Faust, piccolo uomo incapace di resistere agli istinti più semplici

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Faust, piccolo uomo incapace di resistere agli istinti più semplici
la Repubblica
VENERDÌ 28 OTTOBRE 2011
@
R2SPETTACOLI & TV
■ 52
IN SALA
DA NON PERDERE
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THE PLACE
A CURA DI
ROBERTO NEPOTI
PER SAPERNE DI PIÙ
trovacinema.repubblica.it
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MELANCHOLIA
UNA SEPARAZIONE
Rockstar, autoesiliata
dalla musica e dalla vita,
Cheyenne va on-theroad per vendicare il
padre, umiliato da un
aguzzino ad Auschwitz.
Ma prima fa un giro
attraverso l’America.
La prima parte è un
matrimonio, dove la
sposa (Kirsten Dunst,
premiata a Cannes) è
“costretta” a essere
felice, mentre la
consuma un’abissale
malinconia. Il resto è il
regno del Caos.
Quando sua moglie
lascia casa, Nader resta
con la figlia e col padre
malato. Cerca allora
l’aiuto in una donna, che
si occuperà dell’anziano
all’insaputa di suo marito.
Un incidente è destinato
a produrre una tragedia.
Regia di Paolo Sorrentino
Con Sean Penn
Frances McDormand
Regia di Lars Von Trier
Con Kirsten Dunst
Charlotte Gainsbourg
Regia di Asghar Farhadi
Con P.Moaadi, L.
Hatami
Prime film
Prime film
IL FILM DI CURZIO MALTESE
FAUST
Dramma
Horror
Quell’impasto
di dolore
alla fine “impazzisce”
Il fattore umano
irrompe
nel genere “di paura”
La storia d’amore impossibile tra un
uomo e una donna votati alla
sofferenza. Lei è Marina, che
soggiorna in montagna col figlio
piccolo; lui Manfred, guida alpina
cupa e scostante, incattivita da un
abbandono. Si scrutano,
comprendono i segreti reciproci,
sono toccati dalla passione ma non
riescono a viverla. È bene tenere
sempre presente la nota frase di
Truffaut: non si può dire che un film
sia, o non sia, “riuscito”, è un verbo
che si usa per la maionese. Eppure
vien voglia di usarlo a proposito di
Quando la notte, che Cristina
Comencini ha tratto dal suo romanzo
e diretto. Ci sono temi importanti (la
solitudine, il peso della maternità...),
suggestivi paesaggi dell’anima, un
attore intenso ed espressivo come
Filippo Timi, e tuttavia il “composto”
non funziona; anzi, andando verso
l’epilogo “impazzisce” anche un po’.
Troppi sguardi truci? Un eccesso di
silenzi che finisce per essere
concettoso? Una dose “over” di
sentenziosità? Voler additare le cause
per cui un’opera (pur sentita
dall’autrice, come questa) non è
“riuscita”, certe volte risulta
sgradevole, presuntuoso.
(roberto nepoti)
Il cinema di paura ha le sue leggi e i
suoi rituali. Si dirà che questo vale
per qualsiasi “genere” codificato.
Vale un po’ di più per questo.
Ripetitività, prevedibilità e
riconoscibilità di situazioni, snodi,
personaggi sono requisiti
particolarmente cari allo spettatore
appassionato. E proprio per questo,
forse, Insidious di James Wan
potrebbe risultare non soddisfacente
ai fan del genere e
contemporaneamente più
accettabile a chi fan non è. Non
mancano elementi chiave e
ingredienti base: a partire dalla
maledizione che incombe su una
casa. Però se ne accompagnano a
loro altri anomali rispetto alla norma,
al canone di genere. In particolare un
fattore umano che di solito manca.
Sia una forte componente di
commozione, sia una pista quasi
umoristica. Un valore aggiunto per lo
spettatore comune, probabilmente
una distrazione dallo zoccolo duro
agli occhi del pubblico più
specializzato ed esigente. Si segnala
un piccolo ruolo di Barbara Hershey
già icona di un cinema autoriale e
trasgressivo: la ricordate in L’ultima
tentazione di Cristo di Scorsese?
(paolo d’agostini)
Faust, piccolo uomo
incapace di resistere
agli istinti più semplici
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QUANDO LA NOTTE
Regia di Cristina Comencini
Con Claudia Pandolfi
Filippo Timi
Commedia
La seconda vita
di Tom Hanks
licenziato in tronco
Crisi economica e disoccupazione
entrano sempre più spesso nel cinema
di un’America, ormai, costretta al
risveglio dal vecchio e menzognero
“sogno”. All’inizio del suo secondo film
da regista (dopo il non memorabile
Music Graffiti), anche Tom Hanks è
licenziato in tronco dall’azienda cui,
pure, offriva tutta la sua dedizione. Nei
guai col mutuo e con i conti quotidiani,
decide tuttavia di iscriversi
all’università: dove si spartisce tra le
lezioni di espressione verbale (seguite
da quattro gatti) di Julia Roberts e
quelle (frequentatissime) di un
docente di economia giapponese.
Nemmeno alla prof mancano motivi
per essere in crisi: dal marito bastardo
agli allievi che rispondono al
telefonino durante la lezione. Secondo
l’uso nelle commedie di “seconda
possibilità”, però, tra i due fiorirà
l’amore. Come regista Hanks adotta
uno stile rétro, benintenzionato ma
povero di sorprese. Nel protagonista
Larry Crowne, che interpreta, rifà un
po’ (troppo) l’indimenticabile Forrest
Gump, in una versione “adulta” e
sottotono. Quanto a Julia Roberts,
sovrarecita, esagera; tanto più quanto
meno sembra convinta del ruolo che
sta interpretando. (r.n.)
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L’AMORE ALL’IMPROVVISO
Regia di Tom Hanks
Con Tom Hanks
Julia Roberts
CURZIO MALTESE
hi sarebbe oggi disposto a dannarsi
l’anima in cambio della giovinezza,
del danaro e dei favori di una splendida fanciulla? Più o meno tutti. Anche
per una sola delle tre opzioni e forse
meno ancora. Questo ha fatto crollare le quotazioni dell’anima sul mercato del diavolo. Il vero
problema non è più vendersi, ma trovare qualcuno disposto a comprare. A partire da questa mesta consapevolezza Alexander Sokurov è partito
per riscrivere al cinema il mito di Faust. Chi conosce l’autore dell’Arca Russa non si aspettava
certo una messinscena classica, ma neppure una
ruffiana e banale “attualizzazione” dell’antieroe
goethiano. Orrenda parola, figurarsi se si può attualizzare un capolavoro della letteratura, ovvero qualcosa che è già per sua natura più avanti del
presente. Ma la forza con la quale Sokurov riesce
a realizzare dalla suggestione di un classico un
film in costume, per giunta ambientato nei distanti paesaggi islandesi, eppure a raccontare nel
profondo il qui e l’oggi, ha qualcosa di realmente
sbalorditivo. Soltanto un genio come lui poteva
chiudere una tetralogia dedicata al potere e finora composta da tre biografie, di Hitler (Moloch),
Lenin (Taurus) e dell’imperatore Hirohito (Il sole), con una figura del mito letterario risolta in
modello del nostro vivere quotidiano.
Il Faust di Sokurov, più che al personaggio
eponimo, assomiglia ai tanti disperati piccoli uomini incapaci di resistere agli istinti più semplici
ed egoistici, le solitarie moltitudini sui quali si
fondano i regimi, gli imperi, le dittature. Del resto, il senso della tetralogia del potere di Sokurov
trova espressione in quella frase di Goethe: «Le
persone infelici sono pericolose». L’infelicità è il
principale movente dei delitti. In questo caso del
patto che il dottor Faust stringe con il suo Mefistofele, un sordido e deforme usuraio, per ottenere (poco) danaro e una sola notte d’amore con
C
LEONE D’ORO
Il regista russo Alexander
Sokurov con il
Leone d’oro vinto
all’ultima Mostra di
Venezia per il
suo film “Faust” (nella
foto in alto)
la bella Margherita, cui ha ucciso per sbaglio il
fratello. Gli orizzonti della dannazione si sono ristretti, un povero diavolo faccendiere e un mediocre peccatore si scambiano false promesse e
miseri favori in un ambiente soffocante, degenerato, fra merci avariate e luoghi angusti e malsani. Il male appare in tutta la sua banalità, come del
resto fin dal primo capitolo della tetralogia sokuroviana, Moloch, con Eva Braun che fa ginnastica salutista, Hitler che discetta a tavola dei benefici della dieta vegetariana e gli alti gerarchi del
nazismo in gita fra i boschi come scolaretti.
Il cinema di Sokurov è destinato a pochi. Ma
chi si è abbandonato per una volta allo splendore delle sue opere, non può perdere questo film
indimenticabile. Bello in ogni suo aspetto, dalla
regia alla scrittura poetica di Yuri Arabov ai dialoghi di Marina Koreneva, dalle scenografie di
Elena Zhukova alle musiche di Andrey Single, per
non parlare dei due attori protagonisti, il Faust di
Johannes Zeller e l’usuraio di Anton Adasinskiy,
oltre a un cast formidabile nel quale spicca una
lunare Hanna Schygulla. Di rado, almeno negli
ultimi anni, il Leone di Venezia è stato assegnato
con tanto merito. A proposito, si discute da anni
sulla presunta inutilità dei festival del cinema e
sulla ritualità dei premi. Ma quando in un anno
Cannes e Venezia premiano due capolavori come L’albero della vita e Faust c’è poco da discutere. Se la Palma e il Leone hanno contribuito ad
allargare la platea di Malick e Sokurov, se hanno
spinto anche soltanto qualche migliaio di ragazzi a mettere il naso fuori dai blockbuster e provare a vedere cos’è il grande cinema, allora ne sarà
comunque valsa la pena.
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FAUST
Regia di Alexander Sokurov
Con Hanna Schygulla
Johannes Zeiler
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INSIDIOUS
Regia di James Wan
Con Patrick Wilson, Rose Byrne
Commedia
E il povero
De Luigi come al solito
prende gli schiaffi
Con le commedie nazionali che,
ormai ogni settimana, occupano il
vertice del botteghino, c’era da
aspettarsi un match Nord-Sud. A
ruota della comicità romana di Enrico
Brignano (Ex: amici come prima)
arriva adesso una commediola degli
equivoci “nordica”: per produzione,
regia (il milanese Alessandro
Genovesi, al debutto) e attore
principale, Fabio De Luigi. Anche se si
è pensato bene di mettergli al fianco,
come amico del protagonista, il
napoletano Alessandro Siani, reduce
dalle fortune di Benvenuti al Sud. De
Luigi fa il tipico personaggio che
prende gli schiaffi. Alla vigilia delle
nozze con la ragazza dei suoi sogni,
dalla cui famiglia è ritenuto l’ultimo
dei fessi, Paolo passa una settimana
di guai: è perseguitato da una collega
mitomane, che tenta il suicidio; frulla
nella betoniera il cagnolino dei
suoceri; si porta come testimone
l’amico Ivano, una calamità
ambulante. Il tipo di commedia che fa
sorridere e di cui è uso sottolineare a
merito (attenuante?) l’assenza di
volgarità. Il che è vero. Però prima di
arrivare a Blake Edwards, Wilder,
Allen, che Genovesi cita come
modelli, c’è ancora il deserto da
traversare. (r.n.)
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LA PEGGIOR SETTIMANA
DELLA MIA VITA
Regia di Alessandro Genovesi
Con Fabio De Luigi, C. Capotondi