Riflessioni sul processo in absentia

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Riflessioni sul processo in absentia
Riflessioni sul processo in absentia
1. L’ “effettiva conoscenza” del processo da parte dell’imputato nella riforma dell’art. 175
cpp.
Il principio della “effettiva” conoscenza del processo da parte dell‟imputato non risultava
codificato, nel nostro ordinamento giuridico, quantomeno fino alla riforma dell‟istituto della
rimessione in termini, come introdotta dal D.L. 21 Febbraio del 2005 n.17 convertito nella
Legge 22 Aprile 2005 n.60.
Fino a quel momento il nostro ordinamento era improntato al modello della conoscenza
“legale” del processo da parte dell‟imputato, non tenuto ad alcun obbligo di informazione,
fondato unicamente sul principio della ritualità delle notificazioni.
In effetti, l‟originaria disciplina codicistica prevedeva la possibilità della restituzione nel
termine, per proporre impugnazione avverso la sentenza contumaciale o l‟opposizione al
decreto penale di condanna, esclusivamente per l‟imputato che provasse di non aver avuto
effettiva conoscenza del provvedimento, sempre che l‟impugnazione non fosse stata
proposta dal difensore e il fatto non fosse dovuto a sua colpa ovvero, qualora la sentenza
contumaciale fosse stata notificata mediante consegna al difensore nei casi previsti dagli
artt. 159, 161 comma 4 e 169, il soggetto non si fosse sottratto alla conoscenza degli atti del
procedimento.1
Ma il sistema legale di conoscenza del processo da parte dell‟imputato coniato dal
legislatore italiano, fondato su presunzioni, è risultato in stridente contrasto con l‟art. 6
Cedu : la sentenza Somogyi c. Italia n. 67972/01 del 18 maggio 2004 e la sentenza Sejdovic
c. Italia n. 56581/00 del 10 novembre 2004, difatti, dimostrano come a ben poco siano valsi
gli sforzi del nuovo codice di procedura penale intervenuto nel 1988 e le successive
interpolazioni normative volte ad una risistemazione della disciplina della contumacia . 2
Il caso Somogyi riguardava un‟inchiesta per traffico d‟armi nell‟ambito della quale veniva
imputato un cittadino ungherese, Tamas Somogyi. Il giudice delle indagini preliminari di
Rimini aveva fatto notificare in Ungheria l‟avviso di fissazione dell‟udienza preliminare,
tradotto in lingua magiara, a mezzo di una semplice lettera raccomandata, che fu, poi,
1
Per approfondimenti, D. Negri, L’imputato presente al processo. Una ricostruzione sistematica, Giappichelli, Torino,
2012.
2
Oltre alle condanne di Strasburgo, una revisione del processo contumaciale sembrava imposta anche dalla disciplina
in tema di mandato d’arresto europeo, in quanto l’articolo 5 della decisione quadro del consiglio dell’Unione
2002/584/GAI del 13 giugno 2002 ( recepita in Italia con legge 22 aprile 2005, n.69) prevede che, quando il
condannato contumace non sia stato informato della data e del luogo dell’udienza, la sua consegna possa essere
subordinata alla condizione che l’autorità giudiziaria emittente fornisca assicurazioni sufficienti a garantire alla
persona la possibilità di chiedere un nuovo giudizio e di essere ad esso presente.
restituita al Tribunale di Rimini con la firma del destinatario. Successivamente il Sig.
Somogyi, non presentandosi all‟udienza preliminare né al dibattimento, fu dichiarato
contumace, difeso da un avvocato d‟ufficio e condannato ad anni otto di reclusione con
sentenza definitiva del 22 giugno 1999. Arrestato in Austria, estradato in Italia e condotto in
esecuzione pena, egli dichiarò di non aver mai avuto conoscenza “effettiva” delle
imputazioni mosse a suo carico, né della pendenza del processo nei suoi confronti. La sua
richiesta di restituzione nel termine per impugnare di cui all‟art. 175 comma 2 c.p.p.,
presentata al giudice dell‟esecuzione, venne, poi, rigettata il 24 ottobre 2000 con la
considerazione che il ricorrente avrebbe dovuto presentare un cosiddetto appello tardivo dal
momento che la suddetta restituzione sarebbe stata ammissibile solo nel caso di mancata
conoscenza della condanna per causa di forza maggiore, nel cui ambito non poteva
ricondursi anche la volontaria sottrazione alla conoscenza degli atti del procedimento da
parte dell‟imputato. A questo punto il sig. Somogyi, in data 5 Marzo del 2001, proponeva
ricorso alla Corte di Strasburgo sostenendo la non conformità della sua condanna in
contumacia ai principi dell‟equo processo consacrati nell‟art. 6 della Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell‟uomo e delle libertà fondamentali. La Corte adìta ribadiva, da un
lato, che l‟assenza di un imputato in un processo a suo carico non fosse di per sé stessa
incompatibile con l‟art. 6 della Convenzione,ma, al contempo stabiliva il seguente principio:
“vi è un diniego di giustizia quando un individuo condannato in absentia non può ottenere
successivamente che una giurisdizione statuisca di nuovo, dopo averlo sentito, sul merito
dell’accusa in fatto e in diritto, ove non sia stabilito in maniera non equivoca che abbia
rinunciato alla sua facoltà di comparire e di difendersi, né che abbia avuto l’intenzione di
sottrarsi alla giustizia”.
Con la sentenza Somogyi, quindi, l‟Italia veniva condannata per la violazione dell‟art. 6
sull‟equo processo.
Nella mancata risposta del legislatore interno, la Corte di Strasburgo veniva sollecitata, poi,
nuovamente, e si pronunciava con la sentenza Seidovic contro Italia prima che si
intervenisse sulla disciplina della restituzione in termini con il D.L. 21 febbraio 2005 n. 17,
convertito con la l. 22 aprile 2005 n. 60.
La sentenza Sejdovic, del 10 novembre 2004, infatti, riconosce un vero e proprio difetto
strutturale del sistema giuridico italiano che lo rende non conforme ai principi della
Convenzione e indica le misure di carattere generale atte ad impedire la ripetizione di
situazioni analoghe a quelle riscontrate nel caso in esame.3
In questa occasione il governo Italiano era invitato a garantire il diritto delle persone
iniquamente condannate in contumacia ad ottenere che una giurisdizione statuisse di nuovo,
dopo averle sentite nel rispetto delle esigenze di cui all‟art 6 Cedu, sul merito delle accuse,
suggerendo altresì due possibili soluzioni: sopprimere tutti gli ostacoli normativi alla
3
Per approfondimenti, Tamietti, processo contumaciale e Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: la Corte di
Strasburgo sollecita l’Italia ad adottare riforme legislative, in Cass. Pen. 2005, pag. 989 ss.
restituzione del termine per impugnare ovvero prevedere la celebrazione di un nuovo
giudizio. Si era evidenziata, quindi, l‟inadeguatezza dell‟art 175, comma 2 c.p.p., il quale
non costituiva quel rimedio che consentisse automaticamente la riapertura del procedimento
in favore del condannato giudicato in abstentia, precedentemente mai informato in maniera
effettiva delle pendenze a suo carico e non rinunciante inequivocabilmente al suo diritto a
presenziare.4 Nel caso in esame il giudice europeo aveva statuito che il mancato
ritrovamento dell‟imputato, il quale aveva lasciato il territorio italiano nell‟immediatezza
dei fatti oggetto di giudizio e pertanto dichiarato contumace, non poteva elevarsi ad indice
di una consapevole rinuncia a comparire, mancando la prova dell‟esistenza di una
comunicazione ufficiale.
In risposta al monito europeo, il legislatore ha inciso su due punti: la restituzione nel
termine e il regime delle notificazioni. Con le modifiche all‟art. 175 c.p.p., l‟obiettivo del
legislatore è stato quello di garantire in modo più concreto la possibilità di un‟impugnazione
della sentenza contumaciale da parte del condannato che non risultasse essere stato
pienamente - effettivamente- informato dell‟esistenza di un procedimento a suo carico
rinunciando a prendervi parte attiva, sia partecipando al giudizio che presentando
impugnazione; ampliando i termini per presentare la richiesta di restituzione nel termine,
infine, si è inteso rendere più agevole il ricorso all‟istituto previsto dall‟art. 175 c.p.p.
consentendo a chi fosse realmente ignaro di una pendenza giudiziaria a proprio carico di
avvalersi degli strumenti “riparatori” apprestati dall‟ordinamento.
Il comma 2 dell‟art. 175 c.p.p., nella sua formulazione successiva al D.L. 21 febbraio 2005
n. 17, convertito con la l. 22 aprile 2005 n. 60, prevede che il soggetto giudicato in
contumacia ha diritto alla restituzione nel termine «salvo che … abbia avuto effettiva
conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a
comparire ovvero a proporre impugnazione. A tal fine l‟autorità giudiziaria compie ogni
necessaria verifica».
Stando all‟interpretazione letterale, avallata da autorevole dottrina, 5 le due condizioni
impeditive per accedere alla restituito in integrum sarebbero alternative tra loro: provata
l‟effettiva conoscenza del procedimento oppure la rinuncia a comparire in giudizio, nessuna
importanza sarebbe stata assegnata alla mancata cognizione- in maniera effettiva- del
provvedimento conclusivo dello stesso. In tal modo il legislatore ha voluto escludere che il
soggetto, il quale si disinteressi “volontariamente” del processo che lo coinvolge, possa poi
avanzare richiesta di restituzione nel termine per impugnare.
4
Va , ancora, notato come la Corte europea si è sempre limitata a postulare la necessità di garantire al contumace
successivamente comparso la pronuncia sull’accusa a suo carico da parte di un nuovo giudice senza precisare se
l’esigenza di restituito in integrum del diritto del contumace al processo in contraddittorio debba necessariamente
implicare il ritorno del rito in prima istanza o se essa possa dirsi soddisfatta nell’ambito di un giudizio di impugnazione
sulla sentenza contumaciale.
5
R. Casiraghi, Il giudizio in assenza dell’imputato, cap. La disciplina del giudizio senza imputato : quadro retrospettivo.,
Giappichelli, Torino, Ius Novum 2014.
La novella introdotta dalla riforma del 2005, dunque, assume una portata “rivoluzionaria”
rispetto ai principi fino ad allora vigenti in termini di partecipazione dell‟imputato al
processo.
Fino a quel momento era rimasto in auge il principio della “presunzione di conoscenza
legale” del processo da parte dell‟imputato ove risultasse rispettato lo schema legale del
regime notificatorio. L‟unica possibilità di scalfire siffatto impianto presuntivo, per
l‟imputato ignaro, era la remota possibilità che questi dimostrasse la propria mancata
effettiva conoscenza per cause tipizzate di “forza maggiore o caso fortuito”. L‟onere della
prova di siffatti eventi atipici ed eccezionali incombeva integralmente su colui che chiedeva
la restituzione in termini.
A seguito della novella del 2005, invece, si è operata una”rivoluzione copernicana” del
sistema, soprattutto in punto di onere della prova.
Nell‟attualità, infatti, è stato introdotto in capo al giudice l‟obbligo di compiere la necessaria
verifica per accertare che l‟imputato fosse effettivamente a conoscenza del procedimento a
suo carico sgravandosi, pertanto, l‟interessato dall‟onere di fornire la probatio diabolica
della prova negativa della conoscenza.
Si aggiunga, poi, che la restituzione in termini da istituto quasi inaccessibile (ante 2005) è
divenuto un vero e proprio istituto aperto anche alle ipotesi in cui gli indici presuntivi della
conoscenza risultino ambigui o contraddittori ossia laddove la prova della conoscenza del
processo sia basata su indici „ deboli‟ di cui si parlerà meglio nel proseguo.
Il che risulta a maggior ragione rivoluzionario ove si rifletta sugli stretti collegamenti fra la
norma di cui all‟art. 175 c.p.p. e l‟art. 670, comma III, cpp il quale ne richiama la disciplina
nella ipotesi di domanda di restituzione in termine per l‟impugnazione della sentenza
irrevocabile inoltrata al Giudice dell‟essecuzione.
La norma, invero, non brilla di linearità e chiarezza per ciò che attiene l‟ individuazione
dell‟oggetto dell‟effettiva conoscenza da parte dell‟imputato capace di determinare la
preclusione alla restitutio in integrum. In particolare, il dubbio interpretativo nasce
dall‟utilizzo del termine “procedimento” che, inteso in senso tecnico, appare riferirsi a tutta
la sequenza procedimentale dalla acquisizione della notitia criminis fino alla sentenza
definitiva. Come affermato da dottrina e giurisprudenza, risulta essere idoneo, a fondare
l‟“effettiva” cognizione del procedimento, il primo „contatto ufficiale‟ con l‟iter
processuale, anche se distante nel tempo dalla vocatio in iudicium .
Tali conclusioni non sembrano andare, però, esenti da critiche poiché, almeno nell‟ottica
della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell‟uomo, la conoscenza
“effettiva” del procedimento presuppone, ex art. 6, un atto formale di contestazione idoneo
ad informare l‟accusato, nel più breve tempo possibile, in una lingua comprensibile e in
modo dettagliato, della natura e dei motivi dell‟accusa elevata a suo carico, al fine di
consentirgli di difendersi nel “merito”. 6
La norma, così come introdotta con il D.L. 21 febbraio 2005 n. 17, convertito con la l. 22
aprile 2005 n. 60, lascia insoluti non pochi problemi pratici: il legislatore non è riuscito a
delineare un preciso spartiacque tra una conoscenza legale ed una effettiva del
procedimento. Se, da un lato, ha sgravato l‟imputato dal rendere prova della propria non
conoscenza, non ha specularmente introdotto dei criteri atti ad orientare l‟organo giudicante
per una verifica circa l‟effettiva conoscenza che il soggetto possa avere del giudizio a suo
carico.
Difatti , anche la modifica in tema di notificazioni lascia margini di incertezza. Anzitutto, le
condizioni per ottenere la rinnovazione dell‟istruzione dibattimentale in appello da parte
dell‟imputato ex art. 603 comma 4 c.p.p non sono state coordinate con il nuovo testo
dell‟art. 175 c.p.p. Il soggetto restituito nel termine è ancora onerato, per poter ottenere la
rinnovazione dell‟istruttoria dibattimentale, a dimostrare che la sua mancata comparizione
in primo grado non sia dovuta ad un proprio comportamento colpevole o che non si sia
volontariamente sottratto alla conoscenza degli atti del procedimento. Ben potrà accadere,
quindi, che, nonostante la restituzione nel termine per impugnare, il soggetto non ottenga un
vero e proprio “nuovo processo” perdendo, in ogni caso, il diritto al doppio grado di merito
e l‟opzione per i riti alternativi a carattere premiale. Nel contempo, non si è colta
l‟occasione per rivedere completamente il meccanismo delle notificazioni: un sistema
basato su una conoscenza “legale” al momento del controllo sulla regolare costituzione delle
parti mal si concilia con la verifica sulla conoscenza “effettiva” imposta al giudice al fine di
negare la restituzione nel termine ex art. 175 c.p.p. Occorrerebbe, invece, un controllo più
rigoroso dei motivi della non presenza dell‟imputato in udienza, dando reale preferenza alle
forme di notificazioni a mani proprie. Numerosi sono i punti che il legislatore ha lasciato
insoluti, il che ridonda a svantaggio dell‟organo giudicante.
Si pensi alle ipotesi in cui, anche una volta divenuta irrevocabile la sentenza ( e ciò in base
al richiamo espresso contenuto nell‟art. 175 c.p.p. all‟articolo 670 c.p.p. da leggersi in
combinato disposto), il condannato avrebbe potuto facilmente sollevare eccezioni circa la
mancata effettiva conoscenza del procedimento svoltosi a proprio carico, seppur
formalmente il regime notificatorio fosse, secondo i parametri legali, rispettato. Pertanto, il
giudice adìto ai sensi dell‟articolo 670 c.p.p. è chiamato a controllare la validità del titolo
esecutivo, sia sotto il profilo dell‟esistenza del provvedimento da cui trae origine che sotto
quello della sua esecutività.7 La richiesta ex art 175 c.p.p, d‟altro canto, presuppone in linea
generale, che vi sia divergenza tra conoscenza legale ed effettiva della decisione, mentre la
declaratoria di non esecutività trova la necessaria premessa nel difetto di conoscenza legale
6
P. Spagnolo, La disciplina della restituzione nel termine tra istanze sopranazionali e legislazione italiana. Articolo
pubblicato sul web.
7
Per un approfondimento, Il giudizio in contumacia e la restituzione nel termine a cura di Piercamillo Davigo,
Consigliere della Suprema Corte di Cassazione, articolo pubblicato sul web.
del provvedimento. Il legislatore, expressis verbis, ha ovviato a tale differenza di regime
concependo l‟istanza formulata ai sensi dell‟art. 175 come subordinata all‟accertamento
della validità del titolo esecutivo, nel senso che potrà esserci una decisone sulla restituzione
solo nel caso di rigetto della questione sulla non esecutività del titolo. La verifica della
corretta notificazione del titolo esecutivo deve avvenire sotto il profilo meramente formale,
essendo l‟indagine affidata al giudice dell‟esecuzione limitata al controllo dell‟effettiva
esistenza del titolo esecutivo e della sua legittima formazione, mentre resta estranea , agli
effetti di tale verifica, la conoscenza piena – effettiva- che del titolo abbia avuto l‟imputato.
Siffatta, invero, potrà solamente rilevare ai fini di un‟istanza di restituzione del termine,
spettando al giudice il potere di valutare la ricorrenza dei presupposti per l‟accoglimento
della stessa.8
2. Dal principio dell’ “effettiva conoscenza” del processo a quello del processo in
“absentia”
Lo sfondo legislativo fin qui tratteggiato permette di cogliere in pieno la ratio della riforma
del 2014, che ha abolito la contumacia ed è stata salutata con favore nella parte in cui ha
introdotto la possibilità di sospendersi il processo nei confronti dell‟imputato ignaro.
La ratio del d.l. 21 febbraio 2005, n.17, poi convertito dalla L. 22 aprile 2005, n.60, risiede
nella necessità, di introdurre un sistema aggiuntivo ed ulteriore, rispetto all‟ordinario
regime notificatorio – sul quale il legislatore non ha in alcun modo inciso- per consentire
all‟Autorità Giudiziaria di vagliare l‟effettiva conoscenza del processo da parte
dell‟imputato e di sospenderne il giudizio laddove ricorrano indici sintomatici di mancata
conoscenza; dall‟altro, nella volontà di rimediare al “difetto strutturale” del sistema
codicistico italiano, individuato dalla Corte europea, nell‟assenza di un meccanismo
effettivo volto a concretizzare il diritto delle persone condannate in contumacia (e che non
siano state effettivamente informate del procedimento a loro carico e a condizione che non
abbiano rinunciato in maniera certa e consapevole a comparire ) ad ottenere che una
giurisdizione esamini nuovamente il caso, nel rispetto dei principi di cui all‟art. 6 Cedu.
Su questo panorama si innesta la L. 67 del 2014 la quale si è mossa seguendo alcune
direttrici: abolizione del rito contumaciale; sospensione del processo nei confronti degli
irreperibili di fatto; nuova regolamentazione del c.d. processo in assenza; previsione di
rimedi restitutori, volti a permettere all‟imputato di ottenere una nuova pronuncia nel merito
in primo grado ove non abbia potuto partecipare al processo.
È così rimasta ferma l‟impostazione originaria del codice di rito: partecipare al processo è
un diritto dell‟imputato, non è un obbligo.
La rinuncia a tale diritto presuppone la conoscenza delle accuse a carico e poiché per
l‟irreperibile di fatto tale conoscenza è solo ipotetica il processo va sospeso.
8
V. Silvestri, Relazione del Massimario, Le nuove disposizioni in tema di processo ‘in assenza’ dell’imputato, pag.40.
Nel caso in cui la prova della mancata partecipazione al processo per legittimo impedimento
o per mancata conoscenza del processo intervenga successivamente alla sua celebrazione,
operano i rimedi restitutori. Il processo è celebrato in assenza quando l‟imputato rinuncia
espressamente a partecipare o quando vi sono degli elementi da cui desumere che egli abbia
avuto conoscenza dell‟esistenza del procedimento.9
Punto fermo in questa disamina deve restare il concetto che la L. 67 del 2014 non incide
sulla normativa in tema di notifiche, che resta salda nel suo impianto ordinario.
Ciò che la novella si propone di apportare come fattore di novità è il passaggio da una
conoscenza legale del procedimento ad una conoscenza effettiva: si valorizzano tutti quegli
indici che, anche in ipotesi atipiche ovvero di una conoscenza „non qualificata‟ del
procedimento, permettono di far evincere che il soggetto abbia avuto contezza degli addebiti
a proprio carico consentendo, in tal modo, la celebrazione in sua assenza.
Secondo la nuova formulazione dell‟articolo 420-bis comma1 c.p.p., se l‟imputato, libero
o detenuto non è presente all‟udienza e, anche se impedito, ha espressamente rinunciato
ad assistervi non si pone alcun problema di sorta per l‟organo giudicante: egli procederà in
sua assenza e non sussiste alcuna violazione dei propri diritti, ricorrendo in tal caso una
rinuncia non equivoca al diritto di partecipare al processo.
La rinuncia espressa deve essere in equivoca, consapevole e volontaria ed implica che
l‟imputato conosce anche l‟accusa sulla quale si fonda il processo.
Siffatta non può non essere intesa come atto personalissimo, in quanto tale insuscettibile di
essere surrogato con una manifestazione di volontà che sia espressa dal mero difensore.
Oltre alla rinuncia la quale presuppone una dichiarazione di volontà espressa di mancata
partecipazione alla prima udienza (e si badi bene non al processo tout court considerato) , il
legislatore ha introdotto una serie di “indici presuntivi” dell‟effettiva conoscenza, quelle
che la dottrina definisce delle „inedite fictiones’ in tema di conoscenza del processo.10
9
Cfr.Cass., sez. V, 23 maggio 2006, n. 25618, in C.E.D. Cass., n. 234369, secondo la quale la prova dell'effettiva
conoscenza da parte dell'imputato del procedimento e della rinuncia a comparire, nonché dell'effettiva conoscenza
del provvedimento e della rinuncia ad impugnare può desumersi dal fatto che l’imputato abbia partecipato all'udienza
preliminare, nominando un difensore di fiducia presso il quale ha eletto domicilio, avendo egli predisposto tutti gli
strumenti di conoscenza legale dell'attività processuale; Cass., sez. I, 25 maggio 2006, n. 28619, ivi n. 234285, sulla
base della considerazione che il difensore ha il dovere deontologico di far pervenire al proprio assistito gli atti a lui
diretti personalmente, oppure di comunicare all'ufficiale giudiziario e all'ufficio giudiziario immediatamente gli eventi
che rendevano impossibile la notificazione presso di lui. In senso contrario v. Cass., sez. I, 1 febbraio 2006, n. 18467, ivi
n. 233871, per la quale la notifica presso il domicilio eletto nello studio del difensore di fiducia, pur dando luogo,
nell'ambito del processo, ad una presunzione assoluta di conoscenza, non ne assicura l'effettività che può venire meno
in presenza della comprovata negligenza del domiciliatario. Spetta, quindi, al giudice investito della richiesta di
verificare se, in concreto la conoscenza sia mancata e se la mancanza dipenda da volontaria interruzione dei contatti
da parte dell'interessato (equivalente a rinuncia a seguire gli sviluppi del procedimento) o da difetto di informazione
da parte del suo fiduciario; Cass., sez. III, 1 febbraio 2006, n. 13215, ivi n. 233640, secondo la quale qualora la notifica
sia stata regolarmente eseguita nel domicilio eletto presso il difensore di fiducia, poi sostituito con altro, senza
revocare l'elezione di domicilio, il giudice ha l'obbligo di compiere ogni necessaria verifica in relazione all'effettiva
conoscenza del provvedimento.
10
Per una disamina completa, C. Conti, Processo in absentia a un anno dalla riforma: praesumptum de praesumpto e
spunti ricostruttivi, in Diritto penale e processo 4/2015
Secondo la lettera della legge, vi sono fatti sintomatici che impongono di presumere la
conoscenza del procedimento, da tale conoscenza presunta si ricaverebbe, a sua volta ed in
via presuntiva, la conoscenza dell‟imputazione e della vocatio in iudicum. In effetti, anche
la disciplina del processo in assenza risponde (come quella delle notifiche) all‟esigenza
fondamentale di porre il soggetto in condizioni di partecipare al giudizio a suo carico. 11
Infatti, il tradizionale sistema delle notifiche, con tutta la sua disciplina, rimane a monte, sia
in senso logico che temporale, rispetto agli accertamenti che il giudice è tenuto a compiere
al fine di pronunciare l‟ordinanza con la quale dispone di procedere in assenza
dell‟imputato. Ciò posto, la l. n. 67 del 2014 non vuole affatto eliminare (nel configurare la
pienezza del contraddittorio) la conoscenza formale che deriva da una valida notifica; vuole
però cambiare profondamente il ruolo della notifica, dato che essa diventa ora solo un
prerequisito del processo celebrato in assenza dell‟imputato. 12 La novella, infatti, aggiunge
alla conoscenza formale dell‟atto (citazione per l‟udienza), prodotta dalla notifica, un
requisito ulteriore, consistente nella reale (non formale) conoscenza del procedimento da
parte dell‟imputato. Solo la combinazione di questi due requisiti consente al giudice di
procedere in assenza dell‟imputato. All‟esito dei suddetti accertamenti sulla regolarità delle
notifiche e sull‟eventuale impedimento a comparire dell‟imputato o del suo difensore
(prima fase) il giudice (se l‟imputato non è comparso in udienza) potrà affrontare la
questione del processo in assenza (seconda fase).
A questo punto egli dovrà accertare l‟esistenza delle condizioni previste dal secondo
comma dell‟art. 420 bis c.p.p., ossia se risulti comunque con certezza che l‟imputato sia a
conoscenza del procedimento (o si sia volontariamente sottratto alla conoscenza del
procedimento o di atti del medesimo). Occorre allora analizzare singolarmente i casi di
assenza „ non impeditiva‟ contenuti nell‟art. 420-bis commi 1 e 2 c.p.p. i quali, in tal modo,
11
Carlotta Conti nel Processo in absentia a un anno dalla riforma: praesumptum de praesumpto e spunti ricostruttivi,
in Diritto penale e processo 4/2015 osserva che ‘Se vogliamo tracciare alcune categorie generali - con tutte le relative
approssimazioni, perché molti ordinamenti distinguono anche a seconda della gravità del reato, ritenendo non
necessaria la presenza dell’imputato per i reati bagatellari- dall’esame del diritto comparato si ricava l’esistenza di tre
modelli. Si delinea un primo modello “a presenza tendenzialmente necessaria” con accompagnamento coattivo per i
reati più gravi. Si tratta di un meccanismo adottato nei sistemi di common law, in Spagna ed in Germania. così D.
Negri, L’imputato presente al processo. Una ricostruzione sistematica, ristampa emendata, Torino, 2014, 32 Per
un’apertura verso il sistema a presenza necessaria G. Lattanzi, Spunti critici sulla disciplina del processo contumaciale,
in Leg. pen., 2004, 600. Si profila un secondo modello “a presenza obbligatoria” con sanzioni a carico dell’assente,
quale tipicamente, il processo con privazione di garanzie. È, infine, individuabile un terzo modello “a presenza
facoltativa”, dove la scelta di assistere al proprio processo è considerata un diritto dell’imputato dove tutto si gioca
sulla consapevolezza della rinuncia e sulle misure ripristinatorie in favore dell’“inconsapevole”.Si tratta del sistema
accolto in Italia nel codice del 1913e nel codice del 1930 dopo la riforma del 1955 in modo semprepiù marcato fino ai
giorni nostri. Considerano tale modello e un’espressione del sistema accusatorio temperato, P. Tonini eM. Ingenito, La
sospensione del processo contro l’irreperibile ela frattura legislativa tra vecchia contumacia e nuova assenza,in Aa.Vv.,
Le nuove norme sulla giustizia penale, a cura di C. Conti, A. Marandola, G. Varraso, Padova, 2014, 181. Per
un’approfondita disamina dei singoli ordinamenti, D. Vigoni,Panorama europeo in tema di giudizio senza imputato, in
Aa.Vv.,Il giudizio in assenza dell’imputato, a cura di D.Vigoni, Torino,2014, 34 ss.’
12
S. Marcolini, in Il giudizio in assenza dell’imputato, cap. I presupposti del giudizio in assenza, Giappichelli Editore,
Torino, Ius Novum, 2014.
saldandosi con la valida verifica dell‟avviso a monte - verifica dell‟avviso di fissazione
dell‟udienza preliminare contenente i requisiti dell‟art. 419, comma 1 c.p.p. nel rispetto del
termine a comparire ci cui all‟art. 419, comma 4, c.p.p. nonché della norme in materia di
notificazione- dovrebbero essere in grado di colorare di cosciente volontarietà l‟assenza
dell‟imputato all‟udienza e legittimare la decisione di procedere in assenza.
È di tutta evidenza che anche in questo quadro risolutorio possono crearsi delle perplessità
data la differenziazione dei casi che involgono la conoscenza o meno del procedimento,
difatti, in prima approssimazione, occorre tener distinti i casi di conoscenza – e quindi del
regime notificatorio- forte o debole, ovvero „ qualificata‟ o „ non qualificata‟.13 Un regime
notificatorio „ forte‟ ovvero „ qualificato‟ si può trovare nell‟ipotesi di imputato che abbia
ricevuto personalmente la notifica dell‟avviso di fissazione dell‟udienza, oppure quando ha
espressamente rinunciato a comparire all‟udienza medesima. Una valida rinuncia espressa
integra una ipotesi di assenza non impeditiva, derivante da conoscenza qualificata
consentendo di raggiungere il massimo grado di certezza circa la contezza del soggetto in
relazione al procedimento a proprio carico. Di qui, l‟assoluta serenità per l‟organo
giudicante di dichiararne l‟assenza. . In tal sede è da sottolineare come la novella non ha per
nulla inciso sul sistema di notifica ammettendo così che la consegna a mani non sia l‟unica
e principale modalità poiché ad essa si somma la notifica a mezzo postale, la consegna da
parte dell‟incaricato del servizio postale o il ritiro della raccomandata effettuata
dall‟interessato.14
Di contro, la situazione del regime notificatorio „ debole‟ o „ non qualificato‟ si evidenzia
nella situazione in cui l‟imputato non sia a conoscenza certa e personale del provvedimento
di fissazione dell‟udienza preliminare, ad esempio per non avere ricevuto la notifica a mani
proprie dell‟avviso di udienza, ma risulta che egli abbia avuto contezza della pendenza del
procedimento a suo carico, da evincersi attraverso la valutazione di uno degli indici
sintomatici previsti dall‟articolo 420-bis comma 2 cpp. In queste ipotesi, l‟assenza
dell‟imputato il giorno dell‟udienza preliminare, senza che sia addotto un impedimento,
induce il giudice a procedere in assenza ma l‟imputato che successivamente non risulti
essere a conoscenza del procedimento a suo carico potrà esperire i rimedi resi tutori.
13
Sulla distinzione, D. Chinnici, Sospensione del processo nei confronti degli irreperibili, in Treccani, la cultura italiana,
Libro dell’anno 2015.
14
QUATTROCOLO, Commento all’art. 2 l. n. 60 del 2005, in Legisl. pen. 2005, p. 292. Del resto se così non fosse non
avrebbe senso la previsione della possibilità di dichiarare od eleggere domicilio: FILIPPI, op. cit., 2201 .In
giurisprudenza, sottolineano che la disposizione dell’art. 157 comma 8-bis c.p.p. si applica a tutte le notificazioni
successive alla prima compiute ai sensi dell’art. 157 c.p.p., anche se la prima notificazione sia stata regolarmente
eseguita nell’abitazione dell’imputato: Cass., sez. IV, 11 ottobre 2005, n. 41649, in C.E.D. Cass., n. 232409, in cui si
osserva che tale procedura, ispirata a garantire la ragionevole durata del processo in ottemperanza all'art. 111 Cost.
non viola gli artt. 3 e 24 Cost. in quanto non elide il diritto dell'imputato ad essere informato direttamente del
processo, ma lo regolamenta, potendo egli interrompere tale automatismo, eleggendo domicilio; Cass., sez. I, 11
aprile 2006, n. 17344, ivi n. 234020; v. però, Cass., sez. V, 24 ottobre 2005, n. 44608, ivi n. 232612, secondo la quale la
disposizione di cui all'art. 157 comma 8-bis c.p.p. si applica solo alle notificazioni successive a quella eseguita ai sensi
dell'art. 157 comma 8 (mediante deposito dell'atto e affissione dell'avviso), mentre non si applica nell'ipotesi in cui come nella specie - l'imputato abbia precedentemente eletto domicilio nel luogo di abituale dimora ex art.161 c.p.p.
Se, infatti, la rinunzia al diritto di partecipare al processo presuppone la conoscenza
effettiva delle accuse da parte dell‟imputato, al di fuori dei casi in cui la notificazione è
effettuata nelle mani dell‟interessato (situazione questa alla quale può essere equiparato il
ritiro diretto o da parte di un delegato del plico presso l‟Ufficio postale), non è possibile far
discendere la conoscenza dell‟atto dalla regolarità delle notificazioni “deboli”, giacché, in
questi casi, non sempre la conoscenza legale coincide con la conoscenza “effettiva e
personale” del provvedimento.
La novella sembra affidarsi ad alcuni meccanismi presuntivi: si è ritenuto che l‟elezione del
domicilio, la nomina del difensore di fiducia e l‟esecuzione di un provvedimento limitativo
della libertà personale, poiché generalmente implicano la conoscenza del procedimento,
consentano di attribuire all‟assenza dell‟imputato il significato di una rinunzia tacita ad
esercitare personalmente il diritto di difesa. Sennonché, non necessariamente a una delle
situazioni ricomprese nell‟elenco stilato dal legislatore, corrisponde realmente la
consapevolezza dell‟imputato circa l‟esistenza del procedimento. E anche accettando l‟idea
che la sussistenza dei presupposti indicati dall‟art. 420-bis c.p.p. attesti la consapevolezza
della pendenza di un procedimento penale, far derivare da ciò la presunzione che l‟imputato
non comparso sia a conoscenza dell‟accusa posta a suo carico e abbia consapevolmente
rinunciato al suo diritto di partecipare al processo sembra eccessivo.
L‟elezione di domicilio indubbiamente è funzionale a favorire le notificazioni, agevolando
le autorità competenti nella ricerca dei luoghi in cui potere effettuare la consegna dell‟atto.
In mancanza di una modifica del regime delle notificazioni, tuttavia, è inevitabile chiedersi
se il legislatore con la riforma abbia voluto realmente rafforzare il diritto dell‟imputato ad
essere presente al processo o sia stata realizzata un‟opera machiavellica atta nascondere i
segni di un sistema lacunoso.15
Critiche, soprattutto, devono rivolgersi alla disciplina delle notificazioni ad interposta
persona che consente di ritenere raggiunta la conoscenza dell‟atto mediante una mera fictio
iuris.16
L‟indagato (o imputato) è chiamato a collaborare lealmente alla notificazione indicando il
luogo in cui vuole ricevere gli atti con una dichiarazione o elezione di domicilio che ha
effetti tendenzialmente estesi all‟intero procedimento ivi compresa la fase del giudizio.
15
Sul punto, ad esempio, sono ancora valide le osservazioni critiche della Giunta dell’Unione delle Camere
penali a proposito del c.d. Progetto Mastella, secondo cui l’introduzione di elementi presuntivi di
conoscenza – quali la nomina fiduciaria di un difensore o l’esecuzione di una misura cautelare – finisce per
porre a carico dell’imputato un dovere di diligenza «che non trova alcun fondamento nel nostro sistema
processuale e nella stessa Convenzione Europea e che tradisce un pregiudizio di fondo nei confronti delle
persone sottoposte alle indagini, riguardo alle quali la celebrazione del dibattimento viene considerata
come esito processuale ineluttabile» (Documento della Giunta e del Centro Marongiu sul testo del DDL Mastella
su “Disposizioni in materia di accelerazione e razionalizzazione del processo penale, prescrizione dei reati, confisca e
criteri di ragguaglio tra pene detentive e pene pecuniarie”, 20, in www.camerepenali.it).
16
A. Ciavoli, Alcune considerazioni sulla nuova disciplina del processo in assenza e nei confronti degli irreperibili. Tante
ombre e qualche luce, in dirittopenalecontemporaneo.it
L‟art. 161 c.p.p. stabilisce che, nel primo atto compiuto con l‟intervento della persona
sottoposta alle indagini, il P.M. o la P.G. devono invitare l‟indagato ad eleggere domicilio
per le notificazioni avvertendolo che ha l‟obbligo di comunicare ogni mutamento del
domicilio dichiarato o eletto e che, in mancanza di tale comunicazione o nel caso di rifiuto
di dichiarare o eleggere domicilio, le notificazioni verranno eseguite mediante consegna al
difensore. Prevede poi che analogo invito debba essere formulato dall‟autorità giudiziaria
quando per la prima volta notifica un atto all‟imputato o indagato. In tal caso egli deve
essere avvisato che, se la dichiarazione o elezione di domicilio risulterà mancante,
insufficiente o inidonea le successive notificazioni verranno eseguite nel luogo in cui l‟atto
è stato notificato. Con l‟invito a dichiarare o eleggere domicilio l‟indagato è messo a
conoscenza della pendenza del procedimento ed è invitato a indicare dove vuole ricevere
tutti gli atti successivi. Avendo fornito questa indicazione, egli ha l‟onere di comunicare
eventuali mutamenti del domicilio dichiarato o eletto e viene informato (a pena di nullità ex
art.171 comma 1 lett e) che se non lo farà gli atti potranno essere validamente notificati
presso il difensore ovvero nel luogo in cui è avvenuta la prima notifica. Da quanto esposto
emerge che, se vi è stata dichiarazione o elezione di domicilio, la eventuale mancata
conoscenza della celebrazione del processo è tendenzialmente imputabile, secondo il
principio ispiratore della riforma, ad una sorta di negligenza dell‟interessato che infatti si
può dolere solo se l‟omessa comunicazione del mutamento del domicilio dichiarato o eletto
è dipesa da caso fortuito o forza maggiore (art. 161 comma 4 ultima periodo).
In coerenza con tale impostazione, la novella legislativa ha previsto che si possa procedere
in assenza dell‟imputato che “nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto
domicilio”.
Il ragionamento è chiaro: l‟imputato ha avuto conoscenza del procedimento quando ha
dichiarato o eletto domicilio; ciò gli avrebbe consentito – se si fosse comportato secondo
diligenza - di venire a conoscenza della celebrazione del processo e, se lo avesse voluto,
anche della data d‟udienza. Se non è presente, quindi, è perché ha rinunciato ad esserlo o
perché non si è adoperato, come avrebbe potuto o dovuto fare, per ricevere le informazioni a
lui destinate. A regime delle notificazioni invariato, sembrerebbe che la sussistenza di uno
degli indicatori tipici considerati dall‟art. 420-bis c.p.p. consenta di celebrare il processo in
assenza a prescindere dalle modalità con cui sia stata effettuata la notifica dell‟avviso di
fissazione dell‟udienza preliminare. «Con il paradosso per cui si dovrebbe procedere in
absentia anche nei confronti dell‟imputato divenuto irreperibile o al quale la comunicazione
della data del processo sia stata comunicata al difensore d‟ufficio per l‟impossibilità
sopravvenuta di procedere alla notifica nel domicilio dichiarato eletto».17
In questi casi, cioè, in base ad una interpretazione rigoristica degli indici sintomatici
dell‟effettiva conoscenza del processo se la notificazione dell‟avviso è stata effettuata
regolarmente, ove ricorra, ad esempio, l‟elezione del domicilio da parte dell‟imputato,
17
Come è stato osservato da A. Ciavoli, Alcune considerazioni sulla nuova disciplina del processo in assenza e nei
confronti degli irreperibili. Tante ombre e qualche luce, in diritto penale contemporaneo.it
essendovi in atti la prova della conoscenza del procedimento, il processo dovrebbe essere
comunque celebrato in assenza, salvo poi l‟imputato dimostrare che, a causa della
irreperibilità sopravvenuta, non si è avuta effettiva conoscenza del processo, con
conseguente operatività dei rimedi restitutori. Con i limiti, tuttavia, derivanti dall‟aver posto
nuovamente a carico dell‟interessato la prova che l‟assenza è stata dovuta ad una
incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo. Rimettendo, così, però, il
legislatore, alla scelta del giudicante la responsabilità di celebrare un processo nei
confronti di un soggetto del quale sia dubbia la effettiva conoscenza del processo, pur in
presenza di un indice sintomatico (una presunzione) di effettiva conoscenza. Non può non
rilevare, sul punto, l‟interprete, infatti, come l‟indice presuntivo della conoscenza del
procedimento rappresentato dalla elezione di domicilio non possa non avere un contenuto
più significante variabile a seconda che sia intervenuto all‟inizio o nel corso del
procedimento o, addirittura, nel processo, ed in conseguenza del diverso contegno
processuale intrattenuto dall‟imputato nel corso del procedimento o del processo.
Altro indicatore sintomatico è che durante le indagini il soggetto sia stato „arrestato,
fermato, o sottoposto a misura cautelare‟. Ma anche in questo casa i dubbi non sono
pochi : trattasi di provvedimenti che potrebbero essere stati adottati diversi anni prima, o
disposti da un‟ autorità differente od ancora essere relativi a fatti diversi.18 L‟idea, altresì,
che dalla mera esecuzione di tali provvedimenti discenda una sorta di onere d‟informazione,
a carico dell‟indagato, sugli sviluppi futuri del procedimento non convince perché non tiene
adeguatamente conto del monito della giurisprudenza della Corte europea attenta a non fare
affidamento solo su elementi presuntivi, bensì a considerare l‟effettiva conoscenza della
esistenza del processo e la volontà non equivoca di parteciparvi. Senza trascurare che si
tratta di un onere oggettivamente gravoso che rischia di fare aumentare il numero dei
processi rispetto ai quali venga successivamente fornita la prova della incolpevole assenza
dell‟imputato.
La nomina del difensore di fiducia è l‟ultimo degli indici sintomatici previsti dalla legge.
Non dissimile dalle critiche mosse agli altri „indicatori‟ preposti dal legislatore è quella
movibile a quest‟ultimo: se la nomina vale a dimostrare la consapevolezza del soggetto di
essere sottoposto ad indagine penale in un certo momento, il rinvio a giudizio potrebbe
arrivare a distanza di molti anni davanti ad una diversa autorità. Si consideri, poi, che il
difensore di fiducia, nominato all‟inizio del procedimento, potrebbe aver rimesso il mandato
ancora in fase indagini, con ciò interrompendo ogni via informativa con l‟assistito. Tale
assetto presuntivo ha iniziato a far riflettere l‟ermeneuta sulla validità o meno della elezione
di domicilio presso il difensore d‟ufficio, in ragione, più che di connotati astratti, della
18
Per una critica in tal senso, S. Marcolini, in Il giudizio in assenza dell’imputato, cap. I presupposti del giudizio in
assenza, Giappichelli editore, Torino, Ius Novum. 2014
consistenza materiale del patrimonio informativo posseduto dall‟indagato e della solidità e
stabilità del suo stato personale e di soggiorno. Grazie a tale sviluppo concettuale si è
formato l‟orientamento giurisprudenziale più innovativo secondo cui le notificazioni al
difensore d‟ufficio sarebbero, di per sé, inidonee a dimostrare l‟effettiva conoscenza del
procedimento o del provvedimento in capo all‟imputato, salvo che la conoscenza non
emerga aliunde ovvero non si dimostri che il difensore d‟ufficio sia riuscito a rintracciare il
proprio assistito ed a instaurare un effettivo rapporto professionale con lui.19
Nel quadro descritto, occorre soffermarsi anche sulla tematica delle notifiche per compiuta
giacenza. Nemmeno questa norma è stata incisa dalla novella, e quindi essa continua a
regolare la relativa forma di notifica. Anche in questo caso occorre ribadire che le due fasi
(notifica e processo in assenza) sono autonome, e vanno sottoposte a verifica ciascuna sulla
base delle normative che le riguardano. Ne consegue che potrà esservi una valida notifica
all‟imputato (dell‟avviso di udienza) anche se perfezionatasi “per compiuta giacenza”.Ma
nella successiva fase in cui il giudice dovrà accertare se esistono le condizioni per
procedere in assenza dell‟imputato, sarà necessario accertare se l‟imputato stesso abbia
avuto conoscenza del procedimento, a prescindere dalla notifica avvenuta per compiuta
giacenza, bensì sulla base di tutte le condizioni previste dal secondo comma dell‟art. 420
bis c.p.p. .Pertanto, in presenza di -almeno una di- queste ultime, il giudice dovrà procedere
in assenza dell‟imputato, nonostante che la notifica dell‟avviso di udienza gli sia stata
notificata “per compiuta giacenza”.20 E‟ evidente che proprio il tema delle notifiche per
compiuta giacenza offre i più sensibili spunti di riflessione in ordine alla necessità, in
presenza di siffatto regime notificatorio per sua natura molto “debole”, di un maggiore e
più attento controllo della valenza sintomatica dell‟indice presuntivo dell‟effettiva
conoscenza che si vada, di volta in volta, a delineare. Ciò ove l‟interpreti si spinga a
ricercare non solo un‟interpretazione letterale della novella di cui all‟art. 420 bis cpp ma
che sia orientata al rispetto non solo delle norme costituzionali ma anche delle norme della
Convenzione Europea dei diritti dell‟uomo immediatamente alle prime interposte (vedasi
l‟art. 117 della Costituzione in richiamo ai principi di cui all‟art. 6 CEDU)
3. Prospettive ermeneutiche a confronto
La novella delineata non è stata esente da critiche. Autorevole dottrina ha equiparato il
sistema delineato dalla Legge a quanto sancito in materia civilistica come il doppio
passaggio praesumptum de praesumto. Vi sarebbero dei fatti sintomatici che impongono di
presumere la conoscenza del procedimento e da siffatta conoscenza presunta del
19
Per un approfondimento anche giurisprudenziale, Carlo A. M. Brena, Note su elezione di domicilio e notifiche presso
difensore: profili normativi e questioni applicative con riferimento alla cd. elezione di “stile”
20
Per approfondimenti, D. Potetti I CASI TIPICI DI GIUDIZIO IN ASSENZA DELL’IMPUTATO (ART. 420 BIS, COMMA 2,
C.P.P.).STANDARD CASES IN THE PRACTICE OF TRIAL IN ABSENTIA (ART. 420 BIS, COMMA 2, C.P.P.).
procedimento, si ricaverebbe, a sua volta, nuovamente in via presuntiva, la conoscenza
dell‟imputazione e della vocatio in iudicum; ancora, poi, da queste ultime si dovrebbe
presumere la volontaria rinuncia a comparire.21 In presenza di un fatto sintomatico, la
conoscenza dell‟accusa e del processo risulterebbe, ancora una volta,
affidata
esclusivamente al meccanismo delle notificazioni. Di qui la particolarità: ci troveremmo
davanti ad una catena di presunzioni che finisce con l‟incidere sul diritto fondamentale
dell‟imputato di avere conoscenza del processo a suo carico. Tuttavia, la descritta catena di
presunzioni avrebbe, secondo la citata dottrina, un anello debole, nella specie, nel punto in
cui la conoscenza del processo viene fatta ricavare dalla conoscenza del procedimento a
mezzo di canoni fittizi in considerazione del fatto che dal compimento di un atto di
indagine possono passare anni e possono verificarsi sviluppi inaspettati al punto da
cambiare completamente il quadro dell‟originaria accusa.
In senso deteriore rispetto alla previgente disciplina della dichiarazione di contumacia,
dunque, si porrebbe la novella introdotta con la L. 28 Aprile 2014 n.67 dal momento che
mentre in passato era consentito al giudicante valutare liberamente l‟improbabilità che
l‟imputato non avesse avuto effettiva conoscenza della prima udienza, attualmente
sussisterebbero degli indici sintomatici codificati di conoscenza del “procedimento” (ad
esempio, la nomina a difensore di fiducia, l‟elezione di domicilio etc.) una volta constatata
la presenza dei quali sarebbe precluso al giudicante ogni ulteriore valutazione.
E‟ questa, l‟impostazione di parte della Giurisprudenza22 la quale, attenta al dato letterale
dell‟art. 420 bis c.p., sottolinea l‟impossibilità, in concreto, per il giudicante di effettuare
valutazioni concrete ed ulteriori rispetto alla conoscenza “effettiva” laddove ricorra unod
egli indici sintomatici prescelti dal legislatore per valutare la presumibile conoscenza del
“procedimento” da parte dell‟imputato.
Con la conseguenza che sarebbe anomalo, in presenza di alcuno degli indici suddetti, che il
Giudicante si soffermasse al punto tale da dover disporre la rinnovazione della notifica a
mani ex art. 420 quater c.p.p. e, nel caso di constatata impossibilità di rinnovazione della
notifica a mani, addirittura fino ad arrivare a sospendere il processo.
E‟ noto, infatti, che nel disegno del legislatore, la mancata rinnovazione della notifica a
mani in favore dell‟imputato ai sensi dell‟art. 420 quater cpp comporta che l'itinerario
processuale rimanga sospeso, con la sola possibilità di assumere, esclusivamente a richiesta
di parte, prove non rinviabili secondo le modalità del dibattimento. Dopo un anno dalla
dichiarazione di sospensione – e in seguito con cadenza annuale – sempre che il giudice non
ne ravvisi anteriormente necessità, vengono disposte nuove ricerche ai fini di notificare
l'avviso (art. 420-quinquies c.p.p.), con trasmissione dell‟ordinanza di sospensione anche
alla locale sezione di polizia giudiziaria, competente per le ulteriori ricerche ai sensi dell‟art.
21
C. Conti, Processo in absentia a un anno dalla riforma: praesumptum de praesumpto e spunti ricostruttivi, in Diritto
penale e processo 4/2015
22
V. Silvestri, Relazione del Massimario, Le nuove disposizioni in tema di processo ‘in assenza’ dell’imputato
143 bis Disposizioni di Attuazione al Codice di procedura Penale. E‟ noto, ancora come la
sospensione del processo comporti anche la sospensione della prescrizione per un periodo
non superiore a un quarto del termine massimo, elevabile a seconda della sussistenza o
meno di situazioni di recidiva.23 E‟ notorio, ancora, come l'ordinanza di sospensione possa
essere revocata solo se le ricerche abbiano avuto esito positivo o se l'imputato nelle more
abbia nominato un difensore di fiducia e in ogni altro caso in cui vi sia la prova certa che
l'imputato abbia conosciuto il procedimento nei suoi confronti.
Ebbene, secondo l‟impostazione interpretativa che privilegia il dato letterale di cui all‟art.
420 bis cpp, sarebbe “anomalo”, addivenirsi alla sospensione del processo, con tutte le
conseguenze in termini di empasse che ne deriverebbe, nelle ipotesi in cui ricorra pure un
elemento sintomatico di conoscenza del processo, così come normativamente tipizzato.
4. Una possibile soluzione
La soluzione del problema, a parere di chi scrive, non può prescindere dal tentativo di
fornire una interpretazione che, oltre ad essere attenta al dato letterale, si ponga come
concreta attuazione dei principi ispiratori instillati al legislatore interno dalla Corte Europea
dei Diritti dell‟Uomo. Questo per il fatto che una interpretazione costituzionalmente
orientata non può non essere illuminata dai principi dettati dalla Convenzione per la
Salvaguardia dei diritti dell‟uomo e delle libertà fondamentali, così come interpretata dalla
giurisprudenza della Corte di Strasburgo.
A ben leggere, dunque, la disposizione di cui all‟art. 420 bis c.p.p. è possibile trovare una
soluzione interpretativa adeguatrice.
Il comma secondo dell‟art. 420 bis del codice di procedura penale introduce, a conclusione
dell‟elenco degli indici sintomatici dell‟effettiva conoscenza del procedimento da parte
dell‟imputato una „ clausola di chiusura‟: „ il giudice procede altresì in assenza
dell‟imputato nel caso in cui l‟imputato assente abbia ricevuto personalmente la
notificazione dell‟avviso dell‟udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso
è a conoscenza del procedimento‟.
Considerando che la disciplina delle notificazioni è rimasta invariata e che , specularmente,
la mera regolarità formale della notificazione non garantisce la conoscenza effettiva
dell‟atto, tale clausola, aperta nel suo contenuto, permette all‟organo giudicante di accertare
comunque, nel caso concreto la certezza della conoscenza del procedimento.
23
L'aggancio del termine massimo a quello di cui all'art. 161, co. 2, c.p.p. sembra giustificato dalla opportunità di non
addossare all'imputato, cui «non può essere mosso alcun rilievo sotto il profilo della leale collaborazione», l'effetto
negativo di rimanere sine die sottoposto a un procedimento penale, sebbene, almeno quanto ai fatti non
particolarmente gravi, il rischio in concreto sia quello, per così dire, di una messa da parte dei processi fino alla
maturazione della prescrizione
E ciò anche nelle ipotesi in cui ricorra uno o più degli indici presuntivi elencati nella prima
parte del secondo comma del detto articolo ma ove gli stessi siano tanto risalenti nel tempo
(o meglio collocati così all‟inizio del procedimento) o poco significativi da far dubitare che
una conoscenza iniziale del procedimento non si sia tradotta, poi, in conoscenza certa del
processo.
E‟ evidente come siffatta indagine risulti del tutto inutile in tutte quelle ipotesi in cui vi sia
prova che l‟imputato, in virtù di un regime notificatorio “forte”, abbia ricevuto
personalmente la conoscenza della prima udienza. Si pensi ad esempio, alle notifiche a mani
dell‟imputato od anche a mani dello stesso o di un familiare convivente con il medesimo, sia
a mezzo dell‟ufficiale giudiziario che del servizio postale. Parimenti si può ritenere uno
strumento notificatorio “forte” il ritiro della raccomandata inoltrata a mezzo del servizio
postale, prima che intervenga la compiuta giacenza, ritiro che deve essere effettuato, per
disposizione regolamentare sul servizio postale, direttamente dal destinatario oppure a
mezzo di delegato dal destinatario, peraltro con allegazione necessaria alla delega della
fotocopia del documento di identità del delegante.
Al contrario, il problema della valorizzazione del canone della risultanza della conoscenza
certa del procedimento da parte dell‟imputato si pone in presenza di tutte le altre forme di
notificazione “debole”, quali, ad esempio, i casi di notifica nelle mani del portiere dello
stabile od a mezzo del servizio postale perfezionatasi con la compiuta giacenza o,
soprattutto, nelle ipotesi di decretazione di irreperibilità.
In tutte queste ipotesi, dunque, il giudicante dovrà necessariamente porsi il problema della
significatività e rilevanza degli eventuali indici sistematici dell‟effettiva conoscenza di volta
in volta rinvenuti nel processo.
Nulla quaestio, ovviamente, ove ricorra una nomina, da parte dell‟imputato, del difensore di
fiducia e questi sia sempre presente al dibattimento oppure nelle ipotesi in cui vi sia una
elezione di domicilio relativamente recente.
Il problema, invero, dovrà porsi in tutti quei casi in cui gli indici sintomatici della
presumibile conoscenza del “procedimento” non risultino più dotati di attualità al momento
in cui il giudicante deve, in prima udienza dibattimentale, dichiarare l‟assenza
dell‟imputato.
Si pensi, ad esempio, alle ipotesi in cui la nomina del difensore di fiducia sia intervenuta in
una fase assai risalente delle indagini e , poi, lo stesso non sia mai comparso al dibattimento
ad assumere la difesa del proprio assistito, soprattutto laddove il regime notificatorio della
prima udienza dibattimentale sia molto debole (ad esempio per compiuta giacenza dovuta ad
irreperibilità all‟indirizzo di residenza del destinatario).
Oppure alla ipotesi di domicilio eletto dall‟imputato straniero presso il difensore all‟inizio
del procedimento, love, poi, il difensore nominato esprima al dibattimento la rinuncia al
mandato difensivo e, di fatto, sia impossibile comunicare siffatto atto all‟imputato, resosi,
ormai, non più reperibile al processo.
E, pure, a tutte quelle ipotesi in cui all‟elezione di domicilio presso il difensore sia seguìta la
rinunci al mandato difensivo.
In questi ed in tutti i casi in cui insorga un serio e fondato dubbio sulla “certezza della
conoscenza del procedimento” deve intervenire il canone imposto dalla clausola di
salvaguardia che impone al giudicante di valutare, caso per caso, la perdurante valenza
probatoria del dato sintomatico. E questo per evitare processi nei confronti di “convitati di
pietra”, processi che, poi, eventualmente risulterebbero inutilmente dati in quanto
suscettibili di essere rescissi anche ove portati a cosa giudicata.
La clausola di salvaguardia si biforca in due ipotesi: la prima secondo cui si procede nei
confronti dell‟imputato non comparso che risulti comunque con certezza a conoscenza del
procedimento; la seconda, per cui si procede nei confronti dell‟imputato non comparso che
volontariamente si sia sottratto alla conoscenza del procedimento. Difatti, tutte le situazioni
che si è ritenuto non potessero rientrare o nella conoscenza „ qualificata‟ o in uno dei tre
indici sintomatici di cui sopra, possono comunque essere attratte nell‟orbita della „ certezza
della conoscenza‟. 24 Tale clausola residuale è suscettibile di ricomprendere variegate
situazioni, e sarà allora compito dell‟interprete , di volta in volta, verificare se e a quale
grado di consapevolezza l‟ipotesi „ atipica‟ riesca in concreto a soddisfare l‟esigenza di
contezza del procedimento in capo al soggetto.25
Tale clausola non è , nello stesso tempo, andata esente da critiche. In dottrina è stato
osservato come pur non dovendosi dar rilievo alla ritualità formale della notifica ma
all‟esistenza di un complesso di circostanze capaci di fondare l‟effettiva conoscenza del
procedimento queste stesse possono essere sì collegate ma distinte rispetto alla condizioni di
regolarità della notifica.26 Si riporta l‟esempio della notifica all‟imputato non detenuto: la
prima notificazione, ove non sia possibile consegnare la copia personalmente all‟interessato,
è eseguita nella casa di abitazione o nel luogo in cui l‟imputato esercita abitualmente
l‟attività lavorativa, mediante consegna di una copia dell‟atto a una persona che conviva
anche temporaneamente o, in mancanza, al portiere o chi ne fa le veci (art. 157 c.p.p).
È stato osservato come ,in un‟ottica garantista occorrerebbe dare rilievo ai soli rapporti
familiari “qualificati”, come quelli esistenti tra genitori e figli minori e tra coniugi.
L‟ufficiale giudiziario, inoltre, dovrebbe verificare con scrupolo i vincoli di parentela o la
24
V. Silvestri, Relazione del Massimario, Le nuove disposizioni in tema di processo ‘in assenza’ dell’imputato
Per questi ed atri casi analoghi, A. Ciavola, Alcune considerazioni sulla nuova disciplina del processo in assenza e nei
confronti degli irreperibili. Tante ombre e qualche luce, in dirittopenalecontemporaneo.it
26
Per la critica, S. Marcolini, Il giudizio in assenza dell’imputato, cap. i Presupposti del giudizio in assenza.
25
sussistenza di un rapporto di convivenza, con specifica annotazione nella relata di notifica,
occorrendo qualcosa di più della mera apparenza di una situazione di convivenza. 27
In ogni caso, l‟art. 420-bis c.p.p. va interpretato alla luce dei principi fondamentali che lo
hanno ispirato.
Ne consegue che, non potendo acquisire rilievo la mera regolarità delle notificazioni ad
interposta persona, dovrebbero ricercarsi altri elementi da cui desumere la certezza della
conoscenza del procedimento da parte dell‟imputato, in mancanza dei quali si impone la
rinnovazione dell‟avviso di fissazione dell‟udienza preliminare. In questi casi, dunque, deve
procedersi ai sensi dell‟art. 420-quater c.p.p. pur non sussistendo, a rigore, né un
impedimento a comparire -che legittimi il rinnovo dell‟avviso ex art. 420-ter c.p.p.- né una
nullità della notificazione. Ciononostante, avendo un dubbio sulla certezza della conoscenza
del procedimento,
il giudice dovrebbe tentare di notificare l‟atto personalmente
all‟imputato avvalendosi della polizia giudiziaria. A questo punto, non trattandosi di un
soggetto irreperibile, il provvedimento probabilmente riuscirà a essere consegnato nelle
mani dell‟interessato. Ove ciò non si verificasse, dovrebbe, in coerenza, disporsi la
sospensione del processo.
Ed è sintomatico come sia proprio la dottrina ad auspicare che si attribuisca al giudice
alcuni spazi di discrezionalità con forme di valutazione in concreto della volontarietà della
rinuncia a comparire, anche quando essa sia implicitamente fondata sugli elementi
sintomatici. L‟organo giudicante dovrebbe godere di uno spazio di autonomia che possa
fungere da cardine nell‟intero sistema volto a verificare se l‟imputato abbia o meno
consapevolezza dell‟esistenza del procedimento e abbia rinunciato a parteciparvi.
Per concludere, occorrerebbe interpretare ciascuno degli indicatori dell‟art. 420-bis c.p.p.
non come una presunzione legale astratta e formalistica, ma come un fatto concreto e
specifico secondo regole di consolidata esperienza. Spetta al giudice, dunque, valutare senza
rigidi automatismi, bensì con le ordinarie cautele del ragionamento indiziario, se in concreto
possa affermarsi con certezza l‟effettiva conoscenza del procedimento o la volontaria
sottrazione alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo.
Pertanto, è proprio l‟inserimento della descritta clausola di chiusura a rappresentare la
chiave di volta del sistema: essa permette al giudicante di non doversi necessariamente
agganciare a rigidi automatismi nell‟ iter logico da seguire quanto di affidarsi ad ordinarie
cautele del ragionamento indiziario per affermare se in concreto il soggetto abbia avuto
effettiva conoscenza del procedimento o si sia volontariamente sottratto ad essa.
Roberta D’Onofrio
(con la collaborazione della tirocinante ex art. 73 L.n.98 del 2013, d.ssa Francesca Bucci)
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A. Ciavola, Alcune considerazioni sulla nuova disciplina del processo in assenza e nei confronti degli irreperibili.
Tante ombre e qualche luce, in dirittopenalecontemporaneo.it