Ogliastri di gammauta Poesie Introduzione Segni
Transcript
Ogliastri di gammauta Poesie Introduzione Segni
Ogliastri di gammauta Poesie Introduzione Segni, tracce forti di un'emozione, pensiero che si fa sentimento! Sentili tuoi questi disegni incerti segni, sfiora il respiro della mia anima tra questi segni incisa. Carla Potestà ACQUA PIOVANA Una tegola rotta forse smosse dal vento o dal passo furtivo del gatto lascia filtrare l'acqua che fuori cade a rovesci. Prima a gocce, lentamente poi a rigagnoli fitti, nella stalla l'acqua colpisce un ragazzo che dorme coperto di una tela cerata. La paglia stesa a terra è un letto il giovane vi dorme e si bagna; di acqua piovana, di pianto e vorrebbe trovarsi lontano in una stanza, al caldo con la mamma accanto. SARO' SOLO Sarò solo quel giorno, l'erba sui monti sarà ancora verde (almeno io spero), rigogliosa di succhi un tappeto naturale e gli animali al pascolo nascosti dalla nebbia persistente gli alberi spogli ovunque attorno stupidamente pietosi nella desolazione del gelido inverno. Sarà allora vicino il mio tramonto la fine di un viaggio o l'inizio di qualcosa che non vedo, sarò comunque solo come sono sempre stato. TRAMONTI INFUOCATI Il gregge va sui pascoli del monte e dietro il pastore il volto sferzato dal vento pungente, rossi bagliori tramonti infuocati coiti violenti e sangue caldo che scemerà la notte. gli uccelli neri volano bassi oggi quasi a toccare i fili d'erba attorno all'uomo; un ceppo immobile ormai di sale. CANTI NOTTURNI La notte mi sorprese tra i viottoli di montagna alla ricerca vana i animali selvatici dove i tralci di more abbracciano l'aria le voci lamentose dei vecchi gufi, lontano il cane abbaia a guardia di un povero casolare. A destra dove il buio è più fitto canta un grillo per un attimo si placa, si ferma e riprende con lena, altri lo seguono in concerto, un coro tremolante le voci delle stelle che adesso sembrano vecchie amiche lontane. PAESAGGI AUTUNNALI Ulula il vento la bufera infuria sulla campagna; la pioggia batte impietosa l'erba, i sassi una casupola fumante un contadino che ritorna a casa. Il pastore ha freddo quel giorno e si stringe forte addosso il mantello di tela cerata, offre paziente il volto al vento ed al gelo, la terra ingrata nega i suoi frutti e si mostra ostile. LE SPIGOLATRICI Retini di muli che abbandonano i campi subito invaso da donne e bambini pronti a raccogliere le spighe cadute. Una giornata di lavoro con la schiena piegata in cambio di poche spighe piene di grano una parte delle quali sarà data al padrone. Un pugno di farina per allontanare la fame, per quella sera forse si noteranno volti allegri attorno ad un povero tavolo. AUTUNNO Autunno sambucese, ecco che arrivi, scende la nebbia grigia che copre ogni cosa gli spiriti inquieti, ai giardini pubblici i cani inseguono la pioggia le foglie secche che cadono dagli alberi ed abbaiano insistentemente. Sugli alberi, spogli alcuni passeri infreddoliti emettono i loro richiami. Autunno, stagione amara con te arriva la neve ed i campi si spruzzano di bianco come i peli della mia barba mentre la memoria del tempo andato sprofonda in un mesto oblio. IL TEMPORALE Il cielo autunnale improvvisamente si copre di nubi cariche di pioggia e poi lontano, quasi irreale il brontolio del tuono il cielo si accende di lampi. Si risveglia la paura ed a poco serve la ragione rimedio effimero.sempre! La natura scatenata mostrerà il suo volto ostile forte dei timori che l'uomo accende poi tutto finisce e la terra torna a sorridere. LA CASA DI CAMPAGNA Al Conzo, nel marcato belante stava la casetta antica le mura di pietre arrampicata sulla viva roccia. L'interno era scuro le travi del tetto, nere che sembravano di pece, sul fuoco una quadara sempre a bollire. La porta era fuori dai cardini la toppa non serviva l'entrata era sommersa da rovi secchi da bruciare. La notte esprimeva forti odori lo sterco dei cavalli, il piscio il pane caldo, il latte appena munto; il profumo vero della terra! PIETRAIE DI GAMMAUDA Pietraie senza fine che il sole riscalda, ogliastri ombrosi e camarruna dove la vita vive nascosta in attesa che l'incauto abbandona ogni difesa; la dura legge della sopravvivenza. La lucertola si muove, salta beata di quella calura ed il corvo le vola sopra senza perderla di vista, forse assaporando il suo pasto quotidiano. L'uomo attraversa quelle sciare vi cerca qualcosa, quello che forse altrove non troverà mai, la vita! Un puledro appena nato trotta, cola con la coda al vento verso il suo futuro, bellicoso di incredibile mistero con il suo richiamo da piccino, davanti a lui il branco irrequieto corre nella polvere con le criniere e le code al vento. IL PASTORE Canta il gallo all'alba risponde la pernice ed anche lei saluta il nuovo giorno. A te pastore importa poco se c'è il sole o tira vento e ti alzi presto a mungere, prepari la tumma, la candida ricotta e poi su, per i costoni della montagna antica, amica alla ricerca dell'erba fresca di un pianoro od un vallone dove lasciare riscaldare le ossa dal sole della primavera. Il vento indurisce la tua pelle il sole ti brucia il volto solo gli occhi trasmettono l'orgoglio di essere un uomo libero, tenace e forte, un combattente che sfida con coraggio le avversità del tempo la buona annata o la miseria, il pane che mangi è duro a volta ha anche un sapore amaro, ma arriva aprile ed il cuore si riempie di speranza l'erba è folta e l'aria profumata, allora ti muovi lento come ad assaporare ogni cosa le mani serrano i nodi del bastone. LUME A PETROLIO Un lume a petrolio il fumo s'alza lento verso il tetto di canne ormai nero. Un mondo di ombre che si muovono rasenti i muri che un soffio di vento all'improvviso fa tremare! La fantasia del pastorello rincorre leggera quella fiamma ed in quella stanza si affacciano all'improvviso i mostri, i tiranni ed i cavalieri finchè una mano scura spegne la debole fiammella e nel silenzio che segue qualcuno sente pulsare i battiti del proprio cuore. Odori di fumo attorno si aspirano ancora e come un incenso ai presenti purifica l'animo e lo dispone al sereno. GAMMAUDA Ogliastri e pietre di Gammauda feudo selvaggio e lontano sogno lontano della mia infanzia dove mai si sono udite le campane annunciare l'ora della messa, luoghi dove i briganti cercavano rifugio tra gli anfranti impervie ed inaccessibili montagne dove l'acqua è cosa rara preziosa come la vita ed un'abbeverata estiva per gli animali la si conquista con la verga minacciosa che colpisce, minaccia e grida, gli incauti inesorabile allontana dalla fontana ormai in secca. Ogni pietra porta scolpito il volto di un vecchio amico scomparso ormai da tempo ed il vento che soffia a volte solamente sussurrando mi porta alle orecchie antiche voci amiche e care, sono loro, sono dovunque vivono tra queste rocce, li riconosco tra gli arbusti che emanano odori familiari e dilagano per l'aria come uno sciame d'api a primavera. IL SOGNATORE C'era una volta un ragazzo contadino che pascolava un gregge sopra il Pizzo di Gibile. Correva sui costoni, libero e felice sembrava una volpe oppure un grande uccello nell'atto di spiccare il volo verso l'immenso cielo, avrebbe voluto, povero illuso seguire tra le nubi il suo mondo fantastico, sognare, rimanendo seduto. Sognava quel ragazzo di dame e cavalieri di spade sguainate e luccicanti. Seguiva ne fango gli animali in cerca d'erba; a suo dire cavalli al passo con in groppa i cavalieri diretti alle Gole di Roncisvalle. La merda di pecora puzzava più della morte che aleggiava sul campo di battaglia cantava luccello, un merlo nero, non era una sirena tentatrice ma metteva in fuga le fantasie di quel momento. SOGNI Cari ricordi del mondo contadino a te si legano i miei ricordi d'infanzia pare quasi che i campi di sassi e rovi facciano groviglio con i miei pensieri. Ancora mi vedo, io piccolo pastore condurre il gregge su per le sciare, sul Monte Conzo irto e difficile in cerca di erba verde, seguendo gli animali. Che ora fosse poco importanza aveva in quei giorni il tempo non esisteva quando il sole aveva percorso mezzo cielo allora era tempo del mio pasto frugale. La cagna Regina, era la mia compagna a volte per intere settimane, sempre la ricordo col naso piangente desiderosa di pane e di carezze. Povera amica quando diversa eri dai tuoi simili di città imbacuccati come vecchie zie hanno perso la loro identità. IL POZZO SCOMPARSO Ricordo un secchio dentro un vecchio pozzo che si tuffava si colmava d'acqua gelida e risaliva schizzando le vecchie pietre, sbatteva a volte e risuonava dal fondo un rumore di lamiere e di acqua che precipitava, l'uomo che tirava la corda beveva con le mani a conca che riempiva dal secchio. Una lucertola colpita da qualche goccia rimaneva immobile con il petto che sembrava scoppiargli mentre con lo sguardo seguiva il volo del nibbio, lì, nei pressi una pecora aspettava il suo momento e tristemente belava il suo lamento. IL TEMPO ANDATO Un viaggio nel passato alla ricerca dei segni del bel tempo andato, muoversi ancora incontro alla corrente col muso per aria alla ricerca di un odore; quello di una civiltà ormai perduta per sempre. In realtà altro cerco la felicità legata al passato gli anni legati alla giovinezza trascorsi, ormai lontani, il bel tempo andato i giorni della speranza della gioia e del Sogno quasi toccato con mano. MONDI DIVERSI Era un giorno di festa e Totò venne in paese; finalmente la sua vicenna dopo tanti giorni di lavoro tanti, quasi un mese a pascolare pecore sopra la montagna ostile con la sola compagnia di una vecchia cagna ed il gracchiare dei corvi che scandisce le ore, gli occhi sempre attenti a scrutare le rocce o le macchie di rovi dove si nascondono le volpi. Quel paese lindo e povero ogni volta gli sembrava una città immensa piena di gente e di colori il mondo tra quelle povere case. Eppure quel paese era niente nemmeno un punto nero sopra una parete imbiancata a calce, certo il mondo era altrove più complesso e crudele. Il ragazzo intuiva queste verità; lasciando quelle case, gli animali, voleva conoscere i mondi reali tutte le sue genti, città piene di tanti rumori sempre alla ricerca di nuove emozioni ovunque al vento tante bandiere, tanti colori e tante illusioni a quelle bandiere collegate, tanti ideali sempre traditi da coloro che le avevano agitate contro gli eserciti ed i padroni; ovunque egli vide i traditori di grandi bandiere rosse. CARTA E MATITA Non avevo un po' di carta e mi mancava la matita, avevo solamente della terra soffice che ogni notte i topi venivano a scavare di nascosto, con un bastone aguzzo solevo incidere i miei pensieri su quella tavolozza improvvisata. Capitava che l'indomani il vento o la pioggia cancellavano quei segni, le parole, ma non provavo amarezza e tornavo a segnare, paziente le rinnovate fantasie notturne o le emozioni che la natura ogni tanto mi suggeriva. E LORO PARTIRONO Una campanella suona e un belato risponde al richiamo il cane corre contento ed insegue gli animali per gioco. Salvo spinge il gregge che avanza lento e segue con gli occhi di pianto il cammino della giumenta morella. L'animale transita ora dalla portella e tra poco sparirà alla vista, con lui anche la madre i fratelli del pastore ancora piccoli. E' settembre, è ormai tempo di scuola, salvo li ha visti partire per lui quei giorni sono finiti; rimarrà per sempre a Gammauta. Il padre di Salvo ha bisogno d'aiuto per lui il destino ha deciso, pastore, apprendista e guardiano svezzato anche lui come un agnello. Che dolore vedere partire la famiglia cosciente che non potrà più seguirla il tramonto si tinge di scuro sono le nubi che annunciano temporali. Lo aspetta una vita difficile un letto di paglia per terra un pezzo di pane, una minestra calda la sera la compagnia del sole o della pioggia. IL CONZO La stagione tende a cambiare ed il sole allunga i suoi raggi spuntano dalla terra gli asparagi selvatici mentre attorno rifulge la terra coperta di fiori dai mille colori, l'ogliastro mette fuori le nuove foglie, per l'aria si sente il profumo pungente delle rose selvatiche, allegre una coppia di volpi scivolano tra le sciare rincorrendosi come ragazzini. GUARDARE INDIETRO Guardare indietro nei luoghi dove giovinetto vissi, ancora lo ricordo nei miei pensieri, adulto. A volte pare che mi assale un odore di pecorino mischiato al latte al piscio degli animali. Ora rivedo nuovamente il luogo lontano, quasi irreale pure il grillo canterino mi sembra parte di un sogno estivo. LU PICCIUTTEDDU Tutta la notti supra li canali si senti lu ventu rischiari, la nivi cadi forti e accummoglia li montagni, l'agniddaru è un misteri 'ngratu cu lu suli e cu la nivi avi a pasciri l'armali. Li picciotti di paisi jocanu cu li baddi di nivi; lu picciutteddu la pista sutta li pedi e porta a spassu l'armali in cerca d'erva pi falli saziari, pi lu friddu quarchi agneddu cadi 'nterra e mori, s'affaccia un spicchiu di suli e la speranza rinasci, lu picciutteddu allura ridi e pensa chi Ddiu lu voli ajutari. TEMPU DI TUTTI E' tempu chi lu suli cannalia è tempu di li cani cu li denti di fora, li burgisi vannu du prescia si dunanu da fari cu li pagliata e cu li simulati, passa di ddi terri lu picuraru cu l'armali, passa lu so tempu assittatu supra li cunserri. Chistu eni lu tempu di li gran signura chi di li citati scappanu cumu si fussiru circati di la liggi e vannu tra li timpi arruzzuliannusi comu atti 'mbriachi, sunnu cicali fora stasciuni viddani 'nta li stanzi boni. Nill'aria si snti lu sciavuru di li lasagni cu lu sucu stinnuti supra li scannatura. LASAGNI Si fa la sfoglia dura comu la sannu fari li fimmini comu a me matri, si vugli la pignata e si cala la pasta lu sciavuru di sti lasagni ajnchi la casa, poi si nesci e si scula si stenni supra 'u scannatori mentri la genti 'ntunnu 'ntunni agghiutti la sputazza pi la gargia. Li lasagni li cummogghi di picurinu grattatu e sucu basilicò tagliatu finu e milinciani. Ognunu fa lu so sulicu e arrunchia a lu so cantu chiddu cchiù affamatu s'ajuta puru cu li manu mentri l'omu schinfignusu resta a talari e arresta addiunu. CENTU E CENTU Centu e centu petri fannu 'u cunserrru, centu paroli fannu 'u discursu che fussi puru seriu, centu vuci fannu 'u beddu coru armuniusu, centu scioperanti sunnu un esercitu contro lu guvernu, centu beddi fimmini sunnu tuttu lu munnu e senza di iddi attornu a nautri fussi 'u disertu, centu paroli sunnu comu un discu lu fai sunari quannu senti lu spinnu: CU SUGNU Tuttu lu jornu di matina e sira caminava appressu lu suli cantava lu cori a tuttu chianu pinsannu chi lu munnu fussi meu. Sta malasorti nun mi l'aspittava la genti mi tagliava di mal'occhiu e nun vulia sentiri ragioni, ammatula jia dicennu: sugnu saccenti! Lu judici ormai avia scrittu la sentenza e ju cunfissau di essiri pasturi. - ascutatini, ju sacciu leggiri, fazzu lu picuraru pi bisognu si mi dumannati un fatticeddu viditi chi vi rispunnu sempre a tonu. Amici, ju nun capisciu lu vostru cuntegnu faciti tanti cosi, ma a mia nun mi circati, sapiti sulu perdirio lu tempu si m'avvicinu , vuatri subitu vi girati pari quasi chi mancu mi canusciti; sulu mi sentu 'mmezzu li muntagli sulu sugnu 'mmezzu di l'armali sulu sugnu 'mmezu li me amici. LA STRAVULIATA Aspanu Conzu, 'ntisu Piloru caminava lu jornu, la sica e puru la notti a lu scuru, li so quattro gregni si stravuliava cuntentu spissu durmennu lu jornu accavaddu a lu mulu. L'armalu era bravu, canuscia la strata e di la tinuta partennu a la casa arrivava e dda si firmava, sbuffava e nirvusu 'nterra zappava p'aviri prestu 'na vuccata di paglia. Lu patroni cci dava la paglia e puru 'na manata di fenu allura l'armalu priatu sciusciava calava la testa e ripusava e manciava e sapi iddu a zoccu pinsava. L'ARBA Quannu la gaddu canta a lu matinu la notti va schiarennusi luntanu; l'arba ormai eni vicina rumuri di campani e di vuci acchiananu finu a lu celu. Ma lu viddanu pi tempu già avia lassatu lu lettu e mentri l'armali rusicanu la pruvenna adaciu adaciu iddu nesci l'armiggi tuttu cuntentu e pi finiri lu travagliu prega Ddiu pi lu tempu asciuttu. La muggheri ancora prima s'avia susutu, munciu la crapa, lu latti quadiau pi fari manciari lu maritu, ancora avia priparatu ova, tumazzu e alivi un pani 'nta li vertuli sistimatu. Ora eni a la porta la scupa sempri 'mmanu chi vidi a so maritu cu l'armali scumpariri 'nta li vaneddi a lu scuru. LU MITITURI Un bacaruni d'acqua li vertuli a lu sidduni cinqu cannizzola falari, fauci e ancinu e liami di ddisa vagnati, prima chi la puddara sparisci 'nta lu celu lu mitituri arriva all'antu, cala l'occhi 'nterra e cumencia la so jurnata. Lu suli eni ormai autu 'ncelu la fauci cavuda comu lu focu, sudura e sculatini a lacrimi di sangu. Arriva l'ura di manciari e l'omu stenni l'ossa 'nterra a lu sidduni e mancia lu so pani cu tumazzu e alivi, si vivi un muccuneddu d'acqua di lu bacaruni. A sira tanti gregni accavaddunciati 'na tinuta china china e lu mitituri accavaddu e stancu chi tira pi la so casa; lu paisi luntanu, brilla di luci. LU MARCATU Canta lu gaddu a lu marcatu di lu Conzu, l'arba appena spacca e li stiddi lassanu, luntanu, lu celu si tinci di russu, la cristaredda canta arrassu, lu picuraru lestu nesci fora di lu lettu e a una a una passa li peculi a lu vadili; centu capicchi duri pi ainchiri 'na scisca di latti e poi la quagliata e la tumma la ricotta tennira e scumusa piglianu focu li ruvetta e li brizzulina. Lu picuraru cumencia la jurnata cu ricotta, pani e seru; la abbina. Ora li peculi nescinu di la mannara e currinu a la campia vannu dunni lu ventu sciuscià a la ricerca di garifu tenniru pi ajnchirisi la panza, lu cani sempri vicinu appressu li pidati sciavurava l'aria e abbaia. LI PAGLIARA Quannu lu jornu scura currinu a li pagliara li curatula e li strippata, cu arriva pi primu adduca lu focu quattro ruvetta sicchi e spinusi pi cociri du cavatuna e 'na patata, ddu focu adduca l'arma afflitta e quadra l'ossa di li picurara, fa friddu la notti e la campagna eni disusata, ddu cufularu cu la scimma ardenti fa scurdari la futura di Natali. Lu focu 'mmezzu a lu pagliaru fa compagnia e teni cavudu ognunu di li presenti suspira allenta li causi e scurreggia e pensanu a li muglieri luntanu a li figli e a la picciotta luntanu di ddu marcatu 'nta li stanzi ammadunati di 'mpastu. Tutti si ritiranu a li ghitteni spiranzusi 'nta lu sonnu ognunu vulissi abbrazzari la propria amanti, fora di li pagliata lu ventu sciuscià forti e tutti tiranu supra la testa la cummigliatura. LA ZABBINA Ogni matina cu lu scuru a la montagna canta lu pirnici lu picuraru stirannusi, si susi picchì eni tempu di la mungitura e l'armali a lu vadili su va passa, tuttu lu latti mungiutu quaglia la rotula firriannu rumpi la quagliata pi fari tumma e ricotta fina vasceddi chini chi sculanu a la cannara mentri lu focu adaciu s'astuta. Lu picciutteddu piglia lu vacili e lu pani duru ci sminuzza du cazzulati di ricotta e seru ci metti supra quantu lau pani sponza e l'arrimina pi fari la abbina; chi crema! Scinni sula sula pi li cannarozza, lu canuzzu eni ddà vicinu che si strica l'occhi piatusi chji talia scivura la ricotta profumata anchi si sabi chi pi iddu c'è lu seru e la scumazza. PASTORE Tu.pastore antico guerriero il gregge al pascolo saggiamente conduci. Vivi in natura seguendo le stagioni con il sole, sotto la pioggia che ti consumano i vestiti. IL SOLE TRAMONTA Il sole tramonta sulla campagna abbandonata gli ultimi raggi fissano mollemente gli animali ormai fermi e poco lontano i loro padroni la mente ormai al riposo, poi l'astro scompare oltre le vette dei monti lasciandosi dietro rossi bagliori di fuoco. Nella masseria assediata dalla solitudine un lume si accende a scaldare gli animi. ZOLLE Odore di zolle appena rivoltate al cielo sembra espandersi per l'aria quando la burrasca tace, le narici si dilatano aspirano l'aria attorno le piccole gocce di pioggia ancora sospese, i vapori. Il temporale è già passato le finestre riaprono con rumore gli uccelli cantano, esitanti poi sempre più sicuri; come sarebbe bello se non si fermassero mai! Le donne fanno crocicchio hanno già dimenticato le paure sono lontani ormai il lampi ed i brontolii dei tuoni. ALBA Si sente nell'approssimarsi dell'alba il canto delle pernici che vanno alla pastura. Un contadino cavalca la sua vecchia mula per recarsi nei campi, il pastore raduna le pecore belanti; è l'ora della mungitura. Gente umile in cammino che suda il pane che mangia lavorando la terra a volte a mani nude dure e piene di calli, indossano tutti vecchi calzoni più volte rattoppati eppure fieri in viso, fiduciosi nella loro sorte. L'INVERNO Presto il gelido vento ucciderà gli ultimi fiori e sugli arbusti secchi si poserà la neve, adornerà come fiori candidi i rami gelidi, mossi su cui vanno a posarsi i passeri infreddoliti affamati da giorni. La natura dorme si risveglierà ai primi caldi primaverili. LE NUVOLE Le nuvole s'innalzano corrono ritornano avvolgono e lasciano scorrere gocce di pioggia amare come le lacrime che bagnano umide ed acre. Le nuvole ogni giorno seguono i miei pensieri i volti cari o i fantasmi di un passato sempre presente. SPINE ARROSSATE Una mannara piena di rovi che sembrano lame taglienti. Sono là in attesa che un uccello si posi o che un animale vi poggi il muso; improvvise allora si alzano verso il cielo le grida di dolore e le spine si arrossano cambiano colore, si macchiano di sangue innocente! ESTATE SICILIANA Campagne aride, screpolate, tra le zolle dure alcune serpi attente ad afferrare il cibo, stoppie legnose ovunque a testimonianza delle messi trebbiate a giugno, greggi a macchie, fermi le pecore raccolte a teste basse sotto le pance per ripararle dal sole. Gli alberi si spogliano tappeti di foglie gialle ormai cibo per gli animali. Il contadino respira a bocca aperta spera in un temporale o che il vento caldo taccia intanto resta immobile sotto il sole cocente e beve il suo sudore visto che l'acqua manca e la sorgente potrà raggiungerla solo a sera. Cantano i grilli e le cicale gli unici ad essere contenti di questa estate siciliana.