Il Movimento

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Il Movimento
Foglio di Comunicazione Sociale
Associazione Diksha Nazionale
Anno II - ottobre 2007
COPIA IN OMAGGIO
NEWS
Il Movimento
dell’unità
I Diksha Giver
IN ITALIA
dove sono, cosa PROPONGONO
I corsi in India
di 21 e 10 giorni
testimonianze ed esperienze
Conversazione
con anandagiri
crescete con passione
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oneness Diksha news
Foglio di Comunicazione Sociale
Associazione Diksha Nazionale
Anno II - ottobre 2007
Copia in omaggio
NEWS
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Editoriale
un grazie per il LAVORO fatto insieme
Il Movimento dell’Unità
Fondato da sri amma e bhagavan, è DIFFUSO in tutto il mondo
Chi sono le guide della Oneness intervista a rajesh, responsabile dei corsi per l’italia
In Italia i Diksha Giver sono 365
in ogni regione vengono organizzati incontri SETTIMANALI
Il Risveglio del Divino
il corso preparatorio che si svolge a Povegliano, verona
Il corso di 21 giorni In India
Un processo di crescita per trasformare se stessi
E il viaggio continua...
dieci giorni PER approfondire il PERCORSO
Metteteci la passione! Parola di Anandagiri
apprezZiamo con gratitudine ogni momento dell’esistenza
L’Oneness Temple Verrà inaugurato nella primavera del 2008
San Francesco d’Assisi
incarnazione dell’amore e della semplicità
Risvegliarsi all’Unità
un libro di arjuna ardagh per capire meglio l’oneness diksha
Ricordando Linda
Il ricordo di chi l’ha amata e da lei ha ricevuto amore
Oneness Diksha Conference
il prossimo incontro con Anandagiri in Italia
Direttore Responsabile : Mario Lonardi
A cura di Alessandra Callegari
Progetto grafico, impaginazione e stampa: Grafical srl, Marano di Valpolicella (Verona)
Foto: Vito Magnanini, Alessandra Callegari, Archivio Associazione Diksha Nazionale
Hanno collaborato: Franco Canteri, Mario Lonardi, Wendy Haigh, Anand, Satyam
Per ulteriori informazioni www.diksha.it
Editoriale
Un grazie a tutti per il lavoro
che stiamo facendo insieme
P
iù di trenta anni fa ho scelto di mettermi una bella etichetta di “ricercatore spirituale” e di dedicarmi alla realizzazione del mio Sé superiore.
Dopo alcune esperienze finalizzate a... cambiare il mondo, mi sono reso conto che avrei dovuto partire da me stesso. Ho continuato il cammino insieme
con mia moglie Linda e per oltre trent’anni ci siamo dedicati alla meditazione, allo yoga e al nostro percorso spirituale con grandissima determinazione,
oltre che con tutta la nostra gioia, vitalità ed esuberanza giovanile.  
Pian piano ci siamo accorti che il “risveglio” o “illuminazione” non era nelle
nostre mani. Noi avevamo fatto tutti gli sforzi possibili e ci avevamo messo
tutto l’impegno di cui eravamo capaci, ma ci mancava qualcosa.
Quando siamo andati in India da Bhagavan e Amma alla Oneness University, le guide del nostro corso ci hanno fatto capire che il risveglio è una cosa
che viene data da un potere più grande di noi, che possiamo chiamare Esistenza, Grazia, Divino, Universo o come altro vogliamo. E che noi, da parte
nostra, dovevamo renderci disponibili a riceverlo, aprendo il nostro cuore a
questo aiuto speciale dato attraverso il Oneness Diksha.
A conferma di questo abbiamo visto operare in noi, e in tantissime persone a
noi vicine, straordinarie trasformazioni a vari livelli. Abbiamo dovuto affrontare e accettare le nostre paure, i nostri limiti, le nostre maschere, tutte le parti
della personalità che ci impediscono di essere in relazione vera e profonda
con noi stessi e con gli altri. L’Oneness Diksha ci ha portato a guardarci profondamente dentro, a vederci e accettarci come siamo, premessa indispensabile per aprirci all’amore e alla possibilità di sentirci uno con tutti e con tutto,
che è il messaggio dell’Oneness Movement di Amma e Bhagavan.
Sono felice oggi di presentare questo nuovo numero del Diksha News che
testimonia il percorso che abbiamo già fatto, tutti insieme, in questi primi
tre anni da quando la Oneness University si è aperta agli occidentali e noi
italiani abbiamo cominciato a partecipare ai corsi che vi si svolgono. Come
vedrete all’interno, abbiamo dato ampio spazio proprio alle testimonianze
di chi ha partecipato ai corsi, sia quello di 21 giorni sia quello di approfondimento di 10 giorni, perché è proprio la voce di chi ha vissuto l’esperienza
che meglio di ogni altra è in grado di far capire di cosa stiamo parlando. Così
come abbiamo dato spazio all’esperienza dei Diksha Giver – in Italia sono
ormai 365 – che organizzano incontri in diverse città e contribuiscono con il
loro impegno a diffondere nel nostro Paese il messaggio dell’Unità.
Un grazie a tutti coloro che collaborano alla nostra associazione e a chi ha
contribuito alla realizzazione di questa rivista.
Con amore.
Franco Canteri
Presidente Associazione Diksha Nazionale
DIKSHANEWS
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Il Movimento
dell’Unità
un messaggio d’amore
Fondato da Sri Amma e Bhagavan, si è già diffuso
in tutto il mondo risvegliando la coscienza dell’umanità
O
neness Movement è un Movimento spirituale che ha avuto
origine nel sud dell’India negli anni
Novanta e si è diffuso in tutto il mondo, coinvolgendo già decine di milioni di persone. Tale movimento si rivolge a tutti, a prescindere da qualsiasi
distinzione di razza, nazionalità, credo, e non intende proporre una nuova
religione ma un messaggio di unità e
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amore fra tutti gli esseri umani, con la
possibilità di attuare una profonda trasformazione spirituale, partendo dalla
constatazione che siamo tutti espressione di un’unica coscienza.
Il Movimento è stato fondato da Sri
Amma e Sri Bhagavan, che sono riconosciuti come “avatar” del risveglio di
coscienza. Avatar è un termine della
tradizione indiana che può essere tradotto con “manifestazione” e riferito a un essere umano indica che è un
maestro, una persona particolarmente
ispirata e dotata in un certo campo (e
che, sempre nella tradizione indù che
riconosce la reincarnazione nel percorso  di evoluzione spirituale, è venuta sulla Terra incarnandosi proprio
per manifestare e diffondere quella qualità). Sotto questo punto di vista, si può dire che Francesco d’Assisi
è stato un avatar dell’amore universale, Socrate della conoscenza di sé, ma
anche che Mozart lo è stato della musica, Dante della poesia, Einstein della fisica e così via.
Sri Amma, nata il 15 agosto del 1954
a Sangam, nel distretto di Nellore dell’Andra Pradesh, e Sri Bhagavan, nato il 7 marzo del 1949 a Natham, nel distretto di Arcot del Tamil Nadu, nel Sud dell’India, sono
marito e moglie e hanno un figlio,
Krishna, di 32 anni. La loro opera è
cominciata negli anni Ottanta con la
scuola chiamata Jeevashram (letteralmente significa “dove la vita è vissuta e sperimentata senza sforzo”). Nel
luglio 1989 alcuni giovani studenti
- e per primo proprio Krishna, il figlio di Amma e Bhagavan - cominciarono a sperimentare stati elevati di
coscienza e a sentire una particolare
energia, che si è rivelata trasmissibile
ad altri e che è stata chiamata Oneness Diksha o Oneness Blessing, “benedizione dell’unità”.
A partire da quelle prime particolari esperienze, nel corso dgli anni si
sono trasformate in un vero e proprio processo spirituale che ha portato Amma e Bhagavan a fondare l’Oneness Movement e a formare finora circa duecento giovani, che
sono oggi le guide del Movimento.
Nella sola India hanno già insegnato
a loro volta a milioni di persone, “risvegliandone” alcune migliaia, e continuano a formare ricercatori spirituali provenienti da tutto il mondo, per
metterli in grado di divenire portatori di questa benedizione dell’unità
e contribuire alla crescita della consapevolezza umana a livello plane-
tario. Anandagiri, 32 anni, è il capo
delle guide e ha la responsabilità di
fare da “ambasciatore” dell’Oneness
Movement nel mondo, tenendo incontri e seminari aperti a tutti.
Oggi l’esperienza della scuola di Jeevashram si è trasferita alla Oneness
University o Università dell’Unità,
posta in un’area rurale circa 70 km a
nord di Chennay, ex Madras. L’università comprende diversi campus,
all’interno dei quali vengono ospitati
i corsi sia per indiani sia per occidentali, e in uno di essi ha sede il Tempio dell’Unità. I corsi per occidentali
sono articolati in un livello base della durata di 21 giorni e in uno di approfondimento di 10 giorni, che è ripetibile. Nel corso del processo i partecipanti sono accompagnati in un
lavoro che è in parte psicologico e in
parte spirituale, con lezioni teoriche frontali. Questo comporta una serie
intervallate da meditazioni diverse e di trasformazioni mentali che portadai Diksha delle guide, che facilitano no al superamento del senso di “see accelerano il processo stesso. Al ter- parazione”, senso che è ovviamente
mine del corso di 21 giorni i parteci- funzionale al nostro stare nel monpanti sono iniziati come Diksha Gi- do come esseri umani, visto che ci fa
ver, cioè a poter trasmettere l’One- sentire la differenza tra un Io e un Tu
ness Diksha ad altri, trasferendo così, e ci permette di muoverci nello spacome puri “canali”, questa parogni persona ha una parte
ticolare energia.
divina dentro di sé:
Diksha (o Deeksha) è un termine sanscrito che può essere traanche chi non la sente,
dotto con “grazia”, “benedizionon la percepisce, non ci crede.
ne”, “iniziazione”. Attiva la caed è possibile riaccendere
pacità di essere in contatto con
il contatto con questa parte
il Divino, nel senso più ampio
del termine: l’ineffabile, il tutto, l’infinito, l’esistenza, l’essenza... zio fisico, ma che impedisce a ognuin qualsiasi modo vogliamo chiamar- no di noi di sentirci, come invece sialo. Ma anche con un Dio specifico mo, parte di un Tutto e una fra le sue
della propria religione: con Gesù o tante espressioni.
Buddha o Allah o Krishna... o qual- Ricevendo l’Oneness Diksha è possibile sentire cose diverse, perché
siasi altro Dio della propria fede.
In termini fisici, l’Oneness Diksha la sua energia agisce da “acceleratopuò anche essere tradotto “trasferi- re” o “amplificatore” del processo in
mento di energia”, dato che in sede cui ognuno si trova in quel momensperimentale si è rivelato un mez- to e di quello che è in grado di ricezo per attivare un processo neurobio- vere. Si può provare uno stato di unilogico nel cervello. Ponendo le mani tà con altre persone, di pace e amore
sulla testa di chi lo riceve, per cir- apparentemente immotivati, di gioia
ca un minuto, si è potuto dimostra- e gratitudine verso l’esistenza. Qualre che viene ridotta l’attività dei lobi cuno è indotto a provare esperienze
parietali e aumentata quella dei lobi più profonde, qualcuno ha degli “in-
DIKSHANEWS
sight”, qualcuno sente di poter migliorare o guarire i propri rapporti
interpersonali. Qualcuno non sente
nulla… e va bene così: è semplicemente dove è, nel qui e ora.
Si può ricevere l’Oneness Diksha più
e più volte - in genere ogni settimana
- per rafforzare e consolidare il proprio processo, psicologico e spirituale, diventando più sensibili a questa energia e percependola di più. A prescindere da quanto uno abbia già lavorato su di sé
a livello psicologico e spirituale, l’Oneness Diksha “lavora” in
ogni essere umano secondo il suo
percorso e a seconda della sua
“apertura”.
Tutti hanno una parte divina dentro di
sé: anche chi non la sente, non la percepisce, non ci crede. La cosa interessante
è proprio la possibilità di “riaccendere”
il contatto con questa parte, attivando
la percezione di un qualcosa che spesso è del tutto inspiegabile, indescrivibile, indicibile. La mente razionale ha difficoltà ad accettare questa parte e ha bisogno di definirla, di darle dei contorni, di concettualizzarla. Va bene, purché vediamo con onestà che è solo un
modo possibile di vedere le cose e che
ce ne sono altri, non necessariamente in
contraddizione con la razionalità.
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Una guida
per amico
Intervista a Rajesh ji, responsabile
dei corsi della Oneness University
per l’Italia
L
e guide (note un tempo come “dasa”,
anche se oggi preferiscono chiamarsi
“friends”, amici) che accompagnano il processo dei 21 giorni, così come quelli successivi di approfondimento, sono state formate
da Amma e Bhagavan per trasmettere i
loro insegnamenti. Hanno mediamente
una trentina d’anni e può sembrare incredibile che uomini e donne così giovani possano svolgere un compito tanto delicato e
impegnativo. Ma appena li si incontra, arrivando alla Oneness University, ci si rende
conto della loro amorevolezza e apertura,
della loro capacità di capire gli altri, della
loro centratura.
Ne abbiamo parlato con Rajesh, 32 anni,
che è anche il coordinatore dei corsi per gli
italiani e gli spagnoli.
Chi sono le guide della Oneness
University?
Le guide sono giovani indiani che
hanno studiato con Amma e Bhagavan e sono state formate da loro.
In alcuni casi sono stati allievi della
scuola di Jeevashram e conoscono
Amma e Bhagavan fin da ragazzini.
Anandagiri, per esempio, che oggi ha
32 anni, è stato compagno del loro
figlio Krishna, così come Samadarshini e Vimalkirti. Oggi sono i tre
principali collaboratori di Amma e
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Bhagavan, responsabili rispettivamente della diffusione dell’Oneness
Movement nel mondo, della Oneness University e della attività dei
Friends in India. In altri casi si tratta
di giovani che sono arrivati alla Oneness un po’ dopo: alcuni lavorano
con Amma e Bhagavan da una decina d’anni, altri anche meno.
Tu come sei arrivato alla Oneness University?
Io sono di Chennai, ho conosciuto
Amma e Bhagavan una decina d’anni fa. All’epoca lavoravo in banca,
mi ero laureato in economia. Posso
dire di essere stato “chiamato”: dopo
averli incontrati ho sentito qual era
la mia strada, che volevo rimanere
con loro e lavorare per la Oneness. E
così è stato. In realtà vale un po’ per
tutti noi, anche se abbiamo storie e
percorsi diversi. Per esempio Krishnaraj è un musicista e ha pubblicato parecchi cd, Murali è medico ed
è vissuto per alcuni anni in Russia,
Srinivas ha studiato ingegneria…
loro insegnamenti, meditando e soprattutto ricevendo il Diksha, che ha
operato in noi una profonda trasformazione a livello di coscienza. Abbiamo tutti fatto una scelta di vita,
decidendo di dedicarci al servizio
nella Oneness. Questo vuol dire che
ci mettiamo a disposizione, non solo
per insegnare nei corsi, sia per indiani sia per occidentali, ma anche per
lavorare nel progetto Friends, cioè
nei circa 150 villaggi indiani in cui
operiamo a contatto con la gente, in
quelli che possiamo chiamare i nostri
“centri sociali”. Ciascuno si dedica a
un compito particolare, anche se cerchiamo di “ruotare” fra noi in modo
da fare tutti le più diverse esperienze,
sempre confrontandoci e aiutandoci.
E tutto si trasforma ed evolve molto
velocemente, compresi i nostri corsi.
In che senso?
Nel senso che di anno in anno anche
Che tipo di formazione avete? noi impariamo di più e via via che
conosciamo meglio i partecipanti
Come si diventa guide?
Sostanzialmente abbiamo studiato
con Amma e Bhagavan ascoltando i
e il loro modo di pensare siamo in
grado di proporre meglio gli insegna-
menti. Prima di avviare i corsi per gli
occidentali abbiamo dovuto formarci rispetto alla loro mentalità, che è
molto diversa da quella degli indiani: e infatti i corsi sono impostati in
modo diverso. Non solo: abbiamo
dovuto anche studiare il background
culturale, la mentalità e il linguaggio
degli italiani piuttosto che degli americani, dei russi piuttosto che dei tedeschi. Siamo formati a poter parlare
con gli uni e con gli altri. Poi, anche
se naturalmente, ognuno di noi ha
il suo modo di insegnare e di impostare le lezioni e gli argomenti, ci
alterniamo in modo da poter essere
intercambiabili.
Ogni giorno, anche dopo le lezioni,
discutiamo, pianifichiamo, sempre
per migliorare il processo. A volte
ne discutiamo anche con Amma e
Bhagavan: le decisioni importanti
vengono prese solo dopo averne dialogato con loro. Ci spingono a essere
molto critici su noi stessi e il nostro
lavoro. Come ha raccontanto Anandagiri recentemente, non diamo mai
nulla per scontato: tra di noi discutiamo molto e le cose si fanno solo
se siamo convinti tutti.
Alcuni di voi si dedicano a certi
gruppi di partecipanti?
Sì, ci sono tra noi vari responsabili.
Attualmente per esempio io seguo
italiani e spagnoli, Rajeev i francesi,
Lataji olandesi e belgi, Krishnaraj
tedeschi e americani, Srinivas giapponesi e coreani e così via. Questo
perché, appunto, ogni gruppo ha
necessità diverse e va accompagnato
nel corso del processo, rispettandole
e tenendone conto. Ma non c’è nulla
di fisso, di stabilito per sempre.
Si può rimanere in contatto con
le guide anche dall’Italia?
Certo. Le persone che vengono alla
Oneness University possono avere
dalle guide tutto il supporto di cui
hanno bisogno. Dato che il processo
continua, è possibile rivolgersi a loro
per email, per condividere quello che
sta succedendo, avere consigli, imparare sempre di più.
DIKSHANEWS
Come si svolge la vostra vita?
Si tratta di una scelta definitiva,
come quella dei monaci di tradizione cristiana o buddista?
La nostra non è una chiesa e anche
se si tratta di una scelta di vita, che
richiede un impegno preciso visto che
ci dedichiamo totalmente a questa
missione, siamo anche liberi, in qualsiasi momento lo vogliamo, di lasciarla e di tornare nel mondo, in famiglia.
In ogni caso, quando abbiamo deciso
di seguire Amma e Bhagavan lo abbiamo fatto sempre in accordo con le
nostre famiglie. E tutti noi che viviamo alla Oneness University ci sentiamo sempre parte del mondo. I nostri
genitori vengono a trovarci, sanno
perfettamente come viviamo e cosa
facciamo. Possiamo paragonare la nostra vita a quella monacale nel senso
che non siamo sposati, che viviamo
tutti in comunità in uno dei campus,
uomini e donne separati, e abbiamo
delle regole e degli orari: una sorta di
“ora et labora” fatto di studio, insegnamento, meditazione, preghiera.
Ma ci sentiamo molto liberi e stiamo
molto bene.
Alcuni di voi vengono chiamati
“esseri risvegliati” e durante
i corsi i partecipanti meditano
con loro. Chi sono?
Gli esseri risvegliati – che un tempo
erano chiamati cosmic beings o “esseri
cosmici”, terminologia che abbiamo
deciso di cambiare perché dava adito a equivoci – sono semplicemente
alcuni di noi guide
si trovano
diche
Nitya
Allieviin
uno stato di coscienza particolare,
molto elevato. Quasi uno stato di
perenne meditazione, che viene raggiunto in condizioni particolari grazie al Diksha, e che può durare anche
mesi. In questo stato si è meno funzionali nella vita quotidiana: questo spiega perché sembrano essere
rallentati in tutto quello che fanno,
camminano lentamente, a volte debbono essere proprio aiutati. Meditare
insieme a loro è un’esperienza molto
potente.
Sarebbe possibile per un occidentale, se lo desiderasse, diventare una guida e insegnare
nella Oneness University?
In realtà noi pensiamo che la gente
debba vivere nel proprio paese e aiutare la propria gente. Questa è la responsabilità che ognuno può utilmente assumersi. Anche creando, se lo volesse, delle comunità, fisiche o ideali,
nel luogo in cui vive. Noi desideriamo
che in tutto il mondo chi ha parteciato ai nostri corsi ed è stato iniziato
come Diksha Giver possa diffondere
il messaggio di unità di Amma e Bhagavan, che è un messaggio universale,
in modo che un numero sempre maggiore di persone lo possa conoscere e
possa trarne buoni frutti.
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Sono 365
i Diksha Giver
in italia
In ogni regione vengono organizzati incontri settimanali
durante i quali viene dato il Oneness Diksha ai partecipanti
I
l Diksha può essere ricevuto solo
dai Diksha Giver, che sono stati specificamente iniziati a trasmettere questa energia divina durante il processo
di 21 giorni che si svolge alla Oneness
University in India. I Diksha Giver in
Italia sono ormai 365, sparsi un po’
in tutta Italia, e molti di essi organizzano serate settimanali e incontri nei
weekend durante i quali viene dato
il Diksha. L’elenco completo dei
Diksha Giver e delle serate si trova
sul sito www.Diksha.it
Ogni volta che si riceve un Diksha
può iniziare un particolare processo
che è indipendente da chi lo dà: quello che sente o pensa il Diksha Giver
non passa a chi lo riceve perché il
Diksha è indipendente dalla personalità del Diksha Giver e non è dato
da lui ma dal Divino. Ogni Diksha
che si riceve innesca un processo e
quando in una sessione se ne ricevono da persone diverse l’esperienza è
molteplice perché ogni Diksha contribuirà al processo.
Se in chi riceve emerge qualcosa di negativo, per esempio qualche problema
insoluto, è perché il processo di trasformazione si sta attivando. Ma non bisogna aspettarsi che emergano solo
gioia e felicità, perché il Diksha serve
per fare crescere le persone e non per
dare loro solo benessere. Può lavorare in modi diversi: a qualcuno può
dare esperienze mistiche, per qualcun altro agisce sul piano fisico, per
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altri può lavorare sulla percezione
della vita, per altri è energia, per altri
ancora amore.
Ogni persona è in uno stadio diverso
della propria vita e il Diksha – che è
un acceleratore di processi - non può
che operare su quello che sta accadendo nel qui e ora. Per chi ricerca
da tanto tempo può aprire tutte le
porte; per persone che hanno sofferto tutta la vita può aiutare a uscire
dal dolore; per coloro che cercano di
migliorare il proprio lavoro può rivelarsi un ottimo strumento di crescita
professionale, mentre le persone che
vogliono dedicarsi ad aiutare gli altri
vedranno il Diksha come un meraviglioso fenomeno venuto per aiutare
l’umanità.
Ma per quelli che in questo momento della loro esistenza non sono interessati alla propria evoluzione, che
non sono preparati a trasformarsi e a
trasformare la propria vita, il Diksha
non potrà essere un aiuto efficace e
potranno semmai tornare a riceverlo quando la vita li avrà preparati a
questo. Perché se è vero che la Grazia aiuta, bisogna anche che l’essere
umano sia disposto a riceverla.
S’impara a vibrare con il prossimo
e a sentire una forte appartenenza
Ho avuto la fortuna di essere fra gli italiani
che per primi sono stati a fare il corso di
21 giorni in India nel gennaio del 2005, e
poi ho partecipato a due deepening, nel
settembre del 2006 e nel marzo del 2007.
Sono state tutte esperienze meravigliose,
in cui ho sentito che mi è stato passato
un vero patrimonio di stimoli, di ricchezze,
di comprensioni, di realizzazioni, ma a un
livello sempre più sottile, come qualcosa
che si stabilizza dentro e mette radici. Ricordo in particolare l’incontro con Samadarshini, di una bellezza assoluta. La sua
compassione, la sua capacità di trasmettere amore dando il Diksha anche solo
con lo sguardo, è straordinaria e fa capire
quanto un essere umano possa evolvere,
possa davvero raggiungere la realizzazione del Divino e dell’Unità e testimoniarlo
con la sua presenza.
Ho potuto constatare da allora che il
processo si approfondisce, che il Diksha
continua a lavorare dentro di me, con effetti nella mia vita quotidiana e nelle mie
relazioni con la gente. Ecco perché organizzare incontri in cui viene dato il Diksha
è molto importante, non solo per chi lo
riceve ma per chi lo dà, perché ne viene
continuamente arricchito e nutrito.
A Milano siamo ormai in parecchi ed è belloorganizzare serate Doksha in più persone perché così c’è anche uno scambio fra
noi. Come responsabile della Lombardia
organizzo anche incontri fra Diksha Giver
di tutta la regione. Finora abbiamo organizzato due weekend, a Varese e a Pavia, e
contiamo di organizzarne altri per ampliare
la condivisione di esperienze e di vissuti.
Quanto alle serate, di solito facciamo una
piccola introduzione offrendo qualche
motivo di riflessione, poi proponiamo una
meditazione per raggiungere uno stato di
silenzio interiore (di solito guidata, spesso usando il contatto con il respiro) e poi
diamo il Diksha. L’importante è creare una
situazione di cuore, intima, quindi cerchiamo di non dare grande spazio alle spiegazioni intellettuali, anche con chi ne vorrebbe di più, perché il rischio sarebbe poi di
andare troppo nella mente. Semmai, a chi
le richiede, le spiegazioni possono essere date a parte. Quello che sento grazie
alla esperienza come Diksha Giver è una
forte appartenenza: sento di vibrare con
il prossimo, anche nei momenti in cui la
relazione è più difficile.
Massimo Ciocca, Milano
DIKSHANEWS
Ogni serata è diversa, ogni volta è
una grande avventura
Ho conosciuto il Diksha nell’estate 2005 e
da allora la mia vita è decisamente, inevitabilmente, straordinariamente cambiata!
All’inizio sono entrata in contatto con blocchi e sensazioni energetiche a livello fisico:
le mascelle, la bocca, il collo erano come
anestetizzati; la testa pulsava, il mio corpo
sembrava radicato a terra. Poi ho avvertito
cambiamenti inaspettati a livello emotivo:
oggi mi capita di sentire una gioia molto
profonda senza un motivo oggettivo, una
gioia talmente reale e immensa che non
avrei mai pensato di poterla provare.
Sono entrata anche in contatto con un
dolore e un pianto molto profondi, sempre
senza apparente motivo. In generale sono
più aperta al mio sentire e nel quotidiano
permangono una calma e un silenzio di
fondo. Sono inoltre emersi un grande senso di gratitudine nei confronti del Divino e
la riscoperta della sua eterna Presenza e
del suo amore immenso.
Dall’agosto 2006 ho iniziato a diffondere
questo enorme dono con altri amici. Faccio parte dell’Associazione Diksha Pisa: ci
definiamo “itineranti” perché organizziamo serate Oneness Diksha in diverse città
toscane (Livorno, Pisa, Cecina, Grosseto,
Massa Carrara, Lucca). Ogni sera è diversa, ogni volta una grande avventura, un
messaggio, una speranza, mille scoperte
ed emozioni!
Sandra Spataro, Pisa
Abbiamo avviato un laboratorio
“Percorsi terapeutici e Diksha”
Opero come consulente individuale e familiare in uno studio privato e presso un
consultorio e conduco gruppi di costellazioni familiari. Ho conosciuto l’Oneness
Diksha nel gennaio 2007 e ho trovato i
sui effetti così notevoli da indurmi a partecipare al processo dei 21 giorni che si è
svolto in agosto. Nel contempo, insieme a
Giuliana Nicotra abbiamo attivato a Bologna, dal maggio 2007, il laboratorio “Percorsi terapeutici e Diksha”, ritenendo che
avrebbe potuto rivelarsi un aiuto per chi
svolge un percorso di questo tipo. Il laboratorio è stato frequentato in tutto da circa 30 persone, la maggior parte dei quali
miei clienti.
Molti erano scettici, sono venuti più per
fiducia in me che per convinzione personale e abbiamo chiesto che seguissero
almeno quattro o cinque incontri e poi ne
valutassero gli effetti. Per alcuni, dopo i
primi incontri si è attivato qualcosa di difficile o doloroso. Li abbiamo incoraggiati a
stare con ciò che c’era e a utilizzare l’aiuto
della terapia.
A fine luglio, quando abbiamo sospeso
il laboratorio per la pausa estiva, quasi
tutti i partecipanti che avevano ripetuto
l’esperienza almeno un po’ di volte erano
felici, alcuni felicissimi, dei risultati emersi
in diversi ambiti della propria vita. Molti
hanno avuto la sensazione di una notevole
accelerazione del percorso terapeutico e
in due casi è arrivato a compimento.
Molti hanno apprezzato l’aspetto della
condivisione e del crescere insieme che
è emerso e ora che possono ricevere il
Diksha durante le sedute (visto che posso
darlo anch’io) molti scelgono comunque
di riceverlo nelle serate di gruppo.
Per me è stata una scoperta meravigliosa vedere come il Diksha interagiva con il
percorso terapeutico dei miei clienti, che
in alcuni casi vedo da anni. Funziona come
un grande acceleratore e i movimenti dell’Anima, come si dice in ambito costellativo, diventano più facili. La paura come
per magia si attenua, e a volte scompare.
Il coraggio e l’amore aumentano. Qualcosa che sembrava non potesse sbloccarsi
improvvisamente si muove, qualcosa che
non poteva emergere arriva. E’ stato affascinante anche vedere come incontro
terapeutico e serata Diksha interagiscono: come in un gioco di squadra, ognuno
passa la palla all’altro, ognuno la prende a
volo, e ben presto è goal!
Un grandissimo grazie a tutti coloro che
hanno operato e operano affinché quest’energia divina possa raggiungere il genere umano su vasta scala.
Gilda D’Elia, Bologna
Le persone arrivano quando
è il momento giusto per loro
Tengo serate Diksha da due anni, avendo
fatto il processo di 21 giorni nell’agosto
2005. All’epoca mi aspettavo la salvezza, e anche qualcosa che mi aiutasse
a superare il dolore. Avevo un sacco di
aspettative sulla “illuminazione”, anche se
ovviamente non sapevo bene cosa fosse.
Poi ci sono stati i due deepening, l’ultimo
dei quali nel marzo di quest’anno, e molte
cose sono cambiate. Già dopo il primo, e
ancora più dopo il secondo, è come se la
mente si fosse quietata e se io avessi capito che non dovevo “fare” e soprattutto
non dovevo aspettarmi da fuori le soluzioni. Ho capito che il risveglio era già dentro,
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che non mi mancava niente, che dovevo
rilassarmi in questo. E poi ho capito che se
accogli il dolore poi arriva anche la gioia,
perché le cose cambiano a un livello molto più profondo, energetico. Ora vedo che
tutto procede più velocemente, come se
nel corso del processo le cose si accelerassero, per me e per gli altri.
Per le serate, che adesso qui a Roma organizziamo ogni due settimane, la gente
arriva anche senza fare pubblicità. Ovviamente è servito il libro che abbiamo pubblicato con Osvaldo Sponzilli: le persone
magari lo leggono, ci pensano un po’ e poi
chiamano quando è il momento giusto.
Organizzo delle serate a tema, con un breve filmato estrapolato da un video della
Oneness University in cui si trattano le
relazioni, la salute, il rapporto con il Divino
ecc, in modo da offrire uno spazio di riflessione e condivisione. E dopo una breve
meditazione con il respiro diamo il Diksha.
Ci sono molte persone che rimangono,
che vengono ormai regolarmente da un
anno e continuano, avendo capito che
il processo va avanti. Anche perché non
tutti possono o desiderano andare in India a fare il processo di 21 giorni, ma tutti
possono lavorare su di sé con l’aiuto del
Diksha ed evolvere.
Enza Carifi, Roma
Una speciale giornata Diksha
nel giardino di casa mia
Già prima di partire per l’India pensavo
che mi sarebbe piaciuto, al mio ritorno,
trovare un modo per presentare il Diksha.
Mi sembrava carino organizzare una festa
che potesse essere attirare l’attenzione
del maggior numero possibile di persone.
In realtà non avevo la più pallida idea di
come sarei stato dopo l’India… Appena
tornato, visto che per il lavoro che faccio
conosco tanta gente, c’era tanta curiosità
e interesse per la mia esperienza. Così,
domenica 23 settembre ho invitato a casa
mia una sessantina di persone, compreso
il sindaco del mio paese con la moglie. Il
giardino non è grandissimo, sistemarlo
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non è stato difficile: ho messo una ventina
di grosse candele, ho posizionato sedie e
tavoli con vassoi di stuzzichini salati e dolci e la ciliegina sulla torta è stato il tè: una
mia amica ne ha preparati diversi tipi con
un bellissimo samovar. Non mancava la
musica, stupenda e ben studiata. C’erano
quattordici Diksha Giver e la festa è perfettamernte riuscita.
Ho cercato di fare una piccola introduzione aiutato dal “mitico” Franco Canteri e
poi… Diksha a volontà. È stato un grande
successo in ogni senso, la gente era molto
felice, io al settimo cielo visto che avevo
raggiunto il mio obiettivo. È vero, il Divino
si manifesta sempre di più nella mia vita e
ne sono molto felice.
Massimo Sanguanini, Mantova
Si dissolve la linea che separa
chi dà il Diksha e chi lo riceve
La caratteristica principale dell’esperienza
delle serate e giornate Diksha che ormai
si susseguono, con piccole pause, da un
paio d’anni nel Centro di Treviso, che ha
cambiato il nome in “Oneness Meditation
Center”, forse è proprio un progressivo
dissolversi della linea che divide coloro
che danno il Diksha da coloro che lo ricevono soltanto. C’è sempre maggiore interesse per l’esperienza della trasmissione
in sé e per la meditazione che la precede
(che cambia in continuazione, anche grazie alla grande fonte d’ispirazione che è
Osho, con le miriadi di piccole tecniche
che ci ha lasciato in eredità), che si rivela utile per staccare dalla mente e dalla
frenesia delle attività quotidiane. Sempre
meno sono invece le parole, le spiegazioni
o i commenti. Nella parte iniziale delle serate, che pure rimane come possibilità di
condividere o di fare domande, più che la
mera curiosità emerge sempre più il piacere di raccontare agli altri cosa succede
poi nella vita di tutti i giorni. Da qui risulta
chiaro come la differenza è, caso mai, tra
chi si avvicina solo occasionalmente e chi,
con costanza e fiducia, non si stanca di
aprirsi all’energia del Divino.
Col tempo quindi si è creato un gruppo di
“affezionati”, molti dei quali sono passati
dalla parte di chi ora dà il Diksha; anche
se arrivano in continuazione nuovi amici
che vogliono provare questa che per loro
è una novità.
Satyam, Treviso
I partecipanti, anche i più scettici,
si scoprono ritrovati
L’atto del Diksha ha in sé il segreto della
vera condivisione: si dà per riceverlo. Ed è
il precursore della vera esperienza d’amore, quando amare è essere amati.
Il Diksha Giver è allo stesso momento
un receiver, la vibrazione dell’energia trasformatrice che discende non passa dal
Diksha Giver a chi lo riceve, bensì unisce
entrambi in un abbraccio di pace solida e
di gioia. In quell’abbraccio, al sopraggiungere della Presenza, le tenebre si dissolvono sorprendendoci nell’unione con tutto
ciò che ci circonda. Bhagavan lo spiega
bene: “Nel Diksha influiscono tre aspetti; il
sankalpa del Diksha Giver, la risonanza col
receiver e infine l’intervento della Grazia”.
Il sankalpa del Diksha Giver, ovvero la sua
aspirazione, porta al ricevere, la risonanza
con il receiver consente il dare, e a questo
la Grazia risponde con l’appagamento. E
ogni volta l’esperienza si ripete, lasciando i
partecipanti meravigliati. Anche i più scettici, quelli che giocano a nascondino con
Dio, si scoprono improvvisamente ritrovati. Ai prossimi giocatori: avete gia stabilito
chi fa la conta? Noo? Allora nascondetevi,
lasciate che sia il Divino a cercarvi!
Edda e Riccardo, Cagliari
Dobbiamo liberare il cammino per
ritornare a casa
L’Oneness Diksha altro non è che sperimentare la vita in tutti i suoi aspetti, quelli
di grande luce ma anche quelli ombrosi o
noiosi, senza paura perché accompagnati
per mano dalla nostra Presenza divina. E
così sono anche le serate Diksha, caratterizzate dalla grande soddisfazione dei partecipanti di aver potuto vivere pienamente
il proprio bisogno del momento. Purtroppo nella nostra società siamo talmente
carenti di esperienze amorevoli, gioiose
e luminose, da ritenere che una cosa sia
efficace solo quando ci mette in contatto con le parti migliori del nostro essere,
mentre se ci mostra altre parti più oscure
o dolorose siamo pronti a dire che quella
stessa cosa non va bene.
Questo succede anche nelle serate
Diksha: spesso i partecipanti hanno delle esperienze iniziali molto belle, di unità
e di profondo contatto con se stessi, ma
quando il Diksha li porta in contatto anche con altri aspetti della loro personalità si allontanano pensando che non sia
più efficace. Perché hanno rivissuto, per
esempio, “quella rabbia” di anni prima che
sembrava non esserci più (salvo il fatto di
avere sempre la gastrite o l’ulcera…)
In realtà sia in un caso sia nell’altro il
Diksha: sta aiutando a “sgombrare il cammino per tornare a casa”, a liberare la
strada da tutte le emozioni ed esperienze
passate che impediscono il contatto con
la nostra Essenza, mostrando - in maniera
graduale e unica per ognuno – tutte quelle esperienze ed emozioni che prima non
vedevamo. Il Diksha aiuta a fare spazio, a
liberarci da quanto tenevamo inconsapevolmente dentro di noi, per poter camminare liberi e leggeri lungo il percorso di
crescita e risveglio. Le serate Diksha per
me sono magnifiche perché mentre do il
Diksha sperimento uno stato benedetto di
unità, nel quale finalmente tutti i giudizi e
le separazioni della mente non hanno più
presa su di me e mi sento uno, fusa in un
abbraccio di amore con le persone che vi
partecipano. Io sono loro e loro sono me:
e questo stato è estremamente appagante e di grande pace. Nella vita quotidiana
non sono sempre in questo stato meraviglioso… ma posso affermare che il Diksha
mi ha aiutato ad allontanarmi ogni giorno
di più dalla sofferenza causata dai giudizi
e dallo stato di separazione causato dalla
mia mente.
Simona Simonetta, Verbania
DIKSHANEWS
Tutti i giorni dico “Grazie!”, anche come funziona il Diksha e dove stanno
andando. Lavorando sui chakra l’aiuto del
senza uno scopo preciso
Per me le serate Diksha sono una festa e
una gioia fin dalla preparazione. Gioia che
mi viene dalla profondissima gratitudine
che sento, e che è una porta verso l’amore: tutti i giorni mi alzo e dico “grazie”,
vado a letto e dico “grazie”. Così, senza
uno scopo preciso. Ringrazio anche durante gli incontri. Fin dal primo momento della serata mi sento guidato, assistito, dalla
Presenza. E la gente lo sente. Così come
sento che una parte integrante anche del
mio processo prosegue durante le riunioni, in conseguenza del fatto che quando
do il Diksha io ricevo. E quando in certe
riunioni ci sono persone in difficoltà, che
hanno dubbi o paure, che hanno problemi
personali e non riescono a concentrarsi,
a stare sedute in silenzio a occhi chiusi,
sento che sono “pulito” nel non giudicare
o avere proiezioni su cosa serve per loro, e
se un pensiero si affaccia se ne va subito:
l’azione del Diksha va ben al di là di me e
di quello posso pensare in quel momento.
Partecipo a serate anche lontano da casa
e vado regolarmente in Piemonte, a Torino, città per la quale ho grande affezione
perché è legata al mio percorso spirituale,
oppure mi capita di partecipare a serate
anche in giro per l’Italia o all’estero: dare
il Diska insieme ad altri Diksha Giver è
un elemento di grande forza. Quando
è possibile è importante che le serate e
gli incontri in generale siano a più voci. E
poi è bello anche avere una presenza sia
maschile sia femminile, perché, che lo si
voglia o no, la gente ha comunque un livello di risonanza diverso rispetto a una
persona o un’altra, e alle volte può sentirsi
meglio con un uomo o una donna.
Organizziamo sia serate che giornate; le
prime si svolgono con piccole meditazioni, non sempre a tema. Ma ultimamente
abbiamo deciso di proporre ai partecipanti una sorta di percorso sui chakra, come
già si fa a Verona, perché abbiamo capito
che può essere utile soprattutto per coloro che altrimenti hanno difficoltà a capire
Divino in qualche modo si concretizza, e
rispetto alla pura concettualizzazione la
percezione fisica che le persone hanno
meditando e respirando nei chakra rende
tutto più reale. Le giornate invece sono
sempre a tema, legate per esempio alle relazioni, alla gratitudine, alla fiducia, al perdono. E servono molto perché le persone
si possono permettere di condividere ciò
che sentono con altri e di sentirsi accolti.
Bhagavan ha sottolineato che siamo noi a
dover lavorare su noi stessi, e se è vero
che il Diskha ci aiuta, servono sempre la
nostra collaborazione e il nostro intento.
Trovo anche importante la decisione di
Bhagavan e Amma di non comparire più:
io infatti nelle serate non espongo più la
loro immagine e uso solo il simbolo dell’OM, che è più generico. Questo non
toglie nulla alla profonda gratitudine che
sento per loro e per tutto quello che stanno facendo per noi. Avendoli incontrati, oltretutto, la loro presenza ha significato per
me sustanziare una relazione con il Divino,
perché sono riuscito a superare la difficoltà intellettuale di non poter immaginare
che una persona viva possa essere Dio.
Paolo Clauser. Torino
Il senso di compassione potenzia
l’efficacia del Diksha
La mia esperienza durante i seminari è di
grande silenzio interiore, con la voglia di
rimanere in quello spazio. Il modo di esprimersi della Presenza varia da persona a
persona e ci sono volte in cui il legame
emotivo che mi lega a chi riceve è così
forte che sento come una trasformazione
immediata fluire attraverso il Diksha. Non
occorre conoscere la persona da decenni, basta avere anche solo per un istante
la visione della sua condizione, della sua
sofferenza e sorge immediatamente un
senso di compassione che potenzia tantissimo l’efficacia del Diksha. in quel caso
l’esperienza è bellissima per entrambi.
Rudy, Napoli
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Il Risveglio
del Divino
Il corso preparatorio che si svolge al Campus di Povegliano
P
er partecipare al processo dei 21
giorni che si svolge alla Oneness
University è necessario aver frequentato in Italia, almeno una volta, il corso
preparatorio “Il Risveglio del Divino”,
che si svolge al Campus di Povegliano, vicino a Verona, e si sviluppa in
un weekend, dal venerdi sera alla domenica pomeriggio (le date sono sul
sito www.diksha.it). Sono due intense
giornate nelle quali si cominciano ad
affrontare alcuni dei temi che poi verranno ampiamente trattati in India:
un’introduzione importante rispetto al
modo in cui i partecipanti seguiranno e
percepiranno poi il processo Oneness.
L’obiettivo è di aiutare le persone a
godere e sperimentare la vita, e si basa
sull’assunto che tutti noi in fondo
vogliamo essere felici e quello che
facciamo è volto a questo fine: intrecciamo relazioni, inseguiamo il successo, cerchiamo di farci un nome o di
diventare famosi, desideriamo molte
cose... Ma se guardiamo alla nostra
quotidianità, siamo veramente felici
e soddisfatti della vita che conduciamo? Secondo Amma e Bhagavan
la spiritualità si misura sulla base
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della nostra gioia. È molta diffusa
l’idea che spiritualità sia sinonimo di
religiosità, o che per essere spirituali
sia necessario aderire a certi dogmi o
credenze, vivere secondo determinati
insegnamenti o concetti, sperimentare
in modo permanente stati elevati di
coscienza.
Nella concezione della spiritualità
alla quale ci ispiriamo c’è invece la
comprensione basilare che solo una
persona felice può trasmettere felicità
ad altri. Non possiamo dire: “Sono
triste, ma sono gentile con gli altri,
li aiuto e li rallegro...” perché se siamo infelici siamo certamente anche
irritabili e scostanti e intorno a noi
irradiamo infelicità.
Ma il viaggio verso questa comprensione richiede un cambiamento radicale nella nostra coscienza, non
solo a livello mentale o psicologico. Perché l’uomo è essenzialmente
coscienza. Coscienza è la totalità
della nostra esperienza, la totalità
di quello che siamo. Il modo in cui
facciamo esperienza delle cose, le
nostre attitudini, comportamenti,
tutto dipende dalla nostra coscien-
za, dalla profondità della nostra
consapevolezza, e quindi affinché il
cambiamento sia reale è necessario
che avvenga a questo livello. Così,
siccome il nostro livello di coscienza dipende dal cervello, se vogliamo
modificare tale livello è necessario
che anche il cervello subisca una
trasformazione. In questo corso preparatorio inizia il processo che arriverà a produrre una trasformazione
neurobiologica del cervello, grazie
alla quale un cambiamento a livello della nostra coscienza permetterà
una diversa esperienza della vita. E
questa trasformazione avviene tramite l’Oneness Diksha.
C’è un principio che funge da riferimento durante tutto il processo e la
cui comprensione è fondamentale:
il mondo esterno è un riflesso del
mondo interno. Il corollario che ne
deriva è che per prenderci cura della
nostra condizione di vita nel mondo esterno dobbiamo cominciare a
prenderci cura innanzitutto del nostro mondo interiore. Ed è il messaggio che viene appunto trasmesso
a Povegliano Veronese.
Durante il corso ho scoperto
di voler bene a tutti
Durante il corso a Povegliano ho sperimentato una bellissima esperienza di
apertura nel mio cuore: mi sembrava
enorme e ho sentito che vi trovavano posto anche coloro con i quali avevo avuto
delle discussioni o degli screzi, oppure
quelli che sono gelosi di me. C’erano tutti, in una unità e in un amore totalmente
disinteressato. E io volevo bene a tutti! Mi
auguro che mi capiti sempre più spesso.
Sisko Naerhi
Un’esperienza super in cui regina è
stata anche la musica
Sono molto contenta di aver partecipato
al corso, soprattutto per le tematiche importanti che sono state trattate, la tecnica
di respirazione che ci è stata insegnata, il
lavoro sulle ferite interiori e i rapporti con
i genitori. Tutto gestito splendidamente
dai quattro tutor con l’assistenza dei meravigliosi Diksha Giver.
Un’esperienza super, in cui la regina è
stata la musica, con il Moolamantra 1 e
soprattutto il Moolamantra 2, i vari remix
e tutto quello che ci è stato proposto. Le
informazioni sul corso di 21 giorni in India sono state esaustive, anche se forse
se ne potrebbero dare di piú sul cammino
spirituale che si innesca in questo corso
e sui possibili effetti che un profondo stato di meditazione puó indurre, in modo
che ognuno sia più consapevole di ciò cui
può andare incontro.
Michela Fantinel
Ho provato il dolore di mio figlio
nel non sentirsi capito da me
Dopo che una mia carissima amica, Cristina, mi ha invitata a una stupenda serata Diksha, sono stata incuriosita dal corso a Povegliano e oggi benedico quella
mia curiosità.
Arrivo da parecchi anni di lavoro su di me,
personale e spirituale: corsi su corsi per
cercare di buttar giù come un ariete quel
composto di dolore, rabbia, aggressività
e amore… Ma con quali risultati?
A Povegliano ho attarversato anche esperienze molto forti. Abbiamo per esempio
lavorato sulle ferite, e ho contattato la relazione con i miei due figli di 22 e 30 anni:
con il più giovane ho un dialogo aperto,
con l’altro c’è più chiusura, e anche se
cerco di parlargli con calma e gentilezza
provo rancore e rabbia per alcune scelte
che sta prendendo. Ma sento che questo
DIKSHANEWS
mio comportamento crea un distacco
nella nostra relazione. Quando ho contattato un grande dolore, la cosa peggiore
è stata sentire che non era il mio ma il
suo, quello di mio figlio che non si sentiva
amato e compreso da me.
Ho provato una vera disperazione, ho
sentito quanto amavo mio figlio e ringrazio Dio perché attraverso questa consapevolezza posso avere la possibilità di
non comportarmi più così e di cambiare
atteggiamento nei suoi confronti.
Con un altro esercizio abbiamo lavorato
sui nostri genitori. Io non ho avuto una
famiglia felice, i miei non si sopportavano, erano litigi e botte continui. Un giorno
mia madre ha abbandonato la famiglia
lasciando i miei fratelli ancora piccoli a
mio padre. Lui è morto quattro anni fa
dopo sei mesi di lunghe sofferenze e non
ho mai accettato la sua morte. Durante la
sessione per primo è comparso lui: c’era
tanto dolore, gli ho detto quanto mi mancava e gli ho chiesto perché non ho mai
ricevuto da lui una carezza o un bacio. E
in quel momento ho sentito che la nostra
relazione si stava risanando, e quanto
amore c’era tra noi, e quando dopo un
lungo abbraccio se ne è andato ho provato molta serenità e accettazione.
Quando invece si è presentata mia madre,
con la quale non ho più contatti da anni,
ho provato nei suoi confronti rancore,
rabbia, paura, odio per tutto il male che
aveva creato, e gliel’ho detto. Poi però è
stato come se tutti questi sentimenti perdessero il loro peso, finché è emersa una
grande pace e la possibilità di una forma
di perdono reciproco. Quando ci è stato
detto di fare un dono ai nostri genitori ho
chiesto al Divino che li aiutasse a lasciare da parte i loro sentimenti negativi, e
che si abbracciassero con tutto l’amore
possibile. E penso che per la prima volta
si sono incontrati davvero ed è stato un
grande dono anche per me.
Questo corso mi ha dato tanto e mi sta
dando ancora molto. Mi sento molto più
serena e amorevole e voglio ringraziare
i conduttori e tutti i partecipanti, la mia
amica Cristina che mi ha fatto conoscere
questo percorso spirituale, me stessa per
essermi fidata e soprattutto il Divino che
è qui per noi.
Bruna Vaccari
A distanza di tempo il Diksha
sta facendo tanti piccoli miracoli
Il corso “Il Risveglio del Divino” è stato
molto importante, posso davvero dire
che ha cambiato la mia vita. Mi ha colpito
soprattutto l’esperienza della meditazione sui genitori, durante la quale ho sentito per la prima volta di poterli perdonare. È incredibile come il Diksha mi abbia
aiutato, ho sentito verso mio padre e mia
madre un amore profondo e mi rendo
conto che questa esperienza dovrebbero
farla tutti, soprattutto coloro che hanno
figli, per imparare a non sbagliare con
loro come hanno sbagliato, anche senza
volerlo, i nostri genitori con noi.
Oggi, a distanza di un po’ di tempo, il
Diksha sta continuando a lavorare, sta
sciogliendo dei nodi dentro di me, sta facendo tanti piccoli miracoli nella mia vita
di tutti i giorni.
Maria Sessa
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Un viaggio lungo 21 giorni
Un processo di crescita
personale di tre settimane
per trasformare se stessi
e diventare Diksha Giver
L
’Oneness University propone da alcuni anni dei corsi
anche per occidentali: un processo di 21 giorni che consente una importante trasformazione su di sé e comprende
l’iniziazione per diventare Diksha Giver, e un processo di
10 giorni di approfondimento ulteriore, che è possibile seguire a distanza di almeno sei mesi dal primo e può essere
utilmente ripetuto.
Il processo di tre settimane si svolge in genere in quello
che è noto come Campus 2, nel quale sono stati ospitati gli italiani che hanno partecipato all’ultimo corso nell’agosto 2007. Si tratta di un ampio spazio recintato, che
comprende due edifici a tre piani con i dormitori maschile
e femminile; un vasto edificio a un piano che ospita due
sale meditazione con aria condizionata dove si svolgono
le lezioni e l’ampio refettorio; un altro edificio più piccolo con toilette e servizi comuni. I due dormitori comprendono le stanze per i partecipanti, da un minimo di 10
a un massimo di 20 posti, arredate in modo abbastanza
spartano e dotate di aria condizionata e ventilatori a pale;
diversi locali adibiti a bagni e servizi comuni; un negozietto che vende generi di prima necessità, libri e cd, e nel
quale è possibile telefonare e accedere a internet; un paio
di spaziose sale riunioni. Sono attualmente in costruzione
un edificio che ospiterà un’ulteriore sala meditazione e
due lunghe “passerelle coperte” che uniscono i dormitori
agli edifici comuni, per evitare di bagnarsi quando piove.
Due vasti prati bordati di aiuole fiorite – dove al sorgere
del sole, prima delle lezioni, c’è chi pratica yoga e nei
momenti di pausa durante la giornata ci si può sedere a
rilassarsi - e qualche alberello completano il tutto.
Il processo, per quanto sia complessivamente strutturato,
è in realtà in continua evoluzione, anche perché gli inse14
gnanti e le guide sono molto attenti a calibrarlo ed a mo- che consentono di sentirsi meno separati gli uni dagli
dificarlo in base alle esigenze dei partecipanti. Le lezioni altri e più in connessione e armonia.
inoltre, che di base sono in inglese, prevedono uno o più Il processo si rivela un efficace “laboratorio” per tutti: sia
traduttori: per gli occidentali, sono previsti gruppi speci- per coloro che hanno alle spalle già anni di lavoro su di
fici per persone che parlano italiano, francese, tedesco, sé, avendo fatto percorsi di psicoterapia, di meditazione
olandese, spagnolo, russo ecc. in modo da agevolare al e/o ricerca spirituale, e che vogliono sperimentare stati
massimo i partecipanti.
più elevati di consapevolezza, sia per coloro che ne sono
Uomini e donne risiedono in dormitori diversi (anche del tutto “digiuni”. Ognuno infatti, aprendosi totalmenquando si tratta di coppie), perché è importante stare il te all’esperienza, può trovare le risposte giuste per sé, in
più possibile “nel processo” e maschi e femmine richie- base a dove si trova, qui e ora, nel proprio cammino di
dono “energie” diverse; le lezioni tuttavia sono in gene- ricerca. Viene richiesto solo di impegnarsi con onestà
re svolte in comune, mentre diverse sono le guide che nell’introspezione personale, per poter prendere consaseguono personalmente i partecipanti; unico invece il pevolezza di quel che c’è, riconoscersi e accettarsi, “ripurefettorio. Una delle (poche) relendo” le proprie relazioni con
Il programma comprende
gole che viene richiesto ai partegli altri (a cominciare da quella
cipanti di rispettare è quella del
una serie di insegnamenti teorici, con i genitori) e con se stessi.
silenzio: per gran parte del proDopo una prima parte in cui si
accompagnati da pratiche
cesso, e soprattutto per le prime
lavora soprattutto su aspetti pidi meditazione quotidiane
due settimane, è importante
psicologici e in cui si è accome dalla trasmissione del Diksha
non parlare, evitando distraziopagnati dalle guide a prendere
da parte delle guide
ni e “chiacchiere” inutili, per
consapevolezza dell’interazioconsentire un maggior contatto
ne tra mente e corpo, a lavorare
con se stessi nello svolgimento del processo interiore.
sull’accettazione, su come sperimentare e gestire la soffeIl percorso comprende una serie d’insegnamenti teorici, renza, soprattutto quella psicologica legata alle relazioni,
accompagnati da pratiche di meditazione quotidiane che sulle nostre aspettative, proiezioni, immagini ideali, macomprendono vipassana, meditazioni sui chakra, mantra schere, identificazioni ecc, la seconda parte del processo
(in particolare il Moolamantra), visualizzazioni, tecniche è dedicata al “risvegliarsi” alla realtà, come premessa per
di respirazione. Qualche volta vengono mostrati spezzo- scoprire o ri-scoprire il nostro rapporto con il Divino.
ni di filmati. Le lezioni si svolgono in genere a partire dal- Divino che, è importante sottolinearlo, ognuno è invile 7,30 del mattino, con comodi intervalli per i pasti e il tato a contattare nelle forme e modalità che più gli sono
riposo. La sera si è invitati a spegnere la luce alle 22,30.
congeniali: può essere una presenza, una voce, una luce,
Spesso, in genere nel tardo pomeriggio, si svolge una me- un’immagine, una figura…
ditazione alla presenza di guide che si trovano in uno Lasciare spazio al Divino, abbandonarsi con fiducia e farstato di coscienza particolarmente elevato, chiamate per ne esperienza diretta attraverso il processo è la premessa
questo “esseri risvegliati”. E tutto il percorso è accompa- per ricevere l’iniziazione che permette ai partecipanti di
gnato dal Diksha, che viene trasmesso dalle guide sia con diventare Diksha Giver e portare poi ad altri ciò che si è
l’intento sia con l’imposizione delle mani, accelerando sperimentato in India, aiutando così le persone nel loro
così i cambiamenti a livello neurobiologico del cervello processo di risveglio personale.
DIKSHANEWS
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Ho riscoperto il piacere della un certo senso accelerato il cammino, mi ha via che trovo risposte metterle in pratica
dato una… marcia in più, ha lavorato dentro; il più umanamente possibile. E portare
normalità nella vita quotidiana
SCIENZA
La cosa più straordinaria che mi è accaduta durante il processo di 21 giorni
in India in agosto è stata… sentirmi normale! Una frase che Rajesh – uno degli
insegnanti e responsabile in particolare
del corso per gli italiani – ci ha detto un
giorno è stata proprio: “Questo processo
serve per trasformare gli esseri spirituali
in esseri normali” e mi ricordo che al momento mi ha colpito molto.
Era un modo per ricordarci che la cosa importante non è tanto sentirsi “spirituali”, o
“illuminati”, nel senso di “speciali” - con il
rischio che l’ego si gonfi a mille nell’esaltare la nostra diversità (!) - ma portare il
messaggio dell’unità, e la realizzazione, la
testimonianza personale di questo messaggio, nella vita di tutti i giorni.
Il nostro processo è una tappa in un percorso che continua e non ha mai fine, e per
chi crede alla reincarnazione prosegue in
altre vite, fino a quando il “risveglio”, cioè
la presa di coscienza di chi siamo davvero, della nostra essenza e quindi del nostro essere divini, parte e manifestazione
del tutto, diverrà totale e perfetta.
Essere e sentirsi normali per me vuol dire
sentire che il processo dei 21 giorni ha in
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e gli insight che ho avuto, le realizzazioni,
sono solo una delle tante tappe.
Mi ha fatto sentire di più, per esempio,
questa meravigliosa possibilità di essere
uniti, di provare amore per tutti e per tutto, di sentire gli esseri viventi (persino le
formiche… come mi è accaduto un giorno) in un modo più profondo.
Mi ha fatto sentire il contatto con il Divino
che è in me in un modo più personale,
con una voce dentro di me che mi ha detto “Sono qui”. Semplicemente, dolce ma
ferma, come a dire “Sono sempre stato
qui”: basta saperla ascoltare.
Mi ha fatto capire che la mia responsabilità di essere umano è di portare, giorno
per giorno, con i limiti della mia umanità, con l’alternarsi dei momenti buoni e
meno buoni, con le inevitabili debolezze
e lacune legate alla mia personalità, un
messaggio che deve essere soprattutto
una testimonianza di vita. Nel quotidiano,
nelle mie relazioni con le persone, nel
modo in cui faccio quello devo fare, nel
lavoro e nel tempo libero.
Essere in un cammino “spirituale” – un
cammino cominciato una ventina d’anni
fa – per me vuol dire essere in cerca, e via
agli altri, nella condivisione, quello che
finora ho trovato.
Alessandra Callegari
Ho incontrato il Sacro Cuore
e ho ritrovato un amico
Fin dai primi Diksha del luglio 2006, e per
circa quattro mesi durante i quali l’ho ricevuto una volta alla settimana, si sono manifestate strane sensazioni fisiche, come
se il cranio si espandesse e non riuscissi
a mettere a fuoco gli oggetti. L’esperienza più forte è stata l’apparizione, in varie
occasioni, di immagini diverse di santi e
del Sacro Cuore di Gesù, cosa che mi ha
stupito dato che non sono cattolico praticante e provengo da una famiglia nella
quale non si è mai parlato di Dio. A un
certo punto le immagini sono sparite per
lasciare il posto a un gran senso di calma
e tranquillità interiore.
Una domenica, mentre curiosavo da un
rigattiere con mia moglie, sopra un tavolo
con dei quadretti ho notato una stampa
che rappresentava il Sacro Cuore che mi
guardava. Ho sentito una voce che mi diceva: “Prendimi, costo solo 5 euro”. Ho
provato un’immensa sorpresa e ovvia-
mente l’ho comprato. Poi, durante il corso
di 21 giorni in India, durante una meditazione in cui eravamo invitati a riconoscere
il Divino che è in noi, ho sentito una voce
nitida che mi diceva: “Mi hai acquistato
per 5 euro” e ho provato una strana sensazione al petto, un calore e una dolcezza incredibile, come se tutto l’amore del
mondo mi fosse entrato dentro. Era il Sacro Cuore.
Abbiamo parlato per ore, è stato come
aver ritrovato un amico, un fratello, un
genitore, un maestro. Non so ancora oggi
come descriverlo, posso solo dire che ha
dato una svolta alla mia vita: sento la sua
presenza, senza giudizio, che mi fa da guida, come un compagno di viaggio, come
una saggezza che cresce sempre di più,
come un amore universale che dà frutti
ogni giorno.
Alessandro Chiozzini
Ora sono certa che Dio esiste e
provo una grande gioia
Fin da bambina mi sono posta delle domande su Dio, sulla nostra vita, sul perché esistiamo… Poi da adulta ho seguito
un sacco di seminari, fatto molti viaggi nel
deserto e in India, molte cose sono cambiate sul piano professionale e personale
e nelle mie relazioni, ma ciò che più desideravo era sentire la presenza di Dio.
Aspettavo e aspettavo, e più aspettavo
più ero disperata e piena di rabbia contro di lui perché non sentivo nulla, o comunque non abbastanza. Non mi sentivo
amata, anzi ero incapace di esserlo, ero
abbandonata da Dio e molto molto arrabbiata. Le esperienze che capitavano ad
altri mi lasciavano scettica e ancora più
triste, ho finito per credere che Dio non
esistesse anche se in fondo al mio cuore ero persuasa del contrario. Per molto
tempo sono rimasta in attesa che si manifestasse.
Un giorno, oltre un anno fa, quando stavo
per partire per il Marocco per uno stage
di Oneness e la mia rabbia era al massimo, ricevetti un Diksha con un gruppo di
altri amici e quello fu probabilmente l’inizio del mio “viaggio”. Non era il primo che
ricevevo, ma finora non avevo percepito
nulla di significativo.
Tornai a casa e quella notte fu un inferno.
Non riuscivo a dormire e all’improvviso
vidi davanti a me un’altra Anne, come
un contenitore di tutti i miei lati negativi,
della mia rabbia, del mio orgoglio. Stava
davanti a me e l’osservavo. Era orribile.
DIKSHANEWS
Ho provato un senso di orrore, vergogna,
incredulità. Ho capito nel mio dolore che
quello era una specie di abito incollato
alla mia pelle, ma che non ero io.
Sono partita per il Marocco e durante i
primi due giorni la mia rabbia era lì, ma
in qualche modo la padroneggiavo. Non
avevo aspettative dal corso. Il terzo
giorno abbiamo ricevuto un Diksha sul
desiderio e ho desiderato che il mio ego
sparisse. L’indomani, al risveglio, la rabbia era sparita e mi sentivo serena, avevo
persino voglia di ridere. Nei giorni successivi ho ricevuto e dato vari Diksha e non
ho provato più rabbia.
Il penultimo giorno ero piena di tristezza:
per me ogni separazione è sempre stata
un dramma, una profonda lacerazione. Il
giorno della partenza ero ancora triste e
nel minibus mi sono messa a piangere.
Ma a un tratto mi è venuta addosso una
gioia incredibile e ho cominciato a ridere,
a ridere fino alle lacrime, E quando il minibus si è fermato nel souk, continuavo a
ridere e non mi reggevo in piedi, e cantavo a squarciagola “Allah-hu” (Dio è!) e a
girare in tondo sentendomi unita a tutto
quanto. Questo stato di euforia diminuì
piano piano, lasciandomi un senso di leggerezza incredibile. Al ritorno in Francia
non ho sentito separazione né tristezza
ma come una continuità senza fine.
Ora sono certa che Dio esiste. Provo una
grande pace interiore, provo spesso gioia,
e non ho più rabbia dentro. Non sento più
il vuoto né la solitudine… che immenso
regalo ! Posso finalmente abbandonarmi
a Lui, perché so che è lì e anche se non
mi risponde sento la sua presenza. E’ me-
raviglioso. Desidero condividere quello
che provo con gli altri, do il Diksha ai miei
pazienti e succedono molte cose. Possa
Dio offrire loro la sua presenza, glie lo auguro di tutto cuore.
Anne Tribout
 
Sono stata chiamata da qualche
cosa di sacro dentro di me
Da sempre, nella storia dell’umanità, il
sacro è rappresentato da un simbolo,
da una o più divinità. Così anche noi, invitati al corso dei 21 giorni, siamo stati
“chiamati” da quei due personaggi che
sembrano uscire dalle immaginette che
tutti abbiamo sul nostro tavolo preferito,
Amma e Bhagavan.
E se invece non fosse così? Confesso che
per me non lo era, a chiamarmi è stato il
bisogno di fare qualcosa di profondo per
me, e la certezza che questo qualcosa si
sarebbe poi riflettuto sul mondo esterno,
anche in generale. A chiamarmi è stato
qualcosa di sacro dentro di me, con un
nome non ben preciso.
E così la scelta di Amma e Bhagavan di
non essere più l’identificazione di questo sacro non mi ha colpita più di tanto,
anzi l’ho ritenuta degna di rispetto. Certo, ora tocca a ognuno di noi trovare una
nostra”identificazione del sacro: Luce,
Divino, Universo o comunque lo vogliamo chiamare. E tocca pure a noi trovare il modo di trasmettere questo sacro
che tutti abbiamo dentro ma col quale,
in qualche momento della nostra vita,
abbiamo perso il contatto. Credo sia un
compito molto importante, una presa di
responsabilità.
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Questo è, secondo me, un grande regalo
fattoci dai fondatori della Oneness University, la dimostrazione che essi credono nella capacità di noi “uomini di buona
volontà” di essere noi stessi e al servizio
di tutti nella quotidianità, in nome di qualcosa che fa parte di tutti. Non semplicemente persone che devono inchinarsi
davanti a un idolo per percepire che c’è
qualcosa di più, ma che lo sentono nei
normali gesti di tutti i giorni.
Sono stata in India in agosto, sono tornata fondamentalmente uguale a prima ma
con qualche prezioso strumento in più e
tanti nuovi amici… e con due di essi, pur
non avendoli mai visti, mi capita comunque di parlare. Una cosa piacevole, arricchente, è il fatto di non dover più scappare dalle proprie emozioni.
Un grazie a tutti gli esseri che hanno partecipato a questo mio percorso.
Cinzia Haefeli
Sentire Dio come un brivido:
un’esperienza incredibile
Ho 61 anni e vivo in Olanda. Ho sentito
parlare del Diksha all’inizio del mese di
giugno da mia moglie. Lei voleva andare
subito in India ma io ero perplesso, avevo
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molti dubbi. Leggendo il libro di Eckart
Tolle Un nuovo mondo mi sono convinto.
Sono cattolico e per i primi 20 anni della
mia vita sono stato praticante, per quanto non mi piacesse il modo in cui la chiesa parlava di Dio. E dai vent’anni fino a
tre mesi fa ho pregato di rado e Dio era
piuttosto lontano dalla mia vita.
In India, durante la lezione in cui ci hanno
detto di pregare per poter riconoscere
la presenza del Divino, gli ho detto: “Per
favore, mostrami che sei qui”. In quel momento ho sentito un brivido dalal testa
lungo la colonna vertebrale. Ho pensato
che fosse dovuto all’aria condizionata
così ho chiesto qualche altra volta di mostrarmi che era lì. E ogni volta ho ottenuto
lo stesso brivido.
Tuttavia non ero convinto. Così ho chiesto a una guida se fose possibile sentire
il Divino fisicamente, nel corpo: “Certo
che è possibile” ha risposto. Sono uscito
dalla sala, pensando che non avrei più potuto avere brividi per il freddo. “Signore,
mostrami se sei qui”. Ed ecco un brivido
dalla testa ai piedi. “Sono proprio in te e
non qui fuori” mi ha detto una voce. Ho
giocato con Lui più di dieci volte in questo
modo e tutte le volte ho sentito lo stesso
brivido. Mi sono messo a piangere con un
senso di felicità mai provata prima.
Dopo l’ultima sessione ero ancora fuori
e gli ho chiesto di nuovo di manifestarsi
e subito ecco il brivido. Mi sono scusato
per questo gioco e gli ho detto: “Quello
che davvero vorrei è un grande abbraccio”. Credetemi oppure no, sono stato
come ricoperto di brividi lungo tutta la
schiena fino alle gambe.
Durante l’intero processo di 21 giorni
questa connessione non mi ha mai abbandonato e la ritrovo tutte le volte che
do il Diksha a qualcuno.
Non so esprimere la mia gratitudine per
tutto questo. È una cosa straordinaria.
Ora ho dovuto dire al mio migliore amico
che è sceso al secondo posto in graduatoria: il Divino ha preso il suo posto, per
tutta la vita.
Joop Reijner
Per me e mio figlio è stato
un processo di guarigione
Non sono mai stata una persona religiosa, né una ricercatrice spirituale. Sono
arrivata in India perché ero stata molto
malata per dieci anni, con un problema
congenito al sistema nervoso centrale,
attivato da un grave trauma. Provavo un
dolore terribile, ero sempre stanca e avevo problemi di mobilità, con la depressione sempre in agguato.
Ero stata da molti medici, naturopati,
esperti di terapie alternative. Aveva subito innumerevoli trattamenti, ma senza
successo. Il mio male era senza speranza, non c’erano cure possibili: mi erano
state prescritte diverse medicine, ma
anche in dose massima non mi aiutavano. Il mio terapista, frustrato dal fatto di
aver lavorato con me per due anni senza
risultati, mi suggerì allora di provare con il
Diksha. Non sapeva bene cosa fosse, ma
aveva sentito dire che serviva.
Ho ricevuto il Diksha tre volte, e ogni volta
ho provato un grande miglioramento. La
quarta volta ho avuto una visione di Bhagavan che mi diceva cosa non funzionava
nei miei chakra. Non avendolo mai visto
prima sono rimasta sbalordita da questa
esperienza. Quando una persona mi ha
mostrato la sua immagine ho cominciato
a piangere a dirotto e ho deciso di andare
avanti con il Diksha, ovunque mi dovesse
condurre, e in poco tempo mi sono ritrovata in India. Il mio processo di 21 giorni
è stato pieno di guarigione. Il mio dolo-
DIKSHANEWS
re si è attenuato molto, la mia mobilità
è migliorata e il trauma si è sciolto a tal
punto che per la prima volta ho provato
il desiderio di vivere. Per darvi un’idea,
prima non potevo guidare, avevo bisogno di qualcuno che mi portasse a fare
la spesa e non potevo nemmeno dormire
per il dolore. Non potevo portare i miei
figli a giocare al parco perché ero troppo
debole. In realtà, già il fatto di essere potuta venire in India era un miracolo, vista
la mia malattia. Ma al ritorno ho portato i miei bambini a Disneyworld e sono
andata persino sulle montagne russe e
loro non riuscivano a crederci, era come
avere un corpo nuovo. Più tardiho sentito
di avere anc he un nuovo cervello e un
nuovo cuore. Una vita nuova mi era stata
data da Amma e Bhagavan!
Sono tornata dall’India in agosto e in ottobre mio figlio Juan ha manifestato i sintomi della stessa malattia. Stava così male
da perdere la scuola per otto settimane,
ed ero terrorizzata all’idea che mancasse gli studi, visto che io avevo interrotto
la mia carriera dieci anni fa a causa del
mio male. In dicembre l’ho portato in India per una settimana e Radhakrishna gli
ha dato il Diksha, ha pregato e meditato
e siamo tornati in America con Juan che
si sentiva molto meglio: non del tutto a
posto, ma abbastanza bene da poter riprendere a studiare e finire l’anno con
ottimi voti. Voleva continuare a star bene,
ed era così grato ad Amma e Bhagavan
da voler diventare Diksha Giver.
Pur avendo solo 16 anni le guide hanno
detto che era pronto per il corso di 21
giorni. Io ero preoccupata perché temevo fosse troppo per lui, visto che avrebbe
dovuto trascorrere 21 giorni in silenzio,
mangiando cibo al quale non era abituato, dormendo in camerata con altri
uomini adulti. Ma Juan se l’è cavata alla
grande. Ha finito il processo e non è stato
male per niente. Èmolto felice e parla della Oneness con tutti i suoi amici.
Evelyne Cole
Al ritorno ho dato il Diksha
anche al mio capo!
Voglio condividere la gioia e l’amore che
ho provato nel periodo trascorso insieme
in India. Tutto questo è in me ora, compresi tutti i miei compagni di corso. Qui
dove abito le persone sono molto curiose
e contente dopo aver provato l’Oneness
Diksha: non passa quasi giorno senza
che mi trovi a donare questa magica
energia divina. Mi cercano addirittura al
lavoro, compreso il mio coordinatore e il
mio capo! Praticamente da quando sono
tornato è un continuo dare Diksha e condividere le varie fantastiche esperienze e
sensazioni delle persone. Ringrazio dal
profondo del mio cuore per tutto ciò Bhagavan e Amma, tutte le guide e il gruppo
dei 21 giorni di agosto. Siete nel mio cuore per sempre.
Luca Parlanti
Che bello l’abbraccio
di un essere risvegliato!
L’esperienza più forte che ho vissuto in India al processo dei 21 giorni è stata l’abbraccio con gli esseri risvegliati: da allora
è rimasta impressa nel mio cuore e nelle
mie cellule.
Mi sono sempre percepita inquieta, come
un eterno viandante che passava i giorni a cercare un posto in cui fermarsi ma
senza trovarlo, inseguendo una profonda
tristezza senza riconoscerla. Dopo tanto
cammino mi sentivo sfinita, ero sicura
che avrei passato la vita a cercare qualcosa che nemmeno conoscevo.
Poi sono finita nelle braccia di un essere risvegliato. E lì, nel calore dell’accoglienza, ho sentito che finalmente potevo fermarmi, non avevo più alcun posto
dove andare, potevo distendermi in quel
rilassamento dell’anima, nella certezza di
aver trovato quello che avevo cercato per
anni. Ho cominciato a piangere e le mie
lacrime erano così dolci che avrei voluto
annegarvi; poi mi sono persa e abbandonata nella dolcezza dell’abbraccio.
Tutto ciò che ho difeso e combattuto si è
sciolto ed è scomparso come neve al sole.
Quelle braccia erano tutto: erano le braccia di mio padre, di mia madre, del mio
uomo, dei miei figli. C’era amore, tenerezza, accoglienza di me nella mia totalità.
Mi sono arresa e con gli occhi del cuore
ho visto che erano le braccia del Divino.
Vi era un amore che non avevo mai provato, e via via che mi sintonizzavo sulla sua
frequenza ho ricordato che lo conoscevo
già, ma che lo avevo dimenticato. Lui no:
nonostante i lunghi anni in cui l’avevo
rinnegato e cancellato dalla mia vita era
stato lì ad aspettarmi, non mi aveva mai
lasciato. Ora so che quando le tempeste
attraverseranno ancora la mia vita potrò
trovare rifugio tra quelle braccia, protetta
dal suo amore potrò affrontarle e aspettare che passino; e forse capirò che sono
sempre stata lì, tra le sue braccia, e il suo
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sguardo mi ha accompagnato ovunque.
Un’altra esperienza molto forte è accaduta dopo la meditazione con gli esseri
risvegliati. Ero in piedi lungo il percorso
che dovevano fare per uscire dalla sala
e mentre avanzavano lentamente verso
l’uscita ho sentito salire dal profondo un
dolore che è diventato sempre più forte,
quasi insostenibile.
Ho cominciato a piangere senza sapere
perché, sentivo una fitta al centro del petto che premeva e mi stringeva il cuore,
una disperazione che non riuscivo a collegare a nulla. Poi una di quegli esseri mi è
passata vicino e si è voltata verso di me,
mi ha guardato e ha steso la mano per
accarezzarmi. Nei suoi occhi, in quel gesto, ho riconosciuto la compassione, che
avevo incontrato nelle parole dei maestri
ma non avevo mai guardato in viso.
In quel momento ho compreso cosa vuol
dire entrare nel dolore di un altro e scioglierlo. So che lei ha preso il mio dolore
e con una tenerezza infinita l’ha accolto,
come una madre fa con il suo bambino, e
sciolto. Non saprò mai a cosa era legato
quel dolore, ma non importa, le mie lacrime sono diventate dolci e fluide. E in
quel tempo che mi è sembrato eterno ho
compreso che solo avendo la capacità di
essere e diventare il sentimento dell’altro
si può entrare in contatto vero con una
persona. Ho sperimentato la dolcezza e
la tenerezza che quella frequenza d’amore può dare. Non ho più dimenticato quegli occhi e l’universo che vi era contenuto.
Posso solo ringraziare per avere avuto la
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possibilità di sperimentarli, e pregare affinché quella nota di compassione diventi
così parte di me da permettermi di guardare le altre persone nello stesso modo.
Lucia Lamonica
Mi sento una persona completa
e presente a me stessa
I giorni passati alla Oneness University
hanno davvero segnato la mia vita.
Premetto che non avevo i soldi per partecipare al processo e neanche per il
biglietto aereo, e quando ormai avevo accettato l’idea di non partire è arrivata una
bellissima notizia con i soldi necessari. È
stato il primo di una serie di miracoli.
L’India ha lasciato in me un segno indelebile, ha sciolto le mie più dure convinzioni e
lavato le mie ferite con una tenerezza che
solo l’amore incondizionato può dare.
Dal primo all’ultimo giorno mi sono sentita accolta e protetta come in un grembo
materno, e nonostante il livello elevato
dei temi elaborati, nonostante le dinamiche in gioco e il chiacchiericcio mentale
che ho scoperto grazie ai giorni di silenzio
che mi hanno permesso di ascoltarmi, la
semplicità con cui gli insegnamenti sono
stati impartiti hanno lasciato in me una
freschezza primaverile.
Ringrazio dal profondo del cuore Amma e
Bhagavan, tutte le guide che ho conosciuto e tutti quelli che non ho mai incontrato.
Ringrazio anche tutta la mia vita, che per
anni ho contestato e condannato: oggi posso solo abbracciare ogni momento passato, vissuto nel dolore o nella gioia, perché
ognuno mi ha portato al campus dove ha
avuto inizio la mia trasformazione.
Sento di amare tutto di quei giorni in India e ogni instante è rimasto impresso
nel mio cuore: il silenzio contornato dal
caos, le notti sotto le stelle, le parole
espresse al Divino e quelle che non sono
uscite dalla mia bocca, lo sguardo profondo e presente delle nostre guide che
non posso descrivere. Amo il Diksha che
ha fatto di me un canale grazie al quale
diffondersi.
Oggi vivere è tutta un’altra cosa. Sono
una persona completa. Ho due bambini:
il mondo interiore e il mondo esteriore,
ed entrambi hanno tutta la mia attenzione e vanno di pari passo come fanciulli
spensierati, senza un passato e senza un
futuro, senza i perché e i come, senza
cercare e senza aspettare. Oggi li vedo e
così come sono stata amata e accettata
in India sono in grado di stare con loro,
nella gioia e nel dolore, e dal profondo di
me esce un bacio cosmico che li abbraccia entrambi.
Da quando sono tornata non sono più la
stessa Martina: perfino nei momenti più
difficili dopo il mio ritorno a casa, come
la morte di mio padre e la ricaduta di mia
madre, quando apro gli occhi al mattino
e guardo il presente sento di viverlo da un
punto di vista nuovo, lontanissimo rispetto a prima del 2 agosto.
Sento come uno “stop” dentro di me, una
specie di ordine naturale, un silenzio così
pieno che supera tutti i miei desideri; i
momenti più difficili li vivo con una profondità e una verità come non mi era mai
capitato. Ora sento le mie paure, i miei
dubbi, tutte le voci e i pensieri confusi,
e questo non mi fa più impazzire. Sento
anche lo sguardo del Divino che è là e
aspetta che gli parli e gli racconti i miei
vissuti, e per la prima volta da quando è
iniziato il processo sento Dio in ogni parte
di me. C’è, mi guarda e mi ascolta, è attento a quanto vivo e a quanto rinuncio a
vivere, è presente e sono felice!
Martina Escobar
Ricordo le risate e un grande
umorismo liberatorio
Come a un profano che si rechi per la
prima volta in un museo d’arte contemporanea o in un festival di filosofia può
accadere di vivere un’esperienza che modifica la sua esistenza, così è accaduto a
me con il corso di 21 giorni alla Oneness
University. Sono stata avviata, insieme a
numerose altre persone, a visioni spirituali dirette e illuminanti, per le quali ho capito come possa esservi paradossalmente
una similitudine tra intuizione spirituale e
arguzia o semplice battuta di spirito. Tra
le varie esperienze, che pure non hanno
escluso il dolore, ricordo infatti in modo
particolare le risate, ovvero un grande
umorismo liberatorio.
Il processo meditativo ha generato in me
uno stato di consapevolezza immediata e
diretta, profonda e continua. E ho capito
che tale stato, se praticato ad arte, con
l’ausilio cioè di tecniche come il silenzio e
il sostegno delle guide, può condurre a un
livello elevato di coscienza, che consente
di percepire la realtà in maniera immediata, non concettuale, fino al raggiungimento di una possibile “illuminazione”. Per il
conseguimento di tale obiettivo esiste
una enorme varietà di tecniche, modi e
forme, anche artistiche, che accompagnano il processo.
L’esperienza è che quando la mente razionale tace, la modalità intuitiva induce
uno stato che mette l’individuo in connessione con il Tutto. Nel corso del processo mi è accaduto in sogno e poi anche
nella realtà, con i fiori di Amma, quando
ho sperimentato una forma di “apertura
del cuore”; l’episodio si è ripresentato al
mio rientro in Italia, mentre trasferivo il
Diksha a un malato di mente.
Questo percepire l’ambiente circostante
senza l’ausilio di filtri concettuali lo sto
ancora vivendo a più livelli e cerco di capire se durerà, e suppongo dipenda molto
dalla pratica del Diksha.
Adriana Martino
Essere al servizio degli altri essere totalmente a disposizione del
processo: di chi lo conduce e di chi
assistendo il gruppo
Ho fatto due esperienze come “helper”,
cioè assistente durante i corsi in India:
la prima volta nel settembre 2006 e la
seconda nell’agosto 2007.
La prima volta mi è stato chiesto e ho
accettato di buon grado: avevo concluso da poco il mio processo di 21 giorni,
ero piena d’amore e sentivo fortemente
il bisogno di rimanere nell’atmosfera del
campus e ricevere ancora per qualche
giorno l’energia trasformativa dell’Oneness Diksha. Per dieci giorni – mentre
prestavo assistenza a un gruppo venuto
in India per il corso di approfondimento
- ho continuato a fluttuare, dando ora
sostegno al mio processo, ora a quello
dei partecipanti. Non so quanto aiuto
reale ho saputo dare agli altri, ma in me
è rimasto il desiderio di ripetere l’esperienza e andare più in profondità.
La seconda volta sono stata io a offrirmi come assistente dei partecipanti al
processo di 21 giorni: nei mesi precedenti molte cose erano cambiate nel
mio mondo interiore ed era cresciuto
il desiderio di cooperare, di contribuire
fattivamente alla visione dell’Oneness
Movement.
Sentivo che il mio cuore era pronto all’esperienza; ciò che non sapevo, ma
l’avrei scoperto presto, erano i compiti
che avrei dovuto svolgere, né come.
Appena arrivata, nel giro di 24 ore ho
imparato che fare l’helper vuol dire
vi partecipa. Totalmente vuol dire, è
ovvio, essere disponibile in qualunque
momento della giornata per soddisfare
le richieste delle guide e i bisogni dei
partecipanti. Ho capito così che i compiti di un assistente non sono definibili
a priori, ma che quando il cuore è aperto dimentichi il tuo ego e fluisci con le
situazioni, risolvendo via via creativamente i problemi che sorgono.
Quando invece – scoprirlo è stato interessante - accade un evento che in
qualche modo porta in superficie la
personalità emozionalmente più “carica”, ecco che perdi consapevolezza e
con essa la capacità di essere attenta,
di percepire con chiarezza che cosa
fare, come e quando. Allora la possibilità di cooperare salta e diventi una
mina vagante... Dio mio, quante volte
mi è successo! Se ogni volta che me
ne sono accorta lo conto come un risveglio, posso dire di aver percorso un
altro tratto di strada nel cammino di
crescita della consapevolezza.
L’ultimo giorno, quello dei saluti, ho
condiviso con una guida la mia esperienza e lei, in risposta, piena come
sempre di compassione, mi ha detto:
“Siamo tutti qui per imparare”. Mi sono
riconciliata con me stessa e sono pronta per un’altra esperienza di assistente
o di traduttrice.
Caterina Martucci
Questa è la mia testimonianza
dopo il corso in India
Questo dipinto mi è stato ispirato dopo
la prima esperienza in cui abbiamo meditato con gli esseri risvegliati. In quella
occasione ho percepito un silenzio mai
provato prima, e ho sentito in tutto il corpo qualcosa di molto particolare, come
se sentissi pulsare la corona sulla testa,
in corrispondenza del settimo chakra.
Poi quando gli esseri risvegliati sono usciti dalla meditation hall e ho riaperto gli
occhi ho provato un senso di vertigini, ma
molto piacevole. Ed era come se ci fosse
una grande luce alle mie spalle, mentre
a livello del cuore mi sentito del tutto
aperto e ricettivo, così come era aperto
il terzo occhio.
Nirman Laruccia
DIKSHANEWS
21
Sprofondare
nella luce
I dieci giorni di deepening in India, riservati a chi è
già Diksha Giver, consentono di approfondire il processo
Il corso chiamato Deepening, ovvero di approfondimento, dura dieci
giorni ed è riservato ai Disha Giver,
ovvero a coloro che hanno già fatto
l’esperienza dei 21 giorni.
Il “viaggio” infatti continua e in un
certo senso si può dire che termina
solo quando si raggiunge l’unità con
il Divino, in un processo che porta a
livelli di consapevolezza sempre più
elevati. Anche chi è Diksha Giver e
ha il potere di trasmettere il Diksha,
anche chi è già “risvegliato” o si trova in un bellissimo stato di coscienza ha infatti sempre un cammino da
fare per arrivare all’unità con il Divino, o ai livelli di coscienza dei grandi
maestri e avatar.
La trasformazione che avviene dopo
il processo di 21 giorni è molto importante ed è legata a dove ognuno
si trova nel suo percorso personale:
difficile generalizzare, anche se alcuni processi sono molto simili.
Molti pensano che ci debba essere
un improvviso cambiamento subito
dopo il corso di 21 giorni, e invece
non è detto che questo succeda. Ma
se si guarda indietro è possibile vedere da dove si viene e dove ci si trova
e come molte cose siano cambiate
nella propria vita.
22
Il modo in cui si percepiscono gli
altri e il proprio contatto con il Divino è cambiato. Anche se nella vita
pratica le cose sembrano uguali, il
modo di affrontarle è diverso e il
cambiamento è graduale ma molto
profondo.
Dopo il ritiro dei 21 giorni ci sono
due tipi di processo che continuano,
anche se per ognuno il viaggio può
procedere in modi diversi e con differenti velocità.
Il primo processo è quello del proprio “risveglio” ed è un viaggio continuo attraverso vari stadi: ci si apre
alle emozioni, a se stessi, al proprio
Sé, a come funziona e si manifesta.
Dando il Diksha si cresce nello stato
di coscienza e questo può essere sentito nel modo in cui viene esperita
la realtà, nelle relazioni, nel mondo
intorno a noi.
Qualche volta questo processo può
avvenire nella mente, qualche volta
fuori dalla mente: in questo secondo caso è possibile sperimentare stati
diversi di coscienza, sentire gioia incondizionata, un senso di unità con
la gente e con quanto ci circonda. Il
legame con la Presenza, con il Divino, cresce sempre di più.
Quando invece il processo avviene
dentro la mente porta attraverso i
traumi, i condizionamenti e le diverse personalità che si manifestano in
ognuno di noi. Quello che chiamiamo depressione o si manifesta come
un disagio o un malessere in realtà
è dovuto al fatto che non accettiamo o opponiamo resistenza a quello
che succede. Ma non possiamo farci
niente, è un processo automatico: la
natura della mente è di essere in conflitto, di resistere, di lottare.
Si tratta di un percorso di purificazione che avviene grazie al Diksha
ed è importante permettergli di accadere, sentire tutte le cose che sono
incomplete nella nostra vita anche se
possono essere esperienze dolorose,
legate a nostri desideri inesauditi,
alle nostre paure. Osservando tutto
quello che succede a poco a poco
il malessere passerà. E per ognuno,
fino a che si rimane in contatto con
la Grazia, il processo andrà avanti in
modo potente.
Il secondo processo innescato dal
corso di approfondimento è quello per prepararsi ad aiutare gli altri,
dando loro l’energia del Diksha e
portandoli sul sentiero del risveglio.
La missione di Amma e Bhagavan è
di aiutare l’umanità liberandola dalla sofferenza, e il potere che fluisce
dalle mani dei Diksha Giver è il potere trasmesso loro grazie ad Amma
e Bhagavan: la visione che hanno nei
loro cuori è la loro visione, la conoscenza del processo è la loro.
Durante questo percorso per la trasformazione dell’umanità i Diksha
Giver sono chiamati a fare dei cambiamenti in modo che la resistenza
dell’umanità sia sempre minore.
Anche se tutti parlano di voler cambiare il modo in cui è organizzata la
società, in realtà nessuno lo vuole
davvero perché la gente ha paura,
è condizionata dai pregiudizi della
mente. Perciò qui entra in gioco il
ruolo dei Diksha Giver come portatori del messaggio dell’Unità. Aiutando le persone a trasformarsi le
aiutano a vedere al di là della mente
e a entrare in contatto con la Grazia.
DIKSHANEWS
E tramite questa esperienza le persone iniziano a sentire la connessione,
la possibilità della guarigione.
Tutti vogliono essere connessi con
il mondo, la natura, gli altri, il Divino, ma è possibile solo quando siamo connessi con noi stessi. E come
facciamo, se siamo divisi dentro? Il
viaggio nell’Unità è per aiutarci a
connetterci con noi stessi, con le nostre relazioni e con l’intera umanità
per diventare un unico organismo.
Durante il processo di approfondimento i partecipanti sono guidati a
vedere che il proprio Sé si espande
verso tutto il genere umano e tutto
l’universo: è quella che viene chiamata “realizzazione del Divino”.
Vero essere umano è colui che è
tornato alla propria natura, che è di
essere in connessione con il Divino,
ovvero con tutto quello che c’è, con
l’intero universo. E questa connessione con il Divino cresce con il
Diksha. Il risveglio o “illuminazione”
è l’espansione della consapevolezza
o coscienza umana individuale nella
consapevolezza o coscienza umana
collettiva. Man mano che cresciamo
in questa consapevolezza, cambia la
visione che abbiamo della vita, la nostra percezione della realtà: e questo
cambiamento della percezione del
mondo cresce nell’Unità. L’illuminazione, alla fine, è essere uno con
ogni cosa che c’è.
Sono come “esplosa” in un
modo dolcissimo e potente
Il deepening di agosto 2007 per me è
stato come una “scorrevole” continuazione del corso dei 21 giorni dell’anno
precedente, scorrevole nel senso che
fluiva molto di più. È stato molto “soft”:
se dovessi darne un’immagine visiva lo
paragonerei a una grande sfera di bambagia dorata, leggera e che comprendeva
tutto e tutti. Tra i partecipanti al corso
c’erano persone che già conoscevo e
altre nuove e all’inizio avevo qualche timore, ma invece è stato tutto stupendo...
Certo, le differenze all’interno del gruppo
ci sono state e a volte potevano essere
strane, non sempre divertenti o piacevoli,
ma quello che ho sentito, forte e chiara,
molto bella, è proprio questa unità che ci
avvolgeva tutti. E anche coloro che quasi
temevo mi sono piaciuti e li ho sentiti risuonare con me e in me,
Un’esperienza in particolare è stata fortissima: qualche giorno dopo l’inizio del
corso una guida che non conoscevo, non
avendola incontrata al processo di 21
giorni, ha cominciato a cantare il Moolamantra e io sono… “esplosa”, nell’esplosione più dolce e potente che si possa
immaginare. Non c’era niente e c’era tutto. Io ero in un granello di polvere e nello
stesso tempo al di là dell’universo, ero
nel più piccolo e nell’immenso, ero l’infinito, il vuoto, il silenzio, ero tutti i tipi di
creature, angeli, energie, ero amore infinito, ero... non so dire che altro. È andata
avanti per un po’, poi ci hanno fatto riposare e al momento di rialzarmi per uscire
dalla sala mi sentivo strana e quasi buffa,
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mi muovevo pianissimo, come al rallentatore... come un essere risvegliato.
Dopo il processo del deepening ho notato che è come se l’esperienza del mio
vissuto si fosse accelerata, e questo accade specialmente quando do l’Oneness
Diksha o faccio l’assistente nei corsi: è
come un accrescimento continuo, che
fluisce sempre più con la Presenza del
Divino.
Simona De Robertis
Approfondire… ma che cosa?
Molto di più di quanto si pensi
Chi arriva alla Oneness University per il
corso di approfondimento vi arriva con
meno ansie rispetto alla prima volta e
con una maggiore consapevolezza, dato
che ha già sperimentato, nel processo di
21 giorni, quello speciale contatto con la
propria interiorità e ha la sensazione piacevole di “tornare a casa”. Si è avvolti da
un intimo sentimento di essere connesso con tutti gli altri, con la natura, con la
terra, con l’aria; un sentire che lì si fa più
sicuro, meno silenzioso e che, con il passare dei giorni e l’avanzare del processo,
diviene più solido e consistente.
Vuoi approfondire, certo, ma che cosa?
Anche se le guide ti offrono insegnamenti
che ti colpiscono nell’anima, quello che
approfondisci non è solo la conoscenza;
anche se ti inondano di Diksha e passi
molto tempo in meditazione e nel silenzio
interiore, non approfondisci solo la capacità di tacitare la tua mente; anche se ti
abbracciano e ti fanno sentire l’amore
che ti circonda, non approfondisci solo
la tua capacità di accettarti e di amarti;
24
anche se sperimenti sempre di più gli altri e divieni consapevole del loro sentire,
quello che approfondisci non è solo la
tua capacità di amare gli altri. C’è molto
di più ed è inesprimibile!
Maurilia Gaviraghi
Il corso di dieci giorni è stato
un crescendo di sorprese
Dopo il deepening nel marzo 2007 c’è
voluto un po’ per far depositare l’entusiasmo, cristallizzare i cambiamenti, consolidare le comprensioni e gli effetti di questo incredibile gruppo.
Dalla bramosia della mente di volere ancora un’esperienza, ancora un Diksha,
alla gratitudine di chiedersi “Per me, per
noi, per questo gruppo c’è ancora una
sorpresa?” Questo è stato il deepening:
un susseguirsi in crescendo di sorprese,
una scatola magica da cui è uscito molto
di più di quanto ci aspettavamo.
Il corso ha sgretolato le corazze e i gusci già rotti nel processo di 21 giorni,
differente nei ritmi e nelle proposte; ha
portato luce e consapevolezza, in modo
dettagliato, analitico e chiarificatore, sulle tematiche e strategie che mettiamo in
atto nel nostro quotidiano.
L’intero gruppo è stato costantemente
coinvolto in modo intellettuale, esperenziale e spirituale e costantemente guidato, condotto e protetto. Gli argomenti
chiave della sofferenza, della compassione, del perdono, dell’accettazione
sono stati sviscerati con raffinata abilità
e amore dalle varie guide, a volte in modo
giocoso e coinvolgente, a volte in modo
crudo e tagliente, a volte in modo magico
e insondabile. Ci è stata riservata ogni
attenzione possibile, compresi i Diksha
con l’intento ricevuti dagli esseri risvegliati, che con infinito amore venivano a
meditare con noi, o come l’incontro con
Samadarshini e il suo abbraccio carico di
incondizionato amore.
Mi sono più volte chiesta, guardando gli
amici del gruppo che stavano intorno a
me: “Ma chi siamo noi per scomodare la
profonda meditazione di queste anime
pure?” Ogni giorno abbiamo avuto un
incontro in cui condividere la loro meditazione, arrenderci a tanta bellezza, respirare la loro umiltà. L’incanto dei maestri, il loro vuoto, il loro silenzio, la gioia
di cantare per loro e la cascata d’amore
incessante che ci ha avvolto, cullato e
spinto oltre i nostri limiti è stato il dono
che ognuno di noi porterà con sé.
Con il deepening abbiamo una reale possibilità di lasciare i nostri fardelli e per me
è stato come liberarmi da un bagaglio di
sofferenza. È accaduto attraverso il gruppo stesso: ho sentito i problemi di tutti i
compagni, i miei, dei miei cari, degli sconosciuti, ma senza più sofferenza. È stato
semplice e incredibile.
Il senso di leggerezza e di vuoto mi accompagna ancora qui, a casa mia, mentre lavoro, nelle relazioni, nella mia vita. È
un dono impagabile.
Invito tutti a buttarsi in questo gruppo,
ad approfondire il lavoro dei 21 giorni:
è come innaffiare un germoglio, una
piantina che sta nascendo. L’anima è rinforzata, rasserenata, collegata da esperienze d’amore che i dubbi, le frenesie,
le difficoltà non riusciranno a inquinare.
Subha
Metteteci
la passione!
Parola di Anandagiri
Più riconosciamo e apprezziamo con gratitudine ogni
momento dell’esistenza, anche i più semplici, più cresciamo
Q
uesto testo è frutto di un incontro con Anandagiri svoltosi alla Oneness University nell’agosto 2007, alla presenza dei partecipanti ai corsi (di 21 e 10 giorni) provenienti
da Italia, Francia, Belgio, Olanda, Germania, Stati Uniti.
Che cos’ è la Oneness University?
La Oneness University è un centro per imparare a “fiorire” come esseri umani. Noi - io e tutte le guide - siamo
stati formati per aiutare le persone in questo processo. La
nostra visione, ispirataci da Amma e Bhagavan, è di aiutare la gente a crescere e a trasformarsi, e siamo impegnati
totalmente in questo compito. Se ritenete che Amma e
Bhagavan siano dei maestri, fidatevi: il loro intento è che
le persone crescano, e per questo diffondono la loro benedizione; vedervi crescere li rende felici perché è la loro
missione sulla Terra. Noi tutti siamo impegnati ad aiutare
le persone a focalizzarsi nel loro processo di crescita e desideriamo che i partecipanti abbiano lo stesso focus, che
si concentrino. I corsi di 21 giorni sono solo l’inizio: non
pensate che il viaggio sia finito. L’essere umano è un sistema strutturato in modo da crescere naturalmente: quando
non c’è crescita c’è la morte. Se sul piano fisico, mentale,
spirituale, emozionale la vita fosse sempre la stessa, in realtà saremmo morti. Quando la crescita si ferma vi sentite
senza significato, vuoti, avvertite un senso di insoddisfazione. Deve esserci crescita in tutte le sfere dell’esistenza:
a livello di emozioni, di relazioni, di esperienze. Ma la crescita non avviene se non siete appassionati. Se in voi non
c’è desiderio, se non c’è passione, nulla avviene davvero.
Qualsiasi sforzo o duro lavoro o strumento non bastano
per aiutarvi ad andare avanti. Gioia, pace, meditazione
DIKSHANEWS
25
possono tutt’al più condurvi a una visione, a un insight, a
una comprensione occasionale. Ci possono essere dei bei
momenti che possono durare anche giorni, settimane, persino mesi, ma poi vi sentite vuoti e a disagio. Mentre se c’è
passione, ogni esperienza – anche il dolore, o la paura del
passato, così come un bello stato di coscienza – vi porta
avanti. Perciò dovete focalizzarvi. Questo processo è stato
messo a punto per iniziare un viaggio, e quanto crescerete dipenderà dalla vostra passione. Se l’avete, l’Oneness
Diksha può aiutarvi, ma dovete ancora imparare tanto. Via
via che state in relazione con la gente, che contemplate,
meditate, imparate, la crescita avviene. Giudicate l’albero
dai frutti che produce, osservate il risultato. Nella vostra
vita, nella vostra crescita, se condividerete la vostra esperienza gli altri la accoglieranno. Non c’è da avere paura.
Può essere difficile da capire a livello razionale, perciò abbiate fiducia.
Come si fa a far crescere la passione?
Quando fate esperienza, quando esperite qualcosa assaporando la gioia di crescere e imparare, la passione ci sarà
sempre. E un ruolo importante ha anche la gratitudine.
Se non sentite gratitudine per ogni momento, per ogni
esperienza, per ogni incontro, questi non lasciano segni.
Più riconoscete e apprezzate ogni momento dell’esistenza, più crescete. E cresce anche la passione. L’ho verificato nella mia vita, può essere così anche per voi.
Cosa puoi dirci della coscienza?
In realtà non so molto della coscienza. Non sono mai
stato particolarmente curioso in proposito, sono sempre
stato più interessato alle cose reali, di ogni giorno. Alle
26
relazioni con le persone, alle paure, al peso delle cariche
emozionali che ci portiamo dietro, al fatto che più ce
ne liberiamo e meglio stiamo nella vita. Sono queste le
cose di cui ho più esperienza e quelle su cui è meglio
che anche voi vi focalizziate di più. Tutto il resto sarebbero informazioni, dati cognitivi senza utilità pratica:
per questo non ne parliamo molto. Ma se crescete nelle
relazioni con la gente e parlate con le persone, se fate
esperienza delle piccole cose dell’esistenza che si vanno
trasformando, se provate gioia nel lavoro, nel mangiare
una pizza, nel guidare l’automobile, nel vedere un bel
film, insomma nelle cose più semplici, questo è il segno
che la vostra coscienza sta crescendo. Quando cambiate
in questo modo e la qualità della vostra vita migliora,
quando c’è più gioia in ciò che fate, più collegamento,
più unità, più amore, allora date un grosso contributo
alla trasformazione del mondo. Non potete stilare un
programma per trasformare il mondo, o anche solo l’idea
del mondo. Ma quando cambiate, quando siete più felici
e avete relazioni migliori con le persone intorno a voi,
quando tutte queste cose concrete si trasformano, allora
sì date un grande contributo per la trasformazione universale. E non pensiate di poter amare tutto il mondo.
Tante persone lo dicono, alcune sono quasi possedute da
questa idea. Ma poi non sentono nulla per la gente che
vive con loro, non hanno sentimenti veri per i bambini,
non provano compassione per gli anziani o i malati. Per
loro sono importanti i villaggi dell’Africa, le balene del
Pacifico, il buco dell’ozono… ma non conoscono il vicino di casa. Il nostro scopo è quello di aiutarvi a crescere
rispetto alla vostra realtà, al vostro quotidiano, e allora
sì che il mondo cambierà. Non c’è separazione tra la trasformazione del mondo e quella dell’individuo, perché
quest’ultima equivale a quella mondiale.
Puoi spiegare cos’è la fioritura del cuore?
Ci sono momenti nella vita in cui ci sentiamo molto
felici e in connessione con il mondo – di solito le due
cose vanno insieme – e in cui vorremmo abbracciare
tutti. E allora cerchiamo di catturare questi momenti, di
tenerli per sempre. Ma non funziona. Immaginiamo per
esempio che una sera tornate a casa dal lavoro e quando
i vostri familiari, vostra moglie, i vostri figli vi aprono
la porta sentite un’ondata d’amore e di gioia. Il giorno
dopo siete pieni d’aspettativa e immaginate che tornando a casa sentirete di nuovo lo stesso amore. E invece
non sentite niente, e anche se fate le stesse cose al posto
della gioia c’è un po’ di paura o di ansia. Sperate allora
che le cose migliorino durante il weekend, quando siete
a casa tranquilli, e invece no. Solo ogni tanto, quando
non avete aspettative, tornate a provare quel sentimento,
quell’amore. Succede magari quando vi trovate in un posto nuovo o quando conoscete una persona nuova. Sono
momenti in cui il cuore è davvero aperto ed esperite le
persone così come sono, senza cercare di capire. Non è
in atto un processo cognitivo, di giudizio, di valutazione. Non c’è neanche il verbalizzare “Che bello!”, non
c’è alcun processo della mente. Per qualche momento è
tutto fermo, immagini e opinioni sono come sullo sfondo. State facendo davvero esperienza dell’altro, e l’altro
è sempre bello. Perché tutto questo accada più spesso,
e per farvi esperire sempre di più le persone in questo
modo, dovete liberarvi del passato con le sue cariche
emozionali: il ricordo delle esperienze precedenti può rimanere, ma solo come informazione, non con le cariche
emozionali che ne conseguono. Più fate questo, più gioia
e amore provate, più sarete e vi sentirete connessi con le
persone. Altrimenti il passato vi influenzerà nei vostri
rapporti con gli altri per tutta la vita. Più siete liberi dal
passato, più il cuore fiorisce.
Parli di accettare la vita, di lasciar andare, di alleggerirci del passato: sono stati anche gli insegnamenti che ci sono stati dati durante il processo.
Così come ci è stato detto di trovare – o di ritrovare
- un’immagine di Dio con cui relazionarci personalmente, per poterlo pregare. Ma nel pregare sento
contraddizione tra una certa immagine di Dio che
conosco piuttosto che un’altra. Come fare?
Vi racconto una storia che forse vi potrà aiutare. Un buddista e un cristiano discutono cercando di dimostrare
che il loro Dio è superiore a quello dell’altro. Il cristiano
dice: “Il tuo Buddha non ha potere, non fa miracoli. Infatti un giorno una madre andò da lui con in braccio il
figlio morto e gli chiese di farlo resuscitare, e Buddha le
DIKSHANEWS
disse che avrebbe potuto aiutarla, ma che prima doveva
trovare un certo seme in una casa dove non ci fosse sofferenza. Lei andò in giro tutto il giorno e poi tornò senza averlo trovato, e si riprese il bambino morto. Questo
dimostra che Buddha non sa resuscitare i morti”. Come
interpretare questa storia? La donna in realtà ringraziò
Buddha perché aveva capito, e anche se la situazione non
era cambiata perché il figlio era sempre morto, iI suo dolore era sparito, se n’era liberata. Il cristiano ritiene che
Buddha non abbia potere sulla morte e che Cristo sia
più potente perché resuscita i morti. Il buddista risponde
che mentre l’uomo resuscitato morirà di nuovo e si perpetuerà il dolore, Buddha libera la madre dal dolore per
sempre, perché non ha più paura della morte. Ora la domanda è: che cos’è meglio? Quello che Buddha chiama
“dissoluzione” del problema o la “soluzione” di Cristo?
In realtà è impossibile rispondere in astratto. Alle volte
l’uscita dall’illusione come dissoluzione del problema è
meglio, altre volte lo è la soluzione concreta. Alle volte
è meglio dare un pronto soccorso prima della cura definitiva. Se una persona prova molto dolore, avendo perso
qualcuno che le è caro, per un trauma o un incidente,
non credo che mentre sta soffrendo si possa dirle semplicemente “Tutto è impermanente, accettalo!” Dobbiamo
prima dirle qualcosa di amorevole, consolarla, abbracciarla. Questa è la soluzione. Poi, quando la persona avrà
affrontato la situazione, si potrà spiegarle la natura impermanente delle cose. Venendo alla preghiera: dipende
per che cosa preghiamo. Preghiamo dicendo “Liberami
da questo dolore”, oppure “Fammi abbracciare questo
dolore”? In questo secondo caso, se lo attraversiamo, il
dolore se ne va per sempre senza residui, altrimenti pri27
ma o poi ritorna. Ma tutte e due le cose sono accettabili.
Quando la gente mi chiede “Ho questa paura, cosa posso
fare?”, a volte dico “Stai con la paura”, altre volte dico
“Prega perché ti venga tolta”. Dipende da dove uno è,
da ciò di cui ha bisogno in quel dato momento del suo
processo. Scegliete perciò la strada migliore per ogni situazione. Avete gli strumenti, perciò fate la cosa giusta.
Non c’è una verità unica in queste cose, a volte ha ragione Cristo, altre Buddha.
Cosa fare quando non ci sentiamo connessi con Dio?
Niente. È possibile non sentire sempre la connessione, è
normale. Qual è il problema? Stiamo con quel che c’è.
Stiamo con le nostre paure. Anch’io alle volte ho paura
e non so cosa fare. Per esempio, la prima volta che ho
lasciato l’India per andare a incontrare le persone di altri
paesi e portare loro il messaggio di Amma e Bhagavan
avevo molta paura. Li chiamavo sempre dagli aeroporti.
Poi la seconda volta è andata meglio. Perciò va bene così,
abbiamo fiducia…
Qual è stata la tua più recente realizzazione?
Nel processo capita di avere molte realizzazioni e io ho
spesso degli insight. Ma una cosa in particolare mi ha
davvero impressionato. Un anno e mezzo fa ho realizzato
che non sapevo pregare. Lo avevo sempre fatto, e spesso
avevo ricevuto delle risposte. Ma solo quando ho pregato
veramente per la prima volta, ho capito che quello era
davvero pregare. E ancora adesso non succede sempre,
mi riesce solo certe volte. E non succede quando “voglio”
pregare, a comando, o quando mi sforzo. Accade solo
quando non mi aspetto una risposta, quando la mia preghiera viene dal profondo del mio cuore.
Come spiegare l’Oneness Diksha alle persone
che incontreremo in Italia?
Dateglielo. La bellezza di questo Diksha è che lo date,
che potete condividerlo con gli altri, che lo sperimentate
e lo fate sperimentare. La gente capisce, sente il vostro
cuore aperto.
28
Per le persone è importante chi fa loro da testimone, ma non è sempre facile dare il Diksha o
parlarne con chi vuole capire tutto su un piano
razionale. Esiste del materiale divulgativo che
parla delle ricerche scientifiche fatte per spiegare l’Oneness Diksha e i suoi effetti?
Ci stiamo lavorando. Ci sono vari scienziati, esperti di
neuroscienze o neurobiologia come il professor Richard
Davidson, che stanno facendo una serie di ricerche in
merito e appena possibile vogliamo preparare dei documenti e un video. Un altro aspetto importante è quello
legato alle testimonianze. Stiamo preparando un documentario nel quale vari leader religiosi di tutto il mondo
raccontano la loro esperienza con la Oneness University
e con l’Oneness Diksha. Si sono resi conto che il processo può aiutare chiunque, quale che sia la fede alla quale
uno appartiene o in cui si riconosce, perché apre alla
connessione e al contatto con il divino in generale. Ci
sono anche molti leader politici che si stanno interessando a quello che stiamo facendo e che ci vogliono dare
supporto, avendo capito quanto il processo della Oneness può aiutare le persone in ogni parte del mondo.
Noi desideriamo che tutti vengano a provare di persona
e che verifichino quanto può servire a loro, nella loro
vita. Siamo aperti a lavorare con tutti quelli che hanno
una visione simile alla nostra, anche se il linguaggio può
essere apparentemente diverso. In realtà il messaggio è
universale, appartiene a tutti e passa dal cuore. Perciò
questo vale anche per tutti voi: se siete stati toccati da
ciò che vi è successo, aiuterete gli altri.
Oneness Temple
Inaugurato nella primavera 2008 è un luogo in cui
meditare e connettersi con il Divino
I
l Tempio dell’Unità è un gigantesco edificio di marmo a
tre piani, costruito sulla base dei principi vaasthu, l’antichissima geometria sacra della scienza vedica. Architettura,
misure, corrispondenze e geometrie si ricollegano alle proporzioni utilizzate per altri edifici sacri, come le piramidi
degli Egizi e dei Maya. Non tutto è completato: si sta ancora lavorando per ricoprire la struttura esterna di marmo
bianco e mancano ancora una serie di finiture. L’obiettivo
è di inaugurarlo nella primavera 2008.
Nel tempio potranno pregare e meditare fino a 8.000
persone contemporaneamente: questo creerà un fortissimo campo energetico, che aiuterà l’umanità a elevare la
propria coscienza e a risvegliarsi.
Il numero 8.000 è la radice quadrata di 64.000 (ovvero
più o meno l’1% della popolazione mondiale, che è oggi
di circa 6,5 miliardi di persone) ed è stato calcolato in
base alle ricerche sull’effetto campo della Meditazione
Trascendentale di Ramana Maharishi: basta infatti che
una percentuale, piccola ma significativa, di persone mediti attivando un certo livello di coscienza per influenzare i campi della coscienza umana a livello mondiale e far
DIKSHANEWS
scattare in breve tempo una trasformazione collettiva.
Il tempio è stato pensato e costruito in modo che chi vi
entra e lo attraversa, salendo fino al terzo piano, compia
un percorso di purificazione, dato che ogni livello del
tempio attiva diversi chakra e, via via che si sale verso
la grande sala al terzo piano, si sperimentano stati di
coscienza differenti.
Al centro della sala di meditazione superiore, la più grande senza colonne di tutta l’Asia, ci sarà un trono vuoto,
senza nessuna immagine o simbolo, in modo che chiunque vi entri a meditare e a pregare possa immaginarvi
il “proprio” Dio: un cristiano potrà sentire la presenza
di Cristo, un ebreo di Jahvè, un buddista di Buddha,
un hindu di Krishna, un musulmano di Allah, e chi lo
vorrà potrà contattare semplicemente la Presenza divina
dentro di sé. Da una prospettiva di Oneness, ovvero di
unità, non ha importanza infatti se il dono del risveglio
e della realizzazione del Divino avvenga attraverso una
certa immagine o presenza percepita: quello che conta è
l’intento, l’apertura del cuore, la connessione di amore
con tutta l’umanità e con l’universo.
29
San Francesco
d’Assisi
Incarnazione dell’amore e della semplicità,
è stato un ponte tra Oriente e Occidente
di U. B. Satyam
L
’astrazione di Dio - irrangiungibile e ineffabile, come
affermano mistici di varie epoche e culture - diventa
più comprensibile e “visibile” agli esseri umani quando s’incarna in un loro simile: è la manifestazione più elevata del
divino. È il caso di avatar come Sri Bhagavan e Amma, è
stato il caso di Osho, di Sri Aurbindo e Mère, per rimanere
nella tradizione indiana, e prima ancora, in epoche e contesti diversi, di moltissimi altri mistici del passato. Questa manifestazione assume una connotazione particolare in San
Francesco d’Assisi (1181-1226): la sua carica di umanità,
la semplicità dei suoi modi e della sua vita sono note ben
oltre i confini d’Italia. Dai suoi scritti e dagli aneddoti
che ci sono stati tramandati - al di là del dubbio se siano
una fedele descrizione della realtà o, come spesso accade
in questi casi, una trasposizione libera dei suoi devoti ci rendiamo conto che il nostro Francesco è certo molto
vicino a Gesù, ma anche ad altre figure di tradizioni e
culture diverse. E in questa sede vogliamo porre in rilievo
alcune somiglianze tra lui e quello che viene trasmesso
nei corsi in India dell’Oneness Diksha.
Prendiamo il suo amore per il divino, non staccato dalla
creazione ma totalmente unito: non è forse più vicino
al concetto della Oneness, dell’Unità o, per allargare il
discorso, alla tradizione advaita della non dualità che in
India è nata e fiorita, piuttosto che al pensiero, sviluppatosi nella filosofia occidentale, secondo cui il mondo
materiale è contrapposto al mondo spirituale? In questo
senso tutto il Cantico delle Creature è testimonianza forte e
accorata della lode a Dio, che si accompagna a quella degli elementi da lui creati: sole, luna, stelle, vento, acqua,
fuoco, terra, morte. Meglio sarebbe dire che quelle che
Francesco chiama “creature del Signore” sono una diretta
30
emanazione del Divino: la concezione non duale (advai- Se nel suo amore folle Francesco ci ricorda tanti mistita, appunto) sembra decisamente prevalere.
ci Sufi, inebriati dall’Amore per il Divino, il suo amore
Anche gli attributi di Dio che troviamo nel Cantico delle verso gli animali ricorda quello di Sri Bhagavan RamaCreature (altissimo, onnipotente e buono) non possono na Maharshi (1879-1950), il saggio vissuto ai piedi della
non richiamare i tre attributi dell’Assoluto dell’Indui- montagna sacra di Arunachala, nell’India del Sud, nel
smo: Satyam, Shivam, Sundaram, che si possono tra- secolo scorso. Tre anni fa è uscito un libro dedicato al
durre come Verità, Bontà e Bellezza. Al di là di even- suo amore per gli animali, pieno di episodi che fanno
tuali contaminazioni fra culture, si può vedere in questi pensare a Ramana come un moderno San Francesco (Sri
aspetti sintonici la prova che tutte le tradizioni religiose, Ramana, friend of Animals). Non solo: Ramana trascorse
prima ancora delle divisioni sfociate persino in guerre lunghi anni nella grotta di Virupaksha, intitolata a un
sanguinarie, hanno una matrice comune e che la Verità è maestro che vi era andato a meditare e che fu più o meno
Una sola, pur esprimendosi in mille modi diversi.
contemporaneo proprio di Francesco.
E che dire del senso di gratitudine, della capacità di in- Anche Ramana, come Francesco, oltre che per l’amore
segnare la preghiera non come richiesta di qualcosa da per gli animali è ricordato per la semplicità, per l’amore
parte dell’uomo a Dio, ma come espressione di lode e incondizionato, la dolcezza e, allo stesso tempo, la forringraziamento? Se nel Cantico e nei Fioretti è il filo con- za e determinazione nel perseguire il suo cammino di
duttore, come non ricollegarla a quanto insegnano le realizzazione spirituale e di condivisione di questa sua
guide durante il processo in India?
passione con chiunque incontrasse.
Un altro aspetto importante nell’intento della Oneness Lo descrive bene Arthur Osborne, uno dei maggiori deUniversity è favorire la fioritura del cuore. Proprio questo voti di Ramana Maharshi. “Il 17 giugno 1948 Lakshmi (la
spostamento dalla testa al cuomucca che viveva nell’ashram
L’amore è sempre stato
re - elemento che fa diventare
sin dal 1926) si ammalò e la
“brillanti” in qualunque campo
mattina del 18 sembrò che la
l’insegnamento profondo
- è indicata come la soluzione
sua fine fosse imminente. Alle
di tutti i grandi mistici,
ai problemi che attanagliano il
dieci Sri Bhagavan andò da lei:
maestri, profeti e avatar,
nostro pianeta, malato di sen“Amma (Madre)”, disse, “vuoi
indipendentemente dall’epoca
so di separatezza, divisione ed
che ti stia vicino?”. Sedette ace dal luogo in cui sono vissuti
egocentrismo. Certo l’amore è
canto a lei, poggiandole la testa
ed è sempre stato l’insegnamensulle gambe. La guardò fisso
to profondo di tutti i mistici, maestri, profeti e avatar, negli occhi e le mise la mano sulla testa, come per darle il
indipendentemente dall’epoca e dal luogo in cui sono Diksha (l’iniziazione o benedizione), e sul cuore. Tenenvissuti. Ma non è forse in Francesco d’Assisi un tratto ca- do la guancia sulla sua, l’accarezzò. Contento perché il
ratterizzante, che segna non solo le sue parole ma anche suo cuore era puro, libero da reminiscenze di vite passate
i più piccoli gesti quotidiani?
e concentrato totalmente su Bhagavan, si congedò da lei
Osho, che amava profondamente Francesco e se ne di- e andò nel refettorio per il pranzo. Lakshmi rimase cochiarava un ammiratore, ha messo in rilievo ripetuta- sciente fino all’ultimo; i suoi occhi erano calmi. Alle unmente la sua particolare “pazzia”, accomunandolo ad dici e trenta lasciò il corpo, tranquillamente. Fu sepolta
altri grandi mistici del passato e sottolineando la sua all’interno dell’ashram con i dovuti riti funebri, accanto
qualità rara di saper vivere la vita dal cuore anziché dalla alle tombe di un daino, un corvo e un cane che Sri Bhatesta. Si riferiva al suo parlare agli alberi, agli animali, agli gavan aveva voluto fare seppellire là. Sulla sua tomba fu
uccelli chiamandoli fratelli e sorelle e ottenendone rispo- posta una stele quadrata con sopra il suo ritratto. Sulla
sta. Oggi Francesco verrebbe forse messo in un manico- stele fu scolpito un epitaffio scritto da Sri Bhagavan che
mio… eppure proprio recentissime ricerche scientifiche diceva che essa aveva ottenuto la mukti o liberazione. Dehanno dimostrato che non solo gli animali, ma anche le varaja Mudaliar chiese a Bhagavan se quella dovesse inpiante e persino le rocce e le pietre, ritenute a torto inerti tendersi come una frase convenzionale – come quando si
e insensibili, sentono e rispondono agli stimoli, al di là dice che uno ha raggiunto il samadhi, per dire in maniera
della loro apparente natura inanimata.
garbata che è morto – o se intendeva davvero mukti, e Sri
Francesco, fidandosi del proprio intuito e usando la forza Bhagavan rispose che intendeva proprio mukti.”
dell’amore, più volte ha parlato, anzi dialogato con crea- Quando ero piccolo il frate di Assisi riusciva a suscitare
ture della terra e del cielo. Famosissime sono le prediche in me una forte simpatia, prima ancora che grande amagli uccelli o l’episodio in cui ammansì il lupo di Gubbio, mirazione, più di tanti altri santi. Così Ramana e San
ma ci sono anche racconti meno noti, sull’addomesticare Francesco avranno sempre un posto particolare nel mio
le tortore o parlare con i pesci (quest’ultimo episodio dei cuore e credo accada a chiunque sia disposto ad aprirsi a
Fioretti ha in realtà per protagonista Sant’Antonio).
questa dimensione.
DIKSHANEWS
31
Risvegliarsi
all’Unità
Un libro di Arjuna Ardagh per capire
cosa c’è “dietro” l’Oneness Diksha
“C
i sono parecchie cose che
mi hanno impressionato
nel corso della mia prima visita alla
Oneness University. Innanzitutto le
guide, con la loro straordinaria qualità di unità. Persone che vivono insieme, lavorano insieme, stanno insieme
come tanti corpi e un unico cuore,
un’unica coscienza. La seconda cosa
è l’Oneness Diksha in sé. Negli anni
ho praticato molti tipi di meditazione, preghiere, esercizi fisici. Ed era
sempre qualcosa di “casuale”. Potevi fare la stessa pratica giorno dopo
giorno, qualche volta ti capitava un
colpo di fortuna e ti sentivi immerso
in uno stato di pace, ma la maggior
parte delle volte ti trovavi in mezzo
al guado nella palude della mente.
L’Oneness Diksha è un’altra cosa: veloce, lineare, preciso. Sembra colpire
nel segno ogni volta e mantenere ciò
che promette. Anzi, sembra quasi che
abbia una sua propria intelligenza: sa
sempre dove andare a parare e di cosa
c’è bisogno: di guarire qualche parte,
di lasciar andare dei ricordi, o solo di
approfondire il silenzio. La terza cosa
che mi ha scosso è stata la visione da
cui è scaturito tutto quanto. Amma e
Bhagavan avevano un piano. E non
solo un piano per qualche veterano
della meditazione come me e i miei
amici, ma addirittura per trasformare
la coscienza globale. Un piano che a
32
prima vista può sembrare ridicolmente ottimista, ma che ha attratto l’attenzione e ottenuto il supporto di leader
politici e religiosi, uomini di cultura
e celebrità dello spettacolo in tutto il
mondo”.
Con queste parole Arjuna Ardagh
spiega com’è cresciuto in lui l’interesse per l’Oneness Movement, al punto
da indurlo, dopo la sua prima visita
in India per il percorso di 21 giorni, a
ritornarci per scrivere un libro.
Pubblicato nella primavera del 2007,
Awakening into Oneness – The Power of
Blessing in The Evolution of Consciousness è oggi il testo più completo e
più stimolante sul Movimento dell’Unità, su quanto accade alla Oneness University, sui suoi fondatori,
sul percorso che propongono, sul
Diksha e i suoi effetti. Ricco di centinaia di testimonianze, fa luce su
questo fenomeno ormai planetario
con il piglio deciso del giornalista e
l’emozione vera di chi ha vissuto in
prima persona l’esperienza e ne è rimasto segnato.
Arjuna Nick Ardagh, inglese, laureato in letteratura all’università di
Cambridge, ha cominciato fin da
giovane a interessarsi di spiritualità.
Ha viaggiato in tutto il mondo e lavorato con diversi maestri spirituali
ed è il fondatore della Living Essence Foundation, un’associazione
no profit dedicata al “risveglio della coscienza nell’ambito della vita
quotidiana”, che ha sede a Nevada
City, California, dove Ardagh vive
con la moglie norvegese e due figli.
Awakening into Oneness parte dalle
esperienze della scuola di Jevashram,
fondata da Bhagavan nel 1984, e ripercorre la storia dei primi “risvegli
di coscienza” negli alunni, a cominciare da quello di Khrishna, figlio di
Bhagavan e Amma, e dei suoi giovani amici, i futuri Anandagiri, Samadarshini, Vimalkirti, principali guide
del Movimento.
Ardagh ne ripercorre poi le tappe,
dopo la chiusura della scuola nel
1994 e la sua riapertura, con il nome
di Satyaloka, come campus per la
formazione delle guide destinate
a diffondere il messaggio dei due
avatar. E poi la scelta di fondare la
nuova sede della Oneness University
in una zona rurale a nord di Chennay, a Varadaiahpalem, dove si trova
oggi. E infine l’avvio dei corsi anche
per occidentali, a partire dal 2004,
nel nuovo campus poco distante
dall’Oneness Temple.
Ma cos’è l’Oneness Blessing o
Diksha? Per rispondere, al di là della
propria esperienza personale, Ardagh
ha intervistato centinaia di persone.
“Per quanto le soggettive esperienze
possano essere diverse da una perso-
na all’altra, e in ogni singola persona l’Oneness Diksha rispetto alla possi- fra sé, gli altri e l’universo in generatra un Diksha e un altro, i milioni di bilità di raggiungere livelli di coscien- le. In questo senso le persone sono
esseri umani che finora lo hanno rice- za più elevati. “Il Diksha può attivare “risvegliate” al loro vero Essere o, se
vuto in tutto il mondo ci consentono una trasformazione verso uno stato si vuole usare questo termine, “illudi evidenziare alcune delle esperienze di coscienza totalmente diverso, nel minate”.
più comuni che possono accadere”. quale il senso dell’Io come entità Ardagh ne ha intervistate diverse,
Ardagh le riassune così: una riduzione separata si dissolve” scrive Ardagh. su indicazione di Bhagavan. E presdel chiacchiericcio della mente, una “Ciò che rimane è una semplice, di- soché tutte, alla domanda “Ti senti
maggiore consapevolzza sensoriale, retta realizzazione dell’Unità, non illuminato?”, hanno risposto di non
un naturale sentimento di pace e di offuscata dalla nostra mente concet- averne idea, di non sentire niente di
benessere, una diminuzione dei con- tuale. In questo senso, è qualcosa di particolare, di stare semplicemente
flitti interiori, la capacità di diventare così profondamente semplice e nel molto bene, di essere in pace con il
osservatore, la rottura degli schemi. contempo straordinario, da sfidare mondo, di vivere felicemente la proOltre a questi cambiamenti, che atten- ogni logica”.
pria vita… Ci sono persone che non
gono alla vita quotidiana e la rendo- Ma per esplorare questo aspetto, av- sanno di essere illuminate, mentre
no più agevole, meno stressata e più verte l’autore, è importante parlare altre se ne rendono conto.
funzionale, alcune persone riescono anche degli equivoci che hanno dato Ma proclamarsi illuminati non è afad avere esperienze più specifiche di adito in questi anni ad alcune criti- fatto una garanzia di esserlo. “Il mae“risveglio nell’unità”, con il dissolversi che verso il Movimento, soprattutto stro indiano Yogananda” racconta
graduale del senso di essere separati.
su internet. La prima è la presunta, Ardagh in proposito “venne interviArdagh dedica una serie di castato un giorno da un giornalista
Il testo contiene anche
pitoli ai vari effetti dell’Oneche gli chiese se era illuminato.
ness Diksha in diversi ambiti: il
Yogananda restò in silenzio per
una serie di testimonianze
primo descrive, con il supporto sugli effetti dell’Oneness Diksha un po’ ma il giornalista insistetdelle testimonianze di diversi
te. Allora il maestro disse: “Se
rispetto alla possibilità
scienziati, gli effetti a livello
qualcuno dice ‘io sono illumineurobiologico sul cervello; un di raggiungere livelli di coscienza nato’ probabilmente non lo è.
sempre più elevati
altro gli effetti benefici a livello
Se qualcuno dice ‘io non sono
fisico, anche in termini di vera
illuminato’ probabilmente non
e propria guarigione.
subitanea “illuminazione” raggiunta lo è.” E poi tacque. Perché? Perché
Altri capitoli riportano interessantis- dalle persone che avevano seguito il ammesso che l’illuminazione significhi qualche cosa, significa la totale
sime testimonianze sugli effetti del corso dei 21 giorni.
Diksha in ambito interpersonale, so- “A qualcuno succede di avere delle dissoluzione di un qualsiasi interesse
prattutto nelle relazioni con le per- esperienze spirituali particolarmente rispetto a un io. E quindi le parole
sone più vicine, nel rapporto con il intense, e di coltivarne il ricordo, ag- “io” e “illuminazione” non possono
partner e in quello tra genitori e figli; grappandovisi, al punto da persuade- nemmeno stare nella stessa frase.”
altri ancora sono dedicati al lavoro re se stessi e gli altri di aver raggiunto Cosa resta, dunque? Il resto è silendella Oneness University con i gio- i picchi dell’illuminazione”. Ma il zio, diceva Shakespeare. E anche
vani, agli effetti benefici del Diksha più delle volte, precisa Ardagh, si Ardagh, raccogliendo i racconti che
parlano di pace interiore, di grande
rispetto al mondo del lavoro e del- tratta dell’ennesimo gioco dell’ego.
l’arte, con il resoconto di persone la Non solo: la parola illuminazione calma, di puro stare con quel che
cui vita è totalmente cambiata – e in viene usata, spesso, con significa- c’è, di fiducia e compassione, alla
meglio! – anche a livello professio- ti molto diversi. Ardagh spiega che fine conclude: “Tutte queste qualità
nale; e più in generale nella società, alla Oneness University in genere ne sono la descrizione di come appare
facendo riferimento non solo alle danno una spiegazione molto neuro- la realtà dopo che il cervello è stato
positive esperienze del Movimento biologica, in termini di diminuita at- riportato al suo equilibrio naturale…
in India, e in particolare con gli abi- tività dei lobi parietali e aumento di non sono la ricetta per come operare
tanti dei villaggi rurali che orbitano attività in quelli frontali, soprattutto la trasformazione. Ovvero, le qualità
intorno alla Oneness University, ma il sinistro. Questo fatto – quando descritte sono i sintomi di un cervelanche in altri paesi del mondo, piut- diventa permanente ed è verificabi- lo trasformato, non il cammino per
tosto che nell’ambito della riabilita- le con metodi scientifici - determina arrivarci.” E la trasformazione può
zione dei carcerati.
quella trasformazione nel funziona- avvenire davvero soltanto quando ci
Infine, un capitolo molto importan- mento del cervello che induce a non si apre alla Grazia, facendole spazio
te è quello dedicato agli effetti del- sentire più il senso di separarazione dentro di sé.
DIKSHANEWS
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Linda nei nostri cuori
Il 2 luglio 2007 Linda Canteri
ha lasciato il corpo. Ma è rimasta
con noi la sua anima grande, a
continuare il compito di testimoniare
e diffondere l’Oneness Diksha in
Italia e nel mondo. Con il marito,
Franco, è stata una dei primissimi
italiani che sono stati in India
a fare il processo dei 21 giorni. Poi
hanno creato, insieme ad altri amici,
tutto questo. Vogliamo ricordarla
attraverso le parole di chi l’ha amata
e da lei ha ricevuto amore
Franco. Quasi trent’anni fa in luglio,
durante un corso di meditazione in
alta montagna, il Divino mi ha fatto conoscere Linda. Io avevo chiesto
di incontrare una persona con tanta
gioia dentro e la mia preghiera è stata
accolta con molta generosità.
Ho trovato un grande Essere, una
persona che mi ha fatto vivere la vita
con grande intensità, sempre basata sull’amore. Quanto amore mi ha
dato! Ho vissuto condividendo con
lei grandi sogni e realizzandoli.
Insieme abbiamo girato il mondo
e incontrato persone straordinarie.
Con Bhagavan Linda parlava in totale libertà, come se fosse suo papà e
lui comunicava con lei in un modo
molto vivo e intenso.
Linda aveva molto coraggio, sentiva le
cose e andava avanti con un profondo
senso di giustizia e di rispetto. Il suo
approccio alla vita di tutti i giorni era
molto creativo, aveva un senso straordinario del bello e dell’armonia.
Sapeva ascoltare le persone e quello
che diceva andava direttamente a
toccare il loro cuore, in profondità.
Aveva molta sensibilità e saggezza:
i suoi consigli erano sempre veri e
reali, e ha cresciuto una figlia rispet34
tando profondamente la sua natura,
aiutandola con tantissimo amore a
crescere come era giusto per lei.
Christian. Un paio d’anni fa stavo
passando un momentaccio, impantanato in problemi su ogni fronte:
affetti, lavoro, rapporti familiari e interpersonali. Fino a quel primo, misterioso e sorprendente Diksha e la
tua presenza straordinaria che metteva un sigillo d’inconfutabile autenticità, perché tu eri la prova vivente di
quel meraviglioso sogno che andavi
a diffondere, la Oneness di Amma e
Bhagavan, e che ora è anche il mio
sogno. Da quel giorno ho intrapreso un percorso di riconquista di me
stesso e di liberazione dalla paura e
dalla sofferenza. Grazie, Linda.
Sandra. Cara Linda, ti sono infinitamente grata! Il mio primo Diksha
l’ho ricevuto da te e da Franco a Pisa.
Mi ricordo che rimasi profondamente colpita per tutto quello che stavo
ricevendo. Mi emozionarono da
subito i tuoi occhi così luminosi e
amorevoli. La mia vita è decisamente cambiata da quel giorno. Ancora
grazie, con infinito amore!
Lorenza. Quanti cuori hai toccato
e risvegliato! Io ti voglio ricordare
con l’amore che ho visto nei tuoi occhioni sorridenti quando ad  Abano
ti dissi: grazie per tutto l’amore che
mi hai trasmesso! E tu molto semplicemente mi hai risposto: “Chi dà
amore riceve amore”.  Quanta verita’
in questa semplice frase. Tu aiuterai
la crescita di consapevolezza di molte anime perché la tua missione sta
continuando su altri piani. Ora appartieni a tutti noi. 
Antonella. Cara Linda, ci avevi dato
una grande speranza. Adesso so anche che continuerai a seguirci dalla
tua nuova dimensione, a ispirarci, se
è possibile, con i tuoi modi garbati e
gentili. Com’eri gioiosa e felice alla
conferenza di Anandagiri a Milano
l’anno scorso!
Ho avuto la fortuna ti poterti incontrare e ricevere il Diksha da te. Quello da cui sono rimasta colpita era il
tuo modo di stare in mezzo a tutti
noi, con umiltà. E mi aveva colpito
anche lo sguardo dolce e amoroso
con cui Franco, tuo marito, ti guardava… Sarai sempre nella luce, sarai
sempre qui con noi. Oneness
Conference
2008 con
Anandagiri
Anandagiri coordina il gruppo delle oltre 200 guide
della Oneness University ed è Ambasciatore
degli insegnamenti della Oneness University nel mondo
e della loro diffusione attraverso l’energia del Diksha.
Conduce inoltre il Progetto dei 100 Villaggi,
che prevede il progressivo risveglio degli abitanti
di oltre 150 villaggi nei dintorni della Oneness
University, nel sud dell’India, ed è molto amato
da milioni di indiani per la sua natura innocente
e amichevole. Dal 1996 ha viaggiato in tutto l’Occidente
tenendo ovunque workshop per il risveglio spirituale
e toccando gli animi con la sua straordinaria saggezza,
eloquenza e semplicità. Stare alla sua presenza
è di per sé un potente Diksha, che trasforma
tutti coloro che lo circondano.
Anandagiri ha già tenuto due importanti incontri
in Italia: a Milano nel giugno 2006 e ad Abano
nel maggio 2007. Terrà di nuovo una Oneness
Conference nella primavera 2008.
Per informazioni: www.Diksha.it
T O
S E T
M a n k i n d
F R E E .
w w w. d i k s h a . i t
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