Andiamo a vela

Transcript

Andiamo a vela
Corso di vela
Andiamo a vela
Appendice
O
ra che, al termine di questo breve corso, anche molti dei nostri soci alle prime armi hanno chiari i
concetti di base che governano la pratica della vela, presentiamo il parere del Comandante Basile
su di una questione che non ha ancora trovato interpretazione univoca anche se questa di seguito
riportata sembra essere la più convincente. Se ne era già accennato nella settima lezione del corso (gennaio-febbraio 2010) ma un approfondimento ci sembra opportuno. Gli elementi per farsi un’idea propria,
comunque, adesso ci sono proprio tutti: buona lettura!
Il Direttore
APPENDICE: UNA QUESTIONE MOLTO DIBATTUTA
Il vento di riferimento delle andature
Se chiediamo ad un velista a quale vento, reale o apparente, vanno riferite le andature, con ogni probabilità ci sentiremo rispondere, magari dopo una decina di secondi di riflessione, “al vento apparente”. Il velista, infatti, sa bene
che è il vento apparente quello mostrato dal Windex, il mostravento in testa d’albero che ormai ha preso il nome datogli dalla ditta che lo commercializza da molti anni.
Chi ricorda la composizione vettoriale di scolastica memoria, può facilmente disegnare il cosiddetto” triangolo del vento”, i cui lati sono i vettori corrispondenti ai tre venti considerati: il vento reale Vr, il vento di moto Vm e il vento apparente
Va. Così, conoscendone due, potrà ricavare il terzo. Il vento apparente, cioè, altro non è che la somma vettoriale del vento
reale e del vento di moto:
➛ ➛
➛
Va = Vr + Vm.
Per costruire il triangolo su un foglio di carta occorrono le squadrette nautiche: si traccia il vettore Vr, cioè un segmento
lungo tanti centimetri (o altra unità di misura scelta a piacere) quanti sono i nodi di vento e orientato, facendo riferimento
alla prua della barca, nella direzione e verso del vento, indicato con una freccetta all’estremità corrispondente.
Da questa si fa partire il tracciamento del vettore Vm, in direzione uguale ma in verso contrario alla rotta della barca, lungo tante unità della misura
prima scelta quanti sono i nodi di velocità della barca, misurati col solcometro o, meglio, col GPS.
Si chiude il triangolo con il vettore Va, avente l’estremità della freccetta
coincidente con quella del Vm, e lo si misura in direzione con l’angolo dalla
prua della barca e in lunghezza con la stessa unità di misura prima adoperata. Avremo così trovato il vento apparente conoscendo il reale.
Si può anche partire dal vento apparente e, con procedimento inverso, ottenere il vento reale. Questo lavoro lo fa automaticamente uno strumento
elettronico collegato alla stazione del vento e al log, fornendo così con contiVr = vento reale;
nuità l’intensità e l’angolo rispetto alla prua sia del vento apparente che del
Va = vento apparente;
Vm = vento di moto.
vento reale.
62
settembre-ottobre 2010
Per chi avesse le idee poco chiare, è bene ricordare che il vento apparente è quello misurato a bordo di una barca
in navigazione, che genera col suo movimento un vento uguale e contrario alla sua rotta e velocità, chiamato vento di
moto o vento di velocità. Questo vento va a combinarsi con il vento reale o vero, che si misurerebbe con la barca ferma, ad esempio all’ancora, e il risultato della combinazione è il vento apparente, alquanto diverso sia in direzione che
in intensità dal reale.
È dunque il vento apparente quello che interessa le vele, è in base all’angolo che fa con la prua e alla sua intensità
che esse vanno regolate per ottimizzare le prestazioni della barca. Viene perciò spontaneo pensare che l’apparente sia
anche il vento di riferimento delle andature, visto che queste potrebbero essere definite in funzione dell’angolo chiaramente mostrato dal windex.
Così, quando la coda della freccetta del Windex sovrasta il quadratino di sottovento, dei due di riferimento applicati alle estremità delle due asticciole sottostanti, non c’è alcun dubbio, siamo di bolina, tanto è vero che abbiamo le
scotte ben cazzate e, se orziamo qualche grado, le vele iniziano a pungere. Le asticciole dei due quadratini di riferimento sono disposte a V, ciascuna con un angolo di circa 30° rispetto al piano di mezzeria, che è appunto l’angolo tra
lo stesso piano e la direzione del vento apparente per una barca di medie prestazioni che naviga di bolina.
Sappiamo bene però che il corrispondente angolo col vento reale è alquanto maggiore, 45° circa, la metà dell’ampiezza media del cosiddetto “settore vietato”. Quando il windex è a 90° circa dalla prua si è naturalmente portati a
pensare di essere al traverso ma, mentre per la bolina non c’erano dubbi essendoci il quadratino di riferimento, ora
qualche perplessità dovrebbe presentarsi.
Col vento al traverso, infatti, c’è da aspettarsi che, virando e tornando indietro sulla stessa andatura, si debba
tornare al punto di partenza. Invece, se lo facciamo, ci accorgiamo che scadiamo e non poco. Perchè? Semplice, abbiamo il vento apparente al traverso, ma il vento reale, rispetto al quale stiamo scadendo, l’abbiamo bene a poppavia
del traverso. La differenza angolare fra le direzioni dei due venti, che di bolina era di una quindicina di gradi soltanto, ora è di almeno trenta gradi, potendo anche superare largamente questo valore. Col vento reale, cioè, stiamo andando al lasco.
La detta differenza angolare tra i due venti dipende naturalmente dal tipo di imbarcazione, essendo relativamente
modesta se questa è lenta perchè a dislocamento pesante, ma molto elevata se siamo ad esempio su una barca planante o su un pluriscafo. Questo può raggiungere velocità assolutamente impensabili fino ad un recente passato, maggiori
del triplo della velocità del vento reale, quando le barche a vela non riuscivano neppure ad uguagliare la sua velocità.
Se costruiamo il “triangolo del vento” con questo rapporto di velocità di uno a tre fra quella del vento reale e
quella dell’imbarcazione, vediamo subito che la differenza angolare tra il vento apparente e il vento reale è sempre notevolissima. Cioè il moderno grande pluriscafo, quello di quest’ultima Coppa America per intenderci, naviga sempre
col vento apparente che si discosta dalla prua di un angolo molto piccolo, anche quando naviga col vento a favore:
un angolo che va da una decina di gradi, quando deve risalire bordeggiando verso la boa al vento, a meno di una trentina, quando deve raggiungere prima possibile la boa di sottovento, bordeggiando in poppa.
Riferendo le andature al vento apparente, dunque, il velocissimo pluriscafo non conoscerebbe che l’andatura di
bolina, più o meno stretta a seconda che debba navigare contro vento o a favore dello stesso. L’unica eccezione potrebbe essere costituita dal vento in fil di ruota, peraltro assolutamente da evitare in quanto a quell’andatura le prestazioni del pluriscafo tornerebbero ad essere molto simili a quelle della barca a dislocamento pesante. Sarebbe infatti l’unica andatura alla quale neppure un battello a vela da ghiaccio, ancora molto più veloce del pluriscafo, potrebbe superare la velocità del vento.
Il problema non si pone se riferiamo le andature al vento reale, che restano così quelle tradizionali anche per le
imbarcazioni ultraveloci. Come stabilire allora l’andatura a cui stiamo navigando se la barca non è dotata dello strumento elettronico che fornisce direttamente la direzione e l’intensità del vento reale? Possiamo ancora utilizzare il
windex, ma dobbiamo considerare che le sue indicazioni angolari rispetto alla prua sono sempre notevolmente inferiori a quelle che ci interessano. Di quanto ce lo dirà la pratica, in funzione del tipo di barca su cui stiamo navigando e
della stessa andatura.
Una buona indicazione, che è bene abituarsi ad osservare, ce la dà la direzione di avanzamento delle onde vive o
delle increspature prodotte sulla superficie del mare dal vento reale, al quale esse sono naturalmente perpendicolari.
Così, se stiamo navigando in direzione parallela alle stesse, possiamo dire di essere al traverso e noteremo che il
windex indica un angolo dalla prua alquanto inferiore a 90°. Di bolina prenderemo le onde vive al mascone, come
ben sappiamo. Al lasco le vedremo arrivare con un angolo di una trentina di gradi a poppavia del traverso, mentre il
windex ci indica il traverso. Al gran lasco ci raggiungeranno all’anca, col windex orientato ad una trentina di gradi a
poppavia del traverso e quando navighiamo in fil di ruota possiamo pienamente riferirci al windex, che solo a quell’andatura indica la direzione del vento reale, coincidente con quella del vento apparente.
Giancarlo Basile
settembre-ottobre 2010
63