C`ErA UNA MUCCA, UN MAIALE E UN TACCHINo

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C`ErA UNA MUCCA, UN MAIALE E UN TACCHINo
paradiso per bovini / 2
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C’ErA UNA MUCCA,
UN MAIALE E UN TACCHINo...
Se pensavate di relegarlo alle atmosfere
di X-Files (e del nuovo Twin Peaks), avete
di che ricredervi. Perché l’attore David
Duchovny suona e adesso scrive. Di tre
animali a caccia di libertà. Metafora
di tutti i muri e delle violenze del mondo
di Paola Piacenza, foto di CarloAllegri
AP
essuna domanda personale e solo
una su X-Files». Il
correttivo apportato dal publicist di
David Duchovny alla direttiva che
regola le relazioni internazionali con
i “people” di Hollywood è eloquente.
La sanzione potrebbe scattare anche
nel caso in cui ci soffermassimo troppo su questioni già archiviate.
La stretta ragione di attualità per
cui lo incontriamo è, al contrario, un
ambito del tutto inesplorato: Porca
vacca (Bompiani). Niente di personale (appunto), solo il titolo del primo romanzo dell’attore, regista e, da
quando ha imparato a suonare la chitarra, anche musicista: una storia di
migrazione raccontata in prima persona dalla mucca Elsie Bovary cui,
nelle peregrinazioni che la conducono da una fattoria degli Stati Uniti
in Turchia, in Israele e nei Territori
occupati e infine in India, si uniscono due sodali, un maiale e un tacchino. Se la questione non vi sembra bizzarra a sufficienza, considerate che il
tacchino impara a pilotare i voli di linea e che il maiale si converte all’ebraismo, si fa chiamare Shalom, parla yiddish (lui ne è convinto) e decide
di farsi circoncidere.
Eppure David Duchovny la fa
semplice: pura questione di immedesimazione. «Non sono cresciuto in
campagna, non so niente di fattorie,
sono un vero cittadino (è nato a New
York e con un’h in meno: la famiglia
del padre, Amran Ducovny, proviene
dall’Ucraina, ndr). L’idea mi è venuta
per caso mentre guidavo in una zona
di allevamenti industriali. Mi sono
detto: se fossi una mucca a quest’ora
sarei morto. Mi è venuto spontaneo
io donna – 2 luglio 2016
A sinistra, l’attore, regista,
musicista e ora anche
scrittore David Duchovny.
Qui sotto, la cover del
suo primo libro, Porca
vacca, edito da Bompiani.
allora riflettere sui luoghi in cui sarei
invece stato al sicuro. L’India, dove
le vacche sono sacre… All’inizio ho
pensato che potesse essere lo spunto per un film di animazione». Dai
ringraziamenti in calce al libro apprendiamo che non è andata bene
su quel fronte: «Vorrei ringraziare la
Disney e la Pixar per aver rifiutato il
mio soggetto, costringendomi così
a impugnare la penna proprio come
un vero ometto e a farne un romanzo». Forse uno studio d’animazione
giapponese avrebbe reagito meglio,
ma come Duchovny sapientemente
chiosa: «Sono grandi apparati abituati a misurarsi con i mercati di massa, non erano tranquilli all’idea che il
film potesse essere inteso come una
dichiarazione politica sulle nostre
abitudini alimentari».
sarà per questo che, in un ideale
contrappasso, la politica trova la forma di una sosta, nell’incoerente pellegrinaggio, lungo il muro che separa
Israele e Cisgiordania, in compagnia
di un indigeno, un vecchio cammello
in disarmo (il protagonista della nota
campagna pubblicitaria di una marca di sigarette) fra le sassaiole di una
nascente intifada. Di origine ebraica
(da parte di padre, la mamma è scozzese), Duchovny conviene che «tutto quello che riguarda questioni religiose produce frizioni. Ma io credo
nel libero mercato delle idee e credo
anche che l’idea migliore vinca sempre». La sua consiste, nel capitolo Un
maiale in Terra santa, nel segnalare
sottilmente come la storia dei muri
sia storicamente fallimentare: dalla grande Muraglia fino a Berlino. E
naturalmente, più vicino a casa, c’è
la barriera al confine tra Stati Uniti e
io donna – 2 luglio 2016
Vorrei ringraziare
la Disney e la Pixar
per aver rifiutato
il mio soggetto,
costringendomi così
a impugnare la penna
Messico: «Nemmeno quella sta rendendo felice qualcuno».
David Duchovny conosce la geopolitica e conosce la letteratura. A
differenza della maggior parte delle
celebrity ha studiato. Forse fin troppo. Prima a Princeton e poi a Yale.
In America è appena uscito Bucky
F*cking Dent, il suo romanzo numero due. E anche se la critica non l’ha
osannato, lui pensa «di andare avanti su questa strada. Sono uno scrittore finché ho idee. E siccome ne ho
un altro paio…».
Del resto lo dice chiaro in Hell or
Highwater, la canzone che ha scritto
(e deliziosamente cantato), nel suo albumdiesordio:«I’vedonesomegood,
I’ve done some bad», come dire: qualcuna l’ho azzeccata, altre no. I suoi
film da regista, per dirne una, non
sono stati dei successi. E, spiega: «Le
porte degli Studio difficilmente si riaprono se in passato non hai guadagnatocifrestratosferiche».Così,qualche sassolino dalla scarpa, se lo leva:
«Quando cerchi di fare un film dipendi da molte persone e hai bisogno
di enormi quantità di denaro. La frustrazionechequestoharappresentato
per me negli anni è cresciuta. Perciò a
un certo punto ho sentito che dovevo
fare qualcosa di più leggero: sedermi
su una sedia e, senza bisogno di soldi,
provare a raccontare una storia. È stato molto liberatorio».
Duchovny non è James Franco e
nemmeno Ethan Hawke, due nomi
illustri nell’esercito di attori americani che, prima di lui, si sono misurati con il romanzo. Sgancia citazioni d’epoca - dai Led Zeppelin e
dai Pink Floyd (la musica con cui un
newyorchese del 1960 è cresciuto) come bombe a grappolo, ma senti
che non ha mai voglia di essere cool a
ogni costo. Lascia che Elsie dialoghi
con la sua editor a proposito di chi
potrebbe incarnarla nel film tratto
dal libro e conclude che l’interprete
perfetta è Jennifer Lawrence. Se lui
ha appena rivestito i panni di Dennis /Denise, l’agente Fbi trans che è
tornato a interpretare per il nuovo
Twin Peaks che David Lynch ci consegnerà ad aprile 2017 («Non posso
dire una parola. È il progetto più
blindato cui abbia mai partecipato»), che cosa mai potrebbe impedire alla protagonista di Hunger Games
di interpretare una mucca?
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