Stampa uscita - La scuola possibile
Transcript
Stampa uscita - La scuola possibile
Pubblicata da Sysform Editore 00131 Roma Via Monte Manno 23 - Direttore Responsabile Manuela Rosci Edizione sfogliabile della rivista telematica www.lascuolapossibile.it Iscrizione al Tribunale di Roma 63/2010 del 24/02/2010 Iscrizione al R.O.C. n.19433 N.70 febbraio 2017 Codice ISSN 2281-3233 Web Content Manager Maurizio Scarabotti Editoriale Un carico di energia Esporsi alla formazione fa bene di Rosci Manuela – Editoriali cade nel gruppo. Gli schemi rappresentativi delle diverse relazioni all'interno della classe (il primo "a raggiera, con il docente al centro di un sole che emana raggi verso i discenti; il secondo "a rete", con scambi che avvengono tra tutti senza necessariamente passare per il docente) connotano dunque l'insegnante artefice del ben-essere a scuola (e purtroppo anche del mal-essere!). Potenziare il senso di responsabilità e di autonomia degli alunni, far sì che diventino veri attori del loro percorso formativo, valorizzare la diversità nella classe non come elemento di differenziazione negativa ma come varietà di risorse presenti nel gruppo, sollecitare la collaborazione e lo scambio tra pari, sono solo alcuni dei punti che rappresentano il focus della SOCIALIZZAZIONE considerata una delle competenze base, fondamentale e trasversale, in linea con quanto sollecitato dalle Indicazioni nazionali (2012), come ha ben argomentato la prof.ssa Luisa Molinari dell'Università di Parma. Solo una lettura sistemica restituisce alla scuola e alle sue componenti gli elementi per individuare alcuni aspetti che vanno esplicitati per essere meglio compresi: il principio di INTERDIPENDENZA, per cui gli elementi del sistema sono in stretta relazione (come in tutti i sistemi, Reduce dal convegno "In classe ho un bambino che ..." organizzato da Giunti Scuola, a cui ho partecipato con un nutrito gruppo degli autori di questa rivista, sento di confermare che l'esposizione alla formazione fa bene, anche quella somministrata in dose unica (20h in due giorni) perché fornisce al binomio mente-corpo una sferzata di energia, dà vigore, e permette così di continuare ad affrontare una stagione (quella scolastica) sempre ricca di imprevisti e capovolgimenti climatici. Le due giornate sono state ricche di input che hanno permesso di confermare e ampliare la visione della scuola, soprattutto l'importanza dell'insegnamento e le conseguenze positive o negative, a seconda di come si gestisce "il potere" in classe. Apparentemente inappropriata -la parola "potere" sembra contrastare con la visione svalutata della professione docente nel nostro Paese- è stata utilizzata per illustrare come sia sottile la linea di confine che divide i concetti di PARTECIPAZIONE e CONTROLLO esercitati in classe: non può esserci partecipazione attiva degli alunni se l'insegnante mantiene altro il controllo e la gestione unidirezionale di quanto ac- ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.1 la famiglia in primis) e si influenzano reciprocamente; i PROCESSI EVOLUTIVI che caratterizzano un sistema devono tenere in equilibrio la necessità di cambiamento/evoluzione con la "continuità" del sistema a cui si appartiene e che fornisce l'ancoraggio alla stabilità. Cambiamento e continuità, dunque, aspetti di uno stesso vissuto che caratterizza la scuola oggi come non mai e la consapevolezza che una diversa gestione delle relazioni in classe è fondamentale per produrre ben-essere e apprendimento significativo. Inoltre, la qualità delle relazioni sociali è indice predittivo della qualità dell'apprendimento. La capacità di "leggere" gli altri per capire cosa gli altri pensano (Teora della Mente) è una abilità socio-cognitiva fondamentale, che va promossa e sviluppata negli allievi perché ha ripercussioni sociali -sono più popolari e cercati dagli altri- e ripercussioni cognitive -aiutare gli studenti a riflettere sul funzionamento della mente-. perché capire e tener conto ad esempio della critica dell'insegnante, della sua vera INTENZIONE COMUNICATIVA, si raccorda con la capacità metacognitiva ed è predittore del successo scolastico (prof.ssa Serena Lecce, Università di Pavia). gli apprendimenti che riattivano anche emozioni sgradevoli. In questo modo si può incorrere nel rischio di un allontanamento dall'apprendimento". Difficile riportare quanto altro di fondamentale è stato detto ma, soprattutto, quanto ogni intervento abbia offerto l'occasione per ulteriori riflessioni che andranno certamente a influenzare il modo di lavorare nel presente e nel futuro. Come sempre la consapevolezza non evita di compiere errori ma ti fa capire quando li compi, così la possibilità di scegliere se cambiare oppure no è semplicemente mia (e di ognuno di noi): quella responsabilità che io definisco "rischio pedagogico" che deve essere assunto da chi si interfaccia con persone da educare (docenti e genitori). Quello che mi sono portata via da questa "due giorni" è stata anche l'idea rinforzata, rinvigorita dalle sollecitazioni culturali offerte da tutti i relatori, che nella SCUOLA POSSIBILE -quella che sperimentiamo nelle nostre classi di scuola pubblica e che, in punta di piedi, cerchiamo di raccontare sulle pagine della rivista, con la collaborazione di tutti coloro che credono in una scuola attiva, in una scuola che promuove competenze per la vita- il "vero potere" dell'insegnante sta nel saper ORCHESTRARE contenuti e abilità con la capacità relazionale, con la capacità metacognitiva che permette di attivare una continua riflessione su come funziona la mente (sia nostra che degli alunni) alle prese con l'impegno più grande e forse ancora troppo sottovalutato: accompagnare e affiancare con discrezione e competenza la persona che cresce nell'ottica che se io cresco anche lui/lei cresce e viceversa perché NEL SISTEMA SCUOLA SI CRESCE INSIEME. L'intervento dirompente dal punto di vista emotivo, oltreché cognitivo, è stato quello della prof.ssa Daniela Lucangeli dell'Università di Padova. Nota per la sua capacità di "illuminare", questa volta ha picchiato sodo, ha tirato le orecchie agli insegnanti che non si rendono conto di essere a volte loro stessi artefici del malessere degli alunni. La stretta relazione tra emozione e cervello -lei stessa ha ammesso di averla sottovalutata nella prima parte della sua carriera di ricercatore- evidenzia come l'attivazione emotiva favorisca la memorizzazione di informazioni. Tuttavia, se l'informazione appresa si lega ad una emozione negativa (senso di colpa, vergogna, paura ...), quando si recupera l'informazione riaffiora anche il sentimento vissuto. "Ogni volta che dovrò recuperare le informazioni che ho appreso sentendomi in colpa, oppure vergognandomi della mia prestazione o ancora avendo paura di ciò che può succedere, si riattiveranno non soltanto le conoscenze apprese, ma anche queste emozioni negative. Se questo meccanismo persiste lo studente metterà in atto dei meccanismi di difesa e cercherà di evitare tutti Manuela Rosci ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.2 In questo numero febbraio 2017 Area Tematica Titolo Autore Un carico di energia Rosci Manuela "Capovolgiamo" la didattica A ciascuno la sua maschera Dai banchi di scuola ai banchi del Senato Paraponziponzipo' Proietti Michela Santigliano Leonilde Lode al cruciverba Pettinari Francesco "Facciamo che...?" Miduri Maria Chiara E tu, di che "like" sei? Un compito per la vita La comunicazione senza ascolto Quando l'inclusione è... bidirezionale Interroghiamo...ci La battaglia delle tabelline Le leggi sull'inclusione scolastica Lo Student Voice Profitto e competenza Tutti "sei", tutto sei Dispositivi a Disposizione I CoderDojo: "palestre di creatività" Presutti Serenella Ventre Angela Malagesi Stefania Parisi Roberta Bono Liliana Callori Riccardo di Vignale De Angelis Giovanna Orsolillo Giuseppina Fazio Fernanda Rago Giuseppe Calcagni Maria Pellegrino Marco Palumbo Stefania Riccardi Barbara ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.3 …. I lettori della rivista possono iscriversi per avere agevolazioni ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.4 La registrazione come lettore è GRATUITA La scuolapossibile edita da Sysform-Promozione di Sistemi Formativi ti informa che, come lettore della nostra rivista, hai delle agevolazioni sulle attività promosse da Sysform compresi i corsi di Formazione. Ti ricordiamo che Sysform è un Ente di Formazione accreditato dal MIUR e quindi in grado di rilasciare attestazione valida ai fini dei percorsi formativi previsti dalla legge 107. REGISTRATI ORA __________________________________________________________________________ ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.5 Sysform e Giunti Scuola sono Enti Accreditati dal MIUR e i servizi erogati sono acquistabili con la "Carta del docente" Per spendere mediante "borsellino elettronico" disponibile attraverso la piattaforma web "Carta del Docente": collegarsi all'indirizzo web www.cartadeldocente.istruzione.it muniti della propria identità digitale (SPID) - Vai alla pagina "crea Buono" accessibile dal Menu - Inserisci l'importo del buono corrispondente al prezzo del bene o servizio che vuoi acquistare Il buono creato sarà accompagnato da un codice identificativo (QR Code, codice a barre e codice alfanumerico. Salvalo in un file .pdf dalla specifica opzione Ora puoi registrarti sul form di iscrizione e allegare il file quando ti viene richiesto Fino a quando il buono non verrà validato sarà possibile annullarlo. In tal caso la somma non verrà scalata dal bollettino elettronico. ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.6 Dalla prima pagina Le leggi sull'inclusione scolastica Dalla legge 104 alla futura legge delega di Fazio Fernanda - Orizzonte scuola realizzato: una delle esperienze più importanti di crescita sociale, culturale ed etica della scuola italiana, forse la più importante dopo l'obbligatorietà della scuola per tutti. Certo tutto può essere oggetto di miglioramento, tutto può e deve andare incontro al cambiamento ma, vista la complessità e l'importanza di questo tema, è indispensabile che si agisca con grande cautela, competenza e saggezza. Se qualcosa non ha funzionato o non funziona andiamo a cercare di capire il perché e come, invece, potrebbe funzionare meglio. Non ricerchiamo il colpevole, cerchiamo le strategie per costruire nuove opportunità. Ed è con questo spirito dell'αγορά che l'Assemblea dei 100 si è formata, chiamando a raccolta rappresentanti dell'università, della pedagogia, della psicologia, della formazione, della specializzazione, dirigenti, docenti di ogni ordine e grado, associazioni professionali, CTS, assistenti, famiglie, ragazzi, esperti, referenti degli Enti locali. Il compito che si è dato è stato quello di informarsi e reperire le bozze della legge che stava per essere varata, studiare, incontrarsi e produrre un documento condiviso, propositivo e realizzabile su dieci punti che sono stati ritenuti cardine per realizzare una nuova normativa organica. Il documento è stato realizzato e consegnato al MIUR ma non ha ricevuto risposta. Ora in occasione della convocazione dell'Osservatorio permanente per l'integrazione scolastica delle persone in situazione di handicap, per presentare la nuova Legge Delega, "I 100" propongono un nuovo, sintetico, irrinunciabile documento in cui fanno presenti le più urgenti correzioni da apportare alla Lo scorso 15 novembre, la "Scuola Possibile" (con Marco Pellegrino, Manuela Rosci e Patrizia Ruggiero) ha partecipato ai tavoli di lavoro costituiti durante la Giornata Formativa Nazionale "Legge delega sull'inclusione: stato dell'arte e proposte", organizzata dall'associazione FIABA; il confronto tra diversi professionisti del mondo della Scuola si è tenuto all'interno della storica sede romana della Fondazione "Ernesta Besso", con lo scopo di elaborare proposte concrete in vista della Legge Delega in tema di inclusione scolastica. Ma quante sono le leggi per l'inclusione? Dall'esclusione all'inserimento, dagli istituti di beneficenza alle classi speciali, dalla Montessori a Don Milani, da Gentile alla Falcucci, dalla 104 alla futura Legge Delega (o Schema di decreto legislativo n° 377 /78): è veramente impossibile contarle tutte. La farraginosità della normativa italiana ha prodotto centinaia di Leggi, Decreti, Decreti applicativi, Ordinanze ministeriali, Accordi interministeriali, regionali, provinciali, comunali, Piani programmatici. Nonostante tutto, proprio in occasione del venticinquesimo compleanno della Legge 104 del 1992, è doveroso riflettere su quanto questa legge, con la sua complessa e articolata normativa, ha ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.7 normativa che condizionerà i futuri dieci anni della scuola. Le proposte complete elaborate dall'Assemblea sono leggibili sul documento allegato a questo articolo. di Fernanda Fazio, Flavio Fogarolo, Maria Rosaria Mallo, Giancarlo Onger, Nicola Striano ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.8 Dalla prima pagina Quando l'inclusione bidirezionale La bellezza della diversità in "Ho Amici in Paradiso" di Callori Riccardo di Vignale - Oltre a noi... avvicinarmi per la prima volta alla realtà della Casa San Giuseppe dell'Opera Don Guanella in via Aurelia Antica a Roma, dove il film è ambientato. Negli anni successivi ho potuto condividere quella atmosfera particolare dal suo interno in qualità di medico specialistica; ancora oggi, ormai in pensione, rimango particolarmente legato a quella grande famiglia che non finirà mai di stupirmi soprattutto per la sua capacità di ricordare le persone che, come me, è riuscita ad includere al suo interno. Per la recensione tecnica della pellicola lascio lo spazio alla penna di mio figlio Lorenzo, redattore presso 'Al di là del Cinema... Magazine di Spettacolo e cultura a cura di Licia Gargiulo'. di Riccardo Callori di Vignale, Neuropsichiatra Infantile La bellezza della diversità in Ho Amici in Paradiso Fai il bene e lascia dire (Don Luigi Guanella, cit.) "Il concetto di comunità inclusiva significa che le comunità adattano le loro strutture e le loro procedure per facilitare l'inclusione delle persone con disabilità, piuttosto che aspettare che quelle cambino per adattarsi alle condizioni esistenti" (ILO, UNESCO, WHO: <<Community Based Rehabilitation>>, 2004). Dopo la presentazione alla Festa del Cinema di Roma 2016 all'interno della sezione Alice nella Città, arriva finalmente al cinema Ho Amici in Paradiso, opera dall'immenso valore sociale che racconta la disabilità attraverso la commedia. Da alcuni giorni è uscito al cinema Ho amici in Paradiso (Cortese, 2016) che, senza far ricorso a tentazioni moralistiche e didattiche, grazie al suo alto valore pedagogico-educativo meriterebbe di essere proiettato nelle scuole e diventare spunto di riflessione per un ricco dibattito. Nei primi anni Settanta, quale giovane componente del gruppo romano di Viva la Gente, in occasione di uno spettacolo ebbi modo di Non lontano dal centro di Roma sorge la Casa San Giuseppe, Centro di Riabilitazione dell'Opera Don Guanella che da quasi cent'anni accoglie persone con disabilità intellettiva. Una grande famiglia capitanata da Don Pino Venerito, che da subito ha intravisto nel progetto del film un'opportunità riabilitativa per i ragazzi: recitazione come terapia. L'idea nasce dall'esperienza personale del ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.9 regista Fabrizio Maria Cortese, già autore televisivo, che da due anni frequenta il Centro. "Conoscendo col tempo gran parte degli ospiti, ne ho individuati una decina per avviare un laboratorio teatrale, riscontrando una capacità d'ascolto davvero notevole". Il 23 gennaio scorso, presso la Casa del Cinema di Villa Borghese, si è svolta la conferenza stampa del film. Oltre al regista Cortese e al protagonista Ferracane, ha presenziato l'intero cast artistico: Valentina Cervi (Giulia); Antonio Catania (Don Pino); Antonio Folletto (Antonio); Enzo Salvi (Enzo); Emanuela Garuccio (Katia); Christian Iansante (U' Pacciu). Non sono mancati anche i principali interpreti del Don Guanella: Daniela Cotogni (Carmelina); Michele Iannaccone (Natale); Paolo e Giorgio Mazzarese (Salvatore e Marcello); Stefano Scarfini (Fabrizio); Mariano Belvedere (Giacomo); Paolo Silo (Roberto). Tra i vari interventi, l'affermazione di un ospite del Centro: "Da questo film ho imparato che ognuno di noi ha la possibilità di essere attore" - e forse non intendeva solo davanti alla cinepresa, ma nella vita, interpretando ruoli che mai si riteneva possibili né tantomeno che esistessero - "Nel corso delle riprese, sono entrato a stretto contatto con persone più disabili di me. Essere costantemente al loro fianco, condividere i loro bisogni, trascorrere insieme le giornate... È stata un'esperienza irripetibile che mi ha aperto gli occhi; ho capito quanto sia importante e soddisfacente operare per il bene del prossimo". Un messaggio d'amore che dovrebbe colpire chiunque si siede in sala. E l'emozione più grande è osservare proprio gli ospiti del Don Guanella calarsi nei ruoli con totale autoironia, raccontando la loro stessa quotidianità in chiave tragicomica. Il grande pregio di Ho Amici in Paradiso infatti resta il raccontare la disabilità in un film per famiglie, che è tanto per gli adulti quanto per i ragazzi. La peculiarità della pellicola risiede infatti proprio nel cast artistico, composto sia da attori professionisti sia dagli stessi ospiti del Centro. Si tratta di un'occasione, per quest'ultimi, di trasformarsi da oggetto di percorsi di riabilitazione a soggetti di riabilitazione. Questa è la vera inclusione sociale; questo il messaggio del film. Si tratta di un punto delicato su cui riflettere profondamente. L'opera di Cortese approfondisce il tema della disabilità al fine di sensibilizzare e avvicinare il pubblico ignorante verso un argomento che nel nostro Paese è costantemente oggetto di discussione. In tal senso, la pellicola si fa bandiera di conoscenza e approfondimento di questo mondo che resta sconosciuto alla stragrande maggioranza dei cittadini. I disabili di Ho Amici in Paradiso, grazie alla loro spontaneità, freschezza e leggerezza, smuovono l'animo del protagonista Felice Castriota (Fabrizio Ferracane), un commercialista salentino coinvolto in loschi affari e pertanto condannato allo svolgimento di servizi sociali presso il Centro di Riabilitazione dell'Opera Don Guanella di Roma. Dopo un iniziale atteggiamento di rifiuto dell'ambiente, Felice trova la sua giusta dimensione e si sente rivalutato nella sua dignità di uomo proprio grazie al contatto con persone affette da disabilità e con la collaborazione degli operatori del posto. Ciascun individuo lo accompagna in un percorso di recupero dei valori autentici della vita. I disabili, suoi nuovi amici, diventano in tal modo il suo Paradiso in Terra. Il film è prodotto da Golden Hours Film e Rai Cinema, in associazione con Opera Don Guanella Centro di Riabilitazione Casa San Giuseppe e DESI, in collaborazione con la Fondazione Ente dello Spettacolo e l'Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali (UCS) della Conferenza Episcopale Italiana. ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.10 (Di seguito, il backstage del film) di Lorenzo Callori di Vignale, Giornalista, insegnante e critico cinematografico, Social Media Manager ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.11 Dalla prima pagina Lo Student Voice Un approccio per innovare l'agire didattico di Rago Giuseppe - Orizzonte scuola supervisione dell'insegnante, l'opportunità di esprimersi utilizzando la voce in maniera ordinata e non casuale, in modo da generare un intreccio creativo e aperto, propedeutico nel favorire la discussione e il reciproco scambio di interpretazioni in una dimensione sociale dell'apprendimento dove oggetto dell'educazione diventa la costruzione di uno stato interiore che sia capace, a sua volta, di orientare per tutta la vita l'individuo verso l'apprendimento (Morin, 2001). Emerge oggigiorno la necessità di fortificare la legittimazione della voce degli studenti, ancora troppe volte considerati "fruitori" e non "protagonisti" di una scuola che attende di essere rinnovata. L'ancora di salvezza non possono che essere le tecnologie (si pensi ad esempio ai forum, ai blog e alle piattaforme per l'e-learning) che aiutano ad esprimersi al meglio, a raccontare e a raccontarsi, contribuendo non soltanto attraverso il personale punto di vista, bensì portando avanti, sul piano educativo, l'opportunità di dare valore al potenziale comunicativo ed espressivo, amplificato e abilitato nelle nuove generazioni dalla rete e dai nuovi linguaggi comunicativi. Gli studi, infatti, hanno dimostrato la naturale tendenza degli studenti a distrarsi meno, a cooperare, a diventare più creativi e a sviluppare capacità di produzione di idee innovative proprio grazie agli strumenti digitali e alla partecipazione "attiva" in classe. Si è dimostrato, infatti, che il rinnovamento degli apparati scolastici attraverso l'utilizzo delle nuove tecnologie può favorire alcune modifiche generali del contesto della relazione educativa ed essere quindi positivo per l'apprendimento: non si può affatto ignorare quanto le tecnologie siano in grado di stimolare la curiosità, l'esplorazione, lo scambio tra pari, la comunicazione, la creatività, tutti ingredienti fondamentali per ogni tipo di apprendimento. C'è dell'altro: la proposta Student Voice trova riscontro anche nelle indicazioni europee che prospettano un'istruzione In un'ottica di responsabilità sociale, la scuola, da sempre considerata l'istituzione preposta all'educazione e all'istruzione, è chiamata oggi a rinnovare, nelle scelte politico-organizzative e pratico-metodologiche, il suo paradigma di riferimento, accettando e inglobando opportunamente nel suo agire formale tutte quelle caleidoscopiche sfaccettature degli apprendimenti informali che dall'insegnamento e dalla trasmissione di valori, norme, conoscenze, capacità e linguaggi conducono a quella socializzazione sistematica che guarda al sistema educativo prima di tutto come mezzo di integrazione e coesione sociale (Durkheim, 1971). Siamo di fatto abituati ad una scuola statica e oppositiva nei canoni e nelle strutture portanti, affaticata nei tentativi di abbracciare quegli input di flessibilità richiesti dai nuovi paradigmi che non possono trascurare l'utilizzo delle nuove tecnologie, in particolare per la valorizzazione dell'individuo e delle sue esperienze, collettive e sociali. È necessario, in quest'ottica, concentrarsi sugli studenti, da coinvolgere in un ruolo tutt'altro che passivo, ai quali deve necessariamente essere affidata la "riforma" del setting didattico: solo così le idee e le opinioni della classe potranno essere accolte, negoziate, valorizzate e plasmate sul progetto educativo proposto dall'insegnante e supportato dalle nuove tecnologie. È questo il modello Student Voice: un processo dinamico, democratico e allo stesso tempo capace di allestire ambienti inclusivi, puntando allo sviluppo di abilità sempre più partecipative, creative e socializzanti atte a sviluppare una capacità critica e dialogica, dando ad ognuno, con la ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.12 basata sull'adesione al principio di uguaglianza, al rispetto dei diritti umani e dei valori democratici (Watkins, 2012), con la consapevolezza di poter vantare nell'azione educativa quella ricchezza generata dalla valorizzazione delle diversità dell'alunno (considerato come vera risorsa) e dal sostegno nella promozione di un apprendimento disciplinare, pratico, e allo stesso tempo emotivo e sociale. Nell'era della simultaneità intercognitiva, tra interrogativi e sperimentazioni pedagogiche, la proposta di sperimentazione è quella di incentivare lo spirito dell'approccio Student Voice, questo nuovo processo antropocentrico che, se accolto e ben tessuto nella fitta rete di orientamenti didattici, potrebbe davvero contribuire a delineare ancor meglio in Italia, nelle nostre classi, i tratti di una scuola che, sposando l'incipit dell'UE, si sviluppa e mantiene viva la democrazia generata dalla condivisione formativa, dalla corresponsabilità e dalla compartecipazione educativa per la promozione dei valori democratici, della coesione sociale, della cittadinanza attiva e del dialogo interculturale. Giuseppe Rago, docente incaricato presso l'Università di Foggia ed esperto di didattica digitale Bibliografia -Durkheim, E. (1971). La sociologia e l'educazione. Roma: Newton Compton. -Morin, E. (2001). I sette saperi necessari all'educazione del futuro. Milano: Raffaello Cortina Editore. -Watkins, A. (2012). La formazione docente per l'inclusione: Profilo dei docenti inclusivi. European Agency for Development in Special Needs Education. -Conclusioni del Consiglio su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell'istruzione e della formazione ("ET 2020"). Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea. ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.13 Dalla prima pagina Dispositivi a Disposizione Il BYOD: "Porto il mio dispositivo" in classe di Palumbo Stefania - Scuola & Tecnologia gli alunni a portare in classe il proprio pc, tablet o cellulare, ma mi accorgevo di essere una dei pochi e di proporre tale esperienza in modo sporadico e occasionale. Quest'anno, in accordo con il team di classe, si è deciso di provare a far portare ai ragazzi il proprio dispositivo, nel giorno della settimana in cui si avvicendano tutte le insegnanti durante le otto ore di scuola. All'inizio sono state concordate con i genitori - il cui aiuto e sostegno sono risultati essenziali - alcune regole, trascritte in una lettera di intenti, con spiegazioni ed impegni. Prima regola: il dispositivo durante la ricreazione deve essere riposto in un armadio o altro luogo sicuro e pertanto non va usato. Seconda regola: l'uso del dispositivo è esclusivamente legato alla didattica e sono vietati giochi, foto o altre attività non autorizzate dai docenti. Il mio Istituto è dotato sia di rete cablata che di WIFI che copre tutte le classi della scuola primaria e pertanto si è provveduto a porre i necessari limiti per l'accesso a siti non protetti, in modo da evitare ogni problematica in merito. In particolare, impostando il DNS (Domain Name System, sistema utilizzato per la risoluzione di nomi dei nodi della rete, in inglese host, in indirizzi IP e viceversa) di un servizio esterno, gratuito oppure a pagamento, si ottiene un filtraggio degli indirizzi che può evitare una buona parte dei siti indesiderati, secondo categorie definibili o predefinite. Il più famoso servizio che fornisce DNS, gratuito e per navigare in Internet con una certa sicurezza, è l'OpenDNS. I server sono relativi agli indirizzi numerici che bisogna impostare per la connessione di rete usata al fine di navigare. Eccomi a descrivere e ad analizzare un'altra esperienza vissuta in quest'anno scolastico, considerando i pro e i contro. Nel PNSD (Piano Nazionale Scuola Digitale), nell'#azione6 si legge testualmente: "La scuola digitale, in collaborazione con le famiglie e gli enti locali, deve aprirsi al cosiddetto BYOD (Bring Your Own Device), ossia a politiche per cui l'utilizzo di dispositivi elettronici personali durante le attività didattiche sia possibile ed efficientemente integrato". Nel rispetto dei principi di una didattica che possa definirsi effettivamente inclusiva, è fondamentale che gli alunni con difficoltà di apprendimento possano usare le nuove tecnologie senza viverle come "strumenti di separazione dagli altri" e nel contempo che gli altri non abbiano motivo di porre l'accento sulla necessità e/o privilegio dei primi, pertanto ho sempre fatto in modo che ciò che vale per uno vale per tutti, pur tenendo presente la necessità di compensare chi ha un bisogno educativo speciale. Oltre ad una buona connettività, ad una navigazione protetta e ad una adeguata predisposizione per assicurare una gestione responsabile da parte degli alunni, con il coinvolgimento delle famiglie, occorre che i A tal proposito, già in altri cicli, ho invitato ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.14 dispositivi siano funzionanti con le applicazioni consigliate dai docenti, dando per certa la conoscenza pratica dei sistemi operativi da parte degli stessi insegnanti. Spesso, infatti, mi ritrovo a gestire differenti tablet che operano con sistema android o iOS, a volte già scarichi o con batterie che durano molto poco; altre volte le memorie sono piene e non lasciano scaricare alcune applicazioni o le operazioni di download variano molto in termini cronologici a seconda del tipo e della potenzialità del device. La conseguenza è che i bambini possono incappare in attese più lunghe prima che l'applicazione ricercata venga scaricata. risolvere problemi e a diventare tivi" (Benassi, Bondi, 2013). crea- Resta un'ultima domanda da porsi in questo articolo, quanto meno nel rispetto del titolo: se non tutti hanno il proprio dispositivo? Ritengo che i bambini abituati a lavorare in gruppo ed a cooperare non si pongono alcun problema nel condividere un solo dispositivo, lavorando in due o anche in tre, anzi spesso lo preferiscono. Stefania Palumbo, insegnante e Animatore Digitale, IC Via del Calice Roma Sitografia: http://www.forumpa.it/scuola-istruzione-ericerca/come-attuare-il-modello-bring-yourown-device-a-scuola https://sites.google.com/a/g.istruzioneer.it/byod/home/introduzione---robertobondi http://www.istruzioneer.it/wp-content/uploads/2013/05/Benassi-Bondi-62013.pdf Nella giornata concordata con Duolingo impariamo l'inglese tramite un gioco a punti, accediamo alla piattaforma di classe Edmodo, scriviamo su Padlet, rivediamo i video, giochiamo con esercizi interattivi didattici ritrovati su internet e navighiamo su Code.org, per completare i livelli degli esercizi di Coding (in informatica la stesura di un programma, cioè di una di quelle sequenze di istruzioni che, eseguite da un calcolatore, danno vita alla maggior parte delle meraviglie digitali che usiamo quotidianamente). Prossimamente attiveremo anche la ricerca su internet perché gli alunni ne hanno fatto unanime e ripetuta richiesta. Riporto un testo degno di essere apprezzato e che fa da sintesi: "L'utilizzo delle nuove tecnologie non è quindi da pensare in modo 'cinematografico', come potenziamento delle possibilità visive e interattive. Va proposto come una gamma di strumenti fondamentali per favorire determinate operazioni cognitive che inducano a mettere in campo abilità precise e a sviluppare competenze fondamentali come lo sviluppo di un pensiero critico e selettivo all'interno di una sempre crescente abbondanza di informazioni [...]. Le tecnologie, pur velocizzando e rendendo immediate molte operazioni, diventano strumenti che costringono l'alunno a 'fare fatica' nell'applicarsi in modo significativo con un approccio esperienziale e non solo teorico, a ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.15 Dalla prima pagina Dai banchi di scuola ai banchi del Senato Come sviluppare competenze sociali e civiche di Malagesi Stefania - Didattica Laboratoriale Quest'anno, partendo dalla curiosità dei bambini in merito al Referendum Costituzionale, abbiamo lavorato in maniera approfondita proprio per sviluppare al meglio le nostre competenze sociali e civiche. In aula si è formata una vera e propria "Assemblea Costituente" che ha elaborato una Legge condivisa e rispettata da tutti, al fine di vivere concretamente un percorso che si studia solo in teoria e che è stato completato con l'uscita didattica al Senato. Gli studenti sono stati guidati alla scoperta della storia di Palazzo Madama e hanno ammirato il luogo dove le leggi del nostro Paese sono discusse e deliberate; si sono seduti tra i banchi del Senato prendendo il posto di personaggi illustri che hanno spesso visto e sentito nominare in televisione: c'è chi si è seduto nei posti assegnati a Giorgio Napolitano, a Mario Monti e al famoso architetto Renzo Piano; hanno ascoltato la spiegazione da persone addette ai lavori circa l'iter di un disegno di legge e sulle norme che gli stessi senatori devono rispettare quando si trovano in aula per una discussione, proprio come loro devono attenersi alle regole stabilite in classe. Il meglio della giornata è arrivato quando sono stati protagonisti di una sorpresa inaspettata: il Presidente del Senato Pietro Grasso ha voluto incontrarli, rivelandosi una persona disponibile e cordiale; sono state poste diverse domande, sono state soddisfatte tante curiosità e i bambini si sono resi conto della reale importanza che hanno le Istituzioni che lavorano per il bene comune. Un'uscita didattica che ha reso concreto e reale quello che per loro risulta essere una parte della geografia astratta e difficile, anche se affascinante. Lo studio della geografia, sia fisica che politica, è strettamente legato allo studio della storia e con gli alunni di quinta, studiando i Greci, precursori della democrazia e della Costituzione, si può affrontare anche la storia che ha portato l'Italia a diventare una Repubblica democratica. Grazie alla geografia politica, iniziando a parlare dello Stato, dei suoi poteri e delle varie Istituzioni, si forniscono i primi elementi per diventare, in futuro, degli adulti e dei cittadini capaci e responsabili. Ecco quindi che ciò che si studia sui libri diventa reale e rende competenti per vivere come protagonisti nella società e nella vita di tutti i i giorni. Sviluppare competenze sociali e civiche è importante quanto sviluppare competenze legate strettamente alle discipline. ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.16 Si può e si deve lavorare in maniera interdisciplinare attraverso la Storia, conoscendo i sistemi culturali delle civiltà antiche fino ad arrivare a quello attuale, e alla Geografia politica, studiando i diversi organi di governo, grazie ad un lavoro collettivo che porti i discenti a interiorizzare regole di vita civile da applicare in ogni ambito in cui si trovano a vivere. Formare futuri cittadini responsabili, con un pensiero critico e aperto al confronto, pronti e competenti a lavorare per il bene comune, è importante tanto quanto formare studenti competenti nella madrelingua, nella matematica ecc., se non di più. Stefania Malagesi, docente dell'I.C. "Belforte del Chienti", Roma ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.17 Dalla prima pagina Lode al cruciverba Incroci di parole e di possibilità di Pettinari Francesco - Inclusione Scolastica Il seguito viene da sé, chiamata dopo chiamata, messaggio dopo messaggio, incontro dopo incontro. Davanti al display dello smartphone, davanti alla macchinetta del caffè, tra un intervallo e una ricreazione. Come in un puzzle, quando su un tavolo grande spargi tutti le piccole tessere alla rinfusa e poi pian piano cominci a comporre prima l'angolo destro, poi quello sinistro, poi il bordo sopra, quello sotto e infine completi al centro, allo stesso modo l'idea si trasforma lentamente, giorno dopo giorno, fino ad assumere le sembianze di una lezione pronta per la "prova del fuoco" dei ragazzi e di Edoardo. Romina prepara tutto il cruciverba, gli incastri precisi delle definizioni orizzontali e di quelle verticali, tutto completamente in inglese. Quando mi fa vedere la bozza penso che stavolta, al contrario della tombola di tre giovedì prima, non è mica così scontato e semplice questo esercizio-gioco. Meglio! Ma il nostro rovello, la domanda alla quale tentiamo ogni volta di dare una risposta efficace, rimane sempre la stessa: Edoardo cosa potrà fare? La volta scorsa si era stancato e anche un po' innervosito, non aveva voluto neppure pescare le tessere della tombola, stavolta dobbiamo pensare a qualcosa di diverso, che funzioni finalmente. I suoi punti di forza sono la musica, le storie da leggere, la LIM, ribattezzata con creatività "A Tele". Negli ultimi mesi abbiamo notato, poi, quanto sia aumentato il numero di parole che conosce e pronuncia, grazie soprattutto alle "Torie" in comunicazione aumentativa alternativa. Quando i compagni gli chiedono di fare o dire qualcosa, riflettiamo, raramente Edoardo si rifiuta di farlo. Ecco, allora! Possiamo inserire nelle definizioni, ogni tanto, questa frase: "Risposta corretta se Edoardo dice...". Soltanto se Edoardo ripeterà la parola in questione la risposta sarà corretta e il gruppo potrà andare avanti. Tutto inizia da una semplice chiamata post natalizia. -Tutto bene? Le feste? La neve? -Sì, tutto bene, quanta neve quest'anno! Senti, a proposito, mi ha detto Clara che per giovedì prossimo l'argomento di inglese sarà il cinema, quindi film e generi cinematografici. Hai pensato a qualcosa? Io ho un po' di idee. -Ci ho pensato durante queste settimane e qualche idea, tra un panettone e un torrone, l'ho elaborata anche io - dico incerto e vago, temendo di fare una proposta un po' scontata e poco originale tutto sommato. -Ah sì? E dimmi qual è?- incuriosita ed entusiasta, come sempre, mi domanda Romina. -Ehm...pensavo a qualcosa di semplice, anche un po' banale direi, ma se la organizziamo bene potrebbe funzionare- aggiungo prendendo tempo e divagando nuovamente. -Ad esempio?- incalza Romina. - Un cruciverba! - finalmente dico buttando là l'idea, tra telefono e telefono. -Beh interessante! È una buona idea! - rilancia una Romina come sempre accogliente e gentile. ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.18 Non c'è nulla da fare, nel nostro lavoro, per raggiungere un obiettivo, bisogna pensare e ripensare, progettare insieme e poi occorre provare, rischiare, anche a costo di fallire per poi ricominciare da capo. Questi sono i cinque imperativi degli insegnanti di sostegno e non solo. cartoon nel "linguaggio edoardesco". Parte uno scroscio di applausi, le speranze degli altri gruppi si riaccendono, così come si riaccende il sorriso di Edoardo troppo contento di essere così utile e determinante per la vittoria. Dopo poco tempo si fa avanti Aurora: - Edo mi dici la parola Horror?Mentre è ancora eccitato per l'ovazione del gruppo precedente Edoardo dice: - A Tele!- L'ha detto prof, l'ha detto! - mi dice Aurora. - No, ha detto a tele, cioè la LIM, non vale – sentenzio io. Lei ci riprova, si mette lì, lo accarezza, lo implora di dirle la parola "Horror", fino a quando Edoardo prorompe in un chiaro e distinto "Rorror" seguito dall'esultanza di tutto il gruppo. - Batti il cinque Edo, bravissimo, grazie! – Li divideremo in quattro gruppi da cinque alunni ciascuno, come sempre, perché nel piccolo gruppo si lavora meglio, ci si diverte di più ed Edoardo potrà muoversi con più agilità. I banchi li sposteremo in fondo alla classe per fare più spazio, i ragazzi dovranno avere soltanto una penna e il foglio del cruciverba, ogni componente del gruppo, una alla volta, dovrà provare a dare la risposta e avrà la possibilità di fare "passaparola" con il compagno alla sua destra qualora non la sapesse. Ci siamo, la seconda ora del giovedì è arrivata. Edoardo è in classe, noi due insegnanti di sostegno pure (abbiamo la fortuna di trovarci in compresenza nella stessa ora); l'insegnante di inglese è arrivata. Si scaldano i motori, inizia la lezione con la prima fase introduttiva, in cui i ragazzi conoscono e si esercitano con la prof. sulla nuova area lessicale da imparare. Dopo venti minuti possiamo iniziare il cruciverba, Romina si avvicina e mi sussurra all'orecchio mentre gli alunni cominciano a spostare rumorosamente le sedie: -Non mi ricordo più le regole!- , poi invece prende coraggio e spiega con precisione e senza remore le regole del gioco-esercizio. Edoardo lo aiutiamo a sistemarsi, col suo più o meno esplicito assenso, dalla sedia a rotelle alla sedia del banco, ma si stranisce per la confusione e lo spostamento forse troppo repentino. Tutto sembra naufragare, gli urli di Edoardo e i suoi lamenti lasciano presagire il peggio, il fallimento totale della lezione. E invece no! Lo facciamo mettere nuovamente sulla sua sedia, si tranquillizza un po' fino a quando cominciano ad arrivare i compagni, a intervalli regolari, uno dopo l'altro. Noi insegnanti assistiamo alla scena stupiti e commossi, perché tutto sembrava compromesso, anche questa volta l'attività pareva non interessare minimamente Edoardo e invece no! Anche un semplice e banale cruciverba, inserito in un contesto pensato e ripensato, progettato insieme e poi sperimentato, può funzionare, anzi ha proprio funzionato. Francesco Pettinari, insegnante di sostegno, I.C. "Morosini Manara" di Milano -Edo ti chiedo un piacere, soltanto uno, me lo fai? Mi puoi dire la parola "cartoon"? - supplica Omar. Niente, bofonchia qualcosa ma niente più. -Dai, ti prego ripeti con me "Cartoon"! - insiste Omar; all'improvviso, quando meno ce lo aspettavamo, arriva ad alta voce il suo "Tutoo" che altro non può essere se non il ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.19 Dalla prima pagina La battaglia delle tabelline La matematica come "strumento" per pensare ed agire di Orsolillo Giuseppina - Orizzonte scuola con la matematica rispetto a coloro che fanno un uso precoce della calcolatrice; altri invece, tra cui lo stesso Einstein, affermano che "memorizzare le tabelline è una capacità legata alla memoria, ma non per forza collegata con la logica e la matematica". A rafforzare tale concetto c'è anche il pensiero di Jo Boaler, docente di didattica della matematica presso l'Università di Stanford-California: "Far credere a un bambino che se non riesce a fornire in tempi record il risultato di una tabellina significa che non è portato per la matematica è un errore". Quindi da un lato c'è chi sostiene che l'apprendimento passi inevitabilmente dal ripetere e dall'altro chi afferma che impiegare troppe energie per la memorizzazione va a discapito della creatività, della curiosità e del problem solving, anche in virtù del fatto che "l'evoluzione tecnologica va sempre più nella direzione di una parziale surrogazione della memoria" (Michel Serres, 2012). Oggi si dibatte molto sull'utilità dell'imparare a memoria. Nella scuola "tradizionalista" della mia generazione tutta l'istruzione era basata sull'apprendimento mnemonico; tutto si acquisiva principalmente a memoria, comprese le tanto odiate tabelline, che da sempre rappresentano, per bambini e genitori, uno dei peggiori incubi. Il dilemma delle tabelline è fortemente sentito nel mondo scolastico mondiale: impararle a memoria serve o non serve? In Gran Bretagna sono state introdotte regole restrittive in merito: le tabelline devono essere studiate entro il quarto anno, cioè al massimo entro i 9 anni, e, a tale scopo, i bambini vengono quotidianamente sottoposti a test a tempo con l'uso del cronometro. In Italia le Indicazioni Nazionali del 2012 raccomandano lo studio delle tabelline nei primi tre anni della Scuola Primaria. Quale docente di matematica, affrontando le difficoltà dei propri alunni, non si è chiesto se abbia senso esigere la memorizzazione delle tabelline? La ricerca offre contrastanti spunti di riflessione. Alcuni studiosi sostengono che gli alunni che imparano le tabelline a memoria hanno maggiori possibilità di divenire bravi Nella mia esperienza quotidiana di insegnante di matematica di Scuola Primaria, ho potuto constatare concretamente come ogni bambino apprende in modo personale: chi memorizza le tabelline velocemente e senza sforzo, chi necessita di tempi più distesi presentando difficoltà con i prodotti maggiori e chi stenta a memorizzare anche le più semplici. Il rischio che si corre, pretendendo che ogni bambino le impari "semplicemente a memoria con la ripetizione", è che l'insuccesso nello studio mnemonico possa sviluppare avversione nei confronti della matematica. Le tabelline offrono un feedback immediato di competenza o non competenza e ciò, in caso di ripetute performance negative, scoraggia i bambini e li induce a rinunciare ad "agire" per modificare la situazione. Nello stesso tempo, però, è altrettanto verificabile che le tabelline, come tutti i concetti numerici, giocano un ruolo importante nell'acquisizione delle abilità di calcolo e il loro mancato apprendimento potrebbe avere un "effetto a cascata" su quello di altri concetti matematici. Risulta, quindi, fondamentale una didattica metacognitiva che guidi i bambini alla riflessione su quello che si va ad ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.20 imparare e sul perché e sviluppi in loro la consapevolezza del funzionamento della memoria, ovvero ciò che viene chiamato metamemoria. È necessario favorire negli alunni l'imparare ad imparare, per riconoscere le abilità cognitive necessarie ai successivi apprendimenti e l'approccio autoregolativo, incoraggiandoli all'uso di strategie operative a loro adeguate. "cantilene" di numeri da memorizzare, attraverso il solo canale verbale, è solo uno sterile dispendio di energie. Nella mia classe terza, sin dallo scorso anno scolastico, nell'approccio con le tabelline, ho cercato di tener presente le diverse sfere di apprendimento utilizzando diversi canali: il testo narrativo per proporre il concetto di tabellina come addizione ripetuta (percorso Gulliver "Gedeone, il maialino ghiottone"); la musica con le "Tabelline canterine" (Melamusic); la manualità, con la costruzione della tavola pitagorica-gioco a cui gli stessi alunni hanno voluto dare il nome di "Tappa la tabellina", poiché realizzata con tappi di plastica riciclati, che richiede l'associazione del prodotto trascritto sul tappo alla moltiplicazione giusta (idea presa da coetanei spagnoli); un gioco a squadre con l'uso di mazzi di carte da gioco. Ho trovato interessante anche il metodo della scuola cinese che riduce il carico mnemonico dei prodotti da 81 a 36, facilitando anche la comprensione della proprietà commutativa della moltiplicazione. Quindi care colleghe, quando arriva il momento delle tabelline, diamo spazio alla fantasia e al gioco: l'informazione abbinata al piacere ben dispone la memorizzazione e ne facilita l'apprendimento, anche inconsapevole. Allora sì alle tabelline ma sorridendo e senza stress! Il campo da privilegiare per la realizzazione di strategie di didattica metacognitiva è quello della motivazione all'apprendimento: coinvolgere i bambini in attività stimolanti che mantengano alto il loro interesse. Viene da sé che proporre le tabelline come noiose Giuseppina Orsolillo, docente dell'I.C. "Fara Sabina", Rieti ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.21 Dalla prima pagina Tutti "sei", tutto sei La valutazione dal punto di vista dello studente di Pellegrino Marco - Orizzonte scuola Chiarendo il fatto che nella scuola primaria le bocciature negli ultimi anni sono risultate numericamente basse, relative a quei casi straordinari di cui si parla e a cui si giunge dopo percorsi progettati e condivisi tra scuola e famiglia, mi sembra però importante ribadire che, in una fase della vita scolastica in cui l'esperienza formativa è globale ed è vissuta nel pieno dell'accoglienza e del rispetto del singolo, viene da sé che la scelta di far ripetere un anno si svuota di significato, tranne nei casi in cui sussistono motivazioni che hanno come obiettivo il benessere dell'alunno. Permangono ancora forti perplessità sull'utilizzo del voto in decimi (a cui si sta mettendo comunque mano) e sulla somministrazione della prova Invalsi, i cui risultati, nonostante il rispetto delle casistiche, non rappresentano la realtà delle classi eterogenee, di cui l'Italia si fa vanto in Europa. Si diversifica per uno o più anni e poi alla fine si standardizza il tutto, tranne per alcuni accorgimenti o comunque esclusioni. Nella scuola secondaria di primo grado si sta provvedendo a rendere tale prova non d'esame, ma comunque rientrante tra quelle che determinano il profitto in vista della licenza. Le prove Invalsi sono per natura e per scopo livellanti e dunque non fedeli ai percorsi che il singolo alunno compie per e su stesso. La certificazione delle competenze, che contempla i livelli più che i gradi scalari del metro decimale, integra i documenti di valutazione già esistenti. La decisione che in questi giorni sta sollevando le maggiori polemiche riguarda l'ammissione all'esame di maturità con la media del "sei"; oltre che ad intendere la parola come cifra, in fase di valutazione, inviterei a considerarla come seconda persona singolare del presente indicativo del verbo essere, in quanto, a volte, ci si preoccupa più del numero che della persona. In queste fase dell'anno già molto concitata, si stanno profilando nuovi cambiamenti a livello nazionale che investiranno i processi futuri di valutazione degli alunni. Alcune delle deleghe alla legge 107 toccano direttamente il tema della valutazione, in alcuni casi riguardano principi e terminologie, solo in apparenza nuovi, in altri delineano ambiti di azione, per cui è necessaria un'analisi più attenta. Entrando nelle specifico di ogni grado, si possono evidenziare le seguenti proposte di aggiornamento del sistema valutativo attuale: -nella scuola primaria si parla di eliminare la "bocciatura", tranne che in casi straordinari; -nella scuola secondaria di primo grado, la prova INVALSI non sarà più prova di esame; -nella scuola secondaria di secondo grado, è possibile accedere all'esame di maturità pur non avendo la sufficienza in ogni disciplina. Sono solo alcune delle proposte, ma è su queste che vorrei soffermarmi e vorrei riflettere. ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.22 A questo punto mi pongo una serie di domande: E' giusto che un alunno con voti buoni in molte discipline debba essere escluso dagli esami finali, se in una o due non ha raggiunto quella soglia di sopravvivenza? Come si sposa tale visione della valutazione con la certificazione delle competenze? Se le discipline godono di una dignità propria e sono legate tra loro, perché bisogna ragionare a compartimenti stagni? Cosa accade quando lo stesso alunno raggiunge voti buoni in alcune discipline e in altre, a volte anche affini o insegnate dallo stesso docente, stenta a raggiungere la sufficienza? Perché alcune discipline ancora continuano ad essere subalterne rispetto ad altre, se la didattica per competenze ci invita a valorizzare aspetti dell'apprendimento trasversali e riguardanti la vita dell'alunno nella sua interezza? Se si continua a giudicare la scuola e chi la frequenta in base all'importanza assegnata ad alcune discipline dalla storia e dalla tradizione culturale, molti discenti saranno sempre e a priori tagliati fuori. Negli ultimi anni, l'istruzione secondaria superiore è cambiata e si è evoluta, dando vita a percorsi misti; ciò ha fatto tremare i polsi al laudator temporis acti di turno ma ha reso, a mio parere, l'esperienza formativa più complessa, in cui anche le discipline "minori" possono consentire allo studente di esprimersi, apprendere, acquisire abilità spendibili per la vita, manifestare quelle potenzialità che potrebbero portarlo al successo personale. Un otto in musica o in educazione fisica vale meno di un otto in italiano? E' per caso il numero delle ore a determinare tali differenze? Nelle attività musicali o in educazione fisica sono rintracciabili contenuti e aspetti delle altre discipline e viceversa. l'Italia aderisce a protocolli europei, e l'Europa è sempre più vicina alle nuove generazioni, purtroppo e per fortuna, considerando i tassi di occupazione interni e i livelli di riconoscimento economico del nostro lavoro. Opporsi ai cambiamenti non conviene, mai, in termini di possibilità e prospettive future, dunque allo stato attuale è preferibile cogliere quanto c'è o ci sarà di buono e trarre il meglio da situazioni sicuramente perfettibili ma su cui si sta già investendo molto. Marco Pellegrino, insegnante di sostegno I.C. "Maria Montessori" di Roma e formatore Ogni decisione porta con sé critiche e punti di ombra ma è anche foriera di occasioni per riflettere e per condividere, anche laddove i tempi e le modalità non ce lo permettono, o ce lo consentono in minima parte. Sempre nella secondaria di secondo grado, verrà riconosciuta all'alternanza scuola-lavoro una fetta importante all'interno del quadro valutativo e anche questo orienta il discorso verso un modello di istruzione che cerca di creare sempre più agganci con i progetti di vita, qualunque essi siano. Che piaccia o no, ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.23 Dalla prima pagina Profitto e competenza Valutare in modo significativo di Calcagni Maria - Orizzonte scuola zione chiari e trasparenti. Le normative vigenti nella scuola rimandano ad una certificazione delle competenze al termine del ciclo della scuola primaria, con conseguente valutazione delle stesse, generando così una momentanea dicotomia tra valutazione del profitto e della competenza. La valutazione del solo profitto, tipica della didattica tradizionale, non può coincidere totalmente con la valutazione della competenza poiché rispondono anche a necessità diverse. Il profitto, nella carriera di uno studente, può avere una connotazione positiva ma anche negativa e riguarda ciò che l'alunno sa su un singolo argomento, la competenza invece si riferisce alla maturazione dell'individuo riferendosi a ciò che sa fare con ciò che sa ed è sempre espressa in modo positivo. Il profitto ha come scala di valutazione i decimi, la competenza viene valutata in livelli; la competenza, osservata e giudicata in quanto sapere agito, non è misurabile come il profitto, necessita di un'osservazione sistematica per ogni fase del lavoro proposto. Per osservare e quindi valutare una competenza occorre uscire dall'ottica della didattica tradizionale basata sulla lezione frontale e sul profitto e orientarsi verso una didattica operativa che preveda lo svolgimento di compiti significativi, vicini alla realtà dell'alunno, che presuppongano il fare consapevole indirizzato verso il raggiungimento di un fine chiaro, dichiarato dall'insegnante nella definizione stessa del titolo dell'attività e del prodotto atteso. Partendo da ciò che sanno e nella prospettiva di realizzare un prodotto più complesso e articolato, i bambini affrontano diverse situazioni mettendo all'opera diverse risorse (abilità, conoscenze, capacità personali). Attraverso l'osservazione continua di come discutono, argomentano, affrontano e risolvono problemi, di come agiscono nell'ambito di compiti significativi da soli o in gruppo si concretizza la valutazione La valutazione è "connaturata" al processo di insegnamento/apprendimento e ne rappresenta i vari momenti. Prima di entrare in classe ogni docente si chiede cosa sanno i suoi alunni sull'argomento che decide di sviluppare, cosa hanno bisogno di imparare, quanto tempo occorrerà loro per farlo ecc.. Questo momento fondamentale di valutazione iniziale contestualizza il curricolo d'Istituto rispetto ai bisogni di una specifica classe. Di giorno in giorno, osservazioni, verifiche strutturate e non, esperienze pratiche, interrogazioni, ed altre modalità sono utili sia alla valutazione in itinere dell'efficacia del lavoro dell'insegnante, sia a quella del profitto dell'alunno, ma soprattutto forniscono un feedback agli alunni stessi rispetto al loro andamento didattico al fine di focalizzare i propri punti di forza e di debolezza. La valutazione ha quindi una connotazione prettamente "formativa" in quanto ha lo scopo di primario di rendere consapevole l'alunno del suo processo di apprendimento e di fornire elementi-guida per orientare il lavoro successivo. La valutazione è il frutto, dunque, dell'interpretazione di dati emersi da più strumenti: le verifiche strutturate forniscono dati quantitativi e le osservazioni sistematiche evidenziano gli elementi qualitativi. Entrambi le modalità richiedono necessariamente la predisposizione collegiale di criteri di valuta- ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.24 per competenze. Anche i criteri di valutazione sono esplicitati sin da subito. processo di "funzionamento" nell'acquisizione e nello sviluppo di conoscenze e non solo. L'azione valutativa è quindi insita nel lungo e articolato processo apprendimento/insegnamento; conoscenze e abilità possono essere valutate da singoli insegnanti ma la competenza è frutto di una visione collegiale del team docenti, comprensiva di quella dei genitori chiamati a contribuire, uscendo anch'essi dall'ottica della semplice richiesta del voto di profitto. "Sarete osservati durante lo svolgimento del compito in modo sistematico, gli aspetti specifici che caratterizzano la prestazione saranno annotati in griglie predisposte che contengono degli indicatori di competenza rappresentativi dei traguardi da raggiungere: autonomia, relazione, partecipazione, responsabilità, flessibilità, consapevolezza delle conoscenze indicate nelle indicazioni nazionali". Maria Calcagni, docente I.C. "Alfieri-Lante della Rovere", Roma Con le narrazioni cognitive o autobiografiche l'alunno espliciterà poi il senso da lui attribuito al proprio lavoro, le intuizioni che lo hanno guidato nello svolgere le attività, le emozioni provate mettendo così in essere una autovalutazione del proprio ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.25 Dalla prima pagina "Facciamo che...?" Relazioni (c)ostruttive in contesti multietnici di Miduri Maria Chiara - Intercultura flessione filosofica, nel suo Petit traité de l'abandon. Dopo aver disquisito autobiograficamente su cosa significhi scegliere di vivere senza imporre il controllo su tutto, Jollien giunge a una delle più belle e preziose definizioni di libertà (interiore) mai intuite: "La libertà interiore è quando lo sguardo dell'Altro non ti determina più". Questa frase, per deformazione professionale e per lavoro quotidiano, è un mantra che pervade la mia mente ogni giorno. Alexandre, che invidia il corpo non spastico di un normodotato osservato sul metrò parigino, non ha nulla di diverso dalla piccola Joelle che, sputandosi sulla manina ebano e strofinando il ditino, chiede alla mamma: "Ma io quand'è che divento bianca?". La diversità è uno specchio che riflette un'idea. Non è un volto, ma la definizione di volto. Non è un corpo, ma la definizione di un corpo. È quell'Alter che rappresenta Ego. "Basta con i dovere, potere, volere. Facciamo che..?" così ho esordito durante una riunione di coordinamento volontari nel nuovo progetto di doposcuola che sto attuando nel contesto in cui opero a Torino. Sono infatti convinta che "a forza di sacrificare l'essenziale per l'urgenza, si finisce per dimenticare l'urgenza dell'essenziale", come suggerisce Edgar Morin in una delle sue riflessioni sull'uomo sociale. Se questo vale in generale, esso è ancora più vero quando si lavora e opera in contesti multietnici ed interlinguistici, in cui il dominio dell'emergenza impera su ogni azione del quotidiano. Mi chiedo spesso "dov'è l'essenziale?" e mi so solo rispondere che l'essenziale è lasciare che sia. Ogni volta che si pianifica, la vita destabilizza. Ecco allora l'importanza di lasciarsi vivere, lasciarsi essere vicendevolmente, lasciare che lo spazio di prossimità su cui si poggiano gli stessi piedi, sia esso un cortile, un corridoio, una piazza o una classe, crei piano piano quel campo magnetico che induce alla pro-socialità, all'incontro e alla comunicazione attiva per reciproca attrazione. Ma non quando lo vogliamo noi o lo decide un calendario: quando si è pronti. Se non (ci) permettiamo definizioni, allora nasce la possibilità del vedere oltre l'Altro. Se non si definisce, non c'è bisogno di scegliere e quindi escludere. L'emergenza pone dei filtri occlusivi alla bellezza dell'incontro naturale tra uomini, tra esseri umani. Di recente mi è capitato di osservare come il colloquio con l'educatore di una bambina appena arrivata a Torino, in stato di emergenza sociale, avesse le fattezze del libretto di istruzioni di un oggetto anziché la narrazione di un soggetto, un monologo da procedura: "Bisogna fare questo...", "Bisogna stare attenti a quest'altro...", "Bisogna andarci piano", "Bisogna, bisogna, bisogna", "Si deve, si deve, si deve". Chi? Dov'è il bisogno? Qual è il bisogno? Di chi è il bisogno? Il non poterlo esprimere in una lingua condivisa implica che qualcuno lo esprima per te, e ciò accade attraverso il più classico dei paradossi sociolinguistici dovuti alla propria visione del mondo e alle proprie priorità (etiche, morali), figlie della costruzione della propria persona. Lasciare/lasciarsi implica il concetto di abbandono che però non ha sempre un'accezione negativa, anzi; prendo in prestito l'interpretazione che ne dà il filosofo francese Alexandre Jollien (affetto da paralisi celebrale ed emblema della diversità più "Altra", come la definisce lui), il quale ha saputo rendere la disabilità il nodo cruciale della sua ri- ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.26 A questo proposito è utile ricordare che non tutte le lingue e le culture del mondo possiedono la distinzione semantica e lessicale tra "lavoro" e "gioco" e questo ci serve a ricordare come, nuovamente, sia un costrutto etnocentrico ritenere che le due cose siano in contrapposizione e antitetiche. Così come da bambini bastava dire "Facciamo che io sono il cowboy e tu l'indiano" (un esempio che riporta anche John Searle nella sua teoria degli atti linguistico-pragmatici), e questo apriva il diorama dei Canyon e tutto il suo sistema di simboli e rappresentazioni ovunque ci si trovasse, rendendo possibile la costruzione di una realtà ludica che cambiava lo scenario attuale, dovremmo utilizzare lo stesso approccio fattuale nel realizzare l'incontro con l'Altro, senza interporre più filtri di quanti non ne esistano già in maniera naturale. Perché? Perché il gioco, in ogni sua forma (dall'umorismo al gioco controllato), ha una valenza di sopravvivenza biologica, inoltre allenta la tensione relazionale. Per rendere reale qualcosa bisogna "farla" e allora "Facciamo che...". Non scivoliamo nell'impersonale "bisogna", ma attribuiamo una persona all'azione: noi facciamo insieme, inter-umanamente, inter-personalmente, inter-soggettivamente e inter-culturalmente. Già, perché nella scala semantica l'intercultura arriva all'apice della linea di continuum. Per questo non dovremmo preoccuparcene a priori precludendoci di vivere serenamente e naturalmente l'intero percorso. In realtà "non bisogna" nulla perché occorre tutto. Ad esempio, prima di 'sapere' qualcosa sull'Altro occorre "vedere" l'Altro. Quante volte capita in occasione di colloqui di parlare del soggetto coinvolto, e che è presente, come se non ci fosse? Con i bambini e i ragazzi stranieri capita quasi sempre. Si crede che l'assenza di mezzo linguistico condiviso tuteli dalla comprensione della situazione. Se questo è vero da un punto di vista semantico e morfosintattico, la consapevolezza che il linguaggio sia fatto anche di altre dimensioni dovrebbe far desistere dal consumare questa pratica. La persona è presente e va coinvolta nel discorso perché è lei, prima di tutto, che può aiutare a comprenderlo. Il normale incontro tra esseri umani che non si conoscono acquisisce spesso il carattere del percorso di accoglienza normato a tutto tondo, in un'alternativa forma di rito di passaggio all'inverso: all'aggregazione coatta (nel momento dell'arrivo e dell' inserimento) fa seguito la separazione (spesso per motivi di apprendimento linguistico o per il trattamento segregativo legato al timore di non saper essere, non saper fare) che pone il soggetto in stato di bisogno in un persistente limbo. Dovrebbe essere il contrario, da norma antropologica ma anche da sentire comune e, credo cosa ancora più importante, da esperienza quotidiana. Di una cosa c'è più bisogno: lasciare che sia. E per lasciare che sia occorre agire nel qui e ora per rendere possibile la naturalezza dell'incontro e dell'esperienza condivisa. Come? Quando si lavora in contesti emergenziali non è raro che l'ordine mentale delle priorità sociali "istituzionali" scavalchi ciò che si può fare nel qui e ora, proiettando invece sull'Altro più le paure di operatori ed educatori rispetto al non essere adatti all'incontro. In fondo cosa serve? Una prima risposta ce l'ha suggerita nuovamente Liliana Bono nel suo contributo: "[...] ascolta in qualsiasi lingua ti vada di farlo. Ascolta quello che senti, ascolta il tuo ritmo e la tua domanda insieme ai tuoi bisogni". Sebbene gli interlocutori ideali dell'articolo di Bono siano i suoi alunni, nell'esperienza di vita interculturale ogni membro della comunità è sia docente che discente, sia apprendista che stregone. L'intercultura è un'iniziazione incrociata che si compie attraverso atti quotidiani di vicendevole apprendimento e ritualizzazione comunitaria. Il Liliana Bono, nel suo ultimo contributo alla rivista, ci fa l'esempio del gioco: "Sono una persona: la sintesi delle competenze. Sono un bambino e lo so fare. Lo so essere. So giocare a questo gioco". Questo mi consente di legare la mia riflessione a un aspetto cruciale sull'Homo Ludens. Ognuna delle frasi che costituiscono l'esempio citato è un atto linguistico, un enunciato performativo che i bambini (ma anche gli adulti!) utilizzano nel quotidiano, settando un ordine sociale entro il quale agire e comportarsi di conseguenza. Ma nel sentire controllato e dominato dai requisiti anziché dalle risorse, il gioco come strumento viene talvolta guardato con sospetto anche nel contesto dell'educazione informale (ad esempio nei doposcuola). ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.27 vivere interculturale ha bisogno di lunghi momenti di ascolto per consentire una comunicazione; spesso i silenzi sono i momenti antropopoietici più importanti rispetto al rumore del mondo che ci circonda. Il silenzio è lo spazio in cui si crea. Così come un tema è già contenuto nel foglio bianco che gli darà forma, la parola è contenuta nel silenzio. È una questione di intenzionalità. sono approdati dopo aver attraversato una foresta di orizzonti di vita che non hanno scelto. Non commettiamo l'imprudenza di rimandarli nella foresta pretendendo cambiamenti iniziatici: accompagniamoli lungo il sentiero condiviso della quotidianità interumana. Un essere umano che cos'è? Quali obiettivi deve raggiungere? Quali requisiti deve soddisfare per definirsi tale? Quali competenze deve avere? A misura d'uomo. Ma un Uomo che cos'è? Ogni cultura ha la sua definizione, ogni cultura ha i suoi rituali per deciderlo. Forse ci verrà in mente la poesia "Se" di Ruyard Kipling a tale proposito o ancora la celebre massima di Protagora. Nelle culture "altre" la risposta non è mai del singolo, ma è sempre un atto di comunità, uno sforzo collettivo. E come si comunica la risposta che si è ottenuta, posto che il vero percorso è mosso solo dalla domanda principale? Se una lingua comune non c'è, la lingua in cui si può ascoltare e comunicare è quella primordiale e più ritmica che esista: quella del cuore. L'udito è infatti il primo senso che si sviluppa nel feto. Non è fuorviante ricordarcene ogni volta che anteponiamo la perfezione di un requisito definito (linguistico e comunicativo o di competenza sociale) all'evoluzione di una risorsa in via di definizione. Non parliamo la stessa lingua ma possiamo sintonizzarci e sincronizzarci come esseri umani che condividono un linguaggio ritmico primordiale. E se questo non basta a convincerci, i tamburi parlanti dell'Africa Occidentale costituiscono un bell'esempio di come la modulazione timbrica e ritmica di un suono emesso dalla membrana percossa del tamburo arrivi a simulare la voce umana. Quando le esperienze sono all'unisono e c'è un'intenzione comunicativa pratica non c'è distanza che non si possa colmare per far arrivare il messaggio, come con un talking drum. Le paure e le insicurezze dei rapporti interculturali sono vittime dei nostri bisogni, più che di quelli altrui: bisogno di controllo, bisogno di conoscenza, bisogno di perfezione, bisogno di soluzione, bisogno di immediatezza, bisogno di categorizzare, bisogno di definire. Perché è così che la nostra cultura ci ha insegnato a leggere e interpretare il mondo: con il libretto di istruzioni, con il manuale. Siamo la cultura del libro, dice Ong in "Oralità e scrittura", siamo coloro che apprendono se c'è un corso che insegna. Siamo quelli che la scuola della vita un po' se la sono dimenticata, perché non ha un modulo di iscrizione da compilare, ma vi siamo continuamente immersi. E allora impariamo di nuovo ad ascoltare, come suggerisce Bono, in qualsiasi lingua ci vada di farlo. La lingua in cui mi si è presentata la domanda centrale, che ha dato ispirazione per il mio contributo e a cui consegue il bisogno di indagine e riflessione, è il kiNande (Congo), con l'espressione: "Omundu, niki?" ossia "un essere umano che cos'è?". Questa domanda viene posta ai giovani baNande allorché si apprestano a sottoporsi al rito di passaggio che li porterà ad essere Uomini riconosciuti nella loro comunità. La domanda viene posta forte, con vigore, all'intero gruppo da parte dell'incaricato che officia il rituale e che prevede un viaggio solitario nella foresta. Il viaggio iniziatico è aperto da questa domanda a cui non si richiede una risposta formale, come la intenderemmo noi. È un viaggio di riflessione, di messa alla prova, di scoperta, di avversità, di cambiamento in cui si sviluppano nuovi bisogni da soddisfare, da saper individuare e di cui avere cura. Si parte fanciulli (biologicamente e sociologicamente) e si torna uomini. Maria Chiara Miduri – Antropologa linguista e cognitiva, Centro di Ricerca Applicata MOSAICO, ANGI Molti dei nostri bambini, dei nostri ragazzi il viaggio iniziatico l'hanno già affrontato e non metaforicamente. Non sono baNande, ma ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.28 Dalla prima pagina Interroghiamo...ci Il vero insegnamento in una risposta di De Angelis Giovanna - Orizzonte scuola ogni docente di ciascun ordine e grado approverebbe e sentirebbe come suo. Ma poi mi interrogo e dico: "Quanti di noi realmente all'interno della propria aula fanno fede a quanto dichiarato e tanto declamato e mettono gli alunni davvero al centro di un percorso formativo ed educativo autentico e capace di istillare curiosità per il mondo? L'aspetto emotivo di ogni singolo alunno che apprende lo teniamo bene a mente? Ogni parola che gli rivolgiamo, ogni rinforzo positivo o negativo, ogni sguardo di assenso o di disapprovazione che gli lanciamo hanno una ripercussione emotiva e psicologia sulla sua crescita futura e sull'uomo o la donna che diventerà, sul come si relazionerà con gli altri, sulla sua capacità di adattamento all'ambiente circostante. Sguardo serio e cipiglio fermo, penna nera in mano e registro aperto sulla cattedra, dove scorre rapidamente con gli occhi l'elenco degli studenti e con un fare quasi fulmineo li osserva di soppiatto per coglierne incertezze, timori, sbandamenti, piccoli gesti di insofferenza che possano far trapelare una mancata preparazione. Chi di noi non ha impressi nella mente il ricordo e il volto di qualche insegnante che si poneva di fronte agli studenti in questa maniera durante le interrogazioni? A volte il solo pensiero ci procura uno stato di agitazione e di ansia che sembra quasi di rivivere nuovamente quei momenti. Alla luce della nostra esperienza scolastica di stampo prettamente tradizionalista e contenutistica, se dobbiamo focalizzare la nostra attenzione su uno o più docenti che ci hanno segnato in maniera significativa durante il percorso di studi, quello che probabilmente ci tornerà alla mente è proprio quell'insegnante un po' "strambo", diverso dalla massa, che ci faceva comprendere concetti di fisica che sembravano usciti da un film di fantascienza, problematizzandoli in situazioni di vita reale e che ci restavano finalmente impressi, o quel docente immensamente sapiente, ma umile come nessun altro, in grado di collegare in maniera interdisciplinare la matematica con la medicina, la letteratura con la fisica e pronto a donare il suo sapere ad ogni minimo segnale di interesse della classe, ad una piccola domanda, ad un libro che leggevi. E' certo che gli insegnanti di oggi non sono così, innanzitutto perché hanno il tablet e il registro elettronico dove inserire le presenze, le attività svolte, i compiti da assegnare per casa, la progettazione annuale, quella quadrimestrale, bimestrale, mensile, settimanale, le verifiche tradizionali, la valutazione per competenze, i compiti significativi, le unità di apprendimento, le uscite didattiche, gli incontri con i genitori, l'ingresso degli esperti esterni, le attività laboratoriali e mi potrei dilungare ancora in un elenco quasi infinito. Tra i tanti pessimi insegnanti che ho incontrato sulla mia strada, ho avuto anche la fortuna di avere professionisti competenti che credevano veramente nella scuola e consideravano una missione svolgere il mestiere dell'insegnante, come può esserlo per il medico o per il sacerdote. Ciascun insegnante all'inizio dell'anno scolastico afferma che "centrale nell'insegnamento sarà l'alunno e che il clima della classe sarà sereno": una specie di proclama che si potrebbe scrivere a lettere cubitali fuori dalla porta di ogni classe e che ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.29 concrete da risolvere da soli e in gruppo, problematizziamo, promuoviamo processi di sviluppo ciclici e ricorrenti, insegniamo loro attraverso una didattica innovativa, creativa, pro-attiva e valutiamoli in maniera autentica e significativa. In poche parole, lasciamo un seme dentro di loro con la certezza che quando finalmente raccoglieranno i frutti si ricorderanno anche un po' di noi che abbiamo mantenuto fede alle nostre promesse: "Centrale nel mio insegnamento sarà l'alunno e sereno sarà il clima della mia classe". Interroghiamoci allora, ogni giorno, su ciò che vogliamo essere per i nostri studenti, ossia un modello da seguire, una guida a cui ispirarsi. Pensiamo a ciascuno di loro, a ciò che è necessario per la loro maturazione affettiva e cognitiva, mettiamoli dinanzi a situazioni Giovanna De Angelis, docente dell'Istituto Comprensivo "Fara Sabina", Rieti ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.30 Dalla prima pagina Un compito per la vita Insegnare nella scuola delle competenze di Ventre Angela - Long Life Learning Quando entro nella mia classe e osservo gli alunni, il loro modo di essere, di agire, di approcciarsi alle conoscenze, mi chiedo quali percorsi didattici posso attivare affinché utilizzino totalmente le loro conoscenze e abilità mostrandosi "competenti", e soprattutto come valutare queste loro competenze, quali strumenti e metodologie utilizzare? Nella scuola delle competenze, i voti servono ancora? Hanno una valenza formativa? La maggioranza degli insegnanti vede ancora nella valutazione un momento di verifica e di controllo dei risultati raggiunti, delle conoscenze acquisite dagli alunni, di ciò che si è fatto e di come si è proceduto. Oggi, invece, per valutazione si deve intendere l'accertamento non di ciò che lo studente sa, ma di ciò che sa fare con ciò che sa (G. Wiggins, 1993); bisogna valutare la capacità di far fronte a un compito, o un insieme di compiti, riuscendo a mettere in moto e a orchestrare le proprie risorse interne, cognitive, affettive e volitive, e a utilizzare quelle esterne disponibili in modo coerente e fecondo" (Pellery, 2004). Nella scuola si chiede agli insegnanti di valutare lo studente osservandolo e individuando, nel suo agire, opportuni indicatori di competenza. Non bastano un'interrogazione, semplici esercizi di applicazioni, una prova scritta, bisogna mettere gli alunni di fronte ad un compito e a delle situazioni complesse, che non vuol dire difficili, e osservare come le interpretano, quali strategie applicano per portarle a termine, quali competenze utilizzano. Di conseguenza, alla base di una buona valutazione vi è l'osservazione intesa non come un semplice guardare, ma come un continuo e informale monitoraggio, attraverso il quale l'insegnante raccoglie tutte le informazioni necessarie per stabilire se l'alunno sta procedendo nella giusta direzione, se non riesce a superare un certo ostacolo, se gli manca una certa conoscenza o l'ha già acquisita, se è capace o no di utilizzare le risorse intrinseche alla sua persona. Durante un consiglio di classe serve a poco affermare che la "competenza è in corso di acquisizione" o "non riesce a portare Le Indicazioni italiane ed europee ci invitano a centrare l'azione didattica sull'acquisizione delle competenze, ma, per alcuni insegnanti, non è facile ancora entrare in questa logica, o comunque ancora non se ne è totalmente consapevoli; alcuni credono che a pagarne le spese siano i saperi, tradizionalmente intesi. Certo è che un alunno può conoscere la letteratura italiana, la procedura per l'estrazione di una radice quadrata, tutte le regole della grammatica, ma può non essere in grado di organizzare, utilizzare appieno le proprie conoscenze e abilità in situazioni sempre più ampie e varie. La richiesta, chiaramente esplicitata dal Consiglio Europeo, è quella di sviluppare un'offerta formativa in grado di garantire non solo un apprendimento permanente, ma di sviluppare quelle competenze, denominate competenze chiave, utili per la realizzazione e per lo sviluppo personale della cittadinanza attiva. Quello che si chiede alla scuola di oggi è di formare dei cittadini in grado di pensare e di agire davanti alla complessità delle situazioni che si trova ad affrontare, impegnando non solo la sua sfera cognitiva e intellettuale, ma anche la parte emotiva, sociale, etica, valoriale, affinché possa essere cittadino del mondo. ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.31 a termine il compito", perché tali espressioni dicono poco dell'alunno, delle sue difficoltà, o meglio delle sue potenzialità. Il nostro compito è quello di individuare e indicare le strategie, le abilità, le conoscenze e quindi le competenze che l'alunno dovrà mettere in gioco dinanzi ad un compito scolastico, ma soprattutto nella vita, affinché diventino gli strumenti dell'agire quotidiano. Parlare di valutazione delle competenze significa confrontarsi, discutere, tendere a una visone condivisa, progettare e fare insieme, costruire in maniera trasversale le proprie valutazioni, le considerazioni in un'ottica di crescita globale dei nostri alunni. Angela Ventre, insegnante di sostegno I.C. "Alfieri - Lante della Rovere", Roma ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.32 Dalla prima pagina I CoderDojo: "palestre di creatività" Formazione informatica per alunni e docenti di Riccardi Barbara - Scuola & Tecnologia come Scratch, per la didattica. Tra le associazioni che operano nel diffondere tale pratica didattica, nel 2013 è nato "CoderDojo Roma" (http://www.coderdojoroma.it/ ) che ha come obiettivo la diffusione del digitale, grazie all'opera volontaria di professionisti che sono parte di una comunità composta da mentor, educatori, famiglie e tanti appassionati interessati alle tematiche dell'educazione e della società interconnessa. "CoderDojo Roma" propone degli incontri laboratoriali che mirano a far acquisire ai ragazzi, e anche agli adulti, capacità nel programmare, attraverso il gioco, per sviluppare allo stesso tempo fantasia e logica. I CoderDojo sono delle "palestre di creatività", in cui bambini e ragazzi possono inventare videogames, programmi software free e open source, animazioni o storie interattive attraverso l'esperienza ludica e dove anche i loro genitori possono meglio comprendere e brevettare le caratteristiche tanto osannate di questo tipo di lavoro educativo, tutto a livello gratuito. Ogni incontro laboratoriale proposto è aperto ai ragazzi dai sette ai dodici anni; per i genitori, invece, vengono organizzati laboratori sulle tematiche della sicurezza informatica, della privacy online e dell'uso consapevole dei social network. In un qualsiasi tipo di esperienza educativa si viene a creare uno scambio a livello comunicativo che influisce su ogni tipo di attività; nel caso specifico dell'essere docenti, preferibilmente efficaci, diventa importante il tipo di comunicazione che attiviamo, in quanto ciò va ad incidere sul rendimento delle attività di formazione e di informazione nei confronti degli alunni. Per poter parlare di una comunicazione efficace e per essere capaci di instaurare una relazione che produca risultati, occorre essere al passo con i tempi. Il mondo della scuola, per non rimanere estraneo alle nuove forme di comunicazione, vista la rapidità con cui la nostra società è cambiata in tal senso, occorre che diventi padrone nell'uso degli strumenti tecnologici, per sviluppare competenze nei ragazzi e per prepararli a vivere nella nuova epoca. L'aspetto positivo e il divertimento assicurato sono gli elementi che attraggono i ragazzi ad approcciare le tecnologie, i media e i social media: obiettivo è fornire gli strumenti operativi per conoscere, gestire e utilizzare gli apparecchi multimediali ed applicarli alle esigenze specifiche come mezzi per la didattica. Nei CoderDojo sono state create applicazioni per dispositivi mobili: Pizzabot e Libramatic sono tra i più scaricati. Da anni si sente parlare in modo diffuso di Coding e di CoderDojo. I Coderdojo sono club di programmazione per ragazzi, totalmente gratuiti e costituiscono un movimento internazionale che ha raggiunto più di mille unità in tutto il mondo, con l'intento di far conoscere l'utilizzo dei software, A seguire le tracce dell'ideatrice Agnese Addone è l'attuale Responsabile Loredana Oliva che afferma: "CoderDojoRoma è diventato un punto di riferimento per l'avvio dell'innovazione sociale; l'attività di noi mentor ha ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.33 generato momenti di confronto e di ricerca sulla didattica innovativa e sperimentale, per incentivare nei bambini l'approccio consapevole alla tecnologia e nei genitori una maggiore sensibilità verso il mondo dei social e del loro corretto utilizzo". Per questo non è sufficiente la presenza dei mezzi tecnologici nelle nostre aule, occorre strutturare ed ampliare competenze informatiche mirate, per meglio sfruttarli in una didattica innovativa e trasversale, così come affermano le Nuove Indicazioni Nazionali. Partecipare agli eventi del CoderDojo Roma, mi porta a comprendere sempre di più quanto sia importante l'alleanza tra media ed educazione perché non basta saper utilizzare gli strumenti informatici, serve soprattutto essere consapevoli di cosa c'è dietro. Vedere dei bambini riuscire ad animare le loro storie inventate attraverso l'utilizzo del coding e sentire il fermento creativo delle loro menti giovani mi spinge a dire che è diventato indispensabile formare adulti consapevoli della valenza di questi mezzi. Barbara Riccardi, docente I.C. Padre Semeria di Roma, Counselor della Gestalt Psicosociale e Giornalista pubblicista ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.34 Dalla prima pagina E tu, di che "like" sei? Aspetti della comunicazione a scuola ai tempi di internet di Presutti Serenella - Long Life Learning emoticon e la semplificazione di alcuni adempimenti, oltre alle modifiche apportate ad alcune modalità di rapporto tra le componenti scolastiche, tra gli operatori scolastici e l'Amministrazione; ciò che ancora non sappiamo valutare sono invece gli effetti a tutto tondo di questa rivoluzione, ma possiamo raccogliere sicuramente alcune criticità. L'utilizzo continuo della connessione ha già allertato il mondo scientifico e medico soprattutto, che ha suonato già da un po' il campanello di allarme per gli effetti di tutto questo sul fisico, in particolare per i bambini e gli adolescenti come soggetti in crescita. Gli effetti sullo sviluppo della personalità, come anche della relazionalità e della comunicazione, stanno emergendo, in particolare per l'aspetto dell'indebolimento di alcune abilità, come la concentrazione e l'attenzione, a favore del rafforzamento di altre, come la selettività. Il problema più grosso è rappresentato però dallo sviluppo di "dipendenza", assimilabile all'alcol e alle sostanze psicotrope; esistono percorsi di ricerca a supporto dell'individuazione dell'evidenza scientifica di questi fenomeni, ma non esistono ancora studi e pratiche relative alle soluzioni dei problemi. Particolare importanza per il contesto scolastico acquisisce l'enorme sviluppo dei social, come Facebook e Whatsapp, che procede in parallelo con la diffusione incredibilmente capillare degli smartphone, a portata di tutti, adulti e giovani, genitori e figli. La forza inarrestabile della comunicazione social è l' "esserci" nello stesso momento che qualcosa accade; clicco e commento mentre quella persona si sta muovendo, proprio ora, in quel luogo e ciò è comunicabile a tutti quelli che si decida debbano essere debitamente informati dei fatti. Una dimensione ludica che riduce la distanza fisica tra le persone fino a farla svanire, sbriciolando addirittura la fisicità; questi aspetti sono così forti che incidono sulla trasformazione delle relazioni umane, come dicevo in precedenza, a tal punto da essere paragonati ad una mutazione genetica, con prospettive sconosciute, non gestite né Le scuole sono ormai contagiate dal fenomeno sociale più pervasivo dell'ultimo decennio: la connessione alla "rete delle reti" e l'utilizzo di Internet attraverso i diversi dispositivi. L'influenza positiva di tutto questo si presenta con grande evidenza nell'enorme sviluppo che rileviamo nella didattica, diventata anche "digitale", assumendo contorni che solo fino a dieci anni fa sarebbero stati impensabili. Ancora però non ne sappiamo abbastanza sui risvolti critici di questa realtà, soprattutto non possiamo valutare appieno gli effetti sortiti sulla comunicazione e sulle relazioni tra le persone, tra i gruppi e tra le comunità sociali e professionali. Nel panorama delle soft skills, abbiamo visto come il sapersi relazionare con gli altri sia al centro dei percorsi di sviluppo delle competenze della comunicazione umana; se cambiano i paradigmi della comunicazione cambiano quindi anche le relazioni tra le persone. Ma come? Non senza enfasi, nell'ultimo decennio, studiosi, ricercatori, opinionisti e stakeholder hanno progressivamente descritto una "mutazione genetica" in atto, soprattutto riferendosi all'enorme ed eccezionale sviluppo dei "social media". Un esempio illuminante su tutti, per avere misura della dirompenza del fenomeno, è relativo al trasferimento della pubblicità e dell'informazione dalla carta stampata ai social, come Facebook e non solo. Anche nel mondo della scuola, seppur con maggiore lentezza, la mutazione è in atto, favorita dall'aggiornamento della normativa in merito e dai processi di dematerializzazione avviati conseguentemente. Quello che possiamo osservare è indubbiamente un cambio di passo: la velocizzazione ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.35 tantomeno valutate e regolamentate da qualsivoglia normativa. La dematerializzazione ha effetto sulle relazioni scolastiche, non semplificandole; questa è la linea che emerge dalle esperienze comuni, che esulano dalle differenze dei contesti socio-economici in cui si collocano gli istituti scolastici. Molto diffuso è l'utilizzo di gruppi whatsapp di classe, da parte di alunni così come di genitori, che favoriscono e velocizzano il passaggio di informazioni, ma che non garantiscono un'attenta policy di utilizzo; ecco proliferare in men che non si dica chat di commenti indiscriminati, nei contenuti e nelle modalità. Molto illuminante è una testimonianza diretta, resa in un recente articolo a riguardo, apparsa sul Corriere della Sera del 28 gennaio scorso, di un papà che annuncia la sua libertà nel giorno di uscita dal gruppo whatsapp dei genitori della classe del figlio (Salvia L., http://www.corriere.it/scuola/primaria/17_gennaio_25/ho-lasciato-chat-genitori-sono-tornato-uomo-felice-d10ccc00e31b-11e6-91bb-de3c4de78c88.shtml# ). Le pagine facebook rappresentano un contraltare alle chat, in quanto, apparentemente, propongono schemi comunicativi più complessi ed articolati. L'innocente dito alzato, spesso cliccato senza pensarci troppo, ha suscitato l'interesse (giustificato) di sociologi, psicologi, pubblicitari ed anche degli educatori, per i suoi effetti ridondanti, a volte addirittura drammatici, come nelle inquietanti storie di cyberbullismo che hanno avuto enorme risalto sulla cronaca nera nazionale; per questo hanno interessato particolarmente la scuola, dando impulso ed avvio a progetti di intervento sull'uso consapevole della rete e dei programmi di prevenzione. Fin qui tutto abbastanza noto. Ne abbiamo a sufficienza per motivare a coltivare un interesse pedagogico costante e non episodico; la consapevolezza degli addetti ai lavori della scuola sta crescendo insieme alla preoccupazione di dover trovare soluzioni sostenibili, efficaci e durature a questi nuovi fenomeni. Non siamo difronte ad una "moda" passeggera, ma dobbiamo affrontare qualcosa di molto più serio, con pericolosità sociali anche inquietanti Questo ho pensato nell'apprendere l'evoluzione dell'utilizzo dei "big data", cioè sostanzialmente tutto quello che facciamo, sia on line che off-line, che lascia tracce digitali, come raccontato in un'approfondita inchiesta apparsa recentemente in un articolo H.Grassegger-M.Krogerus, 2017, pp.40-47) che pone al centro proprio il problema dell'assenza di regole condivise, nella normativa e nella vita sociale, per l'utilizzo dei "big-data" e delle derive di manipolazione già in atto da parte dei grandi poteri di aziende private e centri di ricerca e consulenza spregiudicate e senza scrupoli, al servizio del miglior offerente economico. Di fatto il miglior offerente (l'articolo riporta l'esempio della Agenzia di consulenza al servizio per l'elezione alla Presidenza degli Stati Uniti di Donald Trump) si è appropriato di un metodo scientifico validato chiamato con l'acronimo O.C.E.A.N., che riassume i cinque parametri o aspetti della personalità in base ai quali è possibile misurare ogni caratteristica di una persona (openness-apertura mentale, coscientiousnessperfezionismo,extraversion-estroversione, agreeablness-essere cooperativi, neuroticism-stabilità emotiva). Nel 2008 Michael Kosinski , dottorando in psicometria a Cambridge, provò la possibile connessione tra la teoria OCEAN e l'utilizzo dei social network, attraverso il più vasto big data disponibile al mondo: facebook e il suo like Facebook è il social network globale, piazza virtuale di incontro/scontro di opinioni, di diffusione di notizie, idee, differenze, uguaglianze, appartenenze ed esclusioni, spesso tutto racchiuso e sintetizzato in una emoticon O in una espressione di assenso/dissenso: il "like". ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.36 sistema di like, che abbinati ai punteggi psicometrici potevano restituire profili di personalità altamente attendibili. Le ricerche e gli studi in questa direzione sono progrediti velocemente, tanto da provocare la dissociazione del loro utilizzo da parte dello stesso Kosinski. I risultati tangibili sono ormai noti: è possibile manipolare in modo raffinato e invisibile le opinioni delle persone, fino a condizionare l'esito di un evento importante della portata dell'elezione del Presidente degli Stati Uniti. Non credo si possa ancora parlare di estraneità da tutto questo per nessuno che viva su questo pianeta, e il problema è già qui: il Grande Fratello non è più fantascienza ma si è materializzato senza rumore, sotto la forma di un emoticon. "Nel tempo dell'inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario" George Orwell Serenella Presutti, psicopedagogista e counsellor, Dirigente scolastico dell'I.C. via Padre Semeria di Roma ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.37 Dalla prima pagina La comunicazione senza ascolto L'importanza di fissare un tempo dedicato di Bono Liliana - Oltre a noi... Comunicare è accorgersi. E' consapevolezza. Nientemeno. Accorgersi di quello che c'è davanti ai tuoi occhi e di quello che c'è dentro alla tua mente, dei bisogni e dei pensieri. Non saprei nemmeno operare nette distinzioni fra l'io e il tu. Una volta che ti accorgi di te stesso, cominci ad accorgerti anche degli altri. Una volta che ascolti te stesso, quasi inevitabilmente cominci ad ascoltare anche gli altri. Per arrivare a farlo, direi che è buona cosa concentrare l'attenzione, anche in termini di spazio e di tempo. E' quasi impossibile ascoltare continuamente, specie se non si è molto allenati a farlo, e sforzarsi troppo può creare confusione, soprattutto in un ambiente affollato di richieste e di bisogni. Stabiliamo un orario, allora, e magari anche una zona, uno spazio, una formazione entro cui ascoltarsi e concentrarsi, perché no? Anche per parlarsi, per comunicare, aldilà dello scambio continuo che inevitabilmente avviene ogni giorno. Con i miei alunni trovo molto utile questa modalità: fissiamo un tempo per ascoltare e comunicare. Ho riscontrato che ai bambini piace e che li rassicura. In genere, quando il bambino è ai primi anni della scuola, la comunicazione è soprattutto costituita dal riferire all'insegnante (che ha quasi esclusivamente, quindi, una funzione di accoglienza e di ascolto), senza nemmeno richiedere una risposta. Il bambino piccolo ha bisogno di raccontare, di "fare rapportini" al suo punto di riferimento, per sentirsi sollevato. Questo in genere è di notevole aiuto anche in materia disciplinare (brutta parola, ma è quella): i bambini sono più sereni e il clima scolastico si fa disteso. Con i grandicelli c'è in genere un'interazione maggiore, ma l'ascolto rimane preponderante. La pratichiamo un po' tutti, non è così? Dialoghiamo tra sordi, come nel vecchio scherzo. - Vai a pescare? - No, vado a pescare. - Ah, credevo che andassi a pescare! Riprendo in parte il tema del mio ultimo articolo ed insisto tanto sulla comunicazione perché la ritengo essenziale. Penso che a questo scopo (di comunicare) si spenda la vita, e si debba spendere la scuola. D'altronde, anche noi, qui, tra le pagine di questa rivista, che altro stiamo poi facendo? Il passaggio delle comunicazioni è il passaggio delle competenze di una vita, e comunicare è per me la competenza. Impossibile non farlo, del resto. Da dove comincia l'esistenza della comunicazione, se non dall'ascolto? Una persona comunica ad un'altra ciò che ha ascoltato dentro di sé. Ma si può fare meglio, passando dal comunicare al comunicare con. Per questo, insieme all'ascolto, è necessaria l'attenzione. Accorgersi. ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.38 Qualcuno ha detto che l'attenzione è una forma di amore e io sono d'accordo. Ho sempre visto il rapporto affettivo come fondamentale nella scuola, a cominciare da me. Io ho bisogno di sentire i miei alunni, altrimenti non riesco a trasmettere quelli che per me sono i contenuti fondamentali, ossia l'accoglienza, il valore di sé, la fiducia, l'amore per l'apprendimento. Francamente ho anche piacere della loro risposta affettiva, altrimenti mi sembrerebbe di insegnare in un deserto. Liliana Bono, docente di scuola primaria, Istituto "G. Parini", Torino ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.39 "Capovolgiamo" la didattica Cosa accade nelle classi quando si "Flippa" di Proietti Michela - Didattica Laboratoriale arrendersi di fronte a richieste "alte", sviluppando le proprie capacità di problem solving. Capovolgere la didattica è coinvolgente, sfidante, significativo e inclusivo per gli alunni, come ci ricordano i due professori statunitensi, ideatori di questo approccio e scrittori del pionieristico e fondamentale saggio sulla didattica capovolta, J. Bergmann e A. Sams, disponibile in Italia per Giunti Scuola. Quali sono i punti di forza della "Flipped Classroom"? L'idea è quella, per l'appunto, del capovolgimento degli ambienti di apprendimento: quello che prima tradizionalmente veniva fatto a scuola, ora viene fatto a casa e viceversa. "Se ci aveste spiegato di meno, avremmo capito di più". Per quanto possa sembrare paradossale, questa frase scritta da alcuni alunni sui muri di una scuola, rimanda alla realtà di molte lezioni, incentrate sulla sola trasmissione di conoscenze e non sull'acquisizione di competenze. In media gli insegnanti impiegano il settanta percento del tempo in classe per le spiegazioni, mentre nel Fliplearning avviene un "salto". In questo contesto l'insegnante fornisce ai ragazzi tutti i materiali utili all'esplorazione autonoma dell'argomento di studio; questi possono includere libri, presentazioni, siti web, video-lezioni e simili. I video tutorial, in particolare, rappresentano un mezzo privilegiato per l'apprendimento, proprio per la loro dinamicità e immediatezza. È fuori dalle mura scolastiche, quindi, che gli studenti, da soli o in gruppo, e ognuno nel rispetto dei propri tempi e delle proprie abilità, hanno modo di realizzare delle prime esperienze di apprendimento attivo, che verranno poi continuate con compagni e docente in classe. La didattica capovolta, ormai conosciuta come flipped classroom, è un nuovo approccio all'attività di insegnamento/apprendimento che consente di modificare, invertendoli, gli ambienti di apprendimento; capovolge letteralmente le normali dinamiche offrendo ai ragazzi nuove situazioni apprendimentali significative, motivanti e cooperative, grazie all'uso delle tecnologie multimediali, perché non possiamo dimenticare che i nostri alunni sono "nativi digitali". La Flipped Classroom ben si coordina con questo nuovo modo di conoscere e imparare e permette agli alunni di sfruttare al meglio le innate capacità e allo stesso tempo di indurre una riflessione ed un approfondimento. La classe diventa così una vera comunità che riflette sui problemi e cerca una soluzione, riuscendo con facilità ad affrontare tematiche complesse e, soprattutto, a non ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.40 Tutto il tempo che rimane è libero per sviluppare attività coinvolgenti, motivanti e sfidanti. La classe diventa un'arena di confronto e dibattito, e l'insegnante veste i panni di moderatore e motivatore. È proprio la motivazione ad essere la chiave di volta e la garanzia di successo di questo innovativo approccio didattico: quando lo studente sa perché sta studiando ed è libero di affrontare lo studio coi propri tempi e modi, si sentirà spinto ad esprimere le proprie idee, nella consapevolezza di stare facendo un lavoro utile per sé e per gli altri. Al contempo il docente ha la preziosissima opportunità di applicare una didattica per competenze, di valutare il lavoro degli studenti con osservazioni mirate e di registrare il raggiungimento delle varie competenze in rubriche valutative, nonché di promuovere la metacognizione e l'autovalutazione degli alunni. La sperimentazione di questa metodologia, in Italia e all'Estero, ha portato ad una gestione più efficace e virtuosa anche del rapporto scuola-famiglia, poiché i genitori possono "stare al fianco" dei propri figli, capire i loro punti di forza e di debolezza, "entrare" in una scuola che diventa più trasparente e coinvolgente e può confrontarsi con i docenti sul livello di maturazione delle diverse dimensioni delle competenze, chiamate in gioco dai vari percorsi affrontati. E' un modello didattico sviluppato in America per la scuola secondaria di secondo grado, ma è possibile utilizzare la didattica capovolta alla primaria? Ebbene sì, è possibile! A condizione, però, che si tengano in conto alcuni aspetti, in particolare l'età degli alunni e la tipologia dei contenuti da affrontare e che si rispettino dei passi graduali che accompagnino i bambini nello sviluppo delle competenze, soprattutto quelle digitali e sociali. La scelta di adottare la didattica capovolta trova il suo fondamento proprio nella necessità di conciliare la didattica per competenze con il tempo scuola sempre più ristretto. La Flipped Classroom consente di utilizzare il tempo scuola proprio per questo tipo di didattica. I bambini fruiscono a casa del materiale multimediale predisposto dai docenti, magari su una piattaforma di classe, acquisendo quel corredo di conoscenze che poi nel lavoro in aula si evolverà in competenze attraverso i compiti di realtà proposti. Allora, siete pronti a "FLIPPARE"?! Michela Proietti, insegnante dell' I.C. Fara Sabina (Rieti) ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.41 Didattica Laboratoriale A ciascuno la sua maschera Una festa come occasione per apprendere di Santigliano Leonilde - Didattica Laboratoriale lasciare una traccia rispetto a un nuovo significato che possiamo attribuire al loro Carnevale. Di solito, mi piace partire dal vissuto degli alunni per poter appurare le loro conoscenze rispetto ad un argomento. Ho chiesto ad ognuno di loro: "Quale maschera preferisci e perché?" Le maschere preferite sono quelle appartenenti a supereroi, fate e personaggi vari che fanno da protagonisti sul grandi e piccolo schermo. Da qui è nato il desiderio di organizzare con gli alunni un breve lavoro suddiviso in fasi con l'intento di raggiungere diversi obiettivi. Ripercorrendo la nostra bellissima Italia, ci si accorge che ogni regione possiede una maschera che la caratterizza e che affonda le radici in antiche tradizioni. Insieme ai bambini abbiamo rispolverato delle piccole storie legate alle maschere tradizionali italiane; attraverso storie e favole narrate in classe, rappresentazioni teatrali, immagini e filastrocche sonore, abbiamo riscoperto la nascita del vestito di Arlecchino, quell'attaccabrighe di Brighella, il brontolone dottor Balanzone, la furba Colombina, il malinconico Pierrot, le avventure del simpaticissimo Pulcinella, ecc. Considerando la giovanissima età degli alunni (seconda elementare), il lavoro si è svolto in maniera molto semplice e divertente. Non tutti i bambini conoscevano le maschere presentate, dunque si è cominciato con una discussione generale in merito alle piccole storie abbinate ai relativi personaggi, in modo particolare abbiamo colto le particolarità caratteriali di ognuno di essi. Come insegnante, ho colto l'occasione per fare di un momento di divertimento, come il Carnevale, un motivo di conoscenza. Come affermato nelle Indicazioni Nazionali (Arte e Immagine), è bene cominciare sin da piccoli a "potenziare nell'alunno le capacità di esprimersi e comunicare in modo creativo e personale, di osservare per leggere e comprendere le immagini e le diverse Una delle feste più sentite dai bambini è sicuramente il Carnevale, le classi sono addobbate di mascherine di carta e stelle filanti, una ricca alternanza di colori rendono l'ambiente festoso ed accogliente. Di solito i bambini attendono questa festa che tradizionalmente è legata ad una particolare aria di divertimento. Esprimono grande entusiasmo nel mascherarsi e si preparano a fare scherzi divertenti. Man mano che gli anni passano i tempi cambiano e di conseguenza le nuove generazioni sono inesorabilmente coinvolte in modi di fare e di pensare differenti rispetto a chi li ha preceduti, forse le tradizioni restano perché c'è chi continua a narrare episodi e a mantenere usanze semplici e genuine in ricordo del tempo che fu. Sicuramente i nostri bambini vivono in un mondo in cui le ricorrenze festive sono sempre di più associate a prodotti commerciali, facili da reperire, alla portata di tutti, pronti all'uso. Cogliendo l'occasione festosa del periodo, ho pensato di pianificare un percorso didattico che potesse rispondere in maniera ludica ai desideri dei bambini e nello stesso potesse ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.42 creazioni artistiche, di acquisire una personale sensibilità estetica e un atteggiamento di consapevole attenzione verso il patrimonio artistico. La familiarità con immagini di qualità ed opere d'arte sensibilizza e potenzia nell'alunno le capacità creative, estetiche ed espressive, rafforza la preparazione culturale e contribuisce ad educarlo a una cittadinanza attiva e responsabile. In questo modo l'alunno si educa alla salvaguardia, e alla conservazione del patrimonio artistico e ambientale a partire dal territorio di appartenenza. La familiarità con i linguaggi artistici, di tutte le arti, che sono universali, permette di sviluppare relazioni interculturali basate sulla comunicazione, la conoscenza e il confronto tra culture diverse". In un secondo momento abbiamo organizzato un vero e proprio laboratorio artistico per la creazione di mascherine di Carnevale da preparare in piccoli gruppi e da sfoggiare in una sfilata nella stessa scuola per la giornata del "Martedì Grasso". Le conoscenze apprese dagli alunni, sulle tradizionali maschere di Carnevale, hanno contribuito a stimolare la fantasia e a fornire degli strumenti per poter creare liberamente una nuova mascherina oppure riprodurne una che, a seconda dei gusti personali, è risultata più simpatica e piacevole. Per loro è stato un gioco molto bello. Come insegnante ho potuto osservare, da parte dei bambini, un impegno collettivo e posso affermare sicuramente che il piccolo laboratorio ha favorito momenti di socializzazione e di comunicazione, in cui tutti si sono sentiti coinvolti e ben integrati. Ogni bambino ha avuto la possibilità di scegliere un travestimento che potesse esprimere il proprio immaginario, per sentirsi forte, magico, extraterrestre e ancora, come re o regine o fantastiche principesse. Evviva la creatività e il divertimento! Evviva il Carnevale! Leonilde Santigliano, docente dell' I.C. "Belforte del Chienti", Roma ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.43 Didattica Laboratoriale Paraponziponzipo' Un esempio "evoluto" di didattica interdisciplinare di Parisi Roberta - Didattica Laboratoriale classe terza, si è concretizzata quando abbiamo deciso di approfondire i concetti di evoluzione e di adattamento. I testi ministeriali, così come le notizie ricavate da internet, non fanno difetto relativamente ad immagini e spiegazioni ma l'obiettivo di noi docenti è stato quello di introdurre gli allievi nel mondo della sperimentazione: i bambini hanno capito cosa si intende per eredità genetica, adattamento e selezione naturale anche attraverso giochi ed un approccio empirico. Siamo partiti acquisendo una generosa quantità di informazioni a carattere generale sull'evoluzione della Terra nel corso delle ere geologiche e delle prime forme di vita. Gli alunni hanno visionato video, immagini; hanno letto dati e testi. La selezione delle fonti proposte è avvenuta secondo precisi criteri: tutte dovevano possedere notizie da poter confrontare per scoprire somiglianze e differenze tra teorie. La storia e le scienze sono il binomio perfetto per sperimentare, con modalità spontanee, la fusione delle discipline: infatti proponendo argomenti che sollecitino la curiosità intellettuale ed il desiderio di indagare, l'allievo si renderà conto che per costruire conoscenza, le informazioni, attinenti ai due campi disciplinari, devono continuamente intrecciarsi come fili di una trama. Le diverse dimensioni dell'esperienza offrono l'occasione per rafforzare il messaggio che l'insegnante vuole veicolare. Ciò comporta, come raccomandano le Indicazioni Nazionali per il curricolo, il dosare con accortezza la quantità e la qualità delle tematiche fondamentali da affrontare, operando delle scelte sui livelli di approfondimento. In questa fase abbiamo ritenuto importante rendere consapevoli gli alunni del carattere ipotetico di alcune spiegazioni e della ricerca che le sottopone a revisione continua. La Storia rappresenta la sezione meno stabile tra le discipline. Gli alunni, dopo aver inserito fatti e dati in tabelle, schemi logici, mappe concettuali, sono giunti ad alcune generalizzazioni che a questo punto dovevano essere in parte confermate (attraverso giochi che facessero comprendere il ruolo del mimetismo nella selezione naturale e semplici esperimenti sulla capacità di adattamento delle piante alla luce solare), in parte ulteriormente indagate e descritte per sviluppare ipotesi esplicative. In classe terza si passa dalle storie intese prevalentemente come narrazioni letterarie alla Storia che va ricostruita attraverso dati e documenti (a volte certi a volte incerti) soggetti ad interpretazione. Particolarmente efficace è stata l'esperienza dell'albero filogenetico. Dapprima i bambini hanno realizzato un albero dell'ereditarietà, riferendosi al contesto L'alleanza tra storia e scienze, nella mia ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.44 famigliare; hanno confrontato le loro scoperte e tratto conclusioni. In particolare si sono accorti che alcune caratteristiche si sono trasmesse da genitori a figli e che la ricostruzione genealogica oltre un certo limite non potesse andare, allora hanno dovuto affidarsi ai ricordi e alle testimonianze dei parenti non sempre così sicure. In un secondo momento, prendendo l'idea da Rai Scuola, dopo aver trattato il concetto di evoluzione attraverso l'uso di varie fonti, i bambini si sono trasformati in tassonomi realizzando un albero evolutivo, utilizzando alcune varietà di pasta che per noi rappresentavano le diverse specie viventi alle origini. La pasta è stata catalogata secondo lo spessore, la forma, il colore, il grado di ruvidità, la lunghezza. Su un cartellone gli alunni hanno posizionato il formato di pasta che secondo delle motivazioni ben precise poteva essere considerato l'antenato di tutti gli altri formati. Via via si è stabilita la collocazione temporale delle specie (pasta) secondo delle linee evolutive che ogni volta dovevano essere motivate con eventuali trasformazioni territoriali, climatiche o con la comparsa di nuove forme viventi antagoniste. Nel nostro albero evolutivo alcune specie procedevano nell'evoluzione, altre sparivano per selezione naturale. I bambini ogni volta hanno dovuto ipotizzare tutti gli scenari ambientali possibili per giustificare le scelte sul perché una specie avesse la meglio rispetto ad un'altra. Sono giunti all'idea che le trasformazioni irreversibili siano alla base dell'evoluzione. Esaminando le trasformazioni del nostro territorio nel corso di milioni di anni, gli alunni hanno applicato alla nostra realtà ambientale i contenuti già catalogati e sperimentati. Ogni tassello andava a posizionarsi ed acquisiva un significato più contingente. In questo caso siamo partiti dal generale per arrivare al particolare che a sua volta rafforza le generalizzazioni. Così i bambini hanno acquisito una certa consuetudine a trasferire continuamente le conoscenze sui vari piani di rappresentazione della realtà. In ambito linguistico ci siamo concentrati sulla realizzazione di un semplice spettacolo di fine anno che considerasse in modo "semiserio" gli argomenti storici trattati. I bambini hanno dimostrato una buona competenza nell'uso degli argomenti storicoscientifici a livello creativo, inventando dialoghi e situazioni pertinenti oltreché divertenti ed utilizzando personificazioni per dare la parola alla Storia ed alla Fantasia che nella rappresentazione teatrale sono diventate personaggi in carne ed ossa. Particolarmente motivante per gli alunni è stato accostare il linguaggio musicale a quello della narrazione: dopo aver scelto brani musicali piuttosto noti, con i bambini abbiamo trasformato i testi e realizzato coreografie. Non posso non ringraziare la nostra maestra musicista Gabriella Coppola che con i suoi accordi ha fatto miracoli. Mi piace terminare questa sintesi del lavoro svolto in classe proprio con la canzone dei Watussi modificata dai miei alunni improvvisati parolieri. Questa attività laboratoriale ha semplificato la comprensione della teoria sull'evoluzione umana. Analizzando le diverse specie umane, gli alunni hanno focalizzato l'attenzione sulla comparsa del linguaggio come caratteristica peculiare dell'uomo, rendendolo probabilmente più adatto a dominare altri esseri viventi. HOMO SAPIENS "Alle origini dell'uomo Paraponziponzi ponzi po Sulle sponde più profonde Paraponziponzi ponzi po c'era un popolo di Sapiens che ha scoperto gli strumenti per andare meno lenti lenti là lenti qua. Siamo i Sapiens Siamo i Sapiens I più progrediti Noi camminiamo A questo punto tutte le osservazioni effettuate dovevano essere integrate in un quadro di riferimento più circoscritto ed in nostro soccorso non poteva non introdursi la geografia, la disciplina più intrinsecamente trasversale. ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.45 Noi camminiamo Ancor più spediti Noi siamo quelli che seminando Meno problemi avranno vivendo Noi siamo i sapiens". Gli alunni della 3E Roberta Parisi docente, IC Riano, Roma ________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Sysform – www.sysform.it Pag.46