23 Di Paola Antonluca_Tema 2

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23 Di Paola Antonluca_Tema 2
Antonluca Di Paola*
XXVIII Congresso Nazionale INU
Città come motore dello sviluppo del Paese
Tema 2. Quale forma del Piano e nuovi compiti della pianiicazione
Titolo”La pianificazione integrata come strumento di trasformazione della città e dei contesti
territoriali minori”
Le recenti trasformazioni, economiche e ambientali della città e del territorio, congiunta alla crisi
economica, delineano una fase di ridefinizione delle procedure urbanistiche che deve essere
affrontata con modalità spesso inadeguate, stante la difficoltà di approvazione di una nuova legge
sul governo del territorio. Gli strumenti possibili con cui operare sono dunque quelli delineati dal
1995, con la LUR Toscana 5/95 che ha introdotto il piano strutturale, strategico e non conformativo
e successive integrazioni che, a fronte di un rilevante impegno di sperimentazione, ha prodotto
risultati disomogenei non solo tra le regioni del centro nord e quelle del sud, ma anche tra i vari
comuni di una stessa regione, in rapporto all’impegno profuso dalle varie amministrazioni
nell’applicare, in modo innovativo, le procedure urbanistiche e perequative.
Attualmente, sia in ambito urbano che territoriale, lo sviluppo è caratterizzato da un grado di
insostenibilità elevato sia per l’erosione delle risorse ambientali che per il dispendio di risorse
energetiche, nel settore immobiliare, dei servizi e della mobilità in senso lato. La difficoltà di
riconversione di questi settori si scontra con le limitate risorse disponibili, che non possono essere
incrementate esclusivamente attraverso una maggiore fiscalità locale, arrivata già ai limiti di
guardia
Un maggiore rigore ed economicità degli interventi, una maggiore attenzione alle priorità, un
maggior efficacia delle procedure attuative, viste attraverso l’ottica della pianificazione strutturale
e integrata, così come delineata dalla comunità europea, resta dunque una possibilità concreta di
avviare una pianificazione in grado di affrontare contestualmente i nodi principali a scala urbana e
territoriale. Alcune problematiche, (infrastrutturali, ambientale , energetiche), vanno affrontate a
scala d’area vasta e necessitano di analisi valutative appropriate, in grado di delineare le possibili
ricadute, mentre le problematiche più strettamente urbane, anche in presenza di una “città
porosa” e “post-metropolitana”, attiene alla pianificazione locale, soprattutto alla corretta
applicazione delle procedure avviate con la pianificazione strutturale, rivolta ad una visione
strategica e ai piani operativi, che prevedono una maggiore flessibilità e partecipazione dei
cittadini e un rinnovato rapporto pubblico-privato.
La complessità dei fenomeni e l’eterogeneità degli interessi diffusi e degli stecolders rende spesso
difficile coniugare le fasi della pianificazione strutturale e le procedure di copianificazione e
partecipazione in grado di garantire la pianificazione integrata che oggi, malgrado i nuovi strumenti
disponibili, quali la conferenza di pianificazione, stenta ad attuarsi. L’eccessiva suddivisione delle
competenze è sempre stato, in Italia, uno dei problemi cardine, a causa di quelle che sono state
definite pianificazioni separate, che hanno impedito, tra le altre concause, dal secondo dopo
guera, una efficace pianificazione urbana e territoriale.
Ma oggi è possibile superare queste problematiche abolendo le province ed istituendo le aree
metropolitane? Provvedimenti dettati dalle necessità economiche più che attinenti alle procedure
urbanistiche. L’abolizione delle province, se da una parte semplifica le procedure amministrative ed
autorizzative, dall’altra lascia un vuoto soprattutto nel settore della pianificazione intermedia che
deve trovare un nuovo assetto in grado di affrontare i problemi complessi delle aree urbane e
quelli dei comuni minori e del territorio.
La pianificazione integrata, così come vista in sede europea, esige una visione ampia. di ambiti
territoriali costituiti da più comuni e da sottosistemi urbani in grado di affrontare problematiche
complesse e integrate quali il rapporto città-campagna, profondamente cambiato, le
problematiche ambientali, infrastrutturali e residenziali. L’espansione della città nel territorio ha
infatti evidenziato l’incapacità della pianificazione attuale di affrontare problematiche che
travalicano gli stretti limiti comunali e l’incapacità di definire gli stessi “confini” della città.
Pe affrontare queste problematiche si deve pensare in termini nuovi a concetti antichi, quali quelli
dei sistemi urbani e del comprensorio: concetti che sono presenti nella legge urbanistica del 1942
ma che non hanno avuto lo sviluppo desiderato, malgrado i vari tentativi fatti nel corso del tempo.
Oggi appaiono più attuabili, strumenti urbanistici che rimandano a insiemi di comuni, ad entità
territoriali che si aggregano volontariamente per affrontare determinate problematiche; ciò è
valido non solo nella città post-metropolitana quanto nel territorio “altro”, estraneo alla città che
spesso risulta definito in negativo, per esclusione.
Un sistema urbano o un’area comprensoriale, può costituire la giusta dimensione per sperimentare
un tipo di pianificazione di tipo attuativo e integrato: un ambito idoneo per operare attraverso
l’integrazione delle problematiche esistenti che possono essere contestualmente di tipo
energetico, ambientale e insediativo.
E’ evidente che le dieci aree metropolitane, di recente istituzione, non esauriscono l’insieme delle
problematiche urbanistiche esistenti, anche se colmano una lacuna propria della legislazione
italiana. La città oggi è essenzialmente città-territorio, anche quando si presenta nelle dimensioni
contenute, mentre l’insieme, notevole, dei comuni in spopolamento -ghost town- sono in
incremento e costituiscono, per l’entità del fenomeno, un problema non ancora emerso nella loro
effettiva entità (tra gli 8910 comuni italiani circa 5800 sono inferiori a 5000 abitanti). In un periodo
di crisi i problemi delle città, quali motori dello sviluppo e catalizzatori delle strutture economiche
e sociali, hanno, comprensibilmente, il sopravvento; anche le elaborazioni culturali e le
sperimentazioni già attuate e in fieri, hanno riguardato essenzialmente la città, attraverso
procedure che, in sintesi, hanno toccato le problematiche del contenimento del consumo di suolo,
la revisione delle tecniche della pianificazione operativa, la rigenerazione patrimonio edilizio
esistente, la rigenerazione dei brownfields e dello spazio pubblico e infine hanno toccato la
riconsiderazione degli standars urbanistici, del verde e mobilità sostenibile. Tutti temi che
necessitano di ulteriori ripensamenti alla luce delle nuove problematiche e della scarsità di risorse
finanziarie disponibili.
All’interno di queste problematiche complesse, che necessitano di continui aggiustamenti e
ridefinizione degli obiettivi e priorità, i centri minori sono spesso dimenticati mentre emergono,
quale problematica nazionale, solo dopo le ricorrenti alluvioni, periodo in cui si rileva l’entità
dell’abbandono, causa prima del dissesto territoriale.
La pianificazione strutturale e integrata, in special modo nella forma associata (PSA) rappresenta
una possibilità concreta di intervento in grado di superare quelle rigidità proprie della
pianificazione comunale e introdurre, di fatto, meccanismi in grado di superare i vincoli
amministrativi esistenti nella pianificazione comunale.
La pianificazione integrata, se vista contestualmernte alla pianificazione strutturale e strategica,
deve concorrere alla risoluzione delle problematiche esistenti nelle città e nei centri minori, che
sono di tipo eminentemente ambientale e infrastrutturale, oltre che economiche e sociali.
La delimitazione dei Sistemi Urbani Integrati (Sui), definendo cosi’ sub aree regionali che
necessitano di una visione integrata dei problemi, deve, pertanto, avvenire attraverso valutazioni
rigorose proprie di un piano d’area vasta, in grado di individuare le invarianti strutturali, non
negoziabili.
Anche in sede europea si ribadisce come sia necessario “assecondare i diversi cammini di sviluppo
delle areei più periferiche, ridistribuendo le occasioni di centralità e promuovendo e potenziando
le relazioni funzionali, nel generale obiettivo di ridurre la dipendenza dalle aree centrali”.
L’obiettivo è quello di avviare la costruzione di reti di città medie e piccole e la loro connessione
con le città metropolitane e con i sistemi urbani più consolidati, per migliorare la qualità dei servizi
al cittadino e avviare azioni immateriali nel campo sociale e sanitario, volto a conseguire, nei
territori svantaggiati, in via di spopolamento, standards minimi di servizi.
Antonluca Di Paola è dottore di ricerca, professore a contratto presso l’Università di Parma, svolge
attività di ricerca con assegno di studio presso l’Università di Firenze dipartimento DIDA. Ha
pubblicato contributi inediti in vari settori attinenti alle trasformazioni urbanistiche nelle aree
svantaggiata in particolare le monografie “The Towns of Petroleum.Urban Planning and new towns
in Libia (1970-2000)”, Alinea,2011 e “L’urbanistica coloniale in Libia. I piani delle città e dei villaggi
agricoli (1921-1945)” Iiriti, 2012.