Rapporto giovani LA FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI

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Rapporto giovani LA FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI
C. BUZZI – A. CAVALLI – A. DE LILLO
Rapporto giovani
Sesta indagine dell’Istituto IARD
sulla condizione giovanile in Italia
Bologna, Il Mulino, 2007
PARTE TERZA: COME I GIOVANI VEDONO LA SOCIETÀ
ARIANNA BAZZANELLA
I GIOVANI GUARDANO LA SOCIETÀ:
LA FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI
Il «capitale sociale» è dato dalla dotazione complessiva di risorse immateriali di cui un individuo o una collettività possono disporre
per il proprio agire. La fiducia ne è una componente fondamentale: a livello individuale essa consente il buon funzionamento di relazioni interpersonali e il raggiungimento di obiettivi all’interno del piccolo gruppo; a livello collettivo, la fiducia nelle istituzioni costituisce la premessa per un sistema socio-economico nazionale stabile, efficiente e democratico. (..) Per questo, indicatori relativi alla credibilità che alcune istituzioni e attori sociali godono presso la popolazione sono particolarmente utili, perché consentono di definire il
quadro entro il quale inserire fenomeni più complessi legati al senso civico e alla partecipazione alla vita collettiva.
1. Premessa
Il «capitale sociale» è dato dalla dotazione complessiva di risorse immateriali di cui un individuo o una collettività possono disporre per il proprio agire. La fiducia ne è una componente fondamentale: a livello individuale essa
consente il buon funzionamento di relazioni interpersonali e il raggiungimento di obiettivi all’interno del piccolo
gruppo; a livello collettivo, la fiducia nelle istituzioni costituisce la premessa per un sistema socio-economico nazionale stabile, efficiente e democratico [Cartocci 2000; Diani 2000; Bagnasco et al. 2001; La Valle 2002a]. Le istituzioni, infatti, costituiscono gli apparati cui è affidata la riproduzione della società dal punto di vista politico, economico, giuridico, culturale: la mancanza di fiducia in esse causa comportamenti individuali disfunzionali che, a loro volta, determinano un deterioramento del sistema-società.
Per questo, indicatori relativi alla credibilità che alcune istituzioni e attori sociali godono presso la popolazione sono particolarmente
utili, perché consentono di definire il quadro entro il quale inserire fenomeni più complessi legati al senso civico e alla partecipazione alla
vita collettiva.
In questo capitolo ci dedicheremo, quindi, all’analisi della fiducia che i giovani ripongono verso istituzioni e gruppi sociali. Inevitabilmente, data la complessità e la molteplicità degli ambiti esplorabili, l’elenco proposto è il risultato di una selezione di soggetti che, direttamente o indirettamente, esercitano un ruolo attivo nella vita quotidiana dei cittadini, soprattutto se giovani.
2. La credibilità delle istituzioni
La tabella 1.1 mostra le percentuali di giovani 15-34enni che nel 2000 e nel 2004 hanno dichiarato di riporre molta o abbastanza fiducia1 in una serie di istituzioni, attori collettivi e gruppi sociali già proposti in altre indagini dell’Istituto IARD. L’ultima colonna riporta il differenziale tra le due rilevazioni, di cui si dirà più avanti.
Per facilitare la lettura, abbiamo classificato le diverse voci in quattro gruppi a seconda del grado di fiducia raggiunto nell’indagine del
2004:
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Gli intervistati avevano a disposizione quattro opzioni di risposta sulla scala: 1. per niente importante; 2. poco importante; 3. abbastanza importante; 4. molto importante.
— fiducia diffusa: questo gruppo comprende istituzioni, attori e gruppi sociali che raccolgono il consenso di almeno sei giovani su dieci;
— fiducia controversa: gruppo di voci che si vedono accordare fiducia da circa la metà della popolazione giovanile;
— fiducia ridotta: in questo caso le proposte mostrano minore consenso, ottenendo comunque credibilità presso almeno un terzo della popolazione giovanile;
— fiducia minoritaria: in questo gruppo rientrano le istituzioni apprezzate da ridotte minoranze di giovani, inferiori ad un terzo della
popolazione complessiva.
La categoria di soggetti che riscuote maggiore successo ottenendo consenso
quasi unanime si conferma, come da tradizione, quella degli scienziati [Cavalli e
de Lillo 1988; de Lillo 1993; Buzzi, Cavalli e de Lillo 1997; La Valle 2002a]: probabilmente, questo risultato è dovuto al fatto che l’etichetta generica evoca
un’immagine idealizzata dei professionisti della scienza. Questi vengono percepiti come scienziati puri, che lavorano per il bene dell’umanità in modo disinteressato. Se invitati a confrontarsi con espressioni che richiamano la scienza applicata, infatti, i giovani mostrano qualche riserva e cautela in più nei confronti del
sapere scientifico-tecnologico [La Valle 2002a; Bazzanella 20052].
In questa gerarchia ideale, accanto agli scienziati, primeggiano organizzazioni e
attori preposti al controllo e alla protezione sociale (polizia, ONU, Unione Europea, magistrati, NATO, militari di carriera) e attori che rappresentano la relazionalità protetta (insegnanti e sacerdoti).
All’opposto, si trovano coloro che, a vario titolo, rappresentano la comunità: governo, partiti e uomini politici sono considerati degni di fiducia da meno di un
giovane su quattro. Questo dato è in linea con quello di indagini simili svolte in
precedenza [La Valle 2002a] anche in termini comparativi rispetto ad altri Paesi
europei. L’Italia, però, pur in un panorama generale comparabile, presenta la peculiarità di un più marcato allontanamento da tutto ciò
che fa riferimento alla sfera pubblica [Cavalli e de Lillo 1988; de Lillo 1993; Buzzi, Cavalli e de Lillo 1997; Putnam 1997; Cartocci 2000; La
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Si confronti in proposito in questo volume il capitolo III, parte III, di Massimiano Bucchi.
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Valle 2002a3].
Mediante l’analisi fattoriale4, sono stati costruiti quattro indici sintetici di fiducia: nelle organizzazioni internazionali (NATO, Unione Europea, ONU); nei rappresentanti politici (partiti, uomini politici, governo, amministratori del comune); nei mass-media (televisione pubblica, televisione privata, giornali); nelle forze dell’ordine (polizia e militari di carriera).
Osservando questi quattro fattori, il primo dato che emerge è il loro posizionamento reciproco: in linea con quanto mostrato nella tabella 1.1, le organizzazioni internazionali e le forze dell’ordine ottengono un indice di fiducia maggiore rispetto ai mass-media e, soprattutto, ai rappresentanti politici (fig. 1.1).
In estrema sintesi, dunque, i giovani sembrano confidare maggiormente negli
organismi deputati al controllo (organizzazioni internazionali e forze dell’ordine)
meno nei mass-media e, soprattutto, molto poco proprio in coloro che dovrebbero rappresentarli di più.
La popolazione giovanile si presenta omogenea attorno a questo scenario
che appare, dunque, ampiamente condiviso: tuttavia, è possibile cogliere qualche differenziazione degna di nota. In particolare, il consenso nelle forze
dell’ordine sembra crescere con l’età: coloro che ripongono molta o abbastanza fiducia nella polizia sono circa i 60% dei 15-17enni e aumentano gradualmente nelle classi superiori fino a raggiungere quasi l’80% nel caso dei 30-34enni. Invece, crescendo si diventa più scettici verso i mass-media, gli insegnanti e, soprattutto, le banche, che calano gradualmente passando dal 46% del consenso presso i 1517enni al 31% appena presso i 30-34enni. Infine, sono i 15-17enni e i 29-34enni a confidare maggiormente nei ministri della Chiesa rispetto alle classi intermedie.
Per quanto riguarda le differenze di genere, le giovani donne sembrano lievemente più fiduciose dei coetanei nelle forze dell’ordine e
nelle organizzazioni internazionali, soprattutto nel caso dell’ONU (dove le percentuali sono il 73% contro il 66%).
La crescita del background socio-culturale tende ad accompagnarsi ad un tenue aumento di fiducia nei rappresentanti politici e nelle
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Si vedano anche i numeri 51, 61, 63 di Eurobarometro, disponibili sul sito http://europa.eu.intlcommlpublic_opinion/index..en.htm.
E stata impiegata la tecnica dell’estrazione delle componenti principali. Inizialmente sono stati inseriti tutti gli item della batteria sottraendo progressivamente quelli che non risultavano essere
correlati in modo significativo con gli altri. Per l’elaborazione è stata utilizzata la rotazione varimax e la varianza spiegata ottenuta è risultata pari al 67%. Una volta individuati i quattro fattori, il
programma utilizzato per l’elaborazione (SPSS) ha assegnato automaticamente ad ogni intervistato un punteggio in base alle risposte fornite, creando così quattro nuove variabili. Queste sono
state sostituite dai punteggi medi espressi in decimi ottenuti dagli item inclusi nel fattore: questi nuovi parametri presentavano un’alta correlazione (superiore a .88) con quelli attribuiti a ogni
dimensione dalla fattoriale e sono stati prescelti perché di più facile lettura.
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organizzazioni internazionali e ad un calo di quella riposta nei mass media e nelle forze dell’ordine.
Dal punto di vista delle ripartizioni territoriali, il Sud del Paese sembra essere generalmente più disposto a dare fiducia a tutte le voci
elencate, in particolare nel caso di NATO e militari di carriera. Si sottraggono a questo trend gli amministratori comunali, i quali, invece,
godono di una cattiva reputazione proprio al Sud: al Nord vengono considerati meritevoli di molta o abbastanza fiducia da poco meno
della metà della popolazione giovanile (46%), mentre la quota scende al 35% nel Centro, per arrivare ad appena il 26% nel Sud e nelle Isole.
Anche l’ampiezza del comune di residenza influisce sulla fiducia riposta negli amministratori locali, che godono di maggiore credito nei
comuni più piccoli. In particolare, i giovani che abitano in comuni con meno di diecimila abitanti ripongono molta o abbastanza fiducia
negli amministratori locali nel 40% dei casi contro il 30% nel caso di città con più di duecentocinquantamila abitanti.
3. La fiducia dei giovani nel tempo
Sempre osservando la tabella 1.1, è possibile rilevare i cambiamenti avvenuti nei quattro anni intercorsi tra le ultime due rilevazioni: gli
scostamenti più significativi riguardano polizia, militari di carriera e sindacalisti, che vedono accordarsi maggiore fiducia e banche, le quali,
invece, sembrano aver perso credibilità.
Le interpretazioni di questi dati vengono da sé se si pensa ad alcuni avvenimenti cui il nostro Paese è stato soggetto in questi ultimi anni, proprio poco prima o contestualmente alla rilevazione5: il nascere di forti tensioni sul piano internazionale con l’11 settembre e lo
scoppio delle guerre in Afghanistan e Iraq; la crescita del timore diffuso verso la criminalità interna, veicolata sempre più frequentemente
dai media; il crack Parmalat, con il seguente inevitabile discredito subito dalle banche, accusate dall’opinione pubblica di correità ai danni
dei piccoli risparmiatori; il consolidarsi di un clima caratterizzato dal peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro — soprattutto
per chi vi sta facendo ingresso — in termini di maggiore flessibilità e deregolamentazione, e dal dibattito innescato attorno alla possibile
abolizione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori per le piccole imprese.
In sintesi, dunque, sembra lecito imputare i cambiamenti più rilevanti del livello di fiducia dei giovani in alcune istituzioni ad una generale crescita di preoccupazione:
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L’indagine è stata realizzata tra la primavera e l’estate del 2004 (si veda anche l’appendice metodologica).
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— nel caso di polizia e militari di carriera, dovuta all’aumentare di tensioni locali e internazionali che hanno infuso la richiesta di maggior
tutela degli individui;
— nel caso delle banche, dovuta all’inadeguatezza di queste nel vigilare e tutelare i risparmi dei piccoli correntisti;
— infine, nel caso dei sindacalisti, dovuta al peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro cui sembra necessario porre un freno.
Al di là dei cambiamenti di breve periodo è interessante analizzare quelli di
lungo periodo, considerando (per le voci in cui è possibile) la fascia d’età comparabile dal 1983 al 2004 e cioè quella dei 15-24enni.
Si osservi la tabella 1.2: considerando gli item per cui sono disponibili almeno
tre rilevazioni, è possibile notare che alcuni gruppi e istituzioni presentano un
profilo più o meno stabile nel lungo periodo (scienziati, magistrati, sacerdoti,
industriali, partiti e uomini politici); altri hanno vissuto mutamenti altalenanti
(polizia, insegnanti, militari di carriera, amministratori comunali, sindacalisti,
governo), mentre televisione (sia pubblica sia privata) e banche mostrano un
andamento costante e in calo [La Valle 2002a].
4. Conclusioni
Possiamo riassumere quanto detto fin qui facendo ricorso ad alcune parole
chiave: omogeneità, timore e insicurezza, dinamicità.
Omogeneità: la popolazione giovanile sembra omologarsi attorno ad una visione condivisa delle istituzioni e dei gruppi sociali elencati, in cui emerge il maggiore credito di attori e organismi chiamati al controllo e alla tutela degli individui, i quali negli ultimi anni vedono
rafforzare questo loro primato.
Timore e insicurezza: tale omogeneità attorno agli organi di controllo e tutela va probabilmente correlata ad una generale crescita di
bisogno di protezione legata ad un contesto, quale è quello attuale, caratterizzato e percepito come sempre più minaccioso sul piano sia
internazionale sia interno (crescita di terrorismo, criminalità, deregolamentazione del mercato del lavoro e precarietà del sistema econo-
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mico-finanziario).
Dinamicità: in un’epoca fluida, contrassegnata dalla perdita di punti di riferimento forti per la caduta di sistemi di valore olistici che orientavano azioni individuali e collettive, anche le istituzioni non sembrano più ciò che dovrebbero essere per definizione: istituti, per
l’appunto, statici nel tempo. Le contingenze socio-economiche, al contrario, sembrano esercitare una forte influenza nel determinare mutamenti nei punti di vista da cui le istituzioni vengono osservate e, soprattutto, valutate: gli organismi chiamati ad essere punti di riferimento non possono pensare di accreditarsi presso i cittadini una volta per tutte, ma devono conquistarsi la loro fiducia giorno dopo giorno.
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