LILLO: SEMPER FIDELIS Lillo Giacomo Limentani, che andò alla

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LILLO: SEMPER FIDELIS Lillo Giacomo Limentani, che andò alla
LILLO: SEMPER FIDELIS
Lillo Giacomo Limentani, che andò alla scuola ebraica nella sezione dei poveri, che fece del suo
corpo esile una cintura nera di karatè, che studiò tutti i linguaggi fino a decodificare i significati
delle gocce sui vetri, che tirò l’ombrellone del banco per mille domeniche e duemila lunedì, che
entrò nell’hh per inerzia e ci rimase monogamo per tigna,e successe anche che risollevò le sorti del
ken con un repulisti, molta attività, mifkad ben assestati e disciplina (la disciplina è ‘il metodo’).
Perché per lui rosh ken era responsabilità molto più che potere.
Lillo Giacomo Limentani che andò a Bar Am, sudò, giocò, zompò e si arruolò con il punteggio di
97 su 100 (3 punti li tolgono alla perfezione per la milà), perché voleva essere come gli eroi di Uris,
perché voleva fare la parte sua, ma la voleva fare in prima linea, da combattente, lui.E poi si pentì di
averlo così tanto desiderato, però ormai era tardi, i sergenti lo sfibravano e tornare a Bar Am era
ogni volta un viaggio biblico di 10 ore per 250 chilometri. E poi si pentì di pentirsi: anche potendo
riscegliere, l’avrebbe rifatto, ogni passo gli apparteneva, ogni imprecazione in salita con trenta chili
di zaino era benedetta, ogni cosa fatta per Israele era stata buona. Lillo Giacomo Limentani, lo
slancio controllato. Il cuore testardo grosso di fatica. Lo sport al limite con l’inflizione. Malgrado il
dubbio, la fede. Malgrado la maturità del disincanto, leale. E con lui in quegli anni Davide Greco,
Gabriele Levy, Dov Melli, Luciano Assin, Franco Calò, Momo, me ne ha nominati tanti, un po’
nella commozione un po’ nella presa in giro. Fu un periodo generoso quello, la zavà la fecero in
parecchi. E poi a un certo punto l’ho interrotto, ma non perché avesse finito. Siamo al confine coi
marines: tamid shomer, semper fidelis.