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Liberazione Quotidiano del Partito della Rifondazione Comunista edizione nazionale Anno XVII n. 155-156 Spedizione in abbonamento postale 45% art. 2 comma 20/b L. 662/96 Milano Redazione Roma, 00161viale del Policlinico, 131 tel. 06441831 (15 linee r.a.) fax 0644183247 MRC SpA viale del Policlinico, 131 00161 Roma Oggi con il quotidiano “Queer” e Il Settimanale giornale comunista 70703 Prezzo di copertina euro 1,90 arretrati il doppio Chiuso in redazione alle 21.00 su internet www.liberazione.it martedì 3 luglio 2007 9 Aperta ieri alla Farnesina la conferenza internazionale ma la guerra incombe, dopo l’ultima strage Isaf Afghanistan, a Roma summit sul “diritto” (a morire?) di Anubi D’Avossa Lussurgiu «V a tenuta presente una cosa importante e cioè che talebani ed altri estremisti usano i civili come scudi»: sono le parole pronunciate ieri dal neoambasciatore Usa all’Onu,Zalmay Khalilzad.Le ha proferite a proposito dell’ennesima strage di civili compiuta dai bombardieri “alleati”in Afghanistan.E le ha proferite a Roma,alla Farnesina,a margine dell’apertura della Conferenza internazionale sullo «Stato di diritto» nello stesso Afghanistan,sulla quale il governo italiano e in particolare il ministro degli Esteri,Massimo D’Alema, hanno molto investito politicamente. Ma sono proprio le parole del rappresentante Usa ad illuminare senza pietà i limiti di quest’aspirazione,nutrita in un quadro di guerra - e di guerra sporca.Non una parola di scuse da chi rappresenta la potenza più responsabile dei raid aerei indiscriminati che caratterizzano le operazioni belliche occidentali sul territorio afghano.Senza nemmeno,stavolta,la pantomima del gioco al ribasso sulle cifre,«non più di dieci vittime civili» secondo il comando Nato della missione Isaf contro le 45 comunicate dalle autorità locali e confermate dalla Commissione diritti umani,dopo l’attacco della notte di venerdì nel distretto di Gereshk. E’ terrorismo Nato N on ha il minimo dubbio che «sia necessaria». E qualsiasi cosa vada in quella direzione «è sempre meglio di niente». Ma non si fa illusioni: l’unità della sinistra, l’unità di tutto ciò che si muove alla sinistra del piddì servirà a poco. «Non si va da nessuna parte se non si torna ad aggredire il vero nodo che abbiamo di fronte»: l’analisi della globalizzazione, l’analisi di questo capitalismo capace di mercificare tutto. Dalla produzione ai rapporti umani. Analisi che fino ad ora è mancata. «Anche e soprattutto nel partito che è l’editore del tuo giornale». Rossana Rossanda, la «ragazza» del secolo breve gioco di parole facile facile sul suo ultimo libro, la sua autobiografia: “La Ragazza del secolo scorso”, che ha sfiorato il premio Strega nella sua 39°edizione, l’anno scorso -, responsabile della cultura del Pci nei primi anni ’60, poi espulsa dal partito, fondatrice de“il manifesto”, insomma: una delle più autorevoli esponenti della cultura della sinistra italiana, sembra scettica davanti al dibattito che si sta sviluppando in questi giorni su un nuovo soggetto unitario della sinistra. Ma Prendiamola alla lontana, Rossanda. Secondo te perché in queste ore tutti parlano di «soggetto unico» della sinistra e non si usa la vecchia - ma forse più chiara - formula del partito.Di che si tratta? Non saprei risponderti. Vado per intuizione. E suppongo che al «soggetto» verrebbe lasciata maggiore articolazione, in modo che ogni sigla possa mantenere le sue virtù e i suoi difetti. I suoi apparati e - perché no? - i suoi finanziamenti. Comunque mi pare che anche la scelta di parole come questa rifletta la diffidenza diffusa per la forma partito. Forma molto esorcizzata ma poco analizzata. Insomma, tutti danno per scontato che un partito non può essere che una irreggimentazione verticale, antidemocratica. Per natura o necessità di funzionamento. Ma tutto ciò fornisce un alibi per eludere una proposta forte. E quale sarebbe “una proposta forte”? Lo scalone e la trincea del lavoro e dei sindacati M UNA RAGAZZA FERITA DALL’INCURSIONE NATO NELLA PROVINCIA DEL HELMAND REUTERS/ABDUL QODUS Rossanda: «Cosa chiedo alla sinistra? Di essere prima di tutto anticapitalista» di Stefano Bocconetti A me non piacciono le polemiche e quindi mi guardo bene dal farle. Però, poco tempo fa, qualcuno, sostenendo la necessità di procedere subito a un’aggregazione della sinistra esistente, ha sostenuto che in fondo i vari pezzi della sinistra italiana hanno molte più cose in comune di quante non ne abbia per esempio Die Linke in Germania. Bene, basta andarsi a leggere i dodi Andrea Colombo Veltroni-D’Alema, due ex-Ds che marciano su programma e governo a pagina s2 cumenti del congresso tedesco. E scoprire così che quel partito delinea un’analisi seria, efficace dello sviluppo capitalista. E definisce per sé un ruolo di opposizione al dominio del capitale. Parola antica ma che a me sembra ancora la più appropriata. Ecco, quella è un’idea forte. Quella che manca in Italia. Non ti sembra di essere un po’ ingenerosa? In fondo l’Italia è stata un po’ la culla di un nuovo nuovo pensiero critico? Basta pensare a Genova,ai Social Forum.Perché è dall’Italia,da questa sinistra che è partita l’idea di un rapporto forte fra politica e movimenti sociali.O no? E riflettiamo allora su questi movimenti. Io credo che siano importanti. Lo sono stati e lo saranno. Ma non è con la spontaneità che affronteremo le questioni decisive. Per capire:il progetto a cui ha dato vita Rifondazione,quello della Sinistra europea,e lo stesso“soggetto plurale” che dovrebbe unire la sinistra e che prevede forme stabili di relazioni col “sociale”, a te sembrano esperimenti inutili? Non è questa la strada per innovare la politica? Chiariamoci: io non sono indifferente a chi parla della necessità di costruire una “massa critica” per pesare sulle istituzioni, e che deve avere anche una dimensione tale da non poter essere scartata negli equilibri del governo. Fin qui ci siamo. In tutto ciò, però, resta indefinito un punto: che cosa rappresenta questo soggetto, quale “blocco storico” del 2007 esprime e che cosa persegue? O magari, c’è qualcuno che sostiene che una società complessa porti all’esistenza di tanti “blocchetti” storici? segua a pagina s2 Lettera aperta all’amico Veltroni Caro Walter, ti hanno teso una trappola... la lettera di Paolo Flores D’Arcais C aro Walter, innanzitutto auguri. Sai che sono sinceri, come sai che NON sono sinceri molti degli auguri (ben più autorevoli) che vai ricevendo dalle gerarchie del futuro partito, di cui sarai segretario. Avevi dichiarato che, fino al tuo discorso di mercoledì, saresti rimasto “in ascolto”. In realtà avevi già preso la tua decisione, ma ho voluto lo stesso mandarti una lettera personale per sconsigliarti la candidatura: rischiavi di infilarti in una trappola. Ne resto convinto, e provo a chiarirne il perché, in questa lettera aperta. Lo scopo delle tue scelte è contribuire al successo elettorale del centro-sinistra alle prossime elezioni, nel 2011 o quando cadrà il governo Prodi. Oggi il centro-sinistra, secondo il più recente sondaggio che conosci meglio di me, è lontano dal centro-destra di ben 18 punti. Solo un anno e mezzo fa, cioè due mesi prima delle passate elezioni, aveva toccato un vantaggio di venti punti. Basta fare due più due: in un anno e mezzo il centro-sinistra ha perso quasi il quaranta per cento Transessualità e prostituzione non sono un crimine ma la discriminazione è fortissima di Sandro Podda Kamikaze in Yemen, è strage di turisti spagnoli segue a pagina s4 di Martino Mazzonis Il saluto del forum Usa: «L’America è in movimento» segue a pagina s5 di Romina Velchi Caso Visco: dopo la querela Speciale “perde” anche Di Pietro segue a pagina s6 di Castalda Musacchio Legge 40, un fallimento: gravidanze scese del 3,6% segue a pagina s8 Fuga di mezzanotte per le trans in Turchia Un migliaio al Pride Gbltq per uscire dal silenzio il caso di Vladimir Luxuria* di ritorno da Istanbul S abato scorso ho incontrato la comunità transgender turca al centro culturale francese di Istanbul. Sono state un centinaio e non mi aspettavo una comunità trans così vasta per espormi i loro problemi un giorno prima del pride. Mi mostrano delle foto di trans picchiate dalla polizia, i loro occhi sono occhi della umiliazione, il viso una maschera di sangue, denti spezzati. In una di queste sulle gambe e sui glutei vistose ichimosi: in questo caso i poliziotti non sono stati furbi, non l’hanno immersa in una vasca di ghiaccio per far scomparire i segni delle torture, e così, documentazione alla mano, l’associazione trans “Vita rosa” ha organizzato un sit-in davanti alla questura per denunciare le violenze subite. Il problema è che i mass-media non coprono la La protervia di classe che infesta anche il Pd di Rina Gagliardi Intervista alla fondatrice de “il manifesto” sulla “cosa rossa” e il destino della politica «L’unità è necessaria ma debole. Torniamo a ragionare sulle nuove forme di dominio» forse quest’aggettivo - «scettica» non è quello esatto. Lei, insomma, vede i limiti di questa discussione. E il limite è proprio nel rifiuto - «di tutti» - a fare i conti con quella questione dimenticata: il capitale. Cosa è oggi, che dominio esercita. 771127 308003 l’editoriale segue a pagina s4 la politica 1,00 euro 1,90 notizia e così le trans che si espongono alla protesta diventano a loro volta le prossime vittime di ritorsione. Eppure l’uccisione del giornalista armeno-turco Hrant Dink, che aveva osato parlare dell’eccidio armeno durante la prima guerra mondiale, ha proiettato molte ombre sul sistema democratico della comunicazione turca. E il paradosso vuole che una delle star più famose in Turchia sia una cantante transessuale, Bülent Ersoy che per farsi accettare anche dai più fondamentalisti ha dichiarato che la maledizione di Allah è di non consentirle di fare figli. La transfobia è un problema in molte nazioni, ma in Turchia ha raggiunto livelli emergenziali. Né la transessualità, né la prostituzione sono un crimine eppure la discriminazione, le botte sono all’ordine del giorno, e se sei trans e anche kurda la discriminazione è doppia. La comunità lesbo-gay-trans ha già pagato con una brutale repressione il colpo di stato del 1980, il periodo chiamato “12 settembre”, e anche dopo il golpe militare i soprusi non sono finiti. Tra il 1990 e il 1991 si è formato il “Tahtacilan”, un team di poliziotti con il compito specifico di deportare la comunità trans dai quartieri, dalla via Ulker di Istanbul al quartiere Eryaman di Ankara. Sia la polizia, sia gruppi di teppisti hanno reso impossibile la vita a tutte le trans costringendole di fatto ad abbandonare le proprie case e trovare un’altra sistemazione. La prostituzione anche in Turchia, come in Italia, spesso è l’unica possibilità che si ha per sopravvivere e per pagare le operazioni chirurgiche di adeguamento di genere. Gruppi di 25-30 persone armati di bastoni e coltelli massacrano le mal capitate, raggiungendo anche le loro case al punto da costringerle a formare barricate alla porta con mobili e divani. E’ come se la polizia e questi gruppi dei consensi che aveva. Grazie alla politica sciagurata dei suoi gruppi dirigenti. Che non a caso costituiscono il ceto politico più disprezzato dai propri elettori e dalla propria base dell’intera (e secolare) storia della sinistra italiana. Del resto, se non avessero avvertito il carattere ormai travolgente e irrecuperabile di tale disprezzo, non ti avrebbero candidato con improvviso ed ecumenico voltafaccia. Ma questo è il punto (un primo punto). Tu in questo modo vieni proposto come il LORO candidato, il candidato di Rutelli e D’Alema, di Marini e Fassino. Cioè del gruppo dirigente che ha fatto perdere al centro-sinistra il quaranta per cento dei consensi. E se verrai anche parzialmente assimilato a loro nell’opinione della gente, non avrai nessuna chance di battere Berlusconi. Oggi la tua forza, infatti (e come sai meglio di me) nasce proprio dal tuo essere (ed essere percepito) come diverso ed alternativo a quel ceto politico. Loro sono percepiti (e sono, temo) i “politici” nel senso spregiativo che ha assunto il termine: i politicanti, insomma. Attaccati come cozze alle poltrone. segue a pagina s2 venti versi al giorno ho bisogno del mare di teppisti collaborassero tra loro per “ripulire i quartieri”. Omicidi, emorragie cerebrali, traumi, fratture, sono il prezzo da pagare per essere se stesse. Dove non arriva la violenza squadrista, arriva il governo: l’art. 225 della Costituzione prevede una multa per i venditori ambulanti senza autorizzazione sui marciapiedi, questa legge in realtà è applicata per multare le transessuali prostitute, come se non fossero delle persone, ma delle merci contraffatte, una multa aumentata di recente da 58 a 117 lire turche, circa 60 euro, una cifra enorme per lo standard di vita di questa comunità. Questo spiega la folta presenza di transessuali alla manifestazione di domenica scorsa, il primo vero pride turco; a piazza Taksim sono stati scanditi slogan contro la violenza e il silenzio. Un migliaio di gay, lesbiche e trans che hanno avuto il coraggio di uscire allo scoperto, di essere ricattati. Ho bisogno del mare perché m’insegna: non so se imparo musica o coscienza: non so se è onda sola o essere profondo o sola roca voce o abbacinante supposizione di pesci e di navigli. Il fatto è che anche quando sono addormentato circolo in qualche modo magnetico nell’università delle acque. Non sono solo le conchiglie triturate come se qualche pianeta tremante partecipasse lenta morte, no, dal frammento ricostruisco il giorno, da una raffica di sale le stalattiti e da una cucchiaiata il dio immenso. segua a pagina s4 Pablo Neruda a perché i nostri governanti (e i leader del costituendo piddì) si sono fissati sull’allungamento dell’età pensionabile? Non sembri una domanda naive. Sappiamo bene, non da oggi, quale lucroso business sia la previdenza privata, che mai riuscirà ad attecchire, almeno in questo Paese, fino a che la previdenza pubblica resterà sostanzialmente, un diritto. Conosciamo, in proposito, i diktat imperiosi e quotidiani della tecnocrazia europea. E ci è molto chiaro il terrorismo delle cifre (quasi sempre gonfiate ad arte) e della “insostenibilità finanziaria” di un sistema già sufficientemente ridimensionato da sette od otto “riforme”. Tuttavia, qui c’è qualcosa che va oltre queste pur non nobili motivazioni: c’è una fissazione ideologica, nel senso letterale del termine. Quando si arriva al punto di disattendere, con tale disinvoltura, un impegno scritto nel programma di governo (dell’Unione), e già allora oggetto di una discussione dura e nient’affatto semplice; quando si considera irrilevante l’impatto sociale di un provvedimento, in una fase in cui il consenso per il governo tende a volatilizzarsi; quando un politico avvertito come il vicepremier D’Alema usa il più classico e stizzito dei linguaggi padronali («per abbattere lo scalone non ci sono i soldi»); vuol dire che c’è qualcosa che va oltre, perfino, i possenti condizionamenti che vengono esercitati. Appunto, una “questione di principio”. Una trincea simbolica. Uno scalone della protervia di classe. Il bersaglio reale di questa operazione, in verità, è il mondo del lavoro dipendente e subordinato inteso sia come soggettività “garantita”, cioè provvista di diritti e tutele, sia come grande blocco sociale legato, nonostante tutto, alle forze di sinistra e ai sindacati. Contro di esso, si va scaricando una mole di accuse non più solo politiche, ma morali: fannullonaggine, cieco egoismo, indifferenza totale alla sorte dei giovani e delle generazioni future. E di “insaziabilità”: più d’una voce dal sen fuggita, nel governo progressista, stigmatizza l’avidità infinita di persone a cui è già stato “concesso” il folgorante aumento di 40 euro al mese sulle pensioni minime, più una tantum autunnale. Cos’altro pretendete? In una normale trattativa, o mercato politico, con le categorie sociali “portatrici” di un interesse particolare, in effetti si ragiona così: io ti ho già dato alcuni miglioramenti concreti, ora sei tu a dovermi dare qualcosa - lo scalone, gli scalini, e comunque la disponibilità ad andare in pensione dopo, sempre più tardi. Già, solo che, quando si parla di previdenza pubblica e di lavoratori dipendenti, non stiamo parlando di una “categoria”. Stiamo parlando di milioni e milioni di persone, quelle che vivono, ci dice l’Istat, con un salario o uno stipendio al di sotto dei 1500 euro al mese, che pagano (alla fonte) i tre quarti del gettito fiscale, e faticano ogni mese ad arrivare alla fine del mese: siamo al cuore della questione sociale e della redistribuzione della ricchezza, in un Paese dove le disuguaglianze sono cresciute e crescono a dismisura. Ma è proprio l’esistenza di una vera grande questione sociale che ora si tende a negare. Anche attraverso una insistita campagna culturale: ora i lavoratori dipendenti, e i sindacati che li rappresentano, sono derubricati a “corporazioni”, nonché a una minoranza chiassosa che non vuole mollare di un millimetro i “privilegi” acquisiti. Lavoratori, pensionandi e pensionati, insomma, come i notai o i farmacisti, di cui si punta a sciogliere il residuo legame sociale, il tessuto di solidarietà, il protagonismo civile. Per ridurli tutti, come dice Mario Monti sul Corriere di ieri, a cittadini e utenti-consumatori – mica sarà in fabbrica il fondamento dei diritti, scrive l’importante economista. Il quale, in meno di una riga, cancella quella quisquilia che è l’articolo 1 della Costituzione, “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”. Non è una dimenticanza, è una posizione di principio, e di lotta di classe. Sul versante politico, tutta questa vicenda illumina sinistramente il processo che sta portando alla nascita del Partito Democratico. Se si elimina la nozione di sinistra dal Dna di un soggetto politico, si tenderà a fortiori a ridimensionare, se non a cancellare, la sinistra dalla società, la base sociale della sinistra: un’utopia negativa, certo, non tuttavia una sfida impossibile. segua a pagina s2