Nel freddo intenso di quella mattina autunnale, il mare sembrava

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Nel freddo intenso di quella mattina autunnale, il mare sembrava
Nel freddo intenso di quella mattina autunnale, il mare sembrava avere vita propria.
Le onde si formavano rapidamente, una dietro l'altra, e quando si abbattevano sugli
scogli con tutta la loro forza, il rumore dello schianto era tale da far credere che fosse
crollata una casa.
Fu solo per miracolo che la nave dalle vele nere riuscì a raggiungere l'isola.
<<Tirate l'ancora! Tutti a terra!>>, ordinò il capitano, intento a recuperare cibo e
armi sufficienti per la sopravvivenza. Il viaggio era stato lungo e faticoso. Quei pirati,
in una settimana, avevano saccheggiato ben sette navi appartenenti a sua maestà,
quindi il loro bottino andava ben oltre le ricchezze sperate. E ora si trovavano lì, in
quel posto sperduto e senza nemmeno un borgo dove poter spendere tutto quel ben di
dio.
Solo dopo mezz'ora, la nave si svuotò del tutto e gli uomini scesi a terra si
accamparono vicino la spiaggia. <<Così se dovessimo vedere una nave, accenderemo
subito un fuoco di segnalazione.>>, aveva detto il capitano; ovviamente stava già
progettando l'attacco a quella presunta salvatrice, naturalmente dopo il loro
salvataggio.
Nell'attesa, passò una settimana e quei taglia gole si facevano sempre più nervosi.
<<Non ne posso più di questa dannata isola!>>,
<<Moriremo qui!>>, ruggivano, spaventati e arrabbiati. Non passò molto tempo
prima che l'equipaggio si ammutinò contro l'unico responsabile di quel naufragio, il
comandante. Prendendolo di soppiatto mentre dormiva, gli uomini lo legarono a un
palo e intorno vi misero un grande fascio di legna, minacciandolo di dargli fuoco se
non fosse riuscito a portarli via di lì. Ormai la loro mente era offuscata dalla pazzia e
quindi non si accorsero della nave che in quel momento stava solcando le acque
proprio davanti a loro. Il capitano tentò di farli girare verso il mare, così che
potessero vedere la loro salvezza; ma avevano già dato fuoco alla legna. Le urla
strazianti dell'uomo raggiunsero l'imbarcazione, che continuò comunque a scivolare
sull'acqua, tanto i marinai ne erano spaventati. I pirati intanto, giravano intorno al
macabro falò, come una tribù di indiani danza prima di una guerra.
D'un tratto, prima che il comandante perdesse del tutto conoscenza, successe una cosa
imprevista. Il fuoco cessò di ardere, lasciando il suo corpo straziato in fin di vita. I
lunghi capelli neri erano spariti; al loro posto c'era una spaventosa caricatura di quella
che una volta era stata una testa. Le labbra gonfie e nere bramavano acqua, e non si
riuscivano più a distinguere i vestiti dai brandelli di pelle.
Gli ammutinati rimasero di stucco quando videro la causa di quello strano, tanto
quanto sconcertante fenomeno. Mentre il fumo si diradava, lentamente si andava
scoprendo una sinuosa figura di donna: dapprima le gambe, alte e agili come quelle di
una gazzella. Poi, andando verso l'alto, tra i seni nudi e perfetti, vi era una chiave
sorretta da un sottile nastro rosso. Cosa poteva mai aprire una cosa così misteriosa?
<<Credetemi, voi non volete saperlo.>>. Le parole della donna si dispersero nel
vento e arrivarono alle orecchie dei pirati come una melodia.
<<Impossibile! Legge nelle nostre menti, è una strega!>>, urlò l'uomo che aveva
mostrato curiosità per quello strano ciondolo. L'ambigua figura fece un passo verso di
loro, poi si fermò di colpo; quasi ne avesse paura. <<Non sono una strega. Se lo fossi,
fidatevi, sareste già morti.>>,
<<Allora cosa sei?>>.
Gli uomini non capivano se in quel momento lei stesse ridendo o meno, perché il
volto era ancora oscurato dal fumo, e dal buio di una notte senza luna.
Senza rispondere alla domanda, la ragazza si diresse lentamente verso il mare,
passando in rassegna l'intero equipaggio. Quando arrivò davanti al falò, ormai spento,
diede solo un'occhiata fugace al corpo che vi giaceva sopra; non mostrò alcun tipo di
emozione per l'uomo cui aveva appena salvato la vita.
<<Te lo chiedo di nuovo, donna! Cosa sei?!>>, disse il pirata, con il viso paonazzo e
un'espressione furibonda. <<Ora lo vedrai.>>, sibilò lei e, in un lampo, prese sulle
sue spalle la pesante carcassa del capitano che, miracolosamente, ancora respirava, e
si tuffò nel mare. In quel momento, la spiaggia si illuminò dell'argento che solo la
luna poteva emanare.
<<Dove diavolo sono andati?!>>. Gridarono all'unisono due pirati, presi dal terrore
più puro.
<<Sono qui.>>. Stavolta a parlare, incredibile ma vero, era stato proprio il capitano
che, fino a due minuti prima, giaceva inerme su un mucchio di cenere. Li stava
chiamando dal ponte della loro nave, ora intatta e pronta a ripartire. <<Cosa fate lì
impalati, idioti?! Venite su che salpiamo da questo schifo di isola!>>. Poteva essere
che il “soggiorno” in quel luogo dimenticato dal mondo, avesse offuscato a tal punto
la loro mente? Quei “poveretti” non sapevano che pensare. Dove era finita la donna
con la chiave attorno al collo?
<<Se non vi sbrigate a salire, giuro sul bottino che abbiamo raccolto che vi lascio a
marcire qui.>>. Ora non avevano più dubbi. Solo il capitano sapeva del tesoro
rubato...e poi riconoscevano le sue minacce.
Uno a uno salirono sulla nave, che non portava nessun segno del naufragio
precedente: l'albero maestro era intatto, il ponte nuovo di zecca e le vele nere
ondeggiavano a ritmo del vento.
<<Strano. Non avevo mai avuto un'allucinazione così nitida.>> disse l'uomo che un
attimo prima aveva accusato di stregoneria una donna che non esisteva. <<Il mare
gioca di questi scherzi, amico.>> gli aveva risposto un altro.
Quando anche l'ultimo dei pirati fu salito a bordo, il capitano scomparve sotto i loro
occhi. Si era completamente dissolto nella notte, in una nuvola di fumo. La nave
tornò quella di prima, ossia un cumulo di macerie, e nel vento echeggiavano le
seguenti parole:<<Non uno di voi in vita rimarrà. Omicidio avete commesso, e
l'omicidio vi distruggerà.>>.
Un secondo dopo, i naufraghi presero a spararsi tra loro. Nessuno tentava di fuggire.
Continuavano a uccidersi, presi in una specie di trance; non un urlo, non una
supplica. Soltanto l'eco degli spari delle loro stesse pistole.
Alla fine, rimase soltanto un uomo in preda al delirio. Non avendo più nessuno a cui
sparare, se ne stava fermo, immobile come una statua al centro della nave. Tuttavia, il
canto che udì uscire dal mare, lo costrinse ad affacciarsi sul ponte così che, prima di
buttarsi, poté vedere il sorriso crudele dell'indiretta artefice di quel massacro.
La mattina dopo, il sole splendeva come non mai. L'acqua era cristallina, e la sabbia
così fine da non riuscire a trattenerla per poco più di due secondi. Solo Marea sapeva
maneggiarla a tal punto da crearne delle perle, che poi metteva nelle ostriche con la
speranza di attirare qualche altro avido essere umano.
Questo stava facendo, quando l'angelo che la teneva prigioniera si manifestò davanti
a lei.
In tutta fretta, mise l'ultima perla in una grande ostrica, che poi riposò sul fondo
sabbioso della barriera corallina. Avrebbe tanto voluto scappare da quell'isola,
nuotare libera, esplorare altri oceani, vedere posti nuovi. Una sirena non poteva
restare per tanto tempo nello stesso luogo. Presto o tardi, sarebbe morta,
raggiungendo così la libertà che tanto bramava.
<<Oggi sei in anticipo, Marcus. Noia nell'alto dei cieli?>>, lo schernì Marea, senza
distogliere lo sguardo dal suo. Doveva ammetterlo, quell'angelo non era poi tanto
male: capelli biondo ramato, occhi azzurri come quel cielo mattutino...Lei aveva
sempre avuto un debole per quelli come lui. C'era solo un piccolo problema; la teneva
prigioniera da ben dieci anni.
<<In confronto a quello che succede quaggiù, immagino di sì.>>, le rispose Marcus
in tono grave. Riponendo le sue ali, che erano fatte di pura luce, si adagiò dolcemente
su uno scoglio poco lontano da Marea, cosicché da riuscire a parlarle senza cedere
alla tentazione di toccarla. Si era fatto ingannare già troppe volte da quegli occhi
viola, da quel viso apparentemente innocente. Trovava affascinante persino la coda
corvina che esibiva con tanta fierezza.
<<Cosa è accaduto alla nave che era qui ieri sera?>>. Quella era una domanda del
tutto retorica, perché sapeva bene che fine facevano le sventurate imbarcazioni.
Tuttavia non riusciva mai a restare impassibile. <<Dannazione Marea! La devi
smettere di fare scempio di chiunque approdi su quest'isola!>>. La sirena non sembrò
scomporsi più di tanto. Si limitava a giocherellare con le ciocche dei suoi lunghi
capelli neri. Poi si voltò verso l'angelo e sorridendo gli disse:<< O andiamo, sapevi
quanto me che quei delinquenti lo meritavano. Insomma, quale uomo sulla faccia
della terra ucciderebbe l'unica persona in grado di poterli salvare? E che mi dici poi
di tutti i lavoretti che gli faceva fare per arricchirli ancora di più? Fidati sarà contento
della nuova sistemazione che gli ho trovato>>,
<<Non hai il diritto di decidere! Non siamo noi a giudicare! Né sulla morte né sulla
vita.>>. La notte precedente in effetti, non morirono proprio tutti. Marea aveva avuto
compassione per uno in particolare; il capitano che lei stessa aveva salvato dalle
fiamme. A colpirla era stato il tentativo da parte dell'uomo di far rinsavire il suo
equipaggio anche mentre era prigioniero dello stesso. “Lui merita una seconda
possibilità” si era detta e, come ricompensa, gli aveva regalato una nuova vita,
facendolo tornare di nuovo in mare sano e salvo con la sua nave.
<<Non la pensiamo poi in modo così differente io e te. Tutti e due vogliamo la
giustizia, cambia solo il modo in cui la applichiamo.>>.
Marcus la fulminò con lo sguardo. Desiderava con tutto se stesso che un giorno
quella testarda creatura si decidesse ad abbandonare la strada della crudeltà ma,
quando la sentiva parlare così, si ricordava del motivo per cui dieci anni prima
l'aveva imprigionata; lei era l'ultima di una specie malvagia e sanguinaria. Non
poteva lasciarla libera, non finché non avesse cambiato i suoi ideali.
<<Come speri di andartene di qui, se non collabori?>>. L'angelo, istintivamente, si
protese verso di lei come per prenderla tra le braccia, ma si ritrasse subito dopo,
arrabbiato con se stesso.
<<Sei sicuro di volere questo? Saresti felice se me ne andassi?>>. Stavolta era stata
Marea ad avvicinarsi al viso di lui, che stavolta rimase immobile.
<<Morirei senza di te.>>, disse infine, non riuscendo più a trattenersi.
Il bacio che ci fu dopo li lasciò senza fiato. Nessuno dei due desiderava separarsi
dall'altro, come era già successo molte volte in passato. Marea non riusciva a credere
di provare quelle sensazioni per l'essere che le impediva di vivere libera. Già... quella
era la prova.
Lei poteva anche essere una creatura spietata ma sapeva distinguere l'amore da una
futile infatuazione e, sapeva per certo, che quella tra lei e Marcus altro non era che
semplice attrazione fisica. Interrompendo di colpo il bacio, guardò l'angelo con un
misto di rabbia e tristezza.
<<Non mi terresti rinchiusa qui se fossi innamorato di me.>>, gli sussurrò
all'orecchio e, subito dopo, scomparve tra le onde del mare.
Marcus avrebbe potuto raggiungerla con un semplice battito d'ali; la distanza che la
sirena poteva coprire non era elevata. Tuttavia decise di non farlo. Non voleva vedere
di nuovo la disperazione negli occhi di Marea; era sicuro che a quel punto l'avrebbe
lasciata andare e questo non doveva accadere per nulla al mondo. Quindi si limitò a
spiegare le ali e a ritornare nella montagna che sovrastava l'isola. Da lì, ogni giorno
controllava, e proteggeva, la sua sirena.