IL FIORE IN SPAGNA Occorre fare un breve accenno, prima di

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IL FIORE IN SPAGNA Occorre fare un breve accenno, prima di
224 - Pedro de Camprobin Passano, ubicazione ignota.
225 - Antonio Ponce, Museo di Strasburgo.
IL FIORE IN SPAGNA
Occorre fare un breve accenno, prima di costringere chi legge all'ennesimo «ritorno indietro» nel tempo per affrontare le origini della composizione di fiori in Italia, alla posizione
che il soggetto può avere nella storia della natura morta spagnola: posizione certamente singolare una volta che si escludano dal discorso gli sviluppi settecenteschi in quanto, in un immaginario del bodegon particolarmente orientato alla quotidianeità della cucina, alla semplici195
tà del vasellame e del cibo, il fiore ha una comparsa limitata di cui si discuterà successivamente, mentre il vaso di fiori autonomo conosce rari e discontinui esempi prima di arrivare a
Juan de Arellano, fiorante fra i primi nel secondo scorcio del secolo, ma già inoltrato verso la
decadenza del genere.
Possono essere eccezioni, in questa assenza troppo netta perchè non sia significativa di
un orientamento tematico preciso adottato dai pittori di natura morta spagnoli, il «Vaso di
fiori» ora al Prado e attribuito a Francisco de Zurbaràn, prepotente come impianto tridimensionale con i divergenti orientamenti dei quattro gigli che costituiscono il fulcro compositivo
sul quale si innestano i garofani al vertice e la rosa laterale e il vaso bimaterico firmato da Pedro de Camprobin Passano (tav. 224), pittore nato agli esordi del secolo e conosciuto per alcuni bodegones firmati di vario soggetto di impianto decisamente più arcaico. La farfalla in
alto a sinistra e i due garofani appoggiati sulla balaustra in un equilibrio precario costituiscono indubbiamente delle «citazioni» dal Nord. D'altra parte Madrid è capitale internazionale
dal punto di vista della raccolta di soggetti provenienti dai Paesi Bassi come dall'Italia. Nulla
di strano quindi che accenni o citazioni dall'estero possono essere presenti in composizioni
indubbiamente estranee come gusto al mercato spagnolo.
Nella sua illustrazione della storia della natura morta spagnola Juna Antonio Gaya Nuno' h parla di una sorta di rivalità spesso risolta nell'indifferenza fra i locali pittori di bodegon,
interpretati spesso come sfida di bravura a partire da un soggetto cosi umile come la raffigurazione del quotidiano, e i soggetti più celebrati della natura morta europea. E allora da considerarsi un ossequio al mondo nordico il «fiorerò» di Antonio Ponce firmato e datato 1650,
caratterizzato da un particolare punto di vista dall'alto che distanzia, pur nell'eseguità dello
sviluppo verticale del bouquet, l'intero sistema oggettuale (tav. 225).
Esiti certamente più originali, anche se è oltrepassata la metà del secolo, vengono raggiunti dai «Floreros» di Tomàs de Yepes, uno dei pochi esempi di fiori non recisi nel mondo
del fiore collocati in caratteristici contenitori di ceramica (tav. 226).
Certamente Yepes replica un soggetto realmente conosciuto e questo probabilmente
può spiegare la particolare attenzione al dato veridico costituito dal mantenuto rapporto dimensionale fra il vaso e la pianta di piccola taglia che si addensa in ciuffi fioriti variamente disposti e aperti, in modo da costituire, nel loro complesso, figure variate che una lettura unitaria tende successivamente a sommare. Attenzione al quotidiano, sua replica fedele soprattutto negli aspetti più dimessi: non esiste nel mondo di Yepes e nei fiori spagnoli precedenti,
scenografìa o magniloquenza sia nella composizione che nella resa cromatica del bouquet.
Non a caso si è parlato di una impaginazione arcaica in Yepes che viene improvvisamente abbandonata dal contemporaneo Arellano: probabilmente però si tratta di una complementarietà fra queste due personalità. Mentre Arellano interpreterà un gusto internazionale fiammingo e italiano, costituendo quasi sul nulla una via «nazionale» al fiore settecentesco e
quindi inclinando la propria espressione sulla linea del fiorante, del rapido e felice interprete
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di un fiore incandescente come accostamento cromatico e con funzioni dichiaratamente ornamentali, il fiore suggerito da Yepes sembra continuare la tradizione contenuta e austera
della natura morta spagnola tradizionale, capace maggiormente di concentrare l'attenzione
sul soggetto più che concepirlo come moltiplicatore scenografico di un gusto.
Da questo punto di vista i vasi di Yepes (ci riferiamo in modo particolare alla serie caratterizzata dalla grande vasca in ceramica e non a bouquet recisi, come nell'esempio firmato
ora a Cadice in cui l'impaginazione sembra più stentata o nel vaso in ceramica firmato e datato 1664 ora in coli, privata) costituiscono un singolare «unicum» nella storia del fiore composto, forse perchè in questa serie Yepes tratta il soggetto floreale con la stessa logica con cui
sono osservati gli altri oggetti, naturali e artificiali, presenti nel bodegon e non attribuisce particolare importanza, non dedica cioè particolari attenzioni correttive, al fiore composto.
Il fiore a cui la pittura secentesca ci ha abituato è in ogni caso, anche negli esiti più arcaici e spogli, un fiore volutamente reso artificiale, in cui eventualmente è l'intrigante diversità
fra la sua natura spontanea e il filtro umano, come variante realizzata o come disposizione, a
costituire il suggerimento iconografico più curioso.
Mentre Yepes disattende in piena l'aspettativa di un confronto, una gara fra la composizione immaginata dell'uomo e il ricordo di un disporsi spontaneo del fiore, Juan de Arellano
e la sua scuola, costituiscono, come già detto, la risposta indigena a una concezione magniloquente e decorativa che l'Europa della metà del secolo prepotentemente privilegia.
A partire dai contenitori più svariati (sempre che Arellano non si cimenti con le ceste di
vimini altrove segnalate) che possono indifferentemente essere di vetro, ma prioritariamente
sbalzati e sovrabbondanti, spesso corredati da figurazioni mitologiche intraviste nei tagli di
luce radente, il bouquet si sviluppa in verticale con una vertiginosa e virtuosa capacità impaginativa, una varietà di dinamiche interne il cui febbrile accostamento costruisce per successivi
scompensi l'architettura della composizione. È questo l'esito dei floreros del Prado, composizioni particolarmente variate non solo dal punto di vista dell'impianto che vede addensamenti di fiori affini contrastati dalla punteggiatura di figure contrastanti, ma anche dalla modulazione della luce, che sagoma in modo perentorio la figura completa, privilegiando alcuni fiori
emergenti e buttando all'indietro, in un quasi indistinto scomporsi di forme e di colori, figure
affini o contigue. Soluzioni analoghe, ottenute oltretutto attraverso la ripetizione del medesimo fiore (il tulipano) vengono raggiunte da Arellano in una maestosa composizione apparsa
nel catalogo Alfred Brod del 1964 in cui alla esaltazione del diverso effetto cromatico della
singola specie del tulipano, si afferma la difformità figurale dei medesimi colti nei diversi stadi dello sviluppo: è comunque dominante, in una attenzione anche analitica, la torsione e
l'avviluppo, la mutazione che una figura apparentemente costante può assumere: il movimento accelerato che sembra coinvolgere i petali del singolo tulipano si propaga allo stelo, e
quindi all'orientamento del fiore nel suo complesso: ma il movimento, pur moltiplicato, viene tuttavia ricondotto, in una visione complessiva, a un ordine strutturale ancora portante.
Pur nelle dimensioni particolarmente allungate, le due opere di Arellano, firmate e inedite, presentano le medesime caratteristiche di affollamento disordinato e di possibile ricon197
226 - Tomàs Yepes, Coli, priv., Francia.
227 - Tomàs Yepes, Coli, priv., Parigi.
duzione organizzata e solida del bouquet a un principio d'assieme ordinatore che può organizzarsi in uno sviluppo a raggiera nella tav. 229, dominata dallo slancio dei fiori posti in posizione mediana, o può invece appoggiarsi su un andamento superficiale di forma sinuosa per
poi disperdersi nella zona vertice nella tav. 228.
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228 - Juan de Arellano, ubicazione ignota.
229 - Juan de Arellano, ubicazione i