Quarto capitolo

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Quarto capitolo
abituale razionale lavorazione, ha potuto ugualmente realizzare un ricavo medio per ql. di uva di poco inferiore a quello realizzato lo scorso anno” (relazione ai Soci - settembre 1955).
Una dettagliata relazione del 1957 ci illustra l’estrema importanza della Cantina in un mercato afflitto da crisi economica e da
sovrapproduzione e la funzione di garanzia che esercita:
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“Siamo lieti di presentarvi i risultati economici della IVa vendemmia (V° esercizio) perché, malgrado vicissitudini che non esitiamo a definire paurose del mercato vinicolo, essi sono soddisfacenti. […]
Il vino diminuiva continuamente di prezzo a causa della sovrabbondante produzione (hl. 5.000.000 in più dello scorso anno) e
preoccupante era il fatto che non si poteva prevedere quando si sarebbe fermato nella disastrosa discesa.
I prezzi erano talmente bassi che perfino i sofisticatori non trovavano conveniente fabbricare vino artificiale coi soliti sistemi
(fermentazione dello zucchero) e sono ricorsi all’aggiunta di alcol denaturato rigenerato, nonché all’uso di carrube e fichi. […]
Un altro fatto imprevedibile e decisivo è poi intervenuto a frenare la discesa dei prezzi: la brina tardiva che ha falciato il 10–15%
della produzione nazionale. I prezzi subito dopo hanno avuto un aumento contenuto per altro entro limiti ristretti […]
Se si tiene conto dei prezzi del vino realizzati dagli agricoltori non associati, possiamo essere pienamente soddisfatti del nostro
risultato economico.
Non bisogna dimenticare poi che la Cantina ha svolto una funzione equilibratrice, sottraendo il peso di ql. 34.511,84 di uva (tanti
ne abbiamo vinificato) dal mercato locale, che altrimenti avrebbe portato a quotazioni bassissime il prezzo in vendemmia: quindi il beneficio della nostra Istituzione è sentito anche da chi non è associato. […]
Abbiamo sentito la necessità di costruire nuovamente altri 7.500 hl. di vasche, anche perché altri agricoltori hanno chiesto di
far parte della nostra Società, vista la crisi vinicola, vista la convenienza economica e vista la difficoltà, specie quest’anno
durante i forti calori estivi, di mantenere sano il vino”.
Ed è così che i 10 anni di vita della Cantina vengono commentati con parole lusinghiere:
“In questa lieta occasione ci è grato porgere a tutti voi i più fervidi auguri di prospero avvenire, che il lungo cammino fin qui
percorso in perfetta armonia di intenti dà la certezza di raggiungere.
Siamo lieti di annunciare che questo primo decennio viene chiuso con risultati soddisfacenti come voi stessi potrete giudicare,
avendo la Società realizzato la più alta liquidazione tra quelle ottenute durante la sua vita” (relazione ai Soci – settembre 1962).
Ma il mercato del vino può essere capriccioso e presentare opportunità e prezzi che possono indurre a non rispettare gli impegni
presi con la Cantina le cui garanzie possono trasformarsi in un ostacolo per maggiori profitti e guadagni.
Il Consiglio di Amministrazione vigila e prende i provvedimenti del caso, prima di tutto denunciando il minor conferimento di
uva da parte di alcuni Soci e ricordando poi gli scopi della Società:
“Il Presidente comunica che durante l’ultima vendemmia si sono verificati casi di defezione da parte di Soci nel senso che, allettati dalla offerta di commercianti, hanno venduto loro l’uva invece di conferirla alla Cantina. Questi Soci dimostrano di non
comprendere la funzione della Cantina, che è stata fatta anche per loro volontà, in
difesa della loro produzione dalla speculazione dei commercianti. Se la Cantina non
fosse stata fatta o, se per un caso puramente ipotetico, non dovesse più esistere, si
ritornerebbe ai tempi in cui tutta la produzione era alle mercé degli speculatori e le
crisi pesanti tornerebbero a farsi sentire. Ecco da dove deve scaturire la volontà di
rimanere uniti e di conferire alla Cantina tutto il prodotto impegnato, anche se la
sirena dei prezzi elevati cercasse di distrarli dal loro preciso dovere.
Il Consiglio, conscio della funzione della Cantina, delibera per quest’anno di far
risarcire i danni per mancato conferimento in una cifra minima di 300 lire per ql.
Per il prossimo anno si stabilisce una multa di £ 1.000 per ogni ql. non conferito”
(riunione del Consiglio di Amministrazione - 31 agosto 1966).
Prevedere l’andamento del mercato è quasi impossibile se si tiene conto di eventi
imprevedibili come il cambiamento delle abitudini alimentari, specialmente quelle
dei giovani, della minore o maggiore produzione, degli eventi atmosferici, ma il
regolare conferimento del prodotto concordato è sinonimo di sicurezza e garanzia per
l’attività della Società.
Nella relazione del 1973 viene sottolineato con forza questo concetto e si afferma
chiaramente che la vita della Cantina dipende esclusivamente dalla quantità di uva
lavorata:
“Noi abbiamo avuto l’accortezza di vendere al momento giusto, sia pure seguendo
un criterio di doverosa gradualità, ma con una ripartizione nel tempo e nella quantità non strettamente rigida, che ci ha consentito di assecondare la domanda e di evitare i prezzi troppo bassi all’inizio e non abbastanza alti alla fine, con il risultato di
giungere, in questo periodo di stasi di mercato e di prezzi in ribasso, con la maggior
parte del vino venduto.
Queste circostanze hanno contribuito a realizzare un brillante risultato che costituisce un giusto premio per il socio fiducioso e doppia punizione per chi ha disertato.
Rammentiamo che la vita della Cantina è strettamente legata al quantitativo ottimale di uva lavorata annualmente … Più ci discostiamo da questo optimum, nel senso
di una progressiva diminuzione dei conferimenti, e maggiori difficoltà creiamo
all’ordinato svolgimento della gestione.
L’uva per la Cantina è un elemento vitale, è come l’ossigeno per l’uomo. La scarsità produce difficoltà e sofferenza, l’assenza conduce inevitabilmente alla morte. Noi
siamo molto lontani da queste catastrofiche probabilità, ma abbiamo raggiunto un
limite che è pericoloso oltrepassare… Non è però sulla paura delle multe che noi facciamo affidamento per incentivare i conferimenti, ma sul senso di responsabilità e sul
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senso cooperativistico che ogni Socio deve avere se desidera, come deve desiderare anche nel suo stesso interesse, la prosperità della Cantina”
Nelle relazioni annuali sottoposte all’approvazione dell’assemblea dei Soci, le raccomandazioni ad avere fiducia si ripetono regolarmente e si assiste ad un aumento del numero di adesioni, e di conseguenza dell’uva lavorata, che permette alla Cantina notevoli investimenti per rimanere sempre all’altezza delle aspettative dei clienti e per offrire un prodotto di qualità.
La soddisfazione dei risultati raggiunti l’abbiamo vista nella relazione riportata del 30° anniversario di fondazione, nella quale
si pone alla base di ogni prospettiva futura proprio la fedeltà dei Soci:
“A voi Soci chiediamo di sostenere questo sforzo mantenendo fede all’impegno di conferimento a suo temo liberamente e spontaneamente assunto, anche e specialmente nelle annate di scarsa produzione, anche se avete una clientela propria da servire,
ricordando che gli obblighi verso la Cantina devono essere assolti in precedenza.
È necessario sia instaurata la massima collaborazione tra i Soci e i responsabili dell’Amministrazione; è necessario che ogni
Socio mantenga intatta la fiducia negli scopi della Cantina affinché essa possa continuare ad avere una sana attività economica in grado di dare adeguate soddisfazioni.
In questa ricorrenza, e con questo spirito, nell’intento di riavvicinare i Soci di fede cooperativistica più tiepida, abbiamo deliberato di applicare in via del tutto eccezionale un’amnistia per i mancati conferimenti (totali o parziali) di uva nella vendemmia 1981. È un atto di clemenza che per un lungo periodo di tempo certamente non si ripeterà”.
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L’auspicio di allargare la base sociale si è senz’altro realizzato, se alla fine degli anni Ottanta il numero dei Soci era più di ottocento. È anche vero che negli ultimi anni è cambiata l’economia della nostra zona e il numero delle adesioni è diminuito, ma
sono cambiate anche le potenzialità della Cantina, che ha visto un costante sviluppo, dovuto a investimenti oculati, a produzione diversificata ed a una rete commerciale capillare e ben radicata in Italia e all’estero.
FINESTRA SUL MONDO
L’Amministrazione, attraverso i Consiglieri, il Direttore, i consulenti, ha sempre privilegiato, e ritenuto come fondamentale criterio di crescita, uno stretto legame con il
territorio, un’attenta analisi del mercato del vino e una lettura intelligente degli avvenimenti nazionali ed internazionali in grado di condizionare l’attività.
Fin dall’inizio, e fino al perdurare del problema, la Cantina ha favorito una presa di
coscienza del deleterio fenomeno della sofisticazione del vino: ha informato i Soci e
si è prodigata perché a livello nazionale venissero presi gli opportuni provvedimenti.
Nella relazione del 1956 si legge:
“Dal 1° anno di vita in poi il mercato del vino ha registrato delle successive e continue diminuzioni di prezzo, per diversi fattori, ma soprattutto a causa della fabbricazione di vini artificiali che hanno inondato il mercato”.
I Soci chiedono nelle assemblee che vengano prese le necessarie misure per stroncare il fenomeno delle sofisticazioni:
“I Soci della Cantina sociale di Valdobbiadene, circa settecento, riuniti in assemblea
generale presso la sede sociale in S. Giovanni di Valdobbiadene il 15 settembre
1963, constatato che tra le tante cause di crisi vinicole si novera quella tristemente
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famosa delle sofisticazioni del vino; preoccupati seriamente dell’avvenire delle proprie piccole aziende viticole, perché le crisi
in parola li costringe ad abbandonare la terra in quanto il reddito, già scarso a causa di esse, diviene insufficiente a coprire le
necessità vitali; ritenuto che l’eliminazione delle sofisticazioni sia determinante per risolvere o quanto meno ridurre la crisi in
atto; invitano gli organi Centrali e Periferici dei Ministeri dell’Agricoltura e Foreste e della Sanità a ravvivare l’azione degli
organi di vigilanza e, con la collaborazione delle Associazioni agricole e cooperative, a studiare e a proporre al Parlamento,
con urgenza, un disegno di legge che aggravi le sanzioni a carico dei sofisticatori mediante l’immediata chiusura degli stabilimenti e la comminazione di adeguate pene detentive”.
La lotta contro le frodi e le sofisticazioni è durata per decenni ed ha avuto conseguenze tragiche, condizionando in modo determinante il mercato del vino:
“Le abitudini di vita sono in continua evoluzione verso consumi di vino sempre più ridotti. La rarefazione del potere d’acquisto
dei consumatori e la recente vicenda relativa al vino adulterato con metanolo, che è costata una ventina di vittime umane e l’annullamento del lavoro onesto di penetrazione commerciale dei nostri prodotti nel mondo, hanno bruscamente aggravato questa
tendenza” (relazione ai Soci - settembre 1986).
Un’altra vicenda seguita con particolare interesse, e di cui si fa spesso menzione nei verbali, è l’avvento del Mercato Comune
Europeo e le successive adesioni di altri Stati all’Unione Europea.
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Nell’assemblea generale ordinaria dei Soci, il 18 maggio 1958,
“… il prof. Italo Cosmo afferma che la Cantina di Valdobbiadene è una tra le più belle cantine sociali e che bisogna avere fiducia nell’Istituzione anche in vista del Mercato Comune Europeo in quanto, per l’esportazione, saranno necessarie delle masse
di vino a carattere costante”
e qualche anno dopo nella relazione del 1972 si legge:
“Per quanto concerne l’influenza del M.E.C., possiamo senz’altro affermare che essa è stata positiva, anche se l’incremento
delle esportazioni non ci ha interessato da vicino”.
La CEE viene ricordata nella relazione del 1975 quando, dopo aver illustrato la situazione economica disastrosa per il disavanzo della bilancia commerciale, il rallentamento nella crescita, la disoccupazione e la minore possibilità di soddisfare bisogni
sociali ed individuali, si afferma che
“il settore vinicolo è stato particolarmente colpito poiché, oltre ad aver subìto i danni della situazione congiunturale, che ha determinato una diminuzione dei consumi interni e delle esportazioni, è stato ulteriormente danneggiato da una superproduzione e solo l’intervento della CEE, con il magazzinaggio sovvenzionato e con la distillazione agevolata, ha salvato il settore da un sicuro disastro”.
L’entrata nella Comunità Europea dei paesi mediterranei desta qualche preoccupazione:
“.. è imminente l’ingresso della Grecia nella Comunità Economica Europea mentre
si ha notizia che seguiranno subito dopo il Portogallo e la Spagna. Questi paesi non
hanno un’economia complementare alla nostra, ma concorrenziale, per cui dobbiamo aspettarci delle sgradevoli sorprese.
Dobbiamo fin d’ora prepararci per fronteggiare questa incognita con un buon piazzamento nel mercato nazionale ed internazionale. Per questa ragione noi cerchiamo
di essere presenti in diverse fiere nazionali ed estere e ci facciamo parte diligente per
il potenziamento del Consorzio del Prosecco ai fini di una maggiore valorizzazione
e penetrazione commerciale del nostro prodotto” (relazione ai Soci - settembre
1979).
La CEE, di fronte alla costante diminuzione dei consumi e a eventuali preoccupanti
rimanenze della vendemmia precedente, continua il suo intervento di sostegno del
settore con l’aiuto economico agli stoccaggi e alle distillazioni agevolate.
In merito all’entrata di nuovi paesi nell’Unione Europea si annota:
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“Com’è noto, recentemente sono entrati a far parte della C.E.E. il Portogallo e la
Spagna. Questo avvenimento porterà certamente uno squilibrio nel Mercato Comune Europeo, specialmente nel nostro settore, dato il bassissimo prezzo dei vini prodotti in questi due Stati. Per nostra fortuna il vino prosecco di collina, specie se spumante o frizzante, è ancora di moda e pertanto richiesto, sia localmente che nel resto
d’Italia, per cui non si sono avuti problemi di rilievo per il suo collocamento a prezzi soddisfacenti” (relazione ai Soci – settembre 1985).
La capacità di analizzare lucidamente la situazione economica, individuando le cause
dei cambiamenti, la lettura delle trasformazioni nelle abitudini dei cittadini, l’analisi
critica dei fenomeni in grado di condizionare il mercato sono caratteristiche di tutte
le relazioni annuali dalle quali dipendono scelte oculate e lungimiranti.
I PERSONAGGI
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L
a Cantina è nata e continua a prosperare per incrollabile ed entusiastica fede
nella cooperazione ed alcuni Amministratori hanno profuso energie, disponibilità e risorse in modo così costante e disinteressato da non poter essere dimenticati
nelle celebrazioni del cinquantenario della fondazione.
Una di queste figure è Vergerio Reghini conte Luigi, che ha sempre creduto nell’importanza e nella necessità della Cantina e ne è stato, per i primi vent’anni, Presidente stimato ed ascoltato. Tessitore infaticabile di contatti e relazioni, pose le basi per
la realizzazione della Società anche con viaggi finalizzati ad ottenere permessi,
finanziamenti, sovvenzioni, mutui.
Il più bel ricordo della sua personalità lo troviamo nei documenti ufficiali:
“Il nuovo eletto (Consigliere di Amministrazione) De Rui Liberale propone che
il Presidente uscente sia nominato Presidente ad honorem a vita. Il segretario
informa che la proposta era stata accordata in precedenza anche dai membri del
Consiglio di Amministrazione e con
parole commosse comunica che il conte
Vergerio-Reghini Luigi lascia la presidenza per spontanea volontà più volte
manifestata in questi ultimi mesi e che i
Soci della sua zona non lo hanno riproposto solamente perché egli si è mostrato irremovibile nella rinuncia della carica” (assemblea ordinaria - 3 settembre
1972).
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Il Consiglio di Amministrazione nella
riunione del 27 gennaio 1973 consegna
al Presidente onorario una medaglia
d’oro ed una pergamena e ne ricorda,
con le parole del dr. Annibale Cosmo,
l’operato ventennale:
“Il conte Vergerio è stato uno degli animatori e dei promotori della costituzione
di questa Società, nonché il finanziatore
che ha offerto garanzie personali, senza
le quali la Cantina non avrebbe potuto
ottenere i mezzi per la nascita e lo sviluppo. […]
Il fatto più significativo della nascita di
questo complesso è che i promotori,
quali il conte Vergerio e l’ing. Paccanoni, sono coloro che potevano anche fare
a meno di questo organismo, in quanto
avevano già una cantina propria ben
attrezzata. Ed invece hanno smantellato
le proprie strutture ed attrezzature per
affidare la totalità della propria produzione viticola a questa Cantina, dimostrando così una fiducia senza riserve
nella cooperazione.
Il conte Vergerio ed i suoi collaboratori
hanno bene attrezzato e ben diretto questo complesso, come una nave possente
che debba affrontare le onde turbolente
del mercato e dei gusti sempre più esigenti dei consumatori”.
Altra figura di rilievo, che ha contribuito
con professionalità e senso del dovere
allo sviluppo della Cantina, è l’enotecnico Guido Sartorello, che ne è stato il
Direttore dalla fondazione fino al 1988.
Anche in questo caso le parole più adeguate per delineare la sua figura sono
quelle ufficiali:
“Il Presidente comunica all’Assemblea
che il sig. Sartorello enot. Guido lascia
l’incarico per raggiunti ed oltrepassati
limiti di età e presenta il successore sig.
Franchi enot. Aldo.
Il sig Sartorello resterà a fianco del
nuovo Direttore per consigliarlo ed indirizzarlo in questa sua nuova attività. Per
sua spontanea scelta il sig. Sartorello si
dedicherà gratuitamente ad assolvere
questo compito. L’Assemblea tributa al
Direttore uscente una calorosa ovazione
in segno di riconoscimento per questa
sua scelta e per tanti anni di dedizione
ed attaccamento al lavoro.
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Il Presidente dà la parola all’on. Pisoni che […] ha parole di elogio per l’enot. Sartorello che conosce personalmente per i suoi
numerosi interventi durante i convegni nazionali della Federcantine e per le sue continue proposte, peraltro molto apprezzate, a
mezzo telefono, di modifica o di chiarimento delle leggi vinicole. Il Presidente dà ora la parola al dr. Trevisan che si compiace
per il brillante risultato ottenuto e testimonia l’impegno, in seno della Federazione provinciale, del sig. enot. Sartorello per la
soluzione di problemi legislativi di interesse generale. […]
Su invito del Presidente, prende la parola il sig. Sartorello per ringraziare gli oratori per le testimonianze di stima cortesemente manifestate nei suoi confronti e tutti i Soci per l’ambìto riconoscimento espresso apertamente in quest’assemblea alla quale
partecipa. Dichiara di avere fiducia nel suo successore e gli augura di realizzare altre tappe sulla via del progresso e della perfezione” (assemblea di Soci - 18 settembre 1988).
Qualche anno dopo, l’assemblea dei Soci nel 1995 ricorda con qualche attimo di raccoglimento e meditazione Guido Sartorello,
scomparso qualche mese prima.
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VINCENZO PAOLILLO,
IL CANTINIERE
Dieci anni trascorsi, con assiduità, all’interno di una struttura aziendale, sono
pochi e tanti allo stesso tempo.
Ma dieci anni di indefessa operatività
lasciano sempre dei segni: positivi o
negativi, di soddisfazione o di insoddisfazione.
Spesso la vita, nell’ambito del lavoro, è
caratterizzata da episodi vissuti che uniscono e dividono. Sempre non sono
“rose e fiori” dicevano, e dicono.
Vincenzo Paolillo è una delle figure storiche della Cantina Sociale di Valdobbiadene ed ha lasciato un segno tangibile di
correttezza, di grande umanità nei confronti dei compagni di lavoro, di comprensione, di esempio nell’eseguire,
sempre con sicurezza e professionalità,
le sue mansioni ordinarie e straordinarie,
spesso assai delicate.
Paolillo nasce a Brindisi l’11 settembre
1921. Alla ricerca di un lavoro sicuro ed
in grado di mantenere una famiglia, emigra al Nord e dal Sud porta con sé la passione viscerale per la terra e per il vino.
Per 17 anni presta servizio presso una
tenuta agricola di San Donà di Piave; per
altri 17 in un’altra di Caorle.
Per motivi familiari, con la famiglia è
costretto a spostarsi nella tenuta Contarini a Trigesimo, in Friuli, dove lavora
fino al fallimento della società.
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Ma l’esperienza di Vincenzo Paolillo, uomo dotto di cantina, da tempo ha varcato i confini friulani e veneziani.
In quel periodo la Cantina Sociale ha estremo bisogno di una persona sicura, affidabile, esperta, in grado di guidare la Cantina,
ma anche di avere rapporti rassicuranti con il personale.
Dopo tante insistenze, il direttore Guido Sartorello riesce a portarlo a San Giovanni. C’erano stati prima degli scontri con il Presidente Vergerio.
Paolillo non è più nel fiore dell’età. Sulle spalle si sono accumulati cinquanta anni di lavoro. La passione per il vino non è mai
cessata e in questa offerta di lavoro intravede lo stimolo per andare avanti.
Accetta e sono anni duri, ricorda Vincenzo, anni in cui il personale era centellinato, in cui le attrezzature esistenti davano pesantissimi segni di vecchiaia e gran parte del lavoro doveva essere effettuato a mano.
Il periodo della vendemmia era il più tragico e difficoltoso; le ore di straordinario non si contavano mai: un’attività veramente
fremente.
Paolillo sapeva superare gli ingorghi ed infondere sempre nuove energie nei compagni, soprattutto con quel sorriso dal quale traspariva sicurezza.
Raggiunta l’età pensionabile dei 60 anni, Vincenzo saluta tutti, Direttore e compagni di lavoro, stappa una bottiglia di spumante
e pronuncia il suo grande discorso: vi ricorderò, cari amici. Una lacrima scende sul suo volto. Dopo tante e tante strette di mano,
apre la porta e se ne va nella sua casa di Colbertaldo.
Chiudendo la porta della Cantina Sociale di Valdobbiadene, lasciava alle spalle una pagina di storia, un diario di ricordi. Lasciava il vecchio per dar spazio alle nuove dirompenti idee. Quando qualche vignaiolo incontra Vincenzo, sono momenti di vera commozione. Il vignaiolo dice: “ Ti ricordi?”, Vincenzo risponde: “ Ricordo”.
Anche questa è stata la vita della Cantina Sociale di Valdobbiadene.
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TRAGUARDI RAGGIUNTI E PROSPETTIVE FUTURE