C`ErA UNA MUCCA, UN MAIALE E UN TACCHINo
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C`ErA UNA MUCCA, UN MAIALE E UN TACCHINo
paradiso per bovini / 2 26 C’ErA UNA MUCCA, UN MAIALE E UN TACCHINo... Se pensavate di relegarlo alle atmosfere di X-Files (e del nuovo Twin Peaks), avete di che ricredervi. Perché l’attore David Duchovny suona e adesso scrive. Di tre animali a caccia di libertà. Metafora di tutti i muri e delle violenze del mondo di Paola Piacenza, foto di CarloAllegri AP essuna domanda personale e solo una su X-Files». Il correttivo apportato dal publicist di David Duchovny alla direttiva che regola le relazioni internazionali con i “people” di Hollywood è eloquente. La sanzione potrebbe scattare anche nel caso in cui ci soffermassimo troppo su questioni già archiviate. La stretta ragione di attualità per cui lo incontriamo è, al contrario, un ambito del tutto inesplorato: Porca vacca (Bompiani). Niente di personale (appunto), solo il titolo del primo romanzo dell’attore, regista e, da quando ha imparato a suonare la chitarra, anche musicista: una storia di migrazione raccontata in prima persona dalla mucca Elsie Bovary cui, nelle peregrinazioni che la conducono da una fattoria degli Stati Uniti in Turchia, in Israele e nei Territori occupati e infine in India, si uniscono due sodali, un maiale e un tacchino. Se la questione non vi sembra bizzarra a sufficienza, considerate che il tacchino impara a pilotare i voli di linea e che il maiale si converte all’ebraismo, si fa chiamare Shalom, parla yiddish (lui ne è convinto) e decide di farsi circoncidere. Eppure David Duchovny la fa semplice: pura questione di immedesimazione. «Non sono cresciuto in campagna, non so niente di fattorie, sono un vero cittadino (è nato a New York e con un’h in meno: la famiglia del padre, Amran Ducovny, proviene dall’Ucraina, ndr). L’idea mi è venuta per caso mentre guidavo in una zona di allevamenti industriali. Mi sono detto: se fossi una mucca a quest’ora sarei morto. Mi è venuto spontaneo io donna – 2 luglio 2016 A sinistra, l’attore, regista, musicista e ora anche scrittore David Duchovny. Qui sotto, la cover del suo primo libro, Porca vacca, edito da Bompiani. allora riflettere sui luoghi in cui sarei invece stato al sicuro. L’India, dove le vacche sono sacre… All’inizio ho pensato che potesse essere lo spunto per un film di animazione». Dai ringraziamenti in calce al libro apprendiamo che non è andata bene su quel fronte: «Vorrei ringraziare la Disney e la Pixar per aver rifiutato il mio soggetto, costringendomi così a impugnare la penna proprio come un vero ometto e a farne un romanzo». Forse uno studio d’animazione giapponese avrebbe reagito meglio, ma come Duchovny sapientemente chiosa: «Sono grandi apparati abituati a misurarsi con i mercati di massa, non erano tranquilli all’idea che il film potesse essere inteso come una dichiarazione politica sulle nostre abitudini alimentari». sarà per questo che, in un ideale contrappasso, la politica trova la forma di una sosta, nell’incoerente pellegrinaggio, lungo il muro che separa Israele e Cisgiordania, in compagnia di un indigeno, un vecchio cammello in disarmo (il protagonista della nota campagna pubblicitaria di una marca di sigarette) fra le sassaiole di una nascente intifada. Di origine ebraica (da parte di padre, la mamma è scozzese), Duchovny conviene che «tutto quello che riguarda questioni religiose produce frizioni. Ma io credo nel libero mercato delle idee e credo anche che l’idea migliore vinca sempre». La sua consiste, nel capitolo Un maiale in Terra santa, nel segnalare sottilmente come la storia dei muri sia storicamente fallimentare: dalla grande Muraglia fino a Berlino. E naturalmente, più vicino a casa, c’è la barriera al confine tra Stati Uniti e io donna – 2 luglio 2016 Vorrei ringraziare la Disney e la Pixar per aver rifiutato il mio soggetto, costringendomi così a impugnare la penna Messico: «Nemmeno quella sta rendendo felice qualcuno». David Duchovny conosce la geopolitica e conosce la letteratura. A differenza della maggior parte delle celebrity ha studiato. Forse fin troppo. Prima a Princeton e poi a Yale. In America è appena uscito Bucky F*cking Dent, il suo romanzo numero due. E anche se la critica non l’ha osannato, lui pensa «di andare avanti su questa strada. Sono uno scrittore finché ho idee. E siccome ne ho un altro paio…». Del resto lo dice chiaro in Hell or Highwater, la canzone che ha scritto (e deliziosamente cantato), nel suo albumdiesordio:«I’vedonesomegood, I’ve done some bad», come dire: qualcuna l’ho azzeccata, altre no. I suoi film da regista, per dirne una, non sono stati dei successi. E, spiega: «Le porte degli Studio difficilmente si riaprono se in passato non hai guadagnatocifrestratosferiche».Così,qualche sassolino dalla scarpa, se lo leva: «Quando cerchi di fare un film dipendi da molte persone e hai bisogno di enormi quantità di denaro. La frustrazionechequestoharappresentato per me negli anni è cresciuta. Perciò a un certo punto ho sentito che dovevo fare qualcosa di più leggero: sedermi su una sedia e, senza bisogno di soldi, provare a raccontare una storia. È stato molto liberatorio». Duchovny non è James Franco e nemmeno Ethan Hawke, due nomi illustri nell’esercito di attori americani che, prima di lui, si sono misurati con il romanzo. Sgancia citazioni d’epoca - dai Led Zeppelin e dai Pink Floyd (la musica con cui un newyorchese del 1960 è cresciuto) come bombe a grappolo, ma senti che non ha mai voglia di essere cool a ogni costo. Lascia che Elsie dialoghi con la sua editor a proposito di chi potrebbe incarnarla nel film tratto dal libro e conclude che l’interprete perfetta è Jennifer Lawrence. Se lui ha appena rivestito i panni di Dennis /Denise, l’agente Fbi trans che è tornato a interpretare per il nuovo Twin Peaks che David Lynch ci consegnerà ad aprile 2017 («Non posso dire una parola. È il progetto più blindato cui abbia mai partecipato»), che cosa mai potrebbe impedire alla protagonista di Hunger Games di interpretare una mucca? • 27