Duccio di Buoninsegna

Transcript

Duccio di Buoninsegna
Duccio di Buoninsegna
Risalgono al 1278 i primi documenti relativi alla vita del grande artista senese: una
ricevuta di pagamento per una serie di pitture decorative su alcune casse (andate
perdute) destinate alla conservazione di documenti negli uffici nel comune di Siena
(Ufficio della Bicchierna). Si suppone quindi che Duccio sia nato intorno al 1255, dato lo
scarso significato di detta committenza, più artigianale che artistica, che poteva essere
stata ordinata, presumibilmente, ad un giovane ai suoi primi esordi.
Nel 1285 accetta la sua prima importante committenza proveniente da Firenze, per la
realizzazione di una grande tavola, richiesta dalla Compagnia dei Laudesi in S. Maria
Novella.
Anticamente si trovava nella cappella di questa
compagnia, chiamata poi Cappella Bardi, ma dal
1591 venne spostata nella vicina Cappella
Rucellai,
dalla
quale
prese
il
nome
correntemente
usato.
Rimase
in
questa
collocazione fino al 1937, quando venne esposta
in una grande mostra su Giotto a Firenze; dal
1948 poi venne trasferita agli Uffizi.
L'opera, che è una “Maestà” cioè una Madonna in
trono col Bambino, si ispira, infatti, alla Maestà
del Louvre di Cimabue, dipinta forse pochi anni
prima, con la stessa
disposizione del trono in
tralice (obliquo), la stessa
inclinazione dei volti e i
medesimi
gesti
della
madre col figlio, la stessa
impostazione
della
cornice.
Il tema però è qui
rappresentato con una
nuova sensibilità, più “gotica”, carica di una maggiore dolcezza
nei volti e nella dolente umanità che supera i rigidi schematismi
bizantini, confermando l’importanza tributata nel Duecento ai
culti mariani (della Madonna).
Cimabue, Madonna con Bambino
tempera su tavola, 424x276 cm,
Museo del Louvre, Parigi
Con tutta probabilità Duccio ebbe come ispirazione anche gli oggetti quali smalti,
miniature e avori provenienti dalla Francia, dal nuovo gusto gotico, con una preziosità di
linee e una levigatezza delle superfici innovativa. Ciò dà all’immagine anche un senso di
maggiore aristocraticità, innestata sulla solida maestosità e l’umana rappresentazione di
Cimabue.
Inoltre Duccio vi immise un nervoso ritmo lineare, come sottolineato dal capriccioso
orlo dorato della veste di Maria, che disegna una complessa linea arabescata che va dal
petto fino ai piedi, in opposizione alle rigide e astratte pieghe a zig zag della pittura
bizantina. La gamma cromatica è ricca e varia, come già andava conquistando la scuola
senese, e conta colori che si esaltano a vicenda come il rosa smalto, il rosso vinato e il
blu chiaro.
Le aureole della Madonna e del Bambino sono decorate da raffinate punzonature che
incidono la foglia oro e creano un’aura di impalpabile trasparenza.
I sei angeli che circondano la Madonna sono perfettamente simmetrici (forse dipinti
tramite sagome cartonate, i cosiddetti "patroni") e stanno inginocchiati in modo irreale,
uno sopra l’altro, ai lati del trono, senza una minima sensazione di piani in profondità.
Del resto anche nel trono non è tanto curata la costruzione assonometrica, quanto i
decori preziosi, con intarsi e trafori e con il sontuoso drappo di seta sullo schienale.
La cornice modanata è in parte d’oro e in parte dipinta, con una fascia interrotta da
clipei (medaglioni) con busti di profeti biblici e santi domenicani, tra i quali il fondatore
dei Laudesi san Pietro Martire.
Ma Duccio raggiunge la vetta più alta con la Maestà per il duomo di Siena che si trova
oggi nel Museo dell'Opera Metropolitana, dopo essere stata esposta nel Duomo, anche
se fra vari spostamenti, fino al 1878.
Duccio di Buoninsegna, Maestà, 1308-11, Tempera su tavola, 214 x 412 cm, Museo dell'Opera del Duomo, Siena – Lato anteriore
L’opera andava a sostituire un'icona della Vergine particolarmente cara ai senesi, perché
era legata alla vittoria della Battaglia di Montaperti: con questa nuova grandiosa pala
volevano omaggiare ancora maggiormente la loro protettrice, alla quale era dedicata
anche la Cattedrale. Il 9 giugno 1311 venne posta nella Cattedrale, con una solenne
processione alla quale parteciparono le massime autorità cittadine sia religiose che
civili, che iniziò dallo studio del pittore e si concluse
in Duomo.
La pala d'altare nel 1771 venne trasferita alla chiesa di
Sant'Ansano in località Castelvecchio di Siena, dove
venne smontata per essere ripartita tra due altari e
segata in più porzioni: in quell’occasione numerosi
pannelli andarono perduti. Mentre i pannelli più grandi
tornarono in Duomo nel 1795 e da lì vennero
musealizzati nel 1878, molti altri, appartenenti
soprattutto alle parti accessorie come le predelle e le
cuspidi, vennero dispersi. Nell’immagine a lato è
possibile vedere una ricostruzione virtuale del lato
anteriore (recto) della Maestà.
Il lato principale quindi, quello originariamente rivolto ai fedeli, era dipinto con una
monumentale Vergine con Bambino in trono, circondata da un’affollata teoria di santi e
angeli su fondo oro. Tra questi si riconoscono inginocchiati in primo piano i quattro santi
protettori di Siena (Sant'Ansano, San Savino, San Crescenzio e San Vittore), mentre ai
due lati sono raffigurate le due sante protettrici in piedi (Sant'Agnese e Santa Caterina
d'Alessandria), avvolte da manti con un panneggio di linee nervosamente spezzate, che
ricordano i goticismi della Madonna Rucellai.
Altri quattro santi stanno in secondo piano (San Paolo e San Giovanni evangelista a
sinistra, San Giovanni Battista e San Pietro a destra), mentre tutto intorno si dispone con
rigida simmetria un appiattito coro di venti angeli alati. Più in alto altre figure di santi
più piccoli a mezzo busto (gli altri dieci apostoli) sono opere di bottega.
La predella da questo lato presentava alcune storie dell'infanzia di Cristo, nelle quali la
protagonista è Maria, alternate a figure di Profeti (Isaia, Ezechiele, Salomone, Malachia,
Geremia, Osea).
Gli influssi del Gotico francese appaiono evidenti: le linee che contornano le figure,
infatti, sono morbide e sinuose, e la scelta dei colori si accorda perfettamente con la
loro raffinata nitidezza. Più che un effetto volumetrico Duccio ricerca un effetto
cromatico d'insieme, nel quale disegno e colore possano fondersi in modo
armoniosamente decorativo. I volumi dei corpi, quindi, non sono posti in particolare
rilievo e ciò che li rende percepibili non è tanto la prospettiva e il chiaroscuro (come in
Cimabue e, più in generale, in tutti i Fiorentini) ma l'equilibrata simmetria del disegno.
Le figure di Maria e del Bambino risultano sproporzionate rispetto a tutte le altre.
Questo è tipico della cultura gotica, in quanto le dimensioni non obbediscono alle leggi
naturali della prospettiva, secondo le quali ciò che è più lontano si dovrebbe vedere più
piccolo ma, al contrario seguono la gerarchia dei personaggi, per cui quelli più
importanti devono sempre essere rappresentati di dimensioni maggiori.
Duccio di Buoninsegna, Maestà, 1308-11, Tempera su tavola, 214 x 412 cm, Museo dell'Opera del Duomo, Siena- Lato posteriore
Se la parte anteriore, con la figura monumentale della Madonna, era rivolta verso la
navata e destinata al pubblico dei fedeli, quella posteriore, con le piccole storie della
“Passione di Cristo”, era invece riservata alla contemplazione degli ecclesiastici.
ricostruzione virtuale del lato posteriore
All’estrema solennità del prospetto, si contrappone, nelle
storie del retro, un elegantissimo equilibrio tra
naturalismo e astrazione. Ogni composizione è
attentamente pensata, dall'inquadramento architettonico
alla disposizione delle figure. Nelle scene con molti
personaggi gli accostamenti più squisiti di zafferano e
pesca, malva e verde erba, glicine e lampone si
intrecciano sull'oro lucente del fondo. Vi erano
rappresentate 26 Storie della Passione e Resurrezione di
Cristo, divise in formelle più piccole, uno dei più ampli
cicli dedicati a questo tema in Italia.
Le Storie cominciavano dalla predella, poi smembrata, nella quale erano rappresentati
alcuni episodi della vita pubblica di Cristo
Nella grande tavola principale il posto d'onore, al centro, è dato dalla Crocifissione, di
larghezza maggiore e altezza doppia, come anche la formella doppia nell'angolo in basso
a sinistra con l'Entrata a Gerusalemme (da dove inizia la lettura). Le scene si leggono
dall'angolo sinistro procedendo nella fascia inferiore verso destra dal basso verso l'alto.
Dopo il pannello centrale (Preghiera nel Getsemani e Bacio di Giuda) la narrazione
riprende nell'angolo in basso opposto, procedendo verso sinistra, sempre dal basso verso
l'alto. Questo espediente, già usato da secoli, serve per convogliare la lettura verso la
scena centrale della Crocefissione. La fascia superiore invece si legge da sinistra verso
destra, sempre dal basso verso l'alto fino alla Crocifissione.
Disposizione delle scene secondo l'ordine di lettura
1. Entrata a Gerusalemme
3-2 Ultima cena e lavanda dei piedi
5-4 Cristo si separa dagli Apostoli e tradimento
di Giuda
7-6 Preghiera nel Getsemani e Bacio di Giuda
8-9 Cristo davanti a Pilato e accusa dei Farisei
11-10 Cristo davanti a Caifa e Cristo deriso
13-12 Tradimento di Pietro e Cristo davanti al sommo sacerdote
15-14 Cristo torna da Pilato e Cristo davanti a Erode
17-16 Flagellazione e Incoronazione di spine
19-18 Pilato si lava le mani e Via Crucis
20 Crocifissione
22-21 Deposizione dalla Croce e sepoltura di Cristo
Pur dimostrando un’indubbia sensibilità verso la notazione naturalistica (paesaggi e
architetture), il Maestro senese predilige comunque la dimensione astratta, preferendo
l’aspetto decorativo a quello prospettico. Le figure delle varie formelle, sono composte
per simmetrie di forme e per accostamento di colori, tenendo in scarso rilievo ogni altra
considerazione di carattere realistico e proporzionale. I colori, in particolare, appaiono
studiati in modo da accordarsi armoniosamente l’uno con l'altro, al di fuori di qualsiasi
verosimiglianza.