Penso che l`informazione sia sufficientemente circolata anche

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Penso che l`informazione sia sufficientemente circolata anche
Penso che l’informazione sia sufficientemente circolata anche in Italia
rispetto alle cause specifiche che hanno condotto alla situazione attuale.
Tutto nasce dal disegno di legge per il cambiamento dell’articolo 37 della
costituzione quello che limita a soli due mandati la carica di presidente del
Paese. Questo personalissimo ritocco della costituzione avrebbe consentito
a Blaise Compaoré, oggi ormai ex-presidente, di ripresentarsi, dopo 27
anni di potere, alle elezioni previste in novembre 2015 ed alle successive.
L’opposizione politica ed i gruppi autonomi della società civile non si sono
rassegnati a questo snaturamento della costituzione. Una prima
manifestazione ha avuto luogo il martedì 28 ottobre in diverse città del
Paese. Secondo gli organizzatori nella sola capitale erano presenti un
milione di manifestanti.
Ma è stata la giornata di giovedì (30 novembre, ndr) che ha cambiato
completamente la storia del Burkina Faso. Le opposizioni non avendo i
numeri per contrastare in parlamento il voto del decreto legge hanno
invitato di nuovo la popolazione a manifestare davanti al palazzo
dell’Assemblea blindato per l’occasione dalle forze antisommossa.
Poco prima del voto i manifestanti hanno avuto il sopravvento sulle forze
dell’ordine devastando ed incendiando il palazzo dell’Assemblea e tutto ció
che si trovava nei pressi. É molto probabile che le forze dell’ordine non
abbiano voluto andare fino in fondo nella difesa del parlamento.
Ciononostante si parla di una ventina di morti.
Da quel momento tutto è andato molto velocemente. Le forze dell’ordine
sono praticamente sparite dalle strade. L’attenzione si è rivolta al palazzo
presidenziale ed alle alte sfere militari. Mentre in diverse città si
consumavano gli atti di saccheggio ed i regolamenti di conti, lo stato
maggiore militare proclamava la legge marziale designando prima un
generale ed in seguito un colonnello come presidente di transizione.
Nella mattinata di venerdì le dimissioni di Blaise Compaoré, in fuga verso
la Costa d’Avorio, sembravano dare respiro alla situazione che migliorava
molto in termini di sicurezza delle persone ma pochissimo in chiarezza
istituzionale. Infatti i rappresentanti della società civile e delle opposizioni
politiche non hanno accettato che la rivoluzione del popolo fosse
confiscata dai militari e si sono opposti alla designazione del colonnello
Zida. Questo aspetto ha portato a nuove tensioni in strada nella giornata
di domenica.
Il vero nodo attuale è la situazione non del tutto chiara che si è creata tra
i militari e la società civile, comprese le forze politiche ed è quello che ci fa
dire che non siamo completamente usciti da una situazione di per se
ancora altamente esplosiva.
La realtà è che i militari sono assolutamente necessari alla transizione
democratica, senza di loro ovviamente si instaurerebbe un caos
permanente aprendo le porte, fra l’altro, ad una possibile minaccia
islamista. Detto questo però, l’osservazione della società civile e delle
forze politiche è assolutamente pertinente: l’esercito ha un suo ruolo
specifico in un contesto democratico e di servizio al Paese e d’altronde la
costituzione prevede le misure correttive in caso di vacanza di presidenza
e governo. In altre parole l’esercito è necessario ma non deve sconfinare
in ruoli che non gli competono e che sono invece affidati ai civili, come
appunto quelli di presidenza e di governo.
Credo che in tutta questa vicenda, che è facilmente paragonabile a molte
delle situazioni della primavera araba, ci sia un elemento nuovo e di buon
augurio ossia la forte partecipazione dei movimenti della società civile
collocati al di fuori delle logiche dei partiti politici e dalle mire militari.
Sono essi la parte più autentica della società ma anche la più fragile e
strumentalizzabile dai politici. I movimenti della società civile non sono
una specificità del Burkina Faso: un esempio per tutti il “Mouvement Balai
Citoyen” nato in Burkina solo lo scorso anno si è ispirato a suon di rap al
movimento senegalese “Y’ en a marre” trovando qui terreno fertile ed
assumendo una forza trasversale impressionante. Sono convinto che in
questa occasione il movimento abbia esercitato un potere persuasivo di
primo piano sulla popolazione. Un esempio significativo e quasi aneddotico
è quello di sabato scorso quando il “Balai Citoyen” ha invitato i cittadini a
ripulire le città da tutti i detriti che le ingombravano dopo la rivolta. Fra
l’altro mettendoci un pizzico di autoironia: “balai citoyen” significa infatti
“scopa cittadina”. Nel mio timido giro di ispezione della città sabato
pomeriggio, sono rimasto sbalordito dalla pulizia di strade e piazze: ma
che popolo è questo che di propria iniziativa rimette ordine dove ha creato
disordine?
In questo lunedì la gente sembra uscita da un sonno pesante, come se
rivedesse dopo tanto tempo il cielo oscurato nei giorni scorsi dalle colonne
di fumo dei copertoni in fiamme ed oggi invece ancora vivace di colori
rubati all’ultima umidità della stagione piovosa. Si muove nel traffico con
compostezza in abituale, persino rispettosa del codice della strada, come
se avesse paura di scatenare qualcosa. In realtà è solo la stanchezza
accumulata in questi giorni: stanchi di insonnia e di tensione ma anche di
comunicati contradditori e di incertezze sul futuro. C’é voglia di tregua e di
tranquillità. Ouagadougou, che di solito vive in strada, manca di qualcosa,
è troppo ordinata, ha un vuoto che dopo qualche attimo capisco, la sua
vita commerciale è sparita e fa ritorno pian piano oggi: venditori
ambulanti, mercati all’aperto, rivenditori di auto e di ogni mercanzia.
Non siamo ancora usciti dalla situazione critica, é ancora presto per
affermarlo sospesi come siamo all’andamento delle riunioni di
concertazione in atto da stamattina e che proseguiranno nei prossimi
giorni. Il risultato di queste sarà nelle prossime ore, l’indicatore di un
ritorno alla “normalità” per quanto si possa definire normale un governo di
transizione causato da un colpo di stato.
Ci sono però dei segnali di apertura molto positivi da ogni parte come se
l’insieme degli attori fosse conscia che l’assenza di una convergenza sulle
modalità del periodo di transizione basterà a far precipitare il Paese nel
caos. Gli esempi in questo senso sono abbondanti e molto vicini.
Stamattina mentre raggiungevo l’ufficio osservavo i ragazzi al rientro
scolastico dopo una settimana di vacanze fuori programma. Mi sono
sorpreso ad associarli immediatamente ed istintivamente al futuro del
Burkina Faso. E’ vero che anche in questo Paese, che conosco ormai da
quarant’anni, le situazioni cambiano molto spesso in peggio: aumento
della criminalità, conflitti familiari e tradizionali, assenza di senso civico,
malgoverno... Ma è anche vero che le spinte ad un cambiamento
possibile, anche nella maniera di gestire il Paese, partono proprio dai
giovani a cui è data la possibilità di istruirsi e di conoscere il mondo, gli
altri. Lasciare i giovani nell’ignoranza significa condannare la democrazia
ad essere monca. Mancante di quella partecipazione di uomini e donne che
pure ne sono il senso ultimo.
In fondo è questa la speranza che mi fa accettare e dimenticare la paura e
l’ansia per me e per la mia famiglia mentre a meno di un chilometro da
casa giovedì si sentivano i colpi profondi di armi pesanti dei militari
attorno alla presidenza e nel quartiere spari di pistole e fucili a difendere
le case e gli alberghi dai saccheggiatori.
Abbiamo sempre bisogno di aggrapparci ad un motivo di speranza ed il
mio motivo sono questi ragazzi.
Più del 60% della popolazione del Burkina Faso non ha conosciuto altra
“democrazia” che quella dell’epoca Compaoré. Dei sette presidenti che si
sono succeduti dall’indipendenza nel 1960 ad oggi, alcuni anche solo per
qualche mese, solo uno era un civile, Maurice Yaméogo, il primo.
Oggi il peggio è passato? Non so dirlo. Lo spero, ma la strada della
democrazia è talmente lunga e piena di insidie che è difficile fare dei
pronostici. Certo per ora la calma è ritornata nelle città. Questa sera i
comunicati che arrivano dal nuovo presidente sono piuttosto rassicuranti.
Inoltre la diplomazia internazionale ed in particolare l’Unione Africana
minacciano sanzioni se il quadro costituzionale non è rispettato: un
avvertimento all’esercito. Basterà questo? Per questa notte direi di si,
siamo un po’ stanchi di tensioni.
Mario Civettini, Ouagadougou, 3 novembre 2014