La formazione del padre nel pensiero di Eugenio Gaddini
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La formazione del padre nel pensiero di Eugenio Gaddini
La formazione del padre nel pensiero di Eugenio Gaddini Maria Lucia Mascagni Eugenio Gaddini dedicò alla formazione del padre quattro lavori,1 dopo aver messo a punto la teoria dell’area psicosensoriale della mente e le sue ipotesi sulle origini della libido e dell’aggressività. I saggi sul padre completano in tal senso la “costruzione” gaddiniana sulla formazione del Sé. Nel 1979 parlando a Buenos Aires agli analisti argentini Gaddini raccontò come “il padre” si fosse imposto alla sua attenzione: “Quello che mi sembrava di vedere via via nel lavoro clinico era che l’idea del padre che ci era stata insegnata come edipica, e che invece, stranamente, in Freud compariva come la primissima espressione del rapporto con l’oggetto, in realtà corrispondeva a una figura che acquistava importanza fondamentale per il bambino molto precocemente. C’era allora tutto il problema di vedere come nei periodi precoci della vita questa figura del padre si ponesse rispetto alle esperienze vissute con la madre e che senso avesse di per sé rispetto alla madre, in un’epoca in cui il bambino ha ancora così poca esperienza del rapporto oggettuale” (Seminari argentini II, 445-6). “La comparsa del padre – proseguiva Gaddini – non si può datare perché corrisponde a un processo; avviene intorno alla prima metà del primo anno di vita e naturalmente può cominciare anche prima”. L’interesse di Gaddini non è dunque rivolto all’interazione padrebambino, né alla vasta gamma di risposte comportamentali che il bambino destina al padre dal principio della vita in poi; oggetto del suo studio è la “formazione del padre” nell’ambito dei processi mentali precoci che concorrono all’organizzazione del Sé e che precedono l’Io e la struttura psichica. Nel vissuto del bambino la relazione primaria con la madre garantisce la continuità, il contatto, l’illusione (nel senso winnicottiano del termine). Alla salvaguardia dell’illusione lavora l’imitazione che produrrà le prime forme di fantasia: fantasie nel corpo. Il loro prototipo è l’immagine allucinatoria, un vissuto psicosensoriale almeno in principio privo di immagine che corrisponde alla prima forma di identità possibile: un’identità imitativa. In questa fase della vita infantile (o in questo tipo di esperienza dell’adulto e, in particolare, del paziente in analisi) non c’è spazio per l’altro da sé, per l’introiezione, la proiezione, l’identificazione, il conflitto e così via. La formazione del padre rende possibile l’affrancamento dall’identità imitativa, il riconoscimento della madre come esterna, l’inizio di un Sé individuale nonché di quella situazione triangolare che molto più tardi sfocerà nel conflitto edipico. Alle vicende della formazione del padre sono perciò connessi anche gli affetti drammatici (angoscia di perdita di sé nelle due varianti di angoscia di non-integrazione e angoscia di integrazione) che aprono la 1 Discussione del lavoro di Henry Edelheit “ Crucifixion Fantasies and their Relation to the Primal Scene” (1973); Formazione del padre e scena primaria (1974); La formazione del padre nel primo sviluppo infantile (1975); Seminari argentini, II (conferenza, 1979). Tutti i lavori di Gaddini sono editi in Scritti, Cortina, Milano 1989. strada alle fantasie più evolute dell’organizzazione mentale di base: fantasie sul corpo. La formazione del padre appartiene, nel pensiero di Gaddini, all’ambito del “processo della scena primaria”, che l’Autore libera da ogni implicazione filogenetica per leggerlo alla luce delle vicissitudini della formazione del soggetto. Nei vissuti fantasmatici della scena primaria, che nella clinica rimandano alle drammatiche vicende dell’organizzazione del Sé individuale, il padre si presenta come una specie di “duplicazione meiotica” della madre (divenuta minacciosamente “estranea”) e come un prodotto della “sopraffacente” onnipotenza materna. Contro questo vissuto si organizza la più arcaica tra le difese: il diniego. Esso “è per la scena primaria ciò che, più tardi, sarà la rimozione per il complesso edipico” (Gaddini 1975, 367). Grazie al diniego l’ “estraneità” della madre viene spostata sul padre che per un breve periodo diventerà “lo straniero”. Ciò consente alla madre divenuta esterna di continuare ad essere la “sorgente di autorassicurazione” che era per il bambino nella fase dell’identità imitativa. Il perfezionarsi della differenziazione del padre dalla madre (e perciò della madre dal Sé) appartiene alla seconda fase del processo della scena primaria, in cui hanno luogo le prime esperienze pulsionali. Il combinarsi di meccanismi imitativi (psicosensoriali) e meccanismi psicoorali aprirà la strada alle identificazioni dell’Io. Questa fase triangolare (e pre-edipica) del processo si prolunga, secondo Gaddini, fino al terzo anno di vita. La patologia del Sé che rivelano i pazienti borderline rimanda a una patologia della formazione del padre. C’è una patologia del diniego quando esso si organizza in modo tanto massiccio da non poter essere superato e, d’altro canto, si dà una “scissione patologica dell’oggetto” quando la paura della madre estranea resta fissata sulla madre e il padre diventa la madre che salvaguarda il bambino dall’angoscia di perdita di sé.2 Tutto ciò implica naturalmente anche una patologia dell’Io che sarà asservito ai bisogni dell’organizzazione mentale di base. Le competenze dell’Io verranno utilizzate per simulare una capacità di rapporto oggettuale che in realtà non è stata raggiunta e dalla quale anzi ci si deve proteggere come da un pericolo mortale. Entrerà di nuovo in campo l’imitazione in una variante tutta patologica: ci potrà 2 “La personalità reale del padre e della madre – annota Gaddini - influenzano forse in maniera decisiva quale parte del rapporto infantile con la madre venga scissa e spostata e quale rimanga con la madre. Nel caso, comunque, in cui viene scissa e spostata la madre estranea, il (o la) paziente può mettere fortemente l’accento sul rapporto conflittuale col padre, ed è solo l’analisi che può rivelare […] che il padre come oggetto non è stato separato dalla madre se non per scopi difensivi, e che pertanto non è mai stato sufficientemente differenziato come tale” (Gaddini 1974, 347). Così succede che ciò che si presenta come figura maschile nei sogni o nei ricordi e ciò che viene vissuto nel rapporto con gli uomini nella vita adulta non riguardi tanto il padre dell’esperienza infantile, quanto la parte scissa e spostata della relazione con la madre estranea. In La formazione del padre nel primo sviluppo infantile Gaddini presenta il sogno di un paziente agorafobico che aveva spostato sul padre la funzione di madre non differenziata. “Anche se un padre […] dovrebbe sempre avere la capacità di essere come una madre per il bambino almeno temporaneamente, in questi casi può accadere che gli venga richiesto di rinunciare al suo ruolo paterno indefinitamente. Ci sono padri che sono sorprendentemente capaci di assumere il ruolo materno per sempre e altri che non lo sono. Nel mezzo c’è una grande varietà di possibili risposte da parte del padre. Qualunque sia questa risposta, essa contribuirà in maniera essenziale ai modi diversi in cui l’evenienza patologica descritta influenzerà l’ulteriore sviluppo e la struttura patologica ultima del bambino nella vita adulta” (p.369). essere una “sessualità imitativa” e in analisi, eventualmente, un “transfert imitativo” o anche l’imitazione di un transfert erotico. La scissione patologica dell’oggetto si ripresenta talvolta nella vita (e nell’analisi) in particolari tipi di relazioni sessuali (in apparenza intensamente libidiche). Quando i pazienti intraprendono simili relazioni Gaddini parla di “scissione della relazione analitica (Note su alcuni fenomeni del processo analitico, 418-9) o di “dissociazione del rapporto analitico” (Seminari argentini, III): in questi casi non si tratta di transfert agito fuori dall’analisi, ma di una manovra protettiva contro il rischio che la relazione analitica si trasformi da situazione di contatto psicosensoriale in rapporto oggettuale. Il partner esterno sta allora al posto del “contatto alimentare col seno” e l’analista è la madre che dà “sicurezza e protezione”. Ma l’investimento apparentemente libidico sul partner rivela che esso sta anche “per il padre infantile, non ancora riconoscibile come tale”. Sebbene la relazione scissa si presenti come una difesa contro l’evolvere del processo analitico, essa va tuttavia riconosciuta, non interpretata, dall’analista come “un legame di contatto alimentare che non solo ricostruisce, ma in parte costituisce per la prima volta una sufficiente identità di base” (Note su alcuni fenomeni del processo analitico, 419). L’acquisizione del secondo oggetto - che è di importanza cruciale per la formazione dell’identità adulta e per una sufficiente maturità del rapporto oggettuale - spesso costituisce il compito fondamentale dell’intero lavoro terapeutico (vedi Formazione del padre e scena primaria, 1974, 346-7).