Contaminazione e impurità

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Contaminazione e impurità
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CONTAMINAZIONE E IMPURITÀ IN RELAZIONE
ALL’ANTICA INDIA MERIDIONALE DRAVIDICA
GIADA FRANCHINI
Il lavoro ha l’intento di esaminare i concetti della contaminazione e
dell’impurità in relazione all’antica India meridionale dravidica. Si
sono consultati i più antichi testi in lingua tamil, quelli detti del
; in modo particolare, è stata prestata attenzione all’impurità
della donna, vista nel momento del parto – di cui non sono attestate
descrizioni dirette eccetto riferimenti evidenti nei testi – e nel periodo
immediatamente successivo, del quale risultano notizie documentate
anche per quanto concerne la conseguente contaminazione e impurità
del figlio appena nato.
In MK. () 600-603 si parla del periodo successivo al
parto:




“Dopo aver generato figli per la gioia dei mariti
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ISSN 1724-5230
Volume 8.1 (2010) – pagg. 1-33
G. Franchini – “Contaminazione e impurità
in relazione all’antica India meridionale dravidica”
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stillando ambrosia dai giovani, alti, fiorenti seni,
donne di facoltosa famiglia, con la vasta parentela,
si bagnano nell’acqua degli stagni, poiché è finito il puerperio
dall’odore di carne fresca.”
Il testo espone il momento successivo al parto, come ci è riferito dal
gerundio passato della radice del verbo paya ‘generare’; è allora che i
mariti gioiscono per la loro paternità e le donne fanno il bagno
purificatorio di notte nell’acqua degli stagni. Il componimento mette
in luce i giovani,  seni delle donne, abbondanti, , in quanto
sono gonfi di latte, stillano ambrosia, amirutam, sono definiti fioriti,
, e sbocciati in seguito alla gravidanza. Finita l’impurità della
carne, , in seguito all’aver partorito, le donne si
bagnano nell’acqua degli stagni, forse ritenuti sacri 1, per lavare via in
modo definitivo l’odore di carne fresca () di cui ancora
sono portatrici, caratteristico dell’aver recentemente figliato.
La terminologia presente in MK. 600-603 mostra che la condizione
delle donne è detta  ‘puerperio dall’odore di carne
fresca’.
Il composto permette di considerare in modo più dettagliato il fatto
che l’intensa emanazione di odori fosse fonte di disgusto. Questo tema
è spesso ricorrente nei testi che riguardano il momento successivo al
1
Hart III G., The Poems of Ancient Tamil, Berkley, 1975, pag. 94;
Panattoni E., I Dieci Canti, vol. II, Milano, 1997, pag. 156.
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parto, quando la ferita aperta della partoriente odora di fresco e di
carne impura poiché ancora sporca di sangue.
In tamil esiste precisamente un termine, pulavu, che indica l’odore
intenso e ripugnante, soprattutto relativo alla carne fresca o al pesce,
utilizzato anche in riferimento alla carne della donna che ha partorito.
In Fabricius tale termine è tradotto con ‘flesh, raw meat, fish; hell;
smell of flesh or fish’ 2; in questa traduzione si nota che il senso di
disgusto e di bassezza proprio dell’odore della carne e del pesce viene
curiosamente associato all’ambiente più basso per eccellenza,
l’inferno. Nel Tamil Lexicon il termine è reso con ‘to smell raw flesh;
to dislike, abhor; flesh, raw meat, fish; blood’ 3. Pulavu è, inoltre,
collegato al termine , che in Fabricius viene tradotto con ‘flesh,
fish, meat; stench of raw-meat or fish; blood, serum’ 4; in Winslow’s
‘flesh’ 5; nel Pre Pallavan Tamil Index ‘meat’ 6. A sua volta pulavu è
legato alla radice pulai; in Fabricius è ‘baseness, wickedness, evil’ 7;
nel Tamil Lexicon ‘baseness; uncleanness; defilement; vice, evil way;
lie; animal food; outcaste’ 8; in Swamy ‘flesh of fish’ 9; nel Pre
2
Fabricius J.P., Tamil and English Dictionary, Tranquebar, 1972, sub
voce.
3
Tamil Lexicon, University of Madras, 1982, sub voce.
4
Fabricius J.P., Tamil and English Dictionary, Tranquebar, 1972, sub
voce.
5
Winslow’s, English-Tamil Dictionary, New Delhi, 1983, sub voce.
6
Subrahmanian N., Pre Pallavan Tamil Index, Madras, 1966, sub
voce.
7
Fabricius J.P., Tamil and English Dictionary, Tranquebar, 1972, sub
voce.
8
Tamil Lexicon, University of Madras, 1982, sub voce.
3
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Pallavan Tamil Index il termine pulai è connesso con pulaiyar con la
seguente spiegazione ‘very low caste people engaged in butchery:
they are not to be seen with oil on body but only after bathing’ 10. I
concetti espressi dalle diverse traduzioni, quindi, spesso si allontanano
dall’idea del disgusto propriamente legato al fetore di carne cruda o di
pesce e si legano, in senso più astratto, all’idea del disgusto morale e
della bassezza. A conferma di tale significato più astratto è possibile
notare che i termini suddetti derivano tutti dal termine pul, tradotto nel
Tamil Lexicon come ‘smallness, in quantity, number or value;
meanness, lowness, baseness’ 11; in Mousset-Dupuis come ‘herbe,
petitesse, bassesse, faiblesse, homme vile, de peu d’importance’ 12; in
Swamy ‘want, defect’ 13; nel Pre Pallavan Tamil Index ‘Grass, the
chief product of the Mullai tract, fodder for cows, horses and deer’ e si
precisa che esso è ‘used for tratching of sheds; a defeated person was
made to eat this; if he did so, he was not to be killed; perhaps they
were to be treated as cows. Even a hungry tiger would not eat this’ 14.
Inoltre, in malayalam si trova pula ‘pollution; defilement, especially
9
Swamy J., English-Tamil, Tamil-English Dictionary, New Delhi,
1996, sub voce.
10
Subrahmanian N., Pre Pallavan Tamil Index, Madras, 1966, sub
voce.
11
Tamil Lexicon, University of Madras, 1982, sub voce.
12
Mousset-Dupuis, Dictionnaire Tamoul-Français, New Delhi, 1981,
sub voce.
13
Swamy J., English-Tamil, Tamil-English Dictionary, New Delhi,
1996, sub voce.
14
Subrahmanian N., Pre Pallavan Tamil Index, Madras, 1966, sub
voce.
4
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by a case of birth or death’ 15. Il termine compare anche in telugu nella
forma pullu ‘little, small’, ed è passato al sanscrito pala, palaka, come
si legge in DEDR 4552 16 e come testimoniano vari dizionari: in
Cappeller il termine è tradotto ‘flesh, meat’ 17; in Boehtlingk-Roth
‘fleisch’ 18; ancora in Mayrhofer ‘fleisch’ 19; invece in Turner 20 ed in
Benfey 21 pala, palaka sono ‘mire, mud’, evidenziando così
diversamente il concetto di bassezza, disgusto e ripugnanza: dall’idea
di repulsione legata strettamente all’odore della carne e del pesce si
passa a qualcosa di altrettanto basso ed infimo, come il fango e la
melma.
È interessante, dunque, notare come il termine pulavu sia spesso in
stretto contatto con il concetto della crudezza della carne, con il fatto
che un cibo sia non cotto, non trattato, grezzo, con riferimento ancora
al sangue. L’idea della crudezza può legarsi anche al cambiamento di
colore che la carne e il pesce subiscono quando non vengono cotti,
15
Gundert H., Malayalam and English Dictionary, Osnabrck, 1970,
sub voce.
16
Burrow T.- Emeneau M. B., A Dravidian Etymological Dictionary,
Oxford, 1984, sub voce.
17
Cappeller C., Sanskrit-English Dictionary, Strassburg, 1891, sub
voce.
18
Boehtlingk-Roth, Sanskrit Vörterbuch, Osnabrck, Wiesbaden,
1966, sub voce.
19
Mayrhofer M., Etymologisches Wrterbuch des Altiindoarischen,
Heidelberg, 1986-2001, sub voce.
20
Turner R. L., A Comparative Dictionary of the Indo-Aryan
Languages, New York-Toronto, 1966, sub voce.
21
Benfey T., A Sanskrit-English Dictionary, London, 1866, sub voce.
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soprattutto se si trovano in ambienti caldo-umidi; infatti, in tale
occasione questi cibi assumono un colore verdastro, causato dalla
putrefazione, dal disfacimento e dalla decomposizione.
Pertanto, pulavu può dirsi connesso con il concetto di bassezza,
disgusto e impurità in genere e, nello specifico caso della donna che
ha partorito, viene associato alla crudezza dell’odore del sangue.
Da considerarsi in modo dettagliato è anche l’altro termine che
compare nel composto in MK. 600-603, , che si riferisce
propriamente all’impurità della donna nel momento successivo al
parto.
Esso comprende vari significati, attestati in diversi dizionari, così
come segue: in Fabricius è tradotto con ‘ceremonial impurity; skin;
newness, recency’ 22; nel Tamil Lexicon ‘recency of delivery, as of a
woman; that which is recently born; greenness; ceremonial impurity
due to child-birth; newness; skin’ 23, con riferimento, quindi, a
qualcosa che è venuto da poco alla luce e pertanto è collegato all’idea
del verde, del non ancora maturo, del fresco, a qualcosa che si
rinnova, come la pelle, e che è ancora in contatto con la placenta; in
Visvanatha Pillai è ‘being recently calved yeaned; ceremonial
impurity; skin; newness, recency’ 24; in Mousset-Dupuis ‘état d’une
vache qui vient de vêter, impureté légale d’une femme accouchée (qui
22
Fabricius J. P., Tamil and English Dictionary, Tranquebar, 1972,
sub voce.
23
Tamil Lexicon, University of Madras, 1982, sub voce.
24
V. Visvanatha Pillai, A Dictionary Tamil and English, Madras,
1929, sub voce.
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dure 12 jours selon les Indous), nouveauté, peau’ 25, con riferimento
alla contaminazione non solo umana ma anche animale.
Lo stato della donna dopo il parto è descritto in Kali. (Kalittokai) 28,
1-4:




“Come una donna che giace dopo aver partorito,
con turbamento di chi si preoccupa,
poiché soffre per la malattia dell’utero,
per quanto non sia cambiata l’antica bellezza,
così la terra ampia ha finito lo stato di verdezza, ha dato molti frutti
sorgendo a nuova bellezza poiché ha lasciato l’impurità
contaminante.”
Il testo affronta il paragone tra la donna che ha partorito e la natura
che ha fruttificato; in entrambi i casi i soggetti manifestano ancora la
25
Mousset-Dupuis, Dictionnaire Tamoul-Français, New Delhi, 1981,
sub voce.
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loro bellezza in seguito alla perdita di impurità connessa con la
procreazione 26.
È fondamentale osservare che la gravidanza è chiamata ‘malattia
dell’utero’,, ed è fonte di preoccupazione per coloro che
sono vicini alla donna. Come attestato in Kali. 28, il parto è
considerato una forma di malattia, la quale suscita angoscia e
apprensione in coloro che assistono la partoriente, in quanto è
portatrice di impurità e contaminazione. Ella non ha perso la bellezza
di un tempo, ma, come la natura quando fruttifica, risplende di una
nuova beltà. Nel passo viene esaminato lo stato della terra, che a sua
volta, come è accaduto per la donna, ha lasciato la condizione di
impurità contaminante, pulliya , successiva al ‘parto’, e ha
terminato lo stato di verdezza, pacumai, sbocciando e fruttificando in
tutto il suo splendore.
Degni di nota sono i termini , participio passato della radice
verbale pul, precedentemente analizzata a proposito di ciò che è basso,
di poco conto, contaminante, e pacumai, tradotto nel Tamil Lexicon
come ‘greenness, verdure; coolness; tenderness; newness; freshness;
26
Il paragone tra la donna e la natura è un argomento ricorrente nella
letteratura tamil; la vegetazione simbolizza la vita, la crescita e
pertanto viene connessa con la donna, la quale possiede in sé la
capacità di creazione, di messa al mondo. In modo particolare, il
paragone risulta maggiormente evidente nel momento della pubertà,
inteso come lo sbocciare del corpo femminile, del fiorire in tutta la sua
bellezza. (Cfr. Ak 7; Kuuntokai 337; A. M. Dubianski, Ritual
and Mythological Sources of the Early Tamil Poetry, Groningen,
2000, pag. 89).
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rawness; prosperity’ 27, con un collegamento fra l’essere verde di
colore e l’idea della verde età, dell’età giovanile. In Visvanatha Pillai
è reso con ‘greenness, verdure, rawness’ 28, e si congiunge strettamente
al concetto di crudità; in Mousset-Dupuis è ‘couleur verte, verdeur,
fraîcheur, crudité, prospérité’ 29; nel Tamil-Portuguese Dictionary è
‘verdura, item abundancia’ 30, in Swamy ‘greenness, rawness’ 31, in
Winslow’s ‘greenness’ 32. Il termine pacumai è connesso con paca ‘to
be green’ 33.
In
MPK. () 48-49 si dice che i menestrelli
viaggiano ‘senza l’impurità’, :


“Senza l’impurità, seduti mandano via le afflizioni
27
Tamil Lexicon, University of Madras, 1982, sub voce.
V. Visvanatha Pillai, A Dictionary Tamil and English, Madras,
1929, sub voce.
29
Mousset-Dupuis, Dictionnaire Tamoul-Français, New Delhi, 1981,
sub voce.
30
Anta de Proença’s Tamil-Portuguese Dictionary A. D. 1679,
prepared for publication by Xavier S. Thani Nayagam, University of
Malaya, Kuala Lumpur, 1966, sub voce.
31
Swamy J., English-Tamil, Tamil-English Dictionary, New Delhi,
1996, sub voce.
32
Winslow’s, English-Tamil Dictionary, New Delhi, 1983, sub voce.
33
Burrow T., Emeneau M. B., A Dravidian Etymological Dictionary,
Oxford, 1984, sub voce.
28
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nella foresta sparsa di sabbia e lavata dalla pioggia monsonica…”
Qui si fa uso dell’espressione , composta dal verbo il 34, che
indica la non esistenza, il non esserci, e dal termine , che
contraddistingue la condizione di impurità in seguito all’aver
partorito. Pertanto il composto fa riferimento, nel suo significato
generale e letterale, all’assenza di impurità dopo il parto, senza
specificare se questa sia riferita alle donne che hanno appena partorito,
o ai bambini generati. Lo stato di impurità coinvolgeva entrambi:
tuttavia, non viene indicato chi ne sia il portatore: infatti, si dice che i
menestrelli viaggiavano da soli per le montagne, su terreni impervi,
difficilmente praticabili, senza la compagnia di persone affette da
impurità, non specificando chi esse siano. Dunque, è possibile
supporre che i menestrelli non portassero in viaggio le donne che
avevano partorito da poco, ancora deboli e ostacolate nei movimenti,
proprio per evitare loro le difficoltà legate ai percorsi da compiere, ma
è lecito anche credere che il termine indicante la mancanza di impurità
si riferisca ai bambini appena nati, lasciati in disparte perché troppo
piccoli per affrontare lunghi spostamenti.
Poiché il passo è di difficile interpretazione, è conveniente considerare
un’altra traduzione, come quella di Chelliah: “O chief of this fine band
who jewels fine receive as gifts! They rest relieved of toil, their
34
Fabricius J.P., Tamil and English Dictionary, Tranquebar, 1972, sub
voce.
10
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children left behind, beneath refreshing shades that are as cool as
water fresh of pools in which one bathes in sandy woods where
cleansing waters flow” 35. Qui  allude all’assenza dei bambini,
tenuti in disparte; pertanto, la mancanza di impurità sarebbe associata
alla
mancata
all’allontanamento
presenza
dei
delle
puerpere.
neonati,
Tuttavia,
senza
sembra
riferimenti
legittimo
ipotizzare che il termine in questione sia da associare alle puerpere,
poiché il tema dell’allontanamento delle donne che hanno
recentemente partorito è confermato da PPA.(), che
verrà esaminato di seguito.
Inoltre, nel testo è interessante notare il richiamo alla foresta lavata
dalla pioggia monsonica, , argomento che verrà
analizzato in modo più dettagliato successivamente, quando si tratterà
il concetto dell’impurità della natura.
Il riferimento all’isolamento delle puerpere trova riscontro in PPA. 89,
in cui si narra di un bardo, il quale, dopo aver incontrato un
menestrello con la sua famiglia, ne compiange la sorte avversa e
difficile di peregrino privo di patroni e lo invita ad andare presso
, del quale ha verificato egli stesso la generosità,
narrandone anche le origini mitiche, la grandezza in battaglia e
illustrandone il territorio, vasto e ricco. All’interno della descrizione
del paesaggio, si parla di capanne come schiene di porcospini con il
35
Chelliah J.V., Pattupattu. Ten Tamil Idylls, Madras, 1962, pag. 295.
11
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tetto di foglie di  36 degli altipiani, in cui riposano le puerpere delle
tribù di cacciatori insieme ai neonati:

“(le puerpere) si rannicchiano nel sonno con i figli
riposando su giacigli di pelli di cervo”.
Nel testo non compare un termine esplicitamente riferito alle puerpere.
Chelliah 37 utilizza ‘Eyin women, huntresses’, donne cacciatrici, mogli
degli uomini delle montagne, che riposano rannicchiate con i loro
piccoli, allontanate dal resto della comunità. Inoltre  38 a
tale proposito, nella nota al testo, riporta un riferimento ad Ak.
(Ak) 58, 4, in cui si parla di , donne che indossano
ornamenti scelti, mentre riposano su letti di pelli. Pertanto, anche se
non dichiarato manifestamente, pare legittimo credere che le persone a
cui fa riferimento il passo siano da identificare con delle puerpere,
isolate e lasciate in disparte con i loro piccoli, secondo l’antica
credenza per cui esse erano ritenute contaminanti per l’aver
recentemente partorito e, quindi, per l’essere entrate in contatto con il
sangue e con il latte, elementi ritenuti impuri.
36
37
Phoenix dactylifera.
Chelliah J.V., Pattupattu. Ten Tamil Idylls, Madras, 1962, pag. 111.
38
., Madras, 1986.
12
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In modo particolare si riteneva che in determinate situazioni quali la
gravidanza, ma anche la pubertà e il periodo mestruale, la donna
soffrisse il caldo 39. Come attesta Beck “In essence, heat is associated
with life and fertility. The energy which can both activate and nullify
life is a kind of heat. The heat when taken alone, however, can be
highly dangerous. It must be focused and controlled in order to
become a source of power which humans and superhumans can
utilize” 40.
Ogni tipo di impurità è considerato nella forma di calore 41, al
contrario la purificazione è collegata alla freschezza e alla perdita di
eccessivo calore. Questo fatto motiverebbe allora le specifiche
pratiche rituali effettuate al fine di cacciare il calore, portatore di
impurità e di malessere, per trovare la freschezza: indossare ghirlande
di freschi fiori, intrecciare corone con foglie di margosa o di palma 42,
39
Dubianski A.M., Ritual and Mythological Sources of the Early
Tamil Poetry, Groningen, 2000, pag. 11; Beck B.E.F., Colour and
Heat in South Indian Ritual, Man 4 (4), 1969.
40
Beck B.E.F., Colour and Heat in South Indian Ritual, Man 4 (4),
1969, pag. 553.
41
Beck B.E.F., Colour and Heat in South Indian Ritual, Man 4 (4),
1969, pag. 562.
42
Le foglie di margosa e della palma sono credute possedere effetti
rinfrescanti; per tale motivo, venivano utilizzate in molti rituali di
purificazione (Beck B.E.F., Colour and Heat in South Indian Ritual,
Man 4 (4), 1969, pag. 569; Reiniche L.M., Les Dieux et les Hommes.
Études des cultes d’un village du Tirunelveli, Inde du Sud, Paris-La
Haye-New York, 1979, pag. 177; Beck B.E.F., The Three Twins. The
Telling of a South Indian Folk Epic, Bloomington, 1982, pag. 46;
Whitehead H., The Village Gods of South India, Delhi, 1976, pagg.
13
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spalmare il petto con pasta di sandalo, cospargere di gh 43 i massicci
portoni delle città, decorare le lance e le pietre memoriali con penne di
pavone 44, erano tutte azioni finalizzate a ristabilire la freddezza e,
quindi, la purezza.
Un significativo e quanto mai frequente rituale svolto in circostanze di
impurità per allontanare il calore, ritrovare la freschezza e di
conseguenza lo stato di purezza è il bagno, come si è visto
precedentemente in MK. 600-603 a proposito delle donne, che
lavavano via la fatica dell’impurità del puerperio ormai al termine,
.
In modo analogo, le medesime tematiche sono presenti in
(), testo più tardo rispetto alla letteratura del
, come si può vedere nei versi 73-76:




56-57, 64-65; Chettiyar L., Folklore of Tamil Nadu, New Delhi, 1973,
pag. 68).
43
Burro chiarificato; ritenuto il miglior condimento, viene utilizzato
nelle lustrazioni e per alimentare il fuoco sacro.
44
Il pavone è associato alla freddezza.
14
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“Dopo aver unito il talismano di senape e il talismano dalla bocca
tagliente,
le donne innalzano il fumo
e fanno chiasso, bagnandosi negli stagni,
frastuono che conclude la fatica dell’impurità per aver generato
figli”…
Come in MK. 600-603, anche in questo passo viene affrontato il tema
del bagno purificatorio, dell’acqua che toglie via la fatica e al tempo
stesso l’impurità causata dall’aver partorito; in modo particolare, si
pone l’attenzione sui rituali effettuati dalle donne medesime,
attraverso l’utilizzo di specifici elementi capaci di allontanare gli
spiriti maligni. Nei versi del passo si nota la ripetizione del termine
 45, il quale denota ciò che è nemico dello spirito maligno;
nello specifico, quando il termine è unito ad , indica un
talismano dalla bocca tagliente, riferito alla margosa (Melia
azadirachta) 46, pianta dalle foglie affilate, simili a lime pungenti,
mentre, quando è unito ad aiyavi, indica un talismano composto da
senape. In effetti, nella letteratura tamil antica si riscontrano numerose
attestazioni relative alla pratica di bruciare senape unita a foglie di
“Nemico dello spirito maligno”, senape e foglie dalla
forma affilata.
46
Per ulteriori informazioni relative all’utilizzo della margosa nei
rituali attualmente in pratica nell’India meridionale si veda Ayyar
P.V.J., South Indian Customs, New Delhi, 2002, pp. 28-31.
45
15
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margosa 47; tale pratica era motivata dal fatto che si credeva che
mediante questo rituale si cacciasse via l’impurità del parto.
Inoltre, nel passo si pone l’attenzione sul rumore che circonda le
donne mentre fanno il bagno; esso è probabilmente riferito alle risa
suscitate dalla gioia di potersi liberare dall’impurità che le ha tenute
lontane dalle persone care, per il timore del contagio, o forse è più
semplicemente un riferimento all’azione di agitare le acque per
sciacquarsi.
La medesima tematica si trova anche in  80-85:
ō

ō


ō
“(Si sente) l’echeggiante rumore delle offerte gettate stando in piedi
e dicendo: ‘Acchiappale’, quando è
arrivata la diavolessa nello
spiazzo;
47
98, 281;310;328; Ak. 106.
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gente di incantesimi manda via le afflizioni di chi soffre la lunga
ferita,
donne alla prima gravidanza e bambini indifesi, donne giovani che
hanno partorito.
(Si sente) il rumore delle offerte posate a terra, il grande rumore del
tuono risuonante”…
Nel passo si insiste sul concetto del rumore, sul suono che riecheggia
e accompagna il momento in cui vengono poste offerte per liberare le
donne ed i bambini dalle afflizioni connesse con l’impurità dell’aver
generato e dell’essere venuti al mondo. Il parto, poiché si attua
attraverso una ferita, una lacerazione della carne, è chiamato lunga
ferita, , espressione che mette in risalto il male e la
sofferenza fisica propri dell’atto del generare. È importante porre
attenzione al termine , in quanto si trova anche in .
() 100, 10-11, passo che sarà analizzato successivamente,
in relazione a una ferita ancora aperta, fresca, ricevuta da un eroe
durante una battaglia.
 80-85, per la tematica affrontata e per la terminologia utilizzata,
richiama manifestamente Kali. 28, esaminato precedentemente, in cui
il parto veniva chiamato ‘malattia dell’utero’, . In 
80-85 si nota come il rituale di liberazione dall’impurità del parto
venisse praticato da gente di incantesimi, , persone che
recitavano versi in ampi spazi comuni. Il tamil è il sanscrito
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mantra, generalmente formula sacrificale, verso mistico o magico, che
qui, inserito in un contesto antico e tribale, corrisponde a incantesimo.
Nel passo non si hanno dati per identificare le persone che praticano
gli incantesimi, in quanto  non indica il genere, dato che si
trova alla forma plurale. Tuttavia è probabile che si trattasse di donne,
forse identificabili in fattucchiere. In effetti, sulla base di quanto visto
precedentemente in . 73-76 a proposito dei rituali effettuati per
allontanare le forze maligne attraverso l’utilizzo della margosa, è
possibile dedurre che anche il rito di liberazione dall’impurità del
parto fosse svolto dalle donne, che per loro natura erano
maggiormente vicine e legate a quell’evento. Sulla base di tale
considerazione, si è creduto opportuno associare il termine ,
gente, a persone di identità femminile.
Come è stato evidenziato attraverso lo studio dei testi, l’impurità della
donna che aveva partorito determinava necessariamente un suo
isolamento, un allontanamento dalle persone che comunemente le
stavano a fianco, per impedire che essa le contaminasse. Per questo
motivo probabilmente neppure il marito poteva vedere la moglie che
aveva appena partorito 48. A questo proposito nella letteratura tamil
antica si dice che il marito evita l’abbraccio della moglie, timoroso di
sporcarsi il petto con il seno della donna stillante latte impuro.
48
L’impurità del periodo successivo al parto è paragonata all’impurità
connessa con la morte (Ferro-Luzzi E.G., Women’s Pollution Periods
in Tamilnad, Anthropos (1), 1974, pag. 115).
18
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In Ak. 26 la moglie si lamenta della lontananza del compagno in
seguito alla propria gravidanza e si chiede angosciata quando arriverà
la notte in cui egli, in pieno delirio amoroso e in preda alla passione, le
chiederà di stringersi al suo forte petto e di non smettere di
abbracciarlo con i suoi neri capezzoli; invece ora essa cerca
tristemente di accostare i suoi seni pendenti per il latte al vigoroso
petto del marito, spalmato di fragrante sandalo; ma egli teme che
proprio qualche goccia di quel dolce latte possa cadere su di lui,
macchiandolo di impurità. Le mani sono esitanti, ansiose del contatto,
e allora il marito dolcemente cede e si curva abbracciando la moglie
da dietro.
Il motivo principale del distacco tra marito e moglie si spiega
principalmente con la credenza che il latte stillante dal seno della
donna danneggiasse la virilità dell’uomo 49. Inoltre, è interessante
notare che il potere sacro della donna si pensava risiedesse soprattutto
nel suo seno; pertanto, per evitare il contagio, era necessario che il
marito non si avvicinasse alla moglie che aveva recentemente
partorito. A testimonianza di tale credenza si può citare Ak. 177, dove
si parla di “seni con ”. Il termine tamil si riferisce al
potere sacro della donna: in esso risiedono le due nature, la buona e la
cattiva, ed è per questa ragione che può essere rischioso per le persone
49
Hart III G., Woman and the Sacred in Ancient Tamilnad, Journal of
Asian Studies, 32 (1972: Nov.-1973: Aug.), pp. 234-236.
19
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stare vicine a essa; così marito e moglie devono essere estremamente
attenti nei loro contatti. 50
Molto spesso, dunque, nel periodo successivo al parto il marito si
distacca dalla moglie e inizia a frequentare le cortigiane; tale
situazione viene descritta in uno dei cinque paesaggi dell’akam, il
marutam, che contraddistingue il paesaggio fluviale e cittadino e la
situazione dell’infedeltà.
In . () 65 l’eroina dice al marito:
“Nella tua città ricca d’acqua un giglio fiorisce in un campo
coltivato con canna da zucchero e soddisfa la fame delle api.
Non abbracciare il mio corpo che ha partorito tuo figlio, il tuo
petto può rovinarsi” 51.
Qui l’eroe è paragonato a un’ape occupata con un attraente fiore (la
cortigiana) piuttosto che con la canna da zucchero feconda ma meno
50
Hart III G., Woman and the Sacred in Ancient Tamilnad, Journal of
Asian Studies, 32 (1972: Nov.-1973: Aug.), pp. 234-236; Dubianski
A.M., Ritual and Mythological Sources of the Early Tamil Poetry,
Groningen, 2000.
51
Hart III G., The Poems of Ancient Tamil, Berkley, 1975, pag. 96.
20
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profumata (l’eroina, non molto eccitante per lui, dal momento che essa
ha partorito recentemente) 52.
In molti poemi tamil 53 si dice che in seguito al parto e
all’allontanamento della donna il marito inizia a frequentare le
prostitute, , poiché la moglie è impura e quindi pericolosa per
la sua virilità, perciò sono evitati i rapporti tra i coniugi 54.
Oltre alla puerpera era affetto da contaminazione anche il bambino
appena nato, che generalmente viveva in isolamento con la mamma
per un certo periodo.
In . () l’immagine del figlio neonato è spesso connessa
con l’emanazione dell’odore di impurità, . In . 40-6, in
merito alla situazione del marutam, legata al tema dell’infedeltà
maschile, delle liti, dell’abbandono della moglie, causato dall’impurità
dopo il parto, si legge:

“Il figlio, che emana odore di impurità, dorme con la nutrice”.
Per la medesima tematica si veda anche . 85 (Dubianski A. M.,
Ritual and Mythological Sources of the Early Tamil Poetry,
Groningen, 2000, pag. 154).
53
Ak. 16, 26, 36, 46, 66, 116, 176, 196, 226; Ku. 258, 295, 384; Ai.
24, 48, 68, 70, 83, 85.
54
Dubianski A. M., Ritual and Mythological Sources of the Early
Tamil Poetry, Groningen, 2000, pag. 152.
52
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Anche in . 380-4 si trova la medesima terminologia:

“Si unisce il figlio emanante odore di impurità”.
È interessante notare che in questi due diversi componimenti ricorre la
medesima terminologia: , figlio, , impurità della
nascita, e , odore, a indicare che questi concetti sono in stretto
contatto tra di loro: il neonato emanava odore di carne, di sangue
fresco contaminante, concetto che rimanda con insistenza ancora al
fattore dell’odore nauseante della carne fresca, alla crudità legata al
sangue.
In . 68, 8-9 all’interno di un contesto di lode riguardante un
guerriero “capo della bella contrada”, si paragona “l’acqua gonfia” del
fiume al “seno stillante latte per un neonato non più impuro,
”:


“Simile
a
un
seno
stillante
terminatol’impurità
22
per
un
bambino
che
ha
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l’acqua abbondante, che abbatte gli alberi, del fiume  che
scorre…
Il passo merita particolare attenzione, in quanto è possibile ricavarne
una duplice interpretazione. Il termine principale a cui far riferimento
è , impurità, che può collegarsi sia a , bambino, sia a
, seno: in effetti, l’impurità può riguardare il piccolo, ma anche il
seno della mamma, stillante latte e, quindi, contaminato.
Per quanto riguarda lo studio della terminologia, è interessante,
inoltre, soffermarsi a considerare . 100, che descrive il momento in
cui il padre vede il figlio piccino, come si legge nei versi 10-11:


“I suoi occhi che hanno guardato i nemici
sono ancora rossi mentre guardano il piccolo.”
Il colofone, per quanto non sia sempre troppo attendibile in quanto
spesso aggiunto posteriormente e da mano diversa, precisa il
contenuto del testo, riferendo che la narrazione riguarda il momento in
cui il padre guerriero vede il figlio appena nato:
23
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 
“ quando ha visto il figlio appena nato”
Il testo descrive in toni attenti e realistici l’eroe nel momento
successivo alla battaglia: egli tiene in mano una lancia, ai piedi porta
adorne cavigliere, ha il corpo sudato per il combattimento appena
avvenuto e sul collo si vede una ferita fresca, segno di forza e vigore,
in quanto l’eroe ha osato sfidare apertamente il nemico, senza voltare
le spalle e darsi alla fuga. Il poema pone molta attenzione agli
elementi sacri della guerra che caratterizzano l’eroe: la lancia, le
cavigliere, i fiori e le foglie che indossa, specialmente le foglie di
palma prese da un albero tutelare, mentre il sudore e la ferita
enfatizzano l’emozione, la sacra frenesia della battaglia. Tutti questi
elementi fanno parte del contesto bellico, sono proprietà caratteristiche
del combattente, visto nella sua furia devastatrice, simile a “un
possente elefante che abbia combattuto una tigre”. Qui però i segni
della violenza e della ferocia dell’eroe sono magistralmente
contrapposti alla dolcezza piena di commozione con cui egli rivolge lo
sguardo al suo bambino.
Non è certo se questa sia la descrizione del momento in cui il padre
vede per la prima volta il figlio, dal momento che non viene
esplicitamente riferito nel testo: può darsi che l’eroe rivolga uno
sguardo amoroso al piccino soltanto perché, dopo un duro
combattimento in cui ha dovuto mostrare forza e ferocia contro il
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nemico, avverte ora il calore dell’affetto paterno, la necessità di
recuperare energia attraverso lo stretto legame d’amore che lo unisce
al bambino; ma può anche darsi che questa sia proprio la prima volta
che l’uomo incontra il figlio, e ciò troverebbe spiegazione nella
precisazione, nel testo, che si tratta di un bambino appena nato,
; da qui nascerebbe più comprensibilmente la commozione
dell’eroe alla vista del suo piccino.
 Piai, un commentatore moderno, dichiara che “alcuni
giorni dopo la nascita del bambino, il padre deve indossare abiti da
guerra e, circondato da uomini valorosi, deve farsi vedere dal figlio,
così da imprimergli nel cuore lo spirito bellicoso del padre. Tale era il
costume tra gli antichi Tamil. 55”
Tuttavia, dal testo non si capisce se l’eroe si rechi dal figlio
indossando volontariamente l’armamentario da guerra in modo da
infondere in lui la natura bellicosa e il coraggio, oppure se si presenti
, ed. da AuvaiCu. Turaicmip Piai, 2 voll. Ceai,
1964-1962, ad locum.
A tale proposito Crawley scrive che “la separazione tra il marito, la
moglie ed il figlio è prolungata fino allo svezzamento del bambino, dal
momento che si considera il latte, secrezione femminile, un pericoloso
mezzo di trasmissione di proprietà femminili. Dunque il neonato,
attraverso il contatto con la madre, viene ‘sporcato’, diviene
‘pericoloso in quanto contaminato.” Inoltre, nell’antichità si credeva
che il neonato dovesse vedere quanto prima il padre, affinché le
proprietà virili dell’eroe allontanassero le proprietà femminili che la
madre, con la sua continua presenza durante la gravidanza, avrebbe
potuto trasmettere al feto. (Crawley E., The Mystic Rose, New York,
1927, II , pag. 198).
55
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così vestito al suo cospetto soltanto perché ha saputo della nascita del
bambino nel momento immediatamente successivo alla fine della
battaglia, e quindi non ha avuto il tempo necessario per indossare le
vesti civili, preso dall’impazienza di vedere il neonato.
È interessante osservare che il termine indicante la ferita dell’eroe
utilizzato nel testo, , esaminato precedentemente anche in .
80-85 riguardo la lacerazione della carne durante l’atto del partorire, è
affiancato a , che generalmente si riferisce a ciò che è verde,
fresco, e a , per cui la lacerazione della pelle dell’eroe è
connessa con la carne fresca e con l’odore fresco della carne aperta,
squartata e, quindi, si può riferire anche all’odore dell’impurità legata
alla nascita del bambino.
La condizione del riguarda non solo gli umani, ma anche gli
animali. In . 393-3 si parla della gioia di un elefante che va a
cercare erba da portare alla sua elefantessa che ha appena terminato lo
stato di impurità, :

“È pieno di gioia poiché (essa) piena di latte ha terminato l’impurità
fresca”.
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Qui i termini analizzati in precedenza, quello indicante l’impurità,
, e quello riferito alla freschezza, al colore verde, pacum, si
trovano affiancati, strettamente connessi, per rafforzare il concetto
dello stato di contaminazione successivo al parto avvenuto
recentemente e ravvisabile nel fatto che l’elefantessa è detta essere
piena di latte, .
Inoltre, è interessante notare la connessione presente tra questo testo e
MK. 600-603. In entrambi i passi viene descritta la gioia provata dai
maschi: in MK. 600-603 si presenta la soddisfazione dei mariti, mentre
in . 393-3 dell’elefante, nel momento successivo al parto delle
mogli, quando essi sono diventati padri e le puerpere, sia donne sia
elefantesse, con i seni gonfi di latte, hanno terminato lo stato di
impurità. Questo parallelo tra i due testi testimonia manifestamente
che la condizione di è vissuta sia dagli uomini sia dagli
animali, in maniera indistinta.
In Ak. 56 una vacca nel periodo del  esce sulla strada ed il bardo
dell’eroe, , spaventato, lascia cadere la sua arpa e si rifugia nella
casa dell’eroina. È degno di nota ricordare che anche il bardo 56 era
considerato contaminante, quindi è un fatto assai curioso che si
56
Il bardo era ritenuto fortemente contaminante in quanto si trovava in
contatto diretto con elementi impuri. Egli suonava un particolare
strumento, un tamburo, con cui allietava le famiglie abbienti, ricoperto
di pelli di animali non trattate, odoranti ancora di carne fresca. Inoltre,
molti bardi erano dediti ad occupazioni connesse con la pesca, ed
erano creduti impuri in quanto tale mestiere consentiva loro di toccare
innumerevoli animali morti ancora sporchi di sangue.
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allarmi tanto nel vedere un animale. Evidentemente, la vacca nel
 era ritenuta impura a un grado maggiore rispetto all’impurità
del bardo.
Si parla di contaminazione e di purificazione per quanto riguarda la
maternità e il parto anche in relazione alla natura. Ci sono numerosi
riferimenti a boschi, ormai fioriti, lavati e purificati dalla pioggia, che
testimoniano come la fioritura, parto della natura, comportasse la
stessa impurità del parto della donna, nel modo in cui si è visto in
Kali. 28 a proposito del parto della donna paragonato al parto e alla
fruttificazione della terra.
In PPA. 380-381 si dice:


“In ogni parco lavato dalla pioggia monsonica,
in giardini abbondanti di fiori”...
La terminologia utilizzata nel testo sopra citato a proposito del bosco
purificato dal monsone si trova anche in MPK. 48-49, già visto a
proposito delle puerpere:

28
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...
“Senza le puerpere, seduti mandano via le afflizioni
nella foresta sparsa di sabbia e lavata dalla pioggia monsonica”.
Entrambi i testi hanno inizio con il termine che indica propriamente il
tempo dell’acqua, la stagione delle abbondanti piogge monsoniche,
, le quali hanno lavato via, , l’impurità della fioritura.
In MPK. 120 ricorre il medesimo tema della ricca fioritura della
foresta che ha lasciato l’impurità, , grazie alla caduta
della pioggia, elemento portatore di freschezza e di purezza:

“Nella foresta abbondante di fiori
liberata dall’impurità ad opera della tempesta.”
La fioritura dei boschi e dei giardini è paragonata al parto della donna:
la natura, nel periodo della gemmazione, è vista come in gravidanza, a
causa del gonfiore delle gemme precedente il momento dello
sbocciare; successivamente la pioggia permette al bosco di lavarsi via
l’impurità del parto, cioè del suo fiorire, così come l’acqua degli
stagni permette alla donna di purificarsi. Come accennato in
precedenza, in generale lo stato di impurità è connesso con l’idea di
calore, il quale può essere alleviato mediante appropriati riti
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purificatori, solitamente legati all’utilizzo dell’acqua, portatrice di
freschezza 57.
In TMA. () 7-9, ancora a proposito della foresta
abbondante di fiori e bagnata dalle piogge, si parla di “grandi nuvole
in gravidanza avanzata”, , con riferimento esplicito
al fatto che anche le nuvole, in quanto elemento naturale, sono
coinvolte nel parto, poiché riversano il frutto della loro creazione,
l’acqua:



“Nella foresta profumata, fresca per la caduta della prima pioggia
quando le nuvole grandi in gravidanza avanzata, che hanno attinto al
mare,
riversano la pioggia pesante nel cielo spaccato dalle luci dei fulmini.”
Il tema dell’impurità dopo il parto applicato alla natura si trova anche
in Ak. 139 a proposito di “bianche nuvole impure nel giorno
successivo al parto”. Le nubi grandi e gonfie hanno partorito la
pioggia e vengono paragonate al ventre di una donna, anch’essa vista
nella condizione del generare. Pertanto, la pioggia è considerata essere
57
Si veda la nota 39.
30
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il prodotto impuro concepito dalle nuvole, e come la mamma e il
bambino odorano di carne fresca e di sangue nel momento successivo
alla nascita, così anche il prodotto delle nuvole emana un odore
intenso di umidità contaminante.
È interessante notare la doppia natura della pioggia: essa aiuta il bosco
a togliersi l’impurità portata dalla fioritura, ma nello stesso tempo
diviene impura in quanto prodotto delle nubi, a sua volta è considerata
frutto di un parto e, quindi, contaminante.
Giada Franchini
Dipartimento di Linguistica ‘T. Bolelli’
Università di Pisa
[email protected]
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