Bisceglie - Ordine Architetti BAT

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Bisceglie - Ordine Architetti BAT
PIANO PAESAGGISTICO
TERRITORIALE
REGIONALE
Adottato con Deliberazione della Giunta
Regionale n° 1435 del 02.08.2013
RELAZIONE DESCRITTIVA: OGGETTO E CONTENUTI DELL’OSSERVAZIONE
Oggetto: Art. 2 comma 4 della L.R. n. 20 del 07.10.2009: Osservazioni al PPTR adottato il
02.08.2013, pubblicato e prorogato giusta DGR n. 1598 del 03.09.2013, relative all’ AMBITO
TERRITORIALE del COMUNE DI BISCEGLIE (BT)

all’Art. 76 comma 3 “ Area di rispetto delle componenti culturali e insediative”

al comma 4 “ Paesaggi rurali” delle N.T.A. in recepimento dell’art. 143, comma 1,
lett. “e” del “Codice dei beni culturali e del paesaggio”

alla scheda Lama Santa Croce (codice di riferimento regionale PAE0110)
Premessa
Le osservazioni qui di seguito riportate vengono mosse da una attenta lettura della
cartografia di riferimento del PPTR e delle sue norme tecniche di attuazione all’interno del territorio
del Comune di Bisceglie e precisamente dell’elaborato tecnico n° 6.3.1, tavv. 424 e 437 , relativo
alle “Componenti culturali insediative” quali “beni paesaggistici e ulteriori contesti” , giusto all’art.
76 comma 3 “Area di rispetto delle componenti culturali e insediative” e comma 4 “Paesaggi
rurali” delle N.T.A. in recepimento dell’art. 143, comma 1, lett. “e” del “Codice dei beni culturali e
del paesaggio”, nonché alla scheda PAE0110.
Dopo tanto premesso con la presente si formulano le seguenti
OSSERVAZIONI
I. Riguardo le “Aree di rispetto delle componenti culturali e insediative”, il comma 3 dell’art. 76
delle N.T.A. chiarisce che il vincolo del piano “Consiste in una fascia di salvaguardia dal
perimetro esterno dei siti di cui al precedente punto … finalizzata a garantire la tutela e la
valorizzazione del contesto paesaggistico in cui tali beni sono ubicati. Per le testimonianze della
stratificazione insediativa di cui al precedente punto 2, lettera a) … essa assume la profondità di
100 m”.
La fascia di rispetto così determinata, con profondità pari a mt 100 misurati dal contorno del
bene storico culturale da salvaguardare, è finalizzata ad assicurare “…. che nell’ area di rispetto
delle componenti culturali e insediative di cui all’art. 76, punto 3) sia evitata ogni alterazione
della integrità visuale nonché ogni destinazione d'uso non compatibile con le finalità di
salvaguardia e sia perseguita la riqualificazione del contesto, individuando i modi per innescare
processi di corretto riutilizzo e valorizzazione o incentivi per il ripristino dei caratteri originari
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del contesto qualora fossero stati alterati o distrutti” così come recitano le “Direttive per le
componenti culturali e insediative” all’art. 78, comma 1, lettera i).
Questa misura di tutela è apprezzabile per un contesto extraurbano, cioè nella campagna,
dove il bene storico culturale è effettivamente osservabile da una distanza di mt 100 se non oltre;
per cui ogni alterazione nell’area al contorno del bene oggetto di tutela potrebbe arrecare disturbo
sotto il profilo paesaggistico.
Rimane invece discutibile mantenere la stessa misura di tutela all’interno di un contesto
urbano ben definito, dove una distanza di mt 100, misurati intorno al bene da tutelare, andrebbe a
vincolare aree che normalmente non si confrontano direttamente con lo stesso bene, che spesso
nelle sue vicinanze trova presenti costruzioni preesistenti che impediscono la percezione visuale
del bene oggetto di tutela. In buona sostanza il principio dettato con le “Direttive per le
componenti culturali e insediative” all’art. 78, comma 1, lettera i), non trova spesso reale
sussistenza nell’ambito urbano, anzi il vincolo pregiudica i diritti d’uso per quei suoli non
direttamente confrontabili con i beni e le aree oggetto di salvaguardia.
Inoltre, stando ai commi 2 e 3 dell’art. 142 del Codice, per i territori urbani dovrebbero
valere solo le norme prescrittive e non le misure di salvaguardia ed utilizzazione previsti dagli
ulteriori contesti ex comma 1 lettera e) dell’art. 143 del Codice. Questa interpretazione troverebbe
sostegno con quanto specificato nella Circolare del 02.10.2013, emessa dall’Assessorato del
Servizio assetto del territorio della Regione Puglia, al punto 2. “Vigenza della norma di
salvaguardia nelle aree urbane …”.
In conclusione, da quanto sopra osservato, con la presente si invita la Regione Puglia a
rivedere l’applicazione dei vincoli dettati con le “Aree di rispetto delle componenti culturali e
insediative”, giusto comma 3 dell’art. 76 delle NTA del PPTR all’interno delle aree urbane,
attraverso adeguate misure di salvaguardia ed una attenta ricognizione sullo stato dei luoghi dei
beni oggetto di tutela finalizzata alla definizione di una opportuna perimetrazione delle aree di
rispetto miranti alla salvaguardia delle componenti culturali e insediative nel contesto urbano.
Inoltre si invita la Regione Puglia a definire in maniera più dettagliata il comma 1 dell’art.82 delle
N.T.A. “Misure di salvaguardia e di utilizzazione per l’area di rispetto delle componenti culturali
insediative” e precisamente specificare la definizione di “aree non edificate” all’interno delle
quali ricadono tali aree.
II. Riguardo i “Paesaggi rurali”, il comma 4 dell’art. 76 delle N.T.A. chiarisce che “Consistono in
quelle parti di territorio rurale la cui valenza paesaggistica è legata alla singolare integrazione
fra identità paesaggistica del territorio e cultura materiale che nei tempi lunghi della storia ne ha
permesso la sedimentazione dei caratteri”.
Nel caso specifico per il territorio del Comune di Bisceglie sono ricompresi:
a)i parchi multifunzionali di valorizzazione, identificati in quelle parti di territorio regionale
la cui valenza paesaggistica è legata alla singolare integrazione fra le componenti
antropiche, agricole, insediative e la struttura geomorfologica e naturalistica dei luoghi
oltre che alla peculiarità delle forme costruttive dell’abitare, se non diversamente
cartografati, come individuati nella tavola 6.3.1:
 il parco multifunzionale degli ulivi monumentali
 il parco multifunzionale delle torri e dei casali del Nord barese
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Via Ognissanti, 123 - 76125 Trani (BT)
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b)paesaggi che contengono al loro interno beni diffusi nel paesaggio rurale quali muretti a
secco, siepi, terrazzamenti; architetture minori in pietra a secco quali specchie, trulli, lamie,
cisterne, pozzi, canalizzazioni delle acque piovane; piante, isolate o a gruppi, di rilevante
importanza per età, dimensione, significato scientifico, testimonianza storica; ulivi
monumentali come individuati ai sensi della LR 14/2007; alberature stradali e poderali.
Da una attenta lettura del PPTR si osserva la volontà di apporre un vincolo diffuso alla
totalità del territorio agricolo legandolo alla conservazione di caratteristiche morfologiche e
tipologiche delle costruzioni in zona agricola che non sempre rispettano la vocazione sia del
territorio che della popolazione che le abita.
La perimetrazione dei “Paesaggi rurali” proposta sul territorio del Comune di Bisceglie, ha
interessato aree già destinate alla edificazione dal vigente PRG, come la maglia n° 167 ad est
dell’abitato, ricompresa tra la ex S.S. 16 e l’asse ferroviario che, già destinata a Piano di Zona, oggi
ha uno stato avanzato di completamento; nella parte sud - est del territorio comunale vi sono aree
destinate a zone produttive quali “zone artigianali e industriali” in buona parte già urbanizzate e per
la restante parte in fase di infrastrutturazione. Sono presenti anche aree ritipizzate per
l’insediamento di strutture per l’industria agro-alimentare in modo diffuso e per lo stoccaggio dei
veicoli fuori uso, come regolamentato all’art. 60 del vigente PRG. in cui troviamo attività
strettamente “ubicate” al territorio come le cave, gli impianti per la frantumazione degli inerti e per
il betonaggio.
Appare evidente che risulta alquanto difficile conciliare le misure di tutela paesaggistica, nella
forma proposta dal PPTR, cioè in modo così esteso e senza distinzione di sotto-contesti, con le
esigenze di adeguamento tecnologico e funzionale a cui i predetti impianti sono frequentemente
sottoposti, vista la velocità delle innovazioni nel campo della tecnologia industriale.
Inoltre se si prendono in considerazione le abitazioni poste lungo via Sant'Andrea o in
contrada Macchione si può chiaramente notare che queste zone hanno perso i caratteri prettamente
rurali a causa dell'edificazione avvenuta negli anni '70 e '80 che ha trasformato realmente la zona in
"residenziale" e "residenziale stagionale" con la costruzione di villette in c.a. con annessi elementi
porticati, recinti in c.a. e colorazioni non sempre consone alla tradizione rurale.
Non si può vincolare tutte le costruzioni in zona agricola limitando le scelte architettoniche a
tipologie a volte obsolete che non hanno più alcun riferimento con il contesto in cui si inseriscono
in quanto non sono abitazioni connesse propriamente all'attività agricola, la quale spesso risulta
essere per molte famiglie un'attività secondaria derivante da tradizioni familiari.
In queste aree non è percepibile la “…sedimentazione dei caratteri identitari del paesaggio e
della cultura materiale nei tempi lunghi”, così come recita la definizione dei “Paesaggi rurali” al
comma 4 dell’art. 76 delle NTA. e si ritiene che la valorizzazione del paesaggio non debba limitarsi
ad un atteggiamento di pura difesa di alcune caratteristiche specifiche ma debba saper cogliere le
trasformazioni del territorio e soprattutto come la popolazione viva e contribuisca a quelle
trasformazioni, in maniera tale da condividere gli stessi valori.
In conclusione, da quanto sopra osservato, con la presente si invita la Regione Puglia a
rivedere l’applicazione dei vincoli dettati con i “Paesaggi rurali”, giusto comma 4 dell’art. 76 delle
NTA del PPTR nella sovrapposizione con aree già destinate ad insediamenti urbani e produttivi,
attraverso una mirata revisione delle misure di salvaguardia per i contesti non prettamente rurali ed
una adeguata riperimetrazione delle aree afferenti ai “paesaggi rurali” che risulti coerente con gli
obiettivi di tutela dei caratteri identitari del paesaggio rurale locale.
Si propone quindi di modificare la definizione posta nel art. 76 al comma 4b):
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paesaggi nelle aree agricole che presentano elevato pregio ambientale riportate nei redigendi
P.U.G. che contengono al loro interno beni diffusi nel paesaggio rurale quali muretti a secco, siepi
e terrazzamenti; architetture minori in pietra a secco quali specchie, trulli, lamie, cisterne, pozzi,
canalizzazioni delle acque piovane; piante isolate o a gruppi, di rilevante importanza per eta,
dimensione, significato scientifico, testimonianza storica; ulivi monumentali come individuati ai
sensi della LR 14/2007; alberature stradali e poderali.
III. Per quanto concerne la “Scheda lama santa Croce” si possono evidenziare le seguenti
considerazioni:
Paesaggi Rurali
Tra i fattori di rischio (pag. 5 ) viene sottolineato “ abbandono e progressivo deterioramento
dell’edilizia e degli spazi di pertinenza delle testimonianze rurali storiche”, mentre le direttive
(contenute a pag. 10), di suggerimento agli enti pubblici e/o privati, “ promuovono azioni di
salvaguardia e tutela dell’integrità dei caratteri morfologici e funzionali dell’edilizia rurale con
particolare riguardo alla leggibilità del rapporto originario tra i manufatti e la rispettiva area di
pertinenza”.
Il rischio che tali testimonianze storiche del paesaggio rurale vengano abbandonate è un timore
largamente condiviso, purtroppo le direttive qui suggerite non tengono conto del continuo evolversi
dell’agricoltura. Non tengono nemmeno conto dei tempi di raccolta che, con la meccanizzazione, si
sono notevolmente ridotti rendendo sia l’edilizia rurale che gli spazi di pertinenza inadeguati alle
operazioni agricole. Le direttive mirano alla tutela dell’integrità dei caratteri morfologici e
funzionali, ovvero alla salvaguardia del manufatto così com’era escludendo la possibilità di un
adeguamento funzionale. Inoltre viene suggerita la tutela di “aree di pertinenza dei manufatti
edilizi rurali, vietandone l’occupazione da parte di strutture incoerenti” ove il termine incoerente
potrebbe includere indistintamente architetture ed edilizie. Pertanto ci si chiede quali siano le
politiche locali capaci di invogliare i proprietari, in prevalenza agricoltori, al recupero dell’edilizia
rurale storica con la consapevolezza che tale intervento non apporterà nessun vantaggio alla propria
attività. Tali indicazioni che seppur lodevoli negli intenti diventano inattuabili nella realtà per le
ragioni precedentemente esposte.
Componenti visivo- percettive
Le direttive suggerite mirano a impedire” interventi lungo gli assi di accesso storici che
compromettano, riducendo o alterandola, la relazione visuale prospettica del fronte urbano;
evitando la formazione di barriere e gli effetti di discontinuità”. Inoltre “ impediscono interventi
che alterino lo skyline urbano o che interferiscano con le relazioni visuali tra asse di ingresso e
fulcri visivi urbani”.
Tali indicazioni, del tutto generiche, poco chiare e prive di esempi espliciti, contribuiranno a
creare incomprensioni tra le PP.AA. e i tecnici e quindi a scapito dei cittadini. Di fatti, impedendo
interventi che alterino lo skyline urbano, si vuole congelare indistintamente il tessuto costruito,
bello o brutto che sia, alla condizione attuale. Le direttive invece dovrebbero essere meno
conservative e puntare ad una visione più ampia sia favorendo migliorie del costruito, laddove
necessarie, sia preservando le componenti visivo percettive. Parti di costruito non meritevoli
dovranno essere oggetto di intervento di riqualificazione.
Componenti botanico-vegetazionali
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E SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE
Le direttive “perseguono politiche di manutenzione, valorizzazione, riqualificazione del
paesaggio naturale e colturale tradizionale al fine della conservazione della biodiversità; di
protezione idrogeologica e delle condizioni bioclimatiche; di promozione di un turismo sostenibile
basato sull’ospitalità rurale diffusa e sulla valorizzazione dei caratteri identitari dei luoghi”.
Le direttive mirano alla conservazione delle colture agricole tradizionali al fine di tutelare il forte
valore paesaggistico, inoltre puntano alla tutela della vegetazione spontanea (arbustiva/macchia
mediterranea) presente nelle lame. Tali indicazioni per le lame hanno una valenza condivisibile,
mentre per il suolo agricolo esse non tengono conto del mercato economico legato alle colture che
si vogliono preservare, mercato che in determinati casi è quasi assente (si vedano i casi di frutti
come il fico d’india e la mandorla). Tali aspetti non possono non essere presi in considerazione
quando si pianifica un territorio, soprattutto se questo è prevalentemente agricolo. Le direttive, così
esposte, limiterebbero la libertà del singolo produttore che non trovando più remunerativo le
colture, cosiddette tradizionali, e non potendole sostituire si vedrà costretto ad abbandonare il sito.
Si avrebbe così un effetto opposto a quello previsto dalle direttive. Esse dovrebbero incentivare la
produzione di colture, anche differenti dalle cosiddette colture tradizionali, purchè venga garantito
l’aspetto paesaggistico e la biodiversità colturale.
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