01 Tallarico 15x21 1-10 - Cittadinanzattiva Pavia

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01 Tallarico 15x21 1-10 - Cittadinanzattiva Pavia
I.R.C.C.S. Policlinico “S. Matteo” - Pavia
Il Cittadino
e la Salute
L’assistenza sanitaria
Diritti e doveri
L’ospedale
Tribunale per i diritti del malato
A cura di GIUSEPPE TALLARICO
Coordinatore dell’associazione “Cittadinanzattiva Assemblea territoriale di Pavia - Onlus”
Da un’idea di
Provincia di Pavia
Comune di Pavia
CITTADINANZaTTIVA - Onlus
Segreteria regionale della Lombardia - Tribunale per i diritti del malato
Il Cittadino e la Salute
Guida pratica destinata alle famiglie
di Pavia e provincia,
che informa sui vari servizi sanitari
✓ Per offrire una panoramica sulle figure
del nostro sistema sanitario
✓ Per informare con semplicità e chiarezza
sulle loro funzioni
✓ Per facilitare i rapporti fra l’utente
e le strutture a cui ci si rivolge
✓ Perchè i cittadini siano più consapevoli
dei propri diritti e doveri
N.B. - Questa guida pratica nasce dalla consapevolezza e la necessità di dare
un’informazione utile alle famiglie del territorio di Pavia e provincia, ed è per
questo che viene distribuita gratis. Alle stesse famiglie diciamo che gratis è anche l’operato di coloro che l’hanno caparbiamente realizzata, che sono i volontari dell’associazione CittadinanzAttiva Assemblea territoriale di Pavia - Onlus,
che vive delle risorse derivanti unicamente da progetti utili, che non ricorre a
nessuna questua, ma che utilizza anche delle “offerte volontarie” dei cittadini
che ci onorano di tali aiuti (anche modesti), quale premio-valutazione di merito
al nostro operare, tipo la realizzazione de: “Il cittadino e la salute”.
Eventuali offerte potranno essere effettuate tramite semplice vaglia postale intestato
a: CittadinanzaAttiva Assemblea Territoriale di Pavia - Onlus - Via dei Mille, 130 - 27100 Pavia
o tramite Banca Regionale Europea sul c.c. n. 323/30175.
(Le offerte sono tutte detraibili come previsto dall’art. 15 comma 1, lettera I-bis del D.p.R. n. 917/86)
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N.B. Le informazioni che integrano il testo “base” sono costituite da parti integrali e/o
suntate dal libro “Salute e diritti dei cittadini - Cosa sapere e cosa fare” di Teresa Petrangolini, Segretario Generale di CittadinanzAttiva già Segretario Nazionale del Tribunale per i diritti del malato (a cui si rimanda anche per le note bibliografiche).
© Copyright Editori Riuniti - via Alberico II, 33 - 00193 Roma
È per questo che invitiamo i cittadini interessati ad una maggiore conoscenza e ad un
possibile impegno civico nell’Associazione CittadinanzAttiva - Onlus, regionale, locale,
ad acquistare il testo in vendita presso tutte le librerie, e così ottimizzare l’informazione contenuta ne “Il cittadino e la salute”.
In modo particolare si ringraziano il Commissario Straordinario dell’I.R.C.C.S. “S.
Matteo” di Pavia, il Direttore Sanitario, il Direttore Scientifico, che, accordandoci il primo contributo, hanno dato certezza alla prima ristampa aggiornata de “Il cittadino e la salute” finalizzato ad una corretta oltre che necessaria informazione alle famiglie di Pavia e provincia.
Tutti i diritti sono riservati a:
CittadinanzAttiva - Onlus sede nazionale - Segretario Generale Teresa Petrangolini
CittadinanzAttiva - Onlus della Regione Lombardia - Segretario Andreina Valentino
CittadinanzAttiva Assemblea territoriale di Pavia - Onlus - Coordinatore Giuseppe Tallarico
Il testo “base” è nato da un’idea di: CITTADINANZATTIVA - Tribunale per i diritti del malato Segreteria regionale della Lombardia
Stampa: Coop. Soc. “Il Giovane Artigiano” - Pavia - e-mail: [email protected]
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Questa guida pratica viene dedicata con il dovuto ossequio a
“Il medico del mondo - dott. Carlo Urbani”
Il 29 marzo 2003 tutto il mondo conosce il nome di un italiano: Carlo Urbani, medico
morto quella mattina in un ospedale di Bangokok, di Sars. Dirigente dell’Organizzazione
mondiale della sanità, era responsabile per le malattie infettive e tropicali in Cambogia,
Laos e Vietnam.
Ma quando i medici dell’ospedale di Hanoi gli chiedono aiuto per curare un americano
affetto da una strana, violentissima forma di polmonite, Carlo Urbani non ha incertezze:
benché non rientri nei suoi compiti, indossa nuovamente il camice bianco. E’ il primo a capire di trovarsi di fronte a un nuovo virus, la Sindrome respiratoria acuta grave, il primo a isolarlo e a lanciare l’allarme. Uno dei primi a morirne.
Carlo Urbani non era un eroe che voleva stupire il mondo. Il medico di Castelplanio
(quel 29 marzo l’Italia ha conosciuto anche questo piccolo paese delle Marche) si sentiva in
dovere di visitare quel malato perché fin da ragazzo aveva scelto di aiutare chi aveva bisogno.
Era partito per l’Africa, era tornato, era stato medico di base nel suo paese, stava per diventare primario nel reparto di malattie infettive dell’ospedale di Macerata. Ma per lui fare il medico significava soprattutto dare voce a chi non ce l’ha.
Voleva ribellarsi all’ingiustizia di un mondo nel quale chi non ha denaro non ha diritto
ai farmaci e alle cure.
Dal 1996 nei Mèdecins sans frontières, nel 1999 è diventato presidente per l’Italia di
questa associazione, e nello stesso anno ha fatto parte della delegazione che ha ritirato a
Oslo il premio Nobel per la Pace.
Questa dedica è parte del libro “Il medico del Mondo - Vita e morte di Carlo Urbani” di
Jenner Meletti - Ed. Il Saggiatore, nel quale c’è il racconto della sua battaglia, nelle parole
di chi gli è stato più vicino: la moglie e i figli, la madre, gli amici, i colleghi che lasciano gli
ospedali “in cui si fanno convegni sulla caduta dei capelli” per andare in luoghi dove i bambini muoiono perché manca l’acqua potabile.
Un libro dedicato a un uomo che nella vita ha fatto molte cose. Per portare avanti il suo
grido di dolore contro l’indifferenza, e non certo per arricchirsi alle spalle dei pazienti. Il seguito è parte di una lettera scritta ad un’amico:
“Sono cresciuto inseguendo il miraggio di incarnare i sogni. E ora credo di esserci riuscito. Ho fatto dei miei sogni la mia vita e il mio lavoro. Anni di sacrifici (non mi sono mai accorto di guadagnare soldi, anche perché li ho sempre spesi tutti in questo investimento) mi
permettono oggi di vivere vicino ai problemi, a quei problemi che mi hanno sempre interessato e turbato. Quei problemi oggi sono anche i miei, in quanto la loro soluzione costituisce la
sfida quotidiana che devo accettare. Ma il sogno di distribuire accesso alla salute ai segmenti più sfavorevoli delle popolazioni è diventato oggi il mio lavoro. E in quei problemi crescerò
i miei figli, sperando di vederli consapevoli dei grandi orizzonti che li circondano, e magari
vederli crescere inseguendo sogni apparentemente irraggiungibili, come ho fatto io.”
“Quando verrete là, diceva, capirete di essere una nullità. Una goccia d’acqua nel deserto. Ma capirete quanto quella goccia sia necessaria”.
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CittadinanzAttiva
Assemblea territoriale di Pavia - Onlus
c/o Ufficio Animazione Anziani - Via dei Mille, 130
27100 Pavia - Tel. 0382. 531743 - Fax 0382.531224
E-mail: [email protected] - Sito web: www.cittadinanzattiva.pavia.it
c/c n° 323/30175 Banca Regionale Europea
Coordinatore dell’Assemblea: p.i. Giuseppe Tallarico
Vice-Coordinatore: Rag. Lorenzo Dellapiana
Attività: favorisce e stimola tutte le azioni che sono poste in atto dai cittadini e/o associazioni di volontariato per definire, comunicare e far valere i propri diritti, i
propri punti di vista in ordine alle questioni di rilevanza pubblica e sociale sopratutto quando esse riguardano la tutela dei diritti e la qualità della vita.
Servizi offerti: ascolto dei bisogni della cittadinanza relativa organizzazione e
tutela dei diritti lesi attraverso il funzionamento e continuo sviluppo delle sue
“reti” strumenti indispensabili per esercitare e rendere certa l'azione di tutela dei diritti sanciti dalle leggi.
Aree di intervento: in particolare è sul fronte della tutela dei diritti nella sanità,
nella pubblica amministrazione, nella giustizia, nel governo del territorio, nella formazione, che CittadinanzAttiva non ha soltanto reclamato, ma sperimentato per i cittadini, un ruolo da protagonisti. Infatti, fin dall’inizio essa ha
operato per prevenire, limitare o rimuovere posizioni di sofferenza, di soggezione, di sudditanza, situazioni di disagio e di discriminazione, pericoli per le
libertà personali e collettive, attentati alla integrità fisica, psichica, alla dignità delle persone.
Come siamo organizzati: per rispondere alle molte problematiche che agli argomenti di interesse comune, CittadinanzAttiva si è organizzata in un sistema
di reti che sono:
Rete-Collegi dei Procuratori dei cittadini: nati nel 1992 sono una rete di
difesa civica che si occupa dei servizi di pubblica utilità;
Rete-Tribunale per i diritti del malato: nato nel 1980 operano per la tutela dei diritti nei servizi sanitari e/o assistenziali attraverso la ricerca delle soluzioni utili per rimuovere situazioni di sofferenza inutile;
Rete-Giustizia per i diritti: attiva dal 1990 la rete fatta da professionisti del
diritto (avvocati, medici legali, specialisti) che attuano la difesa legale per la
tutela dei diritti lesi nel mondo della giustizia e sanità;
Rete-Coord.to Pavese delle associazioni malati cronici: pone le problematiche della cronicità al centro dei servizi sanitari ed assistenziali;
Rete-Scuola di cittadinanza attiva (formata da insegnanti, ecc.): mira a rispondere alla crescente domanda di formazione ed aggiornamento dei cittadini per migliorare la loro capacità d'intervento nelle politiche di tutela e salvaguardia e difesa del territorio e dei beni comuni.
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Recensioni Autorità
Vi sono iniziative, e questa è tra le più meritevoli di attenzione, che sanno valorizzare ciò che c’è e soprattutto intendono orientare il cittadino utente quando si
pone un bisogno di grande impatto sulla persona e sulla famiglia, sia in tema di
salute che di assistenza.
L’informazione è la base della conoscenza.
Con la conoscenza delle possibili soluzioni, sul terreno della socio-sanità, si
giunge all’uso migliore delle risorse messe in campo in particolari settori della sanità e della assistenza. Il progetto dell’Associazione CITTADINANZATTIVA Assemblea territoriale di Pavia - Onlus è tanto più significativo perché frutto della
iniziativa di una ONLUS, di una realtà del privato sociale, che interviene in modo sussidiario e diretto per aiutare chi è in difficoltà.
In questa occasione la Pubblica Amministrazione, l’Ospedale in particolare,
ma la cittadinanza intera, non possono che essere grati di questa libera manifestazione di attenzione e servizio, che giunge a fornire in modo dettagliato i consigli più importanti, le informazioni indispensabili all’utenza per una molteplice casistica di criticità e di soluzioni.
Ad esempio si passa dalla azione. di prevenzione all’approccio delle patologie
più invalidanti, dalla ricetta, la donazione degli organi, al Voucher socio sanitario,
sempre con la preoccupazione di affermare “di che si tratta, come fare, che cosa è?”.
Un modo diretto di interagire e di proporre percorsi, con linguaggio semplice,
è l’immedesimazione nei problemi dell’utente.
Tali problemi sono infine esaminati sia sotto il profilo socio sanitario sia sotto
quello socio assistenziale, mostrando in modo esemplare la centralità della persona i cui bisogni sono di natura complessa, e che vanno visti nell’ottica della attenzione alla molteplicità e alla integrazione delle risorse, dei percorsi e delle soluzioni.
Il mio Assessorato augura a questa iniziativa il successo che si riserva a ogni
iniziativa veramente utile al cittadino e alla Pubblica Amministrazione e che migliora l’indubbia esigenza di comunicazione e di informazione.
L’Assessore alla famiglia e alla Solidarietà Sociale
GIAN CARLO ABELLI
Ricerca scientifica e sviluppo della medicina mettono a disposizione del cittadino risultati sempre nuovi; chi usufruisce del servizio reso dalla medicina si trova a vivere in una società sempre più complessa ed intricata. Ben venga questo
compendio di conoscenze che mette ordine in una materia vasta ed in continuo divenire.
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Il segno che dà questo manuale è anche un altro: non posso interessarmi della
mia salute personale senza avvertire che tutte le persone hanno diritto alla cura ed
al rispetto per il loro corpo. Vi è un dovere di solidarietà nei confronti di tutti.
E poi: tanto più si vigila sulla salute del cittadino quanto più si impara a riflettere sul più complessivo e generale diritto alla vita e alla vita buona. Cresca in
ciascuno il decisivo impegno a dare un significato al tempo della propria vitalità
e al tempo della propria debolezza. Per comprendere meglio se stessi e accogliere
sempre l’altro con attenzione e rispetto.
† MONS. GIOVANNI GIUDICI
Vescovo di Pavia
È con vero piacere che osservo come ancora una volta “CittadinanzAttiva” si
confermi quale associazione dinamica, efficiente ed impegnata a rendere un servizio alla collettività.
L’idea di realizzare un vademecum di orientamento al complesso mondo della
Sanità è lodevole, tanto più che le recenti innovazioni normative ed organizzative all’interno del sistema sanitario rendono il cittadino confuso ed incerto rispetto ai percorsi che deve intraprendere per accedere alle varie prestazioni. E questa sensazione contribuisce ad accrescere la difficenza verso le Istituzioni da parte dei cittadini.
Ed in qualità di cittadino, prima ancora che il Prefetto, mi auguro che questa
guida abbia una grande diffusione e che di pari passo cresca la conoscenza e la consapevolezza dei propri diritti e dei propri doveri, da parte di tutti, finalità che persegue con tenacia “CittadinanzAttiva” e che le Istituzioni non possono non assecondare.
Già Prefetto di Pavia
DOTT. DOMENICO GORGOGLIONE
I cittadini hanno diritto ad essere informati di ciò che li riguarda direttamente; senza l’informazione nessun processo di reale informazione è realizzabile.
Questo principio, letto dalla parte delle Istituzioni, ci aiuta inoltre a capire
quanto un’organizzazione pubblica sia aperta e disponibile a fornire le informazioni sul proprio funzionamento e sui servizi che possono venire richiesti dall’esterno.
Così come una migliore comunicazione interna ed esterna aiuta a realizzare
servizi orientati al cittadino.
È a partire da questi assunti che prende avvio l’elaborato di CittadinanzAttiva, che è il frutto di un paziente lavoro di tessitura di rapporti fra i numerosi attori che operano in campo socio sanitario.
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L’augurio è che anche questa iniziativa possa rappresentare un’ottima premessa a una collaborazione fra i soggetti che operano nella nostra comunità, a una
messa in rete delle rispettive esperienze, specificità, culture, visioni, responsabilità.
L’Assessore alle Politiche Socio Educative
della Provincia di Pavia
GEOM. VITTORIO BRAGA
L’impegno e la sollecitudine costantemente espressi da CittadinanzAttiva rispetto a tutti i temi di interesse collettivo connessi alla tutela dei diritti delle persone, con speciale attenzione alla salute e all’assistenza socio-sanitaria, trovano
ulteriore conferma in questa nuova guida di Pavia e provincia. “Il cittadino e la salute” rappresenta infatti un compendioso strumento per informare e rendere più
consapevole ogni persona delle leggi, delle strutture, dei servizi che regolano l’offerta di assistenza sanitaria, per meglio orientarsi nei contatti con il mondo della
sanità e per affrontare piccole grandi emergenze e vecchi e nuovi problemi legati
alla salute. Sembra ancor più importante avere a disposizione questa guida proprio a Pavia che offre poli sanitari di eccellenza per i quali la nostra città è meta
e riferimento per persone provenienti da tutta Italia: se è vero infatti che la salute è un diritto per tutti, tale diritto non può essere disgiunto da quello ad
un’informazione attenta e puntuale che consenta a ciascuno di conoscere i diritti,
doveri, opportunità e limiti su cui fondare le proprie azioni a tutela della salute.
Ringraziamo quindi CittadinanzAttiva Assemblea Territoriale di Pavia - Onlus,
non solo per questa ulteriore testimonianza di sensibilità e di impegno su un fronte delicato ed importante ma anche e soprattutto per l’infaticabile costanza con cui
conduce una pacifica battaglia di civiltà nell’interesse di tutti e di ciascuno.
Il Sindaco di Pavia
DOTT. ANDREA ALBERGATI
Aderire all'invito di partecipare fattivamente a tanto lodevole iniziativa è stato, per noi, un piacere ed un onore.
CittadinanzAttiva è ormai, per il Policlinico “San Matteo”, un interlocutore insostituibile, che accoglie chiunque lamenti un torto od un vero e proprio danno alla salute, che ne valuta preventivamente la concretezza e, quindi, si propone come
intermediario, ormai fatto esperto e, dunque, davvero efficace ed efficiente. Anche
nel sollecitarci a modificare comportamenti a volte non proprio virtuosi, ad una sfida continua verso l’eccellenza, professionale ed umana.
CittadinanzAttiva è, inoltre, una fucina inesauribile di idee strabilianti, volte
a diffondere una nuova cultura, che parte dalla conoscenza dei bisogni, per arri-
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vare alla consapevolezza delle reali potenzialità, anzitutto individuali.
CittadinanzAttiva ha meritoriamente investito sui giovani, che saranno il sostegno dei futuri anziani ed, insieme, gli educatori dei ragazzi di domani.
A loro ed alle loro famiglie si rivolge questo volume, preziosa fonte di informazioni anzitutto pratiche, utilissime allorché la salute sembri o sia in pericolo ed
il tempo, quindi, appaia come risorsa ancor più apprezzata da conservare. I giovani vi troveranno, però, anche i Principi, sui quali si fondano i diritti e le libertà fondamentali della persona, sana e malata, sui quali meditare e crescere, facendo
esercizio di solidarietà e partecipazione.
Il Direttore Sanitario d’Azienda
I.R.C.C.S. Policlinico S. Matteo - Pavia
DOTT.SSA LUIGINA ZAMBIANCHI
Il valore della salute, intesa come bene prezioso per ogni cittadino, trova indubbiamente in questa iniziativa di CittadinanzAttiva un supporto utilissimo per
la salvaguardia di quello stato di equilibrio psico-fisico e sociale che permette ad
ognuno di noi di vivere ed operare in questa società nelle condizioni migliori per la
realizzazione della propria persona.
La salute, come è ormai riconosciuto, non è solo un diritto del cittadino, peraltro sancito dall’art. 32 della nostra Costituzione, ma è anche un dovere, sia della collettività che di ogni individuo.
Ognuno, consapevole del proprio ruolo nella famiglia e nella società in cui vive, deve responsabilmente salvaguardare il proprio stato fisico e psichico dalle numerose insidie che, con varie modalità, caratterizzano il nostro tempo. Esporsi consapevolmente ai noti fattori di rischio è, sul piano etico, riprovevole ed è causa di
un notevole dispendio di risorse preziose per la cura di chi, senza colpa, è colpito
da gravi patologie.
La dettagliata serie di informazioni contenuta in questa “guida” ad uso dei cittadini costituisce un momento rilevante di educazione alla salute e di educazione
civica, non privo di implicazioni e valenze di carattere etico e deontologico.
Per tutte queste ragioni desidero esprimere il più vivo apprezzamento per questa pregevole iniziativa di CittadinanzAttiva, alla quale auguro tutto il successo
che merita.
Il Presidente del Comitato di Bioetica
I.R.C.C.S. Policlinico S. Matteo di Pavia
PROF. ARTURO MAPELLI
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INDICE
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
11. La Costituzione Italiana - Diritti e doveri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
12. Carte dei diritti - cosa sono . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
13. Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
14. Carta dei diritti alla persona - Sezione Europea O.M.S. . . . . . . . . . . . . . . . . .
15. Carta europea dei diritti del malato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
16. Carta della Cittadinanza attiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
17. Le leggi Regionali della Lombardia per i diritti del malato . . . . . . . . . . . . . . .
18. L’Assistenza Sanitaria - Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.) . . . . . . . . . . . .
19. Carta dei servizi pubblici sanitari (A.S.L.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10. Informazione sanitaria - Principi dei diritti e doveri di informazione . . . . . . .
– Generale * Diritti e doveri del cittadino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Il consenso “ valido” ( informato ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Ufficio U.R.P. (Relazioni con il pubblico) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Ufficio P.T. (Pubblica tutela) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– L’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Medico di famiglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Pediatra di famiglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– La Carta Regionale dei servizi (elettronica) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– La Guardia Medica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Il Servizio del 118 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Le cure all’estero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– La ricetta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Le vaccinazioni per l’infanzia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Assistenza farmaceutica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Assistenza integrativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Handicap . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Assistenza protesica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Le esenzione del ticket sui farmaci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Invalidità civile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Servizio di medicina legale e preventiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Servizio tossicodipendenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Servizio veterinario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Consultorio per il sostegno alla famiglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Corsi di preparazione al parto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Spazio giovani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Adozione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Affido familiare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Mediazione familiare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
11. L’Ospedale - Ricovero ospedaliero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– L’accettazione - documenti e modalità di accesso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Il ricovero: ordinario - programmato - urgente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Il percorso chirurgico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Consigli generali per il paziente che affronta un intervento chirurgico . . . .
– Day Hospital . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Day Surgey . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– A chi rivolgersi durante il ricovero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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– La dimissione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– La guarigione: completa - parziale - trasferimento - volontà propria - morte
– Come tutelarsi in caso di dimissioni forzate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
12. La cartella clinica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
13. Il Pronto Soccorso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
14. La donazione degli organi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– La donazione del sangue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Il trapianto allogenico di Cellule Staminali Emopoietiche . . . . . . . . . . . . . .
– La Banca del sangue del cordone ombelicale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
15. I diritti del bambino - Accoglienza nel Pronto soccorso pediatrico . . . . . . . . .
16. L’anziano ed i suoi diritti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– A.D.I. Assistenza Domiciliare Integrata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– O.D. Ospedalizzazione Domiciliare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Ricoveri nelle R.S.A. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Assistenza presso l’Hospice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Progetti per il “Sollievo” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Strutture per le lungodegente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Il Voucer socio-sanitario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– I farmaci e l’anziano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
17. La gravidanza ed il parto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
18. La salute mentale e Dipartimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
19. Il diritto della salute in carcere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
20. Il disagio familiare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– La droga . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– La sieropositività . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Don Enzo e la Comunità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
21. La terapia del dolore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
22. Le piaghe da decubito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
23. ALTRE IMPORTANTI INFORMAZIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Non solo S.A.R.S. (Severe Acute Respiratory Sindrome) . . . . . . . . . . . . . . .
– Il malato oncologico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Cardiopatia ischemica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Codice Europeo contro il cancro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– La prevenzione del rischio cardiovascolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– L’Ictus cerebrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Epilessia e sue cause . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Farmaci: uso - conservazione - scadenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Alcol - Farmaci - Droghe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Uso dei farmaci denominati “GENERICI” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Vale la pena curarsi da soli? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Le liste di attesa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Cosa deve sapere (e fare) un cittadino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– Il corretto uso dell’Intramoenia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– La tutela della salute On-line . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– www.sanita.it (sito della Sanità nazionale) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
– www.sanita.lombardia.it (sito della Sanità della Regione Lombardia) . . . . .
– www.asl.pavia.it (sito della Azienda Sanitaria Locale) . . . . . . . . . . . . . . . . .
– www.cittadinanzattiva.it (sito di CittadinanzAttiva - Onlus nazionale) . . . .
– www.cittadinanzattiva.pavia.it (sito Assemblea territoriale di Pavia-Onlus)
– La tutela e l’attuazione pratica dei diritti negati all’ammalato . . . . . . . . . .
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Introduzione
La salute degli italiani, quindi la nostra salute, è buona e l’allungamento della vita dimostra che essa migliora nel tempo; la conferma ci viene data da una prevalente e buona qualità della vita che si gode anche negli ultimi anni della vecchiaia.
Acquisita questa certezza però, ci siamo mai chiesti da cosa può dipendere tutto questo?
Per prima cosa dipende dalla nostra volontà e dal nostro attaccamento alla vita, dalla nostra sempre più vigile attenzione alle buone regole per conservare la salute, senza dimenticare che è anche una questione di conoscenze e relativo utilizzo
dei risultati della scienza e dei suoi grandi traguardi raggiunti, sia nella ricerca
medica di base che clinica ed alle sue prospettive di ulteriori conoscenze (capacità
nell’utilizzo delle cellule staminali, ecc.), con la necessaria consapevolezza che, per
quanto più certezze ci vengono rese disponibili, queste, non potranno mai vincere
tutte le malattie e la morte.
La fortuna, che non tutti gli italiani però considerano e/o conoscono, è che, nel
tempo, i nostri “governanti” ci hanno dotato di un Servizio Sanitario Nazionale che
molte altre nazioni al mondo ci invidiano, sia per la sua polivalenza che per la garanzia di assistenza, che su tutto il nostro territorio è a disposizione di ogni cittadino italiano e non.
Si parte infatti dalla certezza-ausilio di un medico di famiglia per i cittadini
adulti ed il pediatra di fiducia per i più piccoli, mentre l’assistenza ospedaliera,
nell’essenziale garantita a tutti, è disponibile sul territorio attraverso la presenza
di centri sanitari di diverso livello e specializzazione, che colmano anche con certezze ed eccellenze le sempre più onerose necessità (leggi trapianti) al punto che ogni
italiano può non preoccuparsi più di tanto delle spese nell’affrontare una grave nalattia, cosa che invece accade negli U.S.A. ed in altri paesi ritenuti all’avanguardia
nella nostra stessa Europa.
Per tutto questo, e fatti salvi sempre i casi di malasanità – pochi di sistema e
nella maggioranza dovuti a comportamenti di singoli – la qualità dell’assistenza
negli interventi necessari e indispensabili garantiti a tutti (seppure differenziata
sul territorio) è mediamente di buon livello se si considera che la spesa, pari al 6%
del PIL, è tra le più basse in Europa.
Accertato tutto ciò, perché quasi 1 cittadino su 2, se intervistato, si dichiara insoddisfatto del suo Servizio Sanitario Nazionale?
Una delle ragioni è che la qualità dell’assistenza non viene ancora misurata e/o
resa pubblica quanto dovuta e quindi non viene percepita nella giusta misura, e con
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ragione. Il cittadino-paziente-utente non si sente al centro delle cure, ritiene che medici e operatori sanitari, in genere, pur occupandosi delle sue malattie, lo trascurano sul piano umano, non comunicano adeguatamente e/o a sufficienza con lui, non
lo informano nella giusta misura – com’è suo diritto – circa le condizioni della sua
salute: si sente trascurato anche nella sua individualità perché spesso si sente dire
semplicemente “firmi qui”. Tale disagio è meno avvertibile nelle strutture sanitarie
a pagamento, anche se, in queste, lo stesso paziente affronta altri rischi.
L’ospedale, risorsa-necessità estrema-preziosa, deve rispondere idealmente e
nella organizzazione alla primaria necessità di porre al centro l’ammalato (ora anche cliente) con tutte le sue problematiche, garantendo fin dove possibile, il suo bisogno di assistenza, senza dimenticare l’economicità generale delle spese di intervento.
Accanto alla struttura ospedaliera, anche ad alta tecnologia, è sempre più necessaria la presenza di luoghi di ricovero e cura che soddisfino e ridiano dignità alle lungodegenze sia per la riabilitazione che per altre innumerevoli, imprevedibili
e sempre più complesse esigenze. Vista la rapidità di rinnovamento ed arricchimento delle conoscenze mediche, è necessario che chi andrà a lavorare e/o gestire
tali strutture siano medici ed operatori sanitari sempre più preparati nella loro
specificità, al fine di risultare sempre più efficaci nello svolgimento della loro mansione.
È bene precisare però che anche il cittadino-ammalato è chiamato a collaborare con il S.S.N. ed i suoi operatori sanitari, operando alla necessità scelte sempre
più ponderate, sempre nella consapevolezza dei limiti delle risorse sanitarie di cui
necessita, al fine di non sprecarle e quindi ottenerne il massimo beneficio con il minimo rischio.
La scelta del cittadino-ammalato potrà essere effettuata in modo accorto 1) se
sarà superata dal ponderato consiglio-indirizzo del medico di fiducia-famiglia (di
cui si auspica vivamente una più adeguata considerazione di ruolo, visto l’utilizzo
sempre più inappropriato di questi ultimi tempi) e degli specialisti consultati; 2) se
sarà accompagnata da un’ampia informazione sulle malattie e relative cure, sugli
esami diagnostici e naturalmente sull’ubicazione dei servizi sanitari disponibili sul
suo territorio; 3) se sarà sostenuta da una nuova linea di comunicazione che deve
far dialogare efficacemente tra loro, il cittadino-ammalato, gli operatori sanitari, i
medici, gli ospedali.
Ciò ridarà fiducia al nostro Servizio Sanitario Nazionale (e così se ne eviterà
uno eventuale smantellamento).
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1. La Costituzione Italiana - Diritti e doveri
Il fondamento giuridico del diritto alla salute è sancito dall’art. 32 della Costituzione italiana che riconosce alla salute la duplice natura di diritto fondamentale del cittadino e di dovere della collettività.
Art. 32
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non
per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti
dal rispetto della persona umana”.
Per questo, è fondamentale che tutti i cittadini prendano coscienza sia dei propri diritti che dei doveri, e s’impegnino a tutelarli avvalendosi di quanto previsto
nell’ultimo comma dell’art. 118.
Art. 118
“Stato, regioni, province, città metropolitane e comuni favoriscono l’autonoma
iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla base del principio di sussidiarietà”.
2. La Carte dei diritti - cosa sono
Le carte dei diritti hanno preso l’avvio negli anni ’80, come risposta dal basso
alle carenze, alle violazioni e ai disservizi del servizio sanitario, e la loro produzione è proseguita negli anni ’90. Questo percorso però non ha portato al riconoscimento formale generale delle carte medesime (fu presentata nell’86 una legge in
Parlamento, che però non fu mai approvata). Nonostante questo, esse continuano a
rappresentare un riferimento essenziale per la tutela dei diritti dei cittadini in campo sanitario in Italia, in Europa, nel mondo.
Le caratteristiche delle Carte dei diritti
In ambito sanitario, in questi anni, sono nate circa 90 carte dei diritti del cittadino malato. La prima di queste risale al 1980 e fu proclamata a Roma su iniziativa del Tribunale per i diritti del malato.
Sull’esempio di questa prima Carta dei 33 diritti del cittadino malato sono nate le altre nelle diverse zone d’Italia. È comunque stato sempre difficile fare un
elenco dei diritti contenuti nelle carte, tanto che nel 1994
lo stesso Tribunale per i diritti del malato tentò di fare una prima lista dei diritti contenuti in tali documenti.
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Ne venne fuori un elenco di 100 diritti raggruppabili nei seguenti 15 gruppi:
21. La competenza e la professionalità degli operatori. In questa area sono compresi diritti come quelli relativi al ricevere una diagnosi preventiva, accurata
e coscienziosa o ad essere seguito dal medico di famiglia in ospedale.
22. La qualità e la adeguatezza della assistenza. Ad esempio: ricevere la terapia
con continuità, quindi anche la domenica, o avere una risposta tempestiva al
suono del campanello.
23. L’efficacia delle strutture di pronto soccorso, dal trasporto alle attrezzature
tecniche.
24. L’eliminazione di sprechi di tempo e di denaro, quali le file, le attese e gli
adempimenti burocratici, il pagamento delle mance, l’assistenza notturna a
pagamento.
25. La deospedalizzazione, con il diritto ad usufruire dei day hospital e dell’assistenza domiciliare.
26. L’adeguatezza delle strutture e delle strumentazioni, con le necessarie garanzie di sicurezza contro infezioni e radiazioni; la possibilità di usufruire di
ascensori, carrozzine e di tutto ciò che necessita a un malato per muoversi; la
eliminazione delle barriere architettoniche.
27. Il rispetto della dignità e dei diritti delle persone, che prevede il diritto al pudore, alla privacy circa la propria cartella clinica, al proprio nome, ad usufruire di sistemi di chiusura dei gabinetti e della possibilità di non spogliarsi in
pubblico, alle pari opportunità in base al sesso, alla religione, alla nazionalità,
ecc.; a non essere ingiuriati e insultati, ad essere rispettati anche se detenuti.
28. La protezione dei soggetti deboli, in particolare dei soggetti non autosufficienti, degli anziani, dei tossicodipendenti, delle partorienti, degli emodializzati,
dei malati di Aids, dei malati di mente.
29. L’informazione, circa la diagnosi, la terapia e il dolore da sopportare, circa le
sperimentazioni cliniche, circa la possibilità di accedere alla propria cartella
clinica, nonché il diritto a interagire con personale dotato di cartellino di riconoscimento o a conoscere anticipatamente gli onorari dei medici.
10. La salvaguardia dei ritmi di vita dei cittadini, con particolare riguardo alla
sveglia, ai pasti, con la possibilità di utilizzare sale di socializzazione, ad usare il telefono, ad orari di visita adeguati.
11. Il comfort, con categorie di diritti che riguardano l’igiene, il numero dei letti
per stanza, l’adeguatezza del proprio posto letto (campanello, materassi e cuscini comodi, armadietti, ecc.), il numero e lo stato dei servizi igienici, la qualità del cibo e della dieta.
12. La tutela dei diritti e la partecipazione, con il diritto al riconoscimento del danno subìto, ad essere rappresentati dalle organizzazioni civiche, ad essere tutelati in caso di sciopero, a partecipare a momenti di contrattazione.
13. La tutela del parto, con riferimento alla natura non patologica del parto, il diritto alla presenza del bambino accanto alla madre, all’uso delle tecniche innovative, alla presenza di un congiunto.
14. L’accoglienza del bambino malato, con la presenza del familiare, di una sala
14
giochi, la possibilità di proseguire la scuola, la possibilità di ridurre i ricoveri
e il tempo della loro durata.
15. Il rispetto della morte, con la possibilità per i parenti di riavere le spoglie in
tempi brevi, la garanzia del rispetto della dignità dei malati terminali, la disponibilità di locali adeguati per le fasi finali della vita e per la camera ardente.
Successivamente, a seguito delle diverse manovre di contenimento della spesa sanitaria, si è sentita l’esigenza di produrre una nuova carta, finalizzata a dettare le regole per conciliare le esigenze di risparmio con la necessità di migliorare
la qualità e la accessibilità dei servizi. Si riporta qui di seguito una sintesi del Protocollo nazionale sul servizio sanitario con l’indicazione di 14 nuovi diritti, che integrano quelli già elencati.
3. Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea
(varata il 7 dicembre 2000 in occasione del Consiglio Europeo di Nizza)
(estratti degli articoli attinenti la salute)
Art. 3 - Diritto all’integrità della persona
“Ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica. Nell’ambito
della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: il consenso
libero e informato della persona interessata, secondo le modalità previste dalla
legge; il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare di quelle aventi come scopo la selezione delle persone; il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in
quanto tali una fonte di lucro; il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri
umani”.
Art. 35 - Protezione della salute
“Ogni individuo ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali.
Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana”.
4. Carta dei diritti alla persona
Sezione europea O.M.S “Organizzazione Mondiale della Sanità”
Accanto a questo accresciuto interesse delle istituzioni comunitarie nel riconoscere e salvaguardare i diritti dei cittadini in ambito sanitario, deve essere ricordato il ruolo della sezione europea dell’Organizzazione mondiale della sanità,
che nel 1994 ha emanato una Carta dei diritti del paziente.
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Secondo tale Carta, il cui testo è emerso dopo un lungo lavoro di consultazione che ha coinvolto anche le organizzazioni dei cittadini dei diversi paesi, ivi compresa l’Italia, ogni persona ha diritto:
• a essere rispettata come essere umano;
• all’autodeterminazione;
• all’integrità fisica e mentale e alla sicurezza;
• al rispetto della propria privacy;
• a vedere rispettati i propri valori morali, culturali e religiosi;
• a ottenere adeguate misure per la prevenzione delle malattie e per la cura della salute.
Nella Carta viene sancito inoltre:
• il diritto all’informazione;
• la necessità del consenso a tutti gli interventi terapeutici;
• il diritto al rispetto della riservatezza;
• il diritto ad avere cure adeguate e di qualità;
• il diritto a non essere discriminato nelle cure per nessun motivo;
• il diritto alla libera scelta del medico e delle cure;
• il diritto ad avere un sostegno durante le cure da parte dei familiari;
• il diritto alla dignità e a morire con dignità;
• il diritto alla tutela dei propri diritti attraverso propri rappresentanti.
Risulta evidente da tale testo la volontà da parte dell’Oms di farsi portavoce
di quell’insieme di diritti, presenti nel comune sentire del cittadino europeo, manifestando la volontà di porsi in sintonia con le aspettative degli utenti dei servizi. È infatti significativo ritrovare tra i diritti riconosciuti non solo molti di quelli
contenuti nelle carte locali prodotte in Italia, ma anche la facoltà di partecipare
mediante i propri rappresentanti. A tale proposito una particolare citazione merita il Consiglio d’Europa che in una recente raccomandazione ha ribadito tali disposizioni invitando gli Stati membri a favorire la partecipazione dei cittadini nei
processi decisionali in materia sanitaria a livello nazionale, regionale e locale.
I trattati dell’Unione europea
Innanzitutto è necessario prendere in considerazione il Trattato di Maastricht, firmato nel 1993, in cui si dichiara, al titolo X, articolo 129:
“La Comunità contribuisce ad assicurare un livello elevato di protezione della
salute umana incoraggiando la cooperazione fra gli Stati membri e, se necessario,
appoggiando le loro azioni.
L’azione della Comunità riguarda la prevenzione delle malattie, specialmente
quelle di grande rilevanza, compresa la tossicomania, favorendo la ricerca sulle loro cause e la loro trasmissione cosi come l’informazione e l’educazione in materia
di sanità sono una componente delle altre politiche della Comunità”.
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È da sottolineare il fatto che è la prima volta che la sanità appare esplicitamente in quanto tale in un trattato generale dell’Unione europea. Il tipo di impegno indicato riguarda in modo particolare la prevenzione delle malattie, mentre
non si fa accenno ad un impegno più diretto a tutela dei diritti dei cittadini malati. Deve essere ricordato che la competenza delle istituzioni comunitarie in ambito sanitario è limitata dal “principio di sussidiarietà", in base al quale la gestione
dei sistemi sanitari resta affidata alla autonomia dei singoli Stati.
5. Carta europea dei diritti del malato
Presentata a Bruxelles il 15 Novembre 2002 (frutto di un lavoro di gruppo
promosso da Active Citizenship Network - programma di politica europea di CittadinanzAttiva - discusso e sottoscritto da 11 paesi europei).
Malgrado le loro differenze, i sistemi sanitari nazionali dei paesi della Unione
europea mettono a rischio gli stessi diritti di pazienti, consumatori, utenti, famiglie, soggetti deboli e comuni cittadini.
Quindi, malgrado le solenni dichiarazioni sul “Modello sociale europeo” (il diritto all’accesso universale ai servizi sanitari), numerose sono le limitazioni che
mettono in discussione l’effettività di questo diritto.
Come cittadini europei non accettiamo che i diritti possano essere affermati in teoria e poi negati in pratica a causa dei limiti finanziari. Questi, benché giustificati, non possono legittimare la negazione o la messa in discussione
dei diritti dei pazienti. Noi non accettiamo che questi diritti possano essere proclamati nelle leggi e poi non attuati, o peggio, affermati nei programmi elettorali ma subito dimenticati dopo la formazione di un nuovo governo.
In breve, ogni sistema sanitario nazionale dei paesi dell’Unione europea si
presenta in modo differente con riguardo ai diritti dei pazienti.
Essi possono avere carte dei diritti dei malati, specifiche leggi, regolamenti
amministrativi, carte dei servizi, istituzioni come il difensore civico, procedure come quelle conciliative. Altri possono avere, addirittura, niente di tutto questo.
In ogni caso però, la presente Carta può aumentare il livello di protezione dei
diritti dei malati e dei cittadini nei contesti nazionali che favorisca i diritti dei pazienti e dei cittadini. Ciò è della massima importanza, specialmente in relazione
alla libertà di movimento all’interno della Unione europea e al processo di allargamento di essa.
31. Diritto a misure preventive – Ogni individuo ha diritto a servizi appropriati a
prevenire la malattia.
32. Diritto all’accesso – Ogni individuo ha il diritto di accedere ai servizi sanitari
che il suo stato di salute richiede. I servizi sanitari devono garantire eguale accesso a ognuno, senza discriminazioni sulla base delle risorse finanziarie, del
luogo di residenza, del tipo di malattia o del momento di accesso al servizio.
33. Diritto all’informazione – Ogni individuo ha il diritto di accedere a tutti i tipi
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di informazione che riguardano il suo stato di salute e i servizi sanitari e come utilizzarli, nonchè a tutti quelli che la ricerca scientifica e la innovazione
tecnologica rendono disponibili.
34. Diritto al consenso – Ogni individuo ha il diritto ad accedere a tutte le informazioni che lo possono mettere in grado di partecipare attivamente alle decisioni che riguardano la sua salute. Queste informazioni sono un prerequisito
per ogni procedura e trattamento, ivi compresa la partecipazione alla ricerca
scientifica.
35. Diritto alla libera scelta – Ogni individuo ha il diritto di scegliere liberamente tra differenti procedure ed erogatori di trattamenti sanitari sulla base di
adeguate informazioni.
36. Diritto alla privacy ed alla confidenzialità – Ogni individuo ha il diritto alla
confidenzialità delle informazioni di carattere personale, incluse quelle che riguardano il suo stato di salute e le possibili procedure diagnostiche o terapeutiche,così come ha diritto alla protezione della sua privacy durante l’attuazione di esami diagnostici, visite specialistiche e trattamenti medico chirurgici in
generale.
37. Diritto al rispetto del tempo dei pazienti – Ogni individuo ha il diritto a ricevere i necessari trattamenti sanitari in un periodo di tempo veloce e predeterminato. Questo diritto si applica a ogni fase di trattamento.
38. Diritto al rispetto di standard di qualità – Ogni individuo ha il diritto di accedere a servizi sanitari di alta qualità, sulla base della definizione e del rispetto di precisi standard.
39. Diritto alla sicurezza – Ogni individuo ha il diritto di essere libero da danni
derivanti dal cattivo funzionamento dei servizi sanitari, dalla malpratica e dagli errori medici, e ha diritto di accesso a servizi di trattamenti sanitari che
garantiscono elevati standard di sicurezza.
10. Diritto alla innovazione – Ogni individuo ha diritto all’accesso a procedure innovative, incluse quelle diagnostiche, secondo gli standard internazionali e indipendentemente da considerazioni economiche o finanziarie.
11. Diritto ad evitare le sofferenze e il dolore non necessari – Ogni individuo ha il
diritto di evitare quanta più sofferenza possibile, in ogni sua fase di malattia.
12. Diritto ad un trattamento personalizzato – Ogni individuo ha il diritto a programmi diagnostici o terapeutici quanto più possibile adatti alle sue personali esigenze.
13. Diritto al reclamo – Ogni individuo ha il diritto di reclamare ogni qual volta
abbia sofferto un danno ed ha diritto di ricevere una risposta o un altro tipo di
reazione.
14. Diritto al risarcimento – Ogni individuo ha il diritto di ricevere un sufficiente
risarcimento in un tempo ragionevolmente breve ogni qual volta abbia sofferto un danno fisico ovvero morale e psicologico causato da un trattamento di un
servizio sanitario.
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6. Carta dei diritti della Cittadinanza attiva
I diritti contenuti in questa Carta si riferiscono all’individuo piuttosto che al
cittadino poichè i diritti fondamentali superano il criterio della cittadinanza. Tuttavia, ogni individuo che agisce per proteggere i suoi diritti e/o i diritti di altri esercita un atto di “cittadinanza attiva”.
Questi diritti sono collegati al diritto di associazione e di iniziativa civica, contenuti nell’art. 12, sez. 1, della Carta dei diritti fondamentali:
1. Diritto a esercitare attività di interesse generale.
2. Diritto a svolgere attività di tutela.
3. Diritto di partecipare al policy making nell’area della salute.
7. Le leggi regionali sui diritti del malato
Le leggi regionali sui diritti del malato costituiscono l’unico intervento organico del legislatore tendente a tutelare il cittadino nel suo rapporto con il servizio
sanitario. Infatti, come si è già detto, non esiste una legislazione nazionale specifica in materia, ma sono state le regioni, anche per il loro importante ruolo in ambito sanitario, a recepire molte delle istanze contenute nelle carte dei diritti.
La produzione normativa regionale in materia sanitaria è divenuta nel tempo
sempre più copiosa. Le numerose leggi regionali trattano sia dei diritti degli utenti dei servizi sanitari in generale, sia di condizioni particolari come quelle relative
ai bambini, alle partorienti o agli anziani. Molti dei diritti inseriti nelle leggi regionali sono ripresi dalle carte dei diritti prodotte precedentemente al livello locale o regionale.
Alcune delle leggi, in ordine di importanza, a tutela della salute, emanate dalla Regione Lombardia sono:
Legge Regionale n° 427 del 26 Marzo 1985 – “Riorganizzazione e programmazione dei servizi Socio-Assistenziali della Regione Lombardia”.
Legge Regionale dell’8 maggio 1987, n. 16 (pubblicato nel B.U. della
Regione Lombardia 1° Suppl. Ord. al n. 19 del 13 maggio 1987) - “La tutela della partoriente e la tutela del bambino in ospedale”.
Legge Regionale del 16 settembre 1988, n. 48 (pubblicata nel B.U. della Regione Lombardia - 212 - settembre 1988 n. 38, I.S.O.) - “Norme per la
salvaguardia dei diritti dell’utente del Servizio Sanitario Nazionale e istituzione dell’ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari e socio-assistenziali”.
Riordino del Servizio Sanitario Regionale
Legge Regionale n° 31 dell’11 Luglio 1997 – “Norme per il riordino del
Servizio Sanitario Regionale e sua integrazione con le attività dei Servizi Sociali”.
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Con questa legge la Regione Lombardia:
determina gli ambiti territoriali delle Aziende Sanitarie;
riordina la rete delle strutture ospedaliere;
definisce funzioni e compiti delle Aziende;
promuove l’integrazione delle funzioni sanitarie con quelle socio-assistenziali
di competenza degli enti locali (istituendo il Dipartimento ASSI, quale articolazione delle ASL);
e) promuove la piena parità di diritti e doveri tra i soggetti erogatori accreditati
di diritto pubblico e di diritto privato (enti non profit e soggetti privati) che concorrono alla realizzazione dell’integrazione socio-sanitaria.
La Regione esercita funzioni di legislazione e di programmazione, di indirizzo,
di coordinamento e controllo, di supporto nei confronti delle ASL e degli altri soggetti esercenti attività sanitarie e socio-assistenziali.
La Regione dispone in merito al reperimento delle risorse integrative del Fondo Sanitario Regionale e determina il livello di partecipazione alla spesa dei cittadini. Ogni triennio il Consiglio Regionale approva il Piano Socio-Sanitario, strumento di programmazione unico ed integrato.
La ASL a sua volta tutelano la salute dei cittadini garantendo i livelli assistenza definiti dalla programmazione sanitaria nazionale e regionale. Le Aziende
ospedaliere definite di rilievo nazionale e regionale, costituite alla data di entrata
in vigore della presente legge, conservano la loro natura giuridica.
Nessuna struttura pubblica o privata può esercitare attività sanitaria se priva di specifica autorizzazione rilasciata dalla Regione o dalla ASL. L’accreditamento è condizione inderogabile affinché siano posti a carico del Fondo Sanitario
Regionale gli oneri relativi alle prestazioni sanitarie e socio-assistenziali.
La Giunta Regionale delibera le condizioni e le modalità di accreditamento. Le
ASL e le Aziende Ospedaliere hanno personalità giuridica pubblica, autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile gestionale e tecnica. I diritti
dei cittadini e le modalità per il loro esercizio sono definiti dalla Crta dei Servizi,
da adottarsi sullo schema del DPCM del 19 maggio 1985 da ogni soggetto erogatore entro 180 giorni dalla costituzione dell’Azienda (fonte BURL n. 28 dell’11 Luglio 1997 - 2° co.).
N.B.: questa L.R. è stata modificata dalle seguenti: L.R n. 15/88 - L.G. n.
2/15/99 - L.G. n. 1/2/18/2000 - L.R. n. 3/17/26/28/2001 - L.R. n. 4/17/2002 - L.R.
3/11/2003 - L.R. n. 2/5/12/2004.
a)
b)
c)
d)
Regolamento Regionale n° 1 del 12 Giugno 1999 – Regolamento di funzionamento del Dipartimento per le attività socio-sanitarie integrate (Dipartimento ASSI) delle Aziende Sanitarie Locali, di cui all’art. 8, comma 10, della L.R.
n. 31/1997, che precisa: le ASL assicurano tramite il Dipartimento ASSI, l’esercizio delle attività socio-assistenziali ad esse attribuite dalla Regione o delegate dagli enti locali.
Agli effetti del presente regolamento rientrano tra tali attività quei servizi che
erogano prestazioni richiedenti una rilevante integrazione di operatori dell’area
20
sanitaria e sociale per:
a) la tutela della salute delle persone anziane, compresa la riabilitazione extraospedaliera e specificatamente l’assistenza domiciliare;
b) la prevenzione, cura e riabilitazione dei disabili;
c) la prevenzione e cura nell’area consultoriale materno-infantile e dell’età evolutiva;
d) la prevenzione, cura e riabilitazione della tossicodipendenza e alcooldipendenza;
e) le attività di reinserimento sociale dei disabili mentali;
f) la vigilanza e il controllo su: IPAB, associazioni e volontariato, persone giuridiche private operanti nel campo socio-assistenziale.
Il regolamento prevede inoltre che il Dipartimento sia articolato sul piano funzionale ed organizzativo nei seguenti servizi:
a) servizio famiglia; b) servizio disabili; c) servizio anziani; d) servizio delle dipendenze; e) servizio vigilanza
N.B.: Con DGR n. 48847 dell’1 Marzo 2000, la Giunta Regionale ha approvato l’atto di indirizzo alle aziende sanitarie per l’istituzione del Dipartimento Tecnico funzionale delle dipendenze da collocarsi all’interno del Dipartimento ASSI.
Il dipartimento tecnico-funzionale è stato individuato quale configurazione organizzativa adatta alla quale afferiscono le varie realtà coinvolte nell’area sociosanitaria e assistenziale della tossicodipendenza. A tale dipartimento compete la
programmazione, la gestione, la verifica, la valutazione delle azioni di contrasto
delle dipendenze (tutte le sostanze che provocano dipendenza, incluse quelle legali, tra cui in primo luogo l’alcol). Tale delibera non è stata pubblicata su BURL, ma
è stata inviata alle Aziende Sanitarie Locali ed è pubblicata su internet.
Sul sito della Direzione Generale Sanità sono inseriti elenchi di: Aziende Ospedaliere - ASL - Strutture di ricovero e cura - Terapie termali - Prestazioni ambulatoriali.
Normativa Regionale a sostegno della famiglia
Legge Regionale 6 Dicembre 1999, n. 23 “Politiche regionali per la famiglia” (B.U. 10/12/99, 1° suppl. ord.)
Art. 1 – La Regione, in osservanza degli artt. 2, 3, 31, 37, 38 e 47 della Costituzione, nonché della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo resa esecutiva ai
sensi della legge 27 maggio 1997 n. 176 (Ratifica ed esecuzione della convenzione
sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre1989), riconosce quale soggetto sociale politicamente rilevante la famiglia così come definita dagli articoli 29
e 30 della Costituzione, nonché quella composta da persone unite da vincoli di parentela, adozione o affinità.
Ai fini degli interventi previsti dalla presente legge il concepito è considerato
componente della famiglia.
Art. 2 – La Regione promuove il servizio pubblico alla famiglia e realizza
un’organica ed integrata politica di sostegno al nucleo familiare. A tal fine, nel rispetto delle convinzioni etiche dei cittadini, tutela la vita in tutte le sue fasi con
21
particolare attenzione alla gestante, al periodo prenatale e all’infanzia, favorisce
la maternità e la paternità consapevoli, la solidarietà fra le generazioni e la parità
tra uomo e donna, sostiene la corresponsabilità dei genitori negli impegni di cura
e di educazione dei figli, persegue la tutela della salute dell’individuo nell’ambito
familiare, attua, anche attraverso l’azione degli enti locali, politiche sociali, sanitarie, economiche e di organizzazione dei servizi finalizzate a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona
nella famiglia. (omissis).
Sul sito della Direzione Generale Famiglia e Solidarietà Sociale è possibile trovare tutte le informazioni relative alle normative nazionali e regionali ed ai contributi a favore delle famiglie, dei minori, dei cittadini con disabilità e delle persone anziane.
8. L’Assistenza Sanitaria
Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.)
Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è composto da tutte le strutture e le attività destinate a promuovere, mantenere e recuperare la salute fisica e psichica
della popolazione.
Il Ssn nasce nel 1978 con la legge 833. Questa legge attua il principio fondamentale della uguaglianza nell’accesso alle prestazioni per tutti i cittadini italiani. Da allora l’utilizzo dei servizi sanitari non è regolato dalla propria mutua di appartenenza, ma è correlato all’essere cittadino italiano. In sostanza con questa legge si dà attuazione definitivamente all’art. 32 della Costituzione italiana, che riconosce il diritto alla salute come diritto dei singoli e interesse della collettività e
impone allo Stato la realizzazione di questo obiettivo. Un altro principio fondamentale contenuto nella 833 è che il fine del Ssn è sia quello di curare, che di prevenire e riabilitare. Successivamente alla legge istitutiva del 1978, ci sono stati
cambiamenti della normativa iniziale, i più importanti dei quali sono stati il D.
Lgs. 502/92 e succ. mod. e il D. Lgs. 229/99. Queste disposizioni introducono nuovi criteri come l’aziendalizzazione delle strutture sanitarie, la regionalizzazione,
l’attenzione per la qualità delle prestazioni, la competizione tra pubblico e privato, l’introduzione di fondi integrativi e di criteri di gestione privatistica delle strutture.
L’attività del Servizio Sanitario Nazionale si svolge sul territorio nazionale
mediante una rete di Aziende ospedaliere e Aziende Sanitarie Locali (ASL), ciascuna delle quali fornisce servizi ad un gruppo di popolazione compreso fra 50.000
e 200.000 abitanti.
Possono essere iscritti al Servizio sanitario nazionale sia cittadini italiani sia
cittadini stranieri.
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Gli italiani
Cittadini con diritto all’iscrizione al Ssn: tutti i cittadini italiani che siano residenti in Italia, i lavoratori italiani temporaneamente all’estero per motivi di lavoro, i lavoratori frontalieri, i dipendenti pubblici in servizio all’estero, i militari
di leva, i detenuti, i lavoratori italiani con sede di lavoro in Italia e residenza all’
estero.
Le persone titolari di pensione italiana, residenti all’estero in ambito Ue, che
rientrino temporaneamente in Italia, sono assistiti con le stesse modalità dei cittadini della Ue (modello E 111); per chi risiede in paesi diversi dalla Ue vanno assicurate le cure per malattia, infortunio e maternità.
I cittadini italiani emigrati per motivi di lavoro e che abbiano la residenza definitiva all’estero (Aire) hanno diritto, per un periodo di 90 giorni, alle prestazioni
urgenti ospedaliere, per infortunio e maternità.
I cittadini italiani residenti all’estero e che rientrino temporaneamente in Italia hanno diritto alle prestazioni urgenti ospedaliere, per infortuni e per maternità
con spese a loro carico, salvo non siano indigenti.
Gli stranieri
I cittadini stranieri residenti in Italia alle dipendenze di organizzazioni internazionali (Unesco, Nato, ecc.) hanno diritto alle prestazioni sanitarie.
Gli apolidi e rifugiati politici, privi di risorse economiche, possono essere iscritti gratuitamente al servizio sanitario.
I cittadini stranieri provenienti dai paesi della Ue (modello E 111) hanno gli
stessi diritti degli italiani, come anche i disoccupati iscritti alle liste di collocamento.
Gli stranieri (extra Ue) residenti in Italia: i lavoratori hanno diritto all’iscrizione al Ssn come i lavoratori italiani; ai disoccupati extra comunitari, iscritti nelle liste di collocamento, spettano le cure sanitarie.
Possono iscriversi volontariamente al Ssn gli stranieri in regola con il permesso di soggiorno, residenti e che non abbiano altrimenti diritto all’assistenza sanitaria.
Hanno diritto a tutte le prestazioni sanitarie, escluse le cure di medicina generale, gli stranieri presenti in Italia come turisti, profughi, nomadi, titolari di
pensione italiana, studenti stranieri e persone alla pari.
Le principali competenze del distretto sono:
• Rilascio delle tessere sanitarie.
• Scelta e revoca del medico di famiglia e del pediatra di libera scelta.
• Informazioni e riscossione del ticket (partecipazione alla spesa sanitaria) sulle
prestazioni specialistiche, erogate direttamente dalla Asl.
• Rilascio delle attestazioni di esenzione dal ticket (partecipazione alla spesa).
• Autorizzazione e rimborsi per ricoveri in strutture estere o non convenzionate
con il Ssn.
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• Rimborsi su particolari ricoveri con durata inferiore alle 48 ore.
• Rilascio dei modelli E 111 ed E 112 e pratiche inerenti all’assistenza sanitaria
nei paesi della Ue ed extra Ue. Carta Regionale dei servizi (elettronica).
• Rilascio delle impegnative per le cure termali.
• Rilascio di presidi sanitari e degli ausili, cure climatiche, ecc. agli invalidi di
guerra o per servizio.
• Richieste di cure iperbariche, contributi a persone colpite da Tbc prive di contribuzione Inps.
• Prenotazione ed esecuzione delle prestazioni specialistiche ambulatoriali (visite ed esami diagnostici).
• Prestazioni sanitarie, quali cure infermieristiche domiciliari, prelievi del sangue
a domicilio, medicazioni, ciclo di iniezioni, controllo della pressione arteriosa.
• Vaccinazioni.
• Valutazione domande di ricovero in Residenze sanitarie assistenziali (Rsa).
• Coordinamento con i servizi sociali di base dei comuni.
• Procedure per il ricovero in strutture convenzionate per tossicodipendenti e per
pazienti psichiatrici, tramite i servizi territoriali competenti.
• Controllo gratuito della velenosità dei funghi.
• Riabilitazione delle persone momentaneamente non autosufficienti, o, in particolare, del trattamento dell’handicap nella fase di riabilitazione o di assistenza
per la conservazione dell’autosufficienza. Per quanto riguarda i bambini portatori di handicap, gli uffici del distretto si interessano anche del loro inserimento scolastico e dell’informazione sanitaria relativamente alle specifiche situazioni di disagio.
• Il distretto è il punto di contatto con la scuola, sia per coordinare le attività di
riabilitazione, sia per la prevenzione della tossicodipendenza e di altre situazioni di difficoltà della popolazione giovanile.
• A tutela dell’infanzia il distretto gestisce il servizio di psichiatria infantile sia
nella fase di prevenzione che di cura.
• Ulteriori servizi sono la medicina dello sport, che si occupa anche di alcuni
aspetti legati alla prevenzione, e i consultori familiari, a tutela della maternità.
È necessario ricordare che il cittadino è libero di scegliere la struttura a cui rivolgersi per le prestazioni sanitarie (visite specialistiche, esami diagnostici, riabilitazione, ecc.), nell’ambito di quelle, pubbliche o private, che operano nel Ssn e che fanno riferimento alle diverse Asl.
Per iscriversi al SSN bisogna recarsi presso la ASL del proprio territorio con un documento di riconoscimento e il proprio codice fiscale; per
gli altri documenti è sufficiente l’autocertificazione. All’atto dell’iscrizione si riceve la tessera sanitaria, che servirà per tutte le attività sanitarie,
ad esempio per scegliere o cambiare il medico di base, ricevere rimborsi
o esenzioni.
Per il cittadino straniero è necessaria la documentazione che attesti
la propria posizione in Italia.
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9. Carta dei servizi pubblici sanitari (A.S.L.)
Il cittadino ammalato si trova spesso a fare i conti con la disorganizzazione
dell’assistenza, con carenze di servizi in ospedale, con lunghi tempi di attesa per
gli esami, ecc.
Ma quello che è più importante è che fino ad ora non è esistita certezza né in
merito ai tempi né in merito alla qualità dei servizi.
Per questo e per cominciare ad equiparare la nostra organizzazione a quella
europea, il Ministero della Sanità ha emanato nel 1995 una Carta dei Servizi Pubblici Sanitari, uno schema di riferimento a cui si devono uniformare tutte le Aziende Sanitaria Locali (ASL).
La carta si ispira ai principi della tutela dei diritti dei cittadini-utenti riconoscendo agli stessi e alle associazioni di tutela, dei poteri di intervento e di controllo diretto sui servizi erogati dal Servizio Sanitario.
Infatti
• Pone a carico di ciascuna ASL l’obbligo di attivare un efficace sistema di informazioni sulle prestazioni erogate e sulle modalità di accesso
• Afferma il diritto del cittadino al reclamo verso atti o comportamenti ritenuti
lesivi dei propri diritti
• Impegna l’ ASL a rilevare e analizzare le segnalazioni di disservizio
• Assicura la consultazione dei cittadini e delle loro associazioni di tutela in merito all’organizzazione e alla qualità dei servizi resi
• La Carta prevede la definizione di un sistema nazionale di indicatori per la misurazione della qualità dei servizi e dei livelli di efficienza che devono essere garantiti in momenti fondamentali, quali:
1. il ricovero ospedaliero
2. le prestazioni specialistiche e diagnostiche
3. la medicina di base e quindi il rapporto con il medico di famiglia o con il pediatra
4. l’informazione, la tutela e la partecipazione dei cittadini al Servizio Sanitario Nazionale.
Definizione di indicatori e standard di qualità
Affinchè possa essere svolto un ruolo di controllo e vigilanza sulla qualità delle prestazioni è necessario socializzare le conoscenze e fare riferimento, nella individuazione di indicatori e di standards di qualità, all’intera esperienza dell’utente, a tutti i fattori da lui percepibili, relativi ad esempio:
• ai tempi d’attesa, alla semplicità delle procedure, all’informazione;
• all’orientamento e all’accoglienza dell’utente, alle strutture materiali messe a
disposizione, al comfort e pulizia dei locali ospedalieri;
• alle relazioni sociali e umane, alla personalizzazione e umanizzazione del trattamento.
25
La Carta dei servizi delle strutture sanitarie (Ospedali ecc.)
Dal 1995 tutte le strutture sanitarie devono fornire agli utenti la propria Carta dei servizi: questa è una mappa dettagliata della struttura, contenente numeri
telefonici, indirizzi, descrizione delle prestazioni erogate, indicazioni per richiedere ulteriori informazioni o sporgere reclami.
La Carta dei servizi è uno degli strumenti con cui il SSN persegue la qualità
delle relazioni con i cittadini.
Viene consegnata dall’Accettazione dell’Ospedale; se la struttura non la pubblicizza, bisogna rivolgersi all’Ufficio Relazioni col Pubblico (URP), oppure consultare il sito internet della struttura sanitaria scelta.
10. Informazione sanitaria
Principi dei diritti e doveri di informazione
Questi sono i principi fondamentali che regolano i diritti di informazione in
campo sanitario:
◆ Un’informazione reciproca, leale, corretta e completa fra i medici, gli altri
operatori sanitari e la persona assistita, è condizione indispensabile per
soddisfare i diritti di salute dei cittadini.
◆ La persona assistita ha il dovere di informare i medici e gli altri operatori sanitari su tutto ciò che possa risultare utile e necessario per una migliore prevenzione, diagnosi, terapia e assistenza.
◆ I medici e gli altri operatori sanitari devono garantire la massima attenzione nel rispetto delle norme sul segreto professionale e sulla riservatezza nel trattamento dei dati personali.
◆ È diritto della persona assistita chiedere ed ottenere dal medico informazioni su tutto ciò che riguarda il proprio stato di salute e, nel caso essa risulti affetta da una malattia, di ricevere adeguate indicazioni:
1. sulla natura, durata ed evoluzione della medesima;
2. sulle cure necessarie;
3. sulle alternative di cura, ove esistono;
4. sulla presumibile durata di un eventuale ricovero ospedaliero;
5. sui riflessi della malattia e delle cure sullo stato e sulla qualità della propria vita;
6. su tutti i rimedi terapeutici ed assistenziali esistenti atti ad evitare e sedare gli eventuali stati di sofferenza e di dolore derivanti dalla malattia
stessa e/o dalle attività diagnostiche e curative.
DIRITTI E DOVERI
Può avvenire che il diritto del singolo di fronte alla struttura sanitaria venga
compromesso, in misura più o meno grave. Il malato, in particolare, si trova in una
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posizione di debolezza contrattuale nei confronti della struttura sanitaria: oltre ad
essere all’interno di una realtà molto più grande di lui, e non solo dal punto di vista delle dimensioni, nella quale vi è poco spazio lasciato alla libertà di scelta e di
decisione, si trova anche in una situazione di svantaggio dovuta proprio alla sua
condizione di malato. Tale condizione, a causa dell’innegabile spinta emotiva a cui
dà adito, rischia di compromettere la razionalità e la tranquillità delle sue decisioni.
Per questo motivo è fondamentale che tutti i cittadini prendano coscienza dei propri diritti, tenendo presente che il modo migliore per ottenere un servizio cortese ed efficiente è la collaborazione, il rispetto e la pazienza, soprattutto verso chi opera con professionalità per il bene altrui.
I diritti dell’utente
21. Diritto al tempo. Ogni cittadino ha diritto a vedere rispettato il suo tempo al
pari di quello della burocrazia e degli operatori sanitari.
22. Diritto all’informazione e alla documentazione sanitaria. Ogni cittadino ha diritto a ricevere tutte le informazioni e la documentazione sanitaria di cui necessita nonché ad entrare in possesso degli atti necessari a certificare in modo
completo la sua condizione di salute. Il medico ha il dovere di dare al paziente
l’informazione più accurata sulla sua situazione, le prospettive su evoluzione
della malattia, possibilità di cura, eventuali conseguenze delle terapie. La spiegazione deve essere adeguata alle capacità di comprensione del paziente. Accertarsi di aver capito bene tutto, non temere di porre domande: “parlare chiaro” è un preciso obbligo del medico
23. Diritto alla sicurezza. Chiunque si trovi in una situazione di rischio per la sua
salute ha diritto ad ottenere tutte le prestazioni necessarie alla sua condizione ed ha altresì diritto a non subire ulteriori danni causati dal cattivo funzionamento delle strutture e dei servizi.
24. Diritto alla protezione. Il servizio sanitario ha il dovere di proteggere in maniera particolare ogni essere umano che, a causa del suo stato di salute, si trova in una condizione momentanea o permanente di debolezza, non facendogli
mancare per nessun motivo e in alcun momento l’assistenza di cui ha bisogno.
25. Diritto alla certezza. Ogni cittadino ha diritto ad avere dal servizio sanitario
la certezza del trattamento nel tempo e nello spazio a prescindere dal soggetto erogatore e a non essere vittima degli effetti di conflitti professionali e organizzativi, di cambiamenti repentini delle norme, della discrezionalità nella
interpretazione delle leggi e delle circolari, di differenze di trattamento a seconda della collocazione geografica.
26. Diritto alla fiducia. Ogni cittadino ha diritto a vedersi trattato come un soggetto degno di fiducia e non come un possibile evasore o un presunto bugiardo.
27. Diritto alla qualità. Ogni cittadino ha diritto di trovare nei servizi sanitari
operatori e strutture orientati verso un unico obiettivo: farlo guarire e migliorare comunque il suo stato di salute.
27
28. Diritto alla differenza. Ogni cittadino ha diritto a vedere riconosciuta la sua
specificità derivante dall’ età, dal sesso, dalla nazionalità, dalla condizione di
salute, dalla cultura e dalla religione e a ricevere di conseguenza trattamenti
differenziati a seconda delle diverse esigenze.
29. Diritto alla normalità. Ogni cittadino ha diritto a curarsi senza alterare, oltre
il necessario, le sue abitudini di vita.
10. Diritto alla famiglia. Ogni famiglia che si trova ad assistere un suo componente ha diritto di ricevere dal servizio sanitario il sostegno materiale necessario.
Il paziente minore di 18 anni – fermo restando quanto previsto al titolo III della L.R. n° 16 del 8 maggio 1987 al fine di concorrere al mantenimento dell’equilibrio psico-affettivo – durante i prelievi, le visite diagnostiche e le medicazioni ha diritto di essere assistito dai genitori o da altra persona da lui scelta.
Durante la degenza ospedaliera, il minore ha diritto di avvalersi della presenza continuativa di almeno uno dei genitori o di persona delegata, alla quale
vanno garantiti i pasti.
Pari diritto è riservato all’utente paziente anziano che ricorra al Pronto Soccorso in visibile stato confusionale o di agitazione. Gli anziani di età maggiore o uguale a 65 anni, su specifica richiesta, hanno diritto di essere assistiti
da un familiare anche al di fuori degli orari di visita, compatibilmente con le
particolari esigenze organizzative di reparto, da dichiarare per iscritto.
11. Diritto alla decisione. Il cittadino ha diritto, sulla base delle informazioni in
suo possesso e fatte salve le prerogative dei medici, a mantenere una propria
sfera di decisionalità e di responsabilità in merito alla propria salute e alla
propria vita.
12. Diritto al volontariato, all’assistenza da parte dei soggetti “no profit” e alla partecipazione. Ogni cittadino ha diritto ad un servizio sanitario, sia esso erogato
da soggetti pubblici che da soggetti privati, nel quale sia favorita la presenza
del volontariato e delle attività non profit e sia garantita la partecipazione degli utenti.
13. Diritto al futuro. Ogni cittadino, anche se condannato dalla sua malattia, ha
diritto a trascorrere l’ultimo periodo della vita conservando la sua dignità, soffrendo il meno possibile e ricevendo attenzione e assistenza.
14. Diritto alla riparazione dei torti. Ogni cittadino ha diritto, di fronte ad una violazione subita, alla riparazione del torto subito in tempi brevi e in misura congrua.
15. Diritto a ricevere l’impegno e la competenza professionale del medico. Alla visita deve essere dedicato il tempo necessario per un colloquio sereno e un corretto esame obiettivo.
16. Diritto di esprimere o meno il proprio consenso alle cure, una volta che siano
state comunicate tutte le informazioni necessarie a riguardo.
17. Diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura.
18. Diritto alla riservatezza. Il medico è obbligato a mantenere il segreto sulle
informazioni riguardanti il paziente, ottenute durante lo svolgimento della
professione. Potrà rivelarle solo se la legge lo impone, o se il paziente lo autorizza a farlo.
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19. Diritto alla continuità delle cure. Il medico deve compiere personalmente le
prestazioni mediche e informare il paziente della sua eventuale sostituzione.
Questa deve essere affidata a collaboratori di competenza adeguata.
20. Diritto di conoscere chi lo assiste. Il personale sanitario deve essere identificabile grazie ad un cartellino visibile che ne indichi il nome e la qualifica.
21. Diritto di sporgere reclami e ottenere che gli stessi siano presi in considerazione con sollecitudine.
22. Diritto di essere tutelato all’interno di ogni struttura sanitaria da organi che lo
rappresentino, quali i Centri per i Diritti del Malato e la Commissione Conciliativa.
I doveri dell’utente
La diretta partecipazione all’adempimento di alcuni doveri è la base per usufruire pienamente dei propri diritti. L’impegno personale ai doveri è un rispetto
verso la comunità sociale e i servizi sanitari usufruiti da tutti i cittadini. Ottemperare ai doveri vuol dire anche migliorare la qualità delle prestazioni erogate da
parte dei servizi sanitari, per cui
1. Il cittadino che accede alle strutture sanitarie è invitato al rispetto degli altri
utenti e del personale, e alla collaborazione con tutti i dipendenti e la direzione sanitaria della struttura stessa.
2. L’utente è tenuto a rispettare l’orario previsto per le prestazioni mediche e ad
informare tempestivamente i sanitari qualora intendesse rinunciare a cure o
esami programmati. Questo permette di evitare sprechi di tempo e risorse.
3. Nelle strutture di ricovero è importante rispettare gli orari di visita per consentire lo svolgimento delle attività terapeutiche e il riposo dei pazienti. Il personale sanitario, per quanto di competenza, è autorizzato a far rispettare le
norme enunciate per il buon andamento del reparto ed il benessere dell’utente
malato.
Per motivi di sicurezza igienico-sanitaria nei confronti dei bambini si
sconsigliano le visite in ospedale ai bambini minori di 12 anni. Inoltre,
per motivi igienici e per riguardo agli altri degenti, è necessario evitare
l’affollamento di parenti e amici attorno o seduti sul letto del paziente.
4. I risultati degli esami diagnostici devono essere ritirati in tempi congrui; secondo la normativa vigente, l’utente è tenuto al pagamento a tariffa intera della prestazione per i referti non ritirati.
5. Nei locali destinati all’attività sanitaria è vietato fumare.
6. Il cittadino è tenuto a rispettare ambienti, arredi e strumenti delle strutture
sanitarie, che sono patrimonio di tutti.
7. Il cittadino ha diritto ad una corretta informazione sulla struttura sanitaria, è
suo preciso dovere informarsi nei tempi, nei modi e nelle sedi opportune.
8. È dovere del paziente/utente, una puntuale custodia a casa, suddivisa per ogni
componente della famiglia, di ogni documentazione clinica in possesso, e/o suc-
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cessivamente portare e consegnare agli operatori sanitari, all’atto del ricovero,
quella che è necessaria per l’occasione.
Il consenso “valido” (informato - cfr. art. 54 c.p.)
È l’espressione della volontà del paziente che autorizza il medico ad effettuare uno specifico trattamento medico-chirurgico sulla sua persona. Non si può prescindere da tale consenso, fatte salve le condizioni previste per legge (urgenza, incapacità di intendere e volere, ecc.), perché qualunque azione effettuata senza tale autorizzazione sarebbe illecita da un punto di vista penale, indipendentemente
dai risultati ottenuti; dalla violazione di questo obbligo conseguono sia una responsabilità disciplinare che una responsabilità medica penale e civile.
Il suo fine è promuovere l’autonomia dell’individuo nell’ambito delle decisioni
mediche. In tale ambito, il ruolo del sanitario è quello di un tecnico esperto che
spiega al paziente la sua condizione clinica e le varie possibilità di diagnosi o di terapia, per consentirgli di valutare l’informazione ricevuta nel contesto della propria attitudine psicologica e morale e, quindi, di scegliere il percorso terapeutico
che ritiene adatto ed accettabile.
Il consenso “valido” quale modalità per instaurare un corretto rapporto medico-paziente non “vale” solo quando ci si deve sottoporre ad un intervento chirurgico o ad un trattamento sperimentale, il medico internista o il medico di famiglia
devono attenersi agli stessi principi per instaurare un rapporto corretto con il proprio paziente. Il consenso del paziente deve possedere le caratteristiche che seguono:
• Deve essere esplicitamente manifestato al sanitario mediante un comportamento che riveli in maniera precisa ed inequivocabile il proposito di sottoporsi
all’intervento. Ciò significa che il paziente deve dimostrare di aver ben capito il
motivo, gli effetti e le possibili alternative alla terapia a cui sta per sottoporsi.
• Può essere sottoscritto solo dal paziente (ad eccezione dei minorenni o delle persone sottoposte a tutela).
• Deve essere libero, nel senso che l’utente deve farsene un convincimento personale, dopo essere stato edotto di tutte le informazioni necessarie.
• L’informazione fornita deve essere la più completa possibile nel senso che il medico dovrà fornire una chiara rappresentazione delle modalità e dei rischi dell’intervento chirurgico, nonché di tutti gli eventuali interventi o terapie alternative.
• Può essere revocato anche poco prima che l’intervento inizi.
• Il consenso, ove possibile, deve essere raccolto dal paziente con congruo anticipo rispetto all’intervento (almeno 24 ore prima).
• Le informazioni, necessarie per il consenso, devono essere fornite al paziente al
momento della programmazione dell’intervento con l’indicazione e il consiglio di
chiedere ulteriori informazioni al proprio medico di famiglia.
• Il medico di famiglia dovrebbe essere coinvolto sempre nell’informazione e partecipare attivamente alla stessa.
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• Il paziente deve essere sempre informato di tutte le alternative terapeutiche
(chirurgia tradizionale, day surgery, chirurgia mini-invasiva).
• Il paziente deve essere informato dell’esperienza e della casistica dell’operatore e/o dell’unità operativa in merito all’intervento a cui dovrà sottoporsi.
Secondo l’art. 29 del codice di deontologia medica: “Il medico ha il dovere di dare al paziente, tenuto conto del suo livello di cultura e delle sue capacità di discernimento, la più serena e idonea informazione sulla diagnosi, la prognosi, le
prospettive terapeutiche e le loro conseguenze [...]. Ogni ulteriore richiesta di
informazione da parte del paziente deve essere comunque soddisfatta [..]. In ogni
caso la volontà del paziente, liberamente espressa, deve rappresentare per il medico elemento al quale ispirare il proprio comportamento”.
È da mettere in evidenza che il nuovo codice, data la vigente disciplina sulla
privacy (D.L. 196/2003 e legge 675/96), stabilisce che l’informazione ai congiunti è
ammessa solo se il paziente la consente. L’art. 31, inoltre, stabilisce che
– Il medico non può intraprendere alcuna attività diagnostico-terapeutica senza
il consenso del paziente validamente informato. In ogni caso, in presenza di
esplicito rifiuto del paziente capace di intendere e di volere, il medico deve desistere da qualsiasi atto diagnostico e curativo, non essendo consentito alcun
trattamento medico contro la volontà del paziente.
– La condotta del medico che interviene sul paziente senza essersi munito del preventivo consenso costituisce una condotta penalmente illecita, in quanto viola
la sfera personale e la libertà morale del soggetto, tutelate dall’ordinamento
giuridico e dalla stessa Costituzione. Il medico può incorrere in questo caso nei
reati previsti dagli articoli:
- 582 e seguenti codice penale “lesioni personali” per violazione dell’integrità fisica del soggetto;
- 610 c.p. “violenza privata”, che si configura quando l’agente coarta la volontà
libera del soggetto costringendolo a subire comportamenti dallo stesso non voluti.
In caso di trattamento arbitrario, il medico va incontro anche a responsabilità
civile e disciplinare.
Va sottolineato che il diritto all’informazione è sancito oltre che dalla legge n.
833/1978 (di istituzione del Servizio sanitario nazionale) anche dalle leggi regionali sui diritti dell’utente, ormai in vigore in quasi tutte le regioni. Non va dimenticata, inoltre, una sentenza della Corte di cassazione (sez. V, 21 aprile 1992, omicidio preterintenzionale, morte cagionata da intervento chirurgico arbitrario) che
ha ribadito l’importanza e la necessità di raccogliere il consenso dell’interessato o
dei parenti su qualsiasi atto medico da effettuare, soprattutto qualora il trattamento medico comporti rischi o diminuzione dell’integrità fisica.
I moduli di consenso “valido” che sono fatti firmare dai sanitari prima di un
atto medico e soprattutto in caso di anestesia, non hanno un valore legale, neppure nel caso siano controfirmati da testimoni. I moduli devono essere firmati anche
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nel caso si intenda partecipare ad una sperimentazione clinica. Qualsiasi modulo
costituisce solo un elemento di prova per il medico al fine di dimostrare di aver fornito una informazione.
Nessun consenso scritto modifica o diminuisce la responsabilità in caso di errore del medico.
Il modulo di consenso deve essere firmato solo dopo aver ricevuto le informazioni. Il medico deve informare il paziente dei rischi, delle probabilità di riuscita
del trattamento, della durata dello stesso, delle possibili alternative, ecc., utilizzando un linguaggio comprensibile.
Se il consenso non è stato validamente raccolto, risulta come non dato. Questo è il caso della mancata informazione prima della firma del modulo.
Il consenso può essere revocato dal paziente in ogni momento, quindi il medico deve assicurarsi che esso permanga per tutta la durata del trattamento. Inoltre, qualora sopravvenissero modifiche a quanto comunicato al paziente, va da sé
la necessità di un nuovo colloquio informativo che garantisca la persistenza del
consenso. Perciò non sono ammesse all’interno del modulo espressioni come “non
desidero chiarimenti ulteriori”, in quanto il paziente ha sempre diritto ad avere
chiarimenti e informazioni.
È consigliabile non firmare moduli in cui è chiara solo l’intenzione di scaricare le responsabilità. È bene sapere che la struttura, e/o il singolo medico, sono comunque responsabili per eventuali errori o procurate infezioni.
Nel modulo di consenso, debitamente compilato, deve essere chiaramente riconoscibile il tipo di intervento da eseguirsi, la data e l’ora della firma del paziente, la firma del medico che ha fornito l’informazione.
Gli uffici: U.R.P. (Ufficio Relazioni con il pubblico)
L’URP deve promuovere l’apertura di sportelli al pubblico dove personale preparato, disponibile, paziente, fornisce in termini chiari le informazioni di primo livello quali:
◆ dove rivolgersi per..., in quali orari, quali documenti servono per...
◆ nei punti di informazione deve essere garantita la riservatezza delle richieste,
devono essere predisposti idonei strumenti di raccolta e di consultazione delle
informazioni (banca dati) in modo da assicurare certezza e rapidità di risposta;
◆ gli utenti devono poter disporre delle informazioni anche tramite telefono e l’orario di apertura dell’URP deve coprire almeno 12 ore giornaliere.
Ufficio di Pubblica tutela (P.T.)
Precisiamo in particolare che, questo ufficio, nato su specifica segnalazione del
Tribunale per i diritti del malato, all’interno dei servizi sanitari, e gestito da personale volontario non facente parte dello staff del servizio dov’è ubicato, è a disposizione dei pazienti/utenti per la presentazione di segnalazioni di eventuali disservizi e/o reclami.
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Gli utenti che desiderano esprimere le loro osservazioni, per gli adempimenti
relativi, possono farlo tramite
◆ colloquio, su appuntamento o negli orari previsti, con il responsabile dell’Ufficio Pubblica Tutela;
◆ lettera in carta semplice indirizzata all’Ufficio Pubblica Tutela;
◆ segnalazione telefonica.
N.B. ove tale ufficio non è stato creato - rivolgersi all’Ufficio Relazioni con il
Pubblico.
L’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri
La struttura degli Ordini professionali dei Medici nasce nel primo decennio
del secolo scorso, mentre l’attuale assetto è stato definito da una Legge del 1946,
che ha ricostituito gli Ordini, che erano stati trasformati in Sindacato negli anni
1930-1940.
Tutti i laureati in Medicina e Chirurgia una volta superato l’esame di stato per
l’abilitazione professionale sono tenuti ad iscriversi all’Ordine professionale.
Identico obbligo sussiste per i laureati in Odontoiatria e Protesi Dentaria.
Questo è il motivo per cui l’Ordine professionale prende il nome di Ordine dei
Medici Chirurghi e degli Odontoiatri.
L’Ordine, che ha sede in ogni Provincia, si articola anche nelle Federazioni Regionali e nella Federazione Nazionale. Quest’ultima ha sede a Roma e ha la funzione di coordinamento generale oltre che di rappresentanza presso gli Organi istituzionali più alti (Parlamento, Governo, Ministeri, Enti ed Istituzioni sia di diritto pubblico che privato).
lI compito più qualificante affidato alla Federazione Nazionale degli Ordini
Provinciali si riconosce nella stesura e nell’aggiornamento del Codice Deontologico,
che definisce il sistema di regole alle quali ogni medico-chirurgo ed ogni odontoiatra devono attenersi nei rapporti professionali (con i cittadini, con i colleghi, con gli
Enti sanitari, etc.) ed anche in generale nel comportamento di tutti i giorni, che deve esprimersi in modo decoroso, dignitoso, rispettoso, indipendente, libero.
All’Ordine professionale compete cioè la vigilanza deontologica e disciplinare
sui professionisti iscritti.
Ogni inosservanza del Codice Deontologico (oltre che, ovviamente, ad altre
leggi statali o regionali) è suscettibile di procedimento disciplinare, che può comportare l’erogazione di sanzioni al professionista (che va dalla censura alla radiazione dall’Albo con impossibilità permanente di continuare ad esercitare la professione).
Tale funzione affidata per Legge all’Ordine risulta, tuttavia, secondaria rispetto a quella principale, che si riconosce nell’impegno a migliorare la coscienza
ed il costume professionale degli iscritti, oltre che la loro preparazione ed aggiornamento.
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L’Ordine professionale è, quindi, un Organo periferico dello Stato, che esercita funzioni di vigilanza e stimolo sui professionisti, appositamente riconosciute e
delegate dal Legislatore, per ottenere la miglior garanzia e tutela dei cittadini bisognosi di diagnosi, cura, riabilitazione, ed anche di prestazioni di medicina-legale (come citato nella Legge 833/1978).
Altro compito affidato all’Ordine dal legislatore consiste nella potestà di proporre al Parlamento e al Governo le tariffe minime per l’esercizio delle diverse
branche professionali (in rapporto alle diverse specializzazioni) e per l’erogazione
di ben determinate prestazioni.
La tariffa minima, che dovrebbe essere conosciuta da tutti, costituisce uno
strumento di utile garanzia per i cittadini ed i pazienti, che possono, quindi, verificare eventuali anomalie di comportamento: il professionista, che può decidere di
non farsi pagare, non può però chiedere una tariffa inferiore al minimo a meno di
non incorrere in concorrenza sleale; i cittadini, d'altra parte, avendo la tabella di
riferimento “minima” possono anche valutare l’adeguatezza delle richieste in relazione alle caratteristiche ed alle capacità che vengono riconosciute ad ogni professionista.
Ogni eventuale discordanza tra assistito e professionista, che riguardi gli
aspetti economici, può essere portata all’attenzione dell’Ordine professionale, che
valuta la richiesta, riconoscendo o meno la congruità della parcella professionale.
L’Ordine è nel complesso garante del buon comportamento dei medici nell’esercizio della professione.
Il medico di famiglia
Il Medico di famiglia, o medico di medicina generale o medico di base, è la persona che fornisce ad ogni iscritto al SSN l’assistenza sanitaria di “primo livello”,
cioè quella che si svolge al di fuori dell’ospedale.
Ogni cittadino, iscritto al Ssn, ha diritto al medico di famiglia ed a scegliere liberamente il proprio medico di famiglia tra quelli che operano nella sua Asl di residenza e che non hanno già più di 1.500 assistiti; eccezioni a questa regola sono
consentite per permettere ai congiunti di essere assistiti dallo stesso medico.
È importante al momento della scelta: controllare gli orari di apertura dello
studio, il luogo in cui esso è collocato, se ha barriere architettoniche, con quali mezzi pubblici è possibile raggiungerlo, se il medico è disponibile per l’assistenza domiciliare integrata, se usa il computer e dispone della posta elettronica, se effettua consultazioni telefoniche e in quale orario.
Le ASL, in accordo con le Regioni, promuovono una conoscenza diretta del Medico, preliminare alla scelta: si potranno così avere informazioni riguardanti le caratteristiche personali e professionali del Medico, orari e localizzazione dello studio, e decidere quindi in modo più consapevole.
È utile ricordare che il cittadino può chiedere alla Asl di scegliere un medico che
opera in un distretto sanitario diverso da quello di residenza. Ma per farlo devono
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esserci gravi motivi. Uno di questi può essere, ad esempio, l’interruzione del proprio
rapporto di fiducia con l’unico medico attivo della zona.
È sufficiente, in tal caso, andare presso gli uffici della Asl, revocare l’incarico
motivandone le ragioni e scegliere un altro medico. Anche il medico di famiglia ha
il diritto di interrompere il rapporto con il suo paziente. Questo accade se il rapporto di fiducia è stato minato da una grave incompatibilità.
Attenzione: i cittadini che, per motivi di salute, studio o lavoro, vivono in un
distretto diverso da quello nel quale risiedono possono far richiesta di un medico
di famiglia nel luogo in cui vivono. Ma soltanto a tempo determinato, da un minimo di tre mesi a un massimo di un anno, e dopo aver comunicato all’azienda sanitaria di provenienza la revoca del precedente medico di famiglia; vanno presentate alla Asl locale la tessera sanitaria della Asl di provenienza, un documento di
identità, il codice fiscale e un atto che attesti il domicilio temporaneo. Se invece si
è solo di passaggio in un’altra zona, ci si può comunque rivolgere ad un Medico di
base, pagandogli direttamente una quota minima per la prestazione ricevuta. In
un secondo tempo, presentando la fattura alla propria Asl di residenza, la somma
spesa verrà rimborsata.
La scelta del Medico, per i cittadini residenti, ha validità annuale ed è rinnovata tacitamente. Per i non residenti invece è prevista una durata da un minimo
di tre mesi ad un massimo di dodici, che può essere ulteriormente prolungata.
Cosa fa:
• Visita medica ambulatoriale e domiciliare.
• Prescrizione di farmaci, salvo le limitazioni previste dalle leggi.
• Richiesta di visite specialistiche, di analisi cliniche e di diagnostica strumentale.
• Proposte di ricovero ospedaliero.
• Consulto con il medico specialista presso ambulatori pubblici o al domicilio del
paziente.
• Accesso presso i luoghi di ricovero (ospedali pubblici, case di cura convenzionate, residenze protette, Rsa), in fase di accettazione, di degenza o al fine di evitare dimissioni improprie del paziente (art. 35 c. 4, della Convenzione nazionale).
• Assistenza domiciliare programmata, in caso di pazienti non ambulabili o in dimissione protetta, o in forma integrata con l’assistenza specialistica, riabilitativa e infermieristica, a seguito di specifici accordi regionali o di azienda sanitaria (art. 32 c. 2, art. 35 c. 3, art. 39 e 45 Cl).
• Prestazioni di particolare impegno professionale (es. prima medicazione, fleboclisi, lavanda gastrica, tampone faringeo, iniezione di gammaglobuline o vaccinazione antitetanica, vaccinazioni non obbligatorie per iniziative regionali o di
Asl, ecc.) (allegato D agli art. 32/45).
• Prestazioni di carattere certificativo e medico-legale (certificazione obbligatoria
per riammissione alla scuola dell’obbligo e secondaria superiore, certificazione
di idoneità allo svolgimento di attività sportiva non agonistica sempre in ambi-
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to scolastico, certificazione per l’incapacità temporanea al lavoro).
• Il Medico di famiglia compila e aggiorna una scheda sanitaria individuale per
ogni assistito, con la sua anamnesi e la sua storia clinica, e con le sue caratteristiche fisiche e psicologiche.
• In caso di ricovero, il Medico di famiglia può accedere alle strutture ospedaliere
in fase di accettazione, degenza, dimissione del proprio paziente. Il reparto ospedaliero deve inviare al medico la relazione clinica di dimissione del paziente,
contenente la sintesi della sua situazione di salute, delle terapie effettuate, e
suggerimenti per l’assistenza a domicilio.
• Il Medico può erogare gratuitamente delle prestazioni aggiuntive, per le quali
sarà remunerato dalla ASL. Fra queste, l’assistenza programmata al domicilio
dell’assistito, anche in forma integrata con l’assistenza specialistica, infermieristica e riabilitativa, se necessario in collegamento con l’assistenza sociale. Le
prestazioni aggiuntive possono in alcuni casi essere eseguite senza autorizzazioni preventive (ad esempio la prima medicazione o la sutura di lievi ferite, il
cateterismo uretrale, la lavanda gastrica...); altre necessitano invece di un’autorizzazione sanitaria (ad esempio cicli di iniezioni endovenose, o vaccinazioni
non obbligatorie).
• Il Medico di famiglia può richiedere l’intervento dei servizi socio-assistenziali, se
lo ritiene necessario alla luce delle informazioni che ha del suo assistito e del suo
ambiente familiare.
• Ha inoltre il compito di diffondere la conoscenza del Servizio Sanitario Nazionale e del corretto uso del farmaco.
Sono invece a pagamento:
• Le certificazioni di invalidità civile o di infortunio sul lavoro.
• Le certificazioni di idoneità allo svolgimento di attività sportive non agonistiche
(tranne che non siano richieste dalla scuola per lo svolgimento delle ore di educazione motoria, visto che in questo caso sono gratuite).
• Le visite ambulatoriali e domiciliari occasionali, vale a dire effettuate da un medico di famiglia che non è il proprio.
Gli orari
L’assistenza del medico di base deve essere garantita dalle ore 8 alle ore 20 nei
giorni feriali e dalle ore 8 alle 14 nei giorni prefestivi. Ogni medico è tenuto a comunicare alla Asl l’orario di apertura del suo studio, che deve essere esposto all’ingresso dell’ambulatorio. Lo studio deve essere aperto almeno 5 giorni alla settimana (preferibilmente dal lunedi al venerdi), seguendo un orario adeguato alle
necessità degli assistiti.
Le visite
L’attività del medico di famiglia può essere svolta in studio o al domicilio dell’assistito, in base alle condizioni di salute di quest’ultimo. Salvo i casi d’urgenza, le
visite nello studio medico vengono effettuate, di norma, mediante un sistema di
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prenotazione. Le visite domiciliari vanno richieste entro le ore 10.00 e in tal caso il
medico è tenuto a effettuarle in giornata, prima possibile. Le visite richieste dopo
tale ora, invece, possono essere effettuate entro le ore 12.00 del giorno successivo.
Nella giornata del sabato il medico non è tenuto a svolgere attività ambulatoriale,
ma ad effettuare comunque le visite domiciliari richieste entro le ore 10.00 dello
stesso giorno o quelle richieste nel giorno precedente. Il medico di famiglia non è
però un medico d’emergenza e non è tenuto a essere continuamente reperibile.
N.B. Occorre comunque ricordare che il servizio di medicina di base non è un
servizio di pronto intervento, e che il medico di base è tenuto a svolgere le visite
domiciliari valutando la gravità dei casi e decidendo le priorità "secondo scienza e
coscienza", a suo arbitrio quindi, ma assumendosene ovviamente l’intera responsabilità. Il medico di base, ad esempio, non è tenuto ad una visita nel cuore della
notte, poiché per questa fascia oraria esistono la guardia medica e il 118.
I pediatri di famiglia
La figura del pediatra di famiglia (di libera scelta) è una peculiarità tipicamente italiana. Il suo cammino inizia nel 1972 a livello sperimentale in 11 province del Nord-Italia, Pavia compresa. Nel 1981 la Gazzetta Ufficiale pubblica la prima Convenzione Nazionale Pediatrica separata da quella della Medicina Generale,
riconoscendo di fatto, la peculiarità del pediatra di famiglia nell’assistenza del bambino.
I Pediatri sono impegnati nella prevenzione, nella cura e nella riabilitazione
dei bambini e dei ragazzi tra 0 e 14 anni. Al compimento dei 14 anni, l’A.S.L. procede a una revoca d’ufficio del Pediatra, comunicando alla famiglia dell’assistito la
necessità di procedere alla scelta del Medico di famiglia. Ovviamente il cittadino
può chiederla in qualsiasi momento, se il rapporto di fiducia si incrina per una qualche ragione, come avviene per il medico di famiglia.
Si può richiedere il mantenimento della scelta fino a 16 anni di età soltanto
per patologie croniche o situazioni di handicap documentate.
Ciascuna Asl compila gli elenchi dei pediatri di famiglia, articolati per comuni o gruppi di comuni o distretti, per permettere al cittadino di effettuare la scelta del proprio pediatra di fiducia.
Il pediatra può seguire di regola non più di 800 assistiti, ma possono essere
concesse deroghe in relazione a particolari situazioni locali, come avviene nel caso
in cui in una zona non c’è disponibilità di altri pediatri, oppure quando in una famiglia si aggiunge un nuovo bambino. Altre deroghe sono consentite anche nel caso in cui vi siano tra gli assistiti dei neonati (fino a un massimo di 880 pazienti).
Nella cosiddetta zona carente, cioè una zona nella quale non c’è un numero di
pediatri sufficiente, l’assistenza pediatrica di base può essere erogata dal medico
di medicina generale.
Compiti che il pediatra di famiglia è tenuto ad assolvere gratuitamente:
• Visite ambulatoriali e domiciliari a scopo preventivo, diagnostico o terapeutico.
• Accesso presso gli ambienti di ricovero, per seguire più da vicino la degenza del
paziente.
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• Prescrizione di farmaci.
• Certificazioni obbligatorie ai fini della riammissione alla scuola dell’obbligo, agli
asili nido, alla scuola materna o della astensione dal lavoro del genitore a seguito di malattia del bambino; richiesta di indagini specialistiche e proposte di
ricovero.
• Richiesta di visite specialistiche, di analisi cliniche e di diagnostica strumentale.
• Proposte di ricovero ospedaliero.
• Consulto con il medico specialista presso ambulatori pubblici o al domicilio del
paziente.
• Aggiornamento di una scheda sanitaria pediatrica, come nel caso del medico di
famiglia.
• Certificati per l’idoneità a eseguire attività non agonistiche nell’ambito scolastico.
Le visite
La visita pediatrica ambulatoriale viene effettuata presso lo studio del pediatra. La visita pediatrica domiciliare va richiesta entro le ore 10.00. Il pediatra valuta la necessità di effettuarla e la garantisce entro le ore 12.00 del giorno successivo alla prenotazione. La visita pediatrica occasionale è garantita al bambino che
si trova eccezionalmente fuori del comune di residenza, al costo previsto dalla convenzione nazionale; per i bambini fino a 12 anni può essere chiesto il rimborso al
distretto di appartenenza.
Bambini con patologie croniche
In questo caso è possibile chiedere al pediatra di attivare, in accordo con il responsabile dell’assistenza sanitaria del distretto nel quale risiede il paziente, un
programma di assistenza a domicilio, con un piano individualizzato, definito anche con la partecipazione di piu figure professionali. Tutto ciò allo scopo di evitare
che il bambino sia ospedalizzato continuamente. Il servizio viene attivato in caso
di piccoli pazienti affetti da: asma grave, fibrosi cistica, malattie cromosomiche o
genetiche invalidanti, sindrome di Down, cardiopatie congenite, artropatie con
grave limitazione funzionale, artrite reumatoide giovanile, patologie oncoematologiche, cerebropatie, tetraplegia, autismo e altre psicosi, epilessia, immunodeficienza acquisita, diabete mellito, oltre che in gravi situazioni di disagio socio-familiare o nel caso di bambini già sottoposti a provvedimenti tutelari da parte del
Tribunale dei minori.
Anche il pediatra di libera scelta non è un medico di emergenza e non è tenuto a essere continuamente reperibile.
Il pediatra tra i suoi compiti deve incoraggiare i bambini alle attività sportive
che favoriscono un sano sviluppo del fisico e previene eventuali devianze.
L’atteggiamento nei confronti dell’adolescente non deve essere solo critico ma
anche costruttivo: molto si può imparare dal dialogo con gli adolescenti, forse ancor di più che non frequentando i più importanti Congressi sull’argomento. È ne-
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cessario avvicinarsi il più possibile ai giovani e al loro mondo, cercando di conquistare e/o conservare la loro fiducia. Affinché questo si realizzi ogni pediatra di famiglia dovrebbe coltivare nel corso degli anni un flusso dialogico dapprima col
bambino in età prescolare, scolare, e quindi con l’adolescente, senza escludere i genitori. Solo così sarà possibile migliorare la qualità di vita degli adolescenti e per
questo anche quello della società.
La Carta Regionale dei servizi (elettronica - recente innovazione)
La Carta Regionale dei servizi (elettronica) è una straordinaria innovazione
nei rapporti tra Cittadino e Regione Lombardia, per una nuova e più veloce interazione con la Pubblica Amministrazione.
La Carta consente l’accesso ad un sistema innovativo di servizi avanzati che
verranno gradualmente resi disponibili sul territorio.
La Carta ha come primo campo di applicazione il mondo della sanità e garantisce l’accesso ai Servizi Socio-Sanitari in modo semplice, rapido e sicuro.
Va sempre portata con sé, ed esibita ogni volta che ci si rivolge agli operatori
ed alle strutture socio-sanitarie lombarde.
La Carta, dopo averla avuta in dotazione, sostituisce la Tessere Sanitaria cartacea. Inoltre, essendo anche Tessera Europea di Assicurazione Malattia, ha validità
quale modello E-111, garantendo il servizio di assistenza sanitaria nei Paesi europei.
Chi ancora non l’avesse ricevuta deve rivolgersi all’Asl territoriale per ottenerla.
Il medico di famiglia che aderisce all’utilizzo della Carta Regionale dei servizi
prescrive, firma elettronicamente e stampa ricette per farmaci, richieste di ricovero, visite specialistiche ed esami. Inoltre registra tutte queste informazioni rendendole disponibili anche ad altri operatori socio-sanitari che ne potrebbero avere
bisogno durante le cure.
Il medico di famiglia può effettuare prenotazioni per visite ed esami e consultare direttamente dal suo studio i referti dell’utente, le lettere di dimissione e i
verbali di pronto soccorso.
In farmacia il sistema consente di acquisire i dati delle ricette in maniera assolutamente sicura e controllata; con la Carta il farmacista può prenotare le visite e gli esami.
In ospedale e in ambulatorio la Carta permette, in sede di accettazione, una
maggior rapidità e sicurezza nel riconoscimento dell’assistito. I medici registrano e firmano elettronicamente i referti e possono consultare la storia clinica. La
disponibilità dei referti è comunicata al medico di famiglia tramite posta elettronica. La Carta può poi essere straordinariamente utile in situazioni di emergenza, come al Pronto Soccorso.
Con la Carta gli operatori della Asl possono erogare più velocemente servizi di
diverso tipo: scelta e revoca del medico di famiglia, registrazione delle esenzioni,
aggiornamento informazioni anagrafiche, etc.
La Carta può anche essere utilizzata nelle strutture di cura private e socio-assistenziali accreditate.
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La Guardia medica
Per assicurare la continuità dell’assistenza sanitaria, nell’intero arco della
giornata e per tutti i giorni della settimana, è prevista la presenza della Guardia
medica. (Attualmente i numeri telefonici sono: 8488-81818 / 0382.431289).
Questa è un presidio sanitario che interviene in caso di urgenza,a domicilio o
in apposite sedi di servizio, dalle ore 20 alle ore 8 di tutti i giorni feriali, e dalle ore
10 del giorno prefestivo alle ore 8 del giorno successivo al festivo.
Il medico che assicura la continuità assistenziale deve essere presente, all’inizio del turno, nella struttura assegnatagli dalla ASL e rimanere a disposizione, fino alla fine del turno, per effettuare gli interventi richiesti; non può lasciare la sede prima dell’arrivo del medico tenuto a continuare il servizio.
Il medico di guardia dispone di farmaci e materiale necessario per prestare le
cure di primo soccorso; può prescrivere farmaci per terapie di urgenza o per un ciclo di terapia di 2-3 giorni al massimo; può richiedere il ricovero ospedaliero. Inoltre può essere chiamato a rilasciare un certificato di malattia.
Per ottenere l’intervento del medico di guardia si può andare direttamente alla sede di servizio, oppure telefonare al numero dell’ASL di residenza o al 118: la
centrale operativa deciderà se inviare a domicilio un medico o un’ambulanza.
Il servizio del “118”
È il numero telefonico del pronto intervento sanitario, unico e gratuito, attivo 24 ore su 24.
Va utilizzato solo in situazioni di emergenza: gravi malori, incidenti in casa, in strada o sul lavoro, necessità di ricovero urgente, qualsiasi condizione in
cui vi sia un pericolo di vita reale o presunto.
Tutte le richieste di intervento vengono smistate dalla Centrale operativa
che farà intervenire, a seconda della gravità dei casi, la Guardia medica, l’ambulanza o l’elisoccorso.
È importante quindi che vengano date agli operatori telefonici tutte le
informazioni necessarie: nome, numero di telefono, indirizzo preciso del chiamante, descrizione e localizzazione dell’accaduto, numero e condizione delle
persone coinvolte.
Le cure all’estero
In generale la pubblica amministrazione non può negare l’autorizzazione al ricovero presso strutture sanitarie non convenzionate o all’estero quando non sia in
grado di assicurare tempestivamente le cure per la salute di cui il cittadino ha bisogno.
Le norme che disciplinano l’assistenza sanitaria all’estero sono
• Dm 13/7/80 n. 618.
• Legge n. 595 del 23/10/1985.
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•
•
•
•
•
Sentenza della Corte costituzionale 31/12/1986 n. 294.
Circolare del ministero della Sanità n. 33 del 12 dicembre 1989.
Dm 3/11/1989 modificato con Dm del 13/5/1993.
Dm 24/1/1990 modificato con Dm del 17/6/1993.
Dm 7/3/1996 (principio della libera circolazione dei cittadini per motivi sanitari all’interno dell’Unione europea).
Secondo quanto previsto dalle norme citate e da alcuni regolamenti Cee
(0408/71; 2793/81 e 2000/83), ecc., le Aziende sanitarie locali possono autorizzare
un proprio assistito a recarsi in un altro Stato membro per ricevere le cure sanitarie delle quali necessita. A tal fine l’interessato deve munirsi del modulo Cee
(modello E 111) rilasciato dalla AsI di appartenenza. Gli oneri sostenuti sono addebitati direttamente al ministero della Salute dall’istituzione estera competente.
L’assistito italiano, autorizzato al trasferimento per cure, ha diritto alle prestazioni autorizzate con le stesse modalità e limiti previsti dalle istituzioni estere per i
propri assistiti. Questo vuoi dire che le prestazioni sono erogate gratuitamente o
con il pagamento di una eventuale quota di partecipazione.
I casi in cui è ammessa la richiesta tardiva
Secondo il Dm 13 maggio 1993, si prescinde dalla preventiva autorizzazione
solo per le prestazioni di comprovata eccezionale gravità e urgenza, ivi comprese
quelle usufruite dai cittadini che si trovino già all’estero. In tal caso, la Asl può,
previa valutazione della sussistenza dei presupposti da parte del centro di riferimento, rilasciare a posteriori il modello E 111, su richiesta dell’interessato o della
istituzione estera, oppure procedere, al rientro dell’assistito in Italia, al rimborso
delle spese sostenute. La domanda di rimborso con allegata tutta la documentazione, deve essere presentata alla Asl competente entro tre mesi dalla effettuazione della relativa spesa, altrimenti si perde il diritto al rimborso.
Per quanto riguarda i trapianti viene esplicitamente ammessa la deroga in
due casi:
• L’improvvisa chiamata da parte della struttura estera dell’assistito che sia in lista nazionale trapianti da oltre 180 giorni.
• L’imprevisto ricovero per l’intervento dell’assistito che, in lista nazionale trapianti, si trovi già all’estero per accertamenti, tipizzazione, ecc.
In caso di rifiuto, che cosa fare
Qualora il cittadino intenda opporsi al rifiuto ricevuto dalla Asl è consigliabile:
• Controllare che nella lettera sia indicata la motivazione, che è obbligatoria (L.
241/90 e Carta dei servizi sanitari).
• Verificare che i centri in Italia, indicati dal centro di riferimento, siano effettivamente.in grado di effettuare la prestazione.
• Proporre una prima opposizione in via amministrativa (ricorso amministrativo
alla Asl e al centro di riferimento) allegando ulteriore documentazione.
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La ricetta
Pronunciamenti di numerosi organi giurisdizionali, e in particolare della Corte di Cassazione, hanno stabilito che la ricetta ha lo stesso valore della certificazione, e che quindi come questa deve essere corretta sia per quanto attiene la forma che il contenuto. La deroga a questi principi è considerata un reato penale, ed
il medico ne risponde direttamente. Ciò significa non solo che il sanitario è
chiamato ad attenersi ai criteri di correttezza e di veridicità nel compilare le ricette, ma anche che il cittadino deve il più possibile evitare di
chiedere trattamenti “di favore”, in deroga a tali principi.
Proprio per la sua importanza, la ricetta deve essere compilata su carta intestata o su apposito modulo (ad esempio, la ricetta “rosa”), cui va apposto un timbro che identifichi il medico prescrittore. La ricetta deve essere sempre datata e
sottoscritta. Non è accettabile una ricetta con un semplice timbro del reparto, senza che si possa risalire a chi l’ha redatta.
La riconoscibilità di chi ha prescritto un medicinale è necessaria non solo per
fini legali, ma anche per sapere a chi chiedere, in caso di dubbi o necessità, ulteriori spiegazioni riguardo le dosi o gli effetti indesiderati di un farmaco. La scrittura deve essere chiara e leggibile senza difficoltà, per non far incorrere in errore
il farmacista, che potrebbe consegnare un farmaco sbagliato e conseguentemente
mettere a rischio la salute del paziente.
Utile a sapersi
• Un buon medico sa che la posologia, i tempi e le modalità d’assunzione più corretti sono importantissimi per il successo della terapia e per minimizzare gli ineliminabili effetti collaterali; per questo motivo egli accompagna alla ricetta, specie quella che dovrà essere trattenuta dal farmacista, una esauriente spiegazione riguardo alle modalità d’assunzione con brevi note riepilogative. È buona norma richiedere tale schema quando le medicine prescritte sono molte e non si è sicuri di ricordare esattamente le istruzioni.
• Il medico di famiglia, che conosce il proprio paziente, può fare una ricetta anche
senza aver visitato il paziente ed in sua assenza; può consegnarla ad un congiunto, quando il paziente stesso sia impossibilitato a raggiungere lo studio medico.
• Se alla dimissione è necessario continuare la terapia a domicilio, il farmaco dovrebbe sempre essere prescritto direttamente dal medico del reparto ospedaliero; questa regola è quanto mai importante quando il cittadino viene dimesso dall’ospedale di sabato o in giorno festivo; infatti anche nei reparti ospedalieri e negli ambulatori è possibile usare, oltre al normale ricettario personale del medico o dell’ospedale, l’apposito ricettario ministeriale per i farmaci rimborsabili.
• Nel caso la farmacia non disponga del medicinale prescritto dal medico, il farmacista può dare un medicinale sostitutivo purchè esso abbia uguale composizione, stessa forma (es.compresse), pari indicazioni di uso, prezzo uguale o inferiore; il farmacista è tenuto a indicare nella ricetta le motivazioni della sostituzione (DPR 371/98).
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I tipi di ricetta medica
La ricetta rosa
Il modulo ministeriale, in speciale carta filigranata e numerato, può essere
usato solo per la prescrizione di farmaci “mutuabili”, cioè totalmente o parzialmente rimborsati dal Ssn. Ha appositi spazi in cui il medico deve apporre il diritto all’esenzione o alla multiprescrizione (per particolari patologie croniche). Normalmente possono essere prescritte non più di due confezioni di medicinale per ricetta, ma fanno eccezione ad esempio gli antibiotici iniettabili, o le soluzioni da flebocisi, di cui possono essere prescritti fino a sei pezzi per ricetta. In caso di multi
prescrizione per malattie croniche, come ad esempio l’ipertensione o il diabete,
possono essere prescritte tre confezioni del medesimo farmaco, e comunque non
può essere prescritta che la terapia per un massimo di due mesi .
Le ricette non possono essere corrette da altri che dal medico prescrittore, il
quale deve controfirmare la correzione in caso di errore.
Avere la corretta informazione può essere utile per evitare di richiedere al medico di famiglia la prescrizione gratuita di un farmaco con nota, quando non v’è
l’indicazione corretta. È illegale cercare di ovviare al problema delle limitazioni
mediante l’utilizzo della tessera sanitaria di un’altra persona, magari un anziano
familiare. La ricetta è valida solo nell’ambito regionale, quindi le ricette prescritte in altre regioni vanno trascritte dal medico di famiglia.
La ricetta ripetibile
È in genere la ricetta “bianca” personale del medico per farmaci che devono essere pagati per intero. Essa non viene trattenuta dal farmacista e può essere riutilizzata per ritirare fino a cinque confezioni nell’arco di tre mesi. È, ad esempio,
il caso di ansiolitici e sonniferi.
Non deve necessariamente riportare il nome e cognome del paziente, ma solo
la data e la firma del medico. È utile però ricordare che senza il nome e cognome
del paziente non è possibile detrarre fiscalmente dal reddito la spesa per l’acquisto del farmaco.
La ricetta non ripetibile
Per alcune medicine la ricetta vale solo per una volta e, tranne rare eccezioni,
deve riportare sempre il nome e cognome del paziente. Il farmacista tiene per sé
la ricetta. Per questo è importante ricordarsi di fissare bene a mente eventuali note d’assunzione e la posologia corretta, soprattutto nel caso in cui il medico non vi
abbia lasciato uno schema di istruzioni del caso. Esse hanno validità di soli 10
giorni.
La ricetta limitativa
Si tratta di una ricetta rilasciabile solo da parte di determinati centri ospedalieri ed universitari, accreditati a ciò, per farmaci di uso ospedaliero da assumere
anche dopo la dimissione, in genere destinati alla cura di patologie particolari.
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Ricette speciali
Sono ricette che utilizzano appositi moduli ministeriali timbrati a secco uno
per uno, in formato madre-figlia, di lunga e complessa compilazione a mano. Esse
servono per prescrivere alcuni farmaci che potendo essere usati anche illecitamente al di fuori delle indicazioni concesse, necessitano di un controllo prescrittivo da parte dello Stato. Questi sono in genere analgesici oppiacei, cioè analoghi
della morfina e dell’eroina, che si usano in forme dolorose di particolare gravità,
come nel caso di malati terminali di tumore.
La ricetta deve contenere nome e cognome del paziente, il suo indirizzo, l’indirizzo ed il recapito telefonico del medico, la preparazione farmaceutica e la posologia per esteso. Una recente legge sulla terapia del dolore ha semplificato le
norme, eccessivamente burocratiche e limitative, per la prescrizione di questi farmaci. Ad esempio, oggi la ricetta ha la validità di 30 giorni e quindi con quantitativi necessari per un mese e non solo per otto giorni come in precedenza, e non è
più necessaria conservarla da parte del farmacista e del medico per due anni.
Le vaccinazioni per l’infanzia
Vaccini
Sono il mezzo più efficace e conveniente per prevenire le malattie infettive e
le loro complicazioni. Stimolano l’organismo a produrre attivamente una risposta
immunitaria e lo rendono capace di resistere, cosi, alle infezioni.
Con le vaccinazioni vengono evitati nel mondo, ogni anno, non meno di tre milioni di decessi nei bambini di età inferiore a 5 anni, ed almeno 400.000 casi di polio paralitica, malattia di cui è prossima la totale eliminazione in tutto il mondo,
al pari di quanto già avvenuto per il vaiolo.
Questi traguardi sono stati raggiunti grazie al “Programma esteso di immunizzazione” (Epi), promosso dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nell’
ambito del piano “Salute per tutti nell’anno 2000”. Anche l’Italia, come Stato membro dell’Oms, ha aderito al programma Epi e ne segue le raccomandazioni, che prevedono il controllo delle malattie infettive attraverso vaccinazioni e calendari vaccinali differenti a seconda delle situazioni sanitarie dei diversi paesi.
In Italia sono raccomandabili nell’infanzia vaccinazioni per prevenire le seguenti malattie: tetano e difterite (DT), poliomielite (OPV), epatite virale B (HB),
morbillo, parotite e rosolia (MMR), infezioni da Haemophilus influenzae b (Hib),
pertosse (DTP se associata ad antidifterica-tetanica, aP se singola).
Le vaccinazioni antidifterica-tetanica (DT), antipolio (OPV), antiepatite B
(HB) sono obbligatorie per legge nel nostro paese.
Le malattie infettive dell’infanzia si manifestano spesso ciclicamente (con epidemie ogni due, tre anni), poiché nel corso dell’episodio epidemico si infettano la
maggior parte dei bambini, ed è dunque necessario un certo lasso di tempo affinché si formino nuovi gruppi di bambini suscettibili all’infezione (non protetti, perché privi di anticorpi naturali o non vaccinati). Se la maggior parte dei bambini è
vaccinata viene impedita la diffusione dell’ epidemia. Le vaccinazioni non proteggono, quindi, soltanto i soggetti vaccinati ma anche l’intera comunità.
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Vaccinazione antitetanica
Protegge dal tetano, una grave malattia batterica (mortale in oltre il 50% dei
casi) causata da un bacillo presente nell’ambiente, che può penetrare attraverso
ferite anche banali e produce una tossina potentissima che agisce sulle terminazioni nervose, provocando spasmi muscolari incontenibili.
Vaccinazione antidifterica
Protegge dalla difterite, una malattia batterica grave (mortale, nonostante la
terapia, nel 5-10% dei casi) trasmessa principalmente per via aerea. La difterite è
dovuta all’azione di una tossina che può agire sul tessuto cardiaco, sui reni, sul fegato, sul sistema nervoso causando danni anche permanenti.
L’efficacia della vaccinazione antidifterica è testimoniata dalla scomparsa della malattia nei paesi in cui è stata attuata correttamente e dalla ricomparsa della
difterite in quelle parti del mondo, come l’ex Urss, in cui la pratica della vaccinazione era stata temporaneamente trascurata.
Vaccinazione antipoliomielitica
Protegge dalla polio, malattia causata da virus che, dopo avere provocato
un’infezione a livello intestinale, possono localizzarsi nel sistema nervoso causando la paralisi di uno o piti arti e/o dei muscoli respiratori; la mortalità della malattia varia dal 2% al 10%. Grazie alla vaccinazione, la malattia è scomparsa dall’Italia, come dagli altri paesi europei, ma la sua ricomparsa è sempre possibile fintanto che ci saranno zone del mondo in cui essa è presente e diffusa.
Vaccinazione contro l’epatite virale B
Protegge dall’ epatite B, malattia che si trasmette attraverso il contatto con
sangue o con altri liquidi biologici infetti, o può essere trasmessa da madre infetta a figlio durante la gravidanza. Molto spesso l’infezione da HBV non si presenta
con una sintomatologia definita, ma sia le forme manifeste che quelle inapparenti possono andare incontro a cronicizzazione, in percentuali tanto maggiori quanto minore è l’età al momento dell’infezione, con conseguenze (epatite cronica attiva, cirrosi epatica, cancro del fegato) che si manifestano a distanza di molti anni.
Oltre 350 milioni di persone, in tutto il mondo, sono portatori cronici del virus dell’epatite B (HBV). L’epatite B presenta una mortalità, in fase acuta, dell’1%.
Vaccinazione antipertosse
Protegge dalla pertosse, una malattia batterica che può presentare quadri di
gravità variabile a seconda dell’età: sono caratteristici gli accessi di tosse convulsiva, cui segue un periodo di assenza di respiro (apnea) più o meno prolungato e
vomito. Nei bambini molto piccoli sono relativamente frequenti le complicazioni a
carico del sistema nervoso (encefalopatia), con possibili danni permanenti sia a
causa della scarsa ossigenazione del sangue durante gli accessi di tosse, sia per l’azione diretta di una tossina prodotta dal batterio della pertosse. Altre possibili
complicazioni sono laringiti, broncopolmoniti, convulsioni.
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Vaccinazione antimorbillosa
Protegge dal morbillo, malattia provocata da un virus che si trasmette per via
aerea, causando febbre alta, faringite, congiuntivite ed una caratteristica eruzione cutanea (esantema). Otiti, laringiti, broncopolmoniti, encefaliti sono complicazioni frequenti del morbillo e provocano danni permanenti (epilessia, sordità, ritardo mentale) nel 40% dei casi. Per la persistenza del virus del morbillo il danno
neurologico può manifestarsi a livello cerebrale. L’encefalite post morbillosa, che
si manifesta in un caso su mille, può essere mortale a distanza di anni dalla malattia, come la panencefalite sclerosante subacuta (Pess), rara ma gravissima malattia neurologica ad esito inevitabilmente infausto.
Vaccinazione antirosolia
Protegge dalla rosolia, una malattia virale esantematica trasmessa per via aerea che in età infantile ha andamento benigno, anche se non sono rare le complicazioni: miocarditi, pericarditi, epatiti, infiammazioni del sistema nervoso, sordità. L’infezione contratta da una donna in gravidanza può essere causa di aborto
o di gravi anomalie fetali (Sindrome da rosolia congenita) .
Vaccinazione antiparotite
Protegge dalla parotite, malattia virale trasmessa per via aerea, che si manifesta solitamente con una caratteristica tumefazione delle ghiandole salivari. Il virus della parotite esercita la sua azione anche su altre ghiandole e su altri tessuti con possibili complicazioni quali pancreatiti, meningoencefaliti, tiroiditi, nefriti,
pericarditi e, nei soggetti in età adulta, infiammazioni agli organi della riproduzione.
Vaccinazione anti-Hib
Protegge dal batterio Haemophilus influenzae b (Hib) che può essere responsabile, soprattutto nei primi anni di vita, di gravi malattie quali meningiti, epiglottiti, polmoniti, artriti purulente, setticemie. La meningite da Hib è la forma
piÙ frequente di meningite batterica nei bambini di età inferiore a 2 anni ed è responsabile di danni permanenti (sordità, ritardo mentale, epilessia) in una notevole percentuale di casi. Poiché l’80% delle forme invasive da Hib si manifestano
in bambini di età inferiore a 5 anni, è necessario fornire una protezione immunitaria più precocemente possibile.
Vi sono alcune situazioni che possono controindicare la vaccinazione, temporanee o definitve; è necessario, quindi, che i genitori, prima della vaccinazione,
consultino il medico curante che valuterà lo stato di salute del bambino ed indicherà se la vaccinazione deve essere rimandata o evitata.
Tra le controindicazioni temporanee, situazioni transitorie che escludono la
vaccinazione solo per il periodo di tempo in cui sono presenti, ci sono:
• Malattie acute con febbre di grado elevato
• Vaccinazioni con virus viventi (quali MMR e OPV) se nei 30 giorni precedenti è
stato somministrato un altro vaccino a virus viventi
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• Terapia, in corso, con farmaci che agiscono sul sistema immunitario o con cortisonici ad alte dosi
È opportuno che al bambino non venga somministrato alcun vaccino quando sono presenti controindicazioni definitive, tra cui
• Gravi reazioni a precedenti vaccinazioni
• Malattie neurologiche in evoluzione
• Malattie congenite del sistema immunitario
• Allergia alle proteine dell’uovo (se il vaccino ne contiene)
• Allergia ad alcuni antibiotici, quali streptomicina e neomicina (se il vaccino ne
contiene).
Se il bambino è affetto da malattie quali leucemie, tumori, Aids, la situazione
va valutata caso per caso.
Alcune situazioni non rappresentano vere e proprie controindicazioni ma,
piuttosto, richiedono l’adozione di alcune precauzioni nella somministrazione del
vaccino (quali la pronta disponibilità di antinfiammatori e antipiretici).
I genitori devono, quindi, segnalare al medico vaccinatore:
• Reazioni febbrili importanti ad una precedente dose dello stesso vaccino.
• Episodi di irritabilità (quali il pianto persistente e inconsolabile) che si siano
manifestati in seguito a precedenti vaccinazioni.
• Presenza, nella storia della famiglia o del bambino stesso, di convulsioni febbrili.
• Somministrazione recente di immunoglobuline.
La sicurezza dei vaccini si basa su alcuni parametri fondamentali:
• I vaccini vengono autorizzati dal ministero della Salute dopo aver superato gli
studi di efficacia, di sicurezza e di tollerabilità.
• I vaccini sono prodotti in officine farmaceutiche, autorizzate e ispezionate periodicamente, e preparati e controllati secondo metodiche di fabbricazione validate a livello internazionale.
• I vaccini sono sottoposti a controllo di Stato prima dell’immissione in commercio, ed a controlli successivi ogni qual volta sia necessario.
• I vaccini devono essere somministrati da personale qualificato nel rispetto delle norme di buona pratica (uso di vaccini conservati in modo appropriato, utilizzazione di materiale per iniezione sterile, rispetto delle vie e delle sedi di inoculazione prescritte) e dopo un’attenta valutazione delle eventuali controindicazioni definitive o temporanee.
I vaccini, pur correttamente preparati, controllati e somministrati, come tutti
i farmaci possono essere responsabili di effetti indesiderati. Tali effetti nella maggior parte dei casi sono di lieve entità e durata (arrossamento e dolore nel punto
di iniezione, malessere generale, febbricola); solo in rarissimi casi possono essere
gravi e rappresentare pericolo per la vita (convulsioni febbrili, shock anafilattico).
Non sempre è dimostrata la correlazione causa-effetto tra le vaccinazioni e gli effetti indesiderati. Il ministero della Salute effettua la sorveglianza degli eventi avversi alle vaccinazioni segnalati dai medici vaccinatori.
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ASSISTENZA FARMACEUTICA
I farmaci in commercio in Italia sono suddivisi in differenti fasce, che variano con il variare delle normative e per le quali si stabiliscono differenti modalità
di pagamento. Tra questi ci sono farmaci salvavita, che sono totalmente gratuiti
o prevedono il pagamento del ticket (la regolamentazione varia e dipende dalle
leggi finanziarie annuali o, nei prossimi anni, dalle politiche regionali). Ci sono
farmaci che sono garantiti dal Ssn solo per alcune patologie. Ci sono altri farmaci (la cosiddetta fascia C) a totale carico del cittadino.
La ricetta è valida solo nell’ambito regionale, quindi le ricette prescritte in altre regioni vanno trascritte dal medico di famiglia. Ogni ricetta può contenere un
numero determinato di confezioni di farmaci (la quantità consentita può variare a
seguito di provvedimenti via via introdotti dalle leggi finanziarie o provvedimenti
specifici, tanto nazionali che regionali).
Per malattie particolari possono essere prescritti farmaci sufficienti per un trimestre.
I farmaci si ritirano normalmente in farmacia, ma alcuni di essi sono forniti
esclusivamente dagli ospedali o dal distretto.
L’utilizzo corretto e razionale dei farmaci rappresenta ormai uno dei problemi prioritari della nuova politica sanitaria del nostro Paese.
Il Ministero della Salute promuove promuove a proposito programmi di informazione mirati ad un consapevole uso del farmaco da parte dei cittadini al fine di
educare verso comportamenti corretti atti a garantire la tutela della salute pubblica e nello stesso tempo razionalizzare le risorse messe a disposizione dallo Stato alle Regioni per la spesa farmaceutica.
Il farmaco non è un prodotto qualsiasi, ma un bene comune da usare solo e
quando serve. È solo il Medico di famiglia (o lo specialista) che lo può stabilire: è
solo lui quale riferimento importante che riconosce il bisogno di salute del cittadino, gli prescrive il farmaco più adatto e lo aiuta ad usarlo correttamente.
Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il farmaco: “è un composto che, introdotto in un organismo vivente, può modificarne una o più funzioni. Il farmaco può curare le cause di una malattia
o solo i suoi sintomi, può essere utile o dannoso non solo per le sue proprietà, ma anche per l’uso che ne viene fatto, per il quale a sua volta dipende in primo luogo dal grado di conoscenza che se ne possiede”.
Gli effetti che il farmaco determina, una volta introdotto nell’organismo,
possono essere di due tipi: effetto terapeutico positivo o effetto indesiderato (negativo).
Il rapporto tra dose attiva e dose alla quale compaiono i primi effetti indesiderati determina la maneggevolezza di un farmaco.
N.B. - Su disposizione della Regione Lombardia le strutture assistenziali accreditate (pubbliche e private) devono fornire a tutti i loro pazienti – all’atto delle
dimissioni dopo il ricovero – una nuova pratica sanitaria, per migliorare l’appro-
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priatezza e la qualità delle prestazioni sanitarie fornite ai malati, denominata “1°
ciclo terapeutico”, che consiste nel fornire al paziente i farmaci necessari da assumere nei primi giorni di convalescenza a casa (al medico di famiglia sono riservate le ulteriori e/o successive prescrizioni).
ASSISTENZA INTEGRATIVA
Il Ssn eroga gratuitamente i seguenti prodotti: ausili tecnici per l’incontinenza, cateteri, siringhe da insulina, integratori alimentari, alcuni farmaci, reagenti
diagnostici, alimenti aproteici, materiale di medicazione, ossigeno liquido od altro
materiale analogo.
Hanno diritto ad usufruire di tali prodotti i cittadini che siano affetti dalle seguenti patologie: diabete, incontinenza degli sfinteri, morbo celiaco, fibrosi cistica
o mucoviscidosi, fenilchetonuria, omocistinuria, leucinosi, tirosinemia, istidinemia, iperlisinemia, iperammoniemia, acidemia metilmalonica, galattosemia, glicogenosi tipo 1, intolleranza ereditaria al fruttosio.
Sono destinatari dell’assistenza integrativa i pazienti in trattamento di deospedalizzazione domiciliare, in ossigenoterapia domiciliare a lungo termine, i pazienti
dializzati e nefropatici cronici gravi in terapia desensibilizzante mediante appositi
vaccini, invalidi di I categoria di guerra o di servizio; atomizzati, pazienti para e tetraplegici, persone affette da demenza senile. I prodotti vengono prescritti dal medico di base o dal pediatra di libera scelta. Normalmente per la prima prescrizione è
necessaria una autorizzazione della Asl; le successive seguono la procedura normale. La fornitura è fatta dalle farmacie della regione, dal distretto o consegnate a domicilio. Le modalità di erogazione possono comunque variare da Asl ad Asl.
L’autorizzazione del distretto non serve per i seguenti prodotti: reagenti diagnostici, siringhe monouso da insulina, aghi e lancette. Per gli invalidi sopra citati non
serve l’autorizzazione per gli articoli di medicazione ed i galenici.
HANDICAP
La presa in carico della persona con disabilità (proposta ANFFAS)
Tenendo in considerazione la delibera regionale riguardante l’unità d’offerta
RSD (Residenze Socio-sanitarie per Disabili), il termine “persone con disabilità”
significa la volontà di porre al centro la persona con la propria dignità ed il diritto a rimanere nella propria Comunità, a contatto con le proprie reti familiari e sociali.
La “persona al centro” vuole significare il riconoscimento del soggetto che collabora, partecipa e sceglie il processo di inclusione sociale direttamente o attraverso chi la rappresenta; significa pure che viene considerata la sfera dei suoi "diritti umani" quali la dignità, la libertà, l'uguaglianza, rispettando così i principi costituzionali di “non discriminazione” e “pari opportunità”, affermati anche nei do-
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cumenti del Consiglio dell’Unione Europea e dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite – che, necessariamente, devono essere accompagnati da azioni reali e positive, affinché non restino solo e soltanto “Diritti di carta” –.
Il progetto della “presa in carico della persona con disabilità” (che è stato oggetto di un convegno nazionale organizzato a Roma dall’Anffas il 9 Maggio 2004,
durante il quale è stata presentata una proposta di legge, elaborata dalla FISH e
dall’Anffas medesima, tesa a garantire alla “persona con disabilità” un progetto
globale di vita), prevede un “processo di presa in carico” che si connota come l’insieme delle attenzioni, degli interventi e delle condizioni che per l'intero arco della vita garantisca la valutazione delle abilità e dei bisogni e predisponga azioni atte a favorire la partecipazione alla vita sociale, economica e culturale delle persone stesse.
Il riferimento legislativo sta nelle legge 8/11/2000 n° 328 – “Legge quadro per
la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, precisamente
all’art. 14, “Progetti individuali per le persone disabili” – tenendo conto però che
già prima dell’emanazione di questa legge è stata individuata come dimensione
eticamente corretta e culturalmente condivisa quella dell'intervento individualizzato si può fare riferimento anche:
1) alla Legge 517/ 77 sull’integrazione scolastica;
2) al D.P.R. del 28/02/94 che prevede la diagnosi funzionale degli alunni con disabilità, il profilo dinamico funzionale ed il piano educativo individualizzato;
3) alla Legge 162/98 sui progetti personalizzati per persone con grave disabilità;
4) al D.M. 7/05/98 sul piano terapeutico e riabilitativo personalizzato;
5) alla L. 68/99 sul collocamento al lavoro mirato;
6) al già citato art. 14 della Legge 328/2000 che prevede una valutazione e degli
interventi in base alla condizione bio-psico-sociale della persona ed alle risorse/bisogni delle famiglie.
Il Piano Sociale Nazionale del 2001 indica il bisogno quale soglia d'accesso al
sistema dei servizi e degli interventi, la partecipazione ed il coinvolgimento degli
interessati, nonché la flessibilità dei servizi e delle reti.
Il D.P.C.M. (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) 14/2/2001 “atto
di indirizzo e coordinamento per l’integrazione socio-sanitaria”, le linee guida per
la riabilitazione, il D.P.C.M. 29 novembre 2001, che stabilisce i livelli essenziali di
assistenza in sanità e nel settore socio-sanitario, completano il quadro legislativo
esistente.
Secondo l’art. 14 della Legge n° 328/2000 solo il Comune ha la titolarità,
d’intesa con l’ASL nella dimensione del distretto, per garantire a chi lo richiede
un progetto globale di vita, come strumento dinamico che segue l’evoluzione dei
bisogni.
Il “processo di presa in carico globale” necessita però di strumenti e definizioni organizzative che, in assenza di norme statali, possono essere oggetto di norme
regionali, dopo la modifica del Titolo V della Costituzione e la conseguente responsabilità data alle Regioni.
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Ora cosa occorre per garantire il reale processo di presa in carico?
1) Un luogo che sia il centro della valutazione e della definizione del progetto globale, con l’istituzione in ogni Distretto di una èquipe di valutazione multifunzionale, per valutare i bisogni, fissare mete e obiettivi e stabilire azioni positive per rimuovere eventuali ostacoli;
2) Un codice condiviso per valutare le condizioni di salute e qui si auspica di avere come meta e approdo l’utilizzo dell’ICF (Classificazione Internazionale del
Funzionamento della salute e disabilità) messo a punto dall’OMS;
3) Un responsabile del progetto che sia punto di riferimento per garantire il coordinamento fra il progetto generale e quelli specifici;
4) Un dossier unico che raccolga tutta la documentazione e che costituisce la banca dati del progetto;
5) Una condivisione del significato e delle finalità del progetto globale fra i vari attori interessati.
Inoltre secondo quanto previsto anche dal Piano Sociale Nazionale del 3 maggio 2001, sarebbe altresì necessario avere:
1. Una porta unitaria di accesso ai servizi sociali e socio-sanitari; in effetti nei
Piani di Zona già l’attività di Segretariato Sociale è finalizzata a garantire unitarietà di accesso, capacità di ascolto, funzione di orientamento, di filtro e gestione dei tempi di attesa;
2. La gestione dei Piani di Zona e dei Programmi di Attività Distrettuali secondo
una unica strategia programmatica.
In conclusione l’esame delle norme sopra richiamate porta naturalmente ad
affermare che:
– lo Stato ha chiaramente indicato il diritto della persona con disabilità (e di chi
la rappresenta) di potere disporre di uno strumento che riunisca in un unico
ambito progettuale le indicazioni diagnostiche e i piani di intervento riferiti sia
agli aspetti sanitari che sociali;
– non essendoci alcuna limitazione riferita alle diverse fasi della vita, se ne deduce che tale strumento deve essere considerato dinamico e impostato e gestito
in modo da seguire l’evoluzione dei bisogni e delle risposte per l’intero arco della vita della persona, anche se con particolare riferimento all’età evolutiva;
– la valutazione del bisogno, al fine della definizione della tipologia e natura delle prestazioni, deve essere condotta mediante condizioni organizzative e professionali all’insegna della multidisciplinarietà, ricercando altresì il coinvolgimento della persona e del contesto familiare e sociale.
Questa è la proposta che le Associazioni che tutelano le persone con disabilità
chiedono alla Regione, ai Comuni e alle ASL di tenere presente e di rendere operativa per poter fare un reale passo avanti nella qualità di vita delle persone con
disabilità e delle loro famiglie.
Da ultimo, conoscendo quanto può influire il Governo della Regione Lombardia sul Governo Centrale e nell'ambito della Conferenza unificata Stato Regioni,
viene chiesto:
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1. il massimo impegno perché riprenda il suo corso la proposta di legge per la costituzione del Fondo per la non autosufficienza, per ora bloccato dal Ministero
del Tesoro;
2. un’attenta sollecitazione affinché venga incrementato il Fondo Sociale Nazionale.
3. l’emanazione del D.P.C.M. previsto dal D.Lgs. 109/98, come integrato dal
D.Lgs. 130/00 che rende certa l’applicazione dell’art. 3 comma 2 ter dei citati
decreti legislativi, in base al quale si è preso in considerazione il solo reddito
dell’assistito quando questi sia ultrasessantacinquenne con non autosufficienza accertata o persona con handicap permanente grave accertato ai sensi della
Legge 104/92; per quanto riguarda la contribuzione al costo per prestazioni di
natura socio-sanitaria.
Ospedalizzazione
Accoglienza medica dedicata ai disabili gravi con deficit comunicativo e l’introduzione di una nuova cultura di relazione fra medico, paramedico e paziente.
Uno dei problemi che preoccupano molto i genitori di persone con disabilità intellettiva e relazionali gravi, è il caso in cui emerge la necessità di un intervento
diagnostico o terapeutico in ambito ospedaliero, per cui si determinano oggettive
difficoltà di assistenza, accoglienza e gestione, soprattutto se si tratta di un paziente disabile con gravi difficoltà di comunicazione o con una situazione psico-motoria gravemente compromessa.
Il ricovero di un paziente disabile grave ha sempre carattere di urgenza in
quanto:
– si crea nei sanitari e nei famigliari una situazione di allarme;
– non vi è capacità descrittiva ed analitica da parte del soggetto;
– si deve distinguere la nuova patologia dal quadro clinico di base, legato alla minorazione;
– generalmente non c’è storia clinica aggiornata del paziente;
– sorge uno stato di diffidenza conseguente alla possibilità di un coinvolgimento
per la struttura più impegnativo di quanto avvenga per un paziente normale.
La sperimentazione in corso presso l’ospedale San Paolo di Milano, sostenuta
dalla Regione Lombardia, dalla facoltà di Medicina e Chirurgia e dalla LEDHA
(Lega per i diritti degli handicappati) e denominato Progetto DAMA (acronimo di
“Disable Advanced Medical Assistance”, ha realizzato un’Unità operativa per interventi diagnostici e terapeutici tempestivi su disabili gravi. Ci auguriamo che la
sperimentazione possa allargarsi ad altri ospedali qualificati come il San Matteo
di Pavia, sorgendo nell’ambito del Dipartimento di Urgenza ed Emergenza, caratterizzato dalla presenza di competenze multidisciplinari e di alte specializzazioni,
con finalità di assistenza, ricerca e didattica.
La finalità è di superare l’attuale situazione di incompletezza di prestazioni,
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di precarietà di interventi e di sostanziale disorganizzazione e deresponsabilizzazione.
La realtà di questa fascia di soggetti deboli è pesante e complessa ed il numero delle persone adulte con gravi difficoltà psicomotorie è elevato, come è confermato dai dati nazionali ISTAT e CENSIS nonché regionali.
Inoltre va ricordato che circa il 50% delle persone disabili gravi adulte non autosufficienti non è a carico di alcuna struttura socio-assistenziale pubblica o privata e vive isolata in seno alla famiglia, con il solo aiuto dei genitori anziani e la
maggior parte di essi non ha mai avuto una diagnosi complessiva precisa dello stato di salute, né tanto meno aggiornata.
Le finalità da raggiungere attraverso un servizio dedicato, come è il progetto
DAMA, sono
1) una risposta pronta e completa allo stato di malattia del soggetto disabile, garantendogli una assistenza continua, con l’utilizzo anche di una Card Sanitaria.
2) Un coinvolgimento dell'Università per studi e ricerche delle patologie che colpiscono trasversalmente i disabili con differenti menomazioni.
3) Una concreta ed esauriente informazione sull’iniziativa da offrire alla popolazione, ai medici di famiglia, alle farmacie, alle associazioni di volontariato, alle strutture territoriali.
4) Una collaborazione con associazioni di volontariato qualificato per il rilevamento dei bisogni, per suggerimenti e proposte.
5) Il Passaggio da un’iniziativa sperimentale ad un modulo flessibile da adottare
sul territorio regionale e nazionale.
ASSISTENZA PROTESICA
Il Ssn provvede a fornire le protesi (arti artificiali, apparecchi vari, ecc.) o ausili sanitari (stampelle, scarpe ortopediche, letti con spondine, materassi speciali,
carrozzelle, pannoloni traverse, sacche urine, cateteri, ecc.) attraverso ditte convenzionate o direttamente dal distretto. La richiesta deve essere fatta presso il
proprio distretto previa prescrizione di uno specialista dell’Asl, ad esclusione dei
pannoloni, traverse, sacche urine e cateteri, per cui è sufficiente la prescrizione del
medico di famiglia.
Hanno diritto all’assistenza protesica: gli invalidi civili, di guerra, per servizio, cieche e sordomuti, i minori di 18 anni affetti da patologie evolutive, le persone in attesa dell’accertamento da parte della Commisione per l’invalidità. Le forniture di protesi sono esenti dalla partecipazione alla spesa (ticket), mentre per gli
ausili, ad esempio quelli per l’incontinenza, i cittadini non riconosciuti invalidi devono pagare il ticket.
Per ciò che riguarda la tempistica e i quantitativi, esiste un nomenclatore tariffario delle protesi a degli ausili, periodicamente aggiornato a livello nazionale,
che specifica le regole di erogazione per ogni categoria. Anche in questo caso, la
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materia verrà delegata alla potestà delle regioni.
Se l’ammalato ha bisogno di protesi e/o ausili
Protesi
Ausili
Carrozzine, letti ortopedici,
Materassi antidecubito,
Protesi acustiche,
Protesi mammarie, protesi d’arto
Scarpe ortopediche, ecc.
Pannoloni,
Cateteri e sacche per urolostemie,
Ausili per la prevenzione e la cura
delle piaghe da decubito, ecc.
Cose deve fare l’ammalato e/o suo delegato:
– rivolgersi agli operatori competenti presso la sede A.S.L. di territorio per avere
tutte le informazioni necessarie ad espletare la relativa procedura, sugli orari e
sul ritiro della documentazione necessaria, quindi
– recarsi dal Medico di famiglia per la redazione dell’impegnativa per prenotare
ed effettuare la visita specialistica.
Lo specialista iscritto nell’apposito elenco regionale, che opera in Ospedale o Poliambulatorio rilascerà specifica prescrizione (mod. 03/76D),
– consegna della prescrizione (mod. 03/76D) agli operatori competenti A.S.L., e
solo per le protesi* anche il preventivo del possibile fornitore delle stesse.
Le esenzioni del ticket sui farmaci
Sono esentati i cittadini con patologie croniche e rare
Chi è interessato?
Dal 1° ottobre 2004 sono esentati totalmente dal pagamento del ticket sui farmaci i cittadini con patologie croniche e rare, per i farmaci correlati alla patologia
(DGR VII/18475,30 luglio 2004).
Chi ne ha diritto?
I cittadini in possesso della tessera di esenzione per patologia che appartengono a un nucleo familiare con un reddito complessivo, riferito all’anno precedente, non superiore a 46.600, incrementato in funzione della composizione del nucleo
familiare.
Come si ottiene?
Il cittadino avente diritto dovrà compilare il modulo di autocertificazione per
il reddito e utilizzare a partire dal 1° ottobre: la certificazione provvisoria.
N.B. - Per ulteriori informazioni contattare la propria Asl o il sito www.sanità.regione.lombardia.it
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Le regole vigenti si dividono essenzialmente in tre parti:
• Le condizione per l’esenzione
• Patologie che danno diritto all’esenzione
• Cosa fare (per ottenere l’esenzione)
Le patologie croniche e invalidanti che danno diritto all’esenzione
Si citano di seguito alcune delle patologie croniche più note: anemie, artriti,
asma, cirrosi, demenze, diabete, epatiti, epilessia, infezioni varie, insufficenze renali, respiratorie e croniche, Alzheimer, ipertensione, vaccinazioni per l’infanzia ecc.
L’elenco delle patologie aggiornato si può conoscere recandosi o telefonando alla propria Asl territoriale.
Come fare
Il diritto all’ esenzione è riconosciuto recandosi presso gli Uffici della propria
Asl di residenza dell’assistito in base alla verifica dell’esistenza della malattia e alla sua certificazione.
Le certificazioni per le Malattie croniche invalidanti possono essere rilasciate
da ospedali o ambulatori pubblici, ma sono valide anche: la cartella clinica rilasciata da una struttura pubblica; la cartella clinica rilasciata da istituti accreditati dal Ssn, dietro valutazione del medico di distretto della Asl competente; la copia
del verbale di invalidità, i certificati delle commissioni mediche degli ospedali militari, le certificazioni di strutture pubbliche della Ue.
Le esenzioni delle quali si è parlato fanno riferimento, prevalentemente, alla partecipazione dei cittadini alla spesa per esami diagnostici e visite specialistiche necessari per accertamenti ed esami di controllo per patologie croniche o
rare riconosciute. Per quanto riguarda i farmaci, vale la pena di ricordare che
dal 16 gennaio 2003 è in vigore il nuovo prontuario farmaceutico nazionale (D.M.
20 dicebre 2002), suddiviso in due classi, la A, con farmaci totalmente gratuiti
per i cittadini, e la C, con farmaci completamente a carico dei cittadini. I farmaci di classe A fanno parte, a tutti gli effetti, dei Lea (Livelli essenziali di assistenza), e come tali devono essere garantiti gratuitamente da tutte le regioni.
Continuano ad esistere, tuttavia, ticket regionali sulle ricette, spesso assai diversi da regione a regione, tanto per l’importo richiesto al cittadino che per il rispetto o meno delle esenzioni per patologia.
Invalidità civile
Si intende per invalidità civile la riduzione della capacità lavorativa. A seconda della percentuale di invalidità riconosciuta, che è determinata sulla base di diversi elementi, si acquisisce il diritto a differenti livelli di aiuto fisico, sociale ed
economico.
L’essere invalido civile dà diritto ad una serie di prestazioni che scaturiscono
dal riconoscimento, effettuato da apposite Commissioni istituite presso tutte le
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Asl, di una condizione congenita o acquisita, tale da comportare una riduzione permanente della capacità lavorativa e/o un danno funzionale permanente (legge
118/71 eD. Lgs. 509/88).
Le percentuali
La determinazione della percentuale di riduzione della capacità lavorativa
deve basarsi:
• sull’entità della perdita anatomica o funzionale, totale o parziale,di organi od
apparati;
• sulla possibilità o meno dell’applicazione di apparecchi protesici che garantiscano in modo totale o parziale il ripristino funzionale degli organi ed apparati
lesi;
• sull’importanza che riveste, in attività lavorative, l’organo o l’apparato sede del
danno anatomico o funzionale.
I “benefici” che ne derivano
In base al diverso grado della riduzione della capacità lavorativa e/o del danno funzionale permanente, la Commissione sanitaria determina la concessione dei
benefici. È necessario presentarsi all’Ufficio competente delle invalidità civili della propria Asl per tutte le informazioni e le disposizioni aggiornate.
Il passaggio di competenze da Prefettura a Inps
Dal 1999 le competenze per i pagamenti dei benefici economici agli invalidi civili, precedentemente facenti capo al ministero dell’Interno e, a livello locale, alle
prefetture, sono passate alle sedi periferiche dell’Inps (Istituto nazionale di previdenza sociale).
Questo trasferimento di competenze è finalizzato a un piu veloce ed efficiente
disbrigo delle pratiche, dato che il servizio viene decentrato e quindi è più vicino
al cittadino.
Per ulteriori informazioni rivolgersi direttamenre all’Asl di residenza.
Stranieri in Italia
È importante ricordare che, grazie alle nuove normative, vengono inclusi nei
benefici gli stranieri con permesso di soggiorno superiore ad un anno (e dei minori
iscritti nella loro carta di soggiorno). Questo significa, ad esempio, che per l’accesso alle provvidenze economiche concesse agli invalidi civili, ai sordomuti, ai ciechi
civili e agli indigenti non sarà più un requisito essenziale la cittadinanza italiana.
Attenzione: nessuna di queste indennità è reversibile.
Le domande e i ricorsi
Per richiedere l’invalidità è necessario presentare domanda all’Asl di residenza, compilando l’apposito modulo in tutte le sue parti, allegando:
• Certificato rilasciato dal proprio medico di base, attestante la natura delle infermità per le quali si chiede il riconoscimento dell’invalidità.
• Certificato di residenza in carta semplice.
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• Eventuali altre certificazioni sanitarie (cartelle cliniche, analisi di laboratorio,
referti radiografici, ecc.).
• In sede di accertamento sanitario è possibile farsi assistere da un proprio medico di fiducia (art.l p. 4, L. 295/90).
• Con idonea documentazione medica che attesti l’impossibilità a presentarsi,
può essere anche richiesta l’effettuazione della visita domiciliare.
Servizio di medicina legale e preventiva
Il servizio di prevenzione, igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro si attiva su richiesta degli utenti ed autonomamente su programmi d’intervento mirati. È preposto al controllo dell’attuazione di tutte le norme di sicurezza poste a salvaguardia degli ambienti di lavoro. Vigila sull’applicazione della normativa vigente in
materia di igiene sul lavoro, sicurezza degli impianti, indagini ambientali sul rumore, inquinamenti, campi elettromagnetici (antenne paraboliche per telefoni, ripetitori in genere), microclima ambientale, amianto, ecc. Il servizio è preposto a
garantire l’esercizio delle funzioni di controllo da parte delle Asl.
Il servizio di vigilanza sanitaria ha la competenza di intervenire, sia d’ufficio
sia a richiesta del cittadino, sul rispetto delle norme igieniche nei servizi pubblici,
nelle mense, anche scolastiche, e nella catena di distribuzione degli alimenti.
Esprime inoltre un parere al sindaco in materia di igiene edilizia e, su richiesta,
verifica la potabilità dell’ acqua. Ha altresì il compito, su richiesta del cittadino, di
provvedere alla disinfezione, alla disinfestazione e alla derattizzazione.
Il servizio di medicina legale provvede a molteplici attività di certificazione riguardanti: rinnovo della patente, rinnovo del porto d’armi, rilascio del libretto sanitario, stato di salute della persona, della avvenuta guarigione degli scolari, vaccinazioni, test tubercolina, conduttori di caldaia, gas tossici, cessione dello stipendio, gravidanza, colonie e campeggi, esenzione cinture di sicurezza, questioni elettorali, contrassegno invalidi, sepoltura e riesumazione salme, controllo sulle autolettighe e sui carri funebri.
Inoltre il servizio istruisce e sottopone alla commissione per l’invalidità civile le
domande inoltrate, istruisce le pratiche da inviare all’ospedale militare, effettua le
visite fiscali; informa le persone colpite da malattie infettive in seguito a trasfusione di sangue, e svolge altre incombenze di minore entità. Si occupa anche degli accertamenti collegiali inerenti l’attuazione della legge 104/92 (assistenza, integrazione sociale e diritti delle persone portatrici di handicap).
Servizio tossicodipendenze
Il servizio tossicodipendenze (Sert) è di norma dislocato presso il distretto sanitario ed ha la funzione istituzionale di informare il cittadino sulle problematiche
inerenti la dipendenza da alcol, da farmaci, da droghe in particolare. Il servizio ha
il compito, inoltre, di proporre un piano d’intervento, di guidare il cittadino durante il trattamento, di esercitare ogni strumento previsto per prevenire la tossi-
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codipendenza. Il Sert coordina la propria attività in sintonia con la famiglia, con
l’apparato giudiziario e con le strutture sanitarie esistenti sul territorio.
Servizio veterinario
Il servizio veterinario si occupa della profilassi delle malattie infettive degli
animali, dell’ anagrafe bovina, ovina e caprina; vigila sull’alimentazione zootecnica,
sui farmaci usati in zootecnica, sulla macellazione, confezione, trasporto, importazione ed esportazione degli animali. Il servizio provvede alla profilassi e al benessere di tutti gli animali, compresi quelli da compagnia. Si occupa inoltre della profilassi antirabbica, interviene nel controllo del randagismo e dell’abbandono di animali. Provvede al controllo sulla lavorazione del latte, del pesce, su tutti i prodotti
animali destinati alla alimentazione umana.
IL CONSULTORIO
Il Consultorio è un servizio rivolto al singolo, alla coppia, alla famiglia istituito con L. 405/75 e L.R. 44/76, che offre interventi e prestazioni, prevalentemente
di ordine preventivo, finalizzati a soddisfare i bisogni dei singoli, delle coppie e delle famiglie in ordine alla educazione sessuale, alla procreazione consapevole, alla
tutela della gravidanza e della maternità, alla assistenza psicologica e sociale.
Peculiarità del Consultorio è la presenza al suo interno di una molteplicità di
figure professionali (ostetrica, ginecologo, psicologo, assistente sociale, etc.), che rispondono in modo integrato ai bisogni specifici presentati dalle diverse tipologie di
utenza.
Gli interventi consultoriali riguardano:
– educazione sanitaria
Applicazione della legge 194/98 “Norme per la tutela sociale della maternità
sull’interruzione volontaria della gravidanza”
– assistenza psicologica e sociale al singolo, alla coppia e alla famiglia
L’A.S.L di Pavia ha implementato sul territorio provinciale una rete di Consultori che, oltre alle attività citate offrono: consulenza psicologica e sociale, corsi di
preparazione al parto, spazio giovani, adozione, affido familiare
– consulenza psicologica e sociale
Per consulenza psico-sociale si intende la possibilità per singoli, coppie, famiglie di rivolgersi al Consultorio per problematiche di ordine affettivo, relazionale,
educativo, ecc.. Attraverso uno o più colloqui di approfondimento condotti dello psicologo e/o dalla assistente sociale, è possibile individuare l'intervento più opportuno che può essere di tipo informativo, di sostegno, di presa in carico o di invio ad
altri servizi anche di tipo specialistico.
Allo scopo sono previsti incontri di gruppo anche con l’assistente sociale finalizzati alla informazione su:
– le nuove leggi e normative sul diritto di famiglia, i diritti della donna in ospe-
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dale, i primi documenti del bambino e l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale, informazioni sugli asili nido e altri servizi per la prima infanzia.
Corsi di preparazione al parto
In tema di prevenzione particolare attenzione rivestono i Corsi di preparazione al parto che hanno la finalità di fornire non solo alla donna, ma alla coppia, sostegno ed informazioni per affrontare la gravidanza, il parto e il puerperio in modo più consapevole, attivo ed autonomo.
I corsi prevedono una serie di incontri di training autogeno (metodo RAT) al
fine di apprendere le tecniche più idonee da utilizzare al momento del parto.
Sono previsti alcuni incontri, aperti anche ai padri, condotti da personale dei
reparti ospedalieri (ginecologi, ostetriche, pediatri, anestesisti) che consento di anticipare quali saranno gli interventi e le modalità che l’ospedale mette in atto nei
confronti della partoriente e del nascituro.
Spazio giovani
Le problematiche che attraversano gli adolescenti presentano peculiari aspetti che richiedono un’attenzione particolare e modalità di risposta specifiche.
Lo Spazio giovani offre, ad una utenza compresa tra i 14 e 24 anni, consulenza sociale, psicologica, ostetrica, ginecologica, dietologica.
Caratteristiche dello Spazio giovani sono l’apertura del servizio in momenti
specifici differenziati dalla restante utenza e l’accessibilità diretta alle prestazioni
senza appuntamento.
Adozione
Il Consultorio fornisce le informazioni e la consulenza nei confronti delle coppie che desiderano adottare un bambino; segue, durante il periodo di affido preadottivo l’inserimento del minore nella nuova famiglia sostenendo la coppia genitoriale e svolge per conto del Tribunale le indagini richieste.
Il Consultorio organizza dei gruppi di informazione-formazione sia per le coppie aspiranti adottive, sia per le famiglie che hanno in corso l’anno di affido preadottivo.
Affido familiare
L’affido familiare prevede che un minore, la cui famiglia non possa temporaneamente fornirgli tutto ciò che è necessario per un adeguato sviluppo psico-fisico, possa essere accolto presso un altro nucleo familiare disponibile ad occuparsi
di lui fino a quando i problemi della sua famiglia di origine non si siano risolti.
Il Consultorio promuove campagne informative e di sensibilizzazione dell’opi-
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nione pubblica all’affido e incontri di preparazione e formazione degli aspiranti affidatari (famiglie, coppie o anche singoli) attraverso colloqui di approfondimento e
la partecipazione ai gruppi delle famiglie affidatarie.
Nel corso dell’affido gli operatori del Consultorio seguono il minore, la famiglia
affidataria e quella di origine sino al momento in cui risulti opportuno il rientro
del minore nel nucleo familiare di provenienza.
Mediazione familiare
La mediazione familiare è un percorso di aiuto offerto a genitori che, in via di
separazione o già separati, vivono situazioni di profondo disaccordo ma desiderano continuare ad essere genitori efficaci.
Si concretizza in una serie di colloqui condotti da operatori specializzati in mediazione familiare, finalizzati a sostenere i genitori nell’esercizio delle loro funzioni e delle responsabilità genitoriali e nell’assunzione da parte loro, anche in situazioni di grave conflitto, delle decisioni riguardanti i figli.
Il servizio di mediazione familiare, attivo presso alcuni Consultori, costituisce
una risposta alle problematiche sempre più emergenti che investono oggi l’evoluzione della famiglia e le sue forme costitutive (a causa di separazioni, ricomposizioni, ecc.) e conseguentemente gli aspetti che riguardano l’esercizio del ruolo genitoriale e lo sviluppo educativo dei figli.
Per qualsiasi necessità relativa ai paragrafi precedenti è possibile consultare
il sito web: www.asl.pavia.it
11. L’Ospedale - Ricovero ospedaliero
L’accettazione
L’Ufficio Accettazione è situato all’ingresso principale dell’ospedale, è aperto
tutti i giorni a orari stabiliti. Qui si svolgono le pratiche amministrative e di prenotazione, si esibiscono i documenti personali e clinici richiesti secondo il tipo di
ricovero, si riceve la “Carta dei Servizi” dell’ospedale.
I documenti necessari:
• richiesta di ricovero del Medico di famiglia del medico di Guardia medica territoriale o del medico specialista ospedaliero o del medico di Pronto Soccorso o del
medico specialista;
• documento d’identità (Carta d’identità o Passaporto);
• codice fiscale;
• tessera sanitaria;
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• eventuale documentazione clinica recente, per evitare la ripetizione di alcuni
esami;
• permesso di soggiorno per cittadini extracomunitari.
Le modalità di pagamento:
• il ricovero con il Servizio Sanitario Nazionale (SNN) è onnicomprensivo e il malato non deve pagare nulla;
• il ricovero Privato o Solvente completo consiste nel pagamento di tutte le prestazioni sanitarie ed alberghiere;
• il ricovero a differenza di classe consiste nel pagamento della sola retta alberghiera da parte dell’assistito: chiedere il contratto dettagliato prima del ricovero.
Il ricovero ordinario
È previsto per il trattamento di patologie non urgenti o per condizioni che richiedono particolari approfondimenti diagnostici che non si possono eseguire in
ambulatorio. L’Accettazione interpella il reparto di competenza ed il medico responsabile provvede al ricovero immediato, oppure, se non c’è disponibilità del posto letto, all’inserimento del paziente in una lista di attesa.
All’atto della prenotazione si ha diritto di conoscere il tempo di attesa massimo entro il quale quella particolare prestazione deve essere garantita.
Il ricovero programmato
Soprattutto per quanto riguarda gli interventi chirurgici il ricovero ospedaliero è programmato secondo i seguenti criteri:
1. ordine cronologico della prenotazione per patologie e quadri clinici della stessa
natura;
2. tipologia, gravità e caratteristiche dello stato di malattia.
Il ricovero d’urgenza e di emergenza
Lo stabilisce il medico del Pronto Soccorso, di sua iniziativa o su richiesta di
un medico esterno, quando le condizioni del paziente esigono un intervento medico, diagnostico, o curativo nello spazio di poche ore (Urgenza), o immediatamente
(Emergenza).
Nel caso di indisponibilità immediata del posto letto, dopo le prime cure il paziente può essere trasportato, in ambulanza e con l’assistenza di personale medico-infermieristico, in un’altra struttura ospedaliera.
Il percorso chirurgico
Si riportano qui di seguito alcune regole, alle quali sono vincolati i medici di
famiglia e i medici ospedalieri per accompagnare e assistere il cittadino che deve
effettuare un intervento chirurgico. L’itinerario che viene descritto è il frutto di un
lavoro comune e di un accordo sottoscritto dai medici di famiglia della Fimmg (Fe-
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derazione italiana dei medici di medicina generale) e dai medici ospedalieri dell’
Anaao Assomed (Associazione nazionale aiuti e assistenti ospedalieri - Associazione della dirigenza medica) per iniziativa del Tribunale per i diritti del malato. Nulla di quanto indicato è fuori da quanto già previsto dalle leggi. Quindi ogni cittadino deve non solo conoscere tali procedure, ma chiederne il rispetto ogni qual volta si trovi nelle situazioni descritte.
◆ Richiesta di visita specialistica ambulatoriale da parte del medico di famiglia.
La richiesta deve indicare in modo chiaro e leggibile, privilegiando l’uso del computer per una migliore leggibilità, il quesito diagnostico, insieme alle informazioni sanitarie che il medico di famiglia ritenga pertinenti e comunque importanti. Queste, desunte dalla scheda sanitaria individuale conservata dal medico, possono riguardare la storia clinica, pregressa e prossima, del paziente, con
particolare attenzione alle patologie concomitanti ed alle terapie croniche.
◆ Referto ambulatoriale del medico specialista. Anche il referto della consulenza
deve essere chiaro e leggibile, e contenere i suggerimenti diagnostici e terapeutici del caso, con riguardo alle note Cuf (Commissione unica del farmaco) e
quindi alla prescrivibilità del farmaco. Egli può inoltre suggerire eventuali ulteriori accertamenti necessari, specificando al paziente che, se propedeutici al
ricovero per intervento chirurgico, questi ultimi non richiedono ulteriore impegnativa e quindi alcun pagamento del ticket.
◆ Scheda di accesso al ricovero da parte del medico di famiglia. La scheda, che fa
parte integrante della cartella clinica, deve essere redatta, analogamente a
quanto previsto per la visita ambulatoriale, in modo chiaro, leggibile ed esaustivo, nonché riportare la storia clinica del paziente.
◆ Medico di riferimento. Per ogni paziente ricoverato per un intervento chirurgico viene individuato, tra i medici del reparto, un medico-tutor quale figura di
riferimento per il paziente stesso al fine di garantire una funzione di ascolto, di
continuità informativa e di orientamento per tutto il corso della degenza.
◆ Visita del medico di famiglia. Il medico di famiglia è tenuto a recarsi a visitare
il suo paziente presso la divisione di degenza quando ne ravvisi esso stesso la
necessità, nonché quando ciò venga richiesto dai medici del reparto e/o dal paziente stesso. Le aziende ospedaliere si impegnano a favorire l’accesso del medico di famiglia, consentendo ove possibile anche l’accesso gratuito ai parcheggi dell’ ospedale.
◆ Sportello telefonico di reparto. Nei reparti chirurgici viene istituito un servizio
di risposta telefonica, con orario settimanale o bisettimanale, nel corso del quale un chirurgo di turno si rende disponibile a ricevere le telefonate del medico
curante, che si renderà riconoscibile, in ottemperanza alla normativa sulla privacy, comunicando un codice pin, assegnato al suo paziente al momento del ricovero.
◆ Reperibilità del medico di famiglia. Per tutta la durata del ricovero il medico di
famiglia deve assicurare la sua reperibilità telefonica, in modo da consentire al
paziente o ai suoi familiari o, ancora, ai medici del reparto, la possibilità di un
rapida consultazione secondo necessità.
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◆ Consenso “valido” (informato). I medici di famiglia e i medici ospedalieri sono
tenuti a tenere costantemente informati, anche al di là e oltre la sottoscrizione
del modulo del consenso, i propri pazienti dei motivi, compresi i rischi e i benefici, dell’intervento da effettuare, delle modalità operatorie scelte, del tipo di decorso e degli eventuali disturbi, anche dolorosi, che potranno subire, e delle cure riguardanti il decorso post-operatorio, che dovranno essere prestate dal medico chirurgo e dal medico curante.
◆ Lettera di dimissioni ed avviso di dimissioni al medico di famiglia. La lettera
deve contenere precise informazioni sull’intervento chirurgico con la spiegazione succinta del procedimento (anche con schede preconfezionate, qualora l’atto
operatorio configuri una novità tecnica), il relativo decorso, le possibili complicazioni, i suggerimenti terapeutici specificando i farmaci, le eventuali prescrizioni e le prestazioni erogabili in regime di Ssn, ]a programmazione di visite di
controllo. In tale contesto è indispensabile che il medico di famiglia venga avvisato qualora le dimissioni avvengano in giorno festivo e/o relativamente a pazienti non ancora autosufficienti, in modo da garantire al cittadino la dovuta
copertura terapeutica anche farmaceutica ed evitare dimissioni non seguite da
una continuità assistenziale presso la propria abitazione.
◆ Liste d’attesa. Al fine di consentire una corretta informazione al cittadino, è necessaria la massima trasparenza dei tempi presumibili d’attesa, delle priorità
attraverso le quali vengono compilate le liste, della possibilità di usufruire dell’attività libero-professionale in intramoenia con il costo preventivato in modo
chiaro e dettagliato.
Consigli generali per il paziente che deve affrontare
un intervento chirurgico
Diciamo innanzitutto che un intervento chirurgico è sempre una cosa seria.
Questo vuol dire che non esistono interventi “banali” o “cose da poco”; un intervento è sempre un atto invasivo che può essere più semplice o complesso, durare
poco o tanto, essere più o meno impegnativo ma, comunque, mai banale. Considerare un intervento chirurgico come “banale” vuoi dire sminuire un atto che comunque rappresenta una invasività nel nostro organismo ed esporlo a possibile
complicanze immediate o tardive indipendentemente dalla perizia o competenza
con la quale viene svolto. Cosi’ come pretendiamo giustamente che l’Ospedale o la
Clinica presso la quale ci rechiamo per essere sottoposti ad un intervento sia accogliente, pulita, rispettosa delle norme igieniche generali fondamentali e specifiche
per la patologia di cui siamo affetti; altrettanto dobbiamo prepararci in modo adeguato per favorire un decorso il più possibile normale ed aiutare noi stessi nel prevenire spiacevoli complicanze che meritano soprattutto anche da parte nostra una
attenzione ed una attiva collaborazione. Di fronte alla malattia non dobbiamo essere soggetti passivi ma soggetti attivi e collaboranti al fine di giungere nel miglior
modo possibile al traguardo della guarigione. Naturalmente questi consigli riguardano gli interventi chirurgici programmati e programmabili; le urgenze e le emer-
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genze va da se che rappresentano una evenienza del tutto diversa. Per questo consigliamo alcune norme elementari che a molti potranno sembrare banali o “scontate” ma che spesso, invece, sono del tutto trascurate e disattese. Prima di tutto, se
la malattia ce lo consente, è bene lavarsi accuratamente prima del ricovero facendo un bagno od una doccia e, in particolare, dobbiamo prestare molta attenzione a
quelle che sono zona “a rischio” naturale del nostro organismo, soprattutto se l’intervento chirurgico avverrà in prossimità o a carico di queste zone. Si deve quindi
provvedere a lavare non solo accuratamente tutto il corpo ma anche molto bene le
parti intime quali gli organi genitali e la zona del perineo, cioè la zona circostante
alle parti genitali stesse. Inoltre, se l’intervento verrà svolto, ad esempio a livello
del piede, si dovrà, provvedere a tagliare accuratamente le unghie ed a pulirle con
cura. Nel caso ad esempio di un intervento a carico della spalla sarà buona norma
lavare molto accuratamente le ascelle e provvedere alla loro rasatura completa. Lo
stesso dicasi per le mani che dovranno essere accuratamente lavate, pulite le unghie ed evitare di stendere smalti od altro. Non è il caso di truccarsi il volto; l’Ospedale non è un luogo di incontro ed esibizione, per cui il trucco è inutile ed a volte controproducente. L’anestesista infatti avrà bisogno di vedere il colore naturale
delle vostre unghie e delle vostre labbra per evidenziare, ad esempio, durante l’anestesia, la presenza di un colorito normale o la comparsa di una cianosi o altro. È
altrettanto importante che il nostro organismo sia globalmente preparato ad affrontare quanto ci aspetta. Se abbiamo carie dentarie o problemi gengivali importanti o granulomi, è bene recarsi dal dentista; non dimenticate che germi provenienti dalla bocca possono, attraverso il sangue, infettare la zona dell’intervento
chirurgico, specie se si tratta di impianto di protesi articolari, cardiache o vascolari. Lo stesso dicasi per eventuali affezioni dell’orecchio e della gola. La presenza di
una gola arrossata, che brucia alla deglutizione può nascondere una faringite virali o batterica che merita una cura adeguata da parte del vostro Medico di famiglia. Anche la presenza di infezioni a livello delle unghie ( ad esempio una unghia
incarnita), si sono rivelate fonti a volte gravi di infezioni secondarie. Analogamente bruciori quando si urina, potrebbero essere sintomi di cistite e, come tali, possibile fonte di contaminazione. La presenza del flusso mestruale, contrariamente a
quanto si ritiene, non controindica, salvo casi particolari, la esecuzione di un intervento, tuttavia essendo l’intervento stesso programmabile è bene sottoporsi in
una fase del ciclo “libera” da questo impedimento. La presenza di “perdite” che, secondo voi, sono al di fuori della norma, come ad esempio perdite gialle o giallo verdastre sarebbe bene che venissero verificate consultando il ginecologo. Anche la
presenza di foruncoli di grosse dimensioni o anche di piccole dimensione ma vicini
alla zona che dovrà essere operata, sono da curare prima. Un foruncolo giallastro
altro non è che un piccolo ascesso a carico di una ghiandola sebacea provocato da
un germe tipico della nostra pelle chiamato “Stafilococco Aureo”. Questo germe dalle statistiche rappresenta la fonte maggiore di infezioni post-chirurgiche. La sera
prima del ricovero, se non è prescritto un digiuno o una preparazione particolare,
deve essere trascorsa, in casa, in tranquillità, ed il pasto sia del mezzodì che della
sera deve essere leggero e facilmente digeribile.
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Se state seguendo delle terapie con farmaci per altre patologie già in atto, salvo diverse prescrizioni date, potete continuare ad assumerli, soprattutto nel caso
di malattie quali il Diabete o la Ipertensione. Resta il fatto che in caso di dubbio
la miglior cosa è consultare l’Ospedale che dovrà accogliervi o il vostro Medico di
famiglia.Come vedete sono consigli apparentemente “banali” e che possono apparire più che scontati. Tuttavia tali non sono osservando come le persone si presentano per affrontare una evenienza chirurgica. Seguirle costa poco o niente ma ci
aiuterà ad affrontare seriamente cio’ che seriamente deve essere affrontato, un
evento molto importante per noi, cioè un Intervento Chirurgico.
Il Day Hospital
Il Day Hospital (ospedale diurno) è un tipo di ricovero in cui il paziente riceve
prestazioni mediche senza dover rimanere in ospedale oltre le ore necessarie per
la loro effettuazione.
Si accede al servizio, di carattere diagnostico-terapeutico e riabilitativo, su impegnativa del Medico di famiglia.
Il paziente verrà chiamato telefonicamente al suo domicilio secondo l’ordine
cronologico della prenotazione e si recherà in ospedale nel giorno e ora stabiliti
munito della Tessera sanitaria e della documentazione clinica eventuale.
Durante il primo giorno di ricovero si avrà la visita medica specialistica, la
compilazione della cartella clinica e si eseguiranno gli esami necessari.
Il secondo giorno inizierà il trattamento riabilitativo al termine del quale verrà
consegnata al paziente una lettera di dimissioni indirizzata al Medico di base.
Il Day Surgery
Il Day Surgery è una modalità di ricovero ospedaliero a ciclo diurno.
Molti interventi chirurgici di lieve entità si possono eseguire con il ricovero
programmato Day Surgery, o cicli di ricoveri, ciascuno di durata inferiore alle 12
ore, con prestazioni multiprofessionali e plurispecialistiche.
Ciò offre al paziente il vantaggio di non dover interrompere la propria vita sociale.
Le prestazioni vengono erogate nei reparti di degenza sotto il controllo dell’équipe medica di riferimento.
Si accede a questo tipo di assistenza su indicazione del medico di reparto.
A chi rivolgersi durante il ricovero
Al Medico curante del reparto per
– informazioni sul programma diagnostico e terapeutico e sul proprio stato di salute;
– eventuali reclami inerenti l’assistenza;
– tempi di degenza, dimissioni e terapia domiciliare.
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I medici di famiglia e i medici ospedaliere sono tenuti a tenere costantemente
informati, anche al di là e oltre la sottoscrizione del modulo del consenso, i propri
pazienti dei motivi, compresi rischi e benefici, dell’intervento da effettuare, delle
modalità operatorie scelte, del tipo di decorso e degli eventuali disturbi, anche dolorosi, che potranno subire, e delle cure riguardanti il decorso post-operatorio, che
dovranno essere prestate dal medico chirurgo e dal medico curante
Al Capo sala per
– regolamento del reparto;
– orario di visita dei parenti;
– richiesta dei Ministri di culto.
Alla Direzione sanitaria per
– richiesta della fotocopia della cartella clinica (all’ufficio competente);
– reclami inerenti l’assistenza medica e infermieristica (U.R.P.).
La dimissione
La dimissione del paziente dall’ospedale è decisa dal primario o, in sua assenza, dall’aiuto primario.
Essa avviene per guarigione completa, guarigione parziale per trasferimento
ad altra struttura sanitaria o reparto, per volontà propria, per morte.
Ogni cittadino che è stato ricoverato in una struttura sanitaria ha diritto ad
avere tutta la documentazione dopo le dimissioni dall’ ospedale.
Per i minori, gli interdetti e gli in abilitati, ha diritto di accesso ai dati clinici
la persona che detiene la tutela giuridica (genitori, tutori, curatori).
Guarigione completa
Quando il primario dispone la dimissione, il paziente è costretto a lasciare l’ospedale, anche contro la sua volontà, salvo potersi ripresentare al medico di guardia del Pronto Soccorso per una nuova accettazione di ricovero.
Guarigione parziale
Nel caso di guarigione parziale si ha la dimissione protetta, e cioè l’ospedale
deve provvedere alla possibilità di continuare le cure a domicilio.
Trasferimento
La dimissione per trasferimento, ovvero il ricovero in un’altra struttura sanitaria o reparto, può essere decisa dal primario o essere richiesta dal paziente, che
deve comunque rivolgersi a lui e quindi al Direttore sanitario.
Il costo del trasferimento in altra struttura è a carico dell’ospedale.
Volontà propria
Il malato può chiedere di essere dimesso anche contro il parere del primario:
in questo caso deve rilasciare una dichiarazione scritta del motivo per cui chiede
la dimissione volontaria che contenga anche il parere contrario del medico.
Tale dichiarazione sarà conservata agli atti dell’ospedale.
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Per i pazienti minorenni e per gli interdetti la decisione spetta ai familiari.
Morte
In caso di morte del malato i familiari hanno diritto alla restituzione della documentazione clinica personale ed alla relazione medica, al trasferimento della
salma nella camera mortuaria dell’ospedale, alla sistemazione della stessa senza
alcun onere ed infine alla celebrazione del Rito secondo la propria confessione religiosa.
N.B.: Prima di lasciare l’ospedale, è necessario aver ricevuto la lettera di dimissione: questa riporta gli esami eseguiti, la diagnosi, le terapie
effettuate e quelle consigliate al medico di famiglia.
È inoltre opportuno chiedere sempre una copia della cartella clinica,
che sarà ritirata in seguito, e/o farsi rilasciare i certificati necessari per
un eventuale rapporto di lavoro.
Come tutelarsi in caso di dimissioni forzate
Nel momento in cui ci si trova nella situazione nella quale i sanitari stanno
per procedere alle dimissioni di un soggetto anziano non autosufficiente o con una
malattia cronica e si è convinti che le sue condizioni non siano tali da consentire
l’uscita dalla struttura ospedaliera o che ci sia bisogno di ulteriori terapie non effettuabili a casa, il cittadino deve:
• Non farsi intimorire dalla richiesta di portarsi a casa il proprio congiunto: l’ospedale ha una precisa responsabilità nei confronti del paziente e non può dimetterlo se la famiglia non è in grado di occuparsene o se le terapie ancora da
praticare non sono affrontabili a domicilio.
• Non firmare o far firmare al paziente alcun foglio di dimissioni. Prendere immediato contatto con il primario del reparto e con i medici che hanno avuto in cura
il degente, raccogliendo maggiori informazioni sulla situazione.
• Far intervenire il medico di base presso la struttura ospedaliera in modo da accertare le reali necessità di cura del degente e l’esistenza di ulteriori terapie e
interventi da effettuare. Si ricordi a questo proposito che gli art. 31 e soprattutto 35 c. 4 dell’ accordo nazionale con i medici di medicina generale prevedono l’accesso del medico di famiglia nei luoghi di ricovero dei propri assistiti, in
particolare al fine di evitare dimissioni improprie.
• Richiedere alla direzione sanitaria di intervenire al fine di individuare una soluzione adeguata, attivando l’unità di valutazione geriatrica, i servizi di assistenza sociale e i responsabili delle Rsa, laddove esistono.
• È sempre consigliabile, comunque prima delle possibili dimissioni, iniziare ad
attivarsi autonomamente presso l’ufficio apposito della Asl di appartenenza, inserendosi in lista d’attesa e accelerando così i tempi della visita dell’Unità di
valutazione geriatrica.
• Se nessuno è disponibile ad ascoltare, se l’Uvg tarda ad arrivare, se il medico
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di famiglia ha difficoltà o non intende mettersi in moto, si consiglia di attivare
la procedura che segue.
Procedura avverso le dimissioni forzate dall’ospedale
Poiché l’art. 4 della legge n. 595 del 1985 stabilisce che: “avverso gli atti con
cui si nega o si limita ai cittadini la fruibilità delle prestazioni di assistenza sanitaria, sono ammesse osservazioni ed opposizioni in via amministrativa redatte in
carta semplice, da presentarsi entro 15 giorni dal momento in cui l’interessato abbia avuto conoscenza dell’atto contro cui intende osservare ed opporsi al comitato
di gestione della Asl, che decide in via definitiva entro 15 giorni”, il Tribunale per
i diritti del malato ha approntato un modulo per opporsi alle dimissioni improprie
o immotivate.
Il modulo, la cui bozza viene consegnata dal Tribunale per i diritti del malato
di Pavia negli orari di apertura, deve essere spedito con raccomanda A/R al direttore generale della Asl e al direttore sanitario dell’ospedale, e consegnato al primario del reparto, non prima però di aver fatto valutare la effettiva gravità della
situazione clinica al medico curante o a uno specialista di fiducia, ed aver richiesto apertamente i chiarimenti del caso ai responsabili di reparto (le motivazioni
della dimissione, la eventuale prosecuzione delle cure, la struttura dove potrebbe
essere inserito a tale scopo).
Bozza del Modulo per opporsi alle dimissioni improprie
Al direttore generale della AsI ……………………………………………………....…
Al direttore sanitario dell’ospedale ……………………………………………...……
Al primario del reparto ………………………………………………………………..………
e copia p.c.
alla Rete - Tribunale dei diritti del malato di Pavia
Visto l’articolo 4 della legge 23 ottobre 1985 n. 595, chiedo che mio/a (marito, moglie)
, nato/a ……………………...................………… il ………………........………………
residente a ………………......................……...………… , in via ………………...............………………, attualmente
ricoverato/a presso l’ospedale …………………….........................................................................................…………,
reparto ……………………………… non venga dimesso/a o venga trasferito/a in un altro reparto dello stesso ospedale o in un'altra struttura idonea per i seguenti motivi:
……………………….......................………
1) a causa della malattia (breve descrizione), mio/a (marito, moglie, ecc.) ……………………
…………………………….....................… ha necessità di interventi sanitari non praticabili a domicilio e che richiedono il ricovero in una struttura sanitaria;
2) le mie condizioni di salute (e/o di lavoro, e/o di altro genere) non mi consentono assolutamente di provvedere a mio/a ………………................................................. il/la quale necessita di cure e di assistenza 24 ore su 24.
Al riguardo preciso che il mio familiare non può essere lasciato solo a casa.
Confido nell’accoglimento della presente e nel non allontanamento di mio/a
da ……………………………… in modo da poterlo seguire.
………………………………
Data
68
………………………..........................………
Firma
……………………………..........................................
12. La cartella clinica
Che cosa è la cartella clinica
La cartella clinica consiste in un diario giornaliero nel quale gli operatori sanitari registrano tutte le informazioni riguardanti lo stato di salute del paziente,
la diagnosi, le terapie, le analisi e gli accertamenti strumentali ai quali esso viene
sottoposto.
La cartella è un atto pubblico, nel senso di un atto finalizzato a una pubblica
funzione (validità giuridica). Pertanto la sua compilazione deve seguire alcune regole, in modo da rendere tale documento corrispondente al suo scopo: deve essere
costantemente aggiornata, completa e soprattutto leggibile in ogni sua parte. Ogni
alterazione, incompletezza e altro difetto costituiscono reato perseguibile dal magistrato (falso materiale, art. 476 del codice penale).
Gli operatori sanitari, quindi, sono tenuti a
• compilare la cartella quotidianamente (in particolare è il primario che ha questo onere);
• rendere possibile l’identificazione dei soggetti responsabili, attraverso firme
leggibili e timbri:
• raccogliere dal malato e trascrivere tutte le informazioni necessarie a un’anamnesi completa;
• facilitare l’eventuale passaggio del degente ad altra struttura fornendo con rapidità e precisione tutta la documentazione inerente al caso;
• far prendere visione della documentazione al medico di famiglia e ad altri medici in modo che essi possano eventualmente esprimere un parere sulle cure da
effettuare (consulti).
La cartella clinica deve contenere, ai sensi del Dm 5/8/1977.
Si tratta di un optional, che può servire per facilitare il rapporto tra medico
ospedaliero e medico di famiglia.
• La diagnosi di entrata.
• Le generalità complete del paziente.
• L’anamnesi personale e familiare.
• L’esame obiettivo.
• Gli esami di laboratorio e specialistici.
• La diagnosi.
• La terapia.
• Gli esiti e i postumi.
Durante la degenza il responsabile della compilazione, della conservazione e
della buona tenuta è il primario del reparto. La corretta compilazione della cartella clinica fa parte della valutazione della qualità delle cure da parte dell’ équipe medica ed è quindi un “oggetto” importante, sia per il medico che per il cittadino. Purtroppo ancora non è divenuta prassi comune in tutti gli ospedali italiani la
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cartella clinica infermieristica, che invece rappresenta un ulteriore elemento di
giudizio della situazione sanitaria, soprattutto dal punto di vista del controllo sulla somministrazione delle terapie e sull’assistenza del malato.
La conservazione della cartella clinica e degli altri accertamenti diagnostici
La cartella clinica va opportunamente conservata e archiviata in luoghi propri, non soggetti ad alterazioni climatiche e non accessibili a estranei. La perdita
di tale documentazione configura una responsabilità da parte dell’amministrazione ospedaliera. Una volta dimesso il paziente, ne è responsabile il direttore sanitario (non pio il primario del reparto). Tutta la materia inerente la conservazione
è regolata dal Dpr 30 settembre 1963 n. 1409 sull’ordinamento degli archivi di Stato, dal Dpr 128 del 27 /3/1969 e soprattutto dalla circolare n. 61 del 19 dicembre
1986 del ministero della Sanità. La circolare del 1986 (ultimo atto emesso in tale
materia) stabilisce che le cartelle cliniche, unitamente ai relativi referti, vadano
conservate illimitatamente poiché rappresentano un atto ufficiale. Per quanto riguarda radiografie ed altri esami diagnostici effettuati, questi devono essere conservati almeno per venti anni. La cartella inoltre è un atto che deve rimanere riservato. La divulgazione illegittima del suo contenuto può condurre a conseguenze di ordine penale. Essa costituisce un bene di cui risulta proprietario l’ente ospedaliero.
Il diritto di accesso alla documentazione (visione e rilascio) e i consulti esterni
Secondo quanto previsto dalla legge n. 241 del 1990 (sull’ accesso agli atti della pubblica amministrazione) e da recenti leggi regionali (vedi capitolo 1.2) il paziente ricoverato ha diritto a prendere visione della propria cartella clinica durante la degenza.
Lo stesso diritto ha anche il medico di famiglia, il quale dovrebbe essere comunque in stretto collegamento con i medici del reparto e garantire la trasmissione di più informazioni possibili sul paziente (art. 31 dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale 1998-2000 sull’accesso del medico di famiglia in ambiente di ricovero; Dpr 128/1969 sul diritto
del paziente alla visione della cartella).
Se si ritiene necessario procedere con un consulto esterno finalizzato ad acquisire il parere di altri medici o di centri specializzati in Italia e all’estero, il paziente ha diritto di ottenere una relazione medica esaustiva sulla sua situazione
clinica, redatta dal proprio medico curante che ha accesso alla documentazione
medica. Come è detto anche all’ art. 21 del nuovo codice di deontologia dei medici,
il primario deve rendersi disponibile, consapevole che comunque tale consulto non
è teso a incrinare il rapporto di fiducia instaurato con il paziente, ma è diretto solo ad arricchire il quadro clinico.
Ogni cittadino che è stato ricoverato in una struttura sanitaria ha diritto ad
avere tutta la documentazione dopo le dimissioni dall’ospedale. Le amministrazioni sanitarie sono tenute a consegnare copia della cartella clinica entro pochi
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giorni e a costi ridotti. La quantità di giorni per il rilascio varia a seconda di quanto è previsto nelle carte dei servizi delle singole aziende sanitarie e dalla normativa regionale. Ad ogni modo, non può superare i 30 giorni, come è stabilito al livello nazionale dalla legge n. 241 del 1990 sull’accesso agli atti amministrativi. Anche per quanto riguarda i costi, essi devono essere ridotti e quindi riferirsi alla sola riproduzione. In molte regioni è stato stabilito un limite che si aggira intorno ai
20,66 euro (cifra forfettaria che non comprende la riproduzione di radiografie o altri referti per i quali si richiedano strumenti tecnici particolari).
È da notare la contraddizione tra la norma che regola il dovere di conservazione dei documenti da parte delle strutture sanitarie e quella che stabilisce il diritto del paziente al possesso di tutte le informazioni che riguardano il suo stato di
salute. Infatti, nel caso di documentazione non duplicabile (ad esempio referti
bioptici o vetrini) l’ospedale può pretendere delle garanzie a propria tutela: dalla
sottoscrizione di una liberatoria al pagamento di una cauzione in denaro, fino all’
autorizzazione a consultare il materiale solamente all’interno della struttura.
Per i minori, gli interdetti e gli inabilitati, ha diritto di accesso ai dati clinici
la persona che detiene la tutela giuridica (genitori, tutori, curatori). In caso di decesso del malato, i parenti possono chiedere la documentazione, quali eredi diretti, dimostrando il rapporto di parentela attraverso un atto notorio o certificato richiesto al comune.
La cartella clinica e le case di cura private
Anche le case di cura private sono tenute a conservare la documentazione clinica e dare copia al paziente. Infatti, pur non essendo obbligate dalla legge che regola gli atti della pubblica amministrazione, sono soggette al Dm 5/8/1977 che prevede, tra i doveri del direttore sanitario, il rilascio delle copie delle cartelle cliniche ai malati assistiti nella struttura (art. 19).
In caso di difficoltà...
Per quanto riguarda il rilascio della cartella clinica, se alla prima richiesta esso viene rifiutato o c’è una evidente perdita di tempo, il cittadino può presentare
una diffida ai sensi della legge 241/90. Se il ritardo permane, si può presentare denuncia alle autorità competenti (carabinieri, polizia, Procura della Repubblica) per
omissione di atti d’ufficio, ai sensi dell’ art. 328 del codice penale.
Il cittadino deve accertarsi che la cartella clinica sia completa e non in estratto e, di conseguenza, ha diritto ad entrare in possesso di tutta la documentazione
che è stata prodotta, perché è l’unico modo per poter individuare elementi riguardanti la responsabilità professionale del personale medico e infermieristico. In caso di alterazione o incompletezza nei contenuti, che sia evidente e dimostrabile, il
responsabile, e cioè il primario, può essere denunciato per il reato di falso ideologico. Se, in attesa del rilascio, si sospetta che la documentazione possa essere alterata per coprire una responsabilità del personale ospedaliero (ad esempio nel caso di
un presunto errore diagnostico o terapeutico) si può chiedere il sequestro della cartella clinica alle sopraccitate autorità competenti, motivandolo accuratamente.
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13. Il Pronto Soccorso
Il Pronto Soccorso è la porta dell’ospedale verso la città, cui si possono rivolgere i cittadini per trovare risposte ai propri bisogni urgenti di salute.
Il cittadino può accedervi per accesso diretto o con i mezzi di soccorso del 118.
La “mission” del Pronto Soccorso è “garantire risposte e interventi tempestivi,
adeguati e ottimali ai pazienti giunti in ospedale in modo non programmato per
problematiche di urgenza e di emergenza” e più specificamente il Pronto Soccorso
è in grado di “garantire a ogni cittadino bisognoso un appropriato orientamento
diagnostico-terapeutico e, nei casi di emergenza, il recupero e la stabilizzazione
delle funzioni vitali”.
Molti Pronto Soccorso hanno anche la funzione di Accettazione, cioè controllano la programmazione dei ricoveri ordinari in tutte le Cliniche per garantire la disponibilità dei posti letto per l’urgenza.
ISTRUZIONI PER L’UTILIZZO DEL PRONTO SOCCORSO
Quando andare in Pronto Soccorso
La risposta ottimale del Pronto Soccorso ai bisogni urgenti di salute dei cittadini deve essere tempestiva e adeguata: a questo scopo Medici e Infermieri sono a
disposizione 24 ore su 24.
Per ottenere una risposta rapida e adeguata ai propri bisogni sanitari è necessario rivolgersi al Pronto Soccorso solo quando sussistono reali necessità. Il cittadino che non presenta situazioni di reale urgenza/emergenza non deve recarsi al
Pronto Soccorso, ma deve rivolgersi al proprio Medico Curante, al Servizio di
Guardia Medica (notturno, prefestivo e festivo) e/o ai Poliambulatori sul territorio.
Le visite di pronto soccorso che non hanno i caratteri dell’urgenza (codice bianco
attribuito dal Medico alla fine della visita) sono soggette al pagamento del ticket.
(DELIBERA REGIONALE DGR VII/11534 DEL 10/10/2002, PRONTO SOCCORSO; ne sono esenti dal 10 marzo 2003 i bambini di età inferiore ai sei anni e gli anziani di età superiore ai 65 anni). Vedi foglio allegato per nuova normativa rivolta
agli ammalati e distribuita durante il triage.
L’arrivo in Pronto Soccorso (il Triage)
Il ruolo del Pronto Soccorso è gradualmente cambiato nel corso degli ultimi anni. Sono infatti mutati gli scenari esterni della società e si sono modificate le aspettative della popolazione nei confronti dei servizi sanitari. Ciò ha determinato un
notevole incremento di accessi con la crescente esigenza di “filtrare”, non solo i ricoveri ospedalieri, ma anche le richieste di visita con l’attribuzione dei codici di
priorità.
L’ordine di accesso alla visita medica in Pronto Soccorso non è determinato né
dall’ordine di arrivo né dalla fretta dei pazienti, ma viene stabilito da personale
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sanitario formato (Infermiere Triagista) in base a criteri codificati. Quindi il paziente che si presenta al Pronto Soccorso viene visitato in relazione alla gravità delle sue condizioni cliniche.
Questo sistema si chiama TRIAGE, parola francese che significa “scegliere, selezionare, mettere in fila” e prevede l’impiego di un codice di priorità (per lo più un
codice-colore), in cui a ogni colore corrisponde un livello di gravità e di urgenza. Lo
scopo è quello di poter assistere immediatamente i pazienti più gravi e quindi, in
funzione della gravità e dell’urgenza, tutte le altre persone che si presentano al
Pronto Soccorso.
La prima valutazione dell’urgenza è effettuata dall’Infermiere Triagista (IT)
all’arrivo del paziente in Pronto Soccorso.
La permanenza del paziente in Pronto Soccorso
Una volta entrati in Pronto Soccorso, dopo il Triage, si viene inseriti in un percorso di diagnosi e cura. In certi casi il Medico può consigliare al paziente un periodo di permanenza in Pronto Soccorso per attendere i risultati degli esami o la
stabilizzazione e il chiarimento diagnostico della sintomatologia in atto (osservazione temporanea e/o ricovero breve in Pronto Soccorso).
Il paziente, al termine dell’iter diagnostico-terapeutico, può essere dimesso
(rinviato a casa) o ricoverato in ospedale.
DIMISSIONI DAL PRONTO SOCCORSO
Al momento della dimissione viene consegnata al paziente una relazione clinica per il Medico di famiglia (Curante), con le indicazioni sul trattamento ricevuto in Pronto Soccorso ed eventuali prescrizioni per la prosecuzione delle cure. Tale relazione va conservata. Non vengono consegnati invece i documenti originali
relativi agli esami ematochimici, ECG e le radiografie che sono archiviate presso
l’archivio del Pronto Soccorso. Tali documentazioni possono essere richieste in copia all’Ufficio Cartelle Cliniche della Direzione Sanitaria.
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CARTELLINO CONSEGNATO AL PAZIENTE AL MOMENTO
DELL’ACCOGLIENZA (TRIAGE) DALL’INFERMIERE TRIAGISTA
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14. La donazione degli organi
Il trapianto di organi è la sostituzione di un organo non funzionante in un soggetto ricevente con un altro che ha cartteristiche compatibili ed è in buone condizioni di funzionalità, proveniente da un donatore. Il trapianto viene generalmente eseguito con un intervento chirurgico. Esistono anche interventi di trapianto dei
tessuti, in cui si innesta il tessuto del donatore nel ricevente, come nel caso di trapianto di midollo osseo. Il trapianto di organi, allo stato attuale delle conoscenze
mediche, è l’unico trattamento possibile per alcune malattie. Gli organi che si possono donare sono: cuore, polmoni, fegato, reni, pancreas, intestino.
I tessuti che si possono donare sono: cornee, valvole cardiache, vasi sanguigni,
ossa, cartilagini, tendini, cute, membrana amniotica, midollo osseo. Anche e spe-
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cie il sangue rientra nei tessuti che si possono donare. I possibili donatori di organi e tessuti sono le persone che muoiono in ospedale nei reparti di rianimazione a
causa di lesioni irreversibili del cervello. Ottenuto il consenso del donatore o dei
suoi familiari, accertato il decesso cerebrale ed escluse possibili malattie trasmissibili, è possibile pensare al prelievo di organi ben funzionanti; la malattia di uno
o più organi non esclude l’utilizzo di altri organi o tessuti per il trapianto.
Per quanto riguarda invece i tessuti, ad esempio le cornee, possono essere donate da tutti i soggetti deceduti a cuore fermo, purchè idonei dal punto di vista delle malattie trasmissibili.
Anche le persone viventi possono donare, in alcune circostanze, organi o tessuti: è il caso, per esempio, del sangue e della membrana amniotica.
Gli organi vengono prelevati in ospedali accreditati dalla Regione o dal Ministero, da esperti chirurghi in una vera e propria seduta operatoria. Il corpo viene
trattato con la stessa tecnica chiruriga riservata ad un vivente, e, in più, con il rispetto dovuto a una salma. Alla fine di un intervento, il corpo viene ricomposto e
consegnato ai familiari per le procedure relative alla sepoltura.
Non esistono limiti di età alla donazione se non per particolari organi; le cornee e il fegato di soggetti ultraottentenni possono essere prelevati e trapiantati con
successo. Gli organi vengono assegnati ai pazienti in lista di attesa da centri di riferimento interregionali. La scelta dei riceventi è fatta in base a criteri oggettivi:
condizioni di urgenza, compatibilità clinica e immunologica con il donatore.
Il trapianto degli organi avviene nelle ore immediatamente seguenti al prelievo.
I tessuti invece vengono trattati con particolari tecniche e conservati (anche a
lungo) in apposite banche (Banche dei Tessuti e delle Cornee), che li distribuiscono, con la massima garanzia di sicurezza, agli ospedali che ne fanno richiesta.
I trapianti corneali non possono essere eseguiti con tessuti che non siano certificati secondo normative ben precise stabilite a livello nazionale ed europeo. La
Banca degli Occhi di Pavia compie queste attività da molti decenni. Le funzioni
principali svolte sono quelle di ricevere, selezionare, conservare, distribuire le cornee idonee per trapianto. I tessuti devono presentare caratteristiche di sicurezza
per il ricevente e di ottima funzionalità (trasparenza e vitalità endoteliale). La
conservazione può essere della durata di pochi giorni o protrarsi per più di un mese o addirittura per anni a seconda delle metodiche impiegate dalla Banca. Tutti i
procedimenti della Banca garantiscono una rintracciabilità dal punto di vista medico-legale del tessuto con il rispetto della privacy del donatore e del ricevente.
Per qualsiasi informazione dei cittadini di Pavia e provincia è possibile telefonare al 0382.503155 - fax 0382.501806 nelle ore d’ufficio.
Il trapianto di organi in Italia viene eseguito in ospedali e strutture sanitarie autorizzati dal Ministero della Salute. Il Policlinico “San Matteo” di Pavia è autorizzato al prelieco e trapianto di cuore, polmoni, reni, pancreas, midollo osseo, cornee.
La legge esclude esplicitamente la possibilità di sapere a chi sono stati assegnati gli organi o i tessuti di un donatore; la donazione è anonima e gratuita, non
ci deve essere nessun legame diretto di dipendenza tra donatore e ricevente. Non
è assolutamente possibile pagare per ricevere un organo, i costi del tra-
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pianto sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale. In Italia è illegale
e tecnicamente impossibile il commercio di organi umani.
I trapiantati vivono bene, grazie al trapianto il 97% dei pazienti ha potuto riprendere la vita di ogni giorno. I soggetti in età fertile possono avere figli. I casi di
rigetto dell’organo trapiantato sono sempre più rari e controllabili con terapie farmacologiche.
Le principali confessioni religiose occidentali sostengono la donazione e il trapianto di organi e di tessuti. La Chiesa Cattolica, gli Ebrei, i Mussulmani, i Protestanti e i Testimoni di Geova non pongono ostacoli alla donazione al trapianto.
È necessario, ma non obbligatorio, esprimere in vita la propria volontà di donare. Non farlo equivale ai familiari lasciare una difficile decisione da prendere in
poco tempo e in circostanze dolorose.
Per facilitare il cittadino a esprimere la propria volontà (che potrà comunque
essere cambiata nel corso della vita) il Ministero della Salute ha distribuito una
tessera da compilare e portare con sé. In ogni caso qualunque dichiarazione scritta che riporti nome, cognome, data di nascita, dichiarazione di volontà, data e firma è considerata valida.
È inoltre possibile dichiarare la propria volontà presso le sedi ASL di Pavia,
Vigevano e Voghera, dove il cittadino può ricevere le informazioni necessarie, relativamente alle procedure di raccolta e registrazione delle dichiarazioni di volontà, ai sensi della legge 1 aprile 1999 n. 91 e del D.M. 8 aprile 2000, rivolgendosi ai referenti del SIT (Sistema Informativo Trapianti).
Si potranno verificare tre casi:
1) Il soggetto ha espresso in vita volontà favorevole alla donazione. In questo caso i familiari e i medici devono rispettare la volontà candidando il soggettto all’eventuale prelievo.
2) Il soggetto ha espresso in vita volontà contraria alla donazione: in questo caso
non si propone il prelievo.
3) Il soggetto non si è espresso. In questo caso il prelievo è possibile se i familiari
non si oppongono.
In Italia, il sistema dei trapianti è organizzato in tre livelli di strutture dedicate al coordinamento dell’attività: al primo livello, centrale, sta il Centro Nazionale Trapianti, affiancato della Consulta tecnica permanente per i trapianti; al secondo livello stanno i Centri regionali e interregionali di coordinamento; al terzo
livello, periferico, stanno i Coordinatori locali.
Il Centro Nazionale Trapianti ha sede a Roma presso l’Istituto Superiore di
Sanità, che cura la tenuta delle liste delle persone in attesa di trapianto, individua i criteri per l’assegnazione degli organi, definisce le linee guida per i Centri regionali e interregionali e ne verifica il rispetto, definisce i parametri per i controlli di qualità, tiene i rapporti con le istituzioni esterne ed elabora statistiche. I Centri regionali e interregionali coordinano la raccolta dei dati sui pazienti in attesa
di trapianto, coordinano l’attività di prelievo e i rapporti con i centri di rianimazione, decidono le assegnazioni degli organi in base alle urgenze e alle compatibilità immunologiche. I Coordinatori locali comunicano i dati relativi ai donatori,
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coordinano le attività di prelievo, i rapporti con le famiglie dei donatori, promuovono la cultura della donazione.
Presso il Policlinico San Matteo di Pavia è attivo il Coordinamento per il prelievo degli organi e tessuti che copre l’intera area sanitaria della provincia di Pavia. (Segreteria: tel. e fax 0382 502016; e-mail [email protected]). Il Centro
Interregionale di riferimento di Pavia (e di tutta la Lombardia) è il Nord Italia
Trapiant (NITp), con sede a Milano.
LA DONAZIONE DEL SANGUE
Ognuno di noi possiede dentro di sé qualcosa che si può tramutare in un dono
prezioso per la vita degli altri: il sangue.
Il sangue svolge compiti importanti per il funzionamento del nostro organismo: i globuli rossi derivano dal midollo osseo e sono ricchi di un pigmento contenente ferro, detto emoglobina, che conferisce al sangue il classico colore rosso; essi provvedono al trasporto dell’ossigeno e dell’anidride carbonica. I globuli bianchi,
più grossi dei globuli rossi, hanno la funzione di combattere i processi infettivi in
atto e di ostacolare la penetrazione dei germi attraverso le mucose. Le piastrine
sono piccoli elementi dotati della particolarità di riunirsi in ammassi e di fissarsi
alla superfice dei corpi estranei, permettendo così la coaulazione del sangue.
Il sangue che noi doniamo non viene utilizzato solo per le trasfusioni ma, opportunamente conservato in apposite frigo-emoteche, ha altri molteplici utilizzi a
fini terapeutici.
Quest’idea scorre nel nostro corpo. Trasformiamola in azione: nel dono del sangue. Il dono più prezioso.
Come si diventa donatori:
• È necessario avere tra i 18 e i 65 anni e godere di buona salute
• Presentarsi a digiuno al Centro Trasfusionale presso il Policlinico San Matteo
ogni giorno, dal lunedì al sabato, dalle ore 9 in poi, muniti della propria tessera ASL
• In tale sede si verrà sottoposti ad un controllo completo del proprio stato di salute, mediante una serie di esami del sangue, una approfondita visita medica,
un elettrocardiogramma ed una schermografia
• Una volta effettuati i controlli con esito favorevole, l’AVIS (Associazione Volontari Italiani Sangue) chiamerà ad effettuare la prima donazione
• Possono donare ogni 3 mesi gli uomini e le donne non più in età fertile, ogni 6
mesi le donne in età fertile
• Ci si può sottoporre, in alternativa, a forme differenti di donazioni, quali aferesi o plasmaferesi
• In occasione di ogni donazione, vengono effettuati una serie di esami
• Una volta all’anno viene rinnovato un esame completo, con visita approfondita,
elettrocardiogramma e numerosi esami del sangue.
Per qualsiasi informazione telefonare all’AVIS di PAVIA, dal lunedì al sabato
dalle ore 8 alle ore 13, e la domenica dalle ore 8 alle ore 11, al n. 0382-527963.
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IL TRAPIANTO ALLOGENICO
DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE
Poche altre terapie hanno così profondamente inciso come il trapianto di cellule staminali emopoietiche (TCSE) sulla storia naturale di molte malattie. Infatti il trapianto ha da un lato modificato le prospettive di sopravvivenza di pazienti affetti da malattie ad esito altrimenti infausto (i.e. acute e croniche) e dall’altro ha sostanzialmente migliorato la qualità di vita associata ad alcune patologie (thalassemia, major, anemia a cellule calciformi). Si può, quindi, a buona ragione definire il TCSE come una vera e propria rivoluzione terapeutica che, incominciata diversi anni or sono e progressivamente raffinatasi nel corso degli anni
grazie a tutta una serie di innovative scoperte nel campo dell’istocompatibilità,
della criobiologia, dell’infettivologia, ecc., non ha ancora completato tutto il suo
percorso evolutivo.
Questo percorso è profondamente integrato nella storia dell’oncoematologia
pediatrica dell’I.R.C.C.S. “San Matteo” di Pavia che, muovendo dai primi trapianti, attraverso centinaia di procedure impieganti donatori di midollo familiari compatibili, è passata all’impiego di risultati ottenuti grazie alle moderne tecniche di tipizzazione molecolare (prontamente applicate e sviluppate dal laboratorio di Tipizzazione HLA del Servizio di Immunoematologia e Trasfusione dell’I.R.C.C.S. “San Matteo” di Pavia) applicati anche ad emopatie non maligne (thalassemia, major, anemia a cellule falciformi). Anche l’impiego di cellule del cordone ombelicale è stato prontamente inserito tra le procedure terapeutiche impiegate, così come è stata rapidamente sviluppata la tecnica di raccolta e di criopreservazione di queste cellule presso la Clinica Ostetrica dello stesso Ospedale
(anche qui essenziale il contributo dei medici del Servizio di Immunoematologia
e Trasfusione) così come, per quei pazienti che non dispongono di un donatore familiare compatibile ma non riescono nemmeno a trovarne uno tra i milioni di volontari registrati in tutto il mondo e disponibili alla donazione si è sperimentato,
con lusinghieri risultati, il trapianto di cellule staminali emopoietiche da donatore familiare parzialmente compatibile, manipolate in modo da ridurre i rischi di
aggressione immunomediata che comporta inevitabilmente l’impiego di cellule
non compatibili.
Anche questa non rappresenta tuttavia l’ultima frontiera della ricerca e dell’applicazione clinica per gli specialisti dell’Oncoematologia Pediatrica
dell’I.R.C.C.S. “San Matteo” di Pavia. Tra le terapie innovative applicate al trapianto di cellule staminali emopoietiche dobbiamo anche citare le infusioni di
linfociti del donatore per consolidare il successo del trapianto per leucemia, così come la preparazione di colture di linfociti anti-leucemia e di linfociti educati a combattere temibili patogeni, quali i funghi del genere Aspergillus e il virus di
Epstein-Barr, causa di complicazioni spesso fatali nei trapianti più gravemente
immunodepressi.
Oltre che nella sua posizione di avanguardia come attività di ricerca e sviluppo, la specificità a livello nazionale dell’Oncoematologia Pediatrica dell’I.R.C.C.S.
“San Matteo” di Pavia, si può sintetizzare in pochi numeri essenziali: con 100 tra-
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pianti di cellule staminali emopoietiche ogni anno questa struttura contribuisce
per oltre il 20% all’attività trapiantologica in campo pediatrico, del nostro Paese,
collocandosi al primo posto per questa fondamentale attività tra i numerosi centri
che in Italia curano le emopatie infantili.
Per eventuali informazioni telefonare allo 0382.502848.
LA BANCA DEL SANGUE DEL CORDONE OMBELICALE
Un numero elevato di pazienti affetti da leucemia e da altre malattie ematologiche o ereditarie, che necessita di trapianto di midollo osseo, non dispone di un donatore familiare compatibile. La ricerca di donatori volontari non imparentati è difficile, impegnativa e comporta tempi lunghi di attesa, spesso incompatibili con le esigenze di rapidità che l’evoluzione di queste patologie impone. Un aiuto molto importante è venuto dalla scoperta che le stesse cellule presenti nel midollo e che servono per il trapianto, sono contenute in numero elevato nel sangue del cordone ombelicale: si tratta delle cellule staminali.
Con una procedura semplice, che non provoca rischi o dolore né per la mamma
né per il neonato, al momento del parto, quando il cordone ombelicale è già stato reciso, è possibile raccoglierne il sangue anziché eliminarlo come prodotto di scarto.
Il sangue viene fatto defluire in una sacca sterile e, dopo numerosi esami, viene conservato per almeno 10 anni in una soluzione di azoto liquido e a temperature molto basse. In tal modo le unità di sangue del cordone ombelicale sono prontamente disponibili per il trapianto, che può essere eseguito in tempi molto brevi,
dopo un controllo della compatibilità con il paziente.
La donazione è libera e volontaria; il consenso viene dato dalla madre; i controlli e le analisi, per escludere infezioni e studiare le tipologia sanguigna, vengono fatti 6 mesi prima del parto e al momento del prelievo del cordone ombelicale.
In Italia, le Banche del Sangue del Cordone Ombelicale sono attualmente sei
e sono state istituite per consentire la raccolta e la conservazione del sangue placentare secondo regole definite in accordo con gli standard internazionali.
Le Banche sono collegate tra loro e con le Banche Internazionali attraverso
una rete informatica che permette la ricerca in ogni momento di unità compatibili per i pazienti che hanno la necessità di trapianto.
Una delle Banche italiane ha sede presso l’IRCCS Policlinico San Matteo di
Pavia, dove è stata organizzata dal Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale, che raccoglie le unità di sangue del cordone ombelicale provenienti dalle Divisioni di Ostetricia oltre che dal Policlinico San Matteo, dagli Ospedali di Voghera, Broni , Vigevano e dalla Clinica Città di Pavia.
Per informarsi, oltre i Consultori dell’ASL e le Unità Operative di Ostetricia è
possibile contattare telefonicamente o recarsi di persona al Servizio di Immunoematologia e Medici Trasfusionale del Policlinico San Matteo, dove è funzionante
l’Ambulatorio della Banca del Sangue del Cordone Ombelicale ( dal lunedì al sabato, dalle ore 8 alle ore 15).
81
15. I diritti del bambino
• Il bambino deve essere ricoverato in ospedale solo quando non è possibile far
fronte in altro modo alle sue esigenze sanitarie: diversamente, si privilegiano
soluzioni quali il Day Hospital, il Day Surgery e l’assistenza domiciliare.
• È necessario tutelare lo sviluppo fisico, psichico e relazionale del bambino,
creando intorno a lui un ambiente quanto più possibile accogliente e familiare.
• Deve sempre essere garantita la presenza di un familiare o di un’altra persona
affettivamente legata al bambino. Il genitore può assistere il bambino durante
le visite mediche e le terapie, se questo non ha controindicazioni, e può accedere al reparto nell’intero arco delle 24 ore.
• In caso di ricovero prolungato, il bambino deve poter continuare il suo percorso
educativo-scolastico.
• Il bambino può decidere di tenere con sé i propri giochi, il vestiario e qualsiasi
altro oggetto, se questi non costituiscono un pericolo o un ostacolo alle cure.
• Il bambino ha il diritto di essere informato sulle proprie condizioni e sulle cure
a cui sarà sottoposto, in un linguaggio adeguato al suo livello di maturazione.
• Il bambino deve essere coinvolto anche nell’espressione del consenso/dissenso
alle procedure sanitarie.
Accoglienza del bambino al Pronto Soccorso pediatrico
Triage pediatrico
Associare a questo termine quello di accoglienza è significativo per mettere in
risalto l’importanza dell’aspetto umano riguardante la relazione con più elementi
(bambino, genitori, nonni, pediatra di fiducia) in un processo che vuole regolarizzare gli accessi in Pronto Soccorso pediatrico mediante l’applicazione di criteri che
stabiliscano delle categorie prioritarie in funzione di svariati motivi: Inadeguatezza del filtro pre-ospedaliero – Bisogni di salute percepiti erroneamente come urgenti
– Facilità di accesso alle strutture pediatriche in regime di Pronto Soccorso – Offerta di visite ed esami rapidi e gratuiti, ecc.
Nel rapporto con i genitori che vivono con apprensione qualsiasi sospetta modificazione della salute del proprio figlio, occupa un ruolo fondamentale la comprensione, l’adesione ai valori morali, l’integrazione sociale e psicologica.
È per questo che le figure sanitarie (medici, infermieri) devono rispondere sempre meglio alla pluralità dei bisogni espressi, in particolare è necessario che siano
in grado di dedicare più tempo all’ascolto ed al dialogo con il bambino malato.
La figura fulcro del sistema TRIAGE - Pronto Soccorso pediatrico è l’infermiere dell’accoglienza che deve avere specifiche competenze e conoscenze scientifiche relative alle caratteristiche dell’evolutività del bambino e fondamentali conoscenze nella materia dell’urgenza dovendo far fronte a due scopi importanti:
1) identificare condizioni di rischio potenzialmente pericolose per la vita del bambino;
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2) assegnare un codice colore di gravità, determinandone la priorità di accesso al
PS.
Queste considerazioni comportano anche la valorizzazione della figura infermieristica del TRIAGE che oltre al compito assistenziale viene investita di quello
dell’accoglienza in Pronto Soccorso individuadone le criticità e le relative priorità
di intervento.
La struttura organizzativa del TRIAGE pediatrico è basata principalmente su
un sistema dinamico che tiene conto del numero degli accessi, delle tipologie di
flusso, e cosa importante, la conoscenza delle risorse disponibili.
La funzione del TRIAGE in generale, all’interno delle strutture ospedaliere, si
traduce essenzialmente in uno strumento di organizzazione del lavoro che si basa
sull’interscambio delle esperienze mediche-infermieristiche.
È per questo che l’implementazione del processo del TRIAGE impone cambiamenti strutturali ma soprattutto organizzativi e culturali attraverso una modifica
della cultura organizzativa. Gli operatori preposti devono interagire, collaborare,
comunicare, aggiornarsi e costituire concordemente strumenti e protocolli comportamentali omogenei.
I codici colore di priorità al Pronto Soccorso pediatrico o DEA sono:
ROSSO
Immediato pericolo di vita (2-3%) - Viene assegnato ai bambini più
gravi con compromissione di almeno una funzione vitale (respiratoria, circolatoria e nervosa) ed alterazione di uno o più parametri vitali. Il bambino viene indirizzato immediatamente alla sala delle
emergenze.
GIALLO
Potenziale pericolo di vita (9-10%) - Viene assegnato ai bambini con
sintomi e/o lesioni gravi per i quali può essere presente una alterazione ma non ancora una compromissione delle funzioni vitali. In questo
caso si riduce al minimo il tempo di attesa. Viene effettuata una rivalutazione dei parametri ogni 5 minuti. Il bambino viene destinato in
Pediatria con segnalazione immediata.
VERDE
Urgenza differibile (29-31%) - Viene assegnato ai bambini con funzioni e parametri vitali normali, ma con sintomatologia rilevante ad insorgenza acuta, che necessita d’inquadramento. La rivalutazione viene effettuata ogni 30 minuti. Il bambino non è in pericolo di vita e viene assistito dopo i casi più urgenti in Pediatria.
BIANCO
Non Urgenza (56-60%) - Viene assegnato ai bambini con una sintomatologia non rilevante ad insorgenza acuta e che pertanto dovrebbero essere valutati in percorsi alternativi. La rivalutazione normalmente non viene effettuata.
Come riportato nel libro “Orrori - I crimini sui bambini del mondo”, Sperling
& Kupfer Editor « a tutti i bambini del mondo dovrebbe essere garantito di anda-
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re a scuola, giocare, cantare, vivere un’infanzia serena e spensierata, e invece per
almeno 300 milioni di loro non è così. Lavorano sottopagati, in nero, esposti ad
infortuni e gravi malattie professionali. Evadono l’obbligo scolastico per “portare
soldi a casa” specie nei Paesi poveri, ma anche nei Paesi dell’opulento Occidente.
Eppure questa condizione è considerata ancora privilegiata, rispetto al milione di
minori che ogni anno finisce in balia dei moderni negrieri, oggetto di abusi di ogni
tipo. E che cosa dire dei bambini soldato, reclutati con la forza degli eserciti e nei
gruppi armati di 35 nazioni? E quelli coinvolti nel cosiddetto “turismo sessuale”
nel terzo mondo, ma anche in Europa, Italia compresa (con migliaia di siti Internet riservati ai pedofili)? In questo inquietante scenario di sfruttamento, controllato dalle multinazionali del crimine, si annidano anche i “mercanti di organi”
prelevati ai bambini poveri e abbandonati. E ancora: quale risposta dare al fenomeno dell’infibulazione che coinvolge ben 135 milioni di donne nel mondo (50.000
solo in Italia)? Di questa galleria degli orrori ci parla Aldo Forbice che da anni si
occupa di tutela dei diritti umani, specie sui bambini. Nel suo citato “libro nero”
l’autore ci presenta la radiografia dei crimini sull’infanzia che continuano ad essere perpetrati nei diversi continenti in aperta violazione delle leggi, trattati, convenzioni internazionali, direttive Onu e analizza ciò che si può fare a difesa dei
bambini.
Per una ferma condanna del più grave dei delitti: il furto dell’infanzia. Una
vergogna da cancellare e un impegno che deve coinvolgere tutti».
« Sopravvivono ancora forme di sfruttamento e di violenze sui bambini che si
possono definire veri e propri crimini contro l’umanità: fantasmi che sembravano
relitti del passato, relegati nelle pagine più oscure della storia, riappaiono, in forme nuove, in una società tecnologica avanzata, per alimentare nuovi sfruttamenti, nuovi orrori, che arricchiscono le multinazionali della criminalità e del nuovo
schiavismo».
Cose tutte documentate nel libro!
16. L’anziano e i suoi diritti
Il cittadino anziano ha diritto:
• all’uguaglianza e alla parità di trattamento: non deve essere considerato a priori un malato cronico o irrecuperabile;
• ad usufruire di strutture assistenziali alternative all’ospedale che consentano
di mantenere l’inserimento nel contesto sociale, conservare o recuperare l’autosufficienza;
• ad una adeguata informazione, rivolta anche ai suoi familiari, sull’accesso ai
servizi;
• ad essere assistito dai familiari, compatibilmente con le esigenze della struttura sanitaria e degli altri ricoverati;
• a ricevere aiuto dal personale ospedaliero, soprattutto quando manca l’assi-
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stenza dei parenti, nell’alimentazione, la pulizia personale e la mobilità, quando è diminuito il livello di autosufficienza.
I servizi sul territorio rivolti agli anziani fanno capo all’Unità Valutativa Geriatrica (UVG), che integra servizi sociali e sanitari.
Il nucleo fondamentale dell’UVG è composto da geriatra, infermiere, assistente sociale, ai quali possono aggiungersi altre figure professionali, ad esempio il
neurologo, l’ortopedico, il fisioterapista.
L’Unità valuta globalmente lo stato di salute e le potenzialità residue della
persona anziana; quindi propone l’intervento più idoneo, concordandolo con la famiglia e il medico di base.
L’accesso alle UVG può avvenire direttamente oppure tramite il medico di famiglia o il medico ospedaliero. Il servizio fornito dalle UVG è gratuito. Le UVG indirizzano l’anziano verso i seguenti servizi:
Assistenza domiciliare integrata (Adi)
Oltre a queste possibilità, le legge prevede l’inserimento dei cittadini non autosufficienti in programmi di assistenza domiciliare integrata. L’Adi è un servizio
che garantisce al cittadino un’insieme di prestazioni sociali e sanitarie da ricevere a casa. Fanno parte dell’Adi le prestazioni del medico di medicina generale, le
prestazioni specialistiche necessarie, l’assistenza infermieristica e di riabilitazione, la collaborazione con la famiglia e l’assistenza sociale. La sua particolarità è
quella di integrare questi interventi in un piano assistenziale per la persona da curare.
Possono “entrare” in Adi varie tipologie di pazienti. Sicuramente esistono numerose categorie di pazienti non autosufficienti che, terminato il ricovero o al di là
di esso, possono avere le cure adeguate alloro caso tramite Adi. Tra questi: i malati terminali con una famiglia che li può sostenere; coloro che hanno malattie progressive invalidanti in analoghe condizioni (ad esempio, malati di Alzheimer); anziani che hanno subito gravi fratture; chi è affetto da forme psicotiche acute e gravi; chi deve essere riabilitato a seguito di problemi neurologici o vascolari. La legge prevede che hanno diritto all’Adi coloro che rientrano in un programma di dimissioni protette dall’ospedale.
Il servizio può essere richiesto dal medico di famiglia, dal responsabile del reparto ospedaliero al momento delle dimissioni, dai servizi sociali del comune o dagli stessi familiari del paziente (tramite il medico di famiglia). Il medico del distretto, a cui viene rivolta la richiesta, deve decidere entro 48 ore circa l’opportunità di attivare il servizio ed avvisare il medico di famiglia. Entro lo stesso tempo
devono essere predisposti gli interventi previsti, con il consenso della famiglia e
del paziente. In caso di diniego, il responsabile del distretto deve dame adeguata
motivazione entro 24 ore al medico e alla famiglia.
Tutte le modalità di svolgimento del servizio vengono concordate tra il distretto e il medico di famiglia: la durata del periodo di erogazione degli interventi; la tipologia degli altri operatori da coinvolgere (infermieri, riabilitatori, ecc.); gli
interventi degli operatori del servizio sociale per questioni riguardanti l’assisten-
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za sociale del paziente (aiuto alla famiglia, lavori domestici, ecc.); la cadenza della presenza del medico di famiglia accanto al paziente; i momenti di verifica sull’
andamento delle cure.
Il vero responsabile dell’ assistenza domiciliare è il medico di famiglia, che deve attivare e coordinare tutto il lavoro di assistenza e tenere la documentazione
delle attività, nonché interagire con il paziente e la famiglia, informandola e instaurando un clima di cooperazione consensuale. Questa forma di assistenza è gratuita. Il cittadino paga le prestazioni (farmaci, presidi, ecc.) come un qualsiasi
utente del Ssn. Egli ha diritto alle esenzioni per la patologia dalla quale è affetto
(pannoloni, siringhe, ausili, ecc.).
Purtroppo, come nel caso di altre prestazioni, i servizi di Adi attivati
in Italia sono molto inferiori a quelli richiesti. Ci sono liste di attesa che
riducono nei fatti la portata fortemente innovativa e orientata ai cittadini di tale servizio.
Ospedalizzazione a Domicilio (OD)
I principali interventi di diagnosi e terapia avvengono a casa del paziente.
L’OD presuppone la presenza di familiari, preparati con brevi corsi formativi, e l’uso di strumenti specifici (ad esempio erogatori di ossigeno, supporti per la deambulazione...). È inoltre istituito un collegamento telefonico privilegiato con l’ospedale e/o con Asl.
Ricoveri nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA)
È una struttura extra-ospedaliera che accoglie prevalentemente anziani non
autosufficienti, se privi di un supporto familiare adeguato. Comprende spazi per
le attività sanitarie e altri destinati alla socializzazione. È quindi una struttura intermedia fra l’assistenza domiciliare e l’ospedale.
La Residenza sanitaria assistenziale (Rsa) è finalizzata ad accogliere persone
non autosufficienti. La Rsa fornisce assistenza sanitaria continuativa, prevalentemente infermieristica e riabilitativa adeguatamente supportata da un servizio alberghiero. Le richieste devono essere inoltrate al distretto o ai servizi sociali del
comune. L’ammissione avviene su valutazione dell’unità di valutazione geriatrica.
Le persone che possono ricorrere ai servizi delle Rsa appartengono prevalentemente alle seguenti categorie:
– Persone con prevalenti problemi funzionali: ortopedici in fase post-acuta,
neurologici in fase post-acuta, broncopneumopatici in fase post-acuta o riacutizzati, cardiologici in fase post-acuta, affetti da sindrome ipocinetica, altre patologie
cronico-degenerative.
– Persone con prevalenti problemi psichici.
Il cittadino partecipa alle spese non sanitarie, con una retta giornaliera. Nel
caso di soggetti a basso reddito la retta viene pagata dal comune, ma, anche in
questo caso, le regole possono variare da comune a comune e da regione a regione.
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Assistenza presso l’hospice
L’accesso all’hospice, completamente gratuito, è riservato ai malati terminali
a condizione che lo stato di salute ed i trattamenti non richiedano il ricovero in
ospedale. L’hospice, non ancora molto diffuso in Italia, deve essere utilizzato ogni
qual volta il paziente, pur non avendo necessità dell’ospedale, ha bisogno comunque di un’ assistenza sanitaria molto qualificata e di strumenti tecnologici adeguati. Mediante la permanenza del proprio congiunto presso l’hospice la famiglia
ha anche la possibilità di imparare a proseguire le cure a domicilio. Ciò consente
di avere permanenze con una durata massima di 3-4 settimane. La domanda va
presentata alla Asl (distretto) e quindi sottoposta al comitato di accoglienza dell’hospice. Il paziente viene accolto in un mini appartamento, arredato come una
normale abitazione, e usufruisce di tutte le prestazioni assistenziali e sanitarie di
cui ha bisogno.
Progetti per il “ Sollievo”
Assistere un parente disabile può essere molto impegnativo e richiede notevoli
energie psico-fisiche. Con questa consapevolezza, la Regione Lombardia vuole dare
un sostegno ai familiari che curano queste persone attraverso progetti di “sollievo”
che prevedono periodi di alloggio presso strutture residenziali. Questi progetti sono predisposti dai Servizi Sociali del proprio Comune di residenza o al Dipartimento ASSI - Servizio Disabili, della propria ASL o da organismi del privato sociale non profit (ad esempio Cooperative sociali).
Case di riposo
Sono strutture sociali e quindi non dipendono dal servizio sanitario, bensì dai
comuni e da enti privati in convenzione con i comuni. L’accesso alle case di riposo
di norma è giustificato dalle condizioni di salute della persona e dalle situazioni
familiari. Normalmente risiedono presso le case di riposo anziani autosufficienti,
che hanno garantita l’assistenza sanitaria tramite il proprio medico di famiglia.
La richiesta deve essere inoltrata sia ai servizi sociali del comune sia al responsabile del distretto. Per persone economicamente non autosufficienti il comune e, in alcune regioni, la regione, corrispondono un contributo sulla retta fissata
dall’amministrazione della casa di riposo. Anche i congiunti tenuti agli alimenti
possono essere chiamati a contribuire.
Strutture per lungodegenti
Le strutture per lungodegenti assistono in regime di ricovero pazienti non autosufficienti, affetti da patologie gravi, che richiedono tempi lunghi e alta specializzazione nella cura, o da disabilità croniche non stabilizzate o in fase terminale.
Le case di lungodegenza ospitano inoltre disabili non autosufficienti, a lento recupero, che necessitano di un forte supporto assistenziale e infermieristico e di un
progetto riabilitativo individuale.
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L’ingresso in tali strutture può avvenire con tre diverse modalità: o per iniziativa dell’ospedale, al momento della dimissione del paziente; o tramite il distretto che, sollecitato dai parenti del degente, manda in ospedale un’apposita
commissione (l’Unità di valutazione geriatrica - Uvg) che verifica le condizioni fisiche ed economiche del paziente e decide se autorizzare il ricovero; oppure, qualora il paziente non sia ricoverato, con una visita domiciliare da parte del distretto, e inserimento (spesso) in lista d’attesa.
Il periodo di permanenza dei degenti in una struttura di lungodegenza è di 60
giorni, prorogabili qualora il medico primario della struttura ne faccia richiesta. Il
servizio è gratuito.
IL VOUCHER SOCIO-SANITARIO
Un aiuto per anziani e persone “fragili” affinché ricevano cure e assistenza
adeguate, ma senza abbandonare la propria casa: su questo principio si basa una
serie di nuovi strumenti a disposizione delle famiglie nella Regione Lombardia.
Sono definite “fragili” le persone impossibilitate a svolgere da sole le normali attività della vita quotidiana e a recarsi nelle strutture sanitarie territoriali. Persone
spesso in età avanzata, che soffrono in modo particolare l’allontanamento da casa
o dalla famiglia, proprio quando sono più bisognose di assistenza.
Per questo, la Regione Lombardia valorizza e sostiene chi si impegna a favorire le cure a domicilio delle persone fragili.
Gli aiuti offerti sono di tre tipi:
BUONO SOCIALE
È un contributo economico in denaro erogato dal Comune per compensare la
famiglia che accudisce a domicilio una persona fragile, mediante l’aiuto di
un’altra persona (caregiver non professionale), ad esempio, un familiare.
Lo si richiede al Comune.
VOUCHER SOCIALE
È un contributo economico non in denaro ma sotto forma di “titolo di acquisto”, erogato dal Comune, per ottenere prestazioni di carattere sociale (ad
esempio, pasti a domicilio, servizi di lavanderia) offerte a domicilio da operatori sociali (caregiver professionali).
Lo si richiede al Comune.
VOUCHER SOCIO-SANITARIO
È un contributo economico non in denaro ma sotto forma di “titolo di acquisto” erogato da Regione Lombardia attraverso le Asl, che può essere utilizzato esclusivamente per comprare prestazioni di assistenza domiciliare socio-sanitaria integrata da soggetti accreditati, pubblici o privati, profit e non
profit, svolti da personale professionalmente qualificato (caregiver professionali).
Lo si richiede al distretto della propria Asl.
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Va ricordato che i tre diversi contributi possono erogati a qualsiasi persona
fragile, indipendentemente dall’età. Ad esempio un disabile.
L’ammontare dei Buoni e dei Voucher Sociali Comunali viene stabilito dai Comuni; possono essere diversi sia i requisiti per ottenerli che lo stesso valore economico. Il Comune di residenza potrà dare informazioni precise.
Per i Voucher Socio-Sanitari Regionali, sono stati fissati tre diversi valori in
base all’assistenza necessaria. Ad esempio, il valore più elevato di 619.00 euro
mensili è riservato a chi ha necessità di cure sanitarie abbastanza impegnative e
ha una scarsa autonomia nella propria abitazione.
L’unico requisito per riceverlo è che la persona presenti necessità di cure sanitarie e di supporto alla sua autonomia che possano essere affrontate nella sua
casa.
Ad esempio:
• un anziano
• un disabile
• un malato cronico con periodi di riacutizzazione che limitano ulteriormente
l’autosufficienza ma che non rendono indispensabile un ricovero ospedaliero o
accertamenti diagnostici ad alta tecnologia.
Per l’età o il reddito non è fissato alcun limite.
Le prestazioni che si possono ottenere sono:
• infermieristiche
• riabilitative di mantenimento
• specialistiche (internista/geriatra, psicologo/psichiatra, fisiatra)
• di aiuto alle persone negli atti della viat quotidiana: ausiliario socio-assistenziale (ASA); operatore tecnico-assistenziale (OTA); operatore socio-sanitario
(OSS).
La famiglia può spendere il suo Voucher Socio-Sanitario tenendo presente che
possono fornire le prestazioni i soggetti pubblici o privati, profit o non profit, accreditati. Significa che l’Asl, dopo averne accertata l’idoneità professionale e la capacità organizzativa, sottoscrive con quel soggetto il Patto di accreditamento. È fra
questi soggetti accreditati che la famiglia può scegliere il caregiver e se non fosse
soddisfatta del servizio ricevuto può revocare la sua scelta.
I farmaci e l’anziano
Le persone più in là negli anni corrono dei rischi particolari con i farmaci, per
diverse ragioni. Una è che spesso sono costretti a prenderne diversi ogni giorno.
Questo aumenta le possibilità che i farmaci reagiscano tra loro dando effetti collaterali inaspettati che quegli stessi farmaci da soli non avrebbero causato.
Inoltre, il fatto di dover prendere più pillole al giorno spesso confonde le persone più anziane o quelle che ci vedono male. Per esempio, può succedere che si
prendano due pillole per la pressione invece di una dimenticando quella per il cuore oppure viceversa.
Per questo, quando si va dal medico, è utile chiedergli di scrivere in modo chia-
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ro su un foglio in quale ora del giorno si deve prendere una certa medicina. Per evitare confusione molte persone scrivono sulle scatole dei farmaci indicazioni tipo
“una a pranzo e una la sera” oppure “una ogni mar, gio, sab”.
Una ragione del tutto diversa che fa correre all’anziano rischi maggiori è che
il corpo umano non reagisce alle medicine nello stesso modo a qualunque età. Con
gli anni, alcuni organi del corpo come cervello, reni o fegato, alcune parti del corpo diventano più sensibili all’effetto delle medicine, un fenomeno con cause diverse. Per esempio, con gli anni il nostro fegato elimina le medicine più lentamente e
lo stesso succede ai reni. Questo significa, in pratica, che se un medico prescrive lo
stesso numero di compresse di una medicina a un ventenne o a una persona di settanta anni, l’organismo di questo ultimo può avere difficoltà a eliminare la medicina con la stessa velocità con cui la persona la prende. Le medicine per dormire,
per esempio, restano di più nel corpo e hanno un effetto più potente, tanto che
spesso ne basta prendere metà dose per ottenere l’effetto cercato senza correre dei
rischi.
17. La gravidanza ed il parto
I diritti nella gravidanza e nel parto
• Ogni donna ha diritto a ricevere un’assistenza appropriata e a svolgere un ruolo decisionale in ogni fase della gravidanza.
• Ha diritto al rispetto della propria soggettività culturale e psicofisica, quindi deve poter effettuare ogni scelta che la riguardi, nell’ambito delle leggi vigenti e
ricevute tutte le informazioni del caso, senza subire interferenze o discriminazioni.
• Ha diritto a tecniche di parto aggiornate, non traumatiche, e, nel caso abbia seguito corsi di preparazione al parto, all’assistenza degli operatori di detti corsi.
• Deve poter avere vicino a sé persone di sua scelta durante il travaglio e il parto.
• La mamma può accedere al nido 24 ore su 24 o scegliere di tenere il bambino in
camera, a meno di controindicazioni sanitarie.
18. La salute mentale
Dipartimento di salute mentale
Il SSN ha fra i suoi obiettivi la tutela della salute mentale. Per evitare ogni
forma di segregazione e discriminazione, i servizi psichiatrici sono inseriti nel contesto dei servizi sanitari generali, pur nella specificità delle misure terapeutiche.
Il dipartimento di salute mentale, che fa riferimento al distretto, ha il compito istituzionale di curare gli utenti psichiatrici. Segue i pazienti ospiti in struttu-
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re per non autosufficienti ed in strutture protette per le persone sufficientemente
autonome. Il dipartimento ha anche il compito di curare l’inserimento sociale e lavorativo, nonché di seguire il paziente nell’ambito familiare. Ha l’obbligo di provvedere alla sicurezza ed ai bisogni elementari dei pazienti privi di autonomia e di
qualsiasi legame con la famiglia. L’attività comunque dovrebbe essere svolta in
sintonia con i familiari del paziente e con l’autorità giudiziaria.
Gli interventi sanitari relativi alle malattie mentali si svolgono prevalentemente in strutture extraospedaliere. In ogni ASL è prevista la presenza di Dipartimenti di salute mentale, costituiti da:
• Centro di salute mentale: è una struttura territoriale, aperta 6 giorni alla settimana per 12 ore al giorno, durante le quali è presente personale medico ed infermieristico. Svolge interventi di prevenzione, cura, riabilitazione e reinserimento sociale. Qui viene definito il programma terapeutico individuale e, se necessario, il malato è indirizzato alle strutture residenziali o semi residenziali,
oppure al ricovero volontario o forzato presso il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e di Cura.
• Servizio psichiatrico di diagnosi e di cura: è un reparto ospedaliero dove vengono attuati trattamenti psichiatrici volontari e obbligatori in condizioni di ricovero.
• Centro diurno: è una struttura semiresidenziale, aperta 6 giorni la settimana
per 8 ore al giorno. Ha funzioni terapeutico-riabilitative; in particolare promuove la socializzazione, tramite l’organizzazione di attività di gruppo. Sono
presenti, per fasce orarie, medici specialisti, psicologi, infermieri, educatori ed
istruttori a seconda del tipo di attività.
• Day Hospital psichiatrico: aperto 6 giorni alla settimana, per 8 ore al giorno. Effettua accertamenti diagnostici, interventi farmacologici e psicoterapeutici riabilitativi, a breve e medio termine. In questo modo si riduce il ricorso al ricovero o almeno se ne limita la durata.
• Struttura residenziale psichiatrica: qui vengono attuati programmi di cura e
riabilitazione di mediolungo periodo. Accoglie pazienti nella fase acuta della
malattia, per i quali non sia indicato il ricovero in ospedale, oppure pazienti bisognosi di assistenza protratta, successiva al ricovero.
I trattamenti sanitari sono di norma volontari ma in alcuni casi la legge (L. n.
833 del 23/12/78) prevede che possano essere attuati accertamenti o trattamenti
sanitari obbligatori. Questi sono disposti dal Sindaco, nella sua veste di Autorità
Sanitaria, su proposta motivata di un medico.
La legge relativa ai trattamenti sanitari obbligatori sottolinea che:
• i trattamenti sanitari obbligatori devono avvenire nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici, compreso, per quanto possibile, il diritto
alla libera scelta del medico e del luogo di cura, e il diritto del paziente di comunicare con chi ritenga opportuno;
• devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la
partecipazione da parte di chi vi è obbligato.
91
Situazione al 15 ottobre 2004
DIPARTIMENTO DI SALUTE MENTALE
NEUROPSICHIATRIA INFANTILE
E DELL’ADOLESCENZA
PSICHIATRIA
U.O.P.
PAVIA EST
U.O.P.
PAVIA OVEST
SPDC
PAVIA
U.O.P.
LOMELLINA
U.O.P.
OLTREPO
U.O.
N.P.I.A.
SPDC
VIGEVANO
SPDC
VOGHERA
Sede
PAVIA
CPS
PAVIA EST
CPS
PAVIA OVEST
CPS
LOMELLINA
Vigevano
CPS
OLTREPO
Voghera
Sede
VIGEVANO
Ambulatorio
BELGIOIOSO
Ambulatorio
CASORATE P.
Ambulatorio
GARLASCO
Ambulatorio
VARZI
Sede
VOGHERA
Ambulatorio
CORTEOLONA
Ambulatorio
VIDIGULFO
CPS
LOMELLINA
CPS
OLTREPO
Sezione Mortara
Sezione Stradella
Ambulatorio
MEDE
Ambulatorio
CASTEGGIO
Ambulatorio
SANNAZZARO
CRT
PAVIA
CRT
VIGEVANO
CRT
CASTEGGIO
Com. Protetta
PAVIA
Com. Protetta
MORNICO
LOSANA
Centro Diurno
PAVIA
Centro Diurno
STRADELLA
Com. Protetta
“Villa Morini”
VOGHERA
19. Il diritto della salute in carcere
I detenuti godono dello stesso diritto alla salute garantito a tutti i cittadini italiani. Nella realtà, l’esperienza quotidiana di chi si occupa dell’umanizzazione delle strutture carcerarie dimostra che tale diritto esiste solo teoricamente e che per
poterlo esercitare è necessario attrezzarsi mediante strumenti di tutela. Infatti in
carcere i diritti fondamentali della persona, tra di essi quello alla salute, vengono
inspiegabilmente compressi ben al di là di quello che la legge penale prevede.
Le situazioni da affrontare più spesso sono:
• Le cattive condizioni delle infermerie delle carceri (scarsa igiene, cattiva qualità del servizio, affollamento, inadeguatezza rispetto alle esigenze sanitarie,
rapporto medico-paziente carente).
• La mancanza di coordinamento tra cure intra ed extramurarie, che impedisce
la continuità assistenziale, soprattutto per quanto riguarda farmaci e trattamenti sanitari specialistici.
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• La carenza o la inesistenza di un servizio di assistenza dei malati psichiatrici,
con il rischio che un detenuto con problemi di salute mentale venga trattato alla stregua di un detenuto sano.
• L’assillo della burocrazia, che fa si che ogni richiesta anche elementare (l’acquisto di un farmaco, un certificato) debba aspettare tempi incompatibili con le
esigenze sanitarie.
• L’intasamento della magistratura di sorveglianza sotto la cui responsabilità ricadono la gran parte dei permessi sanitari, nonché la scarsa conoscenza da parte di tali magistrati delle problematiche sanitarie, fonte di decisioni a volte incongrue.
• Le difficoltà relative ai ricoveri ospedalieri, che vengono negati dalla gran parte delle strutture pubbliche esterne, impedendo in tal modo ai malati bisognosi
di cure di effettuare interventi urgenti.
• La scarsa attuazione, per timore delle simulazioni e quindi dei possibili ulteriori reati, delle norme relative all’incompatibilità con il regime di detenzione
che non permette a malati gravi di uscire dal carcere.
Proprio al fine di tutelare i diritti dei detenuti, che hanno evidenti difficoltà a
“difendersi” autonomamente, è possibile organizzare una presenza della cittadinanza attiva “esterna” in carcere. L’ordinamento penitenziario contempla la “Partecipazione della comunità esterna all’azione rieducativa” (art. 17); è quindi possibile inoltrare al direttore del carcere una domanda volta ad ottenere il permesso
di svolgere alcune attività in carcere.
Laddove ci siano rapporti piu stretti con la magistratura (piuttosto che con la
direzione del penitenziario) si può chiedere al magistrato di sorveglianza di promuovere presso il direttore la propria presenza in carcere come “Assistenti volontari” (art. 78).
La domanda va inoltrata alla direzione del carcere, preferibilmente dopo un
colloquio con il direttore.
È opportuno allegare copia dello statuto dell’organizzazione a cui si fa riferimento.
Una volta che, entrati in carcere, si riscontrino episodi di violazione dei diritti o disservizi di varia natura, ci si può rivolgere a varie figure professionali le quali, in ragione dei propri compiti, sono chiamate a rispondere e/o a collaborare.
“lI Direttore dell’istituto e quello del centro di servizio sociale esercitano i poteri attinenti alla organizzazione, al coordinamento ed al controllo dello svolgimento delle attività dell’istituto o del servizio; decidono le iniziative idonee ad assicurare lo svolgimento dei programmi negli istituti, nonché gli interventi all’esterno; impartiscono direttive agli operatori penitenziari, anche non appartenenti
all’amministrazione, i quali svolgono i compiti loro affidati con l’autonomia professionale di competenza” (art. 2 del Regolamento penitenziario).
Potrebbe rivelarsi utile stilare protocolli di intesa con i direttori degli istituti
al fine di specificare meglio i reciproci ruoli da ricoprire per favorire la riuscita del
progetto di tutela. Per esempio, l’amministrazione potrebbe impegnarsi a riserva-
93
re un locale per le attività dell’associazione e/o a specificare la frequenza con cui
intende incontrarne i responsabili per concordare degli interventi e così via. In
realtà possono essere importanti gli accordi scritti, ma serve anche una modalità
di relazione che consenta un certo tipo di elasticità delle procedure e di evitare di
cadere nella burocratizzazione di ogni attività.
Il magistrato di sorveglianza, oltre ad esercitare la vigilanza all’interno delle
carceri, esamina le richieste dei detenuti e dei volontari che godono dei benefici di
cui all’ art. 17 R.P. su vari aspetti della vita dei reclusi tra cui quello del diritto ai
trattamenti sanitari. È quindi auspicabile prevedere incontri periodici con tale autorità.
È opportuno interagire anche con il presidente del Tribunale di sorveglianza
competente per territorio, allo scopo di sottoporgli personalmente quei casi in cui
ci sia una comprovata ed evidente violazione del diritto alla salute.
È molto importante avviare rapporti di collaborazione con gli educatori del
carcere. Essi – dice la legge – “partecipano all’attività di gruppo per l’osservazione
scientifica della personalità dei detenuti e attendono al trattamento rieducativo
individuale o di gruppo, coordinando la loro azione con quella di tutto il personale
addetto alle attività concernenti la rieducazione”. Può capitare, quindi, che un direttore incarichi un educatore di coordinare tutte quelle attività che concernono la
situazione sanitaria.
Un altro organismo con il quale si dovrebbe entrare in relazione è il Dipartimento della amministrazione penitenziari a (Dap) che ha sede a Roma. Il Dipartimento cura l’organizzazione carceraria su tutto il territorio nazionale e promuove
visite ispettive anche su segnalazione dei volontari autorizzati all’ingresso in carcere.
Le iniziative finalizzate a promuovere la partecipazione dei detenuti devono
però tenere conto di alcuni possibili ostacoli. Tra questi: l’impossibilità per i detenuti di riunirsi se non alla presenza di personale non detenuto che abbia preso preventivi accordi con la direzione; il divieto normativo e l’inopportunità oggettiva di
creare posizioni di preminenza fra i detenuti, poco accettate dagli altri e passibili
di sfruttamento per scopi diversi, più legati ai propri problemi personali.
Considerato che i detenuti godono dello stesso diritto alla salute garantito a
tutti i cittadini italiani, potrebbe non avere senso dedicare a questa specifica tipologia di soggetti un capitolo di questo manuale. Nella realtà, l’esperienza quotidiana di chi si occupa della umanizzazione delle strutture carcerarie dimostra che
tale diritto esiste solo teoricamente e che per poterlo esercitare è necessario attrezzarsi mediante strumenti di tutela. Infatti in carcere i diritti fondamentali della persona, tra di essi quello alla salute, vengono inspiegabilmente compressi ben
al di là di quello che la legge penale prevede.
Si parlerà quindi della tipologia di situazioni da affrontare; di come è possibile per un cittadino attivo, che intenda operare in carcere, farlo; di come organizzarsi per tutelare i diritti; e, infine, delle azioni possibili, in presenza della nuova
legge di trasferimento al Ssn della sanità penitenziaria (L. 230/99).
94
20. Il disagio familiare
Caro don Franco,
Sono un ragazzo di 32 anni con un’infanzia molto difficile. Vengo da una famiglia molto povera, composta da 11 fratelli più mia madre: mio padre ci ha lasciati nell’83, quando io avevo 21 anni. Da piccolo, all’età di 6 anni, io, i miei fratelli e le mie sorelle, poiché la nostra famiglia non poteva mantenerci, con l’aiuto
delle assistenti sociali, ci hanno messo in un Orfanotrofio. Non ho avuto un’assistenza adeguata, anche perché ero, e lo sono ancora, piuttosto vivace. Sono uscito
dall’Orfanotrofio a 12 anni e la mia situazione familiare non mi è stata molto
d’aiuto, perché eravamo 7 in una casa popolare e chi lavorava era solo mio padre
alcolizzato e violento. Chiedo scusa a mio padre di quello che sto dicendo, perché
ha fatto molto per noi: ci ha cresciuti.
Un tempo la famiglia era una struttura gerarchica con a capo il padre cui si
obbediva per paura. Con il termine famiglia sono qualificate, come sappiamo, molteplici forme di nuclei che manifestano un oggettivo senso di appartenenza e condividono i compiti di cure indipendentemente dalle relazioni parentali e generative; pensiamo, ad esempio, a molte famiglie ricostituite, composte da figure adulte
con funzioni genitoriali anche nei confronti di minori con cui non hanno rapporti
di filiazione, o ad alcune famiglie affidatarie. L’operatore sociale non ha più il compito di elargire con maggior o minor benevolenza sussidi assistenziali, ma anzitutto quello di promuovere il benessere e le condizioni perché le stesse famiglie
possano riscattarsi da una condizione di bisogno o di difficoltà. Questa evoluzione
nella relazione riporta equilibrio tra le parti che erano su posizioni decisamente
asimmetriche in passato, nonostante le migliori intenzioni degli operatori, e restituisce dignità a entrambi i soggetti. C’è poi la diagnosi più raffinata offerta da Barbara Spinelli, che ha inventato – su La Stampa – la definizione di “società terapeutica” per indicare una maggiore consapevolezza, diffusa fra la gente, dei bisogni “nuovi” di cui ogni cittadino avverte il diritto a essere prima di tutto informato e poi soddisfatto: dalla salute in generale all’alimentazione, alla sicurezza rispetto alla marea di inquinamenti e alle angosce e ai malesseri psicologici derivanti dalle aggressioni criminali. Il termine in uso è “resilienza”, introdotto nella
psicologia sociale in riferimento alla capacità di bambini di sopravvivere con un
adeguato equilibrio anche in contesti ostili, ma molto efficace anche per descrivere questa capacità della famiglia (in somiglianza con il termine scientifico, preso a
prestito dalla fisica e riferito ad alcuni metalli) di riprendere la propria
forma/identità originaria pur avendo subìto una serie di pressioni/modificazioni
dall’esterno (torsioni, allungamenti, compressioni). Cfr. tra gli altri AA.VV., La resilienza: dall’ascolto del bambino ad una cultura dell’infanzia, Bice-Italia, Pistoia
1997. Impostato in questo modo, il discorso si fa più semplice e diretto, e condanna quella che Barbara Spinelli chiama la troppo applicata in passato “strategia
dell’indifferenza” delle istituzioni, la quale “non funziona più: è troppo facile e sbrigativo mettersi l’anima a posto, dire a se stessi che la società civile è divenuta nar-
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cisista, occupata solo del proprio corpo, delle proprie patologie. Oppure che l’irrazionalità regna sovrana, e che non si può correre dietro a ogni timore e tremore
personale”. Si può essere liberisti o socializzatori, federalisti o centralisti, ciò che
conta e che fa premio sono i risultati concreti nella soddisfazione dei bisogni.
Il paradigma dell’empowerment
(acquisizione di capacità)
Precondizioni
di preedisposizione
al rischio di sovraccarico
di stress
1
Valutazione delle forze
e dei fattori di stress.
Valorizzazione delle risorse.
Incoraggiamento
alla ricerca di aiuto
6
Introiezione
di una visione di sé
come efficace
5
Costruzione, rinforzo e
mantenimento delle capacità
per fronteggiare
situazioni problematiche
2
Riduzione
della predisposizione
al rischio
di stress eccessivo
3
Gli operatori professionali
sottolineano la collaborazione
nell’affrontare i fattori di stress
e l’interdipendenza
4
Definizione di sé stessa
e degli altri
come capaci
(cfr. N. MC LELLAN, E.R. MARTINI, Il Centro per le famiglie di quartiere. Sostegno alle famiglie e sviluppo di comunità, in “Animazione sociale”, n. 8/9, 1995, pp. 62-75)
Questa responsabilizzazione della famiglia si è realizzata non in un’ottica sussidiaria, quanto piuttosto in modo “strumentale”, all’interno di processi che hanno
usato la famiglia: “è come se i confini si fossero mischiati, è come se il gioco delle
parti fosse diventato uno scambio delle parti, nel senso che la famiglia a un certo
punto si è fatta società, si è fatta politica sociale, e la società si è fatta famiglia, e
quando avviene questo scambio di ruoli, questa confusione tra le parti, si produce
patologia nelle dinamiche sociali. (...) Ed è quello che succede quando avvengono
questi scambi di confini, quando avvengono queste confusioni alle frontiere tra famiglia e società (...). Insomma, una confusione continua dei confini tra quello che
è famiglia e quello che è società; in Italia c’è stata, in breve, una forte privatizzazione del rischio, o se volete una familiarizzazione del rischio, e c’è stata una debole socializzazione del rischio, una scarsa pubblicizzazione del rischio, collettivizzazione del rischio. I rischi e i costi sono stati cioè fortemente privatizzati”. Inoltre, come ricorda Donati, “bisogna guardarsi da due estremi: dal pensare che il benessere familiare possa essere interamente regolato da parte delle istituzioni pubbliche e, all’opposto, dal pensare che le famiglie possano perseguire il benessere da
sole (...)”.
96
La droga
Ho incominciato a drogarmi, come credo tutta la gente che si è trovata nelle
mie stesse condizioni. Avevo 16 anni quando ho cominciato a fumare i primi spinelli: non mi è mai piaciuto, ma dovevo farlo per stare alla pari con gli altri, per
sentirmi grande come loro. Lavoravo e i miei soldi li buttavo via nello spinello. Ho
conosciuto la droga, cioè l’eroina, a 18 anni; ne ho fatto uso di naso per 2 e ho cominciato con il famoso buco a 20 anni. Mi sembrava tutto bello, perché evitavo tutti i problemi che avevo. Non so se mi piaceva, ma in quel momento mi sentivo realizzato e molto sicuro di poter smettere quando volevo. Ho prestato il servizio militare a 21 anni, ma non mi è servito a niente. Sono tornato a casa con lo stesso
problema: l’eroina. Per 8 anni non sono riuscito a smettere e a farmi aiutare da
quelle persone che mi stavano vicino. La mia famiglia non mi è stata molto d’aiuto: ognuno pensava a sé, anche se ora non voglio farne una colpa. Ero io il problema: mi piaceva molto, e non mi rendevo conto di quello che stava accadendo, che
stavo bruciando la mia vita: mi andava bene così. Lavoravo e mi trovavo in situazioni molto ambigue.
Secondo l’ultimo Rapporto mondiale sulla droga, sarebbero 180 milioni le persone che fanno abuso di sostanze stupefacenti, ripartite nelle seguenti statistiche:
140 milioni abusano di cannabis, 80 milioni di sostanze chimiche, 14 milioni di cocaina, 9 milioni di eroina.
Nella presentazione alla stampa, Pino Arlacchi, direttore del Programma Onu
per il controllo delle droghe (Undcp), ha rilevato che “si tratta praticamente del 4%
della popolazione mondiale sopra i 15 anni. Un dato che rivela come il consumo
globale sia in estensione”.
Secondo il rapporto, inoltre, sono cambiati in modo significativo anche i trafficanti: “non più grandi cartelli – ha spiegato Arlacchi –, ma piccole e diffuse associazioni a delinquere che hanno provocato una proliferazione delle rotte del traffico”.
A livello internazionale, sono due i pilastri su cui si basa la strategia di contrasto: riduzione della domanda, e riduzione dell’offerta.
Sì, perché essere “fuori” è un benefico unguento al dolore dell’anima accerchiata, malgrado tutto, dalla solitudine e dalla routine che conferisce a ogni giornata quell’insopportabile uguaglianza che caratterizza tutte le giornate precedenti. Esistono anche i centri sociali e le associazioni, luoghi di socializzazione e di
confronto, di comunicazione e intrattenimento. E i giovani cercano coetanei con i
quali discutere sulle inezie e inerzie della vita, sugli ozi e sui vizi dell’agiatezza a
loro tanto cara. Ma il benessere materiale di cui godono non li soddisfa pienamente. Niente di tutto questo va demonizzato; e, nemmeno, non perseguito per principio. Ma niente di tutto questo basta a saziare il vuoto che sperimenta chi non si
accontenta del “ricevuto”, di chi vuole raggiungere un obiettivo alto, conquistato
anche correndo qualche rischio. Scrive il sociologo Ilvo Diamanti: “Sembra finita
l’era del “mito giovanile”. Il tempo in cui i giovani apparivano un’entità specifica
ed esemplare, che racchiude in sé elementi di continuità e progetto. Oggi i giovani non fanno più moda. Ne costituiscono, al più, un bersaglio. Un segmento di mer-
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cato, sensibile alle mode” (Diamanti, 1999). Né il lavoro né la scuola né la famiglia
e neppure la politica sono vissuti dai giovani come elementi centrali e come ambiti ai quali riferire valori e azioni. Giovani che non “ipotecano” il loro futuro perché
vogliono poter scegliere, domani, fra diverse mete, per non restringere drasticamente il ventaglio delle proprie biografie possibili. Considerano la sperimentazione come un programma piuttosto che come una necessità, in una “sospensione continuamente rinnovata”, governata da un principio di reversibilità delle scelte, dalla preoccupazione, si potrebbe dire, di non imboccare strade senza ritorno o senza
ramificazioni (Ricolfi, 1994). Tutte le scelte sono revocabili, la vita intera sembra
revocabile, almeno finché il tempo non arrivi a escludere una parte delle possibilità (Luhmann, 1996). Adottare uno stile di vita basato su scelte reversibili significa quindi poter tornare sempre sui propri passi, evitando per quanto possibile le
decisioni sbagliate, quelle che ne precludono altre e ha come corollario una diversa rappresentazione del tempo: il futuro cessa di essere un traguardo da raggiungere attraverso una serie di tappe intermedie che corrispondono all’attuazione di
un progetto di vita, per diventare invece l’orizzonte che orienta le scelte, ma senza poter essere mai raggiunto.
La sieropositività
Sono sieropositivo da circa 11 anni e per 7 di questi non ho dato molta importanza alla cosa, sono andato avanti a bucarmi. Non ero io che vivevo, ma la droga
mi portava a quello che voleva lei, e a poco a poco ho perso l’affetto della mia famiglia, anche se non sono mai stato attaccato molto a nessuno. Ho passato buona
parte del mio periodo comunitario in Ospedale. In quei momenti difficili non mi è
mancato l’affetto di tutti i ragazzi della Comunità, di tutti i medici e gli infermieri che mi hanno prestato le loro cure. Un grazie di cuore al dr. Verani Dario, che
mi sta seguendo da più di 4 anni.
Si ritiene che l’infezione nell’uomo abbia avuto origine in Africa centrale (tra
il 1955 e il 1965) da un adattamento di un virus animale che colpisce gli scimpanzè.
La trasmissione animale-uomo sarebbe avvenuta per via parenterale (contatto di sangue) attraverso la caccia o durante riti tribali.
L’infezione è rimasta a lungo confinata nella regione geografica d’origine fino
a quando alla fine degli anni settanta, si è diffusa nelle isole dei Caraibi, in alcune città degli stati Uniti e del Nord Europa tramite persone infette favorita dall’incremento degli scambi commerciali e turistici tra le zone di endemia e paesi indenni.
Anche l’impiego di emoderivati infetti provenienti da aree epidemiche (in particolare USA) hanno contribuito alla diffusione dell’infezione da HIV nel mondo.
Un’unica definizione della “qualità della vita correlata alla salute” non esiste data la numerosità e la diversità delle patologie che affliggono il genere umano ma
potremmo indebitamente racchiuderla per motivi di sintesi nell’espressione “stato
di salute soggettivo”.
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L’obiettivo solo in apparenza velleitario del ricercatore e del medico è quello di
poterla misurare per trarre delle informazioni preziose sullo stato di salute anche
in rapporto a degli interventi terapeutici apportati. La misura rappresenta inoltre
una forma di comunicazione fra medico e paziente data la dimostrata inaffidabilità di misure totalmente oggettive della salute.
Lo studio dello stato di salute comprende l’analisi di alcune dimensioni fondamentali come la funzione fisica (sintomi, capacità di compiere determinate azioni)
e la condizione emozionale, la possibilità di esprimere il proprio ruolo nella società
pur in presenza della malattia, la funzione cognitiva e il senso di benessere o di
soddisfazione generale.
La misura della qualità della vita è caratterizzata quindi dalla soggettività
(valutazione centrata sulla percezione del paziente) affiancata ad un rigore metodologico che mediante l’elaborazione di appositi questionari con tecniche che consentono la ripetibilità dell’osservazione e che i risultati ottenuti nella forma di dati numerici siano confrontabili ed applicabili.. è una malattia tipica dell’età giovanile, che talvolta riguarda persone marginalizzate e/o discriminate e che spesso
non hanno la possibilità di godere delle stesse opportunità degli altri cittadini. In
tali popolazioni il benessere soggettivo può essere fortemente influenzato anche da
variabili non strettamente cliniche come il reddito mensile, il tipo di abitazione, la
professione esercitata. La paura della rivelazione della malattia e del contagio influenzano pesantemente le relazioni sociali e la vita sessuale; il rapporto di coppia
può esserne profondamente modificato. Sia per la progressione della malattia da
HIV stessa che per la terapia da assumere, i sintomi possono essere numerosi e a
forte impatto sulla qualità della vita. Accanto quindi a misure come la sopravvivenza, efficacia e tossicità, la valutazione della qualità della vita come risultato
centrato sul paziente può avere un largo impiego nello scenario futuro dell’infezione da HIV.
La sfida futura sarà di consolidare l’uso degli strumenti già esistenti di renderli fruibili non solo nelle ricerche cliniche ma anche nella pratica medicae della
vita di relazione quotidiana rendendoli familiari sia al medico nell’elaborazione e
nell’interpretazione che al paziente per la sostenibilità di una vita equilibrata e dignitosa.
Ciò potrà contribuire partendo da una più esatta e completa conoscenza delle
condizioni della persona costretta a coinvivere con il virus HIV a determinare un
effettivo miglioramento della sua qualità di vita.
Don Enzo e la Comunità
Oggi 15 febbraio vorrei ricordare l’anniversario della morte del fondatore della Casa del Giovane: don Enzo Boschetti, un uomo che ha saputo accogliere tutte le
persone emarginate e ancora, col suo spirito, le sta mandando avanti. In comunità
c’è gente che offre la propria vita per quelli che la stanno perdendo. Vorrei fare un
appello, se mi permettete, a tutti i giovani che si trovano in difficoltà e a quelli che
hanno intenzione di buttare via la propria vita. Dio ci ha fatto questo grande dono,
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e io sono molto fiducioso per tutto ciò che Lui sta facendo ogni momento per me. Mi
ha colpito una frase che don Enzo ha scritto e che vale non solo per chi ha bisogno,
ma per tutti quelli che credono in Dio: “Se non ami la vita non la doni, se non la
doni non puoi servire il fratello, se non servi non ti liberi”. Non so se sono riuscito
a farvi capire che sto facendo molta fatica ancora, ma io non voglio arrendermi, voglio lottare fino alla fine, perché questo ha fatto Gesù. Perciò sentiamoci nelle sue
mani e fidiamoci di Lui, che la croce l’ha portata realmente.
Gli atteggiamenti che in Don Enzo abbiamo riscontrato nell’accoglienza alla
persona che ha difficoltà sono sempre stati per tutti noi un grosso stimolo per accogliere veramente l’altro:
– l’autenticità, la congruenza ovvero la piena consapevolezza di qualsiasi sentimento o atteggiamento che chi aiuta stia sperimentando (non coincide necessariamente con la coerenza ma con la disponibilità ai propri sentimenti, con il contatto con la propria esperienza);
– l’espressività di sè (essere “trasparentemente reali” - “se posso stabilire una relazione d’aiuto con me stesso, se posso cioè essere sensibilmente consapevole e
ben disposto verso i miei stessi sentimenti, c’è una grande probabilità che io
possa stabilire una relazione d’aiuto con gli altri”);
– la prossimità, l’interesse vivo, non possessivo (tendiamo a mantenere una distanza tra noi e gli altri, magari attraverso una “professionalizzazione” del rapporto con gli altri);
– l’autonomia, la percezione di sé e dell’altro come di due entità distinte (non farsi travolgere dal consenso/dissenso del cliente, non tentare di uniformare il
cliente a sé);
– il desiderio di avalutatività;
– l’accettazione integrale dell’altro (e di se stessi), la positività;
– la assenza di minaccia (lasciare l’altro libero di essere chi è);
– l’assenza di valutazione (liberare l’altro dalla dipendenza dalla valutazione)
– la “conferma” dell’altro ovvero l’accettazione di lui come potenzialità, come processo in sviluppo (Buber - “riconoscere in lui la persona per divenire la quale è
stato creato”), indipendentemente dal suo passato: così nei richiami scriveva:
“Sentirsi una grande gioia quando la nostra Comunità è strapiena e la famiglia
dei poveri si allarga e l’amore fraterno si dilata. Senti tanta tristezza quando la
Comunità è costretta a non aprire il cuore e la porta all’ultimo fratello. Sii sempre accogliente e affabile con tutti i fratelli c’è un bisogno d’amore di Dio da scoprire”.
A titolo di esempio egli compara differenti visioni del “passaggio cruciale” che
porta ad una modificazione duratura della personalità:
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Gruppo analitico
Il momento in cui vi è un’esperienza di intuizione o di
comprensione di sé in relazione al proprio passato.
Gruppo del condizionamento operante
– Il momento (non consapevole) in cui il comportamento del soggetto varia, per caso, nella direzione
della meta che lo sperimentatore ha scelto;
– il momento in cui il soggetto sperimenta l’ansietà
contemporaneamente ad una situazione confortevole con essa incompatibile (controcondizionamento
dell’ansietà).
Gruppo di Atlanta
(Whithker, Malone…)
Il momento in cui terapeuta e paziente vivono insieme
un rapporto fantastico profondamente sentito in cui i
loro inconsci interagiscono.
Gruppo neofreudiano
Il momento in cui alcune situazioni non chiare del passato sono sperimentate di nuovo.
Gruppo adleriano
Il momento in cui il paziente si rende conto delle idee
errate che ha riguardo a sé ed alla propria vita, e modifica tali concezioni erronee.
Ellis
Il momento in cui l’individuo è convinto dal terapeuta
che la struttura razionale, in base alla quale ha vissuto
sino a quel momento, è, per certi aspetti, errata e che la
struttura suggerita dal terapeuta è più corretta.
Rogers
L’esperienza immediata e completa che il cliente ha, in
un rapporto psicologicamente sicuro, di un sentimento
che, sino a quel momento, è stato troppo minaccioso,
per potere essere sperimentato liberamente.
Teorici della dissonanza
cognitiva
Il momento dell’accettazione, da parte del cliente, del
punto di vista del terapeuta.
Scuola esistenzialista
L’incontro immediato e soggettivo tra un Io ed un Tu.
Terapeuti famigliari
Rivivere il rapporto famigliare in un nuovo contesto fornito dal terapeuta.
Zen
Shock psicologico che porta l’illuminazione.
Don Enzo Boschetti
e il Liberare la Libertà
Il problema vero non è solo di tipo medico-clinico, ma
piuttosto esistenziale. Non basta non bucarsi o smettere di assumere stupefacenti, bisogna invece dare una
impostazione nuova alla propria vita e prendere sempre più le distanze dal mondo dell'effimero e del consumismo per imboccare una via di sobrietà e di solidarietà: è necessario un coinvolgimento attivo dell'individuo e della sua famiglia con la partecipazione della
scuola e di tutte le realtà che circondano il ragazzo.
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21. La terapia del dolore
Il dolore è un sintomo, “un campanello di allarme” che ci avverte che qualcosa non va nel nostro organismo. Il dolore può essere acuto, cioè limitato nel tempo, oppure cronico, quando continua per lunghi periodi.
Il dolore è una sensazione soggettiva, perché la “sofferenza” di ciascuno è influenzata da numerosi fattori individuali. Per questo è importante “raccontare” il
proprio dolore fisico al proprio medico curante, indicando la sede del dolore, il suo
livello di intensità e il tipo. Questo lo aiuterà a fornire l’indicazione del trattamento più adeguato al nostro caso.
Oggi sono disponibili numerosi strumenti per controllare il dolore o, in alcuni
casi, attenuarlo fino a renderlo sopportabile e ci sono numerose figure professionali nelle strutture sanitarie italiane che lavorano per aiutare chi soffre a vincere
il dolore.
L’esperienza del dolore si ha in molte situazioni, da quelle ospedaliere a quelle quotidiane.
Dopo ogni intervento chirurgico, dal più semplice al più complesso, si avverte
dolore che, a seconda dell’intensità e della sede, ci può impedire di riposare, di tossire, compiere anche piccoli movimenti. Il dolore può aumentare il rischio di complicanze post-operatorie, allungare i tempi di recupero e di degenza e ritardare la
nostra guarigione. A disposizione dei medici curanti ci sono numerose tecniche per
alleviarlo. Le piu diffuse sono l’iniezione endovenosa di diversi tipi di analgesici e
l’anestesia locale che, in alcuni ospedali, può essere autosomministrata e controllata dallo stesso paziente attraverso uno speciale meccanismo. Se si deve effettuare un intervento, chiedere ai medici e al personale infermieristico:
• l’intensità e la durata del dolore che potrai provare in seguito
• le terapie che saranno adottate per controllarlo
• chi chiamare in caso di dolore dopo l’intervento chirurgico.
Non tutte le persone che si ammalano di tumore provano dolore, ma circa il
50% di malati di tumore conosce, nel corso della malattia, l’esperienza del dolore
fisico. Questo tipo di dolore si associa tutte le volte a fattori psichici e sociali, per
cui èstato anche definito “dolore totale” o “dolore globale”. Ha una tale forza che
impedisce il sonno, toglie la volontà di combattere contro la propria malattia, la
voglia di mangiare, di bere, di parlare. Ma anche questo dolore si può controllare
nella quasi totalità dei casi.
I farmaci (antinfiammatori, oppioidi, “coadiuvanti” dei farmaci analgesici, come antidepressivi, sedativi, cortisonici e ormoni) sono sicuramente lo strumento
principale per controllare il dolore fisico nelle malattie tumorali, insieme con altri
metodi come la radioterapia palliativa, la laserterapia o i metodi psicologici di controllo del dolore.
Le cure palliative, invece, che abbracciano diverse forme di terapia, sono le
uniche in grado di prendersi cura globalmente del paziente, proteggendolo dalle
sofferenze evitabili e supportando il suo nucleo familiare. Vengono praticate da
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équipe multidisciplinari e, migliorando la qualità della vita, salvaguardano la dignità della persona fino all’ultimo istante.
Se si soffre di una condizione dolorosa collegata a un tumore, bisogna parlarne con il medico di famiglia o con il proprio oncologo e chiedere loro di intervenire.
Se il dolore continua, si può chiedere al proprio medico di famiglia di essere indirizzati a un Centro di terapia del dolore o di medicina palliativa i quali intervengono, se necessario, anche a domicilio.
È utile ricordare comunque che la terapia del dolore oncologico, specialmente
all’inizio, è facile da realizzare (se somministrata per bocca o con cerotti applicati
sulla pelle è praticabile senza dover ricorrere a personale infermieristico). Non
sempre è necessaria la presenza dello specialista: la terapia del dolore può essere
gestita dal medico di famiglia anche all’interno di una terapia domiciliare.
Il dolore di coloro che hanno malattie delle ossa e dei muscoli, che soffrono di
nevralgie (cattivo funzionamento di alcuni nervi), che hanno il “mal di testa”, il
“mal di schiena”, che sono malati di Aids, fanno esperienza di dolori che interferiscono con la vita quotidiana, dolori che impediscono di muoversi, di dormire, di lavorare, che tolgono il piacere di stare in compagnia con gli amici e i propri cari.
Spesso questi dolori sono l’incubo degli anziani che soffrono di reumatismi, artriti
e artrosi.
I farmaci e gli altri strumenti a disposizione per controllare questi dolori sono
gli stessi utilizzabili per il tumore. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda, in caso di dolore severo, di utilizzare farmaci oppioidi anche per
il dolore cronico benigno.
La maggior parte delle condizioni dolorose possono essere affrontate con successo dal medico di famiglia. Se il dolore continua e non migliora, è bene discutere con lui per essere indirizzato a un centro specialistico (centro di terapia del dolore e di medicina palliativa, centro per le cefalee, e così via).
Allo stato attuale, sono ancora molte le convinzioni erronee riguardo i farmaci e le cure contro il dolore.
“I farmaci piu potenti contro il dolore, come gli oppioidi, andrebbero limitati
alle ultime ore di vita dei malati gravi, perché sono molto pericolosi e si potrebbe
diventare tossicodipendenti”.
Prendere farmaci per ricavare piacere è profondamente diverso dal prenderli
per combattere il dolore. Gli oppioidi sono i migliori farmaci in nostro possesso contro il dolore. Infatti:
• non provocano tossicodipendenza
• effetti collaterali quali nausea e sonnolenza regrediscono di solito nel tempo
• possono essere somministrati anche ai bambini
• possono essere utilizzati anche nelle fasi iniziali del trattamento
• le persone affette da tumore che assumono oppioidi, nella maggior parte dei casi conducono una vita normale e continuano a lavorare.
“Negli anziani che prendono molti medicinali per patologie diverse, è meglio
non intervenire contro il dolore per evitare l’assunzione di ulteriori farmaci.”
È necessario porre molta attenzione ai farmaci da utilizzare, ma il dolore può
103
e deve essere comunque controllato e, se possibile, eliminato. Esistono precise indicazioni su come affrontare il dolore negli anziani. Il dolore non è un aspetto inevitabile della vecchiaia.
“Usare la morfina subito comporta non avere altre possibilità se il dolore dovesse aumentare.”
Affermazione errata che spesso ha comportato una sofferenza inutile per molti pazienti. La morfina è uno dei farmaci più “maneggevoli” da usare: si può incrementare il suo dosaggio alla comparsa di nuovi dolori, senza incorrére in alcun
effetto collaterale pericoloso. Il suo effetto aumenta aumentandone le dosi, cosa
che non avviene per esempio con i farmaci antinfiammatori.
Spesso nella lotta contro il dolore si frappongono ostacoli burocratici, organizzativi e giuridici che rendono più difficile l’azione di chi è chiamato ad aiutare i
malati. Vecchie modalità di lavoro negli ospedali, personale insufficiente per 1’assistenza domiciliare, norme per la prescrizione dei farmaci oppioidi eccessivamente restrittive, rappresentano alcuni di questi ostacoli.
Per fortuna queste ultime sono state in parte abolite da una nuova legge
che regola la prescrizione dei farmaci contro il dolore (L. 12/01). Grazie a questa legge
• Il medico di famiglia può fare una ricetta valida 30 gg.
• Il medico o l’infermiere possono tenere piccole quantità di farmaci per le emergenze e portarle nella borsa per curare i pazienti direttamente a casa.
• Poiché non è piu necessario compilare lunghissime e complicate ricette, il medico può prescrivere molto piu facilmente e senza restrizione i farmaci per il
controllo del dolore.
22. Le piaghe di decubito
Che cos’è una piaga da decubito
L’ulcera da pressione, meglio nota come piaga da decubito, è una lesione della
pelle che si presenta quando si è costretti a rimanere immobili a letto per lunghi
periodi di tempo. L’immobilità, infatti provoca, una pressione prolungata sui tessuti delle aree corporee a contatto con le superfici di appoggio, alterando la normale circolazione del sangue. I tessuti della pelle, non ricevendo la giusta ossigenazione, vanno in necrosi e muoiono ed è proprio allora che nasce la piaga. Per fortuna la formazione della piaga da decubito è graduale ed ecco perché è importante saperla riconoscere ed essere informati sui principali fattori di rischio per un
tempestivo ed efficace intervento. Si calcola che oggi, in Italia, più di un milione di
famiglie abbia a casa parenti affetti da lesioni da pressione. Si tratta quindi di un
fenomeno molto comune, che non solo è possibile limitare ma anche prevenire.
104
I fattori di rischio
Le ulcere da pressione insorgono in persone di qualsiasi età costrette all’immobilità. Tuttavia la concomitanza di alcuni fattori determina una maggiore esposizione al rischio.
Ecco i principali fattori da controllare in caso di immobilizzazione forzata:
• Le malattie cardiovascolari e respiratorie, perché alterano la normale circolazione del sangue e portano una insufficiente ossigenazione.
• Le malattie debilitanti quali il diabete, l’insufficienza renale e l’immunodeficienza acquisita (Aids).
• La iponutrizione, perché un apporto calorico insufficiente non mantiene la cute
elastica.
• L’obesità o la eccessiva magrezza, perché un peso eccessivo determina una pressione maggiore sui tessuti, mentre l’eccessiva magrezza comporta una riduzione dei tessuti che fanno da “cuscinetto” tra la pelle e le prominenze ossee.
• L’incontinenza, perché contribuisce ad una macerazione continua della cute.
• L’età avanzata, perché il paziente anziano presenta in genere un quadro clinico della propria salute non ottimale.
Le aree a rischio
Alcune aree corporee sono sottoposte ad una pressione prolungata che le espone ad un rischio maggiore.
• Se si è in posizione supina: la regione dell’osso sacro, le scapole, la nuca e i talloni.
• Se si è girati da un lato: i malleoli, il bordo esterno del piede, la spalla, la scapola, il gomito, l’orecchio, lo zigomo.
• Se si sta proni (pancia sotto): lo zigomo, l’orecchio, le costole, le ginocchia.
• Se si sta in posizione seduta: il gomito, il coccige, le aree della pelle compresse
da ciambelle e cuscini.
Il decalogo della prevenzione
❶ Evita di lasciare il paziente immobilizzato nel letto per più di 2 ore; giralo alternando le varie posizioni. Se il paziente è seduto in carrozzina, deve essere
aiutato a sollevarsi spesso sulle braccia.
❷ Evita l’uso di coperte e lenzuola comprimenti. Le lenzuola devono essere morbide e di materiale leggero.
❸ Evita di inserire nel letto traverse di plastica che non lasciano traspirare la
pelle.
❹ Evita di tenere le lenzuola umide a causa del sudore e dell’urina. Vanno sostituite subito.
❺ Evita di far indossare pigiami con bottoni o elastici perché potrebbero produrre irritazioni.
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❻ Sostituisci il materasso tradizionale con un materasso antidecubito e utilizza,
se hai un familiare seduto in carrozzina, un cuscino di lattice o antidecubito.
❼ Assicurati, dopo ogni pasto, che non vi siano nel letto briciole o altri tessuti alimentari che possono causare irritazioni cutanee.
❽ Controlla almeno una volta al giorno le condizioni della pelle specialmente in
corrispondenza delle prominenze ossee.
❾ Pulisci le cute utilizzando sostanze emollienti, applica sulle aree a rischio creme idratanti o proteggile con medicazioni idrocolloidali.
❿ Verifica l’alimentazione del tuo familiare. La dieta deve essere bilanciata e
ipercalorica. Se il soggetto non è in grado di alimentarsi spontaneamente, l’apporto energetico dovrà essere garantito dalla nutrizione enterale
Attenzione! Molti pazienti a rischio, o con piaghe da decubito rientrano tra i
soggetti con patologie croniche che godono di particolari diritti. Tra questi diritti
la possibilità di avere gratuitamente medicazioni e presidi, nonché di usufruire
dell’assistenza domiciliare.
È importante sottolineare inoltre che il primo e più importante punto di riferimento per la diagnosi e la terapia delle piaghe da decubito è il medico di famiglia.
23. Altre importanti informazioni
NON SOLO SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome)
Consigli utili per prevenire le malattie infettive
da contagio tra persone
I consigli che seguono sono tratti dai materiali di comunicazione pubblicati per
una campagna di informazione e tutela promossa dai medici di famiglia della
Fimmg e da CittadinanzAttiva - Tribunale per i diritti del malato nel maggio 2002
per aiutare i cittadini a prevenire l'insorgere della Sars (Severe Acute Respiratory
Syndrome). Si tratta di un elenco di regole elementari per la prevenzione, che può
essere considerato valido e utile non solo per la Sars, ma anche per altre forme infettive che abbiano come bersaglio gli stessi organi e siano sovrapponibili per le
modalità di contagio.
Essi rappresentano, come sempre, un modo assai pratico, come nella tradizione delle organizzazioni di tutela, per fare informazione nei confronti dei cittadini
provando a dire loro ciò che maggiormente può essere utile.
Si raccomandano sempre e per tutti le seguenti misure preventive:
– mantenere una buona igiene personale, lavarsi le mani dopo aver starnutito o
tossito o pulito il naso;
– per la disinfezione dell’ambiente, degli oggetti e delle mani, utilizzare prodotti
a base di doro attivo la cui stabilità sia certificata;
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ventilare bene gli spazi chiusi;
evitare di visitare luoghi chiusi e/o con cattiva ventilazione;
tenere a disposizione fazzoletti di carta;
evitare l’uso promiscuo di stoviglie, asciugamani, indumenti.
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Nel caso dei bambini è importante:
pulire bene i loro giochi;
insegnare a coprirsi il naso e la bocca quando si starnutisce o si tossisce;
prestare attenzione all’igiene delle mani;
far utilizzare sapone liquido per lavarsi le mani e fazzoletti di carta per asciugarsi quando si visitano bagni aperti al pubblico.
In caso di presenza in ambiente domestico di un sospetto caso di Sars:
– all’esordio dei sintomi, in attesa del ricovero, provvedere a ospitare il malato in
un ambiente della casa isolato;
– evitare tutte le visite inutili sia nella camera del malato sia nellacasa;
– buona aerazione degli ambienti;
– indossare la maschera per entrare nella camera del malato e lavarsi le mani all’uscita dalla stessa;
– mettere la maschera al paziente a meno che non sia impossibile per la presenza di grave, difficoltà respiratoria;
– indossare sempre la maschera se fosse necessario avvicinarsi al malato;
– lavare accuratamente le mani prima e dopo ogni contatto con il malato e indossare sempre i guanti;
– devono essere indossati i guanti per pulire qualsiasi oggetto di uso comune venuto in contatto con il malato. Biancheria, lenzuola e coperte devono essere lavate con sapone e acqua calda;
– le superfici ambientali devono essere pulite con acqua calda e disinfettante a
base di doro attivo;
– ciò che viene usato per pulire il malato da eventuali liquidi biologici deve essere messo insieme ai guanti e alle mascherine utilizzate in un sacchetto di plastica, che deve essere chiuso ermeticamente. Lo stesso si deve fare per i fazzoletti di carta usati dal malato;
– evitare l’uso dell’aspirapolvere per pulire l'appartamento in modo da pulire senza sollevare polvere;
– pulizia delle toilettes: usare sempre guanti e mascherina quando si procede a
pulire il locale del bagno. Il bagno è un ambiente che potrebbe essere ad alto rischio, in particolare se il malato ha avuto diarrea;
– abbassare sempre il coperchio del water prima di scaricare l’acqua, per evitare
la diffusione di goccioline potenzialmente infette nell’ambiente. Per la pulizia
usare ipoclorito di sodio la cui stabilità sia certificata.
– versare il detergente in tutti i tubi degli scarichi. Lavarsi attentamente le mani con acqua e sapone liquido;
– avvertire l’amministratore di condominio e i condomini della presenza del malato, invitando a eseguire una disinfezione dei locali comuni e consigliando a
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tutti di chiudere sempre il coperchio del water prima di scaricare l’acqua;
– avvertire il datore di lavoro del caso sospetto;
– contattare conoscenti o persone che hanno avuto contatti con il malato, invitandoli a dame comunicazione al medico curante o alle autorità sanitarie (Asl).
(Fonti del documento: Oms, Ministero della Sanità del Canada, Cdc Usa, Ministero della Sanità di Hong Kong, Ministero della Sanità di Singapore, Ministero della Sanità francese, adattamento a cura di Fimmg e Italpromo Esis Publishing).
IL MALATO ONCOLOGICO: paure, ansie, aspettative...
Entrare nel mondo del malato oncologico è un’impresa assai ardua e finisce
spesso per deprimere anche le persone più tenaci e desiderose di dare il proprio
aiuto a qualunque costo e a qualsiasi condizione.
La condizione di ammalato oncologico è una delle più temibili: la malattia arriva all'improvviso, ti stacca dal tuo mondo, dalle tue abitudini, dalla tua attività
lavorativa, dalla tua normalità, dal tuo tempo libero, dalle tue aspettative future
e ti proietta in un mondo sconosciuto: nel mondo del dolore, della sofferenza, della paura, dell’ansia, dell’insicurezza, dell’'incognita del domani ed improvvisamente vengono a galla i tuoi difetti, i tuoi perché, i tuoi ma, i tuoi se, la tua rabbia, i tuoi sensi di colpa; insomma nella tua vita e nel tuo corpo è arrivato un tremendo terremoto: la malattia oncologica.
Ogni persona, però, ogni uomo, ogni ragazzo vive l’evento malattia come può,
con le potenzialità che ha, con la forza che si trova dentro di sé, con il suo bagaglio
di esperienza ma sopratutto con la libertà di scegliere come viverla, come affrontarla, come eventualmente combatterla per riuscire a vincerla, dato che è comunque un momento particolare e privato della propria vita!
Con la comunicazione della diagnosi arriva il periodo più burrascoso della malattia: si incomincia a porre e a porsi mille domande, c’è una gran voglia di sapere
cosa succederà con la terapia ma sopratutto cosa avverrà dopo.
Affrontare in un solo colpo diagnosi, terapia, effetti collaterali della stessa, oltre che la trasformazione se pur temporanea del proprio corpo non è cosa facilmente sopportabile.
È quasi inevitabile comunque arrivare alla fase in cui forzatamente si cerca di
accettare la malattia, occorre quindi a questo punto, uscire allo scoperto e cercare
quell’aiuto, quella disponibilità, quella sensibilità, quell'amore talvolta nascosto
delle persone che ci vogliono bene e che, ruotando intorno a noi, sono desiderosi e
impazienti di ricevere quel segnale tanto atteso!
Combattere insieme rafforza la lotta, aumenta la determinazione e la voglia di
provare a vincere la battaglia più dura della nostra vita: la malattia oncologica.
L’ammalato non va lasciato nella solitudine del suo cuore e della sua sofferenza, ha bisogno di sentire attorno a se tanta comprensione, tanto amore, tanto
affetto ma ha anche bisogno di ricevere stimoli positivi, propositivi, deve ricominciare a fare progetti e a riprendere in mano la propria vita.
Con il ritorno a casa (meta molto ambita dal malato) se da una parte c’è la
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gran voglia di riprendere le proprie abitudini, la vita affettiva, la vita sociale, dall'altra c’è la tensione di vivere la condizione di malato senza più la sicurezza che
ci garantiva la struttura ospedaliera.
Avanza di nuovo la paura, l’ansia, il senso di impotenza a risolvere anche piccoli problemi, perché ci verrà a mancare la figura rassicurante del medico e dell'infermiere sempre pronti ad intervenire nel momento del bisogno.
Tutto questo però sarà facilmente superabile se l’équipe curante della struttura
ospedaliera, il medico di famiglia, le associazioni di volontariato specifiche del settore oncologico saranno pronte ad intervenire per ascoltare, aiutare e sostenere questo malato e la sua famiglia per affrontare insieme problemi, dubbi, insicurezze.
In fondo anche questo opuscolo è nato con l'intento di stare vicino al malato
per condurlo per mano in questo cammino particolare, insomma un amico in più
come compagno di viaggio!
Il diritto di sapere
Non vi è individuo che non sia stato direttamente o indirettamente toccato dai
tragici eventi legati al cancro. Di qui l’insorgere di frequenti interrogativi sullo stato delle ricerche, sulla causa delle trasformazioni tumorali, nonché di forti pressioni e frustranti tensioni verso le cure magiche che hanno provocato, oltre al proliferare di occasionali cure miracolose (regolarmente smentite) anche il concentrarsi di grossi impegni economici ed organizzativi di tutte le nazioni. La stampa
ha una forte responsabilità nell’accreditamento di cure miracolose che in effetti
non esistono ma che, una volte annunciate, i malati chiedono disperatamente, sordi ad ogni richiamo alla realtà. Il giornalismo diventa sempre più sensazionalistico: una notizia se non colpisce non è una notizia. Se su dieci notizie del mondo della scienza ce ne sono nove che annunciano graduali e ragionevoli progressi nella
cura del cancro e una che parla di miracolo, è questa che viene privilegiata.
La ricerca dello “scoop” giornalistico è un’abitudine che si va diffondendo un
po’ dappertutto e che trova in Italia terreno fertile per tante ragioni, non ultima la
spregiudicatezza di certi giornali e giornalisti.
Quindi è estremamente importante come i risultati della ricerca scientifica
vengono presentati al pubblico in uno sforzo di chiarezza ed onestà onde evitare
guai successivamente.
Quanto al tipo di informazione “diretta” e relativa alla propria malattia, è importante sottolineare che tutti i malati di tumore hanno diritto a ricevere informazioni chiare, precise e aggiornate.
Tipo di informazione - I seguenti tipi di informazione dovrebbero essere disponibili a seconda delle necessità e delle richieste:
– informazioni mediche (diagnosi, opzioni terapeutiche e loro applicazioni, prognosi);
– informazioni per ottenere aiuti sul piano pratico, sociale e finanziario;
– effetti sulla qualità di vita, sulle relazioni interpersonali, sulla vita sessuale;
– terapie complementari.
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Modo di presentazione delle informazioni - Le informazioni devono essere:
– in forma adeguata e la più personalizzata possibile;
– espresse in linguaggio semplice, presentate con perizia, in modo onesto, tenendo conto dei diversi livelli di comprensione.
Quando dare le informazioni:
– al momento opportuno e con contenuto adatto al singolo malato di cancro ed in
misura della sua volontà di sapere;
– in ogni fase della malattia (diagnosi, trattamento, remissione, recidiva, fase terminale o di guarigione);
– in diverse sedi (casa, ambulatorio del medico di base, ospedale) ma sempre in
ambiente confortevole e privato;
– da parte di personale specializzato, in primo luogo il medico, coadiuvato da altri operatori in grado di offrire un “couselling” etico e psicologico.
Per sentirsi meno soli
La risposta appropriata ai problemi che emergono è costituita dalle cure palliative che sono identificate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.).
Fra le più grandi priorità in campo sanitario: “Il controllo del dolore, la riduzione
delle sofferenze e la disponibilità delle cure palliative per chi non può essere curato”.
I problemi sono di due tipi: da una parte quelli legati al peggioramento delle
componenti principali della qualità di vita, controllo del dolore e dei sintomi, benessere psicologico, benessere relazionale, stato funzionale; dall'altra, quelli causati da condizioni specifiche che emergono negli ultimi giorni di vita.
Le cure palliative sono una grande medicina nella quale ci si prende cura delle persone, non solo della malattia; si considera ala famiglia, non solo il paziente
come unità di cura e, vengono forniti servizi interdisciplinari che si estendono anche all'as-sistenza psicologica, emozionale, spirituale.
Con il termine di Hospice (termine direttamente importato dai paesi del Nord
Europa) si intende oggi una struttura residenziale, ancora scarsamente presente
nel territorio italiano, che accoglie temporaneamente o stabilmente pazienti oncologici in una fase avanzata di malattia.
Questa struttura, che fornisce trattamenti palliativi e non di cura, deve avere
un buon livello di medicalizzazione e non rappresentare assolutamente il luogo dove i malati terminali vanno a morire. In sostanza, l’Hospice deve essere considerato come una delle fasi di un progetto di assistenza globale al malato terminale.
Sicuramente la mancanza di una sensibilità specifica, unitamente alla inesistenza sino a pochi anni or sono di una disciplina specifica, ha contribuito a creare un po' di confusione, con il risultato che ciascuna Regione ha legiferato autonomamen-te e con modalità diverse. La situazione è però in rapida evoluzione (Accordo 19 aprile 2001, Allegato: “Linee Guida sulla realizzazione delle attività assistenziali concernenti le cure palliative”, G.U. Rep. Italiana n. 110 del 14.5.2001).
Non vi è oggi alcun dubbio che la risposta più appropriata al malato al termi-
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ne della sua vita, sia una rete di servizi domiciliari e residenziali ad hoc. Tale rete, gestita da personale idoneamente qualificato, dovrebbe essere presente in ogni
azienda sanitaria, ogni componente della rete dovrebbe, inoltre, essere accessibile
e raggiungibile da parte dei cittadini.
Dovrebbe infine essere prevista e favorita ogni possibile forma di collaborazione tra strutture pubbliche e private accreditate ed enti o organizzazioni del settore del volontariato operanti sul territorio, in particolar modo tra i servizi di medicina di base e le strutture ospedaliere al fine di garantire una reale continuità
terapeutica e assistenziale.
(“L’oncologo è una figura importante per me, è un amico che mi ha seguita da
quella maledetta mattina della diagnosi, mi ha spiegato tutto e mi segue tuttora.
Mi ascolta, mi capisce, non mi giudica... Una cosa che consiglio alle donne che passano attraverso la mia esperienza: non isolarsi mai, stare in mezzo a gente allegra,
uscire, cercare qualche cosa da fare...”).
(da una esperienza pervenuta al DIS)
CODICE EUROPEO CONTRO IL CANCRO
Adottando uno stile di vita sano è possibile evitare taluni tipi di cancro e migliorare lo stato di salute.
➊
Non fumare. Se fumi, smetti il più presto possibile e non fumare in presenza di altri. Se
non fumi non provare a farlo.
➋
➌
Se bevi alcoolici: birra, vino o liquori, moderane il consumo.
➍
➎
➏
Evita l’eccesso di peso, aumenta l’attività fisica e limita il consumo di grassi.
➐
Consulta un medico se noti un rigonfiamento, una lesione che non guarisce (anche in
bocca), un neo che cambia forma, dimensioni o colore, o qualunque emorragia anormale.
➑
Consulta un medico se presenti continui problemi, quali tosse o raucedine persistente,
un mutamento delle abitudini intestinali o urinarie o una perdita inspiegabile di peso.
Aumenta il consumo quotidiano di verdura e frutta fresca. Mangia spesso cereali ad alto contenuto di fibre.
Evita l’esposizione eccessiva al sole ed evita scottature, soprattutto nell’infanzia.
Attieniti strettamente alle norme che invitano a non esporsi alle sostanze conosciute come cancerogene. Rispetta tutte le istruzioni di igiene e di sicurezza per le sostanze cancerogene. Molti più cancri possono essere curati se diagnosticati tempestivamente.
Per le donne
➒
Effettua regolarmente uno striscio vaginale. Partecipa ai programmi organizzati di screening del cancro del collo dell'utero.
➓
Sorveglia regolarmente il tuo seno. Partecipa ai programmi organizzati di screening
mammografico se hai più di cinquant’anni.
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CARDIOPATIA ISCHEMICA – Cos’è la cardiopatia ischemica?
La cardiopatia ischemica è la conseguenza della riduzione di afflusso di sangue al tessuto cardiaco a causa dell’ostruzione acuta o progressiva delle arterie coronarie.
Quando vi è assenza di afflusso di sangue ad una area del cuore si verifica l’infarto del miocardio.
Tuttavia vi possono essere segni premonitori dell’infarto quando l’arteria coronaria si sta restringendo od occludendo ed in alcune condizioni non è più in grado di fornire sufficiente ossigenazione, provocando episodi di dolore intermittente
soprattutto sotto sforzo fisico (angina pectoris).
L’aterosclerosi (cioè la formazione di placche ateromasiche all’interno delle coronarie fino alla trombosi delle stesse) è alla base della cardiopatia ischemica.
La progressione delle placche può tuttavia essere fermata dalla modificazione
dei fattori di rischio attraverso un’efficace azione preventiva.
Soprattutto chi ha familiarità per la cardiopatia ischemica deve sottoporsi
ad una serie di controlli e di modificazioni dello stile di vita come di seguito illustrato.
LA PREVENZIONE DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE
La prevenzione è una delle armi più efficaci in tutte le patologie, in particolare per le malattie cardiovascolari. Infatti, anche in una persona “sana”, diversi fattori (il soprappeso, il fumo anche moderato, la pressione “un po’ alta”...) possono,
sommandosi, aumentare in modo considerevole il rischio cardiovascolare globale.
Anche lo stile di vita, così diverso nelle popolazioni europee può incidere sul
profilo di rischio cardiovascolare. Per fortuna la nostra “dieta mediterranea”
contribuisce ad abbassare il rischio rispetto alle altre popolazioni europee.
È importante a questo punto ribadire che, “una corretta prevenzione cardiovascolare parte sempre da alcune semplici norme ed abitudini di vita come quelle
che indicheremo di seguito”.
1) Pressione arteriosa - un valore importante.
Una pressione arteriosa corretta (120/80 mmHg secondo le recenti linee guida)
protegge dal rischio. Perché tutto sia sotto controllo è opportuno effettuare una
misurazione periodica della pressione. È un controllo semplice, da fare possibilmente durante una visita medica, in farmacia o a casa (ma solo con apparecchiature affidabili e certificate).
2) L’esercizio fisico regolare rafforza il cuore e migliora la circolazione del sangue.
Non serve strafare: per esempio bastano 30 minuti di attività fisica due/tre volte alla settimana – a volte quattro passi in più, scendendo dall’autobus una o due
fermate prima – salire le scale a piedi, dimenticandosi del... comodo ascensore.
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3) Il fumo è il fattore più importante nell’aumento del rischio cardiovascolare. Per
fortuna, già dopo pochi anni che si smette di fumare, il rischio si riduce in modo molto rilevante!
4) Il controllo del peso corporeo è molto importante. Aumentare in proporzione solo qualche chilo in più vuole dire far aumentare il rischio cardiovascolare, affaticando il cuore a seguito del maggior lavoro.
5) L’importanza del cibo – La quantità, ma anche la qualità sono importanti. Cibarsi correttamente secondo i principi della “dieta mediterranea” (pochi grassi
animali, riduzione del colesterolo, più pesce, frutta e verdura in quantità) ottimizza le calorie assunte e riduce il rischio di malattia.
6) Come vanno gli zuccheri? – Il diabete non è solo una malattia importante di per
sé, ma, quando non correttamente curata, contribuisce anche in misura significativa a danneggiare rapidamente i vasi sanguigni, incrementando il rischio
cardiovascolare. Ecco perché è opportuno, con modalità e intervalli consigliati
dal medico di famiglia, valutare la propria glicemia (livello di zuccheri nel sangue).
7) Il medico di famiglia – Un consigliere indispensabile a farci star bene. E parlando di salute il “fai da te” non è mai consigliabile. Deve essere il medico di
famiglia il primo ed indispensabile consigliere cui fare riferimento. Condividere con lui i nostri obiettivi, verificando il profilo di rischio, è sempre fondamentale per impostare il nostro personale cammino verso uno stile di vita a
“misura” di cuore.
N.B.: Per far star bene il tuo cuore usa sempre anche il tuo cervello: una prevenzione su misura.
Attenzione!
È opportuno comunque ricordare a tutti che, quando si avverte dolore intenso al torace o alla zona epigastrica irradiata o meno al braccio sinistro e/o alla mandibola sinistra tanto più se concomitante a difficoltà
respiratoria bisogna urgentemente chiamare il medico di famiglia o la
guardia medica e, in caso di difficoltà o di aggravamento dei sintomi, rivolgersi tempestivamente al 118.
L’ICTUS CEREBRALE
Cos’è l’ictus cerebrale?
L’ictus cerebrale è un improvviso danno che subiscono le cellule del cervello a
causa di un disturbo circolatorio cerebrale che impedisce il normale afflusso di
sangue.
113
Si manifesta con un deficit specifico di una funzione cerebrale che insorge acutamente, “di colpo” (ictus in latino significa colpo): il soggetto un minuto prima sta
bene, un minuto dopo accusa i sintomi tipici dell’ictus, che possono essere transitori, restare costanti o peggiorare nelle ore successive.
Quando il flusso sanguigno diretto ad una zona del cervello si riduce o si interrompe, le cellule nervose che la costituiscono non ricevono più ossigeno e nutrimenti e vanno incontro a sofferenza, cioè svolgono male la propria funzione. Se il flusso
di sangue si interrompe del tutto, anche solo per pochi minuti, si arriva anche alla
morte cellulare, cioè alla completa perdita della funzione di quell’area cerebrale.
Per tali ragioni l’ictus cerebrale è considerato un’emergenza medica alla stregua dell’infarto del miocardio.
Alcuni dati sull’ictus cerebrale
L’ictus cerebrale in Italia rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, e la prima causa assoluta di disabilità.
L’incidenza è proporzionale all’età della popolazione: bassa fino a 40-45 anni,
aumenta gradualmente fino ad impennarsi dopo i 70 anni; il 75% dei casi di ictus
infatti colpisce le persone con più di 65 anni.
Il 10-20% delle persone colpite da ictus cerebrale per la prima volta muore entro un mese, il 10% entro il primo anno. Coloro che sopravvivono con una disabilità importante spesso richiedono l’istituzionalizzazione in reparti di lungodegenza o in residenze sanitarie assistenziali; alcune famiglie, ma non tutte se lo possono permettere, si organizzano per ospitare il parente a domicilio; i costi sia a carico delle famiglie che del sistema sanitario nazionale sono elevatissimi. Si calcola
che una persona colpita da ictus nella fase acuta di malattia costi circa 10.000 euro. L’invalidità permanente delle persone che superano la fase acuta di malattia
determina negli anni successivi una spesa che si può stimare intorno ai 100.000
euro. L’aspetto psicologico personale e familiare presenta costi non calcolabili.
Come e perché si viene colpiti da ictus cerebrale?
L’ictus cerebrale può essere ischemico o emorragico (emorragia cerebrale)
– Ischemia cerebrale: rappresenta l’85% dei casi di ictus; è la chiusura di un’arteria cerebrale che impedisce il passaggio del sangue. Le piccole arterie cerebrali
possono chiudersi provocando piccole ischemie chiamate “lacunari” anche senza dare sintomi avvertiti dal soggetto (ischemia silenti); tuttavia tali piccole lesioni cerebrali, se ripetute nel tempo, possono provocare, sommandosi, una sindrome caratterizzata da perdita progressiva della memoria e disturbo della
deambulazione, fino ad arrivare a casi conclamati di “demenza vascolare”.
La prima causa di queste piccole lesioni lacunari è l’ipertensione arteriosa,
spesso associata a diabete mellito, dislipidemia.
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– Emorragia cerebrale: rappresenta il 15% dei casi; è l’improvvisa rottura di
un’arteria cerebrale, causata di solito da ipertensione arteriosa. È possibile che
si rompa una piccola arteria profonda (tipico dell’anziano) o un aneurisma cerebrale (cioè una malformazione congenita delle arterie cerebrali, tipico del giovane).
Vi sono poi cause minori di ictus cerebrale ischemico, che colpiscono soprattutto il giovane:
– alcuni difetti della coagulazione del sangue, ereditari o acquisiti a causa di malattie, che provocano ischemie cerebrali o emorragie;
– pervietà del forame ovale (cioè le persistenza congenita di un piccolo foro presente tra i due atri del cuore che si dovrebbe chiudere durante la vita intrauterina, ma che spesso rimane pervio), in cui si formano piccoli trombi che passano poi nel circolo sanguigno e raggiungono il cervello diventando ischemici; i
fattori di rischio maggiori sono la trombofilia (tendenza ad una maggiore coagulazione del proprio sangue) e l’assunzione della pillola estro-progestinica in
donne emicraniche e fumatrici.
Come si manifesta l’ictus?
Vi sono alcuni sintomi che devono mettere in allarme il soggetto appena li avverte:
• improvvisamente mi accorgo che non muovo più, o muovo con meno forza, un
braccio o una gamba o entrambi gli arti di uno stesso lato del corpo;
• improvvisamente mi accorgo di avere la bocca storta;
• improvvisamente mi accorgo di non sentire più, o di sentire meno, un braccio o
una gamba o entrambi gli arti di uno stesso lato del corpo;
• improvvisamente faccio fatica a parlare sia perché non articolo bene la parola
sia perché riesco a scegliere le parole giuste;
• improvvisamente i miei parenti o chi c’è vicino a me in quel momento si accorge che non riesco più a capire ciò che mi viene detto;
• improvvisamente non riesco a vedere bene metà degli oggetti;
• improvvisamente non riesco più a coordinare i movimenti ed a stare in equilibrio;
• improvvisamente mi capita di avere un violento mal di testa, diverso da quelli
che ho sempre accusato.
Tali sintomi possono durare anche pochi minuti (si parla allora di attacco ischemico transitorio, TIA);
In ogni caso va consultato il proprio medico di famiglia al più presto o va
chiamato il 118.
Quali sono i fattori di rischio per l’ictus cerebrale?
Tra i fattori di rischio, alcuni non possono essere corretti, mentre altri possono essere corretti con comportamenti adeguati.
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Fattori di rischio non correggibili:
– Età. Dopo i 65 anni, l’incidenza dell’ictus aumenta in maniera esponenziale.
– Familiarità. Chi ha un genitore o un fratello che ha avuto un ictus cerebrale
corre un rischio maggiore di andarvi incontro rispetto agli altri.
– Sesso. I maschi rischiano un ictus cerebrale più delle femmine, le quali sono
protette dagli ormoni sessuali almeno fino alla menopausa. Dopo i 65 anni le
probabilità di incidenza sono uguali.
Fattori di rischio correggibili:
– Ipertensione arteriosa
– Diabete mellito
– Ipercolesterolemia
– Fumo di sigaretta
– Cardiopatie, soprattutto fibrillazione atriale, protesi valvolare, recente infarto
miocardio, endocardite infettiva o forame ovale pervio
– Placche ateromasiche a livello dei grossi vasi del collo
– Obesità
– Ridotta attività fisica
– Emicrania
– Pillola estroprogestinica
Come prevenire l’ictus cerebrale?
– almeno 2 volte l’anno, provarsi la pressione arteriosa in modo tale da svelare
un’eventuale ipertensione arteriosa non rilevata, per iniziare la terapia di profilassi;
– almeno 1 o 2 volte l’anno effettuare la misurazione della glicemia per svelare
un’eventuale diabete o una semplice intolleranza ai carboidrati (stato che precede il diabete e che può essere corretto semplicemente con dieta e attività fisica); se si è già diabetici controllare spesso i valori glicemici e attenersi scrupolosamente alla dieta e alle terapie prescritte;
– smettere di fumare;
– almeno 1 volta l’anno controllare i valori di colesterolo nel sangue; se elevati andrà seguita una dieta povera di grassi e, se necessario, assunta una terapia farmacologia;
– chi è affetto da cardiopatie, in particolare fibrillazione atriale, dovrà seguire
una terapia antiaggregante o anticouagulante orale per diluire il sangue e ridurre il rischio di ictus cerebrale embolico; in ogni caso, andranno seguite periodiche visite di controllo cardiologiche ed eventualmente neurologiche;
– chi ha familiarità per presenza di placche alla carotidi, dopo i 50 anni eseguire
un Eco-Color Doppler TSA;
– chi già conosce di avere delle placche alle carotidi, deve eseguire i controlli periodici con Eco-Color Doppler TSA:
116
– svolgere attività fisica costante almeno 2-3 volte alla settimana, non necessariamente impegnative, è sufficiente camminare a passo sostenuto;
– alimentarsi in modo corretto scegliendo un’alimentazione non troppo ricca di
grassi e sale;
– non eccedere con il consumo di alcolici: un’attività fisica costante ed un’alimentazione corretta permettono di mantenere un’adeguato peso corporeo, prevenendo anche l’obesità;
– fra i giovani, in particolare fra le donne, chi soffrisse di emicrania con aura dovrebbe evitare di fumare e di assumere la pillola estro-progestinica;
– chi ha già avuto ictus cerebrale deve almeno 2 volte l’anno effettuare le visite di
controllo e gli esami strumentali programmati.
Epilessia e sue cause
Causa genetica
L’epilessia può essere dovuta ad una predisposizione costituzionale per la quale un soggetto, pur avendo un cervello perfettamente normale, può manifestare
crisi più facilmente di altri.La maggioranza di queste epilessie guarisce con lo sviluppo tra i 10 ed i 15 anni. In questi casi, nell’intervallo tra una crisi e l’altra, il
soggetto non presenta alcun disturbo ed è assolutamente uguale a tutti gli altri.
Causa lesionale
L’epilessia può essere dovuta al fatto che il cervello ha subito prima, durante
e dopo la nascita, una lesione che è causa delle crisi.Anche in molti di questi casi,
l’epilessia può guarire nel tempo. Possono tuttavia rimanere dei disturbi del movimento, della memoria o dell’apprendimento, che non sono dovuti all’epilessia,
ma alla lesione primitiva.
La diagnosi
La diagnosi di epilessia si basa specificatamente sull’analisi precisa delle crisi ed in particolar modo:
l’Elettroencefalogramma (ECG) può aiutare a capire qual è il tipo di epilessia
mentre, la Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) e la Risonanza Magnetica
(RMN) possono servire per vedere se c’è una lesione cerebrale.
La cura
Esistono diversi farmaci che vengono impiegati per curare le epilessie: si tratta di medicine che vengono dosate in base al peso e all’età e che devono essere assunte regolarmente.
I farmaci “antiepilettici” si prendono generalmente per bocca: passano dal “sistema digerente” al sangue e quindi al cervello. Dopo qualche anno di cura può avvenire la guarigione completa. Talvolta invece, le medicine non sono efficaci: le crisi possono diminuire, ma non scompaiono e si presentano per parecchi anni o, più
raramente, per tutta la vita. In alcuni casi la guarigione avviene senza terapia!
117
Come avete capito non esiste l’epilessia, ma tante epilessie: molte non sono
gravi e guariscono spontaneamente, altre sono più gravi e necessitano di cure per
diversi anni.
Certamente il ripetersi delle crisi può creare qualche problema, ma non rende
diverso ne “strano” il soggetto che le ha: Talvolta vedere una crisi può anche spaventarci, ma sapendo di che cosa si tratta non si ha più ragione di temere e così si
sarà più consapevoli di come comportarsi in maniera adeguata all’occasione.
Le epilessie si dividono, a seconda del tipo di crisi che le caratterizzano in:
GENERALIZZATE
}
Convulsive
Non convulsive
FOCALI
}
Con perdita di coscienza
Senza perdita di coscienza
Le epilessie possono essere più o meno gravi e questo dipende dal fatto che le
crisi:
– si verifichino frequentemente o raramente
– vengano in veglia o nel sonno
– siano con o senza perdita di coscienza
– si presentino con o senza caduta a terra
– siano di breve o lunga durata, etc.
Le crisi epilettiche non sono mai pericolose per la vita del soggetto; possono esserlo solamente se si verificano quando si sta facendo una attività pericolosa, come pescare sott’acqua, arrampicarsi su un’albero, correre in moto od in acqua, etc.
N.B. in presenza di una crisi le cose che si devono fare sono le seguenti:
– se il soggetto cade, tenerlo disteso su un fianco senza bloccargli i movimenti;
– mettergli qualche cosa di morbido sotto ilo capo;
– osservare bene che cosa succede durante la crisi;
– aspettare che la crisi passi;
– tranquillizzare il soggetto quando si riprende;
...e soprattutto... non spaventarsi e provvedere al consulto con i medici!
L’uso, la conservazione e la scadenza dei farmaci
Le medicine da tenere in casa
Certo, ognuno di voi avrà un armadietto a misura sua, per le proprie esigenze: il mal di testa, per fortuna, non è un castigo universale. Dei consigli generali,
comunque, si possono dare.
Tenete
• un disinfettante, preferibilmente a base cloro e iodio, e dell’acqua ossigenata.
Tenete presente che l’alcool serve sulla pelle integra, per esempio per delle punture, mentre è dannoso in caso di ferite: quel bruciore che sentite indica che l’alcool fa bene e che fa soffrire anche i microbi. Sulle ferite, per esempio in caso di
caduta, usate sempre dell’acqua ossigenata;
118
• materiale di medicazione come garza, ovatta e cerotti;
• un laccio emostatico, un termometro e una borsa per il ghiaccio;
• una medicina contro febbre o dolori; se non soffrite di ulcera, di malattie allergiche o se non fate una cura a base di anticoagulanti, in genere date la preferenza a farmaci a base di acido acetilsalicilico come, per esempio, Aspirina,
Aspro, Cemirit, Flectadol. L’effetto collaterale più frequente – il bruciore di stomaco – può essere alleviato prendendo la medicina dopo i pasti e scegliendo le
confezioni “tamponate” (chiedete in farmacia). In ogni caso, non superate le
quattro pasticche al giorno.L’acido acetilsalicilico, tra l’altro, ha anche un effetto antinfiammatorio e quindi è la soluzione migliore in caso di mal di schiena o
dolori reumatici d’ogni genere, casi in cui servono a poco altri analgesici molto
comuni a base di paracetamolo, come la Tachipirina, o di dipirone, come la Novalgina. Il paracetamolo è il rimedio migliore se c’è qualche ragione per non
prendere l’aspirina e simili;
• un antiacido. Ce ne sono diversi: il più comune è il bicarbonato di sodio che però
è controindicato nelle persone con pressione alta o con malattie renali. Ricordate comunque che il bicarbonato non è un digestivo e che non aiuta a digerire:
quelle eruttazioni che vengono dopo averlo preso sono dovute al fatto che la sostanza reagisce chimicamente con l’acido dello stomaco e questo fatto produce
un gas. Le eruttazioni danno sollievo, ma non hanno a che fare con la digestione. Altri antiacidi efficaci sono i sali di magnesio, con un’azione più pronta e
prolungata del precedente, e l’idrossido di alluminio. In commercio ci sono medicine, come il Maalox, che contengono tutte e due le sostanze;
• un lassativo. Non esagerate, però. Prendetelo se per qualche circostanza vi sentite gonfi. Non abusatene e non prendetelo di continuo perchè non fareste che
peggiorare la vostra stitichezza;
• una crema antiistamica utile per punture d’insetto.
La scadenza dei farmaci
La legge impone che su ogni confezione sia scritta la data di scadenza.
1. Quando è indicato soltanto il mese si ritiene che il farmaco possa essere venduto fino all’ultimo giorno del mese indicato in etichetta, anche se il farmacista attento provvederà alla sostituzione delle confezioni con anticipo. La data
di scadenza va tassativamente osservata al momento dell’acquisto.
2. Chi assume un farmaco scaduto deve sapere che i principi attivi con il tempo
possono denaturarsi e perdere le loro caratteristiche, trasformandosi in sostanze diverse. Pertanto i farmaci devono essere acquistati di volta in volta per
un uso immediato e non per conservarli.
3. È importante quindi prendere l’abitudine di chiedere confezioni per un solo ciclo terapeutico, in modo da non avere avanzi di medicinali che col tempo potrebbero non essere più utilizzabili. Grazie a una richiesta della Cuf (Commissione unica del farmaco) anche in Italia stanno circolando ora confezioni di farmaci ridotte ad un solo ciclo di cura, e quindi meno costose.
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La data di scadenza vale solo se le confezioni sono state conservate correttamente.
Bagno e cucina: è qui che gran parte delle famiglie italiane conserva i medicinali, mentre è proprio qui che non debbono stare. Le medicine vanno tenute al
buio, in un ambiente fresco e secco. Nella maggior parte dei casi è sufficiente farli "dormire" con voi in camera da letto, in un cassetto del comò o in un armadio.
Attenzione però a dei casi particolari:
• una volta che sono state aperte le boccette, i colliri perdono in breve tempo la
loro efficacia;
• ci sono medicine che vanno conservate in frigo (non in freezer) e quando è cosi
all’esterno della confezione si leggono raccomandazioni del tipo “Non conservare a temperatura superiore ai 20 gradi”. In casi del genere non state a prendere il termometro per misurare la temperatura della cucina: mettete le medicine
in frigo e basta.
Alcol, Farmaci e Droghe
L’Alcolemia che cosè: è la concentrazione di alcol nel sangue che si esprime con
il numero di milligrammi presenti in 100 millilitri di sangue.
Tale valore è importante perché in relazione al suo aumento corrisponde un
decremento proporzionale dell’efficienza psicofisica, anche a livelli minimi di assunzione di bevande alcoliche. Il limite legale per guidare, stabilito nel D.lgs n°
185 del 30 aprile 1992 - nuovo codice della strada, è di 50 milligrammi di alcol in
100 millilitri di sangue (0,5 g per litro).
Non esistono comunque argomentazioni certe per affermare quanto si può bere per superare questo limite in quanto varia da persona a persona, dal peso, sesso, età, cosa avete mangiato, e da cosa avete bevuto.
N.B.: alcuni individui raggiungono questo limite dopo 2 bicchieri di vino o 2
bicchierini di superalcolici
L’Alcol: cosa combina a chi lo assume:
– riduce la capacità visiva, tanto da renderla confusa e può ridurre la visione notturna del 25%. Viene inoltre ridotta la visione laterale, rendendo difficoltosa la
vista dei veicoli provenienti da destra o da sinistra;
– può provocare sonnolenza e quindi diminuisce l’attenzione rendendo difficoltosa la coordinazione dei movimenti ed i relativi tempi di reazione, riducendo
inoltre l’abilità a compiere due o più azioni contemporaneamente;
– crea un senso di benessere, sicurezza, euforia che porta a sopravvalutare le proprie capacità, ad affrontare rischi che non verrebbero mai corsi;
– crea difficoltà e problematiche nella vita comune di famiglia.
L’assunzione contemporanea di alcol e farmaci o droghe incide sull’efficienza
psicofisica di ogni persona, in quanto l’alcol interagisce con alcuni farmaci, am-
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pliandone l’effetto in modo spesso non prevedibile e/o quantificabile.
Anche l’uso delle droghe illegali e di psicofarmaci influisce seriamente sulla
capacità di guida.
Tranquillanti (es. sonniferi, sedativo-ipnotici, barbiturici, benzodiazepine): la
maggior parte prescritti per diminuire la tensione e l’ansia, possono però anche
rallentare i riflessi, l’attività cerebrale, ostacolare la coordinazione oculomanuale,
offuscare le decisioni e le capacità di giudizio.
Stimolanti (es. amfetamine,cocaina): in generale producono più attenzione,
ma solo per un breve periodo di tempo, successivamente possono causare nervosismo, minor concentrazione, difficoltà visive, capogiri.
Antistaminici, contenuti in preparati antiallergici, nei decongestionanti e nei
farmaci contro la tosse, possono causare sonnolenza.
Antidolorifici: molti contengono codeina, una sostanza che può causare una
senzazione di stordimento; quelli forti possono causare un grande grado di sedazione.
Quindi mai mischiare:
– Alcol e tranquillanti - essendo entrambe le sostanze depressori del sistema nervoso centrale rallentano la respirazione, le pulsazioni, i riflessi.
– Alcol e marijuana - l’uso combinato potenzia gli effetti di entrambe le sostanze
e rallentano i riflessi.
– Alcol e antistaminici - gli effetti dell’alcol possono amplificarsi nettamente.
– Alcol e oppiacei (es. eroina, morfina) - entrambe le sostanze riducono l’attenzione ed i riflessi.
L’utilizzo dei farmaci cosiddetti “GENERICI”
Si tratta di farmaci venduti in tutte le farmacie, finalizzati, come tutti i medicinali, a garantire la salute dei cittadini. Assicurano qualità, efficacia, sicurezza e
sono intercambiabili con i farmaci di marca.
I farmaci generici sono medicinali già utilizzati da molti anni, il cui brevetto è
scaduto (cioè non appartiene piu in esclusiva all’azienda farmaceutica che lo ha inventato). Infatti, dopo un lungo periodo di tempo diventa possibile anche per altre
case farmaceutiche produrre lo stesso medicinale e, per di piu, a costi ridotti, poiché non devono piu essere recuperate le spese sostenute per la ricerca. Sono, quindi, medicinali di comprovata qualità ed efficacia, consolidati dal lungo periodo di
impiego e convenienti.
Dall’1 settembre 2001 è cambiato il meccanismo di rimborso dei farmaci. Tra
i farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale, i farmaci generici sono fra quelli totalmente gratuiti. Nel caso si richiedesse un farmaco di marca, potrebbe esserci una differenza di prezzo a carico del cittadino qualora per la stessa specialità
ci fosse già in commercio un generico.
121
Sulla confezione hanno solo il nome della sostanza che contengono, seguito dal
nome dell’azienda farmaceutica che li produce; sulla scatola inoltre deve esserci la
scritta “farmaco generico”.
Conviene utilizzare farmaci generici sia per avere un risparmio immediato, almeno del 20% rispetto a quello che si spenderebbe per un farmaco di marca, sia
perchè è un modo per contribuire a una riduzione della spesa sanitaria nazionale.
I risparmi sui medicinali per cui è scaduto il brevetto potranno essere reinvestiti
in farmaci innovativi o di nuovi servizi
Inoltre sono altrettanto sicuri rispetto ai farmaci tradizionali. Per ottenere
l’attributo di generico è necessario presentare al ministero della Sanità la documentazione che provi la bioequivalenza, cioè la eguale efficacia rispetto alla specialità medicinale alla quale corrispondono. Un farmaco generico deve possedere
infatti le stesse caratteristiche del farmaco che riproduce, cioè: la stessa composizione farmacologica e le stesse indicazioni e controindicazioni.
Solo a queste condizioni può essere considerato intercambiabile col prodotto
originale.
Si può chiedere al medico se esiste il farmaco generico corrispondente a quello abitualmente utilizzato, sapendo che il medico di famiglia è tenuto ad informare il cittadino della loro esistenza.
E se il farmaco non necessita di ricetta, chiedere al farmacista se è disponibile nella sua farmacia il farmaco generico corrispondente al medicinale abitualmente utilizzato.
• Bioequivalenza: caratteristica per cui un farmaco ha la stessa quantità e qualità di principio attivo, stesse modalità di assunzione e stesse indicazioni terapeutiche di un altro farmaco.
Vale la pena curarsi da soli?
Sono un esercito le persone impazienti che invece che dal medico preferiscono
fare due chiacchiere con la vicina di casa o col farmacista per risolvere il loro noiosissimo acciacco. E se gli studi medici rigurgitano di folle di divoratori di ricette,
c’è un’altra fetta di farmacoghiottoni che preferisce fare a meno di quella sosta in
ambulatorio e se la vuole sbrigare da sola. Certo, per prendere un digestivo non ci
vuole la carta da bollo e per fortuna neppure la ricetta, ma sono mille le insidie
dell’automedicazione (così si chiama questa pratica al giorno d’oggi tristemente di
moda) che non sospetteremmo neppure. A cominciare dal diffusissimo uso dell’aspirina per mandar via il mal di testa. Magari dopo aver alzato troppo il gomito.
Ebbene quel gesto innocente può costare una bella ulcera perforata all’automedicante. Le vie dell’errore sono infinite. Altrimenti i risultati di un’indagine recente
non ci direbbero che i 12 per cento delle persone prende un farmaco “acquistabile
solo con ricetta” non su consiglio medico, ma dietro raccomandazione di amici e/o
parenti.
Il vero problema, comunque, è che con l’automedicazione non si possono tene-
122
re sotto controllo una serie di dati che un medico invece verifica, dalle allergie individuali alle interazioni fra farmaci diversi, perche, lo vogliamo ricordare, chi
ama “impasticcarsi” ha un debole per i cocktail medicinali, quanto di più sconsigliato e pericoloso si possa immaginare.
Infine, anche se sembra esulare dal problema, ci sono forme di “automedicazione timida” che possono essere assai nocive. Per esempio quelle del paziente che
va dal medico e, ricevuta la sua cura, se la personalizza un po’, come fosse l’automobile. Il medico dice “una pillola ogni tre ore” e lui la prende ogni sei, il primo
scrive “due pasticche” e lui ne prende tre. Nel primo caso, il pericolo è che la medicina non faccia effetto, nel secondo che possa dare degli effetti collaterali senza
portare alcun vantaggio.
Le liste di attesa
È difficile in Italia imbattersi in un cittadino che almeno una volta nella vita
non si sia trovato di fronte a un problema di liste di attesa. Può capitare di dover
aspettare molto per un esame di laboratorio o di diagnostica strumentale, per
esempio una ecografia o una mammografia, cosi come per alcuni interventi chirurgici, fuori dalla emergenza. Per effettuare una ecografia nel primo trimestre di
gravidanza o una amniocentesi in tempo utile in molte regioni del paese bisognerebbe prenotarsi prima del concepimento, oppure rassegnarsi a pagare per esami,
che pure sono riconosciuti dalla legge come esenti per le donne in gravidanza. Tempi di attesa sino a sei mesi per una mammografia, un ecocardiogramma, una ecografia addominale non possono essere considerati accettabili né giustificabili. Ed
è altrettanto inaccettabile trovarsi costretti ad effettuare quelle stesse prestazioni
in tre o sei giorni ricorrendo all’intramoenia sempre in ospedale, e cioè pagando di
tasca propria.
Nel nostro paese si discute tantissimo sul perché ci siano così lunghe liste di
attesa. C’è chi pone in evidenza l’inadeguatezza del nostro sistema sanitario rispetto ai bisogni di salute della popolazione; c’è chi incolpa i medici, accusandoli di
leggerezza nelle prescrizioni di esami e visite di controllo; c’è anche chi se la prende con i cittadini e con le loro eccessive pretese da consumisti sanitari. Al di là di
tutto e di tutte le giustificazioni, un servizio esiste per offrire prestazioni di qualità e sicure in tempi ragionevoli. Se esso è in grado di mantenere questi standard
risponde efficacemente alle premesse per le quali è stato istituito e si destinano ad
esso risorse pubbliche; se non vi risponde vuol dire che qualcosa non funziona e,
quindi, va cambiato.
È necessario ricordare che il problema non è solo italiano; si tratta anzi di una
questione presente e rilevante in tutti i sistemi sanitari dei paesi sviluppati che
garantiscono un sistema sanitario pubblico. In generale, e al di là delle specificità
delle singole situazioni, le cause del fenomeno più comunemente evocate sono riconducibili essenzialmente a due elementi
• una maggiore richiesta di prestazioni dovuta all’invecchiamento della popolazione, al progresso scientifico e tecnologico, alla maggiore quantità di informa-
123
zioni a disposizione dei cittadini, alla crescente soggettività dimostrata dagli
stessi sulle questioni relative alla tutela della salute;
• una disponibilità di risorse limitata, e comunque definita, da destinare ai servizi sanitari da parte dei sistemi di protezione sociale dei paesi sviluppati.
Che cosa deve sapere (e fare) un cittadino
La prenotazione
Un cittadino può prenotare una prestazione specialistica, di diagnostica strumentale e di laboratorio o un ricovero ospedaliero attraverso un Cup (Centro unico di prenotazione), o i centri di prenotazione di distretto, di presidio o di reparto.
I Cup metropolitani sono ancora relativamente poco diffusi, ma laddove esistono
consentono di ottenere di tutte le informazioni necessarie circa i posti a disposizione. Spesso, anche se non sempre, è possibile effettuare queste prenotazioni per
telefono o attraverso video-terminali posti nelle farmacie o negli studi dei medici
di famiglia, come avviene in numerose zone dell’Emilia Romagna.
Le Aziende Sanitarie Locali, i presidi e le aziende ospedaliere hanno l’obbligo
di tenere il registro delle prestazioni specialistiche ambulatoriali, di diagnostica
strumentale e di laboratorio e dei ricoveri ospedalieri ordinari, sotto la responsabilità personale del direttore sanitario. Ciò significa che un cittadino può chiedere
di visionare le liste per controllare la sua collocazione, ferma restando la salvaguardia della riservatezza dei dati.
All’atto della prenotazione si ha diritto di conoscere il tempo di attesa massimo entro il quale quella particolare prestazione deve essere garantita. In pratica,
l’utente deve essere messo in condizione di sapere se il tempo di attesa che gli viene comunicato è “abnorme” rispetto alle sue necessità e la sua patologia o rientra
nella norma anche se i tempi sono lunghi.
Il cittadino che ha prenotato una visita specialistica o un esame di diagnostica strumentale o di laboratorio è tenuto, qualora non si presenti o non disdica la
prenotazione entro i termini stabiliti, al pagamento del ticket previsto per la stessa prestazione, a meno che non sia esente.
Il corretto uso dell’intramoenia
Le prenotazioni per visite ed esami in intramoenia devono essere effettuate
in uffici e da personale addetto diversi da quelli che effettuano le prenotazioni per
le prestazioni effettuate attraverso il canale ordinario, cioè attraverso il pagamento del ticket. Anche le liste, i sistemi e le modalità di prenotazione devono essere differenti. Le visite specialistiche, casi come gli esami diagnostici di laboratorio e strumentali in intramoenia devono essere effettuati in spazi separati e distinti da quelli nei quali si svolge la attività ordinaria. Se la Asl non dispone di
questi spazi può autorizzare i medici allo svolgimento della attività intramoenia
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anche in una apposita struttura, pubblica o privata non accreditata, con la quale
sia stipulata una apposita convenzione o anche all’interno degli studi professionali dei singoli medici. Anche in questi casi le prenotazioni devono avvenire attraverso la Asl. Questa possibilità, garantita in un primo tempo sino a tutto il mese
di giugno del 2001, è stata successivamente prorogata sino al 31 luglio del 2003.
Le tariffe dell’attività intramoenia devono essere definite dalla Asl, secondo il
regolamento aziendale e il cittadino ha diritto a conoscerle prima di effettuare la
prestazione.
Il medico che effettui una prestazione in intramoenia deve sempre rilasciare
regolare ricevuta, emessa su bollettario della Asl.
La tutela della salute On-Line
Internet rappresenta ormai un grande canale per “riappropriarsi” delle propria salute. Il medicinale che, per la cura di una certa malattia, ha gli stessi effetti
degli altri farmaci, ma costa meno di tutti perché è privo di “griffe”. Il modulo per
richiedere all’Azienda sanitaria il rimborso per quella prestazione che si è stati costretti a pagare pur di poterla effettuare in tempi brevi. Il recapito delle associazioni di tutela dei malati cronici che sono attive in un determinato ambito territoriale. Chi cerca questo, e molto altro, può facilmente trovarlo in Internet.
Ecco allora un catalogo, di certo parziale e presto superato dal rapido incalzare della rete, dei siti Internet che si occupano di salute e di tutela dei diritti in campo sanitario.
www.Sanità.it
È il sito del ministero della Salute, e i servizi in linea ne costituiscono il nucleo. Grazie a essi, i navigatori possono accedere a una quantità consistente di utilities e informazioni. Ma quali, tra tutti quelli on-line, sono i servizi che possono
essere particolarmente utili al cittadino attivo che desidera informarsi e tutelare i
propri diritti?
• L’atlante di geografia sanitaria è un’utile directory con l’elenco e la dislocazione territoriale dei servizi sanitari di particolare rilevanza nazionale.
• Nella sezione esenzioni e patologie, i cittadini trovano indicazioni per comprendere e padroneggiare meglio la nuova disciplina di esenzione per malattia e gli
operatori sanitari informazioni funzionali al loro lavoro: sono, infatti, disponibili una guida all’esenzione, la banca dati delle malattie esenti, una raccolta di
documenti in materia di esenzioni, le risposte alle domande più frequenti.
• Il Forum delle malattie rare è attivo per promuovere un ampio confronto sulle
malattie rare tra i cittadini, le associazioni dei malati e i loro familiari, gli operatori sanitari e le altre istituzioni coinvolte.
125
• Una sezione particolarmente corposa è quella che il sito del ministero della Salute dedica ai farmaci: interessante perché permette di interrogare il database
delle specialità medicinali autorizzate dal Servizio sanitario nazionale. È cosi
possibile sapere se un farmaco è compreso nelle classi A o B, a carico del tutto
o in parte della sanità pubblica, nella fascia C, a totale carico dei cittadini, nella fascia H, quella dei farmaci impiegati in ambito ospedaliero, o, infine, se si
tratta di un medicinale “generico”. È disponibile un Bollettino d’informazione
sui farmaci, con aggiornamenti sui nuovi ritrovati, e non mancano le news relative a comitati etici, corsi e convegni, bibliografia.
Sistema sanitario regionale della Lombardia:
la rete a tutela della salute
La Regione Lombardia, attraverso le sue politiche sanitarie, si assume verso i
suoi cittadini l’impegno di garantire i servizi per la salute della regione più popolosa d’Italia, in cui abitano oltre nove milioni di persone.
Per orientarsi nella scelta sanitaria serve una informazione corretta e completa.
La prima grande risorsa di informazioni è costituita dalle ASL - Aziende Sanitarie Locali che sono suddivise in distretti territoriali e costituiscono il punto di
contatto essenziale tra la rete sanitaria ed il cittadino.
Gli URP - Uffici per le Relazioni con il Pubblico e Uffici per la Pubblica Tutela (solo ASL) presenti in ogni ASL e nel caso specifico per Pavia:
www.asl.pavia.it - Viale Indipendenza, 3 - 27100 Pavia
tel. 0382.43132.1/2 - fax 0382.431300
e-mail: [email protected]
• in ogni ospedale (vedi sito specifico),
• in ogni struttura sanitaria privata accreditata (vedi sito specifico).
www.sanita.lombardia.it
È il sito internet della Sanità della Regione Lombardia sempre aggiornato su
tutto ciò che riguarda il Sistema Sanitario Regionale; da accesso a utili strumenti, dalla normativa alle pubblicazioni fino alla modulistica.
Televideo RAI 3, pp. 530-535, con i numeri utili, gli indirizzi, le “news” della
Sanità Lombarda.
840-000.006 è il numero del Call Center per avere informazioni sulle strutture sanitarie che erogano visite ed esami.
126
www.Cittadinanzattiva.it
È il sito di CittadinanzAttiva, l’organizzazione della quale il Tribunale per i diritti del malato costituisce la rete storica.
• Contiene l’elenco, continuamente aggiornato, delle sezioni del Tribunale per i diritti del malato attive su tutto il territorio nazionale, nella maggior parte dei casi all’interno degli stessi ospedali, con i recapiti e l’indicazione del responsabile
di ciascuna sezione, e delle organizzazioni di malati cronici aderenti al Coordinamento nazionale delle associazioni di malati cronici.
• Rende disponibile inoltre, nella sezione dei documenti, un rapporto elaborato
annualmente, a partire dal 1997, sullo stato dei servizi sanitari analizzato secondo l’ottica dei cittadini, nel quale luci e ombre della sanità italiana vengono
evidenziate e passate in rassegna, e un rapporto dedicato alle problematiche
della cronicità.
• Moduli utili, contenuti nella sezione del sito Strumenti, consentono di ottenere
il rimborso per una prestazione che liste d’attesa troppo lunghe hanno impedito di effettuare a carico della sanità pubblica o di opporsi a dimissioni che si ritengono ingiuste o inopportune.
• Nella sezione Pronto diritti non manca la possibilità di chiedere direttamente
on-line chiarimenti e informazioni sui propri diritti in ambito sanitario, di effettuare segnalazioni e denunce in caso ci si imbatta in episodi di malasanità.
• Un’apposita sezione dedicata alle campagne di informazione spiega che cosa è il
consenso informato nel caso di un trattamento diagnostico, medico o chirurgico
particolarmente invasivo, quale è il fine di un consenso davvero informato, quali i requisiti e le caratteristiche ai quali deve uniformarsi. Un’altra sezione del
sito è dedicata alla terapia del dolore e spiega come sia possibile combattere il
dolore attraverso un’apposita terapia che la medicina mette a disposizione e che
ora anche la legge consente e favorisce.
• Nel sito del Tribunale per i diritti del malato si può trovare anche la Carta dei
14 diritti del cittadino malato e l’elenco di tutti gli istituti di tutela e di partecipazione previsti dalle leggi (in modo particolare, si rimanda all’ articolo 14 e
all’articolo 118 della Costituzione).
127
La tutela e l’attuazione pratica dei diritti mancati all’ammalato
In alcuni casi, però, può essere utile intraprendere la via di una tutela
giudiziale, soprattutto laddove la lesione di un determinato diritto sia causa di un grave danno all’integrità fisica o psichica del soggetto.
Di seguito si offrono alcuni consigli da tener presenti qualora si ritenesse necessario rivolgersi alla competente Autorità giudiziaria per veder
soddisfatti i propri diritti lesi:
• mantenere sempre la calma, la cortesia e il rispetto;
• cercare di ottenere tutta la documentazione relativa alla propria situazione;
• parlare con i presunti responsabili dell’accaduto per valutare la possibilità di una soluzione alternativa;
• completare le cure necessarie ed evitare decisioni affrettate;
• ricordarsi che tutti i medici sono coperti da assicurazione professionale;
• rivolgersi a: CittadinanzAttiva – Rete Tribunale per i diritti del malato, ubicato a Pavia - piazzale Golgi 5 (piano terra ex poliambulatorio, lato pagamento ticket, Policlinico S. Matteo - orari di apertura: lunedì e venerdì dalle 11.00 alle 12.00, mercoledì dalle 16.00 alle 18.00 - tel.
0382.503966) o altra associazione di consumatori o ad un legale per valutare insieme l’opportunità (in termini di tempi, di costi e di utilità) di
rivolgersi all’autorità giudiziaria.
Per comunicare con CittadinanzAttiva - Assemblea territoriale di Pavia
- Onlus - Via dei Mille, 130 (presso Ufficio animazione anziani)
e-mail: [email protected]
Per altre informazioni:
128
www.cittadinanzattiva.pavia.it
I.R.C.C.S. Policlinico “S. Matteo” - Pavia
Il Cittadino
e la Salute
L’assistenza sanitaria
Diritti e doveri
L’ospedale
Tribunale per i diritti del malato
A cura di GIUSEPPE TALLARICO
Coordinatore dell’associazione “Cittadinanzattiva Assemblea territoriale di Pavia - Onlus”
Da un’idea di
Provincia di Pavia
Comune di Pavia
CITTADINANZaTTIVA - Onlus
Segreteria regionale della Lombardia - Tribunale per i diritti del malato