcuni risultano di scarsa
necessità ed efficacia.
Molti adempimenti sono stati già soppressi dal decreto del Fare (D.L. n.
69/2013, art. 42); ma ce ne sono ancora molti la cui utilità è fortemente
dubbia e che per semplificare sarebbe opportuno sopprimere.
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Proposta:
In un decreto ad hoc può essere prevista la soppressione e/o revisione
di molte prescrizioni/adempimenti per esempio:
- in generale, soppressione di ogni obbligo, tuttora presente nella
normativa, di fornire un certificato di sana e robusta costituzione
fisica a fini di assunzione lavorativa, anche perché contrastante con
la normativa antidiscriminatoria e sul diritto al lavoro dei portatori
di handicap; certificato di idoneità fisica per: l’accesso al ruolo
degli insegnanti elementari (d.m. Pubblica Istruzione 2.4.1999, art.
15, c. 3) – soppressione; tenuta e vidimazione del Registro infortuni per: tutti i datori di lavoro cui si applica il D. Lgs. n. 81/2008
(dd.mm. Lavoro 12.9.1958 e 5.12.1996), soppressione dell’obbligo di vidimazione e relativa sanzione, in attesa dell’istituzione del
SINP; trasmissione alla p.a. della documentazione obbligatoria:
A tutti i datori di lavoro cui si applica il D. Lgs. n. 81/2008 (art.
54) “rendere obbligatoria, anziché facoltativa, la trasmissione su
piattaforma informatica condivisa di tutta la documentazione, ove
prevista dal decreto legislativo e da altra eventuale normativa“.
Proposta presentata da AIAS
G) In materia di Cantieri temporanei e mobili
Problematicità: La documentazione da presentare è poco organica e chiara
e spesso richiede un gran dispendio di risorse.
Proposte:
a) Documento di valutazione dei rischi per:
-
imprese edili o comunque rientranti nel campo di applicazione del
Titolo IV del D. Lgs. n. 81/2008 e c. 2 e All. XV, (limitazione della
valutazione ai rischi tipici dell’impresa in generale, con esclusione
dei rischi specifici di ciascun cantiere, che dovranno invece essere
valutati e premessi al POS, escludendo l’obbligo di ripetere nel POS
la valutazione generale dei rischi)
- 24 -
b) Notifica preliminare per:
-
imprese edili o comunque rientranti nel campo di applicazione
del Titolo IV del D. Lgs. n. 81/2008 (D. Lgs. n. 81/2008, art. 99)
(soppressione dell’obbligo di esposizione in ciascun cantiere e limitazione dell’obbligo alla sede centrale)
c) Tenuta del libro unico del lavoro e il registro degli infortuni per:
-
imprese edili o comunque rientranti nel campo di applicazione
del Titolo IV del D. Lgs. n. 81/2008 (soppressione dell’obbligo di
tenuta presso ciascun cantiere e limitazione dell’obbligo alla sede
centrale dell’impresa)
Proposta presentata da AIAS
H) Formazione ai fini della sicurezza sul lavoro
Problematicità: la formazione è uno dei maggiori strumenti per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro.
Proposte:
a) Formazione delle diverse figure della prevenzione, in particolare
RSPP, ASPP, CSP, CSE: introduzione di un principio generale di non
duplicazione della formazione, mediante un sistema dettagliato di
crediti formativi, che riconosca anche, a tali fini, la formazione
scolastica ricevuta dal soggetto
b) Introduzione di procedure ispettive per: l’erogazione di corsi di
formazione e sulla loro conformità normativa
c) Ridefinizione dei criteri di legittimazione per: l’erogazione di corsi di formazione, a tutti i livelli
d) Formazione previa collaborazione con gli organismi paritetici per:
tutti i datori di lavoro cui si applica il D. Lgs. n. 81/2008 (sostituzione dell’obbligo con la facoltà di collaborazione)
Proposta presentata da AIAS
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I) Semplificazione per le attivazioni di Impresa
Problematicità: burocrazia e tempi lunghi per le aperture di nuove Società
Proposta:
L’esempio Austriaco:
Premessa
-
Per il fisco austriaco tutti i costi sono deducibili, purché documentati, semplificando enormemente il lavoro di raccordo tra contabilità civile e fiscale e quindi i costi del commercialista,
-
I rimborsi da parte dello Stato di imposte (Es. IVA) avvengono in
circa 10 - 15 giorni non oltre.
Viene di seguito illustrata la semplicità con cui si costituiscono e si
insediano le Società in Austria.
Il mattino del primo giorno, visita ad un ufficio tramite agenzia immobiliare segnalata dall’Ente di promozione del territorio (molto efficiente, diversamente da alcune istituzioni analoghe italiane). Proposta
ritenuta idonea, pertanto viene definito un accordo.
Con un potenziale problema: l’immobile è in parte ufficio ed in parte appartamento (una camera, un bagno e una cucina). In Italia ciò
avrebbe costituito un impedimento la cui soluzione avrebbe comportato notevolissime complessità autorizzative da parte di Comune, ASL,
VVFF. In Austria non c’è stato alcun problema. Per passare al contratto,
sarebbe stato necessario avere il contraente “locatario”, ma in quel
momento la Gmbh ancora non esisteva. In Italia non sarebbe stato
possibile procedere (sarebbe stato necessario costituire la società con
tutti gli adempimenti di registrazione e di attivazione in un lasso temporale di molte settimane), in Austria è immediatamente possibile: è
sufficiente indicare oltre al nome della Società, il suffisso “in costituzione” ed il contratto ha avuto immediata validità.
Al mattino del secondo giorno, il contratto è pronto, è stato siglato
alle ore 11, alle ore 13 presso lo studio di avvocati prescelti è stata costituita la Società, alla presenza di un notaio giovanissimo, in
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quanto serve solamente a fare registrare l’atto, ad un costo veramente modesto. Durata meno di un’ora, comprese le varie formalità. Il
capitale sociale fino a quel momento non era stato versato: la legge
austriaca prevede che ne venga versato almeno il 50% ma in un arco
di 10 anni.
Lo stesso studio di avvocati ha poi organizzato un incontro alle ore 15
presso una banca austriaca, il cui direttore, con grande professionalità,
pur essendo la società in costituzione (in attesa della registrazione
presso il Tribunale) ha comunque aperto il conto, attivato l’home banking e formalizzato il contratto, senza nessun versamento da parte dei
clienti italiani.
In un giorno la società è nata, ha avuto un luogo in cui esistere ed
operare, un conto corrente attraverso il quale iniziare la propria attività economica.
Nell’arco di due settimane, la società è stata registrata, ha avuto immediatamente, tramite un commercialista, la partita IVA. Ottenuta la
quale, ha avuto un incontro con l’omologo della Guardia di Finanza che
ha voluto anche conoscere personalmente l’imprenditore per illustrargli preventivamente quali comportamenti sono legali e quali potrebbero dare adito a sanzioni, in modo che si faccia di tutto per evitarli. E’
evidente l’impronta di un’Autorità propositiva, al servizio delle imprese
e che cerca di aiutarle, senza approccio esclusivamente sanzionatorio.
Proposta presentata da APCO
G) Facilitare l’accesso all’informazione per IUC (IMU+TASI+TARI).
Problematicità: Per le aziende che hanno attività localizzate su più comuni
è un percorso ad ostacoli sapere
•
Le aliquote
•
La parte di competenza del proprietario dei locali e dell’utilizzatore
•
Le scadenze
•
Le modalità di pagamento.
Gli uffici comunali sono spesso impreparati e non in grado di dare informazioni.
Le aziende impiegano risorse (umane e di conseguenza finanziarie) per re- 27 -
perire informazioni che risultano spesso imprecise o addirittura nulle trovandosi quindi nell’impossibilità di redigere un budget economico (gli importi
da pagare si conoscono nel 90% dei casi a pochi giorni dalla scadenza) e di
previsione finanziaria. In un momento di difficoltà economica come quello
attuale, oltre al costo da sostenere per la burocrazia, ci si trova davanti
all’impossibilità di fare una pianificazione considerando che queste voci di
costo sono diventate molto onerose per qualsiasi attività produttiva.
Proposta:
Occorre determinare valori uguali, se non in tutti i Comuni, per evidenti ragioni di autonomia nella determinazione dei carichi fiscali, almeno
nelle procedure e nelle date di scadenza dei pagamenti.
Occorre che i riferimenti per la determinazione del carico fiscale della
singola realtà e i tempi per i versamenti siano univoci in tutto il territorio nazionale e congruamente predeterminati.
Occorre che i sistemi di determinazione degli importi siano unici in
tutto il territorio nazionale (stesso per tutti gli Enti) e fortemente migliorato nel funzionamento e nelle funzionalità, rispetto al deprecabile
stato attuale.
Proposta presentata da APCO
H) Ricezione di una Dichiarazione di intenti da parti di soggetti
esportatori abituali
Problematicità: Chi riceve una dichiarazione di intenti da un proprio cliente, deve inviare all’Agenzia delle entrate entro il 16 del mese successivo in
cui viene effettuata l’operazione di vendita, la comunicazione della dichiarazione di intenti. Quale utilità ha, visto che si comunicano solo i dati anagrafici, il numero della dichiarazione e il periodo?
Anche in questo caso se ci si avvale della consulenza di un professionista nella compilazione del file il contribuente si fa carico di questo ulteriore costo.
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Proposta:
Comporta l’attribuzione di una responsabilità di controllo in capo al
fornitore sulla gestione dell’IVA da parte dell’esportatore, responsabilità di controllo che dovrebbe far capo ad Organi dello Stato.
Sarebbe opportuno che l’onere non fosse a carico del fornitore, ma
dell’acquirente.
Proposta presentata da APCO
I) Elementi di semplificazione per i Centri per l’impiego
Problematicità: Iscrizioni per il lavoro e per la fruizione agevolata dei servizi
Nei Centri per l’impiego l’iscrizione alle liste di disoccupati per l’accesso al
lavoro e, indistintamente, ai servizi è obbligatoria ai fini della fruizione di
questi ultimi. Accade così che molte persone vi si iscrivano non tanto per il
lavoro, quanto per l’accesso alle graduatorie per le case popolari, l’esenzione
dai ticket da parte dei Comuni per i vari servizi o da parte delle ASL per i
servizi sanitari, ecc. Questo accade prevalentemente nel Centro-Sud Italia.
Proposta:
La semplificazione potrebbe consistere in ciò che nell’Italia del nord
sembra essere già abbastanza praticato: nell’individuazione dei criteri
per evitare di rivolgere i servizi a tutti gli iscritti, privilegiando quelli
che confermano l’interesse verso il lavoro, dal momento che agli altri
sarebbero sprecati, cosa particolarmente grave in un periodo di riduzione del welfare.
Occorre definire una modalità di accoglienza e identificazione che consenta di definire subito l’interesse del cittadino verso il lavoro o verso
altro, senza lasciare a decisioni arbitrarie dei Centri la non definizione
delle finalità o il discrimine.
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Proposta:
Integrazione fra i servizi rivolti alle persone in cerca di lavoro
Sarebbe indispensabile curare nei Centri per l’Impiego l’integrazione
fra i servizi rivolti alle persone in cerca di lavoro, favorendo la nascita
di reti fra Enti, Agenzie sia pubbliche che private, Imprese private e
Privato-Sociale (terzo settore).
La cosa avviene già in molti territori per quanto concerne l’inserimento
lavorativo di persone disabili tutelate dalla legge 68/99.
E’ un’attività che richiede competenze particolari, ancora molto rare,
ma che darebbero un fortissimo impulso all’azione dei Centri per l’Impiego.
Proposta presentata da APCO
L) Il codice ATECO e i codici identificativi delle professioni
Problematicità: Molte attività professionali esercitate dalle professioni associative non trovano corrispondenza nei codici ATECO per aprire una partita
IVA. Pertanto non avendo una P. IVA specifica su determinate attività professionali è complicato per un’impresa, molto peggio se pubblica, formalizzare
un contratto rispetto ad sua specifica attività professionale legata alla competenza del professionista.
Proposta:
Rivedere il codice ATECO e i codici di riferimento affinché la definizione di ogni singola categoria professionale sia la più ampia possibile.
Inoltre, prevedere la possibilità di inserire una specifica al momento
dell’apertura della partita IVA; rendere accessibili a tutti gli utenti,
siano essi impresa o cittadino, tali informazioni per poter scegliere con
consapevolezza, sottoscrivere contratti più idonei e svolgere le dovute
pratiche fiscali.
Proposta presentata da FAU
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6. Proposte per il Ministero dei Beni Culturali
A) Aree tematiche specifiche di interesse dei professionisti della
cultura e dei beni culturali:
Problematicità: Corretta attuazione della legge 110/2014, secondo la quale
il Ministero deve stabilire criteri e modalità per l’iscrizione negli elenchi delle
diverse professioni, sentite le associazioni professionali che collaborano anche alla tenuta degli elenchi stessi. La direzione incaricata dell’istruttoria di
questo regolamento è la Direzione generale educazione e ricerca;
Proposta:
Maggiore coinvolgimento delle associazioni professionali per acquisire
contributi di conoscenza ed esperienza. Le associazioni professionali rilasciano attestati di qualità e qualificazione professionale e possono fornire un supporto concreto per la corretta applicazione della normativa.
Problematicità: Accelerazione sugli adempimenti della legge 13/2013.
Proposta:
Verifica congiunta con le Associazioni del Repertorio Nazionale ( vedi
ad es. il lavoro svolto dalle Associazioni dei professionisti della cultura
in occasione del “Contributo alla costruzione dello standard nazionale
ai fini della standardizzazione e della correlatività delle qualificazioni
professionali nell’ambito del Repertorio Nazionale”, tenuto dalla Regione Lazio e dedicato proprio ai professionisti dei beni culturali;
ripresa, sempre in collaborazione costante con le Associazioni professionali, dell’approvazione e diffusione dei “Livelli uniformi di qualità
per la valorizzazione di archivi e biblioteche/musei” (art.114 Codice
Beni Culturali e Paesaggio) che trattano anche dei requisiti minimi e
di miglioramento per il personale.
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Problematicità: Riforma Codice degli appalti
Proposta:
Interventi che combattano il massimo ribasso e che tengano conto
delle peculiarità degli interventi sui beni culturali, per i quali ci sono
fondamentali aspetti etici che riguardano il diritto all’informazione,
all’accesso alla cultura per tutti, alla responsabilità di conservazione
dei beni culturali per le generazioni future.
Problematicità: Terzo settore
Proposta:
Carta dei volontari per i beni culturali; Eliminazione della procedura
in deroga alle procedure ordinarie previste dal Codice dei contratti
pubblici contenuta all’art. 4 del D.L. 6 luglio 2012 n. 95 (Decreto cosiddetto “Spending review”, convertito con modifiche nella L. 7 agosto
2012 n. 135), che consente “l’acquisizione in via diretta di beni e servizi tramite convenzioni realizzate ai sensi […] dell’art. dell’articolo 7
della legge 11 agosto 1991, n. 266” (comma 7) e prevede che “sono
altresì fatte salve le acquisizioni di beni e servizi il cui valore sia pari
o inferiore ai 200.000 euro in favore […] degli enti di volontariato di
cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266” (comma 8), che appare viziata da profili di dubbia legittimità in quanto non tiene conto né della
natura complessa dei servizi affidati né del carattere, delle specificità
statutarie e dell’azione delle singole organizzazioni non lucrative.
Problematicità: Codice comportamento dipendenti pubblici (Autorità anticorruzione): chiarimenti sull’appartenenza di dipendenti pubblici alle Associazioni professionali;
Proposta:
Maggiori indicazioni nei regolamenti comunali, organizzare incontri
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per verifica dei casi concreti, sollecitare eventuale pronunciamento
dell’Autorità anti-corruzione.
Proposta presentata da AIB (Associazione Italiana Biblioteche)
B) Problematicità e proposte relative alla professione ed al mercato italiano numismatico di qualità.
Problematicità: La definizione dei beni numismatici all’interno del Codice
dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) determina frequentemente interventi di tutela più motivati sul piano estetico,
che su presupposti univoci di carattere storico e documentale, con negative
difformità di comportamento tra Uffici del Ministero.
Proposta:
Completamento del controverso percorso normativo per la definizione
dei beni numismatici all’interno del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42). Si tratta di far sì che le modifiche, intervenute nel 2005 e del 2006, si concludano con il riconoscimento della produzione seriale dei singoli beni (anche di interesse
archeologico), da cui conseguano procedimenti di individuazione non
più motivati prevalentemente sul piano estetico, ma su presupposti
univoci di carattere storico e documentale. Congiuntamente occorre
presumere di norma, che il singolo cittadino detiene legittimamente i
propri beni numismatici. Nell’attività di attestazione del legittimo possesso devono essere normativamente coinvolti gli esperti professionisti numismatici. Questa richiesta si fonda sul fatto che i professionisti
sono in grado di ricostruire, molto meglio dei privati, le condizioni di
corretto possesso di ogni collezione o singola moneta ma, ancora di
più, perché un professionista serio (il Codice di condotta NIP impedisce comportamenti illeciti che vengono sanzionati) non si espone ai
rischi generali di perdita del diritto ad esercitare il commercio.
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Problematicità: Complessità delle procedure di autorizzazione alla libera
circolazione nell’UE che pregiudica le opportunità di lavoro per i professionisti e induce alcuni possessori a comportamenti elusivi, con effetti negativi
sulla salvaguardia del patrimonio nazionale.
Proposta:
Necessità di disciplinare aspetti di dettaglio delle procedure (ad esempio sui tempi di conclusione) la cui incertezza crea indubbi nocumenti
all’esercizio della professione.
Problematicità: I numismatici professionisti non sono ancora percepiti
come un interlocutore della massima affidabilità, da coinvolgere in azioni di
contrasto ad opacità del mercato elettronico incontrollato, nell’attestazione
del legittimo possesso, da parte di singoli privati, di monete di interesse
archeologico o in attività di valorizzazione del patrimonio numismatico nazionale.
Proposta:
Sembra opportuno sostenere con forza l’obiettivo di arrivare ad un
protocollo d’intesa tra MiBACT, NIP ed altre Associazioni del settore,
con cui costruire un percorso comune nell’ottica della “leale collaborazione” tra due istituzioni entrambe interessate alla protezione e alla
valorizzazione dei beni numismatici italiani e ad accrescere il patrimonio nazionale. Si tratta di arrivare al riconoscimento che la presenza diffusa e credibile di numismatici preparati, accreditati e stimati,
che agiscono alla luce del sole e nel rispetto delle leggi, è il miglior
contrasto al diffondersi del commercio elettronico o dell’esportazione
clandestina di beni appartenenti al patrimonio culturale nazionale. In
tal modo, il MiBACT sarebbe coinvolto direttamente nel percorso di
crescita della professione.
Proposta presentata da NIP (Numismatici Italiani Professionisti)
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C) Liberalizzazione dei settori valorizzazione e turismo; Le imprese archeologiche e culturali e la Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Archeologico
Problematicità: (Liberalizzazione dei settori valorizzazione e turismo) Alcuni
anni fa, nell’ambito del processo di riforma delle libere professioni (L. 40/2007,
art. 10 comma 4), si inserì anche la liberalizzazione dell’esercizio di guida turistica. La norma, riconoscendo il valore formativo del titolo di studio, stabilì che
i laureati in Archeologia e in Storia dell’Arte non dovessero essere sottoposti ad
alcun esame abilitante alla professione, se non quello della lingua straniera.
Questa scelta comportò l’immissione sul mercato delle guide turistiche di centinaia di laureati e specializzati che trovarono in quel settore un nuovo sbocco
lavorativo, accanto a quelli classici previsti dai percorsi formativi di provenienza. Con alterne vicende quell’articolo di legge è stato prima sospeso e poi
riapplicato solo parzialmente, con la conseguenza che oggi anche i laureati in
Archeologia e Storia dell’Arte sono obbligati a svolgere gli esami da guida turistica provinciali e regionali; il tutto mentre la legge 97/2013, in ossequio alle
posizioni espresse dall’Unione Europea, prevede l’istituzione di un patentino
nazionale delle guide e il riconoscimento delle guide abilitate negli altri paesi
europei, senza ulteriori abilitazioni in Italia. Sul turismo stiamo assistendo a
scelte, da parte delle istituzioni pubbliche italiane, preoccupanti e lesive della
dignità professionale di tutti gli operatori del settore. Le istituzioni, primo
fra tutti il MiBACT, si stanno facendo promotrici di numerosi accordi e bandi
per affidare incarichi e attività di vario genere a volontari, spesso studenti, in
sostituzioni dei professionisti abilitati (dall’Expo ai siti di Roma Capitale). Ha
trovato vasta eco sui media, il caso del Palazzo del Quirinale, in cui l’utilizzo
degli studenti volontari del TCI esclude categoricamente la possibilità per i professionisti di lavorare in quel monumento. Per un Paese che sostiene di voler investire nei beni culturali e nel turismo come strumento di attrazione economica
trainante, tutto questo appare non solo preoccupante, ma intollerabile.
Proposta:
Ristabilimento dell’art. 10 comma 4 della Legge 40/2007, sulla liberalizzazione della professione di guida turistica; nuova legge nazionale
sulle guide che superi l’attuale caos, chiarendo i requisiti e valorizzan- 35 -
do la precipuità italiana in materia di Patrimonio Culturale e la qualità
degli operatori italiani; abbandono della logica del ricorso al volontariato nei contesti lavorativi e professionali degli operatori culturali.
Problematicità: (Le imprese archeologiche e culturali) Le imprese archeologiche italiane sono caratterizzate da una struttura spesso piccola o molto
piccola. Dalla ricerca condotta dalla Confederazione Italiana Archeologi lo
scorso anno, nell’ambito del progetto europeo Discovering the Archaeologists
of Europe 2014, emerge un quadro in cui il 50% delle società ha dipendenti,
le restanti si avvalgono esclusivamente di collaboratori esterni, mentre solo
il 2% ha più di 100 dipendenti. Si evidenzia la totale mancanza di stabilità
e di regole certe del mercato archeologico: se la gran parte delle imprese
archeologiche italiane annovera tra i servizi proposti lo scavo e le attività ad
esso connesse, la crisi delle infrastrutture e dell’edilizia, settore strettamente
legato all’archeologia di emergenza e preventiva, ha fatto emergere tutti i
limiti di questo importante settore di mercato del nostro Paese, con imprese
che sono arrivate alla chiusura o hanno modificato il loro campo d’azione,
aprendosi ai servizi turistici.
Difficoltà di investimento di queste imprese, che non puntano su settori di
avanguardia e di innovazione, ma su quelli che non prevedono l’impegno di
importanti risorse economiche e che consentono loro di superare l’attuale
periodo di crisi.
Difficoltà di partecipare a gare di appalto pubbliche, sempre più spesso assegnate ai grandi contractors e raramente affidate con bandi specifici rispetto
al resto dei lavori.
La valorizzazione del patrimonio resta troppo spesso di competenza esclusiva dello Stato o degli Enti pubblici; i regolamenti di accesso ai finanziamenti
europei non consentono quasi mai alle imprese di poter usufruire dell’intera
cifra messa a disposizione dall’Europa, a differenza di quanto accade per gli
enti pubblici.
Proposte:
Liberalizzazione del settore della valorizzazione, con la possibilità per
le imprese di proporre progetti innovativi per i siti e le aree archeolo- 36 -
giche e poi poterle gestire.
-Modifica dei regolamenti nazionali di accesso ai finanziamenti europei, in modo tale che, come già accade per gli enti pubblici, le imprese
possano ricevere l’intera somma investita nei progetti.
-Separazione, nelle gare di appalto, dei servizi archeologici, da assegnare a imprese strutturate e specialiste del settore e non a general
contractors.
-Superamento della logica del massimo ribasso, che nel settore culturale non può garantire la qualità, necessaria e richiesta dalla Costituzione, dei servizi resi per la tutela e la valorizzazione
Problematicità: (Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Archeologico) Lo scorso 15.4.2015 (L. 52 del 29 aprile 2015) il Parlamento italiano
ha finalmente ratificato la Convenzione sulla Salvaguardia del Patrimonio
Archeologico, firmata anche dal nostro paese a La Valletta nel 1992. La
Convenzione, seguendo il noto principio del polluter pays (chi ha un interesse economico rispetto alla realizzazione di un’opera, sia esso un soggetto
pubblico o privato, si fa carico anche delle spese derivanti dalla realizzazione
dell’opera, archeologia in primis) implica che le spese previste o presunte
per gli interventi archeologici siano inserite da subito nelle voci di bilancio
dell’opera stessa, al fine di evitare il più possibile speculazioni su di esse e i
fermo-cantiere, a cui troppo spesso si addebitano i rallentamenti nella realizzazione delle opere. Il Documento, inoltre, garantisce le condizioni perché si
saldi un rapporto sempre più democratico e partecipativo tra i professionisti
dei Beni Culturali e la Società, prevedendo, ad esempio, che i risultati delle
indagini archeologiche siano sempre pubblicati e divulgati. A fronte della
Legge sull’Archeologia Preventiva in vigore dal 2005 (artt. 95 e 96 del D.
Lgs. N. 163/2006, o Codice degli appalti pubblici), le innovazioni normative
apportate dalla ratifica della Convenzione de La Valletta determinano la
necessità di apportare modifiche sia nel Codice dei Beni Culturali che nelle
norme che regolano i Piani paesaggistici regionali.
- 37 -
Proposte:
-Modifica della legge sull’Archeologia Preventiva (artt. 95 e 96 del D.
Lgs. N. 163/2006) e dell’articolo 28 comma 4 del D. Lgs. N. 42/2004,
in modo che vengano inclusi oltre ai lavori pubblici o di pubblica utilità anche i lavori privati tra quelli sottoposti a controllo archeologico.
-Inserimento nei piani paesaggistici regionali e nei Piano regolatori
comunali di norme che prevedano il controllo archeologico per i lavori
che intaccano il sottosuolo, analogamente a quanto già avviene per
esempio a Roma con l’art. 8 comma 16 delle Norme Tecniche Attuative
del PRG.
-Trasformazione dei cantieri archeologici in luoghi trasparenti e “visitabili” da parte della cittadinanza, in linea con quanto già avviene
nella maggior parte dei paesi europei, in modo da ricostruire un rapporto diretto tra i cittadini e il patrimonio archeologico.
-Previsione di iniziative volte a presentare alla Società i risultati delle
ricerche archeologiche in corso o appena concluse, in una logica prima
di tutto di divulgazione e sensibilizzazione.
Proposta presentata da CIA (Confederazione Italiana Archeologi)
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Approfondimenti
1. “Nuova direttiva Qualifiche ed EQF” (Sintesi della Relazione tenuta
all’incontro “Riparte l’Italia con la Roadmap del CoLAP”, Sabaudia del 10
aprile 2015) del Prof. Angelo Paletta.
L’economia basata sulla conoscenza pone al centro il capitale umano. Partendo da questo principio, oggi il mercato del lavoro richiede più efficienza,
competenze sempre più sofisticate e riconoscibili:
• una maggiore mobilità di studenti e lavoratori è possibile, se possiamo descrivere con maggiore facilità il livello di competenze ai potenziali datori di lavoro anche di altri paesi;
•
gli individui in possesso di una vasta esperienza maturata sul lavoro
o in altri campi di attività, possono validare il loro livello di apprendimento non formale e informale;
•
l’attenzione concentrata sui risultati dell’apprendimento consente di
valutare, se i risultati, ottenuti in contesti differenti sono equivalenti
in termini di contenuto e pertinenza;
•
ciò favorisce la diversificazione dell’offerta e l’allineamento dei sistemi d’istruzione e formazione verso i medesimi standard di risultato;
•
la riconoscibilità delle qualifiche per livelli di apprendimento incrementa le possibilità di accesso e partecipazione all’apprendimento
permanente degli individui.
Per competenza si intende la “comprovata capacità di utilizzare, in situazioni
di lavoro, di studio o nello sviluppo professionale e personale, un insieme
strutturato di conoscenze e di abilità acquisite nei contesti di apprendimento formale, non formale o informale => EQF”. Per far questo, si utilizzano tre
passaggi:
Identificazione = messa in trasparenza delle competenze riconducibili a una
o più qualificazioni
Valutazione = accertamento del possesso delle competenze attraverso riscontri e prove idonei
Attestazione = rilascio di documenti o certificati standardizzati che documentano le competenze accertate.
- 39 -
Il Sistema Nazionale di Certificazione delle competenze fa riferimento al
provvedimento D. Lgs. N. 13/2013, con il quale viene attuata la delega, prevista dalla Riforma del Lavoro, per l’individuazione e validazione degli apprendimenti formali, non formali e informali, con riferimento al sistema nazionale di certificazione delle competenze. L’obiettivo è quello di valorizzare le
competenze acquisite e realizzare la massima inclusione in termini sociali ed
occupazionali.
I principi generali contenuti sono:
•
Centralità della persona
•
Valore pubblico della validazione e certificazione
•
Sussidiarietà (principio ordinatorio da soft law, in analogia alle direttive
europee)
•
Mutualità e interoperatività dei servizi
•
Affidabilità del sistema
L’Ente pubblico titolare, a norma di legge, alla regolamentazione di servizi di
individuazione e validazione e certificazione delle competenze, sono Le Amministrazioni pubbliche titolari:
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MIUR > titoli di studio del sistema scolastico e universitario;
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Regioni e Prov. aut. > qualificazioni rilasciate nell’ambito della FP;
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MLPS > qualificazioni delle professioni non organizzate in ordini o collegi;
-
MISE e le altre autorità competenti ai sensi dell’articolo 5 del decreto
legislativo 9 novembre 2007, n. 206 > qualificazioni delle professioni
regolamentate.
L’Ente titolato è invece quel Soggetto, pubblico o privato autorizzato o accreditato dall’ente pubblico titolare, ovvero deputato a norma di legge statale
o regionale, a erogare in tutto o in parte servizi di individuazione e validazione e certificazione delle competenze, in relazione ai rispettivi ambiti di
titolarità.
Il Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF) è un
quadro comune europeo di riferimento che collega fra loro i sistemi di qualificazione di paesi diversi, fungendo da dispositivo di traduzione utile a rendere
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le qualifiche più leggibili e comprensibili tra paesi e sistemi europei differenti.
Due sono i suoi principali obiettivi:
1. promuovere la mobilità transfrontaliera dei cittadini;
2. agevolarne l’apprendimento permanente.
L’EQF riconosce che i sistemi di istruzione e formazione in Europa differiscono al punto che è necessario spostare l’attenzione sui risultati dell’apprendimento affinché sia possibile effettuare raffronti e dare vita a una cooperazione fra paesi e istituzioni diverse.
L’EQF si concentra pertanto sui risultati dell’apprendimento (piuttosto che sugli
input, quali la durata del periodo di studi), che vengono delineati secondo tre
categorie:
-
conoscenze, abilità e competenze.
Ciò significa che le qualifiche, in combinazioni differenti, si riferiscono a un
ampio ventaglio di risultati dell’apprendimento, incluse le conoscenze teoriche, le abilità pratiche e tecniche e le competenze sociali, che prevedono la
capacità di lavorare insieme ad altre persone.
Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche:
•
Le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche
•
Le abilità sono descritte come cognitive (comprendenti l’uso del pensiero
logico, intuitivo e creativo) o pratiche (comprendenti l’abilità manuale e
l’uso di metodi, materiali, strumenti)
•
Le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia.
Il percorso di Referenziazione ad EQF è contenuto nel Documento Criteria
and procedures for referencing national qualifications levels to the EQF, nel
quale sono declinati in dieci punti i criteri e le procedure che tutti i Paesi
sono stati chiamati a considerare.
Concludendo possiamo affermare che sia l’EQF che il SNCC rappresentano una
grande opportunità per i Paesi che sapranno sfruttarli al meglio, al fine di
rendere più efficiente il mercato del lavoro. Volendo avere una visione molto
ambiziosa, permetteranno l’Identificazione, validazione e certificazione di
competenze acquisite in contesti formali, non formali e informali, ed un apprendimento che, anche a prescindere da una scelta intenzionale, si realizza
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nello svolgimento, da parte di ogni persona, di attività nelle situazioni di vita
quotidiana e nelle interazioni che in essa hanno luogo, nell’ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero.
Necessaria, dunque, una revisione degli attuali processi di “produzione” delle
competenze.
2. “Jobs Act e professionisti” (Sintesi della Relazione tenuta all’incontro
“Riparte l’Italia con la Roadmap del CoLAP”, Sabaudia del 10 aprile 2015)
del Prof. Pasquale Passalacqua.
Il mondo che gravita in CoLAP è composto da realtà diversificate, in cui comunque - secondo l’indagine sulle professioni associative effettuata da CoLAP
nel 2012 – circa metà dei lavoratori svolgono la loro attività attraverso un
contratto di lavoro subordinato e un’altra metà attraverso forme di lavoro autonomo, sia cd. “a partita IVA”, che attraverso le note forme delle collaborazioni
coordinate e continuative a progetto.
Alle regole, per ora solo annunciate dal cd. Jobs Act su queste ultime forme
contrattuali (contenute al momento in uno schema di decreto legislativo varato dal Governo e trasmesso lo scorso 11 aprile alle Camere per il parere delle
Commissioni Lavoro), voglio dedicare in particolare il mio intervento.
Inizio osservando in generale che nei confronti di queste variegate forme di lavoro gravitanti tutte nell’alveo del lavoro non subordinato, il legislatore nazionale, di fronte al loro dilagante utilizzo, più o meno “spurio”, teso molte volte
a mascherare rapporti “di fatto” di lavoro dipendente subordinato, al principale
fine di risparmiare sui relativi costi economici e giuridici, negli ultimi anni ha
fatto prevalere una logica repressiva, tesa principalmente a “stanare” le “false”
collaborazioni e le false “partite IVA”, al fine di ricondurle al lavoro subordinato
e alle relative tutele e garanzie (v., in tale prospettiva, da ultimo le norme –
molto criticate - introdotte dalla cd. Legge Fornero n. 92 del 2012).
Al fine di offrire nuove risposte a tali annose problematiche, nell’atteso decreto
sul riordino delle tipologie contrattuali, si procede sul punto all’espressa abrogazione dell’istituto del lavoro a progetto, ma al contempo resta salvo quanto
disposto dall’art. 409 del codice di procedura civile, norma che parla delle “collaborazioni coordinate e continuative” (art. 49 dello schema), le quali, dunque,
non spariscono dal nostro ordinamento.
A queste “libere” collaborazioni si applicherà a far data dal 1° gennaio 2016
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la disciplina del rapporto di lavoro subordinato nel caso in cui queste “si
concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, di
contenuto ripetitivo e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro” (art. 47 dello
schema).
E’ previsto inoltre un meccanismo teso a favorire la “stabilizzazione” (con contratto a tempo subordinato a tempo indeterminato) dei lavoratori assunti con
contratto di lavoro non subordinato (art. 48 dello schema).
Mi limito a osservare (non essendo possibile in questa sede svolgere analisi sui
molti interrogativi tecnico-giuridici posti da tali norme) che se da un lato resta apprezzabile l’intento di superare l’istituto del lavoro a progetto, divenuto
ipertrofico e complicato senza offrire al contempo certezze né ai lavoratori né
alle aziende, la logica principale che pervade l’intervento rimane quella della
riconduzione nei casi dubbi alla “casa madre” del lavoro subordinato e alle
relative peculiari tutele.
Una prospettiva del genere può soddisfare alcune esigenze provenienti dal
mondo del lavoro, ma di certo non tutte. Essa infatti si pone in decisa controtendenza rispetto a diffusi inputs che emergono nel mondo del lavoro, anche
al di fuori delle logiche sindacali consuete. Si tratta di lavoratori della conoscenza, del settore della musica, psicologi, progettisti, animatori, formatori,
di lavoratori in genere impegnati nei servizi alla persona ecc., cioè tutta una
serie di professionisti e collaboratori che hanno palesato a gran voce un grave
disagio di fronte alla prospettiva di ottenere tutele soltanto attraverso una
riconduzione forzosa al lavoro subordinato, sul presupposto non dichiarato, ma
implicito, di essere considerati lavoratori subordinati di serie B, quando, invece ci troviamo di fronte a un lavoro autonomo “2.0” di nuova generazione.
Per tali realtà, così importante nell’assetto produttivo del Paese e ben rappresentate nel mondo CoLAP, si richiede da più parte quello che ancora manca, ovvero un nuovo Statuto del lavoro autonomo, che sia teso a riconoscere peculiari
diritti e garanzie a tali figure professionali, quali ad es. la possibilità deduzione
delle spese per la formazione professionale, la promozione di peculiari forme
mutualistiche integrative, nonché facilitazioni per l’accesso al credito insieme
a garanzie per i crediti da loro vantati. Tutele queste, lo ripeto, peculiari e ben
lontane da quelle richieste e ambite dai lavoratori dipendenti o comunque in
regime di rigida monocommittenza.
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Consentitemi un’ultima chiosa. Di fronte a chi sostiene – e sono in molti – che
le variegate forme di lavoro non subordinato costituirebbero addirittura una
“anomalia antropologica” rispetto al lavoro subordinato standard, ricordo che
il lavoro umano, fin dall’uomo delle caverne, nasce auto-organizzato e dunque
autonomo, giacché il modello del lavoro subordinato si afferma per le esigenze
emerse con la rivoluzione industriale di fine ‘800. Oggi, con la fine del fordismo, elementi di auto-organizzazione sono presenti e diffusi anche nell’alveo
del lavoro subordinato, che viene, dunque, aggiornato, per così dire, nel suo
schema dalla contaminazione dei principi del lavoro non subordinato, il cui
futuro appare in deciso sviluppo, tanto da richiedere in modo sempre più pressante adeguate risposte da parte del legislatore.
3 . “La certificazione delle competenze in Italia nel quadro europeo delle qualificazioni” (Sintesi della Relazione tenuta all’incontro “Riparte
l’Italia con la Roadmap del CoLAP”, Sabaudia del 10 aprile 2015) del
Dott. Riccardo Mazzarella.
Il riferimento primario per la comprensione del lungo e complesso processo di
innovazione, promosso in sede comunitaria, dei sistemi di apprendimento e di
sviluppo della mobilità, è costituito dall’insieme di strumenti regolatori, messi
a punto dalla Commissione e dal Parlamento europeo (Direttive, Decisioni e
Raccomandazioni), in tema di trasparenza dei titoli e delle qualificazioni, di
qualità dei percorsi di istruzione e formazione e di innovazione dei contesti di
apprendimento, che disegnano nel loro insieme un sistema integrato di opportunità di apprendimento rivolto a rendere concretamente agibili le strategie
del lifelong learning.
L’esigenza europea di concatenare la strategia dello sviluppo dell’apprendimento permanente con quelli della mobilità, nasce dalla “constatazione” che non
sia più sostenibile una prospettiva in cui la condizione di apprendimento per
un individuo sia tutta concentrata nelle prime fasi vita, ma piuttosto che tale
condizione sia praticata lungo tutto l’arco della vita stessa di un individuo:
non solo, non soltanto, come pratica di alternanza di momenti di lavoro a
momenti di apprendimento, ma anche, e soprattutto, come prassi costitutiva
delle esperienze individuali.
L’apprendimento risulta parte costitutiva del lavoro svolto da un individuo,
ed è quindi necessario valorizzarlo e riconoscerlo come tale, anche attraverso
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specifici atti certificativi con valore di scambio (credito) verso i contesti di
apprendimento formale. In questo quadro si pone dunque la questione su come
mettere in connessione contesti di apprendimento tradizionalmente non dialoganti tra loro, in primis formazione-lavoro.
Il Decreto Legislativo del 16 gennaio 2013, n. 13: “Definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni per l’individuazione e validazione
degli apprendimenti non formali e informali e degli standard minimi di servizio
del sistema nazionale di certificazione delle competenze”, costituisce un primo passo concreto di avvicinamento e progressiva integrazione dei sistemi di
formazione-lavoro.
Il provvedimento mira, con particolare riferimento all’art.8 (Repertorio Nazionale), ad un riordino del “sistema delle qualificazioni” del nostro Paese, inserendo in una stessa cornice regolatoria qualificazioni già presenti nel sistema
(prevalentemente quelle dei sistemi formativi), con le qualificazioni presenti
nel mondo del lavoro (apprendistato, professioni regolamentate, professioni
non organizzate in ordini e collegi, …), centrando la descrizione di tali qualificazioni sulle competenze.
Quello del Repertorio nazionale e della certificazione delle competenze non
costituiscono temi nuovi per il dibattito interno al nostro Paese, anche se le
modalità con cui sono formulati nell’ambito del Decreto introducono elementi
di evidente innovazione.
Proprio il tema della certificabilità delle competenze acquisite dalle esperienze,
posiziona il Repertorio su un terreno parzialmente nuovo, una sorta di “terra di
mezzo” tra i sistemi dell’apprendimento formale e il mercato del lavoro.
Inoltre le modalità operative con cui realizzare il Repertorio ereditano oggi,
rispetto al passato, dal processo in atto a livello europeo, alcuni principi e
presupposti di ordine tecnico-metodologico non più eludibili, non tanto per la
cogenza degli strumenti regolatori (si tratta di Raccomandazioni e il coinvolgimento nel processo dei singoli Paesi europei è ad adesione volontaria) quanto
per la rilevanza dei fini attribuiti al diritto all’apprendimento permanente e alla
mobilità professionale e geografica dei cittadini, in funzione e per effetto della
progressiva capitalizzazione delle competenze possedute, che non potrebbero
essere più traguardati tra gli obiettivi comuni che compongono la strategia
europea 2020.
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Conclusioni
“La sfida delle professioni associative per l’economia della competenza”
di Stefano Cordero di Montezemolo, Presidente del Comitato Scientifico CoLAP
Non è certamente un caso che il processo di affermazione e di riconoscimento
delle professioni associative abbia accompagnato la profonda trasformazione dei
sistemi economici e del mercato del lavoro. Le professioni associative possono,
a pieno titolo, essere considerate come paradigmatiche della nuova realtà economica e lavorativa che non può essere spiegata solo secondo i semplicistici
schemi della globalizzazione e dell’innovazione ma deve essere interpretata anche come il risultato dei profondi cambiamenti culturali, sociali e gestionali che
hanno modificato i valori, le aspettative e le modalità di organizzazione delle
attività produttive.
In effetti, per come si possono interpretare le prospettive di evoluzione della
realtà, per rispondere alle maggiori istanze di qualità, produttività, flessibilità e
mobilità il mercato del lavoro sarà sempre più fondato sul concetto di professionalità che non può e deve riguardare solo le attività che tradizionalmente sono
state esercitate secondo le modalità del lavoro autonomo ma anche quelle che
sono inquadrate con forme di lavoro dipendente o strutturato, per come correttamente riconosciuto dalla legge 4/2013.
Per professione si deve intendere ogni lavoro o occupazione, ad elevato contenuto cognitivo, che concorre a soddisfare specifiche funzioni e utilità, che è fondata su un autonomo patrimonio di conoscenze e competenze che sono qualificate
e validate da accreditati processi di attestazione o certificazione, che possono
essere acquisite con specifici percorsi di formazione didattica e pratica, che è
rappresentata e disciplinata da specifiche associazioni o enti professionali che
ne stabiliscono i contenuti, le regole di condotta e la rispondenza agli interessi
generali/pubblici di riferimento e a quelli più specifici dei committenti/clienti.
Pertanto, affinché il mondo del lavoro sia maggiormente fondato sui principi di
qualità, di responsabilità e di conformità le attività lavorative devono essere
inquadrate, organizzate e esercitate nel rispetto del principio di “disciplina”
per quanto riguarda la definizione, strutturazione e validazione delle competenze che qualificano specifiche attività lavorative, per quanto riguarda le regole
di condotta a garanzia dei propri committenti e utenti e per quanto riguarda
l’esistenza di organizzazioni di rappresentanza che hanno come primaria finalità
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quella della qualificazione e riqualificazione delle competenze in un contesto di
mercato dinamico che non consente più posizioni di difesa corporativa.
D’altra parte, per come è già in via di affermazione nel contesto internazionale,
anche le attività professionali che tradizionalmente sono state esercitate con le
modalità del lavoro autonomo si stanno organizzando in forme societarie o con
altre entità giuridiche che consentono forme di lavoro più aziendali e strutturate
al fine di ottenere maggiore efficacia e efficienza.
La legge 4/2013 ha aperto un fronte innovativo capace di determinare grandi
trasformazioni nelle dinamiche del mercato del lavoro e delle logiche di sviluppo
economico con principi e criteri profondamente diversi dal passato. Per avere
una nuova prospettiva di sviluppo bisogna avere una visione del mondo che si
vuole realizzare e un forte senso della missione e dell’azione. In questi termini, il
mondo delle professioni associative – che per sua natura deve costruirsi costantemente le sue opportunità sulla base delle proprie capacità – può e deve essere
parte attiva nella definizione dei nuovi paradigmi di produzione e di occupazione, nel rispetto degli obiettivi di qualità, competitività e economicità richiesti
dal nuovo contesto globale.
Il CoLAP e le associazioni professionali che lo formano hanno una grande responsabilità, non solo nel dare sostanza e struttura a un fenomeno che sarà una
delle grandi determinanti del mondo produttivo del futuro ma, altresì, nell’essere
un soggetto attivo nel dibattito sulle grandi questioni di sviluppo del paese nel
pieno rispetto dei principi e dei valori che caratterizzano questa realtà percepita ancora come nuova e indefinita ma che diventerà sempre più consistente e
autorevole.
In questa ottica, è fondamentale che si possano proporre idee di programma che
riguardino il fisco, i contratti di lavoro, la previdenza, le società professionali.
E’ importante che il CoLAP e tutto il mondo associativo che esso rappresenta,
abbiano l’ambizione e la capacità di proporsi come riferimenti e attori per la
definizione del nuovo paradigma dell’economia della competenza; che ponga al
centro il valore e il modello della professionalità (secondo la logica disciplinare
indicata in precedenza) come driver non solo della qualità e della funzionalità,
ma anche dell’integrità, della responsabilità e della congruità. Queste sono le
condizioni necessarie per uno sviluppo rispondente ad un vero principio di civiltà, che dovrebbe essere un obiettivo primario, al pari di quello della produttività
e della sostenibilità, delle istituzioni e delle organizzazioni d’interesse pubblico
o generale.
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