Ogliastri di gammauta Poesie Introduzione Segni

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Ogliastri di gammauta Poesie Introduzione Segni
Ogliastri di gammauta
Poesie
Introduzione
Segni,
tracce forti
di un'emozione,
pensiero
che si fa
sentimento!
Sentili tuoi
questi disegni
incerti segni,
sfiora il respiro
della mia anima
tra questi segni incisa.
Carla Potestà
ACQUA PIOVANA
Una tegola rotta
forse smosse dal vento
o dal passo furtivo del gatto
lascia filtrare l'acqua
che fuori cade a rovesci.
Prima a gocce, lentamente
poi a rigagnoli fitti,
nella stalla l'acqua colpisce
un ragazzo che dorme
coperto di una tela cerata.
La paglia stesa a terra è un letto
il giovane vi dorme e si bagna;
di acqua piovana, di pianto
e vorrebbe trovarsi lontano
in una stanza, al caldo
con la mamma accanto.
SARO' SOLO
Sarò solo
quel giorno,
l'erba sui monti
sarà ancora verde
(almeno io spero),
rigogliosa di succhi
un tappeto naturale
e gli animali
al pascolo nascosti
dalla nebbia persistente
gli alberi spogli
ovunque attorno
stupidamente pietosi
nella desolazione
del gelido inverno.
Sarà allora vicino
il mio tramonto
la fine di un viaggio
o l'inizio di qualcosa
che non vedo,
sarò comunque solo
come sono sempre stato.
TRAMONTI INFUOCATI
Il gregge va
sui pascoli del monte
e dietro il pastore
il volto sferzato
dal vento pungente,
rossi bagliori
tramonti infuocati
coiti violenti
e sangue caldo
che scemerà la notte.
gli uccelli neri
volano bassi oggi
quasi a toccare i fili d'erba
attorno all'uomo;
un ceppo immobile
ormai di sale.
CANTI NOTTURNI
La notte mi sorprese
tra i viottoli di montagna
alla ricerca vana i animali selvatici
dove i tralci di more
abbracciano l'aria
le voci lamentose
dei vecchi gufi,
lontano il cane
abbaia a guardia
di un povero casolare.
A destra
dove il buio è più fitto
canta un grillo
per un attimo si placa, si ferma
e riprende con lena,
altri lo seguono in concerto,
un coro tremolante
le voci delle stelle
che adesso sembrano vecchie amiche lontane.
PAESAGGI AUTUNNALI
Ulula il vento
la bufera infuria sulla campagna;
la pioggia batte
impietosa l'erba, i sassi
una casupola fumante
un contadino
che ritorna a casa.
Il pastore ha freddo
quel giorno
e si stringe forte addosso
il mantello di tela cerata,
offre paziente
il volto
al vento ed al gelo,
la terra ingrata
nega i suoi frutti
e si mostra ostile.
LE SPIGOLATRICI
Retini di muli
che abbandonano i campi
subito invaso
da donne e bambini
pronti a raccogliere
le spighe cadute.
Una giornata di lavoro
con la schiena piegata
in cambio di poche spighe
piene di grano
una parte delle quali
sarà data al padrone.
Un pugno di farina
per allontanare la fame,
per quella sera
forse si noteranno
volti allegri
attorno ad un povero tavolo.
AUTUNNO
Autunno sambucese,
ecco che arrivi,
scende la nebbia grigia
che copre ogni cosa
gli spiriti inquieti,
ai giardini pubblici
i cani inseguono la pioggia
le foglie secche
che cadono dagli alberi
ed abbaiano insistentemente.
Sugli alberi, spogli
alcuni passeri
infreddoliti
emettono i loro richiami.
Autunno, stagione amara
con te arriva la neve
ed i campi si spruzzano di bianco
come i peli della mia barba
mentre la memoria
del tempo andato
sprofonda in un mesto oblio.
IL TEMPORALE
Il cielo autunnale
improvvisamente si copre
di nubi cariche di pioggia
e poi lontano, quasi irreale
il brontolio del tuono
il cielo si accende di lampi.
Si risveglia la paura
ed a poco serve la ragione
rimedio effimero.sempre!
La natura scatenata
mostrerà il suo volto ostile
forte dei timori
che l'uomo accende
poi tutto finisce
e la terra torna a sorridere.
LA CASA DI CAMPAGNA
Al Conzo, nel marcato belante
stava la casetta antica
le mura di pietre
arrampicata sulla viva roccia.
L'interno era scuro
le travi del tetto, nere
che sembravano di pece,
sul fuoco una quadara sempre a bollire.
La porta era fuori dai cardini
la toppa non serviva
l'entrata era sommersa
da rovi secchi da bruciare.
La notte esprimeva forti odori
lo sterco dei cavalli, il piscio
il pane caldo, il latte appena munto;
il profumo vero della terra!
PIETRAIE DI GAMMAUDA
Pietraie senza fine
che il sole riscalda,
ogliastri ombrosi e camarruna
dove la vita vive nascosta
in attesa che l'incauto
abbandona ogni difesa;
la dura legge della sopravvivenza.
La lucertola si muove, salta
beata di quella calura
ed il corvo le vola sopra
senza perderla di vista,
forse assaporando
il suo pasto quotidiano.
L'uomo attraversa quelle sciare
vi cerca qualcosa,
quello che forse altrove
non troverà mai, la vita!
Un puledro appena nato
trotta, cola con la coda al vento
verso il suo futuro, bellicoso
di incredibile mistero
con il suo richiamo da piccino,
davanti a lui il branco irrequieto
corre nella polvere
con le criniere e le code al vento.
IL PASTORE
Canta il gallo all'alba
risponde la pernice ed anche lei
saluta il nuovo giorno.
A te pastore importa poco
se c'è il sole o tira vento
e ti alzi presto a mungere,
prepari la tumma, la candida ricotta
e poi su, per i costoni
della montagna antica, amica
alla ricerca dell'erba fresca
di un pianoro od un vallone
dove lasciare riscaldare le ossa
dal sole della primavera.
Il vento indurisce la tua pelle
il sole ti brucia il volto
solo gli occhi trasmettono l'orgoglio
di essere un uomo libero,
tenace e forte, un combattente
che sfida con coraggio
le avversità del tempo
la buona annata o la miseria,
il pane che mangi è duro
a volta ha anche un sapore amaro,
ma arriva aprile
ed il cuore si riempie di speranza
l'erba è folta e l'aria profumata,
allora ti muovi lento
come ad assaporare ogni cosa
le mani serrano i nodi del bastone.
LUME A PETROLIO
Un lume a petrolio
il fumo s'alza lento
verso il tetto di canne
ormai nero.
Un mondo di ombre
che si muovono
rasenti i muri
che un soffio di vento
all'improvviso fa tremare!
La fantasia del pastorello
rincorre leggera quella fiamma
ed in quella stanza
si affacciano all'improvviso
i mostri, i tiranni ed i cavalieri
finchè una mano scura
spegne la debole fiammella
e nel silenzio che segue
qualcuno sente pulsare
i battiti del proprio cuore.
Odori di fumo attorno
si aspirano ancora
e come un incenso
ai presenti purifica l'animo
e lo dispone al sereno.
GAMMAUDA
Ogliastri e pietre di Gammauda
feudo selvaggio e lontano
sogno lontano della mia infanzia
dove mai si sono udite le campane
annunciare l'ora della messa,
luoghi dove i briganti
cercavano rifugio tra gli anfranti
impervie ed inaccessibili montagne
dove l'acqua è cosa rara
preziosa come la vita
ed un'abbeverata estiva per gli animali
la si conquista con la verga minacciosa
che colpisce, minaccia e grida,
gli incauti inesorabile allontana
dalla fontana ormai in secca.
Ogni pietra porta scolpito
il volto di un vecchio amico
scomparso ormai da tempo
ed il vento che soffia
a volte solamente sussurrando
mi porta alle orecchie
antiche voci amiche e care,
sono loro, sono dovunque
vivono tra queste rocce,
li riconosco tra gli arbusti
che emanano odori familiari
e dilagano per l'aria
come uno sciame d'api a primavera.
IL SOGNATORE
C'era una volta
un ragazzo contadino
che pascolava un gregge
sopra il Pizzo di Gibile.
Correva sui costoni, libero e felice
sembrava una volpe
oppure un grande uccello
nell'atto di spiccare il volo
verso l'immenso cielo,
avrebbe voluto, povero illuso
seguire tra le nubi
il suo mondo fantastico,
sognare, rimanendo seduto.
Sognava quel ragazzo
di dame e cavalieri
di spade sguainate e luccicanti.
Seguiva ne fango
gli animali in cerca d'erba;
a suo dire cavalli al passo
con in groppa i cavalieri
diretti alle Gole di Roncisvalle.
La merda di pecora puzzava
più della morte che aleggiava
sul campo di battaglia
cantava luccello, un merlo nero,
non era una sirena tentatrice
ma metteva in fuga
le fantasie di quel momento.
SOGNI
Cari ricordi del mondo contadino
a te si legano i miei ricordi d'infanzia
pare quasi che i campi di sassi e rovi
facciano groviglio con i miei pensieri.
Ancora mi vedo, io piccolo pastore
condurre il gregge su per le sciare,
sul Monte Conzo irto e difficile
in cerca di erba verde, seguendo gli animali.
Che ora fosse poco importanza aveva
in quei giorni il tempo non esisteva
quando il sole aveva percorso mezzo cielo
allora era tempo del mio pasto frugale.
La cagna Regina, era la mia compagna
a volte per intere settimane,
sempre la ricordo col naso piangente
desiderosa di pane e di carezze.
Povera amica quando diversa eri
dai tuoi simili di città
imbacuccati come vecchie zie
hanno perso la loro identità.
IL POZZO SCOMPARSO
Ricordo un secchio
dentro un vecchio pozzo
che si tuffava
si colmava d'acqua gelida
e risaliva
schizzando le vecchie pietre,
sbatteva a volte
e risuonava dal fondo
un rumore di lamiere
e di acqua che precipitava,
l'uomo che tirava la corda
beveva con le mani a conca
che riempiva dal secchio.
Una lucertola colpita da qualche goccia
rimaneva immobile
con il petto che sembrava scoppiargli
mentre con lo sguardo
seguiva il volo del nibbio,
lì, nei pressi
una pecora
aspettava il suo momento
e tristemente belava
il suo lamento.
IL TEMPO ANDATO
Un viaggio nel passato
alla ricerca dei segni
del bel tempo andato,
muoversi ancora
incontro alla corrente
col muso per aria
alla ricerca di un odore;
quello di una civiltà
ormai perduta per sempre.
In realtà altro cerco
la felicità legata al passato
gli anni legati alla giovinezza
trascorsi, ormai lontani,
il bel tempo andato
i giorni della speranza
della gioia e del Sogno
quasi toccato con mano.
MONDI DIVERSI
Era un giorno di festa
e Totò venne in paese;
finalmente la sua vicenna
dopo tanti giorni di lavoro
tanti, quasi un mese
a pascolare pecore
sopra la montagna ostile
con la sola compagnia
di una vecchia cagna
ed il gracchiare dei corvi
che scandisce le ore,
gli occhi sempre attenti
a scrutare le rocce
o le macchie di rovi
dove si nascondono le volpi.
Quel paese lindo e povero
ogni volta gli sembrava
una città immensa
piena di gente e di colori
il mondo tra quelle povere case.
Eppure quel paese era niente
nemmeno un punto nero
sopra una parete imbiancata a calce,
certo il mondo era altrove
più complesso e crudele.
Il ragazzo intuiva queste verità;
lasciando quelle case, gli animali,
voleva conoscere i mondi reali
tutte le sue genti,
città piene di tanti rumori
sempre alla ricerca di nuove emozioni
ovunque al vento tante bandiere,
tanti colori e tante illusioni
a quelle bandiere collegate,
tanti ideali sempre traditi
da coloro che le avevano agitate
contro gli eserciti ed i padroni;
ovunque egli vide i traditori
di grandi bandiere rosse.
CARTA E MATITA
Non avevo un po' di carta
e mi mancava la matita,
avevo solamente della terra soffice
che ogni notte i topi
venivano a scavare di nascosto,
con un bastone aguzzo
solevo incidere i miei pensieri
su quella tavolozza improvvisata.
Capitava che l'indomani
il vento o la pioggia
cancellavano quei segni, le parole,
ma non provavo amarezza
e tornavo a segnare, paziente
le rinnovate fantasie notturne
o le emozioni
che la natura
ogni tanto mi suggeriva.
E LORO PARTIRONO
Una campanella suona
e un belato risponde al richiamo
il cane corre contento
ed insegue gli animali per gioco.
Salvo spinge il gregge
che avanza lento
e segue con gli occhi di pianto
il cammino della giumenta morella.
L'animale transita ora dalla portella
e tra poco sparirà alla vista,
con lui anche la madre
i fratelli del pastore ancora piccoli.
E' settembre, è ormai tempo di scuola,
salvo li ha visti partire
per lui quei giorni sono finiti;
rimarrà per sempre a Gammauta.
Il padre di Salvo ha bisogno d'aiuto
per lui il destino ha deciso,
pastore, apprendista e guardiano
svezzato anche lui come un agnello.
Che dolore vedere partire la famiglia
cosciente che non potrà più seguirla
il tramonto si tinge di scuro
sono le nubi che annunciano temporali.
Lo aspetta una vita difficile
un letto di paglia per terra
un pezzo di pane, una minestra calda la sera
la compagnia del sole o della pioggia.
IL CONZO
La stagione tende a cambiare
ed il sole allunga i suoi raggi
spuntano dalla terra
gli asparagi selvatici
mentre attorno rifulge
la terra coperta di fiori
dai mille colori,
l'ogliastro mette fuori
le nuove foglie,
per l'aria si sente
il profumo pungente
delle rose selvatiche,
allegre una coppia di volpi
scivolano tra le sciare
rincorrendosi come ragazzini.
GUARDARE INDIETRO
Guardare indietro
nei luoghi dove giovinetto vissi,
ancora lo ricordo
nei miei pensieri, adulto.
A volte pare che mi assale
un odore di pecorino
mischiato al latte
al piscio degli animali.
Ora rivedo nuovamente il luogo
lontano, quasi irreale
pure il grillo canterino
mi sembra parte di un sogno estivo.
LU PICCIUTTEDDU
Tutta la notti
supra li canali
si senti lu ventu rischiari,
la nivi cadi forti
e accummoglia li montagni,
l'agniddaru è un misteri 'ngratu
cu lu suli e cu la nivi
avi a pasciri l'armali.
Li picciotti di paisi
jocanu cu li baddi di nivi;
lu picciutteddu la pista sutta li pedi
e porta a spassu l'armali
in cerca d'erva pi falli saziari,
pi lu friddu quarchi agneddu
cadi 'nterra e mori,
s'affaccia un spicchiu di suli
e la speranza rinasci,
lu picciutteddu allura ridi
e pensa chi Ddiu lu voli ajutari.
TEMPU DI TUTTI
E' tempu chi lu suli cannalia
è tempu di li cani cu li denti di fora,
li burgisi vannu du prescia
si dunanu da fari
cu li pagliata e cu li simulati,
passa di ddi terri
lu picuraru cu l'armali,
passa lu so tempu
assittatu supra li cunserri.
Chistu eni lu tempu
di li gran signura
chi di li citati scappanu
cumu si fussiru circati di la liggi
e vannu tra li timpi
arruzzuliannusi comu atti 'mbriachi,
sunnu cicali fora stasciuni
viddani 'nta li stanzi boni.
Nill'aria si snti lu sciavuru
di li lasagni cu lu sucu
stinnuti supra li scannatura.
LASAGNI
Si fa la sfoglia dura
comu la sannu fari
li fimmini comu a me matri,
si vugli la pignata
e si cala la pasta
lu sciavuru di sti lasagni
ajnchi la casa,
poi si nesci e si scula
si stenni supra 'u scannatori
mentri la genti 'ntunnu 'ntunni
agghiutti la sputazza pi la gargia.
Li lasagni li cummogghi
di picurinu grattatu e sucu
basilicò tagliatu finu e milinciani.
Ognunu fa lu so sulicu
e arrunchia a lu so cantu
chiddu cchiù affamatu
s'ajuta puru cu li manu
mentri l'omu schinfignusu resta a talari
e arresta addiunu.
CENTU E CENTU
Centu e centu petri
fannu 'u cunserrru,
centu paroli
fannu 'u discursu
che fussi puru seriu,
centu vuci
fannu 'u beddu coru
armuniusu,
centu scioperanti
sunnu un esercitu
contro lu guvernu,
centu beddi fimmini
sunnu tuttu lu munnu
e senza di iddi
attornu a nautri fussi 'u disertu,
centu paroli
sunnu comu un discu
lu fai sunari
quannu senti lu spinnu:
CU SUGNU
Tuttu lu jornu di matina e sira
caminava appressu lu suli
cantava lu cori a tuttu chianu
pinsannu chi lu munnu fussi meu.
Sta malasorti nun mi l'aspittava
la genti mi tagliava di mal'occhiu
e nun vulia sentiri ragioni,
ammatula jia dicennu: sugnu saccenti!
Lu judici ormai avia scrittu la sentenza
e ju cunfissau di essiri pasturi.
- ascutatini, ju sacciu leggiri,
fazzu lu picuraru pi bisognu
si mi dumannati un fatticeddu
viditi chi vi rispunnu sempre a tonu.
Amici, ju nun capisciu lu vostru cuntegnu
faciti tanti cosi, ma a mia nun mi circati,
sapiti sulu perdirio lu tempu
si m'avvicinu , vuatri subitu vi girati
pari quasi chi mancu mi canusciti;
sulu mi sentu 'mmezzu li muntagli
sulu sugnu 'mmezzu di l'armali
sulu sugnu 'mmezu li me amici.
LA STRAVULIATA
Aspanu Conzu, 'ntisu Piloru
caminava lu jornu, la sica
e puru la notti a lu scuru,
li so quattro gregni
si stravuliava cuntentu
spissu durmennu lu jornu
accavaddu a lu mulu.
L'armalu era bravu,
canuscia la strata
e di la tinuta partennu
a la casa arrivava
e dda si firmava, sbuffava
e nirvusu 'nterra zappava
p'aviri prestu
'na vuccata di paglia.
Lu patroni cci dava la paglia
e puru 'na manata di fenu
allura l'armalu priatu sciusciava
calava la testa
e ripusava e manciava
e sapi iddu a zoccu pinsava.
L'ARBA
Quannu la gaddu canta a lu matinu
la notti va schiarennusi luntanu;
l'arba ormai eni vicina
rumuri di campani e di vuci
acchiananu finu a lu celu.
Ma lu viddanu pi tempu
già avia lassatu lu lettu
e mentri l'armali rusicanu
la pruvenna adaciu adaciu
iddu nesci l'armiggi tuttu cuntentu
e pi finiri lu travagliu
prega Ddiu pi lu tempu asciuttu.
La muggheri ancora prima s'avia susutu,
munciu la crapa, lu latti quadiau
pi fari manciari lu maritu,
ancora avia priparatu ova, tumazzu e alivi
un pani 'nta li vertuli sistimatu.
Ora eni a la porta
la scupa sempri 'mmanu
chi vidi a so maritu cu l'armali
scumpariri 'nta li vaneddi a lu scuru.
LU MITITURI
Un bacaruni d'acqua
li vertuli a lu sidduni
cinqu cannizzola
falari, fauci e ancinu
e liami di ddisa vagnati,
prima chi la puddara
sparisci 'nta lu celu
lu mitituri arriva all'antu,
cala l'occhi 'nterra
e cumencia la so jurnata.
Lu suli eni ormai autu 'ncelu
la fauci cavuda comu lu focu,
sudura e sculatini
a lacrimi di sangu.
Arriva l'ura di manciari
e l'omu stenni l'ossa 'nterra
a lu sidduni
e mancia lu so pani
cu tumazzu e alivi,
si vivi un muccuneddu d'acqua
di lu bacaruni.
A sira tanti gregni accavaddunciati
'na tinuta china china
e lu mitituri accavaddu e stancu
chi tira pi la so casa;
lu paisi luntanu, brilla di luci.
LU MARCATU
Canta lu gaddu
a lu marcatu di lu Conzu,
l'arba appena spacca
e li stiddi lassanu,
luntanu, lu celu
si tinci di russu,
la cristaredda canta arrassu,
lu picuraru lestu
nesci fora di lu lettu
e a una a una passa li peculi a lu vadili;
centu capicchi duri
pi ainchiri 'na scisca di latti
e poi la quagliata e la tumma
la ricotta tennira e scumusa
piglianu focu li ruvetta e li brizzulina.
Lu picuraru cumencia la jurnata
cu ricotta, pani e seru; la abbina.
Ora li peculi nescinu di la mannara
e currinu a la campia
vannu dunni lu ventu sciuscià
a la ricerca di garifu tenniru
pi ajnchirisi la panza,
lu cani sempri vicinu
appressu li pidati
sciavurava l'aria e abbaia.
LI PAGLIARA
Quannu lu jornu scura
currinu a li pagliara
li curatula e li strippata,
cu arriva pi primu
adduca lu focu
quattro ruvetta sicchi e spinusi
pi cociri du cavatuna e 'na patata,
ddu focu adduca l'arma afflitta
e quadra l'ossa di li picurara,
fa friddu la notti
e la campagna eni disusata,
ddu cufularu cu la scimma ardenti
fa scurdari la futura di Natali.
Lu focu 'mmezzu a lu pagliaru
fa compagnia e teni cavudu
ognunu di li presenti suspira
allenta li causi e scurreggia
e pensanu a li muglieri luntanu
a li figli e a la picciotta
luntanu di ddu marcatu
'nta li stanzi ammadunati di 'mpastu.
Tutti si ritiranu a li ghitteni
spiranzusi 'nta lu sonnu
ognunu vulissi abbrazzari la propria amanti,
fora di li pagliata lu ventu sciuscià forti
e tutti tiranu supra la testa
la cummigliatura.
LA ZABBINA
Ogni matina cu lu scuru
a la montagna canta lu pirnici
lu picuraru stirannusi, si susi
picchì eni tempu di la mungitura
e l'armali a lu vadili su va passa,
tuttu lu latti mungiutu quaglia
la rotula firriannu rumpi la quagliata
pi fari tumma e ricotta fina
vasceddi chini chi sculanu a la cannara
mentri lu focu adaciu s'astuta.
Lu picciutteddu piglia lu vacili
e lu pani duru ci sminuzza
du cazzulati di ricotta e seru ci metti supra
quantu lau pani sponza e l'arrimina
pi fari la abbina; chi crema!
Scinni sula sula pi li cannarozza,
lu canuzzu eni ddà vicinu che si strica
l'occhi piatusi chji talia
scivura la ricotta profumata
anchi si sabi chi pi iddu
c'è lu seru e la scumazza.
PASTORE
Tu.pastore
antico guerriero
il gregge al pascolo
saggiamente conduci.
Vivi in natura
seguendo le stagioni
con il sole, sotto la pioggia
che ti consumano i vestiti.
IL SOLE TRAMONTA
Il sole tramonta
sulla campagna abbandonata
gli ultimi raggi
fissano mollemente
gli animali ormai fermi
e poco lontano
i loro padroni
la mente ormai al riposo,
poi l'astro scompare
oltre le vette dei monti
lasciandosi dietro
rossi bagliori di fuoco.
Nella masseria
assediata dalla solitudine
un lume si accende
a scaldare gli animi.
ZOLLE
Odore di zolle
appena rivoltate al cielo
sembra espandersi per l'aria
quando la burrasca tace,
le narici si dilatano
aspirano l'aria attorno
le piccole gocce di pioggia
ancora sospese, i vapori.
Il temporale è già passato
le finestre riaprono con rumore
gli uccelli cantano, esitanti
poi sempre più sicuri;
come sarebbe bello
se non si fermassero mai!
Le donne fanno crocicchio
hanno già dimenticato le paure
sono lontani ormai
il lampi ed i brontolii dei tuoni.
ALBA
Si sente nell'approssimarsi dell'alba
il canto delle pernici
che vanno alla pastura.
Un contadino cavalca
la sua vecchia mula
per recarsi nei campi,
il pastore raduna
le pecore belanti;
è l'ora della mungitura.
Gente umile in cammino
che suda il pane che mangia
lavorando la terra
a volte a mani nude
dure e piene di calli,
indossano tutti vecchi calzoni
più volte rattoppati
eppure fieri in viso,
fiduciosi nella loro sorte.
L'INVERNO
Presto il gelido vento
ucciderà gli ultimi fiori
e sugli arbusti secchi
si poserà la neve,
adornerà
come fiori candidi
i rami gelidi, mossi
su cui vanno a posarsi
i passeri infreddoliti
affamati da giorni.
La natura dorme
si risveglierà
ai primi caldi primaverili.
LE NUVOLE
Le nuvole
s'innalzano
corrono
ritornano
avvolgono
e lasciano scorrere
gocce di pioggia
amare
come le lacrime
che bagnano
umide ed acre.
Le nuvole
ogni giorno
seguono
i miei pensieri
i volti cari
o i fantasmi
di un passato
sempre presente.
SPINE ARROSSATE
Una mannara
piena di rovi
che sembrano
lame taglienti.
Sono là
in attesa
che un uccello
si posi
o che un animale
vi poggi il muso;
improvvise allora
si alzano verso il cielo
le grida di dolore
e le spine si arrossano
cambiano colore,
si macchiano
di sangue innocente!
ESTATE SICILIANA
Campagne aride, screpolate,
tra le zolle dure
alcune serpi attente
ad afferrare il cibo,
stoppie legnose ovunque
a testimonianza delle messi
trebbiate a giugno,
greggi a macchie, fermi
le pecore raccolte
a teste basse sotto le pance
per ripararle dal sole.
Gli alberi si spogliano
tappeti di foglie gialle
ormai cibo per gli animali.
Il contadino respira
a bocca aperta
spera in un temporale
o che il vento caldo taccia
intanto resta immobile
sotto il sole cocente
e beve il suo sudore
visto che l'acqua manca
e la sorgente
potrà raggiungerla solo a sera.
Cantano i grilli e le cicale
gli unici ad essere contenti
di questa estate siciliana.