ASSICURAZIONE INFORTUNI E RISCHIO RAPINA Intervento Dott

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ASSICURAZIONE INFORTUNI E RISCHIO RAPINA Intervento Dott
DIREZIONE CENTRALE PRESTAZIONI
ASSICURAZIONE INFORTUNI E
RISCHIO RAPINA
Intervento
Dott. Paolo Vaccarella
Centro Congressi Frentani
CGIL – FISAC
27-28 Novembre 2006
Premessa
Oggetto del presente intervento è la natura e la conseguente valutazione del
“rischio rapina” dal punto di vista dell’assicurazione pubblica obbligatoria,
ossia esclusivamente in relazione al modus operandi della tutela
previdenziale infortunistica al verificarsi di un infortunio sul lavoro ovvero
al manifestarsi di una malattia professionale in danno del lavoratore.
Esula pertanto dal presente intervento la problematica relativa
all’attuazione della normativa prevenzionale in materia di sicurezza sul
lavoro (D.Lgs. n. 626/1994), sia in ordine all’obbligo di individuazione e di
valutazione del rischio rapina nell’ambito del documento di valutazione dei
rischi (art. 4, co. 2, D.Lgs. n. 626/1994), sia in ordine alle misure di
prevenzione e di protezione conseguenti alla predetta valutazione che il
datore di lavoro è obbligato ad adottare.
Una sola riflessione di carattere generale, al riguardo, sia tuttavia
consentita.
La Corte di Giustizia europea chiamata a pronunciarsi sull’incompleta
attuazione da parte dello Stato italiano della direttiva 89/391/CEE, sulla
salute e sulla sicurezza dei lavoratori, in particolare relativamente
all’obbligo per il datore di lavoro di valutare l’insieme dei rischi per la
sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, ha sottolineato che:
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Carattere predefinit
biettivo della direttiva è quello di prendere in considerazione tutti i rischi
per la sicurezza e la salute dei lavoratori e non già soltanto i rischi
specifici di volta in volta individuati;
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Carattere predefinit
ali rischi devono essere oggetto di una valutazione d’insieme da parte del
datore di lavoro;
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Carattere predefinit
etta valutazione non è stabilita una volta per tutte, ma si evolve
costantemente in funzione del progressivo sviluppo delle condizioni di
lavoro e delle ricerche scientifiche in materia di rischi professionali;
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Carattere predefinit
’obbligo generale e generico del datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2087
codice civile, di adottare misure di tutela dell’integrità fisica e della
personalità morale dei prestatori di lavoro non corrisponde all’obbligo
specifico di valutare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei
lavoratori ai fini prevenzionali perseguiti dalla direttiva in questione.
Tali affermazioni di principio relative al rischio lavorativo da valutare ai
fini prevenzionali, sulla cui base è maturata la sentenza di condanna
dell’Italia ad una corretta attuazione delle disposizioni comunitarie,
attuazione che è poi in effetti avvenuta con la legge comunitaria 2002 (art.
21, legge n. 39/2002), non possono non essere accolte in modo positivo in
un’ottica di sistema, se confrontate con i principi che si sono consolidati in
materia infortunistica relativamente al rischio tutelato dall’assicurazione
pubblica obbligatoria.
Ciò vale in particolare con riferimento al “rischio rapina”, oggetto
dell’odierno Convegno.
Ed invero, nell’ambito della tutela infortunistica, il passaggio da
un’assicurazione da rischio specifico, che indennizza esclusivamente i
danni direttamente causati dalla lavorazione assicurata, ad un’assicurazione
da rischio lavorativo tout court, che tutela il lavoratore contro tutti i rischi
derivanti dall’attività lavorativa, è maturato a seguito del progressivo
adeguamento – realizzato per via giurisprudenziale – dei tradizionali
requisiti di legge, alla cui sussistenza è condizionata l’operatività della
tutela stessa (causa violenta, manualità dell’opera e, soprattutto,
occasione di lavoro, come si vedrà).
2
Tappe altrettanto importanti in questo percorso sono state, poi, da un lato,
con riferimento alle malattie professionali, il superamento del sistema
tabellare chiuso a favore di un sistema di tutela c.d. misto, aperto alla
possibilità per il lavoratore di dimostrare comunque l’origine professionale
della patologia, operato dapprima in via giurisprudenziale (Corte Cost.,
nn.179/88 e 206/88), quindi sancito per via legislativa (art. 10, D.Lgs. n.
38/2000), e dall’altro, soprattutto, per quanto qui più interessa,
l’elaborazione della nozione di rischio ambientale (Cass. S.U. sent. n.
3476/1994), che ha consentito, superando l’impostazione tradizionale
secondo cui presupposto della tutela è il solo rischio specifico, diretto o
indiretto, collegato all’esecuzione della lavorazione assicurata, di estendere
la tutela al “lavoro in sé e per sé considerato”, ossia al rischio collegato
all’intrinseca pericolosità dell’ambiente di lavoro, inteso quale spazio
delimitato, all’interno del quale sono presenti lavoratori, macchine e terzi.
Pertanto, considerato che, ai fini assicurativi, già da tempo si era giunti –
come si vedrà parlando più in particolare dell’evoluzione del concetto di
occasione di lavoro – alla conclusione di ricomprendere gli infortuni sul
lavoro causati da fatti delittuosi di terzi tra quelli indennizzabili (a meno
che il fatto delittuoso non fosse riferibile a motivi extra professionali propri
dell’assicurato), non può che apprezzarsi il fatto che anche ai fini
prevenzionali si sia infine giunti alla medesima conclusione, annoverando
anche il rischio rapina tra quelli da valutare da parte del datore di lavoro ai
fini della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori.
La considerazione unitaria ed omnicomprensiva del rischio lavorativo,
tanto ai fini prevenzionali che a quelli assicurativi, garantisce infatti una
intrinseca razionalità al sistema di sicurezza sociale visto nel suo
complesso, ossia in relazione all’insieme degli interventi di tutela del
lavoratore predisposti dal legislatore.
Il medesimo rischio collegato allo svolgimento della prestazione lavorativa
– nel caso di specie il rischio rapina appunto – viene così ad essere valutato
in maniera omogenea sia ex ante, ai fini prevenzionali, sia ex post, ad
evento lesivo verificatosi, ai fini del riconoscimento della tutela
indennitaria.
*
*
3
*
L’obbligo di denuncia.
Il Testo Unico in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni
sul lavoro e le malattie professionali (D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124), nel
disciplinare gli obblighi del lavoratore e del datore di lavoro, al verificarsi
di un evento lesivo, prevede espressamente che:
“l’assicurato è obbligato a dare immediata notizia di qualsiasi
infortunio che gli accada, anche se di lieve entità, al proprio datore di
lavoro. […]” (art. 52);
“il datore di lavoro è tenuto a denunciare all’Istituto assicuratore gli
infortuni da cui siano colpiti i dipendenti prestatori d’opera, e che siano
pronosticati non guaribili entro tre giorni, indipendentemente da ogni
valutazione circa la ricorrenza degli estremi di legge per l’indennizzabilità.
[…]” (all’art. 53).
Analoghe previsioni sono dettate in materia di malattie professionali (art.
52, co. 2 e art. 53, co. 5).
Le disposizioni normative sono chiare. Quando un dipendente rimanga
colpito da un evento lesivo, il datore di lavoro è tenuto a denunciare
all’INAIL l’accaduto. Se si sottrae a tale obbligo è punito con una sanzione
amministrativa.
Non residua, pertanto, alcun margine di discrezionalità in capo al datore di
lavoro per verificare preliminarmente se l’evento lesivo configuri, dal
punto di vista giuridico, un infortunio sul lavoro, ovvero una malattia
professionale, in quanto ogni valutazione circa la ricorrenza degli estremi
di legge per l’indennizzabilità è riservata all’INAIL.
Sarà dunque l’Istituto assicuratore a dover verificare se ricorrono i requisiti
per qualificare l’evento lesivo come infortunio sul lavoro ovvero come
malattia professionale.
Più in particolare, dovrà accertare, con riferimento all’infortunio, che esso
sia avvenuto per causa violenta in occasione di lavoro (art. 2 T.U.) e, con
riferimento alla malattia, che la stessa sia stata contratta nell’esercizio e a
causa di una lavorazione tabellata o comunque sia stata originata dal
lavoro (artt. 3 T.U. e 10 D.Lgs. n. 38/2000).
*
*
4
*
L’occasione di lavoro nell’infortunio.
Nel caso di infortunio verificatosi a seguito di rapina, per quanto qui più
interessa, considerato che la causa violenta – intesa quale fattore lesivo che
opera muovendo dall’esterno con azione rapida e concentrata nel tempo –
appare in re ipsa nel fatto delittuoso del terzo, l’analisi dovrà concentrarsi
sulla sussistenza dell’occasione di lavoro.
Questa rappresenta il requisito attraverso il quale si individua il
collegamento che deve sussistere tra lavoro ed evento lesivo perché si
possa qualificare l’infortunio come professionale.
In tema di occasione di lavoro la giurisprudenza, sia costituzionale
(sentenza n. 462/89) che di legittimità, ha delineato un insieme di principi
che possono ormai considerarsi consolidati.
In base a tali principi, l'ambito di applicazione della tutela può essere
definito per una duplice via:
i
n positivo, nel senso che nella protezione assicurativa rientrano tutti gli
infortuni conseguenti al rischio, anche ambientale, cui i lavoratori sono
esposti in ragione dello svolgimento della loro attività produttiva, ed a
ciò che ad essa è connesso od accessorio, senza necessità dei caratteri della
normalità, tipicità e prevedibilità;
i
n negativo, nel senso che la protezione assicurativa si arresta di fronte ad
infortuni conseguenti ad un rischio estraneo al lavoro o avente con questo
un collegamento meramente marginale, quando cioè intervengono fattori
od attività del tutto indipendenti dall'ambiente, dalle macchine o persone
costituenti le condizioni oggettive dell'attività lavorativa.
All'interno di questo quadro generale di principi fondamentali che -come
detto- devono ritenersi acquisiti, si è assistito ad un succedersi di
orientamenti giurisprudenziali relativamente al significato da attribuire alla
nozione di rischio non tutelato in quanto estraneo all'attività lavorativa.
Ed invero, la giurisprudenza se, con riferimento al rischio generico (oltre,
naturalmente, a quello, elettivo), ha sempre affermato che esso è estraneo
alla copertura assicurativa, invece, con riguardo al rischio generico
aggravato, ossia alla individuazione di quelle situazioni in cui il rischio,
ancorché generico, viene aggravato da ragioni lavorative è si trasforma,
perciò, in rischio lavorativo meritevole di tutela, ha progressivamente
ampliato il concetto di occasione di lavoro
5
Più in particolare, nella giurisprudenza di legittimità, l’impostazione
tradizionale, secondo la quale il rischio generico è assicurativamente
protetto solo in presenza di specifici elementi professionali che ne
determinino, in ordine di intensità o di frequenza, un incremento, con
conseguente aumento delle probabilità che l'infortunio accada, è stata da
ultimo superata per effetto del consolidarsi di un altro e più estensivo filone
interpretativo, secondo il quale il rischio generico deve ritenersi
aggravato dal lavoro, e quindi assicurativamente coperto, se ed in
quanto è affrontato necessariamente per finalità lavorative, senza
bisogno di ulteriori elementi specificanti.
Secondo tale indirizzo giurisprudenziale è la necessarietà della condotta del
soggetto e la sua riconducibilità ad esigenze e finalità lavorative che
qualifica in concreto il rischio affrontato giustificando, nel contempo,
l’esistenza di una tutela speciale e privilegiata per il lavoratore
comprensiva di tutte quelle situazioni di rischio che si pongono in
rapporto finalistico necessario con l’esecuzione della prestazione
lavorativa.
*
*
*
L’occasione di lavoro nell’infortunio causato da fatti delittuosi di terzi
(aggressione a scopo di rapina).
Nel caso di infortunio causato da fatto delittuoso di terzi e, segnatamente,
per quanto qui interessa, conseguente ad un’aggressione a scopo di rapina,
la giurisprudenza della Cassazione, ancor prima dell’affermarsi del filone
interpretativo innovativo sopra descritto, era pacifica nel considerare
l'occasione di lavoro:
s
ussistente se è accertato che il fatto ha trovato incentivo o è stato
alimentato da un "quid pluris" inerente allo svolgimento dell'attività
lavorativa (Es.: evento lesivo conseguente ad una rapina verificatasi in un
luogo ad alta densità criminosa);
n
on sussistente se è accertato che il fatto è riferibile a motivi
extraprofessionali propri dell'assicurato.
Inoltre, in materia, in applicazione del principio dell'id quod plerumque
accidit, non può non tenersi conto della "notoria" maggiore esposizione al
6
rischio di rapina per le attività lavorative dotate di una cassa o comunque
implicanti accumulazione di denaro.
Tale principio ha ispirato, seppure implicitamente, la giurisprudenza della
Corte Costituzionale, nella sentenza n. 64/1981, con la quale fu sancito
l'obbligo assicurativo per le persone addette, in rapporto diretto con il
pubblico, al servizio di cassa presso imprese che abbiano dipendenti
soggetti all'assicurazione, ed è stato applicato dalla Corte Cassazione in
altre occasioni.
Il riferimento è in particolare alla sentenza n.80/1992 che, seppure relativa
ad un infortunio causato da fatti naturali (v. infortunio causato da una
tromba d’aria), nella motivazione, applicando il principio del rischio
ambientale, ha svolto un ragionamento che contiene affermazioni
suscettibili di ulteriori sviluppi, in particolare con riferimento agli eventi
lesivi causati da fatti delittuosi di terzi.
Più in particolare, la Suprema Corte ha affermato che esistono tipi di
lavoro che "notoriamente" espongono a rischi ambientali propri ed insiti
del luogo in cui si svolgono e dunque questi lavori già in sé contengono
quel quid pluris che aggrava il rischio generico, senza necessità di ulteriori
fattori lavorativi specificanti.
Inoltre, non è "pertinente il fatto che un tale rischio può gravare su
chiunque venga a trovarsi nello stesso luogo", perché per il lavoratore esso
"è assunto per esigenze di lavoro, per altri è elettivo od occasionale".
Da segnalare sono poi le sentenze n. 9801/1998 (indennizzabilità
dell’infortunio occorso ad un lavoratore italiano in Libia rimasto vittima di
un’aggressione) e n. n. 2942/2002 (indennizzabilità dell’omicidio subito da
un custode di un cimitero mentre si trovava al lavoro).
Più in particolare nella motivazione di quest’ultima pronuncia si legge che
“per ‘occasione di lavoro’ devono intendersi tutte quelle condizioni,
comprese quelle ambientali e socio-economiche, in cui l’attività produttiva
si svolge e nelle quali è possibile il rischio di danno per il lavoratore, sia
che esso provenga dallo stesso apparato produttivo, sia che esso dipenda
da terzi […]”.
Una volta riconosciuto che il rischio ambientale comprende, oltre ai
pericoli naturali, anche i pericoli sociali del contesto in cui si svolge il
lavoro, si pone poi il problema di perimetrare l'ambito di applicazione di
questo criterio.
7
Più in particolare, con riferimento al cd. rischio rapina, si tratta di decidere
se la "concreta possibilità" del fatto delittuoso (cfr. sent. n. 9801/1998 e n.
2942/2002) assuma rilievo assicurativo solo in circostanze assolutamente
eccezionali o se, piuttosto, non possa considerarsi insita nelle condizioni di
notoria pericolosità che connotano, ormai strutturalmente, lo svolgimento
della prestazione lavorativa in alcuni ambienti.
Al riguardo, l’espressa riconduzione del cd. rischio rapina nell’ambito dei
rischi lavorativi obbligatoriamente da valutare da parte del datore di lavoro
ai fini della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, operata da
ultimo dalla normativa prevenzionale, non fa che prendere atto della
“notoria” maggiore esposizione a rischio nel caso di attività lavorative
comportanti il maneggio di denaro o comunque implicanti accumulazione
di denaro, ribadendo la coerenza sistematica dell’interpretazione del
requisito dell'occasione di lavoro che emerge dalla più recente ed avanzata
elaborazione giurisprudenziale.
Se, infatti, si tengono fermi i criteri interpretativi già richiamati, ossia:
l
a prestazione di lavoro determina l'esposizione a rischi anche attraverso le
condizioni dell'ambiente in cui deve essere resa;
n
el rischio tutelato rientrano anche le circostanze "straordinarie ed
imprevedibili";
i
l rischio generico si trasforma in rischio generico aggravato se è affrontato
per finalità lavorative, senza necessità di ulteriori fattori specificanti;
allora si comprende come debba necessariamente essere indennizzato
l'infortunio accaduto in attualità di lavoro, allorché esso è provocato
da fatti delittuosi di terzi, purché il fatto abbia colpito il lavoratore nel
corso di una attività resa necessaria dall'espletamento del suo lavoro e,
ovviamente, purché i moventi di quel fatto non siano riconducibili a
ragioni extraprofessionali proprie dell'assicurato.
*
*
Le malattie professionali
8
*
Con riferimento alle malattie professionali che possono essere
originate dal ripetersi di fatti delittuosi di terzi (cfr. aggressioni a scopo di
rapina) compiuti nell’ambiente di lavoro, ovvero soltanto dal timore del
loro verificarsi, l’attenzione si deve concentrare essenzialmente sulle
malattie psicosomatiche da stress e disagio lavorativo.
Al riguardo, va infatti osservato che qualora il rischio ed il
conseguente evento lesivo rapina - tutelato per le sue caratteristiche nel
breve periodo come infortunio - produca nel medio-lungo periodo
l’insorgenza di una vera e propria patologia psichica, in quanto il
ripetersi dello stato di agitazione e dello shock emotivo determina uno stato
ansioso e depressivo che perdura nel tempo, l’Inail riconoscerà la malattia
secondo i meccanismi previsti per le malattie non tabellate dal vigente
“Sistema misto”.
In dette limitate ipotesi spesso il fattore lesivo di origine lavorativa
concorre con altri di natura comune e/o interviene ad aggravare preesistenti
patologie extralavorative; circostanze entrambe queste che, tuttavia, non
escludono, né limitano l’operatività della tutela infortunistica, essendo stato
ormai recepito anche in materia infortunistica, relativamente alla
sussistenza del nesso causale nelle tecnopatie, il principio di derivazione
penalistica dell’equivalenza delle cause, in base al quale si riconosce
efficacia causativa dell’evento a tutti i fattori che concorrono al suo
verificarsi, con la sola esclusione di quelli che assumono carattere di causa
efficiente esclusiva.
Lo “stress emotivo” non è una malattia ma un meccanismo di difesa
dalle sollecitazioni esterne. Quando lo stress perdura o aumenta di intensità
l’organismo può reagire con una somatizzazione a carico di alcuni organi
che possono essere compromessi nelle loro funzioni e può subentrare uno
stato di malattia.
Lo stress è ritenuto un fattore idoneo a causare patologie psicofisiche
e l’indennizzabilità delle conseguenze da stress lavorativo è da tempo
riconosciuta dall’Inail.
Inizialmente (quando per il riconoscimento delle malattie
professionali era in vigore solo il sistema tabellare, che non annoverava le
malattie da stress), i casi erano indennizzati qualora lo stress si presentava
con le caratteristiche della causa violenta cioè come azione concentrata nel
tempo e quindi come infortunio (emblematiche le sentenze in materia di
indennizzabilità dell’infarto).
Successivamente (quando la sentenza n.179/88 della Corte
Costituzionale ha introdotto il sistema misto) lo stress lavorativo è stato
preso in considerazione quale agente lesivo con azione prolungata nel
9
tempo, quindi, come causa non solo di infortuni ma anche di malattia
professionale. Pertanto, l’area di copertura delle patologie da stress e
disagio lavorativi è divenuta più ampia.
Inoltre, un altro fattore che ha inciso sull’evoluzione della tutela
assicurativa di queste patologie è rappresentato dall’art.13 del D.L.vo
n.38/2000 che, introducendo il concetto di “danno biologico”, ha previsto
che l’oggetto della tutela non sia più la perdita della capacità lavorativa, ma
la menomazione dell’integrità psicofisica del lavoratore.
L’ANDAMENTO DEL FENOMENO INFORTUNISTICO
CONSEGUENTE L’EVENTO RAPINA IN BANCA
Il quadro di riferimento
Dalla consultazione del compendio statistico degli eventi criminosi predisposto
dal Ministero dell’Interno per il 2003 (ultimo anno disponibile sul sito
istituzionale) risulta che:
il numero delle rapine denunciate in Italia sono state 41.750;
a livello regionale la Campania da sola concentra 1/3 del fenomeno
complessivo (13.750) segue la Lombardia con il 14% (5.800) e il Lazio e la
Sicilia con il 9% ciascuna;
tra gli obiettivi colpiti le banche risultano al primo posto con 2.725 rapine
pari al 6,5% del totale, seguono gli Uffici postali con 825 rapine pari al 2%, con
una rapporto tra questi due tipologie di eventi criminosi di
3 rapine in banca per ogni rapina agli uffici postali
Gli eventi infortunistici accaduti a seguito di rapina denunciati all’Inail
Il sistema di codifica comunitario (ESAW) delle cause e circostanze che hanno
determinatogli eventi, utilizzato da qualche anno dall’Inail, ha consentito una
valutazione della consistenza del fenomeno degli infortunistici accaduti a
seguito di rapina. Detto sistema di codifica risente, però, di alcuni limiti:
è adottato per la classificazione dei soli infortuni indennizzati dall’Istituto
in quanto, essendo piuttosto analitico nelle sue numerose variabili, risulta
complesso e oneroso nel suo utilizzo da parte degli operatori amministrativi;
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non tutti i casi indennizzati sono stati codificati, essendo tale codifica di
recente introduzione, solo da qualche anno la percentuale di casi indeterminati
risulta contenuta (per il 2004 e il 2005 si attesta intorno al 16% circa, valore
molto più elevato per i precedenti anni);
non è prevista una specifica causale per le “rapine” ma tale evento può
essere ricondotto alla causale “Violenza, aggressione, minaccia, proveniente da
persone esterne all’impresa verso vittime nel quadro della loro funzione”
(variabile deviazione della codifica ESAW) e pertanto sono riferibili a tale
classificazione oltre le rapine, anche le aggressioni agli autisti, agli addetti agli
sportelli pubblici, ecc..
Considerato quanto sopra, è stata estratta la casistica presente nella banca dati
dell’Istituto relativa agli eventi denunciati all’Inail, dal 2002 al primo trimestre
del 2006, indennizzati e codificati con la causale di cui sopra.
Si tratta di quasi 12.000 infortuni dei quali quasi 800 occorsi a lavoratori delle
“Poste” e circa 250 ad occupati degli “Istituti bancari”: è evidente come il
rapporto tra gli eventi di aggressione e violenza verificatisi nelle banche e negli
uffici postali sia inverso rispetto a quello riscontrato sul fenomeno generale delle
rapine.
3 eventi criminosi negli uffici postali per 1 evento negli istituti di
credito
Infortuni occorsi a seguito di aggressioni e violenza
denunciati nel periodo 2002-2005 e indennizzati al 30 aprile 2006
ANNO DENUNCIA
CASI
INDENNIZZATI
BANCHE
POSTE ITALIANE
SPA
2002
2003
2004
2005
2006
1° trim
TOTALE
23
37
41
175
69
257
88
247
19
75
240
791
ALTRO (*)
1.694
2.270
3.197
3.216
549
10.926
TOTALE
1.754
2.486
3.523
3.551
643
11.957
(*):esercizi commerciali, mezzi di trasporto, ecc.
11
Di cui
Eventi
da
rapine
141
Considerato il limitato numero di casi indennizzati è stata svolta una specifica
analisi sulla casistica degli eventi accaduti ai lavoratori delle banche per
individuare gli infortuni che nella fattispecie sono stati causati da rapine.
Tale indagine ha condotto ad accertare 141 eventi denunciati negli ultimi 4 anni
ed indennizzati alla data del 30 aprile 2006; i casi sono stati, quindi, analizzati
per età e sesso, professione, ripartizione territoriale, Istituto Bancario, tipologia
di indennizzo e grado di menomazione riconosciuto.
Per quanto riguarda i lavoratori che hanno subito rapine in banca non si rileva
alcuna specifica caratteristica.
Si riportano, comunque, di seguito i dettagli per fasce di età, sesso e professione
svolta.
INFORTUNI CAUSATI DA RAPINE DENUNCIATI
NEL PERIODO 2002- 1° trim. 2006
E INDENNIZZATI AL 30 APRILE 2006
PER SESSO, ETA' E QUALIFICA PROFESSIONALE
TOTALE
SESSO
FASCE ETA'
F
M
N
%
20 - 30
9
6
15
10,6
30 - 40
18
29
47
33,3
41 - 50
7
30
37
26,2
50 - 60
4
38
42
29,8
TOTALE
valori %
38
27,0
103
73,0
141
100,0
100,0
QUALIFICA
PROFESSIONALE
N.
%
IMPIEGATO
120
85,1
CASSIERE
17
12,1
DIRIGENTE
4
2,8
141
100,0
TOTALE
12
13
INFORTUNI OCCORSI A SEGUITO DI RAPINE PRESSO ISTITUTI DI CREDITO
DENUNCIATI ALL'INAIL DAL 2002 AL 1° TRIMESTRE 2006 E INDENNIZZATI
PER RIPARTIZIONE TERRITORIALE
REGIONI
Piemonte
TOTALE
N.
BANCHE
%
13
9,2
6
1
0,7
1
Lombardia
13
9,2
9
Trentino A A
-
-
Aosta
-
Veneto
9
6,4
6
Friuli V.G.
4
2,8
3
Liguria
2
1,4
1
13
9,2
6
3
2,1
3
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
-
Marche
Lazio
-
4
2,8
3
11
7,8
6
1
0,7
1
Abruzzo
Molise
-
-
Campania
-
-
5
3,5
2
Puglia
35
24,8
11
Basilicata
-
-
Calabria
11
7,8
4
Sicilia
9
6,4
5
Sardegna
7
5,0
1
141
100,0
41
ITALIA
-
1
I casi di infortunio da rapina indennizzati si distribuiscono su 16 regioni, tra
le quali la Puglia concentra da sola il 25% del fenomeno. Seguono l'Emilia
Romagna, il Piemonte e la Lombardia con il 9% ciascuna regione.
Il fenomeno ha interessato 41 differenti Istituti di credito.
1
il valore non risulta somma dei dati regionali in quanto alcune banche ricorrono in più di una
regione
14
ESITI DEGLI EVENTI
CAUSATI DA RAPINE IN BANCA
(denunce 2002 - 1° trim. 2006 definite con indennizzo)
0%
GRADO MENOMAZIONE
1-5%
6-15%
16-100%
TOTALE
n.
%
STATO ANSIOSO
51
3
2
-
56
39,7
CONTUSIONI
33
1
2
-
36
25,5
FERITE
13
1
2
1
17
12,1
TRAUMI
13
-
-
1
14
9,9
DISTORSIONI
5
-
-
-
5
3,5
ESCORIAZIONI
3
-
-
-
3
2,1
ALTRO
7
1
1
1
10
7,1
125
6
7
3
141
100,0
88,7
4,3
5,0
2,1
100,0
TOTALE
valori %
Tale tipologia di infortuni non comporta, in linea di massima, gravi
menomazioni: il 90% dei lavoratori pur non riportando postumi permanenti tali
da determinare l’erogazione di indennizzo in rendita o capitale, subisce un evento
lesivo che comporta tuttavia l’astensione dal lavoro fino alla completa
guarigione.
E’ stato calcolato che il numero di giorni di astensione dal lavoro per la casistica
in esame è pari a circa 4.200 gg . Per il 60% circa degli eventi, l’astensione dal
lavoro che non ha superato i 15 giorni.
Nei casi più gravi (10%) si è trattato prevalentemente di rapine che si sono
attuate con modalità particolarmente violente determinando menomazioni in
alcuni casi particolarmente rilevanti che hanno comportato l’erogazione di
indennizzi in capitale (7 casi) o in rendita (3 casi).
Più in dettaglio, per quanto attiene le conseguenze degli eventi da rapine, il 60%
dei lavoratori (51 casi) riporta lesioni fisiche, prevalentemente si tratta di
contusioni, ferite, e distorsioni e nei casi più gravi anche sfondamento del cranio
e fratture multiple da arma da fuoco o da percosse e calci o da colpi con il calcio
della pistola
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Per ben il restante 40% le lesioni incidono, invece, sugli aspetti psichici
comportando stati di agitazione e shock emotivi che in alcuni casi hanno
determinato stati ansiosi e depressivi che, perdurando nel tempo, hanno
comportato il riscontro di menomazioni permanenti, indennizzati dall’Inail in
capitale. Si è trattato in particolare di lavoratori affetti da malattie preesistenti
(cardiopatie, ipertensione arteriosa ecc) che hanno acuito gli effetti della rapina.
Tutti i casi indennizzati dall’Inail per disturbi di carattere psichico a causa di
rapine di cui sopra sono stati tutelati come infortunio in quanto l’evento lesivo
subito risultava prodotto da una causa violenta con modalità concentrata nel
tempo.
Pur non risultando nella banca dati dell’Istituto casi indennizzati di malattie
professionali determinanti disturbi post-traumatici da stress a seguito di rapine,
va osservato che qualora l’evento lesivo rapina, tutelato per le sue caratteristiche
nel breve periodo come infortunio, produca nel medio-lungo periodo
l’insorgenza di una patologia psichica, l’Inail riconoscerà tale malattia secondo i
meccanismi previsti per le malattie non tabellate dal vigente “Sistema misto”.
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