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Costituzione e potere costituente
PARTE I
LA COSTITUZIONE
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La Costituzione
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Costituzione e potere costituente
CAPITOLO I
COSTITUZIONE E POTERE COSTITUENTE
SOMMARIO: 1. La Costituzione: prime definizioni. – 2. L’origine della Costituzione
come limite al potere: potere costituente e poteri costituiti. – 3. La Costituzione
nelle monarchie dualiste e nel primo dopoguerra. – 4. Le Costituzioni contemporanee e la rigidità come tratto caratterizzante. – 5. Prime distinzioni di sintesi: Costituzioni flessibili e rigide, Costituzioni lunghe e brevi, formali e materiali. – 6.
Sintesi del capitolo.
1. La Costituzione: prime definizioni
Definire cosa si intende per Costituzione non è semplice. La Costituzione, infatti, si colloca all’intersezione di fenomeni giuridici, storici, e sociologici, cosicché per qualificare un atto normativo come una Costituzione occorre utilizzare strumenti definitori non solo giuridici.
Se vogliamo dare una definizione solo giuridica e in astratto, ad esempio, una Costituzione può essere qualificata come quell’insieme di norme
che costituiscono il fondamento di un ordinamento statale. Tuttavia questa definizione è così generica da non essere affatto soddisfacente. All’interno di questo generalissimo contenitore potrebbero stare infatti fenomeni giuridici così diversi da non essere tra loro comparabili: la Magna
Charta, documento redatto in Inghilterra nel 1215, insieme alle Costituzioni dell’ottocento e alle Costituzioni del dopoguerra. Tutti questi atti
normativi, infatti, possono essere qualificati come Costituzioni sulla base
della definizione iniziale, ma in realtà non sono tra loro assimilabili né per
forza, né per contenuto, né per fini.
Seppure il punto di partenza è vero (la Costituzione è qualificabile
come un insieme di norme che costituiscono il fondamento di un ordinamento statale), occorre anche che questo insieme di norme sia dotato di
determinate caratteristiche di contenuto e di forma per essere qualificato
come Costituzione, e per distinguersi di conseguenza da altri atti normativi che invece Costituzioni non sono. È a questo punto però che la definizione di Costituzione in senso meramente giuridico si incrocia con la storia e con la evoluzione della società: è infatti la evoluzione storica che attribuisce a quell’insieme di norme, in senso lato costituzionali, le caratte3
Costituzione
insieme di
norme che
costituiscono
il fondamento
di un
ordinamento
statale
La Costituzione
Gli elementi
fondamentali
della
Costituzione
ristiche che differenziano le Costituzioni da altri atti normativi che non
possiamo definire come tali.
Quali sono dunque queste caratteristiche e quando si manifestano?
Quando oggi, in via di prima approssimazione, vogliamo definire una
Costituzione, normalmente facciamo riferimento a quattro elementi principali. Due di questi elementi la caratterizzano da un punto di vista della
“forza” (utilizzando per ora questa espressione in senso atecnico), ed altri
due invece da un punto di vista della sostanza o del contenuto.
Si ritiene infatti che una Costituzione moderna sia caratterizzata da
quell’insieme di norme che costituiscono il fondamento dello Stato, stabili nel tempo, superiori rispetto alle altre norme giuridiche (forza), che
contengono principi e valori generalmente condivisi in tema di diritti
fondamentali, nonché un modello organizzativo nella distribuzione dei
poteri dello Stato (sostanza). Elementi formali (forza) ed elementi sostanziali (contenuto) contribuiscono dunque ad identificare la Costituzione.
Gli elementi sostanziali ricordano quanto era stabilito nell’art. 16 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1789, secondo la quale “ogni società nella
quale non sia assicurata la garanzia dei diritti, né determinata la separazione dei poteri, non ha Costituzione”. In quella norma veniva identificato il concetto di Costituzione in relazione al suo contenuto – garanzia dei diritti e separazione dei
poteri – in contrapposizione all’assolutismo del Re. Questa concezione, definibile
come garantista, è dunque una concezione anche storica della Costituzione, poiché fa riferimento ad un modello costituzionale riferibile ad un determinato momento storico.
Si contrappongono a questa concezione garantista, la concezione tradizionalista e sociologica della Costituzione.
Secondo la concezione tradizionalista la Costituzione è formata semplicemente da una serie di atti normativi e consuetudini legate allo sviluppo storico di una
determinata società. La validità della Costituzione deriva semplicemente dal suo
consolidarsi nel tempo, che è ciò che le attribuisce forza e legittimazione.
Secondo la concezione sociologica, invece, la Costituzione è data dal modo di
essere reale di una determinata società, indipendentemente dalle regole imposte
nel testo normativo costituzionale. Se la Costituzione coincide con l’insieme dei
rapporti reali – e prevalentemente economici – all’interno di una società, la Costituzione come documento ha una funzione eminentemente descrittiva più che
precettiva, poiché deve limitarsi a codificare ciò che è già esistente nella società.
Sia la concezione tradizionalista che quella sociologica non sembrano tuttavia
accoglibili. La prima considera come Costituzione anche documenti che costituzionali non sono, come ad esempio la Magna Carta o il Bill of Rights del 1689 in
Inghilterra. La seconda è eccessivamente condizionata dall’ideologia marxista,
secondo la quale il diritto costituisce una sovrastruttura dei rapporti economici e
sociali. Essa non spiega, ad esempio, le Costituzioni sociali del post-dopoguerra
che non si limitano affatto alla descrizione di una determinata società, ma si pongono al contrario l’obbiettivo di modificare o ridelineare l’assetto sociale sottostante.
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Costituzione e potere costituente
La teoria sociologica tuttavia ha una sua validità nella misura in cui mette in
luce come la evoluzione della società condizioni l’interpretazione della Costituzione, e come quindi la Costituzione come documento formale non possa essere
interpretata prescindendo dalla struttura sociale, economica, e dei partiti politici
ad essa sottostante.
Analizziamo più in dettaglio gli elementi caratterizzanti sopra individuati:
Stabilità significa capacità della Costituzione di durare nel tempo. Una
Costituzione può dirsi tale quando non è fatta per disciplinare equilibri
transitori e fisiologicamente instabili, ma per “guardare lontano”. Essa
non contiene scelte di politica contingente, ma al contrario stabilisce la
cornice all’interno della quale le scelte politiche contingenti possono collocarsi. Da qui già derivano alcune prime conseguenze definitorie, sulle
quali torneremo più approfonditamente, ma che in sede di prima approssimazione possono così sintetizzarsi: la Costituzione differisce dalle norme
di indirizzo politico perché essa non è espressione dalle scelte politiche di
un Governo, mentre al contrario le seconde sono l’espressione immediata
e diretta di tali scelte.
Superiorità significa maggiore forza rispetto alle altre norme che compongono un ordinamento giuridico. Ancora in via di prima approssimazione una Costituzione è superiore perché tutte le altre norme debbono
rispettarla in quanto norma fondamentale dello Stato.
Valori e principi generalmente condivisi significa che, da un punto di
vista contenutistico, le norme costituzionali esprimono principi che la
gran parte dei cittadini, ovvero delle forze politiche, considerano come
propri. Normalmente si fa riferimento al sistema dei diritti fondamentali
che prevedono garanzie a beneficio dei cittadini, e dai quali sono estrapolabili valori generali che informano la Costituzione. Anche questo elemento contribuisce a distinguere la Costituzione da tutti gli altri atti normativi, poiché questi ultimi sono normalmente espressione di una maggioranza (la maggioranza di Governo), mentre i diritti fondamentali e i valori
che da questi derivano costituiscono patrimonio di tutti e non solo della
maggioranza politica.
Modello organizzativo nella distribuzione dei poteri dello Stato significa infine che la Costituzione contiene necessariamente, per essere definibile
come tale, un modello di organizzazione del potere pubblico di vertice. Nel
momento in cui la Costituzione disciplina il potere allo stesso tempo lo limita. Come vedremo, infatti, le Costituzioni nascono proprio come strumenti di limitazione del potere del Sovrano, per poi evolvere in strumenti
finalizzati alla organizzazione e al bilanciamento dei poteri dello Stato.
Tra questi requisiti non è stata inserito la questione della scrittura, se cioè la
Costituzione in senso moderno debba necessariamente essere scritta. Da un pun-
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La Costituzione
to di vista strettamente teorico nulla esclude che una Costituzione non scritta abbia i requisiti di stabilità e di superiorità che si sono sopra evidenziati. Tuttavia,
nel momento in cui la Costituzione diviene espressione del potere costituente,
cioè della volontà consapevole di un popolo, essa è espressione di un atto (una
manifestazione di volontà) e non di un fatto (un mero comportamento). Normalmente agli atti, in quanto espressione di una manifestazione di volontà e non di
un mero comportamento, è spesso collegata la forma scritta. Inoltre il costituzionalismo liberale considerava la scrittura come strumento in qualche misura rafforzativo della stabilità della Costituzione, cosicché può dirsi che da un punto di
vista storico le Costituzioni moderne tendono ad assumere la forma scritta.
Costituzione
contiene
principi
generali
Questi quattro elementi sono tra loro intimamente legati. La stabilità
nel tempo della Costituzione è conseguenza sia della sua superiorità, ma
anche del fatto che essa contiene principi e valori generalmente condivisi:
se infatti non contenesse valori e principi generalmente condivisi, presumibilmente non sarebbe né stabile né superiore. La superiorità della Costituzione è data sia dall’essere questa la norma fondamentale dello Stato,
ma anche dal suo contenuto, che determina la organizzazione di base dello Stato. I principi e i valori generalmente condivisi non sarebbero stabili,
se a presidio di essi non vi fosse una organizzazione del potere in grado di
renderli stabili ed attuabili. In definitiva, i requisiti relativi alla “forza”
della Costituzione e i requisiti relativi alla “sostanza” della Costituzione,
requisiti che concettualmente debbono essere tenuti distinti, sono però
tra loro legati.
Da queste considerazioni deriva una prima conseguenza che influisce
sulle caratteristiche delle norme costituzionali.
Le norme costituzionali differiscono da tutte le altre norme anche per
il loro contenuto. Mentre le altre norme, in genere ricollegabili all’indirizzo politico, servono a disciplinare e regolare fatti concreti della vita, la
Costituzione deve contenere principi sufficientemente generali da essere
ampiamente condivisi e da poter durare a lungo nel tempo. Le norme costituzionali hanno dunque caratteristiche di generalità sconosciute alle altre norme, e sono dotate, inoltre, di un elevato livello di flessibilità, per
potersi adattare a situazioni storiche, sociali o politiche diverse rispetto al
momento nel quale la Costituzione è stata approvata.
La definizione di Costituzione secondo questi quattro requisiti è tuttavia una definizione relativamente moderna.
Gli ordinamenti giuridici prerivoluzionari non conoscevano Costituzioni nel senso ora determinato. I documenti definiti “costituzionali” prima della rivoluzione francese erano perlopiù accordi transitori tra monarchia, nobiltà e clero, accordi che riconoscevano alcuni diritti degli uni nei
confronti degli altri. L’inglese Magna Charta Libertatum del 1215, considerato il primo documento costituzionale in senso proprio, è principalmente un accordo che disciplina alcune libertà dei nobili nei confronti del
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Costituzione e potere costituente
sovrano. Analogamente il Bill of Rights del 1689 costituisce una mera regolamentazione di interessi tra due parti contrapposte.
In questi accordi mancano in verità tutti e quattro i presupposti che
abbiamo detto essere gli elementi caratterizzanti la Costituzione in senso
moderno.
Manca la stabilità nel tempo, perché questi erano necessariamente
transitori e legati al permanere dei rapporti di forza tra le parti dell’accordo. Manca la superiorità, perché nessuno delle due parti intendeva delegare ad un terzo (la Costituzione) la regolamentazione di un rapporto
che si presupponeva potesse modificarsi rapidamente. Questi accordi
inoltre non contenevano valori e principi generalmente condivisi, trattandosi al massimo del riconoscimento di alcune libertà ad una sola classe
sociale (i nobili), né disciplinavano la organizzazione dei poteri dello
Stato.
I presupposti per la esistenza di una Costituzione in senso moderno
mancano alla fine per una ragione di fondo: quando la sovranità è contestata tra due o più parti, gli eventuali accordi “costituzionali” tra questi
parti sono necessariamente transitori, perché quel documento è privo di
un autore in grado di determinare quali sono i principi e i valori generalmente condivisi. Se è la stessa sovranità ad essere contestata, il documento
che regola i rapporti di forza tra i contendenti non potrà essere definita
come Costituzione in senso proprio, perché questo non sarà mai stabile,
duraturo e superiore. In definitiva, allorquando vi sia una situazione di
dualismo costituzionale, inteso come conflitto tra due o più parti per la
sovranità, non può aversi Costituzione in senso moderno.
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una teoria della Costituzione, Milano; 1996 BOGNETTI G., Poteri (divisione dei),
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VALDÉS R.L., Il valore della costituzione: separazione dei poteri, supremazia della
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Sovranità
contestata
e accordi
transitori
La Costituzione
saggio di diritto comparato, Milano; 2002 PACE A., Potere costituente, rigidità costituzionale, autovincoli legislativi, Padova; 2003 ACKERMAN B.A., La nuova separazione dei poteri: presidenzialismo e sistemi democratici, Roma; 2003 SARTORI
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valori fondamentali: la parabola della Costituzione tra diritto naturale e diritto positivo, in Iustitia, 149 ss.; 2006 FERRARA G., La Costituzione. Dal pensiero politico
alla norma giuridica, Milano; 2006 GROTTANELLI DE’ SANTI G., Note introduttive di
diritto costituzionale, Torino; 2007 LONGO A., I valori costituzionali come categoria
dogmatica: problemi e ipotesi, Napoli; 2009 FIORAVANTI M., Costituzionalismo:
percorsi della storia e tendenze attuali, Roma.
2. L’origine della Costituzione come limite al potere: potere costituente e poteri costituiti
Potere
costituente
come
capacità di
darsi una
Costituzione
Le condizioni per la nascita di una Costituzione in senso moderno si
verificarono per la prima volta nella storia con la rivoluzione francese e la
rivoluzione americana, che portarono sulla scena costituzionale il popolo,
vero autore delle Costituzioni post-rivoluzione di fine settecento.
Nella Francia della rivoluzione francese, dopo la caduta del Sovrano
assoluto, fu la borghesia a conquistare il potere e ad assumersi il compito
di dettare una Costituzione che ponesse le nuova fondamenta dello Stato.
Nella rivoluzione americana, furono gli esiti della rivoluzione contro l’Inghilterra a legittimare il popolo americano ad elaborare una Costituzione
che fondasse il nuovo Stato.
Le Costituzioni di questo periodo furono elaborate da organismi rappresentativi (le convenzioni o le Assemblee Costituenti), ritenute titolari,
in autonomia e senza negoziazioni con altri organi, del potere costituente,
cioè del potere di darsi una nuova Costituzione. L’esercizio di questo potere è ciò che attribuisce ad un documento, in senso generale definibile
come costituzionale per il suo contenuto, la natura di Costituzione in senso proprio.
Attraverso l’esercizio del potere costituente, incardinato in un unico
organo (Assemblea Costituente), viene infatti superato il dualismo prerivoluzionario, cosicché la Costituzione che ne scaturisce non è finalizzata a
garantire rapporti di forza transitori, ma al contrario a dettare principi
condivisi, che in ragione della generale condivisione, a loro volta sono
considerati stabili. Inoltre, l’esercizio del potere costituente fornisce la
giustificazione della superiorità della Costituzione rispetto alle altre norme. Con l’approvazione della Costituzione il potere costituente si estingue
(tanto è vero che le convenzioni o le Assemblee Costituenti si sciolgono a
seguito della approvazione della Costituzione), mentre i poteri che derivano dalla Costituzione sono poteri definibili come costituiti, nel senso
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Costituzione e potere costituente
che trovano fondamento e legittimazione nella Costituzione. Questo comporta che dopo la approvazione della Costituzione, che costituisce esercizio di un potere per certi versi assoluto e libero, tutti i poteri che la Costituzione prevede sono invece limitati, perché non originari ma derivati
dalla stessa norma costituzionale. Rispetto ad essi la Costituzione è superiore, così come è superiore rispetto alle norme che questi ultimi producono.
Poteri costituti
derivano dalla
Costituzione
La teoria del potere costituente e dei poteri costituti tenta di dare risposta alla
domanda filosofica di come possa il potere politico essere assoggettato ad un atto
posto da sé stesso. È un domanda, quella della limitazione del potere politico,
che si sono posti moltissimi pensatori. T. Hobbes, per sostenere l’illimitatezza del
potere politico così ragionava: “alle leggi che il sovrano ha posto egli non è soggetto, perché essere soggetto alle leggi significa essere soggetto allo Stato, cioè al rappresentante sovrano, cioè a sé stesso: la qual cosa non è soggezione ma libertà”. Il
tema, che è ovviamente di grande complessità e che ha avuto nella storia del pensiero risposte diverse, può essere risolto nell’ambito del diritto costituzionale attraverso la tesi della straordinarietà e irripetibilità del potere costituente. Una volta approvata la Costituzione, il potere costituente ha esaurito il suo compito, e
quindi cessa di esistere. Gli altri poteri quindi non sono più originari ma derivati,
perché conseguono dalla Costituzione.
La ragione della superiorità della Costituzione e le conseguenze che ne
derivano sono scritte in maniera chiarissima in una famosa sentenza della
Corte Suprema degli Stati Uniti del 1803, c.d. Marbury v. Madison, i cui
passi centrali vale la pena di riportare. Il giudice di quella sentenza doveva
applicare una legge, ma tale legge era in contrasto con la Costituzione. Il
giudice ragionò allora nel seguente modo:
“è affermazione troppo ovvia per essere contestata che o la Costituzione impedisce che le leggi contrastino con le sue prescrizioni, oppure il legislatore può
modificare la Costituzione con una legge comune. Tra queste proposizioni alternative non c’è via di mezzo: o la Costituzione è la legge suprema immodificabile
con i mezzi ordinari, oppure è allo stesso livello delle leggi ordinarie e, come queste, è modificabile ogniqualvolta piaccia al legislatore. Se è vera la prima parte
dell’alternativa, allora, la legge contraria alla Costituzione non è una legge; se è
vera la seconda, allora le Costituzioni scritte sono un assurdo tentativo per limitare un potere a sua volta illimitabile. Ma certamente tutti gli artefici della Costituzione hanno ritenuto di aver elaborato la legge fondamentale e suprema della
Nazione: di conseguenza, il principio valido in questo caso come in ogni altro regime a Costituzione scritta deve essere che un atto del potere legislativo contrastante con la Costituzione è nullo. In conclusione se una legge contrasta con la
Costituzione, il giudice si trova a dover scegliere tra l’applicazione della legge con
conseguente disapplicazione della Costituzione e l’applicazione della Costituzione con conseguente disapplicazione della legge: evidentemente, solo la seconda
strada è compatibile con i principi enunciati”.
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Ragione della
superiorità
della
Costituzione
La Costituzione
In questa decisione sono contenuti molti principi del costituzionalismo
moderno. In particolare si afferma che:
a) la Costituzione è la legge fondamentali e suprema della Nazione.
Questo implica che essa non è modificabile con i mezzi ordinari (o la
Costituzione è la legge suprema immodificabile con i mezzi ordinari, dice la sentenza). Vi è in questo ragionamento l’idea della superiorità della Costituzione in quanto conseguenza dell’esercizio del potere costituente.
b) Da ciò consegue che una legge che si pone in contrasto con la Costituzione è invalida (la legge contraria alla Costituzione non è una legge). Vi
è in questo ragionamento l’idea che la legge, potere costituito, è inferiore
alla Costituzione.
c) Da ciò consegue ancora che qualora il giudice debba applicare una
legge contrastante con la Costituzione, la legge non può essere applicata.
Vi è in questo ragionamento l’idea della giustizia costituzionale, nel senso
che, quando vi è una Costituzione superiore, necessariamente l’ordinamento deve prevedere un organo che abbia il potere di giudicare se una
legge è contrastante con la Costituzione.
Superiorità della Costituzione, invalidità della legge contrastante con
la Costituzione, giustizia costituzionale come strumento per giudicare della legge contrastante con la Costituzione, sono tutti principi connaturati
con il costituzionalismo moderno. Tuttavia essi, per potersi compiutamente realizzare, necessitano di precondizioni storiche e sociali che consentano l’esercizio del potere costituente. Quando vi è lotta per la conquista della sovranità, quando vi sono conflitti sociali radicali, il potere costituente non può correttamente esercitarsi perché manca il fondamento
primo della Costituzione: l’idea che essa è espressione di tutti e non di
una parte sociale o di un sovrano. Come si vedrà tra breve, infatti, mentre
gli Stati Uniti continueranno nella strada tracciata da Marbury v. Madison,
la restaurazione nell’Europa continentale porterà ad un ritorno indietro
dei modelli costituzionali.
1887 ARANGIO-RUIZ G., Del potere costituente, Napoli; 1902 ROMANO S., L’instaurazione di fatto di un ordinamento costituzionale e la sua legittimazione, in
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ACQUARONE A., Due Costituenti settecentesche. Note sulla Convenzione di Filadelfia e sulla Assemblea Nazionale francese, Pisa; 1968 BARILE P., Potere costituente, ad vocem, NssDI, XIII; 1968 MODUGNO F., Poteri (divisione dei), ad vocem, NssDI, XIII; 1980 TROPER M., Séparation des pouvoirs et l’histoire constitutionnelle française, in Librairie générale de droit et de jurisprudence, Paris; 1984
SCHMITT C., Dottrina della Costituzione, Milano, (tr. it. dall’ed. del 1928); 1985
GRASSO P.G., Potere costituente, ad vocem, ED, XXXIV; 1986 DOGLIANI M., Il po-
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Costituzione e potere costituente
tere costituente, Torino; 1988 ZAGREBELSKY G., La giustizia costituzionale, Bologna;
1989 DOGLIANI M., Costituente (potere), ad vocem, DDP, IV; 1992 SIEYÈS E.J., Che
cosa è il Terzo Stato?, Roma, (tr. it. dall’ed. del 1789); 1995 ANGIOLINI V., Costituente e costituito nell’Italia repubblicana, Padova; 2001 BOGNETTI G., La divisione dei
poteri, Milano; 2001 FIORAVANTI M., La scienza del diritto pubblico. Dottrine dello
Stato e della Costituzione tra Otto e Novecento, Milano; 2001 HÄBERLE P., Potere
costituente (teoria generale), ad vocem, EG, Agg., IX; 2006 GRASSO P.G., Il potere
costituente e le antinomie del diritto costituzionale, Torino.
3. La Costituzione nelle monarchie dualiste e nel primo dopoguerra
Con la restaurazione, infatti, in Europa mutano i presupposti delle Costituzioni, perché i Sovrani ritornano sulla scena con ampi poteri. Nondimeno essi non sono più i Sovrani assoluti del periodo pre-rivoluzione
francese: “concedono” infatti le Costituzioni alla borghesia, classe sociale
emergente, cosicché le Costituzioni divengono strumenti di limitazione
dello stesso potere sovrano.
Le Costituzioni di questo periodo sono definibili come dualiste, perché la sovranità è contrastata tra il Re e una determinata classe sociale.
Non siamo ad un completo ritorno al passato, poiché queste Costituzioni
non sono accordi particolari tra il Sovrano e singoli componenti della società, ma pretendono di disciplinare, con una certa compiutezza, l’ordinamento dello Stato, l’organizzazione dei poteri, alcuni diritti di libertà.
Tuttavia, esse sono carenti dei presupposti per poter essere considerate
Costituzioni nel senso moderno del termine.
In primo luogo tali Costituzioni non sono il frutto dell’esercizio del
potere costituente. In un modello dualistico nel quale la sovranità è contrastata tra due parti non può esservi esercizio del potere costituente, poiché ognuna delle due parti ritiene di poter essere la vera titolare della sovranità.
In secondo luogo non è dalla Costituzione che deriva il potere, ma al
contrario è dato per implicito che il potere preesiste nel Re e quest’ultimo si limita semplicemente a sottoporlo ad alcune limitazioni attraverso
lo strumento costituzionale. Ciò implica, tuttavia, che il potere incardinato nel Sovrano, esterno e preesistente alla Costituzione, è superiore rispetto alla Costituzione stessa. Donde la conseguenza che il potere del Sovrano, a sua volta, non è un potere costituito, perché non deriva dalla Costituzione ma preesiste ad essa. Del resto le controversie storiche circa la
possibilità per il Sovrano di revocare le Costituzioni costituiscono le conseguenze giuridiche di questo presupposto. Se il potere del Sovrano preesiste alla Costituzione, infatti, la Costituzione deriva dal Sovrano, che
come la concede la può allo stesso tempo revocare.
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Costituzioni
dualiste non
espressione
del potere
costituente
Il potere non
deriva dalla
Costituzione
La Costituzione
La
Costituzione
non è
superiore
Non può
esservi un
sistema di
giustizia
costituzionale
Costituzioni
primo
dopoguerra
sovranità
indecisa
In terzo luogo, e come conseguenza, le Costituzioni ottocentesche non
hanno quel carattere di superiorità tipico delle Costituzioni moderne. È
logico che così fosse: in un modello fortemente dualistico e contrapposto
le due parti preferiscono avere la possibilità di modificare liberamente i
contenuti dell’accordo a seconda del crescere della propria forza politica.
La Costituzione superiore avrebbe alla fine costituito un ostacolo allo sviluppo della vita politica e all’evolversi di quei rapporti di forza. L’evoluzione storica di quelle forme di governo dimostra questo postulato. Nate
come modelli costituzionali ad assoluta predominanza del Sovrano si
evolveranno verso un predominio (più o meno accentuato) del Parlamento. Da un sistema dualistico si passerà quindi, senza alcuna modifica formale della Costituzione, ad un sistema monistico, e quindi in definitiva
alla vittoria della classe borghese sul Sovrano.
In quarto luogo, se la Costituzione non è superiore, non può esistere
un sistema di giustizia costituzionale. Il presupposto della giustizia costituzionale, come abbiamo visto in Marbury v. Madison, sta proprio nell’idea che “la Costituzione è la legge suprema immodificabile con i mezzi ordinari” e che quindi “la legge contraria alla Costituzione non è una legge”.
Nelle Costituzioni ottocentesche, dominate dal dualismo e dalla sovranità
indecisa, la difesa della Costituzione non poteva essere delegata ad un terzo (giudice). Al contrario, ciascuna parte dell’accordo era in qualche misura custode della Costituzione per gli aspetti di proprio interesse.
In definitiva, queste Costituzioni avevano solo il contenuto definibile
come costituzionale, ma non la forza o la forma, né gli strumenti di garanzia.
Per ragioni diverse anche le Costituzioni del primo dopoguerra presentano caratteri di dualismo e di sovranità indecisa, che non consentono
quella stabilità necessaria all’affermarsi di una Costituzione nel senso moderno.
Il suffragio universale aveva portato sulla scena politica le masse popolari e con le masse popolari le organizzazioni sindacali e i grandi partiti.
La stabilità dello Stato la si ricercava attraverso il compromesso tra queste
nuove forze sociali e le forze conservatrici, cosicché la Costituzione, in
quel contesto, aveva lo scopo di cercare il difficile equilibrio tra queste
forze tra loro antagoniste. Si trattava dunque, anche in questo caso, di
Costituzioni a sovranità indecisa, che lasciavano aperta allo scontro politico proprio la questione fondamentale della spettanza della sovranità.
La Costituzione della Repubblica di Weimar del 1919 rappresenta perfettamente questo modello. Era una Costituzione che riconosceva moltissimi diritti (specialmente diritti sociali e riforme economiche), ma allo
stesso tempo rinviava la loro attuazione a politiche legislative successive.
Era una Costituzione fortemente bilanciata da un punto di vista della distribuzione dei poteri, ma lasciava aperta la possibilità di un “supremo
reggitore dello Stato” in una eventuale crisi.
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Costituzione e potere costituente
La stabilità della Costituzione si basava, in sostanza, sul permanere di
un equilibrio complesso tra due forze opposte. E questo equilibrio era
necessariamente transitorio, con la conseguenza che la Costituzione era a
sua volta fisiologicamente instabile, potendo pendere da una parte o dall’altra a seconda della forza politica dei contendenti.
1946 MORTATI C., Introduzione alla Costituzione di Weimar, ora in Scritti, IV,
Milano, 1972; 1950 BURDEAU G., Il regime parlamentare nelle costituzioni europee del dopoguerra, con prefazione di M. S. Giannini, Milano; 1962 GHISALBERTI C., Costituzione (premessa storica), ad vocem, ED, XI; 1970 ELIA L., Governo (forme di), ad vocem, ED, XIX; 1973 MORTATI C., Lezioni sulle forme di
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moderne, Milano; 1988 ZAGREBELSKY G., La giustizia costituzionale, Bologna;
1995 MERLINI S., Il governo costituzionale, in ROMANELLI R. (a cura di), Storia
dello Stato italiano, Roma; 2004 DE VERGOTTINI G., Diritto costituzionale comparato, Padova.
4. Le Costituzioni contemporanee e la rigidità come tratto caratterizzante
Le Costituzioni che si affermano dopo la seconda guerra mondiale e
dopo le dittature fascista e nazista presentano un carattere nuovo. Le forze politiche che sono uscite dalla guerra e dalla dittatura si ispirano certo
ad ideologie diverse ed a diversi modelli di Stato, ma per la prima volta vi
è la consapevolezza, comune a tutte queste forze, della necessità di dover
ricostituire una società dove tutte le componenti possano trovare una loro
articolata collocazione. Questo dato di fatto costituisce un elemento nuovo, poiché in tutte le epoche precedenti il fenomeno sociale (o la esistenza
di un determinato modello sociale) era un fatto presupposto e preesistente alla Costituzione, al quale quest’ultima tentava di adattarsi. La guerra
mondiale e la inesistenza di un ordine giuridico pregresso al quale fare riferimento, aveva invece condotto ad una situazione nella quale era la stessa società che doveva essere ricostituita, con la conseguenza che la Costituzione doveva allora svolgere il compito sia di rifondare l’ordinamento
giuridico dello Stato, sia di indirizzare, in qualche misura, anche la ricostruzione della società.
Le Costituzioni, per conseguenza, si allungano molto, ricomprendendo
valori e principi comuni a tutte le forze politiche, e soprattutto divengono
anche programmi sociali, all’interno dei quali ciascuna forza politica esercita un ruolo e fa propria una parte del programma. Questi modelli costi13
Necessità di
ricostruire la
società
Costituzioni
contengono
anche
programmi
sociali
La Costituzione
Scompare la
lotta per la
sovranità
Costituzione
garanzia del
nuovo
sistema
sociale
Superiorità
della
Costituzione
garantita con
rigidità
tuzionali sono normalmente detti dello Stato pluralista, perché sono caratterizzati da una pluralità di forze politiche, da una pluralità di valori e
interessi, che convivono tutti con eguale dignità all’interno della Costituzione.
Il cambiamento rispetto alle Costituzioni dell’ottocento e del primo
dopoguerra è tuttavia evidente. Mentre quelle, per ragioni diverse, erano
caratterizzate da un accentuato dualismo finalizzato alla lotta per la sovranità, nelle Costituzioni contemporanee la lotta per la sovranità scompare all’interno di una società pluralista ma egualmente legittimata. Anzi,
in queste Costituzioni l’esistenza di un accentuato pluralismo fa sì che sia
proprio la categoria concettuale della sovranità a modificare i suoi fondamenti. La evoluzione storica dei modelli costituzionali, dalle monarchie
assolute, alle monarchie costituzionali, sino alle Costituzioni del primo
dopoguerra, si fondava sulla esistenza di un potere “ultimo”, che la Costituzione poteva servire a limitare, regolare, confinare, ma che non poteva
comunque essere eliminato perché esistente nei fatti (il potere del Re), o
nella società (il dualismo della repubblica di Weimar).
Nelle Costituzioni contemporanee questo potere non c’è più: tutte le
componenti politiche e sociali hanno accettato il compromesso costituzionale e sono dunque parti di quell’accordo. Ciò non significa, tuttavia,
che in queste Costituzioni non vi sia conflitto tra parti sociali o forze politiche. Significa invece che il conflitto non è distruttivo come lo era un
tempo, perché è ricondotto all’interno di una Costituzione che è accettata
da tutte le forze politiche.
Questa situazione, che è storica e sociale ma non ancora giuridica,
produce conseguenze giuridiche importanti sulle caratteristiche della Costituzione.
In primo luogo le Costituzioni divengono il luogo nel quale custodire
il compromesso sul quale si fonda, ad un tempo, il nuovo sistema sociale e
il nuovo ordinamento giuridico. In altre parole, posto che nessuna delle
forze politiche e sociali si ritiene detentrice del potere ultimo, o lotta per
avere tale potere ultimo, come accadeva in passato, la Costituzione può
svolgere il ruolo di garantire quel nuovo sistema sociale e quel nuovo ordinamento giuridico. Ma se la Costituzione deve poter svolgere questa
funzione, essa deve anche essere necessariamente superiore ai poteri che
essa stessa disciplina (poteri costituiti).
Inoltre, la “superiorità” della Costituzione diviene un elemento così
importante da non poter essere affidata a soli elementi sostanziali e materiali impliciti in questo atto (come in Marbury v. Madison). Occorre invece garantire la superiorità della Costituzione attraverso regole giuridiche,
che prevedano la possibilità di una sua modificazione attraverso un procedimento particolare, aggravato e complesso. Le Costituzioni divengono
pertanto rigide, intendendo con questo aggettivo la possibilità di essere
modificate solo con un procedimento speciale aggravato.
14
Costituzione e potere costituente
La rigidità costituisce dunque una garanzia che possiamo definire formale e procedimentale della Costituzione. Per conservare il patto sociale
non ci si affida solo alla “naturale” e intrinseca superiorità della Costituzione, ma si vuole garantire quel patto sociale con strumenti giuridici che
ne rendano difficile la modificazione. Superiorità e rigidità sono dunque
due concetti simili, ma non completamente coincidenti; maturano storicamente nello stesso periodo e sono tra loro complementari, ma derivano
da ragioni diverse e perseguono fini non speculari.
La superiorità della Costituzione è in effetti conseguenza dell’esercizio
del potere costituente. Quando si verificano le condizioni, storiche e sociali, per l’esercizio del potere costituente, la Costituzione è necessariamente un atto superiore. Tutti gli atti che vengono dopo la Costituzione
sono costituiti e quindi inferiori, perché nella Costituzione trovano la loro
fonte di legittimazione: la superiorità è dunque un concetto collegato alla
natura dell’atto e non alla sua forma.
La rigidità della Costituzione afferisce invece alle regole procedimentali per modificare la Costituzione al fine di renderne più complessa la
eventuale modifica: è dunque una garanzia sia della superiorità che della
stabilità nel tempo della Costituzione.
Poiché poi le Costituzioni contemporanee sono superiori e rigide,
un’altra caratteristica tipica è la previsione, in questi modelli, di sistemi di
giustizia costituzionale.
La giustizia costituzionale deriva logicamente dalla superiorità e dalla
rigidità della Costituzione. Se la legge deriva dalla Costituzione ne deve
rispettare il contenuto. Se non ne rispetta il contenuto significa che essa
modifica la Costituzione. Ma la Costituzione, che è superiore perché
espressione del potere costituente, non può essere modificata da un potere costituito (ragione sostanziale). Inoltre, come si è detto sopra, la Costituzione è rigida, cioè può essere modificata solo con un procedimento aggravato diverso da quello per approvare le leggi. Dunque una legge, approvata con un procedimento ordinario, non può modificare la Costituzione (ragione formale).
Occorre quindi, in questi modelli costituzionali, un sistema che consenta di giudicare sulla legittimità di una legge nei confronti della Costituzione.
1934 ESPOSITO C., La validità delle leggi, rist. Milano, 1964; 1951 BARILE P., La
Costituzione come norme giuridica, Firenze; 1964 LAVAGNA C., Le costituzioni rigide, Roma; 1981 PINELLI C., Costituzione rigida o costituzione flessibile nel pensiero dei costituenti italiani, Milano; 1985 NANIA R., Il valore della Costituzione,
Milano; 1992 ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, Torino; 1996 PACE A., La causa della
rigidità costituzionale, Padova; 1996 ZAGREBELSKY G., Storia e Costituzione, in
ZAGREBELSKY G.-PORTINARO P.P.-LUTHER J. (a cura di), Il futuro della Costituzione, Torino; 1997 BIGNAMI M., Costituzione flessibile, costituzione rigida e controllo
15
Rigidità
garanzia
formale e
procedimentale
Rigidità
garanzia della
superiorità e
della stabilità
Giustizia
costituzionale
conseguenza
della
superiorità e
della rigidità
La Costituzione
di costituzionalità in Italia (1848-1956), Milano; 1997 VIVIANI SCHLEIN M.P., Rigidità costituzionale. Limiti e graduazioni, Torino; 2000 VOLPE G., Il costituzionalismo
del Novecento, Roma; 2001 FIORAVANTI M., La scienza del diritto pubblico: dottrine dello Stato e della Costituzione tra Otto e Novecento, Milano; 2004 DI GIOVINE
A., Le tecniche del costituzionalismo del Novecento per limitare la tirannide della
maggioranza, in BRAVO G.M. (a cura di), La democrazia tra libertà e tirannide della maggioranza nell’Ottocento, Firenze; 2004 GAMBINO S., Il costituzionalismo del
Novecento, in Scritti Pensovecchio Li Bassi, Torino.
5. Prime distinzioni di sintesi: Costituzioni flessibili e rigide, Costituzioni lunghe e brevi, formali e materiali
Passaggio da
Costituzioni
flessibili a
rigide
Costituzioni
brevi tipiche
di modello
dualistico
Dalla rapida descrizione di questa evoluzione possiamo trarre alcune
definizioni giuridiche che caratterizzano le Costituzioni.
Le Costituzioni possono essere innanzitutto flessibili o rigide.
Sono Costituzioni flessibili quelle Costituzioni che sono modificabili
attraverso la legge ordinaria e che, per converso, non prevedono un procedimento aggravato per la loro modifica. Al contrario sono Costituzioni
rigide quelle Costituzioni che prevedono un procedimento aggravato per
la loro modifica, e che quindi non possono essere modificate da leggi ordinarie.
Come è stato descritto, il passaggio dalle Costituzioni flessibili alle Costituzioni rigide è conseguenza della evoluzione storica e sociale. Nei periodi di accentuato dualismo e di lotta per la sovranità le Costituzioni erano
flessibili, poiché le parti non intendevano delegare ad uno strumento normativo superiore le modalità di composizione di quei conflitti. Viceversa
nel dopoguerra, venuta meno la lotta per la sovranità, le Costituzioni divengono lo strumento per garantire il “nuovo patto sociale”, e dunque vengono rese rigide per conservare nel tempo quello stesso patto sociale.
Le Costituzioni poi possono essere brevi e lunghe. La distinzione è in
sé banale. Sono Costituzioni brevi quelle Costituzioni composte da un
numero limitato di articoli; sono Costituzioni lunghe quelle Costituzioni
composte da un numero elevato di articoli.
Anche questa distinzione tuttavia è da un lato collegata ai fatti della
storia, e dall’altro lato è indice di un “modello” di Costituzione.
Le Costituzioni brevi sono infatti tipiche di un modello ancora dualistico. Le parti decidono reciprocamente di disciplinare alcuni rapporti di
potere ed alcuni diritti ritenuti fondamentali attraverso lo strumento costituzionale. Le Costituzioni brevi sono allora caratteristiche del periodo
liberale ottocentesco, quando i rapporti tra Sovrano e borghesia sono
“fluidi” e non si intendeva delineare, attraverso lo strumento costituzionale, un assetto complessivo della struttura sociale.
16
Costituzione e potere costituente
Le Costituzioni lunghe sono invece tipiche della società contemporanea e sono collegate anche al modificarsi della forma di Stato.
In primo luogo queste Costituzioni intendono determinare un assetto
organico della società. Esse sono infatti Costituzioni nate da un accordo
complessivo tra tutte le forze politiche e sociali e dunque disegnano un
modello di organizzazione del potere e del sistema dei diritti nel quale
tutti possano riconoscersi.
In secondo luogo esse sono collegate al nascere dello Stato sociale contemporaneo. Quando lo Stato assume su di sé il compito di rimuovere e
di perequare, per quanto possibile, le differenze materiali tra i cittadini
(come ad esempio avviene nella Costituzione italiana con l’art. 3 2° comma conosciuto come “principio di eguaglianza sostanziale”) per raggiungere questo obiettivo devono essere svolti nuovi compiti e funzioni. Le
Costituzioni si allungano quindi al sociale e alla determinazione di “valori” che lo Stato stesso deve perseguire.
In terzo luogo le Costituzioni contemporanee non si limitano normalmente a dettare norme di tipo “verticale”, cioè relative al solo rapporto
Stato-cittadino, ma dettano anche norme di tipo “orizzontale”, cioè relative ai rapporti tra cittadini. Anche questa evoluzione, che provoca un ulteriore allungamento della Costituzione, è conseguenza del modello di
Stato sociale, del principio di eguaglianza materiale, dei fini perequativi
che lo Stato si prefigge.
Per contro bisogna avere attenzione alle Costituzioni troppo lunghe.
Le Costituzioni troppo lunghe sono la “spia” di un modello costituzionale
spesso non generalmente condiviso. La mancata condivisione di valori di
fondo, di una visione complessiva della società, tende infatti a produrre
una normazione di dettaglio articolata e pervasiva. Le Costituzioni non
devono disciplinare fattispecie concrete come il codice civile, ma devono
bensì stabilire la cornice di principi e di valori all’interno della quale si
collocheranno le altre norme. Se la Costituzione sembra un codice civile
probabilmente non è una Costituzione: esempi di Costituzioni troppo
lunghe le abbiamo infatti in presenza di società fortemente disomogenee
(ad esempio la Costituzione indiana è composta da oltre 900 articoli) o
quando manchi ancora una visione comune condivisa.
Si distingue poi normalmente tra Costituzione formale e Costituzione
materiale (quest’ultima a sua volta distinguibile in materiale in senso
stretto o in senso largo).
La Costituzione formale è data dall’intero sistema delle norme costituzionali. È la Costituzione scritta in tutti gli articoli che la compongono, e
che può essere modificata solo attraverso il procedimento di revisione costituzionale.
La scrittura della Costituzione, senza essere indispensabile per la definizione
di una normativa come costituzionale, contribuisce tuttavia a rafforzare l’idea del
17
Costituzioni
lunghe tipiche
della società
contemporanea
Costituzioni
contemporanee
norme orizzontali
Costituzione
formale
La Costituzione
suo rispetto e la sua conoscenza. Come sottolineò Schmitt, la scrittura della Costituzione mette in risalto la sua dimostrabilità e la sua stabilità. Attraverso la Costituzione scritta, inoltre, aumenta la possibilità di controllo e di limitazione del
potere da parte di tutti gli interessati. Inoltre, nella storia delle Costituzioni, la
scrittura serviva anche a manifestare in maniera più netta e visibile la rottura con
l’ordinamento precedente. La scrittura ha svolto questa funzione nella Costituzione americana, quando la rivoluzione contro l’Inghilterra rese in qualche misura necessaria anche la stesura di un documento che fosse in contrapposizione con
la storia giuridica inglese. Anche nella rivoluzione francese la scrittura della Costituzione costituì, tra l’altro, un momento per sancire la rottura con l’ancient regime.
Costituzione
materiale
La Costituzione materiale in senso stretto è quella parte della Costituzione cui le forze politiche dominanti danno attuazione e ritengono di dover applicare in un determinato momento storico.
Questa definizione fu coniata in Italia nel 1940 da Mortati, La Costituzione in
senso materiale. Essa riprendeva le idee di Schmitt espresse nel 1928 nel volume
Verfassungslere, e rispecchia una fase storica segnata da concezioni autoritarie
della Costituzione. Mortati partiva dall’idea che le forze politiche dominanti, in
un determinato momento storico, tendono a conformare la struttura dello Stato
in funzione delle finalità che si prefiggono di raggiungere. Conseguentemente esse saranno portate ad attuare quella parte della Costituzione, definita materiale,
che coincide con gli interessi delle forze politiche al potere. La obbligatorietà della Costituzione è pertanto correlata solo a quella parte della Costituzione che in
un determinato momento storico si ritiene di dover applicare, e cioè alla Costituzione formale che coincide con la Costituzione materiale.
La Costituzione materiale in senso largo può essere definita come il
substrato storico e sociale che, in qualche misura, “sta sotto” la Costituzione, la rende legittima ed applicabile.
Anche questa distinzione è in fondo implicita nella descrizione storica
che abbiamo effettuato circa i vari modelli di Costituzione. Una Costituzione è infatti indissolubilmente collegata ad un determinato modello sociale e
politico del quale è espressione. Quando questo modello sociale e politico
dovesse rompersi, la Costituzione formale che ne è espressione rischierebbe
di trasformarsi in un guscio vuoto, poiché quei valori generalmente condivisi che essa contiene non sarebbero più riconosciuti come tali.
Il concetto di Costituzione materiale, sia in senso stretto che in senso
largo, deve tuttavia essere interpretato in maniera restrittiva ed in qualche
misura “estrema”. Ovviamente non ogni modifica del sistema politico e
sociale costituisce cambiamento della Costituzione materiale con conseguente svuotamento della Costituzione formale. Altrimenti le Costituzioni, perdipiù rigide, sarebbero uno strumento inutile a fronte di tensioni e
cambiamenti sociali che sono inevitabili – ed anche auspicabili – in un
orizzonte temporale di lungo termine.
18
Costituzione e potere costituente
La rottura della Costituzione materiale indica invece una frattura così
importante del modello sociale ed organizzativo, che la Costituzione formale non è più in grado di contenere. Una frattura di questo genere si verificò, ad esempio, durante il periodo fascista, che si impose di fatto e attraverso leggi ordinarie, ma senza abrogare il preesistente statuto albertino. In quel caso poteva ben dirsi che la Costituzione materiale aveva preso il sopravvento e svuotato la Costituzione formale (lo statuto albertino
appunto) che era di fatto disapplicato.
Al di fuori di casi estremi di rottura il concetto di Costituzione materiale ci ricorda come la Costituzione non vive di vita propria, staccata da
un modello sociale e politico. Al contrario, il modello sociale e politico –
la Costituzione materiale – contribuisce alla evoluzione interpretativa della Costituzione, la riempie di significati, consente che un testo redatto nel
passato possa adattarsi a fenomeni nuovi e non prevedibili.
1940 MORTATI C., La costituzione in senso materiale, Milano; 1948 GUARINO G.,
Materia costituzionale, costituzione materiale, leggi costituzionali, in DG, 36 ss.;
1975 CRISAFULLI V., Costituzione, ad vocem, EN, I, Roma; 1980 ROLLA G., Riforme
delle istituzioni e costituzione materiale, Milano; 1982 BARTOLE S., Costituzione materiale e ragionamento giuridico, in DS, 605 ss.; 2012 MORBIDELLI G., Costituzioni e
Costituzionalismo, in MORBIDELLI G.-PEGORARO L.-REPOSO A.-VOLPI M. (a cura di),
Diritto pubblico comparato, Bologna.
6. Sintesi del capitolo
In questo capitolo si è definita la Costituzione come superiore, stabile,
contenente norme e valori ritenuti fondamentali e i principi sulla organizzazione dello Stato. Le Costituzioni antiche non avevano queste caratteristiche, trattandosi di documenti negoziati tra due parti contrapposte per
regolare transitoriamente i reciproci rapporti di forza. Quando vi sono situazioni nelle quali la sovranità è contrastata è molto difficile che si possano avere Costituzioni stabili e superiori perché ciascuna parte ritiene di
essere il titolare della sovranità (Par. 1).
Le Costituzioni con le caratteristiche moderne le ritroviamo infatti dopo le rivoluzioni francese ed americana, quando per la prima volta la sovranità si impernia sul popolo che si ritiene legittimato ad esercitare il potere costituente (cioè il potere di darsi una Costituzione). Quando ciò accade la Costituzione non è più il frutto di una negoziazione tra due parti
entrambi titolari della sovranità (con effetti necessariamente transitori),
ma diviene invece lo strumento ritenuto da tutti come la base dell’ordinamento giuridico. Il potere costituente si estingue alla approvazione del19
La Costituzione
la Costituzione, dopodiché tutti i poteri sono definiti come costituiti, poiché traggono forza e legittimazione dalla Costituzione. Se essi traggono
forza e legittimazione dalla Costituzione, ne consegue che quest’ultima è
necessariamente superiore alle altre norme, mentre le altre norme debbono a loro volta rispettare la Costituzione (Par. 2).
Nel periodo della restaurazione si verificò un ritorno ad un modello di
Costituzione transitorio, perché il ritorno al potere dei Sovrani fece sì che
essi si ritenessero nuovamente i titolari della sovranità. Anche le Costituzioni del primo dopoguerra non sono stabili, perché al dualismo tra sovrano e classe borghese si sostituì un dualismo, altrettanto distruttivo, all’interno della società (Par. 3).
Dopo la seconda guerra mondiale la distruzione dell’ordinamento giuridico preesistente, unito alla pari legittimazione delle forze politiche che
uscivano dalla guerra, creò le condizioni per un nuovo esercizio del potere costituente. Le Costituzioni nate in questo periodo sono dette pluraliste, perché contengono pluralità di valori, tutela delle minoranze, strumenti di garanzia. Le Costituzioni del dopoguerra sono anche Costituzioni rigide, con ciò intendendosi che occorre un procedimento speciale per
modificarle, e sono Costituzioni lunghe, perché trattando non soltanto i
rapporti tra Stato e individuo (come nelle Costituzioni liberali) ma anche i
rapporti tra individui (c.d. orizzontali), contengono un numero più ampio
di norme rispetto alle precedenti. Esse inoltre sono Costituzioni che delineano il c.d. Stato sociale, e quindi disciplinano un numero molto più elevato di diritti dell’individuo nei confronti dello Stato (Par. 4).
Le Costituzioni poi si distinguono in formali e materiali. Sono formali
le Costituzioni scritte che possono essere modificate solo con il procedimento di revisione costituzionale. Costituisce invece la Costituzione materiale l’insieme dei rapporti, sociali e politici, che stanno alla base di una
Costituzione formale e che ad essa attribuiscono cogenza (Par. 5).
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