Educare alla vita buona del Vangelo, in una ecclesiologia di

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Educare alla vita buona del Vangelo, in una ecclesiologia di
Roma, 12 dicembre 2011
Formazione Caritas - Domus Pacis
Educare alla vita buona del Vangelo,
in una ecclesiologia di comunione
Nico Dal Molin
1. EDUCATI PER EDUCARE
La dimensione del discepolato
1. Il metodo educativo cristiano credo che potrebbe riassumersi in una serie di passaggi che
impariamo dall’esperienza stessa di Gesù: Lui è il Maestro ed Educatore; Lui è il Pastore buono
di ogni cuore in ricerca:
Dalla folla ai discepoli (cf l’attenzione che Gesù rivolge ai suoi discepoli in
maniera specifica a partire Lc 9,51)
Dai discepoli alle persone singole (sono i discepoli, ma sono anche le persone
ferite dalla vita che cercano Gesù)
Dalle persone ai loro problemi (è un attenzione fatta di parole e da gesti
concreti, semplici ma mirati su quella persona che gli sta dinnanzi)
Dai problemi ai sentimenti (la vedova di Nain, Giairo e la sua bambina; la
samaritana, l’adultera o la peccatrice perdonata, guarendo le umiliazioni della
loro vita; Marta e Maria nel loro lutto; Tommaso con i suoi dubbi e Pietro con le
sue mille contraddizioni)
Dai sentimenti alle motivazioni (cf il cieco di Gerico Bartimeo, a cui Gesù chiede:
“Cosa vuoi che io faccia per te?” – Mc 10, 51; oppure il paralitico alla piscina di
Betzaetà a cui Gesù chiede: “Ma tu vuoi guarire?)
2. Capaci di leggere le situazioni della vita
a. Torniamo a scuola… discepoli che contemplano il Maestro (EVBV, 1)
Clemente Alessandrino individua nella Chiesa, sposa e madre del maestro, la “scuola” dove
Gesù insegna, e conclude con questa esortazione: «O allievi della divina pedagogia! Orsù,
completiamo la bellezza del volto della Chiesa e corriamo, noi piccoli, verso la Madre buona;
diventando ascoltatori del Logos, glorifichiamo il divino piano provvidenziale, grazie al quale
l’uomo viene sia educato dalla pedagogia divina che santificato in quanto bambino di Dio: è
cittadino dei cieli, mentre viene educato sulla terra; riceve lassù per Padre colui che in terra
impara a conoscere»
b. E’ tempo di discernimento (EVBV, 7)
Il “mondo che cambia” è ben più di uno scenario in cui la comunità cristiana si muove: con le
sue urgenze e le sue opportunità, provoca la fede e la responsabilità dei credenti. È il Signore
che, domandandoci di valutare il tempo, ci chiede di interpretare ciò che avviene in profondità
nel mondo d’oggi, di cogliere le domande e i desideri dell’uomo (Lc 12,54-57).
c. La vita quotidiana, “alfabeto” per comunicare il Vangelo (RSpV, 12)
1
Credo che dovremmo ripartire da alcuni spunti del documento: “Rigenerati per una speranza
viva" (1 Pt 1,3): Testimoni del grande 'sì' di Dio all'uomo.” - Nota pastorale dell'Episcopato
italiano dopo il 4° Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona
Il linguaggio della testimonianza è quello della vita quotidiana. Nelle esperienze ordinarie tutti
possiamo trovare l’alfabeto con cui comporre parole che dicano l’amore infinito di Dio.
È così emerso il volto di una comunità che vuol essere sempre più capace di intense relazioni
umane (…)
La scelta della vita come luogo di ascolto, di condivisione, di annuncio, di carità e di servizio
costituisce un segnale incisivo in una stagione attratta dalle esperienze virtuali e propensa a
privilegiare le emozioni sui legami interpersonali stabili.
Comunicare il Vangelo dell’amore nella e attraverso l’esperienza umana degli affetti chiede di
mostrare il volto materno della Chiesa, accompagnando la vita delle persone con una proposta
che sappia presentare e motivare la bellezza dell’insegnamento evangelico sull’amore,
reagendo al diffuso “analfabetismo affettivo” con percorsi formativi adeguati e una vita
familiare ed ecclesiale, fondata su relazioni profonde e curate.
2. Se la vita è comunione... la comunione è vita!
Ogni Chiesa particolare dispone di un potenziale educativo straordinario, grazie alla sua
capillare presenza nel territorio. In quanto luogo d’incontro con il Signore Gesù e di comunione
tra fratelli, la comunità cristiana alimenta un’autentica relazione con Dio; favorisce la
formazione della coscienza adulta; propone esperienze di libera e cordiale appartenenza, di
servizio e di promozione sociale, di aggregazione e di festa. (EVBV 39)
“La nuova evangelizzazione deve riannunciare il senso forte della vita come vocazione”.
È questa una urgenza e una responsabilità che diventano ancor più di rilievo se teniamo
conto del nostro contesto culturale che riduce il futuro di una vita “alla scelta d’una
professione, alla sistemazione economica, o all’appagamento sentimentale - emotivo, entro
orizzonti che di fatto riducono la voglia di libertà e le possibilità del soggetto a progetti limitati,
con l’illusione d’essere liberi” (NVNE 11c).
Tutto ciò rischia di delineare una sorta di cultura antivocazionale e anticomunionale, che
produce, di conseguenza, un modello di “uomo senza vocazione”.
“Nel nostro tempo, è facile all’uomo ritenersi l’unico artefice del proprio destino e pertanto
concepirsi senza vocazione. Per questo è importante che nelle nostre comunità ecclesiali
ciascuno impari a riconoscere la vita come dono di Dio e ad accoglierla secondo il suo disegno
d’amore” (EVBV, 23).
Oggi ci troviamo di fronte a due modalità di concepire la vita: la vita come destino e la
vita come caso.
L’idea della vita come destino, decisamente entrata nella nostra cultura (vedi
l’importanza che viene data all’oroscopo, ai maghi e cartomanti di turno…), porta
a considerare l’uomo come un elemento del grande ingranaggio del cosmo: la
libertà non esiste o comunque non ha rilevanza, perché tutto è scritto da sempre
e l’uomo non è che determinato e condannato a subire ciò che il destino ha
riservato per lui. Tutto si ripete e il mondo è una grande ruota che gira, che gira…
L’altra concezione, ugualmente diffusa, è quella della vita come caso. Per molti è
un caso che siamo nati, un caso che ci capitino certe cose e non altre, un caso le
esperienze che facciamo e le persone che conosciamo, un caso che un giorno
moriremo… L’uomo è senza direzione, non ha degli obiettivi ultimi da
raggiungere, non ha un centro attorno a cui costruire la propria vita.
2
Sia il destino che il caso cancellano il senso della vita perché eliminano la libertà dell’uomo e lo
rendono prigioniero della incapacità e impossibilità di determinarsi in rapporto alla sua
esistenza, inoltre eliminano Dio dalla scena su cui si gioca lo svolgimento della vita.
La vita è “comunione”: dono ricevuto
Intendere la vita come vocazione alla comunione, significa darle un senso: mantenendo
insieme libertà umana e progettualità divina, la vita ha direzione, significato, ragion d’essere; la
vita di ciascuno è amore ricevuto.
Nessuno ha scelto di nascere; nessuno ha chiesto a Dio o ai propri genitori di diventare
un essere vivente. Ognuno è destinatario di un dono che è la vita; un dono ricevuto che, come
tale, domanda di essere donato.
La consapevolezza di essere dentro ad un progetto di amore e comunione, è ciò che può dare
unicamente significato all’esistenza, mentre la convinzione di essere una particella di un
immenso ingranaggio – un destino cieco - o di essere qualcosa che non si sa dove sia diretta né
da dove venga – il caso - è un non senso e un fallimento.
La comunione è vita: bene donato
La comunione è vita nel senso che siamo chiamati a vivere secondo la logica del dono
ricevuto che domanda di essere donato. C’è un dono ricevuto che nessuno può negare di
possedere; c’è un dono ricevuto presente in ogni persona che va riconosciuto.
“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date!”
Donare questo amore ricevuto è vivere la propria vita. Diversamente non faremmo altro
che contraddire noi stessi in quello che ci costituisce nel più profondo del nostro essere.
La vita di ogni vivente inizia con l’atto di ricevere un dono, e da quel momento ognuno
è chiamato a far sì che questo dono sia “messo in gioco”, perché la sua vita viva e non muoia
nella logica del destino o del caso.
Ogni servizio e ministero nella chiesa, ogni preghiera dovrebbe nascere da un cuore
capace di riconoscere in ogni essere umano la presenza di un dono ricevuto, che è prezioso
perché coincide con la vita stessa, chiamato ad essere donato nella realizzazione di un
progetto d’amore.
Il discernimento aiuta, poi, a scegliere ciò che è meglio per ciascuno, ciò che meglio
permette di realizzare la vocazione all’amore nella vita.
Ma questo è piuttosto “secondario” perché potrei anche scegliere un itinerario piuttosto
che un altro, uno stato di vita oppure un altro, ma non potrò non scegliere di vivere la vita
come dono e comunione.
La parrocchia, in particolare, vicina al vissuto delle persone e agli ambienti di vita, rappresenta
la comunità educante più completa in ordine alla fede. Mediante l’evangelizzazione e la
catechesi, la liturgia e la preghiera, la vita di comunione nella carità, essa offre gli elementi
essenziali del cammino del credente verso la pienezza della vita in Cristo. (EVBV 39)
Nessun cammino spirituale ed ecclesiale può mettersi in moto se non ci si scopre come
creature amate da Dio; creature che vivono e manifestano il limite, il fallimento o il peccato,
ma pur sempre depositarie di un dono d’amore immenso che il Signore ha fatto: la vita.
Un dono prezioso che genera in noi profonda riconoscenza e soprattutto il desiderio di
spendere la vita come un tesoro da donare agli altri, da discepoli di Gesù.
3
3. Un viaggio nell’interiorità
per essere uomini e donne di comunione
E’ la scrittrice contemporanea Zenta Maurina Raudive ad elaborare e proporre la figura
drammatica dell’ “homo fugiens”, il fuggiasco! 1
Ma da che cosa scappano gli uomini del nostro tempo?
Parafrasando il titolo di un famoso libro di Enzo Bianchi, potremmo dire: “Lontano da chi,
lontano da dove vogliono andare?” 2
Come riaffidarsi ad una forza del cuore che sia forza centripeta e riunificante? E come non
lasciarci illudere dalla via larga della esteriorità, per imboccare il sentiero stretto, forse ripido,
ma sicuramente più umanizzante, della interiorità?
3.1 L’interiorità via alla Verità
E’ la ricerca della Verità di se stessi, della vita, del senso e del perché noi facciamo qualcosa
piuttosto che qualcos’altro; e’ il desiderio di una verità profonda alle relazioni, che ci porti alla
bellezza della intimità dello stare insieme; il gusto di sentirci in contatto profondo con il nucleo
profondo della natura e del creato, degli altri, di noi stessi; è la straordinaria esperienza di
sentire che quasi tocco con mano la verità dell’amore che Dio ha per me. Questi sono i
terminali della ricerca della Verità e della ricerca della vita interiore.
Rientrare in se stessi é essenziale; è una dimensione costitutiva nella esperienza del cuore
umano. Non possiamo dimenticare che in noi ci sono due forze che si contrappongono tra di
loro, spesso in maniera conflittuale e drammatica: una forza centripeta e una forza centrifuga.
La prima ci urge nel cuore per avere spazi di ascolto, di silenzio, di calma, di elaborazione
interiore; la seconda ci spinge all’esterno di noi stessi, verso le mille cose da fare,
l’efficientismo spesso nevrotico e parossistico, la visibilità in cui trovare gratificazione, il mondo
delle apparenze che in un attimo si consuma e ti consuma e lascia solo un mucchietto di
cenere dietro di sé: è la festa dell’effimero, direbbe il Piccolo Principe di A. de Saint-Exupéry.
Talvolta, noi privilegiamo la forza centrifuga. E’ più facile, più comoda, più immediata e
comporta meno sforzo e fatica. E’ una tentazione tipica dell’uomo del nostro tempo, ma è
anche una costante suggestione ricorrente in ogni epoca della storia, e presente in tante
situazioni bibliche a noi note: questo porta a definire l’uomo del nostro tempo un “uomo
fuggitivo, dislocato e spaesato”.
Alcune icone bibliche ci ricordano l’esperienza della paura a confrontarsi con la Verità.
Giona fugge, perché non entra in se stesso; Elia fugge, perché non entra in se stesso; Giuda
fugge, perché non entra in se stesso.
Su di un altro versante, Giobbe e Qohélet, Geremia ed Osea, Pietro, Paolo e Maria di Magdala
non fuggono, perché osano rientrare in se stessi, anche se questo loro cammino comporta uno
1
Zenta Maurina Raudive (Libau, 15 dicembre 1897 – Bad Krozingen, 25 aprile 1978) è stata una scrittrice lettone.
Delle sue opere ricordiamo: Il lungo viaggio; Perché il rischio è bello; Le catene si spezzano; Saggi sull'amore e
sulla morte; Briciole di speranza; Briciole di vita e di speranza: pensieri sul senso della vita.
2
Bianchi E., Lontano da chi? Commento al Cantico dei Cantici, Ruth, Lamentazioni, Qohelet, Ester, Gribaudi, Milano
1984
4
sforzo, una fatica, così come la pesantezza di un cuore che sperimenta la sua perenne fragilità,
e debolezza, e su tutto questo piange.
3.2 La dinamica della forza centripeta
E’ fondamentale dare spazio a ciò che veramente può aiutare un ripensamento vero e profondo
di noi stessi. Solo così potremo
ricompattare i frammenti della nostra storia e della nostra vita: la preghiera, in quest’
ottica, é un momento straordinario in cui riannodare i fili spezzati della propria
esistenza
riunificare realtà divise e spesso “nemiche” tra di loro
“Gesù, infatti, è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il
muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia, annullando, per mezzo della sua
carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo
uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per
mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia”. (Efes 2,14-16)
amare il senso della “provvisorietà”, perché non distratti da realtà esterne: é la
spogliazione da tante forme di alienazione che proviene dalla consapevolezza che
ciascuno di noi, in questa vita, è di passaggio, come amava ripetere il Rabbi di
Varsavia, nei racconti ebraici dei Chassidim, riportati dal filosofo Martin Buber.3
percorrere con gioia e consapevolezza la via della interiorità. Ci si avvia alla fase
adulta della vita e della fede quando si ama, si cerca e si vive l’interiorità. Essa può
declinarsi in alcuni passaggi essenziali, che potremmo riassumere così:
a) La via della interiorità richiede spazi di silenzio; essa indirizza verso la virtù della umiltà; e
questa sfocia nella bellezza della Verità (in greco: “a-létheia” = “svelamento”).
b) La via della esteriorità, invece, porta a parlare molto di sé, nella ricerca esasperata di una
visibilità ed apparenza esteriori: la conseguenza di ciò è la falsità e la ipocrisia della vita.
Può aiutarci a comprendere questa dinamica l’icona evangelica proposta nella parabola del
fariseo e del pubblicano (Lc 18, 9-14).
Affermava il grande scrittore russo F. Dostoevskij: “Ama la vita più della sua logica e della
ricerca delle certezze; solo allora ne capirai il senso e vedrai oltre le apparenze, seminando
occhi nuovi sulla terra”.
La parola chiave dell’Ascolto è fondamentale per entrare in profondità nel mistero del nostro
cuore e coglierne la bellezze e le perle preziose che esso custodisce; essa si concretizza nella
via privilegiata della interiorità.
Un cammino da fare insieme …
3
Martin Mordechai Buber (Vienna, 8 febbraio 1878 – Gerusalemme, 13 giugno 1965) è stato un filosofo, teologo e
pedagogista austriaco naturalizzato israeliano. Si deve a lui l'emersione alla cultura europea del movimento chassidim,
ma soprattutto a lui si deve l'idea che la vita è fondamentalmente non soggettività, bensì intersoggettività, anzi per
Buber soggetto e intersoggettività sono sincronicamente complementari; ne era talmente convinto che non esitò ad
affermare: "In principio è la relazione". Cf I racconti dei Chassidim, Garzanti, Milano 1979; Guanda, Parma 1992
5
Per sostenere il nostro cammino di solidarietà pellegrinante nella vita, per essere pellegrini di
Comunione, è essenziale condividere il sentiero con qualcuno che sta al nostro fianco.
Come afferma A. de Saint-Exupéry, nel suo collage di scritti « Vento, sabbia e stelle », é
importante trovare qualcuno che “ci prenda teneramente per mano per aiutarci ad entrare
dolcemente in noi stessi “
O, come afferma la scrittrice lettone Zenta M. Raudive, nel suo romanzo autobiografico “Il
lungo viaggio della vita”: “Ogni incontro con una persona luminosa, ci indica una nuova strada”
4. DALL’ESPERIENZA DELLA COMUNIONE
AL DONO DEL SERVIZIO
“Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico…”
(Lc.10, 30-37)
La carità educa il cuore dei fedeli e svela agli occhi di tutti il volto di una comunità che
testimonia la comunione, si apre al servizio, si mette alla scuola dei poveri e degli ultimi,
impara a riconoscere la presenza di Dio nell’affamato e nell’assetato, nello straniero e nel
carcerato, nell’ammalato e in ogni bisognoso.
La comunità cristiana è pronta ad accogliere e valorizzare ogni persona, anche quelle che
vivono in stato di disabilità o svantaggio. (EVBV, 41)
Chi è il mio prossimo?
Prossimo
Prossimo
Prossimo
Prossimo
è
é
è
é
colui che é vicinissimo: la fiducia
ciò che è conveniente: la scelta
il somigliante: l’ identificazione
il quotidiano: l’impegno fedele
La comunione si fa servizio
“Solo una comunità accogliente e dialogante può trovare le vie per instaurare rapporti di
amicizia e offrire risposte alla sete di Dio che è presente nel cuore di ogni uomo72.
Per questo è necessario educare a una fede più motivata.” (EVBV 41)
a. la via della accoglienza
L’accoglienza sana le ferite di chi non si è sentito capito, accettato e soprattutto amato. Lo
psiconalista di origine rumena Sacha Nacht (1901-1977), usa un'immagine che mi ha sempre
profondamente colpito: "Se qualcuno viene da te per raccontarti le sue angustie e le sue ansie,
tu non classificarlo subito, non giudicarlo, non imbrigliarlo dentro alle "tue" illuminazioni o
sensazioni. Sii piuttosto per lui come... "una comoda poltrona" in cui egli possa sedersi,
rilassarsi, sentirsi davvero a suo agio, accolto e ascoltato».
Il cuore inteso come … "comoda poltrona". Quando si vive qualche momento di sofferenza, di
malinconia, di tristezza (e la vita, in questo senso, non fa sconti a nessuno!), questi diventano
macigni insopportabili se si uniscono al peso della solitudine. Chi è solo trova con difficoltà la
forza di reagire e di cercare, di rialzarsi e di ricominciare; insomma, la forza di “sperare”. La
solitudine taglia le gambe molto spesso: da fantasma aleggiante ed impalpabile diviene
ingombrante e insopportabile realtà.
E un “creare la dolce intimità ove si possa camminare a piedi nudi senza paura di ferirsi”.
(Nouwen)
6
b. la via della gratuità
La Gratuità non è impaziente: la parabola del fico sterile (Lc. 13,8)
La Gratuità non é dominante (illuminazione): “Volete andarvene anche voi?” (Gv.
6,67)
La Gratuità non sempre é reciprocità e grazie! Dieci lebbrosi sono guariti e uno solo
ritorna per un grazie... (Lc. 17,11-19)
c. la via della comunione
Nasce dal silenzio: Gesù la prepara nel silenzio della preghiera (Lc.6,12)
Ha bisogno di tempo: come il segreto messianico in Marco
Luci ed ombre si combinano insieme: dialettica di manifestazione e nascondimento; tra Tabor e
Getsemani.
La trasparenza, ora, non è mai assoluta: l’invio dello Spirito Santo aiuta a ...cogliere la verità
tutta intera ( Gv.16,13)
E’ coinvolgente: é fatta di incontri personali in cui la persona viene svelata a se stessa;
Nicodemo, la Samaritana, l’adultera e la peccatrice in casa di Simone il lebbroso, Maddalena e
Pietro....
Siate seminatori di comunione e di speranza
Beato l'uomo che possiede la luce della Comunione, che sa cadenzare il suo passo con quello
degli "ultimi del mondo", che capisce le necessità del prossimo senza che questi si umili nel
domandare.
Egli sperimenta nella propria vita la gioia e la pace che si possono donare anche attraverso
piccole gocce d'amore offerte nella gratuità.
Accendere la comunione significa anche accende nel cuore del sofferente e del bisognoso una
scintilla di Speranza, soddisfare un'intima attesa, far nascere un sorriso su un volto smarrito e
triste.
“é importante, forse essenziale, trovare chi accetta di condividere il proprio "lumicino di
Comunione e di Speranza per camminare con noi, tenendo il ritmo del nostro passo anche
se talvolta esso é appesantito, affannoso ed incerto”
Allora Comunione e Speranza diventano fiamma viva che brucia nel cuore dell'uomo, non come
conclusione logica di un procedimento razionale, ma come dono del Dio Trinità.
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Appendice
Educare alla vita buona del Vangelo nn. 39 - 41
Nel cantiere dell’educazione cristiana
39. Ogni Chiesa particolare dispone di un potenziale educativo straordinario, grazie alla sua
capillare presenza nel territorio. In quanto luogo d’incontro con il Signore Gesù e di comunione tra
fratelli, la comunità cristiana alimenta un’autentica relazione con Dio; favorisce la formazione della
coscienza adulta; propone esperienze di libera e cordiale appartenenza, di servizio e di promozione
sociale, di aggregazione e di festa.
La parrocchia, in particolare, vicina al vissuto delle persone e agli ambienti di vita,
rappresenta la comunità educante più completa in ordine alla fede. Mediante l’evangelizzazione e la
catechesi, la liturgia e la preghiera, la vita di comunione nella carità, essa offre gli elementi
essenziali del cammino del credente verso la pienezza della vita in Cristo.
La catechesi, primo atto educativo della Chiesa nell’ambito della sua missione
evangelizzatrice, accompagna la crescita del cristiano dall’infanzia all’età adulta e ha come sua
specifica finalità «non solo di trasmettere i contenuti della fede, ma di educare la ‘mentalità di fede’,
di iniziare alla vita ecclesiale, di integrare fede e vita»67. Per questo la catechesi sostiene in modo
continuativo la vita dei cristiani e in particolare gli adulti, perché siano educatori e testimoni per le
nuove generazioni.
La liturgia è scuola permanente di formazione attorno al Signore risorto, «luogo educativo e
rivelativo»68 in cui la fede prende forma e viene trasmessa. Nella celebrazione liturgica il cristiano
impara a «gustare com’è buono il Signore» (Sal 34,9; cfr 1Pt 2,3), passando dal nutrimento del latte
al cibo solido (cfr Eb 5,12-14), «fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo» (Ef 4,13).
Tra le numerose azioni svolte dalla parrocchia, «nessuna è tanto vitale o formativa della comunità
quanto la celebrazione domenicale del giorno del Signore e della sua Eucaristia»69.
La carità educa il cuore dei fedeli e svela agli occhi di tutti il volto di una comunità che
testimonia la comunione, si apre al servizio, si mette alla scuola dei poveri e degli ultimi, impara a
riconoscere la presenza di Dio nell’affamato e nell’assetato, nello straniero e nel carcerato,
nell’ammalato e in ogni bisognoso. La comunità cristiana è pronta ad accogliere e valorizzare ogni
persona, anche quelle che vivono in stato di disabilità o svantaggio. Per questo vanno incentivate
proposte educative e percorsi di volontariato adeguati all’età e alla condizione delle persone,
mediante l’azione della Caritas e delle altre realtà ecclesiali che operano in questo ambito, anche a
fianco dei missionari.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------65 Familiaris
consortio, n. 39.
EPISCOPALE ITALIANA, Comunione e comunità nella Chiesa domestica, 1° ottobre 1981, n. 24.
67 COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LA CATECHESI, Annuncio e catechesi per la
vita cristiana, 4 aprile 2010, n. 2; cfr Gravissimum educationis, n. 4.
68 Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 49.
69 GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica Dies Domini, 31 maggio 1998, n. 35.
66 CONFERENZA
40. Esperienza fondamentale dell’educazione alla vita di fede è l’iniziazione cristiana, che «non
è quindi una delle tante attività della comunità cristiana, ma l’attività che qualifica l’esprimersi
proprio della Chiesa nel suo essere inviata a generare alla fede e realizzare se stessa come madre»70.
Essa ha gradualmente assunto un’ispirazione catecumenale, che conduce le persone a una
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progressiva consapevolezza della fede, mediante itinerari differenziati di catechesi e di esperienza
di vita cristiana. La celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, seguita da un’adeguata
mistagogia, rappresenta il compimento di questo cammino verso la piena maturità cristiana.
In un ambiente spesso indifferente se non addirittura ostile al messaggio del Vangelo, la
Chiesa riscopre il linguaggio originario dell’annuncio, che ha in sé due caratteristiche educative
straordinarie: la dimensione del dono e l’appello alla conversione continua. Il primo annuncio della
fede rappresenta l’anima di ogni azione pastorale. Anche l’iniziazione cristiana deve basarsi su
questa evangelizzazione iniziale, da mantenere viva negli itinerari di catechesi, proponendo
relazioni capaci di coinvolgere le famiglie e integrate nell’esperienza dell’anno liturgico. Il primo
annuncio è rivolto in modo privilegiato agli adulti e ai giovani, soprattutto in particolari momenti di
vita come la preparazione al matrimonio, l’attesa dei figli, il catecumenato per gli adulti71.
La parrocchia, crocevia delle istanze educative
41. Solo una comunità accogliente e dialogante può trovare le vie per instaurare rapporti di
amicizia e offrire risposte alla sete di Dio che è presente nel cuore di ogni uomo72. Oggi si impone
la ricerca di nuovi linguaggi, non autoreferenziali e arricchiti dalle acquisizioni di quanti operano
nell’ambito della comunicazione, della cultura e dell’arte73. Per questo è necessario educare a una
fede più motivata, capace di dialogare anche con chi si avvicina alla Chiesa solo occasionalmente,
con i credenti di altre religioni e con i non credenti. In tale prospettiva, il progetto culturale
orientato in senso cristiano stimola in ciascun battezzato e in ogni comunità l’approfondimento di
una fede consapevole, che abbia piena cittadinanza nel nostro tempo, così da contribuire anche alla
crescita della società74.
La parrocchia – Chiesa che vive tra le case degli uomini – continua a essere il luogo
fondamentale per la comunicazione del Vangelo e la formazione della coscienza credente;
rappresenta nel territorio il riferimento immediato per l’educazione e la vita cristiana a un livello
accessibile a tutti; favorisce lo scambio e il confronto tra le diverse generazioni; dialoga con le
istituzioni locali e costruisce alleanze educative per servire l’uomo.
Essa è animata dal contributo di educatori, animatori e catechisti, autentici testimoni di
gratuità, accoglienza e servizio. La formazione di tali figure costituisce un impegno prioritario per
la comunità parrocchiale, attenta a curarne, insieme alla crescita umana e spirituale, la competenza
teologica, culturale e pedagogica.
Questo obiettivo resterà disatteso se non si riuscirà a dar vita a una “pastorale integrata”
secondo modalità adatte ai territori e alle circostanze, come già avviene in talune sperimentazioni
avviate a livello diocesano75.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------70 UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE, La formazione dei catechisti per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei
ragazzi, 4 giugno 2006, n. 6.
71 Cfr COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LA CATECHESI, Questa è la nostra fede.
Nota pastorale sul primo annuncio del Vangelo, 15 maggio 2005.
72 Cfr COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, L’ANNUNCIO E LA CATECHESI, Lettera ai cercatori di
Dio, 12 aprile 2009.
73 Cfr BENEDETTO XVI, Incontro con gli artisti nella Cappella Sistina, 21 novembre 2009.
74 Cfr “Rigenerati per una speranza viva”, n. 13.
75 Cfr Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 11.
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