Cenni storici Ciclo di produzione
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Cenni storici Ciclo di produzione
Cenni storici La birra è una bevanda di antichissime origini, ottenuta dalla fermentazione di cereali aromatizzati con luppolo. Probabilmente già 5000 anni prima di Cristo, l’uomo era in grado di preparare una bevanda simile all’attuale birra, in conseguenza di un utilizzo sempre più raffinato dei cerali, legato alle prime forme civiltà agricola. Su una tavoletta d’argilla di epoca Sumera, databile attorno al 3.700 a.C. e oggi conservata al British Museum di Londra, sono descritti i doni sacrificali da offrire alla Dea Nin-Harra, che comprendevano oltre a capretti, miele ed altri doni, anche la birra. Oltre ai Sumeri, tutte le popolazioni antiche (Assiri, Babilonesi, Egizi, Celti..) consumavano birra; mentre gli antichi romani non ne hanno mai fatto grande uso, preferendoli il vino, ritenendo la birra bevanda riservata ai barbari delle province. Nel medio evo la birra, che in molti casi costituiva la bevanda più sana in circolazione, in quanto preparata con acqua bollita, continuò a diffondersi in tutta Europa, soprattutto nei monasteri, che conoscevano, conservavano, mantennero vivi e diffusero, i saperi per la sua preparazione. Sono del 1516 le prime leggi legate alla produzione della birra (il celebre Reinheitsgebot - editto della purezza) promulgate dal Duca di Baveria Hildegard, Guglielmo V, il quale per porre rimedio ai tanti sistemi di produzione della birra, diffusi all’epoca nella città di Monaco, stabilì che questa doveva essere preparata esecutivamente con orzo, luppolo ed acqua. L’uso del luppolo come conservante (ed aromatizzante) permise di ottenere una birra dal sapore leggero detta “lager” o “pils”. La rivoluzione industriale favorì la nascita anche delle prime birrerie industriali, alcune della quali ancora oggi in funzione, quali: Guinness, Charrinton, Courage, ecc. Col tempo le tecniche di produzione sono andate migliorandosi, la scoperta della pastorizzazione e della refrigerazione hanno consentito di ottenere birre sempre più leggere e poco alcoliche. Oggi la birra è una bevanda diffusa e prodotta in tutti i paesi del mondo: centro, nord e sud America; Europa; Asia; Australia. Per secoli la birra, sul territorio italiano, è stata vista con un certo scetticismo, in quanto considerata una bevanda pagana, o da barbari. La prima fabbrica di birra italiana nasce a Nizza (all’epoca città piemontese) nel 1789 ad opera di Giovanni Baldassare Ketter, che aveva licenza di vendere la birra prodotta, su tutto il territorio piemontese; gli imprenditori austriaci introdussero nelle zone del nord-est, le prime birrerie come Wührer, Dreher, Von Wunster, ecc.; nasce invece nel 1846 la Birra Peroni, uno dei principali produttori nazionali. Ciclo di produzione Nonostante il grande numero di tipi differenti di birra, presenti sul mercato, le materie prime utilizzate per la loro produzione sono sempre le stesse: malto, acqua, luppolo, lievito. Le fasi del processo di produzione, risultano essere abbastanza simili in ogni tipo di birra, possono essere così sintetizzate: • preparazione del malto; • preparazione del mosto; • fermentazione; • imbottigliamento e pastorizzazione. PREPARAZIONE DEL MALTO: è un prodotto ricavato dalla maltazione dell’orzo, o di altri cerali ancora: frumento, mais, riso. L’orzo è sicuramente il cereale più utilizzato, ma ogni paese, sulla base della propria cultura e delle proprie tradizioni e delle proprie normative, usa anche altri cereali, o usa mescolare l’orzo con altri cerali. In Germania, ad esempio, tutte le birre devono essere a base di orzo ad eccezione delle birre weizen o weisse (tipiche della Baveria) che possono contenere un percentuale minima del 50% di malto prodotto da frumento; in Italia invece, tutte le birre devono contenere una percentuale minima di malto prodotto da orzo del 60%, il restante 40% può essere ottenuto da malto proveniente da altri cereali. La preparazione del malto prevede le seguenti fasi: • FASE PRELIMINARE: l’orzo (o altro cereale) viene lavato in acqua, ripulito dalla pula che affiora in superficie e sottoposto a calibratura. • MACERAZIONE: l’orzo (o altro cereale) viene immerso in acqua pulita fino al raggiungimento dell’umidità desiderata, massimo 8 ore, quindi sciacquato e riammalato nuovamente con nuova acqua pulita per ancora 8 ore massimo, le punte dei grani di orzo, a questo punto, dovrebbero iniziare a mostrare delle protuberanze biancastre, che sono i germogli che iniziano a spuntare. In queste condizioni il chicco si comporta allo stesso modo di quando si trova nel terreno dopo la semina e dà inizio alla sua attività vegetativa latente che porterebbe, se si trovasse interrato, alla nascita di una nuova piantina. • GERMINAZIONE: le cariossidi inumidite vengono stese su griglie (o poste in tamburi rotanti, forati) per circa 10 giorni, in modo da favorire il processo di germinazione (la nascita di una nuova piantina) che si manifesta con lo sviluppo di una piccola radice. Il processo di germinazione viene interrotto quando la piccola radice raggiunge circa una lunghezza pari al doppio del chicco; a queste condizioni, si ha un sufficiente sviluppo di enzimi (endogeni), che saranno in grado di scindere la catena degli amidi in zuccheri e di consentire, conseguentemente, il processo di fermentazione. Questa naturale trasformazione scatena all’interno del seme una serie di processi biochimici che portano allo sviluppo degli enzimi (endogeni) in grado di scindere gli amidi, trasformandoli in zuccheri. [N.B. tutto questo ha luogo poiché in natura, dopo la semina, i semi che, non sono ancora pianta e non possono ricavare ancora energia dal sole attraverso le foglie, si nutrono e si sviluppano utilizzando gli zuccheri prodotti grazie all’azione degli enzimi]. • ESSICCAMENTO E TORREFAZIONE: l’orzo germinato (detto orzo tallito) viene trattato con aria calda ed essiccato, per ottenere così il malto. All’essiccamento segue la torrefazione. Durante questi due passaggi si formano composti di colore bruno, dovuti alla caramelizzazione dello zucchero (reazioni di Maillard) che donano colore e sapore al prodotto finale. Questo ultima fase viene così praticata: Malti chiari: essiccamento effettuato a temperature comprese tra 38° e 52°C, per 24 ore (fino a raggiungere una percentuale d’umidità residua del 9-12%); successiva torrefazione a 70°C. circa. Malti scuri: essiccamento effettuato a 60°C (fino a raggiungere una percentuale d’umidità residua massima del 19-20%); successiva torrefazione a 100°C. Le cariossidi così trattate vengono ripulite dalla piccola radice e conservate. La resa di produzione è in genere 75 kg. di malto, ogni 100 kg. di granaglie utilizzate. Le principali malterie presenti in Italia sono: la Sapalo di Pomezia e l’Agro Alimentare a sud di Melfi; producono complessivamente circa 560.000 q. di malto all’anno, occupando (direttamente o indirettamente circa 320 persone); il fabbisogno complessivo viene ricoperto con importazioni dall’estero per circa 4.500 q. all’anno. RIEPILOGO DELLE FASI DI LAVORAZIONE DEL MALTO pulizia orzo macerazione chicchi in H2O preparazione del malto germinazione essiccamento torrefazione pulizia malto PREPARAZIONE DEL MOSTO: la preparazione del mosto prevede le seguenti fasi: il malto d’orzo (o di altri cereali) opportunamente miscelati, vengono macinati grossolanamente, lasciando il chicco abbastanza integro ed ottenendo una grana grossa, in modo da favorire i processi di filtrazione successivi. • SACCARIFICAZIONE o AMMOSTATURA: la farina ottenuta viene diluita con acqua (nelle proporzioni ¾ di malto; ¼ di acqua) in modo da ottenere una miscela densa. La miscela viene riscaldata, per attivare il processo enzimatico (riduzione degli amidi in zuccheri). Considerando che gli enzimi vengono inattivati a 78°C., è indispensabile non raggiungere mai queste temperature; esistono essenzialmente due tecniche di riscaldamento della miscela e quindi due tecniche di saccarificazione: infusione e decozione. • MACINAZIONE: SACCARIFICAZIONE PER INFUSIONE (metodo inglese): la farina viene mescolata con acqua calda (40°C.), quindi progressivamente riscaldata fino a 65-70°C. SACCARIFICAZIONE PER DECOZIONE (tecnica diffusa in tutto il mondo): la farina viene mescolata con acqua fredda, quindi riscaldata a 50°C.; dalla massa viene prelevata una piccola parte che viene riscaldata a temperatura comprese tra 75 e 100°C, per 10-30’, quindi viene riunita nuovamente alla massa originaria; l’operazione viene ripetuta più volte in modo da portare la temperatura di tutta la massa a 60-70°C.; tra un passaggio e l’altro la miscela viene fatta riposare per circa 20-40’; il trattamento complessivo dura dalle 6 alle 12 ore. Nel processo di saccarificazione particolare importanza assume anche la composizione chimica dell’acqua utilizzata per preparare la miscela acqua-farina. Le acque meno dure, più povere di sali minerali, estraggono più malto di quelle più dure; tra queste ultime quelle che contengono calcio possono conferire un gusto più gradevole, di quelle che contengono sodio o magnesio. Esistono poi tipologie tradizionali di birra, il cui gusto è strettamente legato all’acqua utilizzata, come nel caso delle città di Plezen in Boemia o di Kulmbach in Germania, famose per le loro pils; o ancora Oudenaarde in Belgio, o Burton in Trent in Inghilterra, ecc. • DECANTAZIONE: il mosto viene fatto riposare, in modo da far depositare i residui di malto sul fondo. • COTTURA E AROMATIZZAZIONE (luppolamento): il mosto filtrato viene cotto in apposite caldaie di rame (il rame è un ottimo conduttore di calore e consente di effettuare le migliori cotture) per un tempo variabile da 2-3 a 5-6 ore. In questo modo si consente di concentrare il mosto che perde una parte, più o meno consistente di acqua, di chiarificarlo, in quanto le sostanze proteiche precipitano e di sterilizzarlo. Durante la cottura il mosto viene aromatizzato con l’aggiunta del luppolo, in una quantità variabile da 120-150 gr/hl per le birre scure a 300-500 gr/hl per le birre chiare. L’aggiunta del luppolo avviene in più tempi, generalmente 2/3 a metà cottura, 1/3 verso la fine della cottura, ma talvolta si usa aggiungerlo in quattro tempi differenti. Il luppolo contribuisce a migliorare la conservazione della birra e li conferisce il tipico sapore amaro. IL SOMMELIER di Mario Gasperetti 2 raffreddare fino a 40-50°C; quindi definitivamente raffreddato, per mezzo di tubi refrigerarti alla temperatura di 10-15°C. RIEPILOGO DELLE FASI DI LAVORAZIONE DEL MOSTO macinazione saccarificazione in H2O preparazione del mosto filtrazione cottura aromatizzazione (luppolamento) raffreddamento e 2^ filtrazione FERMENTAZIONE: il mosto viene addizionato di lieviti selezionati, in modo che gli zuccheri presenti nel malto (glucosio, maltosio, maltodestrosio, grazie all’azione degli enzimi avvenuta durante il processo di maltazione) possano essere trasformati in alcool etilico. È questa una prima fermentazione aerobia del mosto, detta appunto fermentazione primaria, che viene praticata in tini aperti; a seconda della temperatura di fermentazione utilizzata e del tipo di lievito impiegato, si distinguono: • ALTA FERMENTAZIONE: è utilizzata soprattutto per le birre scure, più aromatiche e di breve conservazione; per questa fermentazione si utilizzano lieviti del tipo “Saccharomyces cerevisiae” che si riproducono in modo ottimale a temperature comprese tra 15 e 30°C., a queste temperature il tempo della prima fermentazione varia da 2-6 giorni. La quasi totalità delle birre anglosassoni (Bitter, Milde, Porter, Guinness, ecc), la tedesca Kölsch, la belga Provisie, sono prodotte con questo tipo di fermentazione. • BASSA FERMENTAZIONE: è utilizzata soprattutto per le birre chiare e quelle di lunga conservazione in genere; per questa fermentazione si utilizzano lieviti del tipo “Saccharomyces carlsbergensis” che si riproducono in modo ottimale a temperature comprese tra 5 e 10°C., a queste temperature il tempo della prima fermentazione è più lungo rispetto al precedente, risulta di circa 10 giorni, in quanto a temperatura più basse i lieviti lavorano più lentamente. Sono prodotte con questo tipo di fermentazione la lager, la pilsner, la Münchener, ecc. Al termine della prima fermentazione si opera la filtrazione per eliminare il lievito, quindi si procede ad nuova, seconda fermentazione anaerobia, in recipienti chiusi (tank - in alcuni rari casi, la rifermentazione avviene direttamente nella bottiglia), all’interno dei quali si ha la formazione dell’anidride carbonica e della spuma. Per la seconda fermentazione si usa aggiungere al mosto filtrato, una parte di mosto della prima fermentazione che contiene ancora i leviti, o nuovo lievito; i lieviti demoliscono gli zuccheri residuali presenti nel mosto quindi, quando il livello di saturazione di CO2 raggiunge livelli elevati e l’ambiente diventa invivibile, essi muoiono (proprio per causa dalla CO2 da loro stessi prodotta), precipitando nella parte bassa del tank (o della bottiglia). La maturazione all’interno del tank avviene a temperature prossime allo zero (0-3; 0-4°C) per un periodo di 2-3 mesi (in alcuni casi questa seconda fermentazione avviene a temperatura più elevate 10°C per 15-20 giorni); in ogni caso la quantità di gas disciolto nel prodotto finitale dipende dalla temperatura e dalla pressione raggiunte durante la seconda fermentazione. Se non viene sottoposta a successivi passaggi di pastorizzazione la birra così ottenuta deve essere consumata fresca nel giro di breve tempo e può essere conservata al massimo per 60-120 giorni, alla temperatura di 2-4°C. L’aggiunta di lieviti selezionati al mosto si deve ai produttori di birra boemi, della città di Plzen (in particolare la Pilsner Urquell), che nel 1842, iniziarono a produrre la birra aggiungendo al mosto lieviti, capaci di lavorare anche a basse temperature e che permettevano così di ottenere una birra bionda, dorata, che divenne un punto di riferimento al quale si ispirarono in seguito moltissime birrerie. RIEPILOGO DELLE FASI DI FERMENTAZIONE fermentazione primaria (aerobia) fermentazione filtrazione fermentazione secondaria (anaerobia) IL SOMMELIER di Mario Gasperetti 3 L U P PO L O Il luppolo è una pianta perenne, rampicante che presenta fiori con due sessi ben distinti. Conosciuta sin dai tempi più remoti per i suoi effetti soporiferi e calmanti; nell'antico Egitto e in epoca Romana, il luppolo veniva usato in infuso, per curare le malattie del fegato, i disturbi digestivi, i disturbi e alcune malattie femminili e come purificante del sangue. Nella produzione della birra si utilizzano solo le infiorescenze femminili, che sono disposte a due a due, sui rami laterali. Esse contengono una sostanza resinosa (la luppolina) ricca di principi amari, che conferiscono oltre al tipico gusto amaricante alla birra, anche proprietà antibatteriche, disinfettanti, antiossidanti che ne favoriscono la conservazione, rendono la birra più limpida ed aiutano la formazione della spuma. La pratica di luppare il mosto, ha iniziato a diffondersi nel medio evo, grazie al contributo della botanica Suor Hildegard von Bingen dell’abbazia di St. Rupert in Germania, alla quale si deve la scoperta che, il luppolo arresta i processi di putrefazione e quindi contribuisce ad allungare la vita della birra. Viene utilizzato in polvere (quindi essiccato), o in forma di estratto, o di concentrato. In alcune parti del mondo si usa aromatizzare la birra con sostanze diverse dal luppolo, come nel caso della sapinette, prodotta in Canada e negli Stati Uniti che viene aromatizzata con legno di abete; la gingerbeer, prodotta in Inghilterra che viene aromatizzata con lo zenzero; la spruce che viene aromatizzata con gemme di pino, ecc. • RAFFREDDAMENTO: dopo la cottura il mosto viene nuovamente filtrato e lasciato spontaneamente IMBOTTIGLIAMENTO/INFUSTAMENTO: prima di essere imbottigliata (o posta nei fusti) la birra prodotta industrialmente, vene filtrata e stabilizzata con apposite apparecchiature che impediscono la dispersione di anidride carbonica; in Italia si usa aggiungere alla birra anche acido ascorbico (vit. C) che funziona da antiossidante, o ancora enzimi che aiutano a mantenere la birra limpida; alcune birre (e fra queste, certamente quelle che vengono rifermentate in bottiglia) non subiscono invece questi trattamenti e rimangono più torbide, per la presenza di residui di lievito. Al termine di tutti i processi si procede alla pastorizzazione, quindi al riscaldamento del prodotto, che rende la birra meglio conservabile e quindi più facilmente conservabile e commercializzabile. La birra viene pastorizzata già imbottigliata, o durante l’infustamento; in quest’ultimo caso è possibile utilizzare temperature più basse, che possono assicurare un prodotto qualitativamente migliore. RIEPILOGO DELLE FASI DI LAVORAZIONE DELLA BIRRA preparazione del malto ( 1 ) preparazione della birra preparazione del mosto ( 2 ) Fermentazione ( 3 ) Imbottigliamento ( 4 ) Proprietà della birra • • • • • • • La composizione chimica della birra risulta essere: acqua 81%; alcool dal 3 al 9%; anidride carbonica 0,4%; sali minerali da 0,15 a 0,35%; acidi da 0,05 a 0,35%; zuccheri da 0,2 a 0,7%; proteine da 0,2 a 0,7%; IL SOMMELIER di Mario Gasperetti 4 Tipologie di birra Un elenco tassonomico di tutte le tipologia di birra prodotte al mondo, è impresa quasi impossibile, il modo più semplice per classificare le birre e dividerle in base alla gradazione alcolica, o in base al tipo di colore, o in base al tipo di fermentazione, o ancora in base al tipo di materia prima utilizzata: CLASSIFICAZIONE PER CONTENUTO DI ALCOOL: la percentuale di alcool presente nella birra risulta generalmente piuttosto modesta e varia da birra a birra. Spesso l’industria birraia utilizza i “gradi Plato” per identificare le caratteristiche del prodotto. Per definizione, si dice che la densità di una soluzione misurata in gradi Plato è l'equivalente della densità, misurata in percentuale peso/peso, di una soluzione di saccarosio diluita in acqua. In altre parole, dire che un litro di mosto di birra abbia un contenuto pari a 12 gradi Plato, equivale a dire che la densità di estratto (cioè di zuccheri disciolti nel mosto) in questione sia pari a quella di un litro di soluzione acquosa contenente il 12% peso/peso di saccarosio: approssimando il peso specifico dell'acqua a 1 Kg/l e supponendo di essere sul livello del mare e a temperatura ambiente, si può quindi dire che il campione di mosto contiene circa 120 grammi di estratto. Per questo motivo il legislatore (Legge 16 agosto 1962 n. 1354 e legge 30 settembre 1970 n. 1498 e Decreto del Ministero della ha stabilito quanto segue: Sanità n. 209/96) TIPO DI BIRRA GRADO PLATO (°P) GRADO ALCOLICO (% VOL) Birra analcolica Birra light Birra Birra speciale Birra doppio malto 3 -8 5 - 10,5 >10,5 > 12,5 > 14,5 < 1,2 1,2 - 3,5 > 3,5 > 3,5 > 3,5 CLASSIFICAZIONE PER TIPO DI COLORE: le birre presentano sostanzialmente tre tipi di clorazioni differenti: • BIRRE CHIARE: hanno un aroma delicato, un forte sapore di luppolo e risultano facilmente deteriorabili. Vengono generalmente definite lager o pils; la loro temperatura di servizio e di degustazione ideale, è intorno a 6-8°C. • BIRRE SCURE: hanno un gusto forte, un marcato sapore di malto, risultano corpose e abbastanza stabili nel tempo. Vengono generalmente definite stout (GB) o ator (D); la loro temperatura di servizio e di degustazione ideale, è intorno a 10-15°C. • BIRRE ROSSE (o ambrate): hanno caratteristiche intermedie, comprese tra quelle delle birre chiare e quelle delle birre scure e spesso sono prodotte con orzi meno raffinati. Vengono generalmente definite ale (GB) o alt (D); la loro temperatura di servizio e di degustazione ideale, è intorno a 8-10°C. CLASSIFICAZIONE PER TIPO DI FERMENTAZIONE: le birre possono essere prodotte sostanzialmente con due differenti metodi di fermentazione: • BIRRE A BASSA FERMENTAZIONE: sono prodotte lasciando fermentare il mosto a temperature comprese tra 5 e 10°C.; tra queste ricordiamo: PILS è un metodo di produzione noto anche con il nome pilsner o pilsener; prende il nome dalla città boema di Plzen (Pilsner in tedesco) dove nel 1842 la birreria Plzenskÿ Prazdroj, (traduzione “fonte originale di Plzen che in tedesco diviene Pilsener Uerquell) sotto la guida del mastro birraio Josef Groll, sfruttando le caratteristiche ambientali, quelle dell’acqua e delle materie prime, iniziò a produrre un tipo di birra fermentata con lieviti in grado di lavorare anche a bassa temperatura (Saccharomyces carlsbergensis), dando vita così ad un prodotto dorato e spumoso che sconvolse il mondo della birra e che minacciò la sopravvivenza di molti metodi tradizionali di produzione, alcuni dei quali non riuscirono a salvarsi e quindi si sono definitivamente estinti. Oggi il 90% della birra prodotta al mondo è chiara, a bassa fermentazione e discende pertanto da quella di Plzen, prodotta per la prima volta oltre un secolo e mezzo fa. Le pils e tutte le birre a bassa fermentazione, sono definite anche lager (che in tedesco significa magazzino), poiché queste birre, dopo la fermentazione venivano “maturate” in magazzino, a differenza delle altre, che terminavano la loro fermentazione direttamente nel barile per poi essere subito servite. Tra le pils più famose ricordiamo: Pilsener Uerquell, Eggemberg (Rep. Ceca); Augustiner, Löwenbräu, Paulaner, Späten; Beck’s, Karlsbäu (Germania); Gösser, Wieninger, Kaiser (Austria); Stella Artois, Jupiler, (Belgio); Heineken, Amstel, Grolsch, Bavaria (Olanda); Carlsberg, Tuborg, Ceres (Danimarca); Viking Pilsner (Islanda); Kronenbourg, Kanterbräu (Francia); San Miguel (Spagna); Peroni; Moretti, Prinz, Dreher, Wührer, Forst (Italia); Tennent’s, Slalom (Scozia), Trent, Chester Strom (Inghilterra) queste birre anglosassoni sono a bassa fermentazione, ma ad elevato tasso alcolico (9-10%); ecc… MÄRZENBIER questa birra era diffusa soprattutto prima dell’avvento della refrigerazione, quando risultava • difficile conservare la birra soprattutto nei mesi caldi; così nel mese di marzo i birrai tedeschi producevano una birra abbastanza forte (5,5% c.a. di alcool) detta appunto Märzenbier, che riuscivano a conservare in grotte e a tenerla “in vita” per tutto il periodo caldo, al termine del quale si organizzavano numerose feste chiamate Oktoberfest, durante le quali si tentava di consumare queste scorte, prima di iniziare a gustare la nuova birra, destinata al periodo invernale. BIRRE AD ALTA FERMENTAZIONE: sono prodotte lasciando fermentare il mosto a temperature comprese tra 15 e 30°C.; tra queste ricordiamo: ALTBIER è la birra ad alta fermentazione più diffusa in Germania, tipica della città di Düsseldorf; ha un gusto spiccatamente aromatico di malto e di luppolo, un retrogusto amarognolo, un color ramato, una schiuma densa, una gradazione alcoolica di 3,5-4% (e comunque quasi mai superiore al 5%), viene servita in bicchieri alti e stretti, a temperatura di cantina; tra le birre alt più diffuse, ricordiamo: Deibeis Alt; Gatzweiler, Uerige Alt, Schlüussel (di Düsseldorf), Ur-Alt (birra non filtrata della Bolten, la birreria di Altbier più antica del mondo, IL SOMMELIER di Mario Gasperetti 5 datata 1266, che si trova nei pressi di Düsseldorf), Clarissen (della Dab), Strike (birra presente solo nelle zone Düsseldorf) una specie di Alt, ma con grado alcoolico che raggiunge il 6,5%, ecc. Kölsch è la birra tipica della città di Colonia (Germania); il nome Kölsch è infatti riservato alle 24 birrerie della zona; ha un marcato gusto di luppolo, piuttosto rinfrescante, un colore pallido, una gradazione alcoolica di 3,5-4%, viene servita in bicchieri tipo tumbler, a temperatura di cantina; è una birra a base di orzo o di orzo e frumento e si dice che facilita la digestione; tra le birre Kölsch più diffuse, ricordiamo: Kupper Kölsch, Gaffel Kölsch, Döm Kölsch (praticamente introvabili in Italia). BOCK e DOPPELBOCK sono birre simili originarie della Baviera, con un gusto pieno, maltato e poco luppolato. Le bock, hanno un colore dorato o bruno e un’alta gradazione alcolica (pari o superiore a 6,5%); sono originarie della città di Einbeck, da cui molto probabilmente ha origine anche il nome, oggi semplicemente bock (caprone), l’animale che viene riportato su numerosissime etichette di questi tipi di birra; tra le birre bock più diffuse, ricordiamo: Urbock, Späten premium Bock, Rosen Bock Hell, Maibock, Weininger Bock, ecc. Le doppelbock hanno un colore chiaro o scuro e una gradazione alcolica ancora maggiore delle bock (pari o superiore a 7,4%); nascono nel XVII secolo, da Monaci Francescani dell’Abbazia di Andechs, in Baviera che cercarono di produrre una birra particolarmente forte, più di una bock, che chiamarono Salvador, in onore del Signore e che fu successivamente ribattezzata doppelbock; tra le birre doppelbock più diffuse, ricordiamo: Celebrator (della Ayinger), Triumphator (della Löwenbräu), Optimator (della Späten), Maximator (della Augustiner), Kulminator (più nota come Eku 28), Andechs doppelbock, ecc. ALE è il termine con il quale gli inglesi chiamano tutte le loro birre ad alta fermentazione. Le ales hanno un gusto di malto, luppolo, talvolta di caramello, colore ambrato o leggermente scuro, una gradazione alcoolica compresa tra 2 e 4,5-5%, viene servita alla spina, a temperatura ambiente o di cantina. Esistono due metodi di produzione delle ales bear: uno più tradizionale con il quale si ottengono le cask conditioned o real ale (caratterizzate dall’aggiunta di lieviti direttamente nel fusto, che qui rifermentano gli zuccheri residui); uno più industriale con il quale si ottengono le keg o nitrokeg ales (caratterizzate dalla rifermentazione in tanck, dalla filtrazione e dalla pastorizzazione). Le principali tipologie di ales bear sono: MILD ALE: con basso contenuto alcolico (3% c.a.) di colore scuro e gusto di caramello, sono sempre meno richieste; tra queste ricordiamo: Harvey’s Mild; Highgate Mild; Bank’s Mild, Ward’s Classic Yorkshire Ale, Sainsbuty Mild (di Londra), ecc. BITTER ALE: hanno un contenuto alcolico intorno al 4-4,5%, un colore scuro, un gusto amaro di luppolo (come si intuisce dal nome), sentori fruttati e sono le preferite dai consumatori tradizionali; tra queste ricordiamo: Marston’s, London Pride, Young’s Special, Old Speckled, Bombardier Bitter, Newcastle Bitter Ale, Landlord, ESB (Extra Special Bitter), ecc. INDIA PALE ALE: chiamate così perché destinate alle colonie (indiane soprattutto); contengono maggiori quantità di alcool e di luppolo per renderle meglio conservabili e consentire loro di sopportare i lunghi viaggi via mare; tra queste ricordiamo: Marston’s India Export, Burton Brodge Empire Pale Ale, Grant’s India Pale Ale, ecc. BROWNE ALE: è una birra tipica del nord dell’Inghilterra, di colore marrone con gusto dolciastro di nocciola e di caramello, il cui consumo è oggi in declino; tra queste ricordiamo: Newcastle Browne Ale, Super Nut Browne, Vaux Double Maxim, ecc. SCOTCH ALE (O SCOTTISH ALE): tipica ale bear prodotta in Scozia, di colore marrone scuro con riflessi rubino; si differenzia dalle più secche e luppate inglesi, per il gusto più maltato e dolce e per il tasso alcolico più elevato; tra queste ricordiamo: Mc Ewans 80/-; caledonian Flying Scotsman Ruby Ale; Belhaven 80/-; Export Ale; Old Jack, ecc. IRISH RED ALE: sono birre rosse ad alta fermentazione, prodotte in Irlanda, tra queste ricordiamo: Smithwicks, Kilkenny Irish Bear, Mc Farland Red (prodotta anche in Italia su licenza Heineken), ecc. OLD ALE: sono una tipologia antica di birra, a volte confusa con la strong ale, di colore molto scuro, gusto vinoso, sentori fruttati ed elevato tasso alcolico, adatte all’invecchiamento; tra queste ricordiamo: Old Tom, Suffolk Strong, Sarah Hughes Dark Ruby, ecc. IRISH BITTER STOUT è la tipica birra prodotta in Irlanda; ha un gusto amaro, secco, talvolta con sentori di liquirizia o di caffé, un colore molto scuro (quasi nero), un aspetto vellutato, una spuma cremosa color cappuccino, una gradazione alcoolica variabile dal 3 al 7%, viene servita alla spina, a temperatura ambiente o di cantina e talvolta viene miscelata con lo champagne; è ottima anche in abbinamento con le ostriche; tra le birre Irish bitter Stout più diffuse, ricordiamo: Guinness (famosissima, con grado alcolico di c.a. 4%); Murphy’s Irish Stout, Beamish Irish Stout, O’Hara Celtic Stout, Oyster Stout (prodotta con polpa do ostrica fresca), ecc. TRAPPISTE sono birre prodotte in Belgio con elevato tasso alcoolico, servite a temperatura ambiente o di cantina. Hanno avuto origine dai padri trappisti dell’ordine dei cistercensi, dell’Abbazia di Trappe di Soligny, in Normandia, nel 1662; attualmente le Abbazie trappiste che producono birra sono sei e tutte in Belgio, dove le birre sono etichettate con un logo esagonale che ne distingue la qualità; la birra trappista più diffusa è la Chimay, prodotta dall’Abazzia di Notre-dame di Scourmont nei dintorni di Chimay. CLASSIFICAZIONE PER TIPO DI MATERIA PRIMA UTILIZZATA: l’orzo è sicuramente la materia prima più utilizzata nella preparazione del malto per birra. Tuttavia è possibile sostituire una parte di orzo con altri cereali, quali: frumento, granturco, riso. I succedanei dell’orzo sono presenti in mote birre in quantità poco rilevanti (la legge italiana consente il loro utilizzo nella percentuale massima del 40%); Talvolta si usa produrre birre con mosti che contengono elevate quantità di frumento, dette appunto birre di frumento o Weissebier. Vengono generalmente prodotte con una proporzione di 4 parti d’orzo ed 1 di frumento, ma in molti casi la quantità del frumento è maggiore; hanno un colore giallo pallido, un gusto rinfrescante, una gradazione alcoolica di circa 2,5-3%; viengono servite in grosse coppe a temperatura di 7-10°C., spesso come aperitivo, accompagnata con una fetta di limone; tra queste ricordiamo: WEISSE O WEIZEN è una birra, ad alta fermentazione, prodotta in baviera con malto d’orzo e di frumento (che per legge locale, non deve essere inferiore al 50%), ha un colore chiaro, molta schiuma e gas, aromi fruttati (banana) e speziati (chiodi di garofano), un gusto leggermente citrico ed un retrogusto amarognolo. Oggi molto diffusa ed apprezzata in varie parti del mondo, compresa l’Italia; tra le Wiessebier più diffuse, ricordiamo: Erdinger Weissbier, Franziskaner (della Späten), Paulaner Hefe Weisse, Kapuziener Weisse, Eku Weizen, Prinz Regent, ecc. (tutte tipologie di weisse “non filtrate”, definite hefeweizen, che risultano essere meno apprezzate); Kapuziner kristal, Franziskaner kristal, Kaiserdom kristal (tutte tipologie di weisse “filtrate”, definite kristalweizen, che risultano essere meno apprezzate). IL SOMMELIER di Mario Gasperetti 6 WEISSE è una birra prodotta per legge solo nelle zone di Berlino, ha un gusto fresco e molto dissetante con un tasso alcoolico del 2,5-3,5%; tra le birre Berliner Wiessebier più diffuse, ricordiamo: BERLINER Berliner Kindl Weisse, Schultheiss Berliner Weisse. Tecniche di servizio Un corretto servizio della birra si base su tre regole fondamentali: 1) SPILLATURA; 2) TEMPERATURA DI SERVIZIO; 3) TIPO DI BICCHIERE. SPILLATURA: indipendentemente dal fatto che la birra servita sia stata prelevata da una spina, o versata da una bottiglia, questa è stata in ogni caso spillata. La spillatura ha la funzione di creare il giusto equilibrio tra la birra e il bicchiere, di eliminare l’anidride carbonica in eccesso e di presentare un prodotto il più godibile possibile. SERVIZIO DELLA BIRRA IN BOTTIGLIA: la spillatura dalla bottiglia, va eseguita ponendo la bottiglia in posizione piuttosto orizzontale ed il bicchiere inclinato a 45°, fino a ¾ del suo riempimento; dopodichè è possibile raddrizzare il bicchiere e versare il contenuto restante più velocemente, in modo che sviluppi una buona quantità di spuma, alta un paio di centimetri anche oltre l'orlo del bicchiere, senza che questa ricada all'esterno. LIVELLO DI PRESSIONE DA RAGGIUNGERE T 4.3 4.5 4.7 4.9 5.1 5.3 5.5 5.7 5.9 6.1 E M P E R A T U R A 0°C 4°C 8°C 12°C 16°C 20°C 24°C 28°C 32°C 36°C 0.35 0.45 0.50 0.60 0.65 0.70 0.75 0.84 0.90 0.95 0.60 0.65 0.75 0.85 0.90 0.95 1.05 1.10 1.15 1.20 0.85 0.90 1.00 1.10 1.20 1.25 1.35 1.45 1.50 1.55 1.05 1.15 1.25 1.35 1.50 1.55 1.65 1.85 1.95 2.00 1.35 1.45 1.60 1.70 1.80 1.95 2.05 2.15 2.25 2.30 1.36 1.80 1.90 2.05 2.10 2.30 2.40 2.55 2.65 2.70 1.95 2.10 2.25 2.40 2.55 2.75 2.90 2.95 3.05 3.10 2.25 2.40 2.55 2.80 2.90 3.25 3.40 3.50 3.55 3.60 2.55 2.70 2.85 3.20 3.30 3.75 3.90 4.00 4.05 4.10 2.85 3.00 3.15 3.60 3.70 4.25 4.40 4.50 4.55 2.85 P R E S S I O N E D A A P P L I F U S T O La quantità di gas da immettere nel fusto per spingere fuori la birra, varia da birra a birra. Ogni birra acquisisce durante il suo processo di maturazione, un grado di saturazione personale (cioè un proprio contenuto di CO2) che varia da marca a marca ed in modo più consistente, da tipo a tipo. I gas usati sono: • Anidride Carbonica (CO2); • Azoto (N2); • Carboazoto, miscela di Anidride Carbonica e Azoto (CO2+N2). ANIDRIDE CARBONICA (CO2): oltre ha il compito di spingere fuori dal fusto la birra, l’anidride carbonica, ha il compito di mantenere invariato il livello di gasatura del prodotto e per questo motivo è fondamentale mantenere sotto controllo il livello di pressione, per assicurare una giusta quantità di CO2. Se la pressione di ingresso è troppo alta, la birra risulta “pesante”, eccessivamente gasata, difficile da spinare correttamente e con una schiuma dura che talvolta sembra panna. Se la pressione di ingresso è troppo bassa, la birra risulta “piatta”, insufficientemente gasata, difficile da spinare, che fatica ad uscire dal rubinetto e sbuffa. Calibrare con precisione la pressione, per garantire la giusta quantità CO2, diviene indispensabile per assicurare un buon risultato. Il grado di pressione da applicare varia in base a: - distanza del fusto della spina (maggiore è la distanza da percorrere per raggiungere il rubinetto, maggiore è la pressione da applicare); - temperatura (anche 0,5°C di differenza, cambiano le condizioni). Per questo motivo risulta più conveniente posizionare il fusto in un luogo a temperatura costante. Alcune birrerie (Irish e Schottish pubs) riservano proprio una cella esclusiva per lo stoccaggio dei fusti di birra, questa soluzione risulta però onerosa ed ingombrante. Per capire meglio quanto la temperatura influenza la pressione, riportiamo la seguente tabella: S P I N A SERVIZIO DELLA BIRRA ALLA SPINA: viene definita alla spina in quanto un tempo i “fusti” erano costituiti da barili di legno e per mescere la birra, bisognava piantarci, con tanto di martello, una “spina” che fungeva da rubinetto. Oggi invece, i fusti sono di metallo (generalmente di 30 lt., o di 50 lt.) e sono dotati di un attacco collegato a due valvole. La valvola più esterna è collegata tramite un tubo ad una bombola (talvolta a due bombole) di gas; il gas immesso all’interno del fusto, spinge la birra fuori. La valvola più centrale è collegata, tramite un pescante che arriva sul fondo del fusto, ad un rubinetto, dal quale esce la birra. C A R E 7 IMP IA NT O DA B A NC O IL SOMMELIER di Mario Gasperetti IM P IA NT O SO T T O BA N CO AZOTO (N2): ha il solo compito di spingere fuori dal fusto il liquido, in quanto, essendo l’azoto un gas inerte, non conferisce né gusto, né gasatura; per questo motivo non si utilizza per spinare la birra, ma per spinare altri prodotti, quali i vini fermi. CARBOAZOTO (CO2+N2): è costituito da una miscela di anidride carbonica e di azoto, solitamente nel rapporto: 30 % di anidride carbonica e 70% di azoto, anche se esistono miscelatori che creano combinazioni diverse prelevando i due gas dalle rispettive bombole. Questa miscela, è usata per birre con poco tenore di CO2, (come le Stout ad esempio la Guinness, o le Ale inglesi); In pratica la parte di CO2 contenuta nella miscela mantiene la frizzantezza e l'azoto serve per la spinta. Una volta uscita dal fusto, la birra, scorre lungo un tubo e verso un refrigeratore; ne esistono diversi modelli e marche, ma si possono sostanzialmente dividere in due gruppi: i soprabanco e i sottobanco. I primi sono impianti molto compatti, poco ingombranti e vengono fisicamente posti sul banco; contengono il frigo per raffreddare i vari prodotti e i rubinetti sono fissati su un lato dello stesso, non hanno una grossa capacità refrigerante, ossia non permettono di erogare in modo continuo grandi quantità di birra a temperatura costante. I secondi invece possono essere montati in posizione remota rispetto alla colonna; il principio di refrigerazione è uguale a quello dei soprabanco, ma assicurano maggior capacità di refrigerazione e quindi permettano di erogare in modo continuo grandi quantità di birra a temperatura costante. L’impianto deve essere mantenuto in ordine e a tal fine, risulta importante: fusto, al massimo, ogni 3 o 4 giorni, per non alterare le proprietà della birra; cura l’impianto e fermarlo ogni qualvolta il locale chiude per ferie, festività, IMP IA NT O ( SOT T OB A NC O ) P E R BI R RA AL L A S PI NA • sostituire il • pulire con ecc.; • precondizionare il fusto destinato alla mescita, mantenendolo per almeno 24 ore a temperatura di lavoro; mantenere costante la pressione all'interno del fusto con il procedere dello svuotamento; • revisionare periodicamente (ogni 35-40 giorni) da professionisti l'impianto di spillatura; • non lasciare mai i fusti al sole, il calore può rovinare la birra; • lasciare sempre almeno 2 cm di spuma nel boccale, la spuma la birra dal contatto con l'aria. La birra deve essere spillata con attenzione, inclinando il bicchiere sotto il rubinetto e lasciando scendere il liquido lentamente, senza interruzioni, fino a che la spuma non raggiunge il bordo e facendo attenzione che il liquido non fuoriesca dal bicchiere. Esistono essenzialmente tre scuole di servizio della birra alla spina: • METODO TEDESCO: spillare una piccola quantità, posare il bicchiere e attendere che la schiuma si riduca; spillare di nuovo; posare; attendere; terminare con un colpo vigoroso e quindi servire la birra con il suo bel cappello di spuma. • METODO BELGA O OLANDESE: tenere il bicchiere inclinato sotto il rubinetto nella direzione del flusso, fin quando la birra non deborda dal bicchiere; livellare con un colpo di spatola, affinché la spuma mantenga la sua consistenza. • METODO INGLESE: aprire il rubinetto un attimo prima di inclinare il bicchiere; lasciare riempire il bicchiere fino all’orlo, senza che si formi la spuma; è una tecnica utilizzata per birre tipiche (quali le Ale e le Stout) e non per le Pilsner. Ricordiamo infine che, la legislazione italiana (art. 23 Legge n. 1354, del 16 agosto 1962) impone ad ogni locale in cui si opera mescita di birra alla spina, di riportare, in maniera ben visibile sull’impianto di spillatura, un cartello indicante il nome del produttore. TEMPERATURA DI SERVIZIO: la temperatura di servizio ha una sua importanza, l’abitudine diffusa di servire la birra ghiacciata ha un solo effetto, quello di penalizzare la birra, in quanto il freddo anestetizza le papille gustative e non permette alla birra di esprimere al meglio gli aromi e il gusto. La temperatura di servizio influisce anche sulla spuma: se troppo fredda la birra produrrà poca schiuma, mentre una birra a temperatura troppo elevata ne produrrà in eccesso. Ogni tipologia di birra ha la sua temperatura di servizio ottimale (spesso indicata sulla bottiglia o sul fusto), che generalmente sale con l’aumentare della corposità e dell’alcolicità della birra. Indicativamente le temperature consigliate, sono: RIEPILOGO DELLA TEMPERATURE DI SERVIZIO TIPO DI BIRRA birre tipo light, lager molto leggere SERVIZIO TEMPERATURA molto fredde 6° - 7° C birre tipo weisse, le weizenbier, birre aromatiche e alla frutta fredde 7° - 8° C birre tipo pilsner, lager europee, lager scure, altbier fresche 8° - 10° C temperatura di cantina 10° - 12° C birre tipo ale, stout inglesi e irlandesi, birre belghe TIPO DI BICCHIERE: le svariate forme di bicchiere per birra esistenti sul mercato, trovano la loro giustificazione nel fatto che ogni bicchiere serve per gustare al meglio un tipo di birra. Le dimensioni devono essere sufficienti a contenere sia la birra, sia la sua spuma; questa infatti protegge la birra dal contatto con l’aria e quindi dall’ossidazione, mantenendo inalterate le sue caratteristiche organolettiche. Per assicurare uno sviluppo ottimale della spuma è necessario sciacquare bene e raffreddare il bicchiere, prima di versare la birra. Qui di seguito sono descritti alcuni tra i principali bicchieri in uso. TIPO calice a chiudere DI boccale tedesco BICCHIERE flûte UTILIZZO altglas Bicchieri per birre a bassa fermentazione (Lager, Pils, Weisse, Bock, ecc.), non particolarmente profumate e da servire fredde o fresche. Per queste birre è necessario un bicchiere stretto e slanciato che riduca al minimo il contatto con l’ossigeno dell’aria. Bicchieri per birre ad alta fermentazione (Ale, Trappiste, Stout, Weizen ecc.), caratterizzate da profumo intenso. Per queste birre è necessario un bicchiere dai bordi leggermente svasati per poterne apprezzare tutto l’aroma. tulipano balloon coppa weizenglas Bicchieri per birre robuste come le Doppelbock, le Strong Ale, le birre doppio malto. Per queste birre è necessario un bicchiere o un calice ampio e panciuto. coppa balloon pinta tumbler cilindrico IL SOMMELIER di Mario Gasperetti 8