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12 C ORRIERE NA DOSSIER DEL M EZZOGIORNO U V ENERDÌ 30 G IUGNO 2006 il processo Spartacus IL DOCUMENTO La sentenza dieci anni dopo il maxiblitz. Il gruppo è ancora egemone: alcuni giorni fa altri 27 arresti 125 Gli imputati del processo ai casalesi concluso nel settembre 2005 90 i condannati, 10 i deceduti, 25 gli assolti 750 Gli anni di condanna complessivi Comminati 21 ergastoli, 4 imprenditori condannati per concorso esterno 3.200 Le pagine delle motivazioni della sentenza emessa dalla Corte d’Assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere 7 Gli anni di durata del processo 620 le udienze, 500 i testimoni, 21 i collaboratori di giustizia, circa 100 i beni immobili confiscati Calcestruzzo, appalti e truffe all’Aima In 3.200 pagine gli affari dei casalesi Il processo «Spartacus» si è concluso il 15 settembre 2005 con la lettura del dispositivo da parte del presidente della II Sezione della Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere, Catello Marano. La requisitoria del pm Federico Cafiero de Raho è durata 5 mesi. Le motivazioni della sentenza, redatte dal giudice Raffaello Magi, sono state depositate quindici giorni fa. Ne pubblichiamo alcuni passaggi. PREMESSA La storia di questa istruttoria processuale potrebbe essere raffigurata — da un narratore ispirato e libero da vincoli dimostrativi — come la storia di un impianto di produzione del calcestruzzo, ubicato nel territorio di Santa Maria La Fossa, nato nel lontano 1983, transitato — proprio in concomitanza con i fatti delittuosi qui investigati — dalle «mani» di Bardellino Antonio a quelle di Schiavone Carmine (non senza resistenze e recriminazioni da parte di altri soggetti che ritenevano, parimenti, di esserne «proprietari», tra cui Venosa Luigi) e successivamente caduto in rovina; o potrebbe, in modo ancor più suggestivo, prendere le mosse dalla «consegna» di Basile Luigi ai Carabinieri della Caserma Pastrengo in Napoli, nelle prime ore pomeridiane del 27 maggio del 1988, lì dove un «malavitoso» della caratura del Basile — assistito dal porto di una pistola con matricola abrasa — offre la sua cattura alle forze dell’ordine allo scopo di evitare la prosecuzione di una «strage», già iniziata con la uccisione di Antonio Bardellino e del nipote Paride Salzillo. O ancora potrebbe aprirsi con una raffigurazione della vita quotidiana di persone «qualunque», lontane da logiche criminali, come Riccardo Angelo e Diana Liliano, anch’esse cadute, vittime di una «guerra» che non avevano certo deciso di combattere(...). LA MORTE DEL BOSS Il 2 febbraio 1991 si consuma l’omicidio di Vincenzo De Falco(...). Si tratta di un episodio di assoluta centralità nella storia degli equilibri associativi, posto che Vincenzo De Falco era soggetto dotato di notevole «carisma» criminale, capace di aggregare intorno a sé una nutrita schiera di uomini fedelissimi. Appare necessario ricordare: che Vincenzo De Falco risulta essere, dopo il suo arresto del 10 maggio 1985 per detenzione di armi clandestine e resistenza uno dei «sottoscrittori» dell’accordo (Iovine-De FalcoSchiavone) che conduce nel maggio presentati dalla realizzazione di numedel 1988 alla eliminazione di Antonio INFILTRAZIONI E AFFARI Come si è visto, l’epoca storica in rose infrastrutture stradali (la superBardellino e del nipote Paride Salzillo, fatto da cui deriva la «nascita» del- cui matura e si consuma il conflitto strada Nola-Villa Literno, il raccordo la nuova struttura associativa casale- con i cutoliani è quella successiva al con l’autostrada A1 Roma-Napoli ed se(...). Circa la ricostruzione dell’epi- terribile sisma del 23 novembre 1980 e altro) e dalla «sistemazione» del canasodio, occorre anzitutto precisare che le organizzazioni criminali non posso- lone dei Regi Lagni, oltre alla realizzaentrambi gli omicidi in questione non no certo restare «estranee» alla «piog- zione di nuove strutture residenziali e sono assistiti da alcun riferimento di- gia» di risorse pubbliche destinate — di costruzione di edifici destinati ad retto di «prova generica»: né di Anto- come è normale che avvenga — alla ospitare strutture pubbliche. Difficile, nio Bardellino, né di Paride Salzillo è realizzazione delle opere di ricostru- ovviamente, redigere un preciso «renmai stato rinvenuto, a tutt’oggi, il ca- zione (...). Il controllo del territorio, diconto» del quantum di «entrate» che davere. Mai vi è stata, dunque, una in questa fase, diventa, anzitutto, una le diverse forme di intervento della organizzazione «casalese» può aveconstatazione obiettiva dell’evenre comportato, ma — ciò che qui to/morte da parte di un soggetto interessa affermare — è che non abilitato a simili compiti dal no«Dalla eliminazione possono nutrirsi dubbi circa l'esistro ordinamento giuridico. Ciò di Antonio Bardellino e del nipote stenza di tale «intervento» in ocha alimentato — tanto nel corso del dibattimento che in sede di Paride Salzillo, deriva la “nascita” della casione della realizzazione di tali opere (...). Vi sono, infatti, prediscussione — vibranti polemi- nuova struttura associativa casalese» cisi riferimenti probatòri ad attiche tra le parti processuali , del tutto usuali quando — come nel caso pre-condizione per imporre la «desti- vità, parimenti riconducibili alla orgadi specie — ci si trova di fronte in sede nazione» al gruppo vincente di consi- nizzazione casalese, che solo apparengiudiziaria ad una morte narrata, ma stenti «quote finanziarie» sia attraver- temente possono essere ritenute di minon constatata. Come è evidente dai so il tradizionale metodo estorsivo nore importanza — sul piano finanziacontenuti del dispositivo, questa Cor- (nei confronti delle imprese aggiudica- rio — tra cui vanno di certo menzionate ritiene che entrambi gli eventi in tarie dei grossi appalti) che attraver- te : il controllo del settore delle onoranquestione si siano verificati, essendo so metodi più sofisticati (infiltrazione ze funebri e quello delle truffe commesdel tutto lecito e doveroso — sulla ba- di imprese 'vicine al clan' nelle assegna- se ai danni dell’Aima(...). Va anche se delle vigenti regole normative — ri- zioni dei lavori, controllo delle fornitu- ricordato che — venendo a tempi più recenti — l’istruttoria dibattimentale tenere che la prova di un evento/morte re del calcestruzzo etc.(...). I maggiori investimenti pubblici, in- ha fornito elementi di sostegno alle dipossa derivare anche da un robusto, preciso ed inequivoco quadro indizia- fatti, che interessano — in tale perio- chiarazioni dei collaboranti (in partido — la provincia di Caserta, sono rap- colare quelle rese da De Simone Dario(...). La villa sequestrata al boss Walter Schiavone, copia del palazzo di Tony Montana, protagonista di «Scarface» rio) circa l’interesse del gruppo camorristico ai lavori dell’Alta Velocità (tratta Roma-Napoli). In particolare, anche in tal caso l'organizzazione, nella fase iniziale dei lavori (anno 1995), si occupa delle attività di «movimento terra» e di installazione dei cantieri attraverso la ditta di Zagaria Pasquale (fratello di Zagaria Michele) e ciò sino a quando una interrogazione parlamentare non determina l'intervento, su tale aspetto, della Prefettura di Caserta. IMPRENDITORI «AMICI» Le ultime valutazioni (...) riguardano alcuni soggetti che questa Corte ha ritenuto responsabili per concorso esterno in associazione camorristica. Si tratta di De Rosa Nicola, Iorio Gaetano, Statuto Rodolfo e Mincione Giovanni , tutti imprenditori che hanno svolto attività nel settore della produzione e commercializzazione del calcestruzzo (e/o degli inerti) ed in quello delle costruzioni.(...)Dunque, dalle dichiarazioni di Carmine Alfieri (confermate anche dai contributi narrativi di Pasquale Galasso e Schiavone Carmine) emerge non solo, con estrema chiarezza, la piena «convergenza di interessi» tra l’organizzazione camorristica (che garantiva, tramite il controllo del territorio, l’esclusiva di mercato e consentiva di tenere alti i prezzi dei prodotti) ed alcuni imprenditori del settore «cave» e del settore «calcestruzzo» che avevano dato vita ai consorzi (...), ma emergono anche alcuni ruoli soggettivi. Tra questi, di particolare rilievo sono le ampie indicazioni sui ruoli svolti da Luigi Romano e da Bruno Sorrentino (socio di De Rosa nella gestione della Sdr) che risultano in stretto contatto con Alfieri e lo assistono nell’opera di «distribuzione» degli appalti e di riscossione dei «contributi». Va chiarito infatti che, lì dove l’organizzazione camorristica consente al singolo imprenditore di «ottenere» l’appalto o il sub-appalto (è proprio il caso del De Rosa, cui Alfieri compie un preciso riferimento) o consente al «gruppo di imprenditori» (come il consorzio) di mantenere il controllo del mercato pur praticando prezzi più alti (è il caso del Covin e del Cedic), il pagamento della «tangente» non assume la valenza di «prelievo estorsivo», ma quella — molto diversa — di corrispettivo per il «servizio» prestato (l’ottenimento del «lavoro» o l’esclusiva nella distribuzione del prodotto), realizzando un rapporto di sinallagmaticità che pone i contraenti su un piano di sostanziale parità, dato che entrambi coltivano un proprio «interesse»(...). 11 Sono gli anni di latitanza di Michele Zagaria, considerato il capo del potente clan del casertano noto come «casalesi» 27 Gli ordini di arresto contro il clan dei «casalesi» emessi dal Tribunale di Napoli e eseguiti dal Ros il 22 giugno scorso 4 Milioni di euro è il valore dei beni confiscati nell’ambito di questa inchiesta, che svela infiltrazioni negli appalti di Nato e Alifana 200 mila euro è il valore delle quote di una concessionaria d’auto sequestrate a Francesco «Sandokan» Schiavone DROGA E CEMENTO Zagaria, una latitanza che dura da undici anni L’organizzazione gestita dal boss indagata anche per infiltrazioni negli appalti Nato e Alifana SEGUE DA PAGINA 11 Non pistole in bocca, non mitra puntati dietro la schiena. Ma il doppio binario del capitale legale e illegale che si fondono nelle imprese edili vincenti del cartelo dei casalesi. Ed è proprio la qualità imprenditoriale del boss manager Zagaria ad aver reso le sue ditte vincenti in tutt’Italia e egemoni in tutto il modenese. Nel perverso meccanismo del massimo ribasso degli appalti edili, Michele Zagaria e le sue imprese edili non hanno rivali. Del resto già nelle indagini sulle infiltrazioni dei casalesi nei cantieri Tav, documentate nelle motivazioni della sentenza dello storico processo «Spartacus», il clan Zagaria aveva messo le mani ovunque ed era pronto a ficcarsi nei cantieri dell’alta velocità sino in Calabria, mostrando anche di riuscire a egemonizare il ciclo del cemento nei territori delle ’ndrine. Imprese edili vincenti grazie ad una serie di valori aggiunti illegali. Ed una capacità di disporre di liquidità che il clan riesce a ricevere anche dal narcotraffico. I casalesi sono da sempre restii all’espansione sul proprio territorio di piazze di spaccio. In passato vietavano persino che nei loro feudi passasse droga. Oggi a San Cipriano d’Aversa come a Casal di Principe all’interno di alcune zone franche permettono, ai ragazzini di poter fumare hascisc e mariujana. La scelta, frutto di una politica di maggiore tolleranza territoriale di Antonio Iovine detto o’ ninno, avrebbe fatto impallidire Antonio Bardellino. Ma il tabù della coca rimane. I casalesi, come spiega anche la relazione approvata dal gruppo di minoranza della Commissione parlamentare Antimafia a conclusione della passata legislatura, pur vendendo grosse partite di droga (anche a Cosa nostra) evitano di curarsi della distribuzione al dettaglio e dell’organizzazione dello spaccio. Nel Casertano, precisamente a Mondragone, negli anni ’90 fu fondato persino il Gad dal clan La Torre, il presunto gruppo antidroga, una sorta di banda parami- litare del clan che pestava chi osava drogarsi e eliminava chiunque volesse spacciare in paese. Intanto, però, il clan tentava di importare quanta più coca possibile dal Venezuela e smistarla nel Lazio. Sul tabù della coca, dalle ultime indagini, è emerso anche un particolare inquietante. Un presunto affiliato riporta un dialogo avuto con Zagaria dove chiede al boss se lui ha mai tirato coca, storia che in paese già ha fatto scandalo e che ormai gira nelle orecchie di tutti. La risposta che lui riporta ha del letterario: «con me devi fare come con il prete, fa quello che dico, ma non fare quello che faccio». E nelle intercettazioni torna di continuo il tema del- IL SAGGIO «Le strade della violenza» di Isaia Sales Nove capitoli, 284 pagine, esce oggi, edito da «l’ancora del mediterraneo», «Le strade della violenza», il nuovo saggio del sociologo Isaia Sales. Analogie e, soprattutto, differenze tra camorra e mafia, riflessioni sul confine, difficilissimo da tracciare, tra attività illegali e criminali, riti e affari dei clan. Nel libro storia e attualità di una «malavita plurale dal punto di vista geografico, sociale e politico, feroce e arcaica e, al tempo stesso, postmoderna». l’uso di coca da parte di Zagaria. Un boss vizioso, vogliono le malevoci, un boss solitario capace di controllare ogni fase imprenditoriale del proprio clan, ma che cede alla coca. Eppure Zagaria da oltre undici anni riesce a sfuggire. Non ha punti deboli. Ha rifiutato ogni possibilità di avere una famiglia, avendo visto che il suo predecessore al vertice, Sandokan, ha avuto il suo punto debole proprio nella famiglia con cui voleva continuare a vivere. Ma Zagaria è lì, a Casapesenna, lo sanno tutti, lo sospettano anche gli inquirenti. Una manciata di strade. Ma una struttura di copertura all’apparenza inattaccabile. Una capacità organizzativa che gli ha permesso di sparire nel nulla e di continuare ad articolare il suo potere ediCome molti capi le proprio dalla latitanza. Immacolata Capone, la camorrista manager uccisa nel marzo 2004 a Sant’Antimo, in fuga, potrebbe era il vero traitd’union tra il clan Zagaessere nascosto ria e gli appalti pubblici e privati in cui sul territorio si infiltravano le ditnel suo «feudo» te dei casalesi. Non esisteva, negli ultimi anni in Campania, grosso appalto in cui la Capone non riuscisse ad entrare. Secondo le indagini, grazie anche ad appoggi politici la donna-boss riusciva a far ottenere certificati antimafia a ditte capaci di stravincere i subappalti ovunque. Eppure, anche dopo il blitz del 22 giugno scorso, che ha mostrato i legami nazionali del cartello dei casalesi, la stampa nazionale continua a considerare il fenomeno camorra come confinato all’interno del perimetro campano. Questo é il dono più prezioso che viene regalato dai media e da certa silenziosa politica ai boss del cemento. Roberto Saviano