STD News 24
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ORGANO UFFICIALE DELLA SIMAST, SOCIETÀ INTERDISCIPLINARE PER LO STUDIO DELLE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI STD N. 24/ottobre 2005 Poste Italiane spa Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB - Brescia 24 n e w s Il prof. Giampiero Carosi Sommario 1 Editoriale 2 Il ritorno del linfogranuloma venereo M. Giuliani 6 L’infezione da HPV in Italia M.C. Salfa, C. Bocci, F. Lillo, S.M. Brunini De Sonza, M. Barbero, C. Stayton, B. Suligoi Report da congressi a pagina 9 Simast International a pagine 12 Presentazione da congressi a pagina 15 Siti Web a pagina 15 A proposito di MST… a pagina 16 divenuta ormai consuetudine afferma- Editoriale re che una parte delle “malattie veneree” classiche,sifilide e gonorrea,sono in fase di eliminazione nel nostro Paese e che le altre, linfogranuloma venereo e ulcera molle, sono state eliminate da tempo. Fino alla fine del secolo scorso erano i dati ISTAT a fornire le basi di questa convinzione. La quale poteva poi essere ampiamente giustificata sulla base delle conoscenze teoriche sulla trasmissione delle IST. Infatti tre sono i fattori che determinano il numero di casi secondari generati da una persona affetta da una IST (incluso l’HIV): il numero dei partners sessuali, l’efficienza di trasmissione e la durata del periodo infettivo.Azzerare uno qualunque di questi fattori equivale sostanzialmente ad avviare una determinata patologia sulla via della estinzione. Nel caso delle IST batteriche è possibile ridurre drammaticamente la durata del periodo infettivo con il ricorso alla diagnosi precoce e alla terapia efficace:tecnologie e farmaci appropriati sono ampiamente alla portata dei sistemi sanitari presenti nel nostro Paese. Ma qualcosa ha fatto deragliare le IST batteriche da questo percorso virtuoso.I dati ISTAT testimoniano che,a partire dall’anno 2000,l’incidenza dei casi di sifilide primaria e secondaria (cioè recentemente acquisita ed infettiva) ha presentato in Italia un incremento annuale fino al 400 per cento. Questo dato è in accordo con analoghe recenti osservazioni in altri paesi europei e negli Stati Uniti. L’analisi della tipologia dei casi incidenti indica come fattore di rischio principale la trasmissione omosessuale tra maschi. Inoltre, l’epidemia di sifilide è particolarmente segnalata tra soggetti con infezione da HIV. Poiché l’efficienza dei sistemi diagnostico terapeutici nei paesi dell’Occidente industrializzato è verosimilmente rimasta stabile, è necessario ammettere che alla base dell’epidemia di sifilide vi sia una ripresa delle abitudini sessuali ad alto rischio, cioè la ripresa della promiscuità sessuale con elevato numero di partners e l’uso scorretto e/o irregolare del condom. È La riemergenza delle IST batteriche Editoriale A proposito delle patologie ToRCH In questo numero di STDNEWS Massimo Giuliani riporta la ripresa microepidemica del linfogranuloma venereo in Europa e, in minor misura in Italia. Di rilievo è la constatazione della verosimile ampia sottostima dei casi incidenti,imputabile in prima istanza alla attuale “ignoranza” dell’esistenza stessa della malattia, delle sue caratteristiche cliniche, e delle procedure diagnostiche. Utilissimo appare quindi il “box” sinottico sulla patologia che accompagna l’articolo. In linea con l’allarme lanciato da alcuni recenti articoli recensiti nella sezione “leading articles” la riemergenza del linfogranuloma venereo è apparente negli stessi gruppi di popolazione che hanno sperimentato la riemergenza della sifilide:omosessuali maschi e persone con infezione da HIV. Sarebbe davvero imprudente trascurare il dato che l’efficienza di trasmissione per singola esposizione sessuale di HIV è notevolmente inferiore a quella di sifilide e linfogranuloma venereo, e che di conseguenza è verosimile che la ripresa microepidemica di HIV sia solo ritardata rispetto a quella delle IST batteriche. Questo in un contesto in cui l’incidenza di nuove diagnosi di infezioni da HIV è comunque in continua crescita nel nostro Paese. In assenza di rinnovate strategie preventive estensive e mirate si aprono prospettive rosee alla diffusione delle IST e dell’infezione da HIV! Giampiero Carosi e Alberto Matteelli 2 Il Linfogranuloma Venereo (LGV): epidemiologia di un ritorno annunciato Massimo Giuliani Reparto di Epidemiologia Dipartimento Malattie Infettive, Parassitarie e Immunomediate (MIPI). Istituto Superiore di Sanità - Roma ti e segnalati in Svezia (8), in Germania (9) e in Spagna (10). Come era quindi accaduto per i focolai europei e statunitensi di sifilide, anche nel caso del LGV la popolazione colpita è stata in maggioranza quella dei bianchi omosessuali residenti nei maggiori centri urbani e molti dei quali già con infezione da HIV-1. Dalle anamnesi degli individui con LGV, emergono fattori di rischio come: non uso del condom, un numero elevato di partner negli ultimi sei mesi (> 10), sesso di gruppo e uso di droghe durante i rapporti. Differentemente dalle casistiche osservate di sifilide infettiva gli individui con LGV riferiscono più spesso l’uso di pratiche di fisting e di giocattoli erotici e di clisteri. Anche alla luce di questa nuova epidemia, il comportamento omosessuale si sta rivelando, nell’era del controllo terapeutico dell’infezione da HIV-1, il più importante acceleratore epidemico per la diffusione nei paesi occidentali di tutte le altre IST (11). Infatti la velocità con la quale il LGV sta determinato casi anche verso il sud dell’Europa è presumibilmente associata soprattutto Figura 2 Andamento dei casi di LGV diagnosticati nel Regno Unito al Luglio 2005 (da: CDR Weekly, 2005;15) Scotland 40 Wales 35 England 30 (excluding Brighton London) Brighton London Retrospective cases D gnosi. Dal settembre 2004 e fino al 26 luglio 2005 sono stati diagnosticati in totale 140 casi (6). L’analisi dei casi ha mostrato che i) le diagnosi riguardavano in tre casi su quattro individui con coinfezione HIV, ii) nei casi la media della durata dei sintomi era stata elevata e superiore ai 50 giorni; iii) la sindrome ano-rettale era stata la più frequente presentazione clinica; iv) la coinfezione con altre STI (soprattutto gonorrea, sifilide e uretriti non-gonococciche) era risultata molto comune tra i portatori. I soli casi diagnosticati nel giugno 2005 sono stati il doppio di quelli di maggio e concentrati prevalentemente nella città di Londra (Fig. 2). Questo andamento dei casi indica come l’epidemia nel Regno Unito sia attualmente in atto e come sia elevato il rischio di una sua ulteriore espansione. In Francia fra il 2002 e il 2004 sono stati diagnosticati 123 casi di LGV con un andamento dei casi in continuo aumento negli ultimi trimestri, con una concentrazione dei casi nelle città di Parigi e Bordeaux ed esclusivamente tra maschi omosessuali (7). Recentemente casi di LGV sono stati diagnostica- number of cases opo l’aumento dell’incidenza della sifilide nella maggior parte delle città occidentali, un’altra infezione sessualmente trasmissibile (IST) quasi del tutto scomparsa torna a far parlare di sé. A riemergere questa volta nel panorama epidemiologico dei paesi occidentali è il Linfogranuloma Venereo (LGV) del quale sono stati descritti alcuni focolai in Nord Europa, con diagnosi effettuate a partire dall’aprile del 2003 ed esclusivamente a carico di maschi bianchi omosessuali. Il LGV è un’infezione sessualmente trasmissibile causata da alcuni sierotipi specifici (L1, L2 e L3) di Chlamydia trachomatis (Fig.1) e caratterizzata principalmente da lesioni ulcerative genito-inguinali (sindrome inguinale) o da lesioni emorragiche ano-rettali (sindrome ano-rettale) (VEDI SCHEDA) (1). Parallelamente si è velocemente diffusa la preoccupazione per una rapida espansione dell’infezione nella Comunità Europea e per l’impatto che questa malattia ulcerativa potesse avere sulla trasmissione dell’infezione da HIV-1, già osservata in aumento nello stesso periodo soprattutto tra gli omosessuali (4-5). Da allora alcune iniziative per il miglioramento della sorveglianza e il controllo dell’infezione sono state avviate dalla European Surveillance of Sexually Transmitted Infection (ESSTI), compresa una conferenza monotematica di aggiornamento tenuta a Bilthoven quest’anno e aperta a tutti gli specialisti europei. Nel Regno Unito dal 2004 è stata avviata una specifica sorveglianza epidemiologica dell’infezione, che a partire dall’ultimo trimestre dell’anno e fino ad oggi ha fatto registrare un numero crescente di dia- 25 20 15 10 5 0 3 4 5 6 7 8 2004 9 10 11 12 month 1 2 3 4 5 2005 6 7 3 alla mobilità della popolazione omosessuale tra le più importanti città europee, elemento questo che fa ritenere verosimile che individui con sintomi associati al LGV possano giungere, o essere già giunti, all’osservazione anche nel nostro Paese. Nelle anamnesi di alcuni dei casi diagnosticati in Belgio agli inizi del 2004 erano già presenti riferimenti a rapporti sessuali con maschi italiani (3). Questo suggerisce l’esistenza di una quota di probabilità che l’infezione sia già arrivata anche nel nostro paese, probabilmente sotto forma di casi sporadici e/o di casi misclassificati per altre diagnosi. Questo può averne impedito una diffusione significativa e, diversamente da quanto successo in altri Paesi, averne ostacolato anche il rilievo epidemiologico. In Italia il linfogranuloma venereo non è mai stato sottoposto a notifica obbligatoria, differentemente dall’ulcera venerea e dal granuloma inguinale che lo sono stati fino al 1990, anno in cui sono state ritenute diagnosi non più sottoponibili a segnalazione obbligatoria. Per tale ragione non disponiamo per il LGV di alcun dato di diffusione nazionale, seppur “storico”. Dal 1991 è stato tuttavia inserito tra le diagnosi segnalabili al Sistema di Sorveglianza Sentinella delle MST coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità. Dal gennaio 1991 al dicembre 2004 su oltre 87.000 casi totali di IST, quelli di LGV sono stati circa 50 (<0,1%), di cui oltre l’80% in maschi e nella quasi totalità in eterosessuali. Circa la metà dei casi sono stati diagnosticati in individui non Italiani, perlopiù Africani e con un andamento per anno delle poche diagnosi che mostra una concentrazione dei casi tra il 1991 e il 1993 e un progressivo decremento delle segnalazioni fino ad un solo caso per anno nel 1997, 1998, 2000, 2002 e a nessun caso per il 2003 e 2004. In questi anni sul totale dei casi di LGV segnalati al Sistema solo tre sono stati quelli diagnosticati in maschi omo-bisessuali e l’ultimo tra questi risale al marzo 1993. Secondo il protocollo di Sorveglianza Nazionale delle MST diffuso dall’ISS nel 1990, il LGV è segnalato secondo un criterio di definizione di caso basato sulla presenza di lesioni genitali e di una adenopatia loco-regionale più l’isolamento, tramite coltura, di C. trachomatis, (serovar L1-L3) su prelievo da lesione. Tale definizione di caso fu concepita soprattutto allo scopo di rilevare le caratteristiche cliniche della sindrome inguinale, che prima degli ultimi focolai era la presentazione clinica tipica del LGV tra gli eterosessuali. Questa definizione potrebbe rivelarsi oggi poco sensibile nell’individuare casi ad espressione clinica basata sulla Lingogranuloma Venereo (LGV) o Linfogranuloma Inguinale Eziologia Il linfogranuloma venereo è causato da Chlamydia trachomatis sierotipi L1-L3,differentemente da quelli B e D-K che sono invece responsabili delle infezioni clamidiali dell’uretra e della cervice. Sintomi Il LGV si presenta inizialmente come una piccola papula rosea dolente a localizzazione genitale, che può esitare in un’ulcera dopo un periodo variabile tra i 3 e i 30 giorni. Solitamente la sede della papula e dell’ulcerazione indicano il punto di inoculo. La lesione può spesso non rivelarsi soprattutto se localizzata nell’uretra, sulla volta vaginale o nel retto.Solitamente le manifestazioni cliniche includono: a. tensione unilaterale o bilaterale a livello inguinale con macro-adenopatia inguinale (sindrome inguinale) b. tenesmo, dolore endorettale, dischezia, rettoraggia e proctocolite (sindrome ano-rettale). Presenti spesso febbre, dimagramento e astenia. Nella sindrome anorettale del LGV,le manifestazioni cliniche e i reperti istologici possono essere simili alle manifestazioni iniziali di una malattia infiammatoria dell’intestino. 4 Diagnosi La diagnosi è basata sul rilievo dei segni clinici con isolamento dell’agente eziologico da prelievo lesionale. La diagnosi può essere talvolta basata sulla presenza dei soli segni clinici soprattutto laddove non sia possibile effettuare indagini approfondite di laboratorio.Test sierologici per anticorpi anti-Chlamydia trachomatis potrebbero supportare la diagnosi clinica. L’identificazione diretta dell’agente dalla/e lesione/i genitale o dal sito di infezione (retto) deve essere condotta utilizzando la coltura o mediante ricerca in PCR con identificazione dei sierotipi. Non esistono tuttavia reattivi specifici per il LGV. Terapia Trattamento raccomandato: Doxiciclina 100 mg per 2 per dì per 21 giorni. Trattamento alternativo: Eritromicina 500 mg per 4 per dì per 21 giorni. I partner che hanno avuto contatti sessuali con il caso entro 30 giorni dall’esordio devono essere valutati. In assenza di sintomi dovrebbero tuttavia essere sottoposti a un ciclo di 100 mg di doxiciclina due volte al giorno per sette giorni,oppure trattati con una singola dose di azitromicina da 1 gr. sindrome ano-rettale. Per questa ragione il livello di attenzione, per individuare eventuali casi, deve essere mantenuto molto alto soprattutto nei centri specialistici che drenano pazienti con sintomatologia ano-rettale (centri MST, servizi di gastroenterologia e proctologia, servizi per la terapia dell’infezione da HIV), e rivolto a quegli individui indicati come a più elevato rischio e a maggior suscettibilità biologica (per es. omosessuali maschi pluripartner o con infezione da HIV) (11). Dovrebbero essere sottoposti a ricerca di C. trachomatis tutti gli individui con sintomi di proctite, anche pregressi, e i loro partner sessuali. La ricerca potrà essere effettuata su prelievo lesionale endorettale. Visto che la diagnosi certa di LGV (vedi scheda) deve basarsi sul rilievo dei sintomi specifici, sull’ isolamento di C. trachomatis e sulla contemporanea tipizzazione genica dei sierotipi L1-L3, potrebbe essere utile l’accertamento, soprattutto nei centri sopracitati, della adeguatezza delle risorse di laboratorio per una gestione completa dei casi sospetti. Questo limiterebbe il ricorso alla diagnosi presuntiva che tuttavia, in presenza di sintomi patognomonici ma nel dubbio o nell’assenza della tipizzazione dopo l’isolamento, ricordiamo deve condurre sempre il paziente al trattamento specifico, “come se”. Infatti è solo il mancato isolamento di C. trachomatis alla ricerca colturale o tramite PCR, che può far escludere, anche nell’individuo sintomatico, la diagnosi di LGV. Come è già successo per la sifilide, la sola attenzione clinica può tuttavia non rivelarsi la sola arma sufficiente contro il diffondersi dell’infezione. L’informazione degli individui a rischio, allo scopo di far prevenire l’esposizione, appare infatti altrettanto importante e da condurre nei centri clinici all’interno di programmi di counselling “face to fa- ce” e nei diversi luoghi di ritrovo mediante l’attività mirata di mediatori alla pari e la distribuzione periodica di materiale informativo scritto o audiovisuale. Inoltre la possibilità di una registrazione centrale delle diagnosi potrà consentire una osservazione accurata della loro distribuzione nello spazio e nel tempo. Per questa ragione, accanto ad una pronta diagnosi e terapia e all’informazione mirata, l’immediata segnalazione di eventuali casi italiani potrà consentire una più efficace azione di controllo, ricordando che il LGV è segnalabile dai 12 centri che partecipano alla Rete di Sorveglianza Nazionale delle MST e da tutti i medici in base al Sistema Informativo delle Malattie Infettive e Diffusive (D.M. del 15.12.1990) (12). Il LGV infatti, pur non essendo inserito nelle classi di malattie infettive sottoposte a notifica obbligatoria, può utilmente essere segnalato alla ASL di appartenenza come inserito nella classe quinta. Le stesse autorità olandesi hanno aspramente condannato il comportamento dei medici di Rotterdam che per primi hanno osservato i primi casi europei di LGV, perché, pur avendo provveduto a segnalarli alla comunità scientifica attraverso la letteratura bio-medica, non si erano preoccupati di segnalarli al Sistema di Sorveglianza delle malattie infettive limitando così le possibilità di conoscenza per scopi di salute pubblica del fenomeno e soprattutto la predisposizione di interventi preventivi da parte delle autorità sanitarie municipali (13). Bibliografia 1. Perine PL. Stamm WE. Lynphogranuloma venereum. In: Holmes KK et al. Sexually Transmitted diseases.NewYork,NY:McGraw-Hill;1999: 423-32. 2. Nieuwenhuis R F, Ossewaarde JM, Götz H M et al. Resurgement of lynphogranuloma venereum in western Europe: an outbreak of Chlamydia trachomatis serover L2 proctitis in the Netherlands among men who have sex with men. Clin Infect Dis 2004; 39: 996-1003. 3.Vandenbruaene M, Ostyn B, Crucitti T et al. Outbreak of lymphogranuloma venereum (LGV) among HIV+ homosexuals in Belgium. Conference on Sexually Transmitted Infections. October 7-9, 2004. Myconos, Greece.Abstract Book Poster P76, 188. 4. Dukers N H T M, Spaargaren J, Geskus R B, Beijnen J,Coutinho R A and Fennema H S A.HIV incidence on the increase among homosexual men attending an Amsterdam sexually transmitted disease clinic: using a novel approach for detecting recent infections. AIDS 2002; 16:F19-F24 5.Pinkock S,New HIV cases in England and Wales increase by 20% in past year. BMJ 2004; 328: 425-a. 6.Cases of lymphogranuloma venereum in men who have sex with men exceed 100 in the United Kingdom. CDR Weekly, 2005;15 disponibilie su <http://www.hpa.org.uk/cdr/archives/2005/cdr.pdf 7. Herida M, Michel A, Goulet V, Janier M, Sednaoui P et al. Epidemiology of sexually transmitted infections in France. Med Mal Infect 2005; 5: 281-9. 8.Berglund T,Bratt G,Hermann B,Karlsson A et al. Two cases of lymphogranuloma venereum (LGV) in homosexuals men in Stockholm. Euro Surveillance 2005; 10: 56. Disponibile anche su: <http://www.eurosurveillance.org/ew/2005/05 0303.asp#4 9. Meyer T,Arndt R, von Krosigk A, Plettenberg A.Repeated detection of lymphogranuloma venereum (LGV) caused by Chlamydia trachomatis L2 in homosexual men in Hamburg. Sex Transm Infect 2005; 81: 94-94. 10.Vall Mayans M, Sanz Colomo B, Ossewaarde J M. First Case of LGV confirmed in Barcelona. Euro Surveillance 2005; 10: 55-56. Disponibile anche su <http://www.eurosurveillance.org/ew/2005/05 0303.asp#2 11. Den Hollander J G, Ossewaarde M J & De Marie S.Anorectal ulcer in HIV patients, dont’t forget lymphogranuloma venereum! AIDS 2004; 18: 1484-85. 12. Sistema Informativo delle Malattie Infettive e Diffusive. D.M. del 15.12.1990. Gazzetta Ufficiale n. 6 del 8 gennaio 1991. 13. Bonn D Lymphogranuloma venereum spread linked to reporting delay. Lancet Infect Dis 2005; 5: 265. 5 Maria Cristina Salfa°, Carlo Bocci**, Flavia Lillo***, Sandra Maria Brunini de Souza*, Maggiorino Barbero**, Carol Stayton****, Barbara Suligoi* ° Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università di Roma “TorVergata”; *Centro Operativo AIDS, Istituto Superiore di Sanità, Roma; ** Divisione di Ginecologia ed Ostetricia ASL 19 Asti; *** Virologia, Ospedale S. Raffaele, Milano; **** BiTech laboratories Milano Diffusione dell’infezione da Human Papilloma Virus (HPV) in Italia l carcinoma del collo dell’utero è, nel mondo, la seconda causa di morte per tumore nelle donne (la prima in molti paesi in via di sviluppo), dopo il carcinoma mammario[1]. I papilloma virus umani (HPV), secondo i più recenti dati, sono alla base dello sviluppo di lesioni cervicali, precursori del cancro del collo dell’utero. L’HPV appartiene alla famiglia delle Papovaviridiae ed è un virus epiteliotropo a DNA che si replica nelle cellule dell’epidermide [2]. Esistono più di 150 tipi di HPV, alcuni interessano prevalentemente la cute, altri (circa 35) l’epitelio delle vie genitali [3]. A livello genitale l’HPV è responsabile sia di patologie benigne, come i condilomi ano-genitali, che maligne, come, appunto, il carcinoma della cervice uterina ed il carcinoma ano-genitale. La trasmissione avviene prevalentemente per via sessuale, come dimostrato dal fatto che non si rilevano infezioni da HPV in soggetti che non hanno mai avuto I 6 rapporti sessuali. Nella maggior parte dei casi il virus viene eliminato dalla risposta immunitaria dell’ospite senza sviluppare alcun effetto patogeno, in altri casi può rimanere latente o andare incontro a replicazione con conseguente sviluppo di una lesione a livello genitale: in questi casi il DNA virale si integra nel genoma della cellula ospite e genera un meccanismo che provoca anomalie nella regolazione del ciclo cellulare, responsabili dell’insorgenza successiva della displasia e del tumore [4]. Numerosi studi hanno definitivamente dimostrato che l’HPV costituisce un fattore necessario per lo sviluppo del carcinoma cervicale. Tale potere oncogeno è fortemente associato ad alcuni tipi di HPV denominati “ad alto rischio”, principalmente i tipi 16, 18, 31, 33, 45 [46]. Individuare precocemente un HPV di tipo oncogeno significa attuare una diagnosi precoce ed avere una maggiore probabilità di scongiurare l’evoluzione oncogena. La tecnica di diagnosi precoce di maggiore successo nel campo della prevenzione dei tumori del collo dell’utero è stata il pap-test, capace di rilevare le modificazioni cellulari causate dall’infezione virale. Questo metodo, però, vecchio di 60 anni, presenta dei limiti: nel 2040% dei casi dà falsi negativi e falsi positivi [tale percentuale diminuirebbe fortemente se il pap-test venisse ripetuto periodicamente, come suggerito dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro di Lione (IARC), ogni tre anni, avendo il carcinoma del collo dell’utero una lunga fase preinvasiva]. Per questo motivo oggi, si stanno facendo sempre più strada i test di biologia molecolare, estremamente sensibili e specifici, che permet- tono di identificare il virus e distinguerne i diversi tipi (ad alto o basso rischio oncogeno) [7, 8]. I dati internazionali comunque dimostrano l’utilità dello screening per il cervico carcinoma nella popolazione femminile: nei paesi sviluppati, ove si è cercato di educare le donne ad aderire a programmi di screening mediante pap-test, si è osservata una diminuzione della mortalità per cancro della cervice del 60-80% [7]. Grazie ai nuovi mezzi diagnostici sono stati effettuati diversi studi atti a stimare la prevalenza del virus: secondo alcuni la prevalenza di HPV a livello cervicale in donne con citologia normale ed a livello penile o uretrale in uomini asintomatici si aggira intorno al 15-20% [9]. Lo stesso IARC ha promosso diversi studi su donne della popolazione generale al fine di studiare la diffusione dell’HPV-DNA e i risultati dimostrano una variabilità geografica della prevalenza che oscilla dall’1% al 25% [10]. Generalmente la prevalenza di HPV raggiunge il massimo attorno ai 20-24 anni poi diminuisce progressivamente nelle successive fasce di età, mentre l’incidenza del carcinoma della cervice aumenta con l’età. Questo è legato probabilmente al fatto che in giovane età si ha un maggior numero di partners sessuali, uno dei principali fattori di rischio per l’infezione da HPV, che diminuisce con gli anni [11]. I fattori associati ad un maggior rischio di infezione sono: un alto numero di partners, un’elevata promiscuità sessuale del partner, un’alta frequenza di rapporti vaginali, la presenza di altre infezione sessualmente trasmesse e uno stato di immunodepressione. Mentre i fattori che possono favorire la persistenza del virus e l’eventuale evo- luzione neoplastica sono: la presenza di HPV ad alto rischio, l’integrazione del genoma dell’HPV nel DNA della cellula ospite, un’elevata carica virale dell’HPV, la presenza contemporanea di vari tipi di HPV, il grado di lesione presente a livello cervicale, il fumo di sigaretta, l’uso di contraccettivi orali (specie se per più di 5 anni), un elevato numero di gravidanze a termine, la presenza contemporanea di un’infezione da virus herpes simplex tipo 2, una precedente infezione da Chlamydia trachomatis [4, 12]. Da quanto detto emerge la necessità di conoscere meglio la storia naturale di questo virus, nonché la sua diffusione nella popolazione generale, per comprendere tanto i fattori che favoriscono l’acquisizione del virus, quanto le variabili che ne determinano la persistenza. I dati disponibili in italia Fino a poco tempo fa, in Italia non erano disponibili dati relativi alla diffusione dell’infezione da HPV nelle donne della popolazione generale. Negli ultimi anni, invece, sono stati condotti due studi sulla prevalenza di questa infezione nelle donne della popolazione generale, uno svolto a Torino fra l’aprile e il giugno 2002 [13] e uno ad Asti fra l’aprile e l’ottobre 2003 [14]. Sono state arruolate rispettivamente, 1.013 donne e 500 donne tra i 25 e i 70 anni, che partecipavano ad uno screening organizzato per la prevenzione del cervico carcinoma. Nel primo studio, la prevalenza del virus è stata dell’8,8%, con una percentuale di HPV ad alto rischio (HR) del 7,1% e dell’HPV a basso rischio (LR) del 1,7%. I tipi HR rappresentavano l’80,9% di tutti gli HPV identificati. Le donne di età compresa tra i 30 e i 39 anni mostravano la percentuale più elevata di HPV positività (13,8%); che diminuiva nelle successive fasce di età fino ad un 3,7% nelle ultrasessantenni. L’HPV 16 è stato il tipo più comune, presente in un terzo delle donne HPV positive. Gli altri tipi più frequenti sono stati il 45, il 66, il 31 e il 39. La prevalenza dell’infezione da HPV è risultata significativamente più elevata nelle nubili rispetto alle sposate (OR 2,23%; IC 95% 1,283,89). La percentuale di HPV positività è stata superiore, anche se non statisticamente significativa, nelle donne con bassa scolarità e nelle donne con laurea, rispetto alle donne con diploma elementare, nelle donne i cui partners avevano una bassa scolarità e nelle donne pluripare rispetto alle nullipare. Allo scopo ulteriore di spiegare l’effetto combinato dell’età, dello stato civile e della nulliparità che, in questo studio, hanno avuto la maggior correlazione con l’infezione da HPV, si è valutata la prevalenza dell’HPV per età, separatamente in donne nubili, in donne nullipare sposate e in donne pluripare sposate. Nella fascia 25-44 anni, le donne nubili hanno avuto un’alta prevalenza di HPV rispetto alle pluripare sposate (OR 3,24; IC 95% 1,616,51), mentre la prevalenza di HPV tra le nullipare sposate è stata intermedia. La prevalenza di HPV è stata simile in tutte le categorie a partire dai 45 anni. Tra le 89 donne HPV positive, solo il 12,4% presentava un pap-test anormale. Nello studio condotto ad Asti, la prevalenza del virus è stata del 10,6%, con una frequenza dell’HPV HR del 7,0% e dell’HPV LR del 3,6%. I tipi HR costituivano il 66,0% di tutti i tipi identificati. Anche in questo studio la fascia di età maggiormente colpita dall’infezione 7 Tabella 1 Positività per l’HPV in base all’esame citologico fattori pap-test effettuato precedentemente Si No Non so pap-test attuale normale anormale ASCUS H-SIL L-SIL non adeguato n. totale (% di riga) 1.WHO.World Health Report 2001. Sito internet:htpp://www.who.int/whr2001/2001. 2.W.C.Phelps et al.,Ann Intern Med, 1995. 440 52 8 452 9 4 1 4 39 era quella tra i 30 e i 39 anni (18,9%). Gli HPV 18 e 16 sono stati i tipi più frequenti, rispettivamente 22,6% e 17,0% delle donne HPV positive, seguiti dai tipi 31, 51 e 61. La positività per HPV è risultata significativamente associata con il fumo di sigaretta (OR 2,50 IC 95% 1,414,45) e con l’assunzione di contraccettivi orali (OR 2,34 IC 95% 1,294,23). La percentuale di donne HPV positive è stata superiore, anche se non statisticamente significativa, nelle nubili e divorziate rispetto alle coniugate e vedove (15,5% vs 9,1%) (come rilevato anche nello studio di Torino), in coloro che riferivano il mancato uso del profilattico rispetto a chi lo usava occasionalmente o sempre (12,1% vs 7,5%), nelle donne che non avevano mai fatto un pap-test rispetto a chi lo aveva fatto (13,5% vs 10,2%) e nelle donne con citologia anormale rispetto a quelle con citologia normale (66,7% vs 9,5%). In particolare analizzando la relazione tra i risultati del pap-test e la positività per l’HPV (tabella 1), si è osservato tra le 52 donne che non avevano mai fatto un pap-test in precedenza una prevalenza di infezione maggiore rispetto a chi lo aveva fatto. Inoltre analizzando i risultati del pap-test attuale, si è osservato che su 53 donne infette con HPV, solo 6 (11,3%) avevano un pap-test anormale. Dall’analisi dei risultati ottenuti nei due studi, si rileva che: • la percentuale di donne infette è 8 positivi hpv Bibliografia 45 7 1 43 6 1 1 4 4 10,2 13,5 12,5 9,5 66,7 25,0 100,0 100,0 10,2 risultata attorno al 9,0-10,0%, prevalendo i tipi HR; • la prevalenza più elevata di infezione si è riscontra nella fascia di età più giovane (30-39 anni); • nello studio condotto a Torino i tipi 16, 45 e 66 sono risultati i più frequenti, mentre nello studio condotto ad Asti, i tipi più frequenti erano il 16, il 18 e il 51; • i fattori associati ad un maggior rischio di infezione in entrambi gli studi sono risultati: l’essere “single” e l’assunzione di contraccettivi orali; • il fumo di sigaretta è risultato significativamente associato all’acquisizione dell’infezione nello studio di Asti, mentre la nulliparità è risultata associata nello studio di Torino. Conclusioni Dai risultati di questi due studi, emerge che, nel nostro paese, c’è un’elevata prevalenza di HPV in donne giovani, con una maggiore frequenza di infezione nelle nubili e divorziate rispetto alle coniugate e vedove. La probabilità di acquisire l’infezione è più alta in chi fuma e in chi fa uso della pillola anticoncezionale. Inoltre, la presenza dell’HPV rimane non rilevabile citologicamente nel 90,0% dei casi circa. Questi dati sottolineano la necessità di migliorare le conoscenze sull’epidemiologia dell’HPV in Italia al fine di poter programmare interventi di prevenzione mirati alle fasce di popolazione maggiormente colpite. 3.“La diagnosi delle infezioni genitali da papillomavirus umano”; M. Fimiani, C. Mazzatenta.Argomenti di dermatologia 1993, 2:105-128. 4.“Epidemiologia dell’infezione da Human Papilloma virus (HPV) nel tratto genitale”; B.Suligoi. EsaDia, rivista di attualità diagnostiche, anno 7 – n.19 – settembre 2004. 5.“Comparison of HPV type distribution in high-grade cervical lesions and cervical cancer: a meta-analysis”;G.M.Clifford,J.S.Smith,T.Aguado, S. Franceschi. Br J Cancer. 2003 Jul 7;89(1):1015. 6.“Human papillomavirus types in invasive cervical cancer worldwide: a meta-analysis”; G.M. Clifford,J:S.Smith,M.Plummer,N.Munoz,S.Franceschi. Br J Cancer. 2003 Jan 13;88(1):63-73. 7.“Screening in Italia e peculiarità rispetto ai Paesi anglosassoni”; G.R. Montanari. La colposcopia in Italia, anno XX - N.1 pagg. 21-26. 8. “Diagnosis of human papillomavirus genital tract infection”; K.F.Trofatter. Am J Med 1997, 102:21-27. 9. “Spontaneous evolution of intraepithelial lesions according to the grade and type of the implicated human papillomavirus (HPV)”;K.J.Syrjanen. Eur J Obstet Gynecol Reprod Biol 1996, 65:45-53. 10. “Prevalence of papillomavirus infection in women in Ibadan, Nigeria: a population-based study”; J.O Thomas, R. Herrero, A.A. Omigbodun, K. Ojemakinde, IO Ajayi,A. Fawole, O. Oladepo, J.S. Smith,A.Arslan, N. Munoz, P.J. Snijders, C.J. Meijer, S. Franceschi. Br J Cancer 2004 Feb 9;90(3):638-45. 11.“Baseline cytology, human papillomavirus testing, and risk for cervical neoplasia: a 10 year cohort analysis”;M.E.Sherman,A.T.Lorincz,S.R. Scott, S.Wacholder, P.E. Castle,A.G. Glass et al. J Natl Cancer Inst 2003, 95:46-52. 12.“Human papillomavirus and risk factors for cervical cancer in Chennai, India: a case-control study”; S. Franceschi,T. Rajkumar, S.Vaccarella,V. Gajalakshmi,A. Sharmila, P.J. Snijders, N. Munoz, C.J.Meijer,R.Herrero.Int J Cancer.2003 Oct 20; 107(1):127:33. 13. “Prevalence of human papillomavirus infection in women in Turin, Italy”; G.Ronco,V.Ghisetti, N.Segnan, P.J.F. Snijders, A.Gillio-Tos, C.J.L.M.Meijer, F. Merletti, S. Franceschi. European Journal of Cancer 41 (2005) 297-305. 14.“Epidemiologia dell’infezione cervico-vaginale da Human Papilloma virus (HPV) in donne afferenti ad un programma organizzato per la prevenzione del cervico carcinoma”; M.C.Salfa, C.Bocci,F.Lillo,S.M.Brunini de Souza,M.Barbero, C.Stayton,Barbara Suligoi.Abstract accettato alla IX Conferenza Nazionale di Sanità Pubblica, Parma 13-15 ottobre 2005. R E P O RT DA C O N G R E S S I SIMAST presente a Roma in un Workshop sulle Infezioni Sessualmente Trasmesse Il 28 settembre scorso si è tenuto a Roma presso l’Istituto Superiore di Sanità un Workshop dedicato al tema “Infezioni sessualmente trasmesse (IST): problema passato o presente?”. L’appuntamento, organizzato in collaborazione con la SIMAST, ha riunito un vasto pubblico di medici specialistici e una squadra pluridisciplinare di relatori. Un gruppo compatto quest’ultimo, che ha saputo concentrare in una sola giornata quanto di nuovo oggi emerge dal panorama clinico ed epidemiologico di queste infezioni. Il Workshop è stato organizzato sulla scia dell’attuale dibattito scientifico che attribuisce un ruolo sempre maggiore ai comportamenti sessuali quali determinanti di emergenza e riemergenza di malattie infettive. Peraltro lo stesso recente aumento dell’incidenza della sifilide nel nostro paese e quello dell’infezione da HIV in alcuni gruppi a più alto rischio hanno indotto alcune istituzioni a riavviare l’aggiornamento del personale sanitario in quest’area specialistica. L’appuntamento si è svolto in due sessioni. Quella della mattinata dedicata agli aspetti più propriamente clinico-epidemiologici delle IST, mentre la pomeridiana più centrata su aspetti di intervento e prevenzione. La giornata si è aperta con una lettura sulle novità nell’epidemiologia delle IST in Europa (Matteelli, Brescia) che ha consentito di fare il punto sul recente aumento dell’incidenza di alcune infezioni batteriche (per es. sifilide) e sulla crescente diffusione di quelle virali (HIV, HPV e HSV2). A seguire, è stato fatto il punto sulle moderne tecniche diagnostiche delle infezioni batteriche e protozoarie (Pozzoli, Ospedale Niguarda) e presentati utili suggerimenti nella organizzazione del moderno laboratorio di riferimento per le IST. Una relazione a parte è stata dedicata alle sequele (Mangione, Palermo) sulla salute riproduttiva con ampio riferimento ai problemi di ipofertilità in ambo i sessi e ai protocolli oggi disponibili per ovviare o limitare i danni funzionali e anatomici arrecabili dagli agenti ST. Alla sifilide è stata dedicata una relazione monotematica fortemente orientata sulla clinica. Utilizzando un’ampia iconografia di casi di sifilide precoce, sono state presentate (Di Carlo, Roma) alcune delle peculiarità cliniche che sembrano sempre più caratterizzare le attuali casistiche, come i sifilomi multipli ed extragenitali, la sovrapposizione di lesioni di diverso stadio o le papule del cavo orale. Sul linfogranuloma venereo, quasi scomparso fino al 2003 in Europa, il programma si è soffermato con una relazione (Del Monte,Torino) che ha permesso di fare il punto sui focolai della malattia descritti recentemente a macchia di leopardo in buona parte dell’Europa, anche allo scopo di indicare i punti salienti per una prevenzione e controllo dell’infezione anche nel nostro paese. La sessione pomeridiana si è aperta con una lettura sulle novità in tema di vaccini contro l’infezione da HPV (Franceschi, Lione) e sui promettenti risultati di alcuni vasti trial di fase II e III che già alimentano l’ottimismo per una disponibilità a breve di un vaccino efficace. Uno spazio è stato poi dedicato alle Linee Guida per il trattamento delle IST (Cusini, Milano) e alla presentazione dei criteri per il loro uso appropriato. Le ultime tre relazioni hanno poi completato i temi più importanti che oggi riguardanoi le IST, nell’ordine; le relazioni tra IST e le popolazioni migranti (D’Antuono, Bologna), l’opportunità di uno screening per la gonorrea in popolazioni ad alto rischio (Moise, Gorizia) e i rapporti sinergici tra IST e l’infezione da HIV (Zuccati, Firenze). Il Workshop si è chiuso con una Tavola Rotonda su “Comportamento sessuale e infezioni: come controllare e cosa prevenire” alla quale hanno partecipato oltre che esperti istituzionali (Greco e Rezza, Roma) anche ospiti esterni. L’insieme degli argomenti sollevati durante la tavola rotonda ha contribuito a raccogliere utili suggerimenti e iniziative per la promozione della prevenzione delle infezioni sessualmente trasmesse anche nel nostro paese. 9 R E P O RT DA C O N G R E S S I XIX Congresso Anlaids Vibo Valentia 21-23 ottobre 2005 Aids in Italia: le cifre Alla Conferenza stampa di presentazione del XIX Congresso Nazionale dell’Anlaids aperto il 21 ottobre a Vibo Valentia il presidente Anlaids Fernando Aiuti commenta: “Aids malattia dimenticata. Non se ne parla più. Ma il virus HIV non si dimentica di colpire. Ogni due ore in Italia una persona si infetta. E va ad aggiungersi ai 120mila sieropositivi attualmente presenti nel nostro Paese. Si infetta e non lo sa. Lo scoprirà solo quando ormai è troppo tardi, quando il virus è nella forma conclamata. Perché anche il test è dimenticato: nella metà dei casi i malati dichiarano di non essersi mai sottoposti prima ad un test. Hanno vissuto da sieropositivi senza saperlo. E senza evitare di diffondere il virus: sono i nuovi “inconsapevoli untori”. Le cifre sono del Centro Operativo Aids dell’Istituto Superiore di Sanità: Sono 21mila i malati di Aids nella forma conclamata oggi in vita in Italia. Nei primi sei mesi del 2005 sono stati notificati 789 nuovi casi di Aids. Di questi 443 si riferiscono a diagnosi effettuate nel primo semestre, gli altri a periodi precedenti. “ C’è la chiara sensazione- dice Gianni Rezza, Direttore del Reparto di Epidemiologia, Dipartimento Malattia Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità - che c’è un ritardo notevole nelle notifiche, quindi il dato che si riferisce alle diagnosi di questo primo semestre è certamente sottostimato. Indubbiamente c’è un abbassamento della guardia anche fra chi dovrebbe per primo tenere alta l’attenzione”. Dal 1982, anno della prima diagnosi di Aids in Italia, al 30 giugno 2005 nel nostro Paese, secondo i dati del COA (Centro Operativo Aids) dell’Istituto 10 Superiore di Sanità si sono avuti 55.286 casi di malattia nella forma conclamata. Di questi, il 77,6 per cento (42.904) erano di sesso maschile, l’1,3 (742) erano bambini al di sotto dei tredici anni e il 6,6 (3.629) erano stranieri. Dall’inizio dell’epidemia al 30 giugno 2005 risultano deceduti 34.532 pazienti (62,5 per cento). Quest’ultimo dato è sottostimato – anche se più accurato rispetto agli anni passati – a causa della non obbligatorietà della notifica di decesso per Aids. Si stima che nel nostro Paese i sieropositivi siano 110-130 mila. Secondo Vincenzo Guadagnino, copresidente del Congresso, “la parte scientifica del XIX Congresso Anlaids a Vibo Valentia vuole andare di pari passo con l’attualità, accendendo i riflettori sui nuovi scenari disegnati dall’epidemiologia in Italia e nel mondo. Scenari che si correlano alla trasmissione sessuale che è stata sempre messa in relazione ai comportamenti a rischio nei giovani ma che adesso riguarda in maniera preoccupante anche gli adulti e gli anziani. È arrivato “Lady Condom” il preservativo femminile È arrivato in Italia il preservativo per la donna. È stato sperimentato nella ASL RM E di Roma in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità. Qualcuno lo ha già battezzato “Lady Condom”. Si tratta di un metodo di barriera protettivo e contraccettivo in poliuretano, molto sottile ma più resistente del lattice con cui è confezionato il profilattico maschile. Tra i lavori congressuali è stato presentato uno studio, coordinato da Laura Spizzichino dell’Unità Operativa Aids della ASL RM E in collaborazione con gli operatori del Telefono Verde Aids dell’Istituto Superiore di Sanità, che ha coinvolto 162 persone (tutte negative al test HIV, tutti italiani e tutti eterosessuali, nessuno dei quali dedito alla prostituzione), il 66.7 per cento donne. L’età media di queste ultime era di 29.3 anni, degli uomini 31.5 anni. La quasi totalità delle donne cui il preservativo è stato proposto ha accettato di provarlo mostrando curiosità, interesse, sottolineando la disponibilità ad utilizzarlo se fosse in vendita in Italia. Ad ogni donna che ha accettato di provare il preservativo femminile, sono stati consegnati tre profilattici con le istruzioni per l’inserimento e l’uso. Prima dell’uso è stato effettuato un sondaggio fra le donne e gli uomini arruolati. Ebbene, quasi tutti gli intervistati non avevano avuto mai notizia di un profilattico femminile. Come funziona. Il profilattico femminile ha due anelli, uno per ogni estremità di un tubo di poliuretano che è chiuso ermeticamente ad una estremità. L’anello chiuso viene inserito nella vagina sopra la cervice mentre l’anello aperto rimane fuori del corpo. Il contraccettivo femminile si dispone lungo le pareti della vagina. Il profilattico femminile, come il profilattico maschile, deve essere inserito prima della penetrazione e deve essere usato correttamente ogni volta che si ha un rapporto sessuale. Nello studio si afferma che il profilattico femminile sperimentato è un conduttore di calore e quindi non limita la sensibilità e non nuoce alla naturalezza del rapporto. Non si deteriora, non dà effetti collaterali, non altera la flora vaginale. E non provoca reazioni allergiche, al punto che può essere utilizzato anche da coloro che hanno sviluppato un’allergia al lattice. Secondo il professor Fernando Aiuti “il preservativo femminile è molto importante perché rompe un tabù. Quando sarà introdotto in Italia, consentirà alla donna di liberarsi dalla condizione di sudditanza nei confronti dell’uomo. Si libera dalla volontà egoistica del partner che spesso non vuol usare il preservativo”. Bambini in provetta: discriminate le donne sieropositive Rapporto sulla prostituzione a Roma: realtà e cifre La dottoressa Laura Spizzichino, psicologa alla ASL RM E di Roma ha presentato il “Rapporto Prostituzione a Roma” con numerosi spunti interessanti. La prostituta in strada. Su dieci, solo una è italiana. E sempre su dieci, almeno otto sono schiave, con un protettore violento. Il numero più alto è delle ragazze dell’Est, seguono quelle dell’Africa centrale e del Sud America. Otto clienti su dieci chiedono di avere un rapporto senza preservativo. Naturalmente la prostituta che accetta fa salire il prezzo che raggiunge anche i cento euro. Ci sono poi clienti – sono due su dieci – che chiedono alla donna di assumere cocaina insieme a loro e questo perché il rapporto, sotto l’effetto della droga, tende a durare di più. C’è un altro elemento angosciante: è la violenza. Non violenza nel senso di maltrattamenti ma violenza nel rapporto sessuale. Prostituzione maschile. È soprattutto straniero.Arriva a prostituirsi fino a oltre 50 anni. Gli viene richiesto di vestirsi da donna anche se lui non ha assolutamente atteggiamenti femminili. Si presta solo al travestimento. Si fa pagare dai dieci ai cinquanta euro. Viados. In stragrande maggioranza è sud americano e non si è sottoposto ad un intervento chirurgico, moltissimi clienti vogliono andare con lui a condizione che abbia conservato il pene. E questo perché nella maggioranza dei casi il cliente chiede di essere considerato soggetto passivo nel rapporto sessuale. I prezzi vanno da dieci a cinquanta euro ma, se c’è di mezzo la cocaina, sale notevolmente. Anche il viados è sempre più costretto ad avere un rapporto sessuale violento. Il cliente. In maggioranza va da 25 a 35 anni. Molti i professionisti. Sei su dieci hanno una famiglia o comunque un partner fisso. Quando vanno con una prostituta o un uomo che si prostituisce dicono che sono costretti a farlo perché in casa non hanno rapporti o li hanno in modo per loro non soddisfacente. Si scopre però, talvolta, per confessione delle mogli, che questo non è vero.“Il cliente, in pratica, - dice Laura Spizzichino - pagando si mette al sicuro: evita qualunque giudizio sulla sua prestazione e soprattutto non deve dare spiegazioni se la sua prestazione non è all’altezza. Il dato più grave è che otto clienti su dieci chiedono di fare all’amore senza preservativo. Sono disposti a pagare molto di più. Chi chiede di avere un rapporto senza preservativo non si preoccupa minimamente del rischio di una malattia, ha da tempo rimosso il pericolo Aids o Sifilide. Chi ha un rapporto con il preservativo, spesso finisce nel tunnel dell’angoscia perché si domanda in continuazione se, per qualche suo maldestro comportamento, si è infettato.Vive con l’angoscia il rapporto ma questo non gli impedisce di tornare con la prostituita. E nemmeno lo spinge a sottoporsi al test HIV.Tre clienti su dieci si innamorano della prostituta e cercano di redimerla, qualcuno la sposa. Sesso “insospettabile”. Studentesse, madri di famiglia, professioniste, impiegate, casalinghe. Cresce il numero delle protagoniste del sesso a pagamento. Ma non mancano giovani studenti che così si possono mantenere, permettere le vacanze all’estero o l’auto. Poiché i rapporti si svolgono in grandissima maggioranza in appartamenti, le misure igieniche sono almeno in parte assicurate. Le donne affittano singolarmente un appartamento o si consorziano. L’importante è non creare sospetti nel condominio. Ma non mancano casi, soprattutto fra gli studenti, di sesso a domicilio del cliente. Le tariffe, a differenza della prostituzione per strada, sono alte. Dipendono dall’avvenenza della donna o del ragazzo e anche dall’ambiente dove la prostituzione avviene. Non mancano casi di mariti o fidanzati o comunque partner consenzienti. Il 28 ottobre, alla Commissione Nazionale Aids, si discuterà dell’accesso delle donne sieropositive alle tecniche di maternità assistita. In quella sede ci sarà un’audizione dei professori Fernando Aiuti, Mauro Moroni, Roberto Cauda ed Enrico Ferrazzi.Attualmente, non è previsto l’accesso alle tecniche della provetta alle donne sieropositive. Su questo tema ha svolto una relazione al Congresso Anlaids a Vibo Valentia il professore Enrico Ferrazzi, Direttore del Dipartimento Materno Infantile dell’Ospedale Sacco, Polo Universitario di Milano.“I recenti successi della cura farmacologica dell’infezione da HIV e le moderne tecniche acquisite negli ultimi anni nell’ambito della procreazione assistita – ha detto Ferrazzi – rendono oggi possibile alle coppie sierodiscordanti per infezione da HIV, di poter soddisfare uno dei desideri fondamentali dell’essere umano: il bisogno di genitorialità, annullando il rischio di contagio sessuale e di conseguenza verticale”. È discriminatorio, secondo Ferrazzi, negare ad una donna sieropositiva che vive all’interno di una coppia stabile il diritto ad avere un figlio con le tecniche della maternità assistita evitando così di trasmettere l’infezione al partner. Il professor Ferrazzi, nel suo intervento, ha auspicato la promozione da parte della Commissione Nazionale Aids, di uno studio controllato che coinvolga i Centri specializzati nella maternità assistita. Su contributo di: Luciano Ragno, Capo Ufficio Stampa Anlaids Argon Media, Ufficio stampa Anlaids 11 S I M A S T I N T E R N AT I O N A L The New England Journal of Medicine 2005:353;1236-1244 AZITROMICINA IN SINGOLA DOSE VERSUS BENZILPENICILLINA NELLA TERAPIA DELLA SIFILIDE PRECOCE Riedner G, Rusizoka M,Todd J, Maboko L, Hoelscher M, Mmbando D, Samky E, Lyamuya E, Mabey D, Grosskurth H, Hayes R. Introduzione: alcuni studi pilota suggeriscono che una singola dose di azitromicina 2 gr per via orale potrebbe essere un’alternativa alla terapia classica con benzilpenicillina G 2.4 milioni U/I IM, sia nella prevenzione che nel trattamento della sifilide. È stata valutata l’efficacia di azitromicina in un Paese in Via di Sviluppo (PVS). Metodi: mediante uno screening effettuato in una popolazione ad elevato rischio a Mbeya,Tanzania, sono stati arruolati 328 soggetti, di cui 25 con sifilide I e 303 con sifilide latente ad elevato titolo anticorpale (RPR > 1:8); tale popolazione è stata randomizzata in due gruppi: 163 soggetti assumevano azitromicina 2 gr per os (gruppo A) e 165 soggetti venivano trattati con benzilpenicillina G 2.4 milioni U/I IM (gruppo B). L’obiettivo primario riguardava l’efficacia terapeutica, definendo la cura mediante la sierologia (riduzione del titolo RPR di > 2 diluizioni entro 9 mesi dal trattamento) e, nella sifilide I mediante la guarigione delle ulcere entro 1-2 settimane. Risultati: la popolazione arruolata aveva un’età media di 27 anni, 235 (71.6%) erano donne e 171 (52.1%) avevano una infezione da HIV. Il tasso di cura risultava 97.7% (IC 95%, 94% - 99.4%) nel gruppo A e 95% (IC 95%, 90.6% - 97.8%) nel gruppo B (IC per la differenza 95%, -1.7 a 7.1%), permettendo il raggiungimento dei criteri di equivalenza. I tassi di cura erano simili nei 2 gruppi ed in tutti i sottogruppi anche al 3° e 6° mese dal termine del trattamento. Il tasso di cura a 3 mesi era 59.4% (IC 95%, 51.8 - 67.1) nel gruppo A e 59.5% (IC 95%, 51.8 - 67.3) nel gruppo B; a 6 mesi era 85.5% (IC 95%, 79.4 - 90.6) e 81.5% (IC 95%, 74.8 - 87.4), rispettivamente. Conclusioni: una singola dose di azitromicina è efficace nel trattamento della sifilide e può essere particolarmente utile nei PVS in cui l’utilizzo IM della benzilpenicellina G risulta problematico.Tuttavia, recenti segnalazioni negli Stati Uniti di resistenza all’azitromicina del T. pallidum sottolineano l’importanza di un continuo monitoraggio microbiologico. Commento (a cura di Anna Beltrame, Clinica di Malattie Infettive - Udine, e Susanna Capone, Istituto Malattie Infettive - Brescia) Nonostante 50 anni di utilizzo costante della penicillina per il trattamento della sifilide, il T. pallidum risulta completamente suscettibile a questo economico farmaco. In effetti, le linee guida internazionali (sia europee sia americane) sono concordi nel prevedere l’utilizzo della penicillina G benzatina come primo farmaco di scelta nel trattamento della sifilide indipendentemente dallo stadio dell’infezione.Tuttavia, la modalità di somministrazione con rischio di trasmissione di infezioni a trasmissione parenterale, la necessità di disponibilità di personale sanitario formato, l’esistenza di casi con ipersensibilità alla penicillina rendono il suo utilizzo problematico.Attualmente le linee guida considerano doxicilina ed eritromicina quali farmaci alternativi maggiori, entrambi somministrati per lunghi periodi di tempo. Lo studio di equivalenza di Riedner et al. evidenzia come l’utilizzo di azitromicina 2g in singola dose possa rappresentare un’alternativa altrettanto efficace per il trattamento della sifilide precoce, anche nei soggetti con infezione da HIV.Tale suggerimento risulterebbe utile soprattutto nei paesi a risorse limitate, facilitando il trattamento sindromico delle ulcere genitali (T. pallidum, H. ducreyi), estendendo lo spettro di azione ad altre infezioni (C. trachomatis, N. gonorrhoeae) frequentemente coesistenti in soggetti a rischio e facilitando la gestione del partner sessuale. Lo studio porta alla ribalta un’altra problematica specifica dei paesi a risorse limitate, nei quali le strutture sanitarie sono spesso sub-ottimali: la terapia parenterale continua a comportare un rischio in termini di trasmissione di infezione da HIV, HBV ed HCV.Tra i farmaci alternativi somministrabili per via orale l’impiego di un farmaco efficace in dose singola ha vantaggi incalcolabili in termini di aderenza rispetto a quelli che richiedono settimane di somministrazione. L’impiego prospettato della azitromicina in paesi a basse risorse solleva problematiche di costi.Tuttavia, oltre i costi del farmaco, certamente superiori rispetto a quelli della penicillina, è importante considerare i costi del personale e delle siringhe. Alcune problematiche rimangono aperte.Una di queste è relativa agli effetti collaterali dell’azitromicina alla dose di 2 g,in passato utilizzata per il trattamento della gonorrea,e trovata gravata da un elevato tasso di eventi avversi.Lo studio segnala che circa l’11,4% dei pazienti trattati con questo farmaco, ha presentato una sintomatologia gastrointestinale da lieve-moderata, nel complesso quindi senz’altro accettabile. È possibile che la sede dello studio, la Tanzania, possa giustificare le differenze in termini di tollerabilità rispetto a studi condotti negli Stati Uniti ed Europa. Un secondo e forse più importante dubbio concerne l’efficacia. Il concetto di guarigione sierologia (diminuizione del titolo RPR di almeno due diluizioni nell’arco dei nove mesi) rimane non esente da critiche in termini sia di sottostima che sovrastima d’efficacia. Il follow-up, limitato in questo studio a nove mesi, non è certo sufficiente per la valutazione di eventuali fallimenti clinici del trattamento. Questo appare di particolare rilievo a fronte delle segnalazioni di Lukehart sull’emergenza di resistenze delT.pallidum all’azitromicina (vedi STDNEWS 23):non è stato ancora chiarito se ceppi resistenti siano limitati a comunità con comportamento sessuale a rischio in USA e Irlanda (conseguente ad abuso terapeutico) o se siano diffusi a livello mondiale. In attesa di ulteriori studi le linee guida dei CDC del 2006 (prossima uscita) non consigliano l’utilizzo dell’azitromicina come prima scelta per il trattamento della sifilide precoce. 12 J Paediatr Child Health. 2005;41:260-264 ADOLESCENTI E INFEZIONI SESSUALMENTE TRASMESSE: INFORMAZIONE E COMPORTAMENTO SESSUALE IN ITALIA Trani F, Gnisci F, Nobile CG,Angelillo IF. Obiettivi: le Infezioni Sessualmente Trasmesse (IST) negli adolescenti continuano a rappresentare un importante problema di sanità pubblica, sia nei Paesi Industrializzati (PI) sia nei Paesi in Via di Sviluppo (PVS). Questo studio ha valutato l’informazione ed il comportamento sessuale di un campione di adolescenti in relazione alla prevenzione delle IST Metodi: le informazioni sono state rilevate mediante un questionario autosomministrato ad una popolazione di 644 studenti dell’Università e delle scuole pubbliche medie superiori di età compresa tra 14 e 20 anni di Catanzaro (Italia) Risultati: solo il 14.2% del campione era a conoscenza delle principali IST oltre al dato della possibilità di trasmissione durante rapporti sessuali con partner affetto da HIV; tale consapevolezza era significativamente maggiore tra gli adolescenti che riferivano un maggior numero di partners sessuali durante la vita e che avevano ricevuto informazioni sulle IST da personale sanitario. Il 33.8% riportava di avere avuto almeno un rapporto sessuale e 16 anni era l’età media del primo rapporto sessuale. I soggetti maschi di età maggiore o con madre lavoratrice, riportavano in maggior misura di aver avuto rapporti sessuali. La prevalenza dell’utilizzo costante del preservativo durante i rapporti sessuali era uguale a 51.8%, abitudine riportata soprattutto dai soggetti maschi più giovani. La prevalenza dell’uso del preservativo durante il più recente rapporto sessuale era uguale a 71.9%. L’età inferiore, la maggiore consapevolezza del rischio di contrarre IST e la minore informazione su di esse, erano indipendenti fattori predittivi per l’utilizzo del preservativo. Il tasso medio dello score per valutare la percezione del rischio di contrarre un IST era uguale a 5.8%. Conclusioni: è necessario creare ed implementare le strategie di informazione sulle IST con la speranza di aumentare il livello di conoscenza di queste infezioni tra gli adolescenti e di ridurre i comportamenti sessuali a rischio. Commento (a cura di Giada Rorato, Clinica di Malattie Infettive – Policlinico Universitario a Gestione Diretta – Udine) Rispetto agli altri PI i nostri adolescenti dimostrano una minore attività sessuale (33.8% almeno 1 rapporto sessuale) ed un maggiore utilizzo del preservativo (costante 51.8%, spesso 25.3%).Tuttavia, il disegno di studio (questionario auto-compilato) potrebbe comportare una sottostima del reale comportamento sessuale dei giovani. Inoltre, sebbene la popolazione analizzata fosse quasi completamente consapevole della trasmissione sessuale dell’HIV (99.4%), molti risultati presentati in questo studio dimostrano come gli adolescenti di una parte del nostro paese abbiano una disarmante scarsa conoscenza sulle IST, sulle gravi conseguenze e delle modalità per prevenirle. L’infezione cervicale da chlamydia,ad esempio,responsabile di MIP,gravidanze ectopiche,infertilità,rappresentava il patogeno meno conosciuto (16.5%); il bacio era una modalità considerata a rischio di IST (19.9%).Pertanto,considerando che le abitudini sessuali degli adulti si formano durante l’adolescenza, si rende necessario il potenziamento degli interventi di informazione ed educazione sulle IST a livello nazionale. BMC Infect Dis. 2005;5:77 PREVALENZA DELL’ INFEZIONE CERVICALE DA HPV IN UNA POPOLAZIONE ITALIANA ASINTOMATICA Centurioni MG, Puppo A, Merlo DF, Pasciucco G, Cusimano ER, Sirito R, Gustavino CA. Introduzione: nell’ultima decade molti studi hanno definitivamente dimostrato che i papillomavirus umani (HPVs) sono gli agenti prevalentemente responsabili di carcinogenesi cervicale e, recentemente, tests diagnostici sull’HPV sono stati proposti come nuovi e più efficienti mezzi di screening per il tumore della cervice uterina. Questo aspetto sta ricevendo notevole attenzione della stampa scientifica e non. Il test per l’HPV potrebbe essere considerato il più importante punto di svolta in questo campo da quando è stata introdotta la citologia cervicale. Questo articolo rileva la prevalenza dell’HPV negli anni ’90, sebbene lo studio sia ancora in corso. Metodi: è stata utilizzata la PCR per identificare le sequenze di HPV-DNA nello scraping cervicale di 503 donne asintomatiche che si sono sottoposte ad un programma di screening regolare del tumore cervicale a Genova, in Italia.A tutte le pazienti, inoltre, veniva proposto un questionario auto-compilato standardizzato riguardo il proprio stile di vita e l’attività sessuale. Sulla base della presenza delle sequenze di HPV-DNA le donne sono state suddivise in 2 gruppi:“infette” e “non infette” ed è stata condotta un’analisi statistica sui fattori di rischio associati all’infezione. Risultati: il tasso d’infezione era uguale a 15.9% ed il genotipo virale più frequente era l’HPV 16. Conclusioni: la prevalenza (15.9%) era simile a quella riportata in altri studi sulla popolazione generale europea. 13 S I M A S T I N T E R N AT I O N A L Commento (a cura di Giada Rorato, Clinica di Malattie Infettive – Policlinico Universitario a Gestione Diretta – Udine) Tra le 503 donne asintomatiche arruolate nello screening, con età media di 51 anni, 80 sono risultate positive all’infezione da HPV (15.9%); 57.5% delle infezioni erano causate da HPV-16, un genotipo definito ad elevato rischio oncogeno (HPV-HR).Attualmente è stato dimostrato in modo pressoché inequivocabile la marcata associazione tra presenza di HPV-HR e tumore della cervice uterina. Sebbene i tests diagnostici virali (PCR) risultino più sensibili dei test citologici (Paptest) per la diagnosi precoce di lesioni displastiche ad elevato grado, soprattutto in donne di età > 30 anni, la loro ridotta specificità e l’elevato costo ne rendono discutibile l’applicazione nello screening di donne asintomatiche.Tuttavia, l’utilizzo della biologia molecolare risulta importante per definire l’epidemiologia mondiale degli HPV-HR, essendo disponibile un vaccino diretto a prevenire la loro acquisizione e di conseguenza il tumore della cervice. Clinical Infectious Diseases 2004; 39:996-1003 RIEMERGENZA DEL LINFOGRANULOMA VENEREO NELL’EUROPA OCCIDENTALE: COMPARSA DI PROCTITI DA CHLAMYDIA TRACHOMATIS (SIEROVARIANTE L2) IN OLANDA TRA UOMINI OMOSESSUALI Nieuwenhuis R.F., Ossewaarde J. M. et al. Introduzione: il linfogranuloma venereo (LGV) è una malattia sessualmente trasmessa (MST) ed è rara in Europa Occidentale. Recentemente 3 uomini omosessuali hanno presentato proctiti da LGV all’ Erasmus Medical Center di Rotterdam (Olanda).Abbiamo investigato un possibile cluster epidemico in un gruppo di uomini omosessuali (MSM). Metodi: sono stati individuati ed investigati un totale di 15 uomini. In questi sono stati determinati i titoli anticorpali per C.trachomatis. Sono stati raccolti campioni di urine e tamponi rettali per la ricerca di C. trachomatis tramite PCR. I campioni risultati positivi sono stati poi tipizzati geneticamente per individuare le varianti sierologiche.Tutti i soggetti sono stati sottoposti a screening routinario per MST. Sono inoltre state valutate le caratteristiche sociodemografiche, cliniche ed endoscopiche. Risultati: 13 soggetti avevano alto titolo di IgG ed IgA per C. trachomatis, suggerendo, quindi, un’infezione invasiva. I tamponi rettali di 12 soggetti sono risultati positivi alla PCR per C.trachomatis.Tutti i campioni di urine sono risultati negativi. La tipizzazione genotipica ha rilevato i sierotpi L1 (8 casi) ed L2 (1 caso). In tutti i soggetti sottoposti a retto-sigmoscopia si è evidenziata una proctite ulcerativa.11 dei 13 pazienti con diagnosi di LGV erano HIV positivi; 6 avevano un’altra concomitante MST ed 1 aveva recentemente acquisito l’epatite da HCV. Contatti sessuali sono stati riportati in Olanda, Germania, Belgio, Inghilterra e Francia. Conclusioni: abbiamo rilevato la comparsa di proctiti da LGV tra MSM in Olanda. Il carattere ulcerativo della malattia favorisce la trasmissione dell’HIV, di altre MST e malattie trasmesse per via parenterale. Da un punto di vista sanitario, diviene dunque importante aumentare il grado di consapevolezza di possibili casi di LGV in MSM con proctite sintomatica. Commento (a cura di Susanna Capone) In era preantibiotica il linfogranuloma venereo (LGV) era diffuso sia negli Stati Uniti sia in Europa. Con l’avvento degli antibiotici e lo sviluppo dei sistemi sanitari l’incidenza di questa malattia si è drammaticamente ridotta in queste aree fino ad essere considerata praticamente scomparsa. Negli ultimi 20 anni sono stati descritti solamente due clusters (uno a Parigi ed uno a Washington). Questo studio che descrive un cluster di LGV tra uomini omosessuali supporta l’ipotesi che casi di LGV si stiano nuovamente diffondendo in Europa. Lo studio è partito da 3 uomini HIV positivi con LGV (sierovariante L2) che hanno avuto accesso all’Erasmus Medical Center. L’interesse dello studio risiede in almeno quattro elementi: il primo è l’elevatissima incidenza di malattia tra i soggetti in cui è stata eseguita la ricerca attiva dell’infezione: ben 13 di 15 soggetti erano effettivamente affetti da LGV. In assenza di strumenti attivi di ricerca i casi sarebbe passati inosservati. Il secondo è la definizione degli strumenti diagnostici: l’esame delle urine si è mostrato di scarsa utilità, mentre al contrario è apparsa estremamente affidabile l’analisi mediante PCR di tamponi rettali (positiva per C. trachomatis in 12 casi). Il terzo è l’elevato tasso di co-infezione con il virus HIV e con altre MST. Questa osservazione conferma una perdurante trasmissione di MST tra soggetti omosessuali maschi con infezione da HIV. Il quarto, di natura epidemiologica, è la bassissima sensibilizzazione del personale sanitario nei confronti della malattia: l’analisi dell’iter diagnostico dei pazienti con successiva diagnosi di LGV riporta ipotesi, tra le altre, di morbo di Chron, sifilide, proctite erpetica. Si auspica dunque una rinnovata educazione e formazione su questa patologia dimenticata; va in questo senso la recensione di Massimo Giuliani in questo numero di STDNEWS. Poichè i contatti dei casi di LGV segnalati in questo outbreak appartenevano ad aree geografiche differenti, oltre all’Olanda, quali Belgio, Germania, Francia ed Inghilterra, è senz’altro prevedibile l’esistenza di altri casi misconosciuti dell’infezione. 14 Congressi MST 9th International Union against Sexually Transmitted Infectious: World Congress Bangkok, 15-18 November 2005,Thailand Contact: Dr. Chavalit Mankalaviraj, Segretariat World IUSTI 2005-10-06 c/o bangrak Hospital, 189 Sathorn Road, Bangkok 10120,Thailand Tel: +66 26 765 383 Fax: +66 22 863 013 E-mail: [email protected] Website: http://www.cottisa.org Deadline: closed 8th Congress European Society for Sexual Medicine Copenhagen, Danimarca, 4-7 December 2005 …S I T I W E B … CDC National Prevention Information Network (NPIN): a service of the CDC National Center for HIV, STD and TB prevention (NCHSTP) http://www.cdcnpin.org/scripts/std/index.asp Eurosurveillance http://www.eurosurveillance.org Website: http://www.essm2005.org Preventing Cervical Cancer in Low Resource Settings: from Research to Practice Bangkok,Thailand, 4th-7th December 2005 Website: http://www.jhpiego.org/media/cecapconf1205.htm 14th International Conference on HIV/AIDS and Sexually Transmitted Infections in Africo (ICASA) Abuja, Nigeria, dal 5 al 9 Dicembre 2005 Website: I.C.A.S.A.2005 16th European Congress of Clinical Microbiology and Infectious Diseases Nice, 1-4 January 2006, France Contact: Scientific Secretariat 16th ECCMID c/o ESCMID Executive Office, PO Box CH-4005 Basel, Switzerland Tel: +41 61 686 77 99 Fax: +41 61 686 77 98 Website: http://www.akm.ch/eccmid2006/ Deadline: 17 November 2005 Eurogin 2006 6th International Multidisciplinary Congres Paris, Palais des Congrès, 23-26 April 2006 Registration Office: Colloquium, 12, rue de la Croix Faubin 75557 Paris Cedex 11, France Tel: +33 144641515 Fax: +33 144641516 Email: [email protected] Website: http://www.eurogin.com/2006/ 14th IUSTI-AP 2006 Kuala Lumpur, Malaysia, 27-30 July 2006 WHO.World Health Organization http://www.who.int Mother risk http://www.motherisk.org/ XVI International AIDS Conference Toronto, Canada, dal 13 al 19 Agosto 2006 Website: Aids2006 22nd Conference on Sexually Transmitted Infections Versailles, Palais des Congès, 19-21 October 2006, France Contact: IUSTI 2006 c/o MCI France 11, rue de Solferino 75077 Paris - France Tel: +33(1)53858253 Fax: +33(1)53858283 Email: [email protected] Website: http://www.iusti2006.com 15 ✁ SCHEDA DI ISCRIZIONE SIMAST SOCIETÀ INTERDISCIPLINARE PER LO STUDIO DELLE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI Prof./Dott. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ............................................................................................. Istituto di appartenenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Chiedo di essere iscritto alla SIMAST in qualità di Socio Ordinario La quota di iscrizione è di € 30,00 (già iscritti ESIDOG), oppure € 40,00,da versare con: A. bonifico bancario c/o Banca Popolare di Brescia,ag. 9 di via Galilei n. 112, c/c 212 intestato a SIMAST - Cod. ABI 5437 - Cod. CAB 11209 oppure con ............................................................................................. Indirizzo ................................................................................ B. assegno bancario non trasferibile intestato a SIMAST e indirizzato a SIMAST, c/o Clinica di Malattie Infettive di Brescia ............................................................................................. Tel. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Fax . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . DATA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . FIRMA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . INVIARE A: SIMAST - Clinica di Malattie Infettive e Tropicali - P.le Spedali Civili, 1 - 25125 Brescia A proposito di MST… How to Interpret Syphilis Results Penny Miller, Steven Skov and Janet Knox Un manuale per personale medico ed infermieristico in strutture sanitarie periferiche Seconda edizione Il manuale è stato preparato da autori australiani per il personale sanitario che deve cimentarsi con l’interpretazione dei tests sierologici per la lue. Il testo si riferisce quindi alle linee guida per la diagnosi di lue del CARPA (Central Australian Rural Practitioners Association) e fornisce in modo estremamente pratico risposte ai dilemmi di più frequente riscontro, sottolineando le più frequenti cause di misinterpretazione dei tests. Il testo è diviso in due sezioni: la prima consiste in un riesame degli esami sierologici disponibili per la diagnosi di lue; la seconda consiste in trentadue esercizi pratici che includono storia clinica, risultati dei tests sierologici, domande e discussione. Il manuale può essere ordinato al seguente indirizzo: Nganampa Health Council, PO Box 2232, Alice Springs 0871 Ph (08) 89 525 300, fax (08) 89 522 299 Prezzo: $18 + $10 di spese postali STD STD NEWS ORGANO UFFICIALE DELLA SIMAST, SOCIETÀ INTERDISCIPLINARE PER LO STUDIO DELLE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI Anno 9, N. 24, ottobre 2005 Reg.Trib. di Brescia N. 15/1996 del 17/4/96 Direttore responsabile: Sabrina Smerrieri Coordinatore scientifico: Giampiero Carosi 16 Comitato scientifico: Giampiero Carosi, Elvio Alessi, Giuliano Zuccati, Enrico Magliano, Sergio Cosciani-Cunico, Marco Cusini,Aldo Di Carlo, Massimo Giuliani,Vincenzo Gentile, Brunella Guerra, Giorgio Palù, Francesco Starace, Mario Peroni, Eligio Pizzigallo, Mario Soscia, Barbara Suligoi, Antonio Volpi Redazione: Alberto Matteelli, Mauro Boldrini, Anna Beltrame, Gino Tomasini Editore: Intermedia, via Malta 12B, 25124 Brescia Tel. 030.226105; Tel/Fax 030.2420472 Impaginazione: Grafo spa Stampa: Officine Grafiche Staged, San Zeno Naviglio (BS) Questa pubblicazione è resa possibile da un educational grant di Glaxo SmithKline Spa