Diabete di tipo 2: controllo avanzato del rischio

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Diabete di tipo 2: controllo avanzato del rischio
Diabete di tipo 2: controllo avanzato
del rischio vascolare con gli agonisti del
recettore GLP-1
Johan H. Jendle, MD, PhD
Con il sostegno di una sovvenzione indipendente per la formazione di
WebMD Global, LLC
Il presente documento ha esclusivamente scopi formativi.
La lettura dei contenuti di questo documento non determina il conferimento di crediti.
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Diabete di tipo 2: controllo avanzato del rischio vascolare con gli agonisti del recettore GLP-1
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Destinatari
Questa attività di formazione è rivolta a una platea internazionale di operatori sanitari, ad eccezione degli operatori sanitari
statunitensi. La presente attività è destinata a diabetologi, endocrinologi, internisti, cardiologi, medici di base e altri operatori
sanitari che si occupano della gestione di pazienti affetti da diabete di tipo 2.
Obiettivo
Obiettivo di questa attività è fornire una rassegna esaustiva dei più recenti sviluppi clinici e progressi terapeutici correlati
all’utilizzo degli agonisti del recettore GLP-1 (GLP-1 RA) nelle persone affette da diabete di tipo 2.
Fini di apprendimento
Al termine di questa attività, i partecipanti saranno in grado di:
•
•
riconoscere l’aumentato rischio cardiovascolare nei pazienti affetti da diabete di tipo 2 identificando in modo appropriato i fattori di rischio cardiovascolare ed esaminare i meccanismi intervenienti nella patogenesi delle complicanze macrovascolari nel diabete di tipo 2;
descrivere l’importanza di un rigoroso controllo glicemico unito al trattamento dei rischi cardiovascolari associati per prevenire o ritardare le complicanze cardiovascolari e valutare i dati delle sperimentazioni cliniche con gli agonisti del GLP-1 per comprendere il ruolo di tali farmaci in questo contesto.
Per le domande riguardanti il contenuto di questa attività di Educazione continua in Medicina/Formazione Continua (CME/CE),
rivolgersi al fornitore accreditato scrivendo all’indirizzo [email protected].
Per quesiti di assistenza tecnica, rivolgersi all’indirizzo [email protected]
Autori e dichiarazioni
ESPERTO
Dott. Johan H. Jendle, MD, PhD
Professore associato, Università di Örebro, Örebro, Svezia; Consulente senior, Endocrine and Diabetes Center,
Karlstad Central Hospital, Karlstad, Svezia
Dichiarazione: il dott. Johan H. Jendle, MD, PhD ha dichiarato le seguenti relazioni finanziarie rilevanti:
Ha svolto incarichi di consulenza per: Boehringer Ingelheim Pharmaceuticals, Inc., Eli Lilly and Company, Medtron
ic, Inc., Novo Nordisk e Pfizer Inc
Ha svolto incarichi in qualità di oratore o membro di un ufficio di oratori professionisti per: AstraZeneca
Pharmaceuticals LP, Eli Lilly and Company, Merck Sharp & Dohme Corp., Novo Nordisk e Pfizer Inc
Il dott. Jendle non si propone di offrire una disamina sull’utilizzo di farmaci off-label, dispositivi meccanici, farmaci biologici o
principi diagnostici approvati dall’Agenzia europea per i medicinali.
Il dott. Jendle inoltre non intende offrire una disamina in merito a farmaci sperimentali, dispositivi meccanici, farmaci biologici o
principi diagnostici non approvati dall’Agenzia europea per i medicinali.
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DIRETTORE RESPONSABILE
Dott. Thomas Rohban, MD
Direttore scientifico di WebMD Global, LLC
Dichiarazione: il dott. Thomas Rohban, MD, ha dichiarato le seguenti relazioni finanziarie rilevanti:
Ha svolto incarichi di consulenza per: Abbott Laboratories, BioAlliance, Celgene Corporation, Ethypharm, Ipsen, LFB
Biomédicaments, Novo Nordisk, Novartis Pharmaceuticals Corporation e sanofi-aventis
Dott.ssa Anne M. Sendaydiego, PharmD
Direttore scientifico di WebMD Global, LLC
Dichiarazione: la dott.ssa Anne M. Sendaydiego, PharmD, ha dichiarato di non avere relazioni finanziarie rilevanti.
RECENSORE
Dott. Nafeez Zawahir, MD
Direttore clinico CME
Il dott. Nafeez Zawahir, MD, ha dichiarato di non avere relazioni finanziarie rilevanti.
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Diabete di tipo 2: controllo avanzato del rischio vascolare con gli agonisti del recettore GLP-1
Che il diabete rappresenti un fattore di rischio indipendente di complicanze macro e microvascolari è stato debitamente
appurato.[1] La maggior parte dei pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 (T2DM) è soggetta a un elevato rischio di eventi
cardiovascolari (CV) futuri, con un’incidenza all’incirca doppia rispetto alle persone non colpite dalla patologia.[2] Le complicanze
CV costituiscono una delle principali cause di morbilità e mortalità correlate al diabete. È noto da molti anni che la glicemia
basale, misurata in termini di escursioni del glucosio plasmatico a digiuno (fasting plasma glucose, FPG) o dell’emoglobina glicata
(A1c) e del glucosio, è predittiva di futuri eventi CV e che questa relazione si estende anche alla scala glicemica non diabetica.
[3-5]
L’iperglicemia è un fattore che contribuisce in misura significativa alla malattia cardiovascolare (CVD) e alle complicanze
macrovascolari. Il controllo glicemico, pilastro della terapia del diabete, è volto a ridurre e stabilizzare i livelli di A1c senza indurre
ipoglicemia.[6,7]
Numerosi importanti studi hanno confermato l’efficacia del controllo glicemico nella gestione del T2DM.[6,8] È stato dimostrato
che il controllo glicemico riduce il rischio di eventi CV maggiori, ma aumenta anche il rischio di ipoglicemia grave[9-12]; tuttavia,
se il controllo glicemico rappresenta un punto centrale nella gestione del diabete, anche il controllo di altri fattori di rischio di
CVD e delle complicanze microvascolari è cruciale. Una dichiarazione di posizione sul controllo glicemico espressa nel 2012 dalla
Associazione americana per il diabete (ADA)/Associazione europea per lo studio del diabete (EASD) ha sottolineato la necessità di
personalizzare gli obiettivi glicemici del paziente in un quadro multifattoriale di riduzione dei rischi, a causa del maggior rischio di
morbilità e mortalità CV tra i pazienti affetti da T2DM. Una gestione precoce e intensiva dei fattori di rischio CV (quali ad esempio
pressione arteriosa elevata, dislipidemia, fumo) ha buone probabilità di portare a vantaggi maggiori rispetto al solo controllo
glicemico.[7,13]
La necessità di adottare un approccio più intensivo alla riduzione del rischio di complicanze CV del diabete è supportata dai
risultati positivi ottenuti in recenti sperimentazioni cliniche. Il controllo rigoroso della pressione arteriosa, unito al trattamento con
farmaci ipolipemizzanti (quali le statine), ha dimostrato di contribuire sensibilmente alla riduzione del rischio di CVD in pazienti
affetti da T2DM, e questi sono diventati approcci terapeutici standard alla gestione del rischio di CVD in tali pazienti, unitamente
alla terapia antipiastrinica e ai programmi di modifica dello stile di vita mirati ad esempio al calo di peso o alla cessazione
dell’abitudine al fumo.[1]
Nel 2011 il numero stimato di persone affette da diabete (di tipo 1 e 2) era di 366 milioni, e altri 280 milioni di persone erano a
rischio di sviluppare la malattia. Si prevede che entro il 2030 il dato salirà a 552 milioni di persone affette da diabete e 398 milioni a
rischio.[14] Il controllo dell’epidemia di diabete richiede un approccio globale alla prevenzione e alla gestione mirato all’iperglicemia
e agli altri fattori di rischio CV. Gli interventi sullo stile di vita, come la cessazione dell’abitudine al fumo e l’aumento dell’attività
fisica, sono di fondamentale importanza per la riduzione del rischio di CVD.[13] L’individuazione di metodi di prevenzione e
di trattamento delle complicanze CV nei pazienti affetti da T2DM costituisce un’importante area di indagine. Uno sviluppo
importantissimo negli ultimi anni è stato l’emergere di terapie a base di incretine, degli inibitori della DPP-4 e degli agonisti del
recettore GLP-1 che riducono efficacemente i livelli di A1c e FPG senza indurre ipoglicemia. Inducono inoltre un calo ponderale
oppure sono privi di effetti sul peso e hanno dimostrato di possedere effetti lievi ma vantaggiosi sulla pressione arteriosa e sui
profili lipidici, oltre a possibili effetti cardioprotettivi.[15]
Fattori che contribuiscono all’aumento del rischio CV nei pazienti affetti da T2DM
Nella malattia macrovascolare, il meccanismo patologico centrale è l’aterosclerosi, che induce un restringimento della parete
arteriosa.[16] L’aterosclerosi è una condizione infiammatoria cronica che prende avvio dall’endotelio in risposta a una lesione della
parete arteriosa nel sistema vascolare periferico o coronarico. Si sviluppa attraverso le interazioni tra lipoproteine modificate,
macrofagi e costituenti della parete arteriosa.[16,17] La correlazione tra il T2DM e la formazione della placca aterosclerotica è molto
forte, sebbene i meccanismi precisi attraverso i quali il T2DM aumenta il rischio di placca non siano completamente definiti.[16]
Diversi meccanismi contribuiscono all’accelerazione dell’aterosclerosi e all’aumento del rischio CV tra i pazienti affetti da T2DM.
[18]
Questa patologia deriva dalle interazioni tra varie anomalie del metabolismo, tra cui in particolare l’insulino-resistenza di
muscoli e fegato e il progressivo declino della funzione delle cellule beta.[19] Il T2DM insorge di norma nel contesto della sindrome
metabolica, sebbene non per tutti i pazienti.[16,20] I pazienti presentano in genere obesità addominale, ipertensione, FPG elevato,
iperlipidemia, anomalie dei percorsi di infiammazione e di coagulazione e comorbilità quali malattia renale cronica. Le strategie
per il trattamento del T2DM devono concentrarsi sui fattori di rischio modificabili che compongono la sindrome metabolica.[19]
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I dati sperimentali hanno indicato che l’iperglicemia postprandiale può condurre a complicanze vascolari attraverso livelli di
glucosio elevati, dando luogo alla produzione di prodotti finali di glicazione avanzata e all’aumento dello stress ossidativo,
scatenando così l’infiammazione. L’ossido di azoto è un potente dilatatore della parete endoteliale e le riduzioni dell’attività
dell’ossido di azoto associate allo stress ossidativo possono condurre all’aumento di pressione arteriosa, frequenza cardiaca,
aggregazione piastrinica e attività piastrinica.[18,21,22] Questi fattori a loro volta possono accelerare ulteriormente lo sviluppo di
aterosclerosi. È stato dimostrato che concentrazioni elevate di glucosio stimolano la proliferazione e la migrazione delle cellule
della muscolatura liscia vascolare, fenomeno che svolge un certo ruolo nell’aterosclerosi.[18,23]
La compromissione della funzione endoteliale e l’aumento dello stress ossidativo, ritenuti fattori determinanti nello sviluppo
dell’aterosclerosi,[22] sono associati al T2DM e sono anche strettamente correlati all’insulino-resistenza.[23-25]
L’iperlipidemia e l’obesità addominale nei pazienti affetti da T2DM sono state attribuite all’insulino-resistenza.[26] Le alterazioni del
numero e delle dimensioni delle particelle lipoproteiche sono state collegate all’aumento del rischio di CVD.[26] La dislipidemia
più frequente nei pazienti affetti da T2DM è rappresentata dai livelli elevati di trigliceridi (TG) e dall’abbassamento dei livelli di
lipoproteine ad alta densità, o colesterolo HDL, fenomeno noto anche come dislipidemia diabetica.[24] Nei pazienti affetti da T2DM
la maggiore quantità di tessuto adiposo viscerale è correlata a un profilo lipoproteico che presenta un aumento del rischio di
aterosclerosi e CVD.[27] Da uno studio del 2007 è emerso un aumento del 2% del rischio relativo di un evento CV per aumento di 1
cm della circonferenza della vita.[28,29]
L’ipertensione è frequente nei pazienti affetti da T2DM e può essere una conseguenza dell’insulino-resistenza e
dell’iperinsulinemia.[25] Essa contribuisce alla patogenesi della malattia vascolare nei pazienti affetti da T2DM, unitamente ad
aterosclerosi accelerata, trombosi e iperlipidemia. È probabile che la disfunzione endoteliale sia coinvolta in ognuna di queste
anomalie vascolari.[24]
I pazienti affetti da diabete e fumatori, inoltre, sono esposti a un maggiore rischio di CVD, ed è stato riscontrato che la cessazione
dell’abitudine al fumo riduce il rischio in misura significativa; tuttavia non sono state rilevate differenze nel rischio CV tra fumatori
affetti e non affetti da diabete.[30]
I fattori che contribuiscono al rischio cardiometabolico nei pazienti affetti da T2DM sono riportati in Figura 1.
Figura 1. Rischio cardiometabolico nei pazienti affetti da T2DM.
BP = pressione arteriosa; CVD = malattia cardiovascolare; LDL = lipoproteine a bassa densità; ApoB = apolipoproteina; HDL = lipoproteine ad alta densità;
TG = trigliceridiAdattato da: American Diabetes Association (ADA). DOC News. 2006;3(7):1-19.[31]
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Controllo dell’iperglicemia e suoi effetti sulla CVD nel T2DM
Evidenze dell’efficacia del controllo glicemico
Il Gruppo UK Prospective Diabetes Study (UKPDS) ha dimostrato che esiste una relazione diretta tra iperglicemia e complicanze
micro e macrovascolari nei pazienti affetti da T2DM nel tempo e ha riscontrato che la riduzione dei livelli di A1c era associata a
una riduzione del rischio di infarto del miocardio (IM); il controllo glicemico aveva tuttavia un effetto maggiore sulle complicanze
microvascolari che su quelle macrovascolari.[6,8,32] Da uno studio di follow-up dell’UKPDS è emerso che la riduzione del rischio
di complicanze micro e macrovascolari associata a uno stretto controllo glicemico nei pazienti affetti da T2DM può prolungarsi
oltre il periodo definito del controllo glicemico intensivo. Questo fenomeno, noto come legacy effect (effetto memoria), sottolinea
l’importanza di mettere in atto il controllo glicemico il più tempestivamente possibile, piuttosto che attendere l’insorgere di
complicanze.[33] Ciò presenta delle implicazioni per la gestione del T2DM nei pazienti più giovani. Con l’aumento dell’incidenza
del T2DM tra questi ultimi, è probabile che essi possano trarre vantaggio dall’effetto memoria di un controllo glicemico precoce
attraverso la riduzione del rischio di futuri eventi CV.
In tempi più recenti lo studio Action in Diabetes and Vascular Disease-Preterax and Diamicron Modified Release Controlled
Evaluation (ADVANCE) ha riscontrato che quando il controllo glicemico intensivo abbassava i livelli di A1c al 6,5%, si verificava
una riduzione del 10% nell’esito complessivo di eventi macro e microvascolari maggiori; la riduzione era tuttavia dovuta
principalmente a una diminuzione relativa del 21% del rischio di nefropatia. Gli autori hanno concluso che il controllo intensivo
non presentasse un effetto significativo sul rischio di eventi macrovascolari, ma suggerivano che una riduzione dell’A1c pari allo
0,7% potrebbe ridurre del 16,7% la percentuale di eventi macrovascolari.[34]
Nella sperimentazione clinica Action to Control Cardiovascular Risk in Diabetes (ACCORD),[35] ogni aumento dell’1% del livello
di A1c era associato a un aumento del 20% della mortalità per tutte le cause; lo studio è stato tuttavia interrotto per problemi
legati all’aumento dei tassi di mortalità associati al controllo glicemico intensivo. Da uno studio di follow-up è emerso che i fattori
associati a livelli persistentemente più elevati di A1c, e non i bassi livelli di A1c di per sé, avevano probabilmente contribuito
all’aumento del rischio di mortalità associato al controllo glicemico intensivo.[36]
La sperimentazione Veterans Affairs Diabetes Trial (VADT) ha riscontrato che il controllo glicemico intensivo in pazienti affetti da
T2DM scarsamente controllato non aveva effetti significativi sui tassi di eventi CV maggiori, decesso o complicanze microvascolari,
con l’eccezione della progressione dell’albuminuria[37]; è tuttavia possibile che nei pazienti affetti da T2DM con una durata inferiore
della patologia e senza aterosclerosi conclamata, il controllo glicemico intensivo possa portare vantaggi CV.[38]
Da numerose recenti meta-analisi e revisioni di ampi studi di mortalità-morbilità è emerso che, sebbene il controllo glicemico
intensivo non influisse sulla morte cardiovascolare o sulla mortalità per tutte le cause, esso comportava riduzioni significative
(14-15%) del rischio di IM non letale su un periodo di 4,4 - 5,4 anni (figura 2). [9,11,39] Un regime di controllo glicemico più intensivo
era associato a un aumento di due volte del rischio di ipoglicemia, e vi erano indicazioni del fatto che l’equilibrio tra il rischio
di ipoglicemia e i vantaggi CV del controllo glicemico intensivo potrebbe variare tra diversi gruppi di pazienti. Queste analisi
contribuiscono alla crescente evidenza secondo cui i regimi di riduzione del glucosio devono essere personalizzati per i singoli
pazienti. Le caratteristiche al basale dei partecipanti sono reperibili negli studi originali.[11,13]
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Figura 2. Effetti del controllo più o meno intensivo su eventi CV maggiori e IM.
ACCORD = Action to Control Cardiovascular Risk in Diabetes; ADVANCE = Action in Diabetes and Vascular Disease-Preterax and Diamicron Modified Release Controlled
Evaluation; UKPDS = UK Prospective Diabetes Study; VADT = Veterans Affairs Diabetes Trial; eventi CV maggiori = morte CV, ictus non letale o IM non letale; l’IM include gli
eventi letali e non letali. La riduzione complessiva di eventi CV maggiori era pari al 9%, mentre la riduzione complessiva di IM era del 15%.
Adattato da: Turnbull FM, et al. Diabetologia. 2009;52(11)2288-2298.[11]
Farmaci anti-iperglicemici utilizzati per il trattamento dei pazienti affetti da T2DM
Farmaci anti-iperglicemici meno recenti. Esistono numerosi trattamenti disponibili per l’iperglicemia nei pazienti affetti da T2DM,
con profili farmacologici e meccanismi di azione diversi. Il trattamento di prima linea più comune una volta che la malattia è stata
diagnosticata è l’antidiabetico orale metformina, molto efficace nel ridurre i livelli di A1c (1%-2%) e privo di effetti sul peso[13,40]
; è tuttavia meno efficace nei pazienti con livelli basali di A1c elevati (≥ 9%) e la sua efficacia diminuisce con il progredire della
malattia.[7,41]
Le linee guida terapeutiche raccomandano il passaggio alla terapia di combinazione di due farmaci nel caso in cui gli obiettivi
di A1c non siano raggiunti dopo tre mesi di monoterapia con metformina.[13,40] Le opzioni raccomandate nella dichiarazione di
posizione dell’EASD/ASA del 2012 sono rappresentate dall’aggiunta di un secondo anti-iperglicemico orale, un agonista del
recettore GLP-1 o un’insulina basale[13]; i farmaci anti-iperglicemici meno recenti hanno tuttavia delle limitazioni, tra cui l’aumento
di peso e l’ipoglicemia. Il rischio e il timore di un aumento ponderale possono scoraggiare i pazienti dall’iniziare o dall’attenersi al
trattamento prescritto.[42] Persino eventi ipoglicemici minori possono avere un effetto pesante sulla gestione del diabete.[43]
Un’altra limitazione dei farmaci tradizionali è la riduzione dell’efficacia nel conseguimento degli obiettivi glicemici con il
progredire del T2DM. Con il continuo declino della funzione delle cellule beta, la monoterapia con sulfonilurea (SU), metformina
o insulina ha meno probabilità di offrire un controllo glicemico rigoroso. Entro 3 anni dalla diagnosi di T2DM, per la metà dei
pazienti sono necessarie più terapie per raggiungere un livello di A1c inferiore al 7%.[44]
Tra gli anti-iperglicemici orali, SU è efficace nel ridurre i livelli di A1c, ma di frequente induce ipoglicemia e aumento di peso.
[41]
In alcuni studi osservazionali questi sono stati inoltre associati a un aumento del rischio di ricovero o mortalità per cause
CV se utilizzati in combinazione con metformina.[45] Altri studi più recenti non hanno confermato questa associazione, quindi
rimane un argomento controverso.[46] Nondimeno, non esistono dati certi a sostegno di un vantaggio CV diretto di SU. Anche il
tiazolidinedione (TZD) è efficace nel diminuire i livelli di A1c e non induce ipoglicemia; è tuttavia associato all’aumento di peso e
del rischio di insufficienza cardiaca congestizia.[41,47] Il rosiglitazone, un TZD, è stato ritirato in diversi paesi a causa di indicazioni
di un aumento del rischio di eventi CV.[41,48] Sebbene l’insulina costituisca il trattamento più efficace per la riduzione dei livelli
di A1c, è associata a ipoglicemia e aumento di peso. Nella Tabella 1 è riportato un riepilogo degli effetti degli anti-iperglicemici
tradizionali.
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Diabete di tipo 2: controllo avanzato del rischio vascolare con gli agonisti del recettore GLP-1
Tabella 1. Farmaci anti-iperglicemici tradizionali
CVD = malattia cardiovascolare; PO = somministrazione per via orale; SC = somministrazione per via sottocutanea; SU = sulfonilurea; TG = trigliceridi;
TZD = tiazolidinedioni
Adattato da: Drucker DJ, et al. Diabetes Care. 2010;33(2):428-433.[49]
Farmaci anti-iperglicemici più recenti.
Per risolvere alcune problematicità dei farmaci meno recenti, sono stati sviluppati vari nuovi anti-iperglicemici. Le terapie a base
di incretine emerse nell’ultimo decennio si sono affermate quali importanti opzioni terapeutiche per i pazienti affetti da T2DM.
Le classi di farmaci disponibili sono due: (1) gli inibitori della DPP-4, somministrati per via orale, che comprendono sitagliptin,
saxagliptin, vildagliptin e linagliptin, e (2) gli agonisti del recettore GLP-1, somministrati per via sottocutanea, che comprendono
exenatide due volte al giorno, exenatide una volta la settimana e liraglutide.[50]
Gli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 1 e 2 rappresentano un’altra classe di anti-iperglicemici innovativi. Questi
farmaci inibiscono il riassorbimento del glucosio dai tubuli renali e causano glicosuria, e gli inibitori del cotrasportatore sodioglucosio di tipo 1 comportano inoltre una riduzione dell’assimilazione di glucosio nell’intestino tenue. Numerosi inibitori del
cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 sono oggetto di sperimentazioni precliniche e cliniche, con il dapagliflozin che ha
completato le sperimentazioni di fase 3. È stato dimostrato che riduce i livelli A1c e i livelli di glucosio ematico ed è associato a
perdita di peso.[51]
L’effetto incretinico
L’effetto incretinico è il potenziamento della secrezione di insulina da parte delle cellule beta del pancreas in risposta a un pasto.
Due ormoni - il polipeptide insulinotropico glucosio-dipendente (GIP) e il peptide glucagone-simile 1 (GLP-1) - sono responsabili
di questo effetto e svolgono un ruolo importante nella regolazione dei livelli del glucosio postprandiale.[19,52] Il ruolo di GLP-1 è
rappresentato in Figura 3. Le sue due azioni principali consistono nello stimolare la secrezione di insulina da parte delle cellule
beta pancreatiche e nell’inibire la secrezione del glucagone da parte delle cellule alfa pancreatiche. Il GLP-1 regola inoltre
l’appetito e l’assunzione di cibo rallentando lo svuotamento gastrico e ha dimostrato di avere un ruolo cardioprotettivo in vivo.[53-55]
GIP e GLP-1 vengono rapidamente inattivati dal DPP-4 poco dopo essere stati secreti dalle cellule intestinali.[19]
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Figura 3. Il ruolo fisiologico del GLP-1.*
L’aumento della proliferazione e la riduzione dell’apoptosi delle cellule beta sono stati riportati esclusivamente in studi su animali.
Adattato da: Baggio LL, et al. Gastroenterology. 2007;132(6):2131-2157.[53]
*
Nei pazienti affetti da T2DM l’effetto incretinico è significativamente ridotto o assente, e questo contribuisce alla carente
regolazione della secrezione di insulina e glucagone.[52,55] Lo sviluppo di terapie basate sulle incretine è volto a ripristinare la
funzione fisiologica del GLP-1 nei pazienti affetti da T2DM (si veda la Figura 4).[56,57] GIP e GLP-1 non sono indicati per l’uso
clinico a causa della loro rapida degradazione, quindi sono stati sviluppati gli agonisti del recettore GLP-1 per ripristinare la
funzione naturale del GLP-1. Gli agonisti del recettore GLP-1, noti anche come incretino-mimetici, offrono livelli farmacologici
di stimolazione del recettore GLP-1 maggiori di quelli prodotti dall’ormone naturale. Si legano al recettore GLP-1 e lo attivano,
producendo effetti glucoregolatori simili a quelli del GLP-1 naturale.[54] Un’altra strategia è rappresentata dallo sviluppo degli
inibitori orali della DPP-4, anche noti come incretino-potenziatori. Gli inibitori della DPP-4 inibiscono la degradazione di GLP-1
e GIP, prolungandone l’emivita e ripristinando così la funzione naturale del GLP-1.[19,54] A differenza degli agonisti del recettore
GLP-1, non si legano ai recettori del GLP-1. Entrambe le classi di farmaci riducono i livelli di A1c e presentano un basso rischio di
ipoglicemia, ma gli agonisti del recettore GLP-1 sembrano essere associati a riduzioni più consistenti di A1c e FPG. Gli inibitori
della DPP-4 sono privi di effetti sul peso, mentre i GLP-1 RA inducono perdita di peso.[52,58,59]
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Diabete di tipo 2: controllo avanzato del rischio vascolare con gli agonisti del recettore GLP-1
Figura 4. Due strategie oggi disponibili per potenziare la secrezione di GLP-1 nei pazienti affetti da T2DM.
GLP-1 = peptide glucagone-simile 1; DPP-4 = dipeptidil peptidasi 4; RA = agonista del recettore
Adattato da: Drucker DJ, et al. Lancet 2006;368(9548):1696-1705.[56]
Gli agonisti del recettore GLP-1 devono essere presi in considerazione quale opzione di trattamento per i pazienti affetti da T2DM
quando l’ipoglicemia è particolarmente indesiderabile, quando la perdita di peso è un fattore importante o quando la terapia
seguita non controlli efficacemente l’iperglicemia postprandiale.[13,19,59] Sono attualmente disponibili in commercio tre agonisti
del recettore GLP-1: exenatide due volte al giorno, exenatide una volta la settimana e liraglutide (si veda la Figura 4).[50] Tra gli altri
agonisti del recettore GLP-1 in sperimentazione vi sono: lixisenatide somministrata una volta al giorno e dulaglutide, albiglutide e
semaglutide somministrati una volta la settimana.[60,61]
Exenatide due volte al giorno
Exenatide due volte al giorno è iniettato per via sottocutanea in dosi da 5 a 10 µg. Da una meta-analisi e revisione sistematica del
2012 è emerso che il farmaco riduce i livelli di A1c dello 0,68% per il dosaggio di 5 µg e dello 0,99% per il dosaggio da 10 µg.[62]
In alcune sperimentazioni cliniche “testa a testa”, la somministrazione due volte al giorno di exenatide riduceva i livelli di A1c
e FPG in misura inferiore rispetto alla liraglutide (rispettivamente -0,79% vs. -1,12%; -11 mg/dl vs. -29 mg/dl), ma comportava
una riduzione molto superiore di glucosio plasmatico postprandiale (PPG).[52,63] L’exenatide due volte al giorno è efficace in
monoterapia e in terapia di combinazione. In duplice terapia può essere aggiunto a metformina o SU, e in triplice terapia può
essere aggiunto a metformina e SU o a metformina e TZD.[64] È sicuro e ben tollerato. Il rischio di ipoglicemia è basso, sebbene
il rischio di ipoglicemia da lieve a moderata aumenti nella duplice terapia con una SU.[64,65] Gli effetti collaterali più frequenti di
exenatide due volte al giorno comprendono nausea passeggera (lieve o moderata), vomito e diarrea.[64] Sono stati riferiti casi di
pancreatite acuta, ma con frequenza rara.[66]
Exenatide una volta la settimana
Exenatide una volta la settimana è somministrato mediante iniezione sottocutanea con un dosaggio di 2 mg una volta la
settimana. Le sperimentazioni cliniche DURATION hanno dimostrato causa una riduzione del livello di A1c superiore rispetto alla
somministrazione di exenatide due volte al giorno (in media 1,9% vs. 1,5%).[67,68] Uno studio del 2011 segnalava miglioramenti più
importanti nel controllo glicemico dopo 2 anni di trattamento con exenatide una volta la settimana rispetto a exenatide due volte
al giorno: il 60% dei pazienti presentava un livello di A1c < 7% e il 39% ≤ 6,5%.[69] Exenatide una volta la settimana è associato a
miglioramenti clinicamente rilevanti dei livelli di FPG e PPG.[70-72]
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Die Anwendung von einmal wöchentlichem Exenatid ist sicher und gut verträglich sowie mit einem geringen Hypoglykämierisiko
assoziiert (in etwa vergleichbar mit Exenatid zweimal täglich).[67] Die häufigste Nebenwirkung ist eine leichte und vorübergehende
Übelkeit. Zu den weiteren Nebenwirkungen gehören Erbrechen, Diarrhoe, Obstipation und Kopfschmerzen, doch ist die Inzidenz
schwerwiegender unerwünschter Ereignisse gering.[69]
Exenatide una volta la settimana è sicuro e ben tollerato, e comporta un basso rischio di ipoglicemia (analogo a quello di
exenatide due volte al giorno).[67] L’effetto collaterale più frequente è una lieve nausea passeggera. Gli altri effetti collaterali
comprendono vomito, diarrea, costipazione e cefalea, ma l’incidenza di effetti indesiderati gravi è bassa.[69]
Liraglutide
Liraglutide è somministrato per via sottocutanea, con una dose giornaliera di 0,6, 1,2 o 1,8 mg. Ha una durata di azione > 24 ore.
[73]
Le sperimentazioni cliniche Liraglutide Effect and Action in Diabetes (LEAD), sei sperimentazioni randomizzate controllate che
hanno interessato oltre 4.000 pazienti affetti da T2DM in 40 paesi, hanno dimostrato l’efficacia e la sicurezza di liraglutide.[63,74-79]
È sicuro ed efficace per l’uso in monoterapia, in duplice terapia con metformina o TZD, o in triplice terapia con metformina e TZD
o con metformina e SU. La riduzione media dei livelli di A1c nelle sei sperimentazioni è risultata pari all’1,13%.[80] Le riduzioni di
A1c erano superiori rispetto a quelle ottenute con un certo numero di comparatori, indipendentemente dai valori basali.[81] In un
nuovo metodo di trattamento dei pazienti affetti da T2DM con A1c elevata, uno studio del 2012 ha riscontrato che l’aggiunta di
liraglutide (1,8 mg) a metformina, seguita dall’aggiunta di insulina basale (detemir), consentiva un buon controllo glicemico, e
che quasi due terzi dei pazienti raggiungevano livelli di A1c < 7% (la riduzione media di A1c era dell’1,3%)[82] Liraglutide migliora i
livelli di PPG abbassando al contempo quelli di FPG.[83]
Liraglutide è sicuro e ben tollerato e comporta un basso rischio di ipoglicemia.[64,74,82] L’effetto collaterale più frequente è la nausea
passeggera (da lieve a moderata), che è però meno pronunciata rispetto a exenatide.[63] Altri effetti collaterali comprendono
diarrea e vomito, sebbene quest’ultimo sia meno frequente che con exenatide due volte al giorno.[63,64,73] Sono stati anche
riportati casi di pancreatite, ma con frequenza rara.[49,66] Liraglutide è controindicato per i pazienti con anamnesi familiare di
carcinoma midollare della tiroide o sindrome di neoplasia endocrina multipla di tipo 2, poiché dagli studi su animali è
emerso che provoca il cancro della tiroide[84]; l’ente statunitense Food and Drug Administration ha tuttavia classificato il
rischio di cancro alla tiroide come basso.[64]
Nella Tabella 2 è riportato un riepilogo dei dati sull’efficacia relativi a exenatide due volte al giorno, exenatide una volta la
settimana e liraglutide.
Pg.11
Diabete di tipo 2: controllo avanzato del rischio vascolare con gli agonisti del recettore GLP-1
Tabella 2. Effetti di exenatide due volte al giorno, exenatide una volta la settimana e liraglutide su A1c, peso corporeo,
SBP e LDL*†
dopo sottrazione del placebo
Durata media dello studio: 26 settimane, tranne exenatide BID + TZD ± MET (16 settimane) e liraglutide monoterapia (16 settimane). Questa tabella risulta da una
raccolta di diversi studi singoli.
BID = due volte al giorno; LDL = lipoproteine a bassa densità; MET = metformina; n/d = non disponibile; QW = una volta la settimana; SBP = pressione arteriosa sistolica;
SU = sulfonilurea; TZD = tiazolidinedione
*
†
Agonisti del recettore GLP-1 e rischio CV: oltre il controllo glicemico
Oltre a essere molto efficaci nel controllo dell’iperglicemia, gli agonisti del recettore GLP-1 possiedono vari effetti non glicemici
positivi, tra cui la capacità di preservare le cellule beta ed effetti positivi su fattori di rischio CV quali peso corporeo, pressione
arteriosa e profili lipidici (si veda la Tabella 2).[60,85] Numerose azioni cardioprotettive degli agonisti del recettore GLP-1 sono state
dimostrate in modelli animali preclinici della funzione CV, come la potenziale riduzione dell’aterogenesi e gli effetti benefici
sull’insufficienza cardiaca.[15,86] Studi di breve termine su pazienti umani affetti da cardiopatia ischemica, IM o insufficienza cardiaca
hanno evidenziato azioni modeste ma benefiche sulla funzione cardiaca.[60,85,86] In questa sezione sono descritti gli effetti non
glicemici degli agonisti del recettore GLP-1 disponibili in commercio exenatide e liraglutide sui fattori di rischio CVD.
Preservazione delle cellule beta
Il T2DM si caratterizza per il progressivo declino della funzione delle cellule beta. Exenatide e liraglutide sembrano avere effetti
positivi su tale funzione, con la possibilità di ridurre la variabilità del glucosio e forse, indirettamente, il rischio di complicanze
macro e microvascolari. La protezione delle cellule beta da un ulteriore declino della loro funzione e infine dalla disfunzionalità
definitiva può modificare la progressione del T2DM, se gestito nei tempi debiti.[73]
Alcuni studi preclinici supportano l’ipotesi secondo cui liraglutide ed exenatide potrebbero svolgere un effetto protettivo sulla
massa delle cellule beta nel T2DM. Liraglutide ed exenatide sono associati a un aumento e a una differenziazione significativi della
massa delle cellule beta nei ratti e a una riduzione dell’apoptosi delle cellule beta in cellule pancreatiche umane isolate.[73]
Sono stati condotti numerosi studi clinici sui possibili effetti diretti di exenatide sulla funzione delle cellule degli isolotti
pancreatici. Con exenatide sono stati riscontrati miglioramenti significativi degli indici della funzione delle cellule beta .[87] In una
sperimentazione clinica di fase 3, liraglutide è stato associato a un aumento delle secrezione di insulina e a un miglioramento della
funzione delle cellule beta[74]; attualmente non sono tuttavia disponibili dati su pazienti umani indicanti che l’effetto di exenatide o
liraglutide sulla funzione delle cellule beta sia duraturo.[52]
Pg.12
http://www.medscape.org/viewarticle/775826 o http://theheart.medscape.org/viewarticle/7758268
Peso corporeo
L’obesità è associata a un aumento del rischio di T2DM: il 60%-90% dei casi di T2DM è correlato all’obesità e il rischio di diabete tra
gli adulti obesi può essere oltre 90 volte maggiore rispetto a quello degli adulti non sovrappeso.[60,88] L’obesità rappresenta inoltre
un fattore di rischio indipendente di CVD nei pazienti affetti da T2DM.[88] Come descritto in precedenza, molti tra i farmaci antiiperglicemici meno recenti inducono un aumento ponderale, mentre le terapie a base di incretine sono prive di effetti sul peso
(inibitori della DPP-4) o inducono una perdita di peso (agonisti del recettore GLP-1).[89,90]
Exenatide due volte al giorno è stato associato a un calo ponderale in diverse sperimentazioni cliniche, in monoterapia e in terapia
duplice e triplice con metformina, SU o TZD.[62,65,91-94] Il calo ponderale con una dose di 10 µg era compreso tra 0,7 e 2,5 kg, corretto
per il placebo (si veda la Tabella 2). È stato dimostrato che il calo ponderale era sostenuto per 1,4 anni.[60]
Nella serie di sperimentazioni cliniche DURATION, exenatide una volta la settimana era associato a perdita di peso, in monoterapia
e in terapia duplice e triplice con metformina, SU o TZD (Tabella 2). La perdita di peso con una dose di 2 mg oscillava tra 2,3 e 3,0
kg (corretta per il placebo).[67,68,95-97]
Liraglutide è associato a un calo ponderale significativo, come dimostrato dalle sperimentazioni cliniche LEAD (Tabella 2). È
stato usato in monoterapia e in terapia duplice e triplice con metformina, SU o TZD. La perdita di peso sembra essere dipendente
dalla dose, dato che alla dose di 1,8 mg è associato un calo ponderale maggiore rispetto a una dose di 1,2 mg.[60] La perdita di
peso con 1,8 mg liraglutide era compresa tra 0,2 e 3,2 kg, corretta per il placebo (si veda la Tabella 2).[63,74-78] Queste riduzioni del
peso corporeo sembrano essere stabili per almeno 1 anno.[74] La sperimentazione clinica LEAD-6 ha dimostrato che liraglutide
era associato a un calo ponderale maggiore nei pazienti affetti da T2DM rispetto a exenatide due volte al giorno se combinato a
metformina e/o SU (3,24 kg vs. 2,87 kg).[63] Da un prolungamento di 14 settimane della sperimentazione LEAD-6 è emerso che i
pazienti che passavano da 10 µg di exenatide due volte al giorno a 1,8 mg di liraglutide erano soggetti a un ulteriore calo di peso
di 0,9 kg.[98]
I meccanismi esatti della perdita di peso con exenatide e liraglutide al momento non sono noti; tuttavia, un sottostudio di
LEAD-2 e LEAD-3 ha riscontrato che il calo di peso incrementale associato a liraglutide (in monoterapia o in duplice terapia con
metformina) è ascrivibile principalmente alla riduzione del tessuto adiposo viscerale.[93] La perdita di peso da sola potrebbe avere
un effetto positivo sugli esiti CV; anche gli agonisti del recettore GLP-1 potrebbero tuttavia avere effetti CV diretti non attribuibili
esclusivamente alla perdita di peso.[86]
Svuotamento gastrico
Una delle principali azioni biologiche degli agonisti del recettore GLP-1 consiste nel ritardare lo svuotamento gastrico e nel
ridurre l’assunzione di cibo.[15,52,60] È stato dimostrato che exenatide due volte al giorno rallenta lo svuotamento gastrico e riduce
l’assunzione di calorie,[62,98] analogamente a quanto osservato per liraglutide[83]; uno studio del 2012 su modelli animali indicava
tuttavia che lo svuotamento gastrico potrebbe non essere il meccanismo principale alla base della perdita di peso indotta da
liraglutide.[99]
Pressione arteriosa e frequenza cardiaca
L’ipertensione, definita come SBP > 140 mm Hg e pressione arteriosa diastolica (DBP) > 90 mm Hg, è spesso una patologia
comorbida del T2DM e contribuisce al rischio di CVD. È stato dimostrato che un rigoroso controllo della pressione arteriosa riduce
il rischio CV e la mortalità correlata al diabete.[100,101]
Exenatide due volte al giorno è associato a una significativa riduzione dei valori SBP (Tabella 2). Da un’analisi congiunta di sei
sperimentazioni cliniche è emerso un calo maggiore della SBP con exenatide due volte al giorno rispetto al trattamento con
insulina o un placebo, e il calo era maggiore nei pazienti con un valore basale della SBP ≥ 150 mm Hg.[102] Una meta-analisi ha
riscontrato che una dose da 10 µg di exenatide due volte al giorno era associata a una riduzione statisticamente significativa dei
valori SBP e DBP.[63]
Pg.13
Diabete di tipo 2: controllo avanzato del rischio vascolare con gli agonisti del recettore GLP-1
Le sperimentazioni cliniche DURATION hanno dimostrato che exenatide una volta la settimana riduce significativamente la SBP,
con riduzioni medie comprese tra 3 e 5 mm Hg (Tabella 2).[60,67] Non sono state osservate variazioni significative del valore di DBP.
Nella sperimentazione DURATION-3 la frequenza cardiaca (HR) media aumentava di 4 battiti al minuto (bpm) nei pazienti che
assumevano exenatide una volta la settimana.[97] Questo è considerato un potenziale problema, ma non è attualmente chiaro se
la variazione della frequenza cardiaca possieda rilevanza clinica.[60] È stato suggerito che un aumento dell’HR non abbia effetti
dannosi sul cuore sino a quando non raggiunga 5-10 bpm.
Nelle sperimentazioni LEAD liraglutide risultava regolarmente associato alla riduzione dei valori di SBP, e la riduzione media era
compresa tra 2,7 e 6,6 mm Hg con dosi di 1,2 e 1,8 mg.[74-78] Non si osservava una riduzione significativa della DBP.
Nel prolungamento della sperimentazione clinica LEAD-6 i pazienti che passavano da 10 µg di exenatide due volte al giorno a 1,8
mg di liraglutide hanno riportato un calo della SBP pari a 3,8 mm Hg.[98] L’aggiunta di liraglutide alla terapia di combinazione era
associata ad aumenti lievi ma statisticamente significativi della HR, da 2 a 3 bpm.[74,76-78]
Nella Tabella 2 è riportato un riepilogo dei dati clinici sugli effetti di abbassamento della pressione sistolica relativi a exenatide
due volte al giorno, exenatide una volta la settimana e liraglutide (1,8 mg).
Sebbene il calo ponderale possa avere contribuito all’abbassamento della SBP con exenatide e liraglutide, è improbabile che
esso sia l’unico responsabile, giacché si sono verificate variazioni della SBP in fasi precoci delle sperimentazioni cliniche che
precedevano la perdita di peso.[60,65,74] La significatività clinica e i meccanismi soggiacenti agli effetti di exenatide e liraglutide su
SBP e HR nell’essere umano devono ancora essere stabiliti. Sono stati condotti studi preclinici, ma sono necessari ulteriori dati
clinici.[86]
Livelli lipidici
L’aumento dei lipidi nel siero è un altro biomarcatore associato a un maggiore rischio di CVD che include colesterolo totale (CT),
lipoproteine a bassa densità (LDL), HDL, acidi grassi liberi (FFA) e trigliceridi (TG).[60]
Da una sperimentazione clinica randomizzata del 2008 è emerso che exenatide due volte al giorno era associato a un calo di TG
(12%), CT (5%) e LDL (6%) nei pazienti trattati con metformina e/o SU. I livelli di HDL erano aumentati del 24%.[103] Una meta-analisi
del 2012 ha riscontrato che la dose di 5 µg di exenatide due volte al giorno era associata a una riduzione significativa dei livelli di
LDL e a un aumento significativo di HDL.[62]
Nelle sperimentazioni cliniche DURATION, exenatide una volta la settimana ha sortito effetti positivi sui profili lipidici, con
una riduzione del CT in 3 delle 4 sperimentazioni e nessun effetto significativo sull’HDL (si veda la Tabella 2).[67,95,97] Nella
sperimentazione DURATION-1 ha portato a riduzioni più sostenute del CT e dell’LDL rispetto a quanto ottenuto con exenatide
due volte al giorno.[98] I miglioramenti più significativi nei lipidi sierici sono stati osservati nei pazienti che hanno raggiunto un calo
ponderale più rilevante.[104]
Liraglutide è associato a un profilo lipidico favorevole nei pazienti affetti da T2DM (si veda la Tabella 2). Una meta-analisi delle
sei sperimentazioni LEAD ha dimostrato che dopo 26 settimane di trattamento con liraglutide, i livelli di CT, LDL, FFA e TG erano
diminuiti in misura significativa rispetto al basale.[105] Rispetto all’insulina o al TZD, liraglutide era associato a una maggiore
riduzione del CT e dell’LDL.
Altri rischi CV
L’effetto del GLP-1 naturale sull’apparato cardiovascolare potrebbe comprendere un’azione diretta sull’endotelio. Diversi
studi preclinici e clinici hanno suggerito potenziali benefici del GLP-1 sull’endotelio e sul muscolo liscio vascolare.[86,106] È stato
dimostrato ad esempio che il GLP-1 migliora la disfunzione endoteliale nei pazienti affetti da T2DM con cardiopatia coronarica.
[107]
Effetti benefici di liraglutide sulla disfunzione endoteliale vascolare sono stati dimostrati mediante studi in vitro.[108] Exenatide
è stato associato a una riduzione significativa di un marcatore surrogato per la CVD nei ratti e ha determinato un miglioramento
della funzione endoteliale nei suini.[109] Altri biomarcatori del rischio CV sono la proteina C-reattiva ad alta sensibilità e il peptide
natriuretico cerebrale (BNP). Liraglutide è stato associato a una riduzione di questi ultimi due.[105]
Pg.14
http://www.medscape.org/viewarticle/775826 o http://theheart.medscape.org/viewarticle/7758268
Agonisti del recettore GLP-1 e rischio CV: prospettive cliniche
Le evidenze degli esiti CV dei GLP-1 e degli inibitori della DPP-4 nei pazienti affetti da T2DM sono attualmente limitate; tuttavia,
sono oggi in corso numerose sperimentazioni cliniche multicentriche a lungo termine per determinare tali esiti (Tabelle 3 e 4). Gli
studi sugli inibitori della DPP-4 potrebbero inoltre contribuire alla comprensione dei benefici degli agonisti del recettore GLP-1 e
delle terapie basate sulle incretine in modo più generale.en beitragen.
Gli agonisti del recettore GLP-1
È in corso una sperimentazione clinica volta a studiare exenatide una volta alla settimana in correlazione al tempo al primo evento
CV (EXSCEL). L’effetto di liraglutide su una gamma di esiti CV primari (tra cui tempo al primo episodio di morte CV, IM non letale
o ictus non letale) è in fase di studio nella sperimentazione LEADER. Due agonisti del recettore GLP-1 sperimentali sono inoltre
in fase di valutazione nell’ambito di sperimentazioni cliniche. Lixisenatide viene studiato in una sperimentazione clinica volta
a valutare se il farmaco sia in grado di ridurre la mortalità CV nei pazienti affetti da T2DM che hanno subito un recente evento
coronarico acuto (ELIXA). L’effetto di una dose settimanale di dulaglutide sugli eventi CV maggiori (primo episodio di morte CV, IM
non letale o ictus non letale) è in fase di studio nella sperimentazione REWIND. Tutte le sperimentazioni cliniche citate qui sopra
sono in doppio cieco e randomizzate.[15,61]
Tabella 3. Sperimentazioni cliniche sugli esiti CV degli agonisti del recettore GLP-1
R= in fase di reclutamento; A = attivo ma non in fase di reclutamento; IM = infarto del miocardio; T2DM = diabete di tipo 2
Pg.15
Diabete di tipo 2: controllo avanzato del rischio vascolare con gli agonisti del recettore GLP-1
Tabella 4. Sperimentazioni cliniche sugli esiti CV degli inibitori della DPP-4[61]
R= in fase di reclutamento; A = attivo ma non in fase di reclutamento; CHF = insufficienza cardiaca coronarica; CVD = malattia cardiovascolare; LVF = funzione ventricolare
sinistra; IM = infarto del miocardio; T2DM = diabete di tipo 2
Le sperimentazioni cliniche sono riassunte nelle Tabelle 3 e 4, che comprendono il numero di partecipanti, l’indicazione se la
sperimentazione sia ancora in fase di reclutamento e la data di completamento prevista.
Conclusione
Le terapie basate sulle incretine (agonisti del recettore GLP-1 e inibitori della DPP-4) offrono un modo sicuro ed efficace
per raggiungere il controllo glicemico, il quale, a sua volta, riduce il rischio di complicanze CV associate all’iperglicemia nei
pazienti affetti da T2DM. Poiché non inducono aumento di peso e comportano un basso rischio di ipoglicemia, rappresentano
un’alternativa ad alcuni farmaci anti-iperglicemici tradizionali. Gli agonisti del recettore GLP-1 inducono perdita di peso, pertanto
sono particolarmente vantaggiosi per i pazienti per i quali la riduzione del peso corporeo costituisce una priorità. L’esclusivo
meccanismo di azione degli agonisti del recettore GLP-1 consente il ripristino della funzione del GLP-1 naturale, che risulta ridotta
nei pazienti affetti da T2DM. Exenatide (due volte al giorno e una volta la settimana) e liraglutide, i tre agonisti del recettore GLP-1
comunemente disponibili, hanno dimostrato di avere numerosi effetti favorevoli oltre a consentire un efficace controllo glicemico,
in particolare per alcuni fattori di rischio CV.
Le evidenze degli effetti benefici degli agonisti del recettore GLP-1 su peso corporeo, pressione arteriosa e profili lipidici sono state
ampiamente dimostrate. Liraglutide ed exenatide una volta la settimana, in particolare, hanno dimostrato riduzioni significative
del peso e della SBP e miglioramenti nei profili dei lipidi sierici. I risultati degli studi preclinici indicano inoltre che gli agonisti del
recettore GLP-1 potrebbero svolgere una funzione cardioprotettiva diretta, intendendo con ciò anche la capacità di portare a
potenziali miglioramenti nella funzione endoteliale vascolare. I potenziali effetti cardioprotettivi degli agonisti del recettore GLP-1
saranno studiati nelle sperimentazioni cliniche su ampia scala attualmente in corso. Le sperimentazioni inizieranno a fornire dati
nei prossimi 2 - 5 anni e si prevede che getteranno luce sull’impatto a lungo termine degli agonisti del recettore GLP-1 su una serie
di esiti cardiovascolari, tra cui l’IM non letale e la morte CV.
Pg.16
http://www.medscape.org/viewarticle/775826 o http://theheart.medscape.org/viewarticle/7758268
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