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Ecuador Burklna Faso Benin Egitto Brasile Argentina CapoVerde
Albania
Argentina
Benin
Bolivia
Brasile
Burklna Faso
CapoVerde
Cile
Colombia
VITA SE'ITEMBRE
Egitto
2012
Ecuador
I
\ ...
Sinti
SE'ITEMBRE 2012 VITA
I
n interno giorno. Una famiglia africana seduta nel proprio salotto. Di
sfondo, dietro di loro, non una scena
tribale o qualche ritratto di famiglia,
ma un poster gigante della Venere
di Botticelli a grandezza umana.
Siamo in un anonimo appartamento di un'anonima palazzina in
via Palmanova, a Baranzate, periferia
nord di Milano. Quartiere, poi Comune, di antica immigrazione meridionale - a due passi da qui, ad Arese,
c'erano gli stabilimenti della grande
fabbrica Alfa Romeo. Immigrati industrializzati e poi imborghesiti, che
hanno via via lasdato il campo, a
Baranzate, ad altre stirpi di migranti. In questi poco più che 2,5
km quadrati di territorio comunale si contano oggi più di 70
diverse etnie provenienti da tutto il mondo. Famiglie senegalesi,
filippine, brasiliane, ecuadoregne, rumene, nigeriane, kosovare,
tutte concentrate nel "quartiere di Via Gorizia". La via più malfamata e più interessante di Baranzate, dove si concentra in poche
vie il 57% della popolazione straniera dell'intero comune, dove
gli spunti di cronaca (nera) non mancano, stando a una lettura
superfidale di quotidiani e notiziari. Ma dove, se d si va, si
scoprono stupefacenti - nella loro normalità - storie di condivisione.
BRACCIO DI FERRO
Come quella di Issa Bathily, segretario di Jappò, l'assodazione
che raccoglie la comunità senegalese di Baranzate. Jappò è nata
quattro anni fa al n. 27 del quartiere Gorizia, ed approfitta dell'ospitalità della sede del Partito Democratico che concede una
sala per le riunioni. A Baranzate i senegalesi sono oltre 300 e
capita spesso, mi dice Issa, che abbiano bisogno di assistenza
sodale, un aiuto per il visto, ma anche sostegno economico:
come quello che l'assodazione ha recentemente
offerto a una
ragazza che non aveva i mezzi per delle cure e per il suo viaggio
in Senegal.
Arrivato in Italia nel 2007, Issa parla perfettamente l'italiano.
Quando glielo facdo notare mi spiega che, dopo un breve periodo
a Brescia, è approdato a Milano per lavoro, ed è venuto subito ad
abitare a Baranzate. Qui ha frequentato per circa un anno il
corso di italiano organizzato «gratis» dalla parrocchia di Sant'Arialdo, ed ora è lui stesso a insegnare l'italiano ai senegalesi e
agli altri stranieri che ruotano intorno alla parrocchia. Ma non è
la sua unica attività di volontariato: Issa partedpa anche al
progetto "Bracdo di Ferro", una sorta di doposcuola dell'oratorio,
dove assiste i bambini stranieri e italiani con i compiti e li fa
giocare. Il lavoro? Per un po' ha fatto il magazzini ere, ora è disoccupato. Così mette il suo tempo a disposizione «dei dttadini
di Baranzate», come dice lui. Tutti? «Tutti, senza problemi».
GRAZIE A SANT'ARIALDO
«Problemi? E perché?», esordisce con naturalezza Bàbilin. Nata
e cresduta nelle Filippine, arriva in Italia nel 1994 come suora
con voti temporanei. Nel 1996 si sposta in Sicilia, a Ragusa, a
fare l'apostolato in una casa di riposo. Nel 2004 però dedde di
lasdare la vita religiosa. «Si può fare apostolato anche da fuori»,
dice. È così che Bàbilin cominda a fare la badante, e nel 2005
arriva anche l'amore. Conosce il marito, di Ragusa ma emigrato
ormai da anni a Milano. Per seguire lui approda a Baranzate, nel
2006, dove trova anche il suo padre spirituale, don Paolo, e nel
2007 nasce la piccola Matilde. Ma anche da mamma Bàbilin continua a fare volontariato nella "sua" Baranzate, a insegnare catechismo alla parrocchia di Sant'Arialdo, e a frequentare peruviani,
nigeriani, e persone di ogni tipo che grazie alle riunioni della
Rete Interculturale e di "Il mondo nel quartiere" hanno sviluppato
un'amidzia e una coesione che per lei significano "famiglia".
Tanto che, ~entre molti suoi connazionali di Baranzate frequentano un centro di Milano, dove la Messa viene celebrata in
filippino, lei preferisce rimanere fedele alla parrocchia del
quartiere.
Un forte attaccamento alla parrocchia e alla "grande famiglia"
sorta intorno alla figura di don Paolo emerge anche dalle parole
di Michel, del Benin, in Italia dal 1988 e in possesso dell'ambita
dttadinanza. Da anni è magazziniere in una ditta metalmeccanica,
ed è felice di abitare a Baranzate «nonostante la recente "invasione
albanese"», si lascia scappare. La forza del quartiere? «La parrocchia
di Sant'Arialdo, che ha accettato di stipulare un gemellaggio con
la Chiesa di Savalou, la mia parrocchia di riferimento in Benin.
Grazie a questo accordo, qui da Baranzate abbiamo promosso la
costruzione di orfanotrofi là nel mio Paese. Anzi, nel mio ex
Paese», si corregge.
La contingenza economica non è delle migliori, e la maggior
parte di queste famiglie è in condizioni economiche e lavorative
La festa del16 settembre
E quest'anno Baranzate
va in trasferta
Partita come piccolamanifestazione "diquartiere", quest'anno l'iniziativa"IlMondo nel
quartiere", che da quattro anni mette in strada il melting pot multietnico di Baranzate (Mi)
esce dai propri confini. E dal comune dell'hinterland nord di Milanoentra in città. coinvolgendo in una serie di eventi e iniziativedue quartieri ad alta densità d'immigrazione e di integrazione: via Padova e ilquartiere Dergano.
L:iniziativaè promossa da un buon modello di mix pubblico-privato-privato sociale che vede
affiancati l'AreaServizialla Persona del Comune di Baranzate e la Cooperativa Dike,nell'ambito del Progetto S-cambio, finanziato dalla Fondazione Cariploe promosso dall'Azienda
Speciale Consortile"ComuniInsieme per lo sviluppo sociale".
L'appuntamento è per il16 settembre: si iniziain via Padova con un aperitivo musicale dell'Orchestra di ViaPadova, alle 15stand aperti in via Dergano per la prima festa di ColtivAzioni socialiurbane, con laboratori sul cibo del mondo, e dalle 16si entra nel vivo della festa in
via Gorizia.Per informazionisul programma: www.facebook.com/ilmondonelquartiere
Turchia
VITA
SETTEMBRE2012
Togo· Costa d'Avorio
r
difficili.Eppure ciò che colpisce da questi stralci di chiacchierate,
da questo piccolo esempio di "intercultura in divenire", è la
voglia di collaborare, condividere, costruire. La disponibilità a
impegnarsi in prima persona. E la capacità che ha avuto il
territorio di autogenerare forme di incontro e di partecipazione.
Ne è un esempio la Rete Interculturale Solidale, creata dalla cooperativa Dike, che si occupa di mediazione dei conflitti sociali e
penali, e che ha messo insieme una cinquantina di volontari di
diverse nazionalità che partecipano all'allestimento dei banchetti
gastronomici delle diverse comunità (si va dai rom, ai filippini,
dallo Sri Lanka all'Ecuador per arrivare alla Calabria) che compongono la festa annuale "Il mondo nel quartiere", quest'anno
fissata per domenica 16settembre (vedi box).
«Proprio il fatto di avere così tante e diverse nazionalità fa sì
che non si creino dei ghetti, ma anzi ci si parli in italiano, ed è
l'essere uniti nelle difficoltà a stimolare la voglia di creare
comunità e di dedicare il proprio tempo all'azione, anche gratuita
e volontaria, per la collettività», spiega Miche!.
L'EFFETTO ESPONENZIALE
Insomma, il quartiere Goriziaè una specie di Eden? «Tutt'altro»,
stronca gli entusiasmi don Paolo Steffano, fulcro, motore e
collante del quartiere. «Le criticità del quartiere sono un po'
quelle di tutti i quartieri con queste caratteristiche». Il problema
è quello che don Paolo chiama "l'effetto esponenziale": «Se ti
tiro una sberla si tratta di una sberla, se te la tiro a Baranzate
allora subito è "Violenzaa Baranzate". Certo, le situazioni -limite
non mancano, sono tante le famiglie monogenitoriali e in quel
caso perdere il lavoro o avere una diflj.coltàrende tutto più complicato. Una signora cilena è stata ricoverata e l'unica soluzione
per le figlie si è rivelata "l'adozione pastorale", così le due
bambine sono state divise e sono state ospitate nelle due diverse
parrocchie del paese ... Un dramma tra i tanti che capitano».
Don Paolo spesso è costretto a ricorrere a soluzioni-tampone
attingendo al fondo solidale che viene dalle offerte e dalle poche
migliaia di euro all'anno ricavate dalla raccolta dei tappi.
Ma esistono gruppi etnici con cui la convivenza è più difficile?
Don Paolo sorride, parla di una comunità cinese <mumerosissima
ma invisibile», e di <<unacomunità musulmana assolutamente
in sintonia con la parrocchia». Perché in fondo i poveri soffrono
insieme e «non fanno mai la guerra. La fanno quando i ricchi decidono che devono farla».
Mail cosiddetto disagioc'è, e tante giovanicoppie di baranzatesi,
appena possono, tagliano la corda. Alla scuola materna il 78%
dei bambini è di origine straniera, e questa percentuale «agisce
purtroppo come disincentivo per le coppie italiane». Qual è la
fatica più grande, nel rapporto con i cittadini italiani di Baranzate?
«Evitare che le persone diventino categorie. Perché se togli la categoria, allora affronti le relazioni», spiega il sacerdote.
GLI ITALIANI DOVE SONO?
«Il problema della "percentuale" nelle nostre scuole non è altro
che una bolla», spiega deciso Franco Cesaratto, vicesindaco di
Baranzate con delega agli Affari Sociali. «Sebbene la scuola comunale registri una percentuale di bambini "stranieri" molto
alta, si tratta in realtà di bambini di seconda generazione. Dietro
nomi e cognomi esotici si celano cioè un livello di integrazione e
di profitto molto più alti di quello che si potrebbe immaginare».
Cesaratto non nega le difficoltà linguistiche o di inserimento
scolastico, ma sostiene che proprio su questo tema servono sostegno esterno e la valorizzazione di questa esperienza pilota,
mentre gli investimenti per gli enti locali in questo momento
scarseggiano. «Scappare da Baranzate quando la società in cui ci
prepariamo a inserire i nostri figli è multietnica non ha senso»,
spiega Cesaratto «per non parlare del fatto che se non ci fossero
queste fughe, avremmo delle classi più omogenee e quindi i
bambini stranieri riuscirebbero a inserirsi meglio».
Il vero problema sta fuori - se pur a due passi - dal quartiere>
SETTEMBRE
2012
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> Gorizia e da Baranzate. Si tratta del campo rom di via Monte Bisbino: uno spazio a sé, con una cesura anche fisica, una recinzione,
che lo tiene fuori dal Comune, e dove baracche di legno si
alternano a villette appena costruite nel terreno acquistato dai
nomadi, un tempo una discarica. Qui abitano centinaia di persone
ormai stanziali e molte di loro vivono di furto e accattonaggio.
Ma è un tema slegato dal discorso immigrazione, considerato
che il campo esiste dagli anni Settanta, ovvero ben prima dell'ondata migratoria che ha cambiato il volto del paese. E che in
realtà il campo è formalmente sul territorio del Comune di
Milano, anche se le ricadute in termini di erogazione di servizi
gravano sull'amministrazione
di Baranzate. «Una situazione paradossale», si rammarica il vicesindaco, «ma così è. Difficilmente,
nonostante una minoranza di casi di integrazione riuscita, questo
tipo di presenza rispetta le regole di una frequenza scolastica
continua e pone i presupposti per seguire i ragazzi anche fuori
dall'ambito scolastico»,
Queste fotografie
Reportage senza confini.
alle porte di Milano
Le immaginidi queste pagine sono frutto di un lungo lavoro di
Bruno Zanzottera. fotografo e fondatore insieme ad Alessandro
Gandolfi.Sergio Ramazzotti e Davide Scaglioladell'agenzia ParalleloZerodi Milano.Zanzottera ha costruito questo progetto insieme alle associazioni di Baranzate e potendo contare sul sostegno
di don Paolo Steffano. parroco di Sant'Arialdo.Tutte le famigliea
cui è stàto proposto hanno aperto le porte delle loro case e hanno
accettato di posare. Illavoro di Zanzottera che Vita pubblica per la
prima volta nellasua integralità verrà esposto in via Padova. a Milano. in occasione della festa "Ilmondo nel quartiere", il prossimo
16settembre.
UNA SCUOLA DI ECCELLENZA
Secondo Cesaratto, è questo a scatenare maggiormente i pregiudizi
dei genitori baranzatesi. «È un campo di 600 individui, che
produce una popolazione scolastica di 60/70 bambini: si tratta
di dimensioni troppo ampie perché il suo impatto sia socialmente
ed economicamente sostenibile dal nostro piccolo Comune. Mi
ricordo come il sindaco Pisapia ha gestito nella sua campagna
elettorale per Milano la questione nomadi: sicuramente quel
genere di ragionamento non lo ha fatto anche per il campo di via
Monte Bisbino», dice. Baranzate ha cercato di far fronte a questa
situazione strabordante in maniera coordinata quattro anni fa,
tramite un accordo con la Prefettura, l'Ufficio Scolastico Regionale
e i distretti scolastici del circondario per una distribuzione della
popolazione scolastica, «Il progetto è fallito perché l'unico
elemento che il Comune di Milano avrebbe dovuto finanziare,
ovvero il trasporto, è venuto a mancare», conclude Cesaratto.
Orizzonte cupo? Qualche luce si vede, e viene da quel grande
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bacino di integrazione che - checché se ne dica - è ancora rappresentato dalla scuola.
La media di Baranzate, in particolare, rappresenta un laboratorio di creatività dove gli insegnanti si specializzano da sé
nei temi dell'Integrazione, vengono creati libri di testo multilingue
insieme agli studenti stranieri, e soprattutto si è riusciti a creare
dell'eccellenza.
Lo scorso anno qui si è "diplomato" il primo
bambino rom. C'è un corso a indirizzo musicale che attira anche
studenti dai comuni limitrofi, e l'orchestra scolastica composta
dalle due terze ha vinto concorsi, ha suonato ad una rassegna
del Conservatorio e viene chiamata ad esibirsi in diversi eventi
pubblici. Se il vento non è cambiato, potrebbe cambiare almeno
la musica ... <
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