Stampato - Lex24
Transcript
Stampato - Lex24
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com NEWSLETTER N. 12 DEL 22/29 MARZO RISARCIMENTO DEL DANNO a cura di Guida al Diritto ANTEPRIMA EDITORIALE. Una riforma che scardina l’equilibrio tra i poteri perché aumenta il controllo politico sulla Giustizia DI LUCA PALAMARA Presidente dell’Associazione na zionale magistrati ONLINE LA SENTENZa DEL GIORNO GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO Nella scelta di persone da licenziare va rispettato il principio di correttezza Corte di cassazione Sezione Lavoro Sentenza 28 marzo 2011 n. 7046 LA SENTENZA DEL GIORNO PROCEDIMEN TO PENALE Retroattività della prescrizione ridotta solo nel rispetto del processo Corte di cassazione Sezione VI Sentenza 1 dicembre 201028 marzo 2011 n. 12400 IN PRIMO PIANO MILLEPROROGHE Anatocismo: scatta la prima disapplicazione del ”salva banche” di Alberto Leidi e Raul Ruggeri a cura di Lex24 IN PRIMO PIANO RESPONSABILITA’ DA CUSTODIA NOTIFICAZIONI ATTI PROCESSUALI ABUSO DI MEZZI DI CORREZIONE PROCEDIMENTO IN BREVE IL MERITO ONLINE PENALE Breve viaggio nelle nullità processuali penali di Nucci Alessandra Camera Penale di Monza PROFESSIONI E IMPRESE24 Il decreto ingiuntivo contro la Snc si estende al socio che non si oppone AVVOCATI24 AVVOCATO DEL GIORNO Tommaso E. Romolotti, partner, Studio Legale Romolotti Mar retta DOCUMENTAZIONE Da Repertorio24 Gazzetta Ufficiale FIDEIUSSIONE Newsletter n. 12 29 marzo 2011 1 E D I T O R I A L E RIFORME IN CANTIERE Una riforma che scardina l’equilibrio tra i poteri perché aumenta il controllo politico sulla Giustizia DI LUCA PALAMARA - Presidente dell’Associazione nazionale magistrati L’ Associazione nazionale magistrati ha il principio dell’obbligatorietà dell’esercizio delespresso la propria ferma contrarietà ai l’azione penale e, dunque, il valore fondamentale contenuti del disegno di legge costituziodell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. nale di riforma della Giustizia approvato dal ConsiCon la separazione delle carriere si creerà un glio dei ministri. L’Anm non vuole sostituirsi al Parorgano di accusa che avrà il solo scopo di vincere il lamento, ma ritiene doveroso esprimere le proprie processo con la condanna dell’imputato e non valutazioni di carattere tecnico su una riforma che quello di applicare in modo imparziale la legge; un intacca fortemente i principi dell’autonomia e delPm separato accentuerà il carattere repressivo dell’indipendenza della magistratura dagli altri poteri la funzione e il suo ruolo si avvicinerà a quello dello Stato. Le modifiche che riguarderanno la Codella polizia. Se le scelte del pubblico ministero stituzione portano inequivocabilmente alla consisaranno condizionate dalle indicazioni della politiderazione che è stata studiata non una riforma delca, sarà difficile, se non impossibile, che possano la Giustizia, ma una riforancora essere avviate indama della magistratura. gini sui reati commessi dai La contrarietà al testo potenti. non è apodittica o pregiuNell’affrontare il tema l disegno di legge di riforma del titolo IV della Costituzione, diziale, bensì è motivata della separazione delle carapprovato dal Consiglio dei ministri del 10 marzo 2011, da un’attenta lettura delle continua a essere al centro della discussione. Dopo l’interven- riere occorre muovere da norme. L’impianto com- to dell’ordinario di diritto processuale penale, Sergio Lorusso, una prospettiva che non plessivo della riforma scar- e il primo piano dedicato alla proposta governativa (entrambi mira a difendere l’unicità dina l’attuale equilibrio tra pubblicati su «Guida al Diritto» n. 13 del 26 marzo 2011) ora il delle carriere come un’esii poteri, attraverso un inci- dibattito prosegue con il punto di vista dell’Anm. Il presidente genza corporativa o addisivo rafforzamento del con- dell’associazione Luca Palamara illustra la forte contrarietà del rittura un privilegio di catrollo della politica sul si- sindacato dei magistrati che lo scorso 19 marzo ha proclama- sta, ma sotto un profilo stema giudiziario, in netto to lo stato di agitazione. Intanto il Parlamento resta in attesa che intenda esaminare se contrasto con il disegno del provvedimento. avere giudici e pubblici mioriginario della Costituzionisteri separati sia effettivane del 1948. Le garanzie mente il sistema che magdei cittadini e i diritti di libertà saranno, in questo giormente garantisce i cittadini rispetto a quello modo, privati della più efficace forma di tutela coattuale. stituita dall’autonomia e dall’indipendenza della È vero che in molti paesi il regime è di diversificamagistratura. zione delle carriere; tuttavia è altrettanto vero che Nel disegno riformatore le garanzie di autonol’unicità delle carriere è patrimonio storico di gran mia e indipendenza, oggi previste in maniera punparte dell’Europa. tuale direttamente dalla Carta costituzionale, sono In Italia il dibattito sulla separazione delle carrieaffidate a successive e indeterminate norme di legre sembrava essersi sopito grazie alla riforma delge ordinaria, rimesse, quindi, alle contingenti magl’ordinamento giudiziario introdotta dal Dlgs n. gioranze politiche. 106 del 2006, in virtù della quale è stata inserita nel Con la riforma sarà la politica a indirizzare le nostro ordinamento una marcata distinzione delle indagini della polizia giudiziaria, che verrà sottratfunzioni tra Pm e giudice pur nella unicità delle ta alla direzione della magistratura; sarà la politica carriere. Benché sia ancora possibile il passaggio a scegliere le priorità dei reati da perseguire. Sotto da giudice a Pm, nella sostanza si è già realizzata quest’ultimo aspetto viene radicalmente intaccato una separazione delle funzioni. Il tema della settimana I GUIDA AL DIRITTO IL SOLE-24 ORE 8 N˚ 14 2 APRILE 2011 E D I T O R I A L E RIFORME IN CANTIERE Il pubblico ministero, lungi dall’essere proiettaessere ricordato che oggi esistono ben cinque forto verso la sola possibilità di accusa, già nella fase me di responsabilità: penale, civile, disciplinare, investigativa è strutturato come soggetto che non contabile e anche professionale. In Italia, come in agisce per fini di parte in quanto ha come scopo la tutti gli ordinamenti democratici, è già prevista ricostruzione dei fatti e l’applicazione a essi della una responsabilità civile indiretta per i casi di dolo regola di diritto. In questo senso, l’atteggiamento o colpa grave e diretta nei confronti dello Stato che processuale del pubblico ministero non è diverso può poi rivalersi sui magistrati. da quello del giudice come dimostrano le numeroI dati della Commissione europea per l’efficiense richieste di archiviazione e quelle di assoluzione za della giustizia (Cepej) rivelano che l’Italia è uno formulate quotidianamente. Ed è questa la princidei paesi con il più alto indice di funzionamento pale ragione per cui giudici e pubblici ministeri del sistema disciplinare. hanno fatto parte della stessa categoria dall’Unità La riforma - va rimarcato soprattutto - non ha di Italia. niente a che vedere con il funzionamento della Strettamente collegato al tema della separazione giustizia. Non ridurrà di un solo giorno la durata delle carriere è poi quello dell’indidei processi penali e civili. pendenza del pubblico ministero Sarebbe davvero “epocale”, indall’esecutivo. L’attuale sistema vece, una riforma che, come più Nella proposta è previsto delinea la figura di un pubblico mivolte richiesto dall’Anm, realizche le norme nistero autonomo e indipendenzasse: dell’ordinamento giudiziario te, consentendogli di investigare lin l’abolizione dei tribunali dovrebbero assicurare beramente e di esercitare il coninutili; indipendenza trollo di legalità senza condizionan l’eliminazione degli inutili formenti esterni. malismi nelle procedure penali all’ufficio del Pm Senza questa autonomia del e civili; al quale non sarebbe pubblico ministero dal potere n un’effettiva informatizzazione più riconosciuta e politico non avremmo avuto degli uffici e del processo; costituzionalmente garantita “Mani pulite”, inchieste su man l’ufficio del giudice e la riqualifila stessa autonomia fia e terrorismo, sulle stragi, tancazione del personale amminidel giudice ti e rilevanti processi sulla sanistrativo; tà, quello sul “G8”. n un incremento e una razionalizLa riforma, invece, propone un zazione delle risorse umane e modello di pubblico ministero profondamente dimateriali per gli uffici giudiziari; verso e che inevitabilmente finirebbe per essere n una seria depenalizzazione; assoggettato al potere politico. Nel testo della riforn una reale riduzione del contenzioso civile. ma dovrebbero essere le norme dell’ordinamento Per queste ragioni il Comitato direttivo centrale giudiziario ad assicurare autonomia e indipendenil 19 marzo scorso ha proclamato lo stato di agitaza all’ufficio del Pm al quale non sarebbe più ricozione invitando le sezioni distrettuali dell’Anm e i nosciuta e costituzionalmente garantita la stessa magistrati a una mobilitazione diffusa, demandanautonomia del giudice, perché la legge potrebbe do alla Giunta esecutiva centrale di intraprendere decidere diversamente. ogni iniziativa volta a rappresentare nelle sedi poliAumenterà, inoltre, il numero dei componenti tiche e istituzionali le motivazioni della contrarietà nominati dalla politica all’interno degli organi di alla riforma costituzionale. governo della magistratura e risulterà così svuotaE la prima di queste iniziative, nel pieno rispetto to il principio di autonomia dagli altri poteri dello del percorso istituzionale, sarà l’incontro con il CaStato: se la carriera del giudice e la sua vita profespo dello Stato Giorgio Napolitano che avverrà a sionale dipenderanno da scelte della politica sarà Roma il prossimo 5 aprile. n più difficile ottenere decisioni giuste. A pagare anPer saperne di più: cora una volta saranno i cittadini, in particolare quelli più deboli. www.associazionenazionalemagistrati.it Quanto alla responsabilità del magistrato, deve GUIDA AL DIRITTO IL SOLE-24 ORE 9 N˚ 14 2 APRILE 2011 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com Nella scelta di persone da licenziare va rispettato il principio di correttezza dell’efficienza del processo è in linea sia con l’articolo 117 della Costituzione sia con l’articolo 7 della Convenzione euro pea dei diritti dell’Uomo. La Cedu ammette, infatti, la deroga al principio della retroattiviotà della disposizione più favorevo le all’imputato in nome di esigenze che meritano pari tutela e che hanno pari rilievo Corte di cassazione Sezione Lavoro Sentenza 28 marzo 2011 n. 7046 PRIMO PIANO MILLEPROROGHE SENTENZA DEL GIORNO GIUSTIFICATO MO TIVO OGGETTIVO Il datore di lavoro che intende procedere a una ristrutturazio ne aziendale sopprimendo alcuni posti per ridurre il costo del lavoro non è libero di scegliere chi allontanare ma è tenuto in ogni caso a rispettare i prinicpi di correttezza e buona fede. Lo ha affermato la sezione lavoro della Cassazione con la senten za 7046/2011 che ha accolto il ricorso di una dipendente. Secondo i giudici di legittimità nel caso di licenziamento per ragioni inerenti l’attività produttiva e l’organizzazione del lavo ro, se il giustificato motivo oggettivo consiste nella generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile, il datore di lavoro deve pur sempre improntare l’individuazione del soggetto o dei soggetti da licenziare ai principi di corret tezza e buona fede, cui deve essere informato ogni comporta mento delle parti del rapporto obbligatorio e quindi anche il recesso di una di esse. SENTENZA DEL GIORNO PROCEDIMENTO PE NALE Retroattività della prescrizione ridotta solo nel rispet to del processo Corte di cassazione Sezione VI Sentenza 1 dicembre 201028 marzo 2011 n. 12400 La deroga al regime di retroattività delle norme che riducono i termini di prescrizione è possibile solo nel rispetto dell’effi cenza del processo. La Corte di cassazione, con la sentenza 12400, fa chiarezza sulla possibilità di applicare la legge penale più favorevole e in particolare le norme che riguardano la retroattività della prescrizione più breve, prevista dalla legge 251 del 2005, per i processi pendenti in appello o in Cassazio ne. Gli ermellini sottolineano che l’applicazione dipende dallo stadio di avanzamento dei processi. La ratio del legislatore è stata, infatti, ”quella di non vanificare le attività processuali già compiute e cristallizzate, al momento dell’entrata in vigore delle norme, secondo cadenze calcolate in base ai tempi di prescizione più lunghi vigenti all’atto del loro compimento e di tutelare così interessi di rilievo costituzionale sottesi al pro cesso, come la sua efficienza e la salvaguardia dei diritti dei destinatari della funzione giurisdizionale”. I giudici di piazza Cavour affermano che il criterio del rispetto 4 Anatocismo: scatta la prima disapplicazione del ”sal va banche” di Alberto Leidi e Raul Ruggeri L’ordinanza della Corte d’Appello di Ancona decide su un’istanza di sospensione degli effetti della sentenza di primo grado, avanzata da una banca in una causa per anatocismo, occupandosi anche della recente norma di cui all’articolo 2, comma 61, del decreto legge 29/12/2010 n. 225 (cd. ”Decreto Milleproroghe”, conv. con mod. dalla legge 26/2/2011, n. 10). Tale disposizione, come noto, prevede che ”in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l’articolo 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione degli importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente de creto legge”. La pronuncia in parola si segnala perché rappresenta una delle prime voci della giurisprudenza dopo la novella legislativa, insieme con l’ordinanza del Tribunale di Benevento del 10/3/ 2011 che ne ha sollevato la questione di legittimità costituzio nale. La non applicabilità del Milleproroghe La Corte d’Appello di Ancona ritiene insussistente già il presupposto del fumus bo nis iuris, richiamando in primo luogo l’altrettanto recente sentenza della Corte di cassazione a Sezioni Unite del 2/12/ 2010, n. 24418. Riguardo alla novità introdotta dal decreto Milleproroghe ne afferma la non applicabilità al caso di specie, sotto un duplice profilo. Osserva il collegio, in primo luogo, che i ”diritti nascenti dalle annotazioni in conto”, per coerenza sistematica, devono essere immediatamente azionabili (ancor ché il cliente possa non aver ancora cognizione di tali annota zioni), mentre nel caso delle azioni di ripetizione dell’indebito essi sorgono solo al verificarsi di un ”pagamento” come defini to dalle Sezioni Unite: di conseguenza, la norma del decreto, riferendosi alla prescrizione dei diritti diversi da quelli in lite, non risulta pertinente alla fattispecie esaminata, la quale resta quindi assoggettata ai principi fissati dalla Corte di legittimità. In secondo luogo, avendo la norma ad avviso del giudicante portata innovativa e non meramente interpretativa, essa non può trovare applicazione non potendo disporre retroattiva Newsletter n. 12 29 marzo 2011 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com mente l’estinzione di un diritto già azionato in giudizio. La posizione della Cassazione La pronuncia della Corte d’Appello ben sintetizza la ”crisi di rigetto” della giurispruden za a fronte di interventi legislativi sospetti di soccorrere il contraente forte (in questo caso, una banca) in conseguenza dei potenziali effetti negativi derivanti da precedenti giurispru denziali avversi. L’ordinanza si pone infatti dichiaratamente nel solco tracciato dalla già citata sentenza delle Sezioni Unite, riconoscendone il perdurante valore di precedente di riferi mento in materia. Al di là della valutazione sull’asserita natura innovativa e non interpretativa della novella, da cui discende rebbe la sua dichiarata inapplicabilità ai giudizi pendenti, appare di tutta evidenza che il percorso logicoargomentativo seguito dalla Corte marchigiana intende minimizzare la portata dell’in tervento del Legislatore, riscontrando l’inadeguatezza della norma così formulata a far decorrere il termine prescrizionale dell’indebito dalla mera annotazione dell’operazione dichiarata nulla. Lasciando alle prossime espressioni giurisprudenziali la confer ma o meno dei principi enunciati dalla Corte d’Appello di Ancona, va detto che in verità il ragionamento della Corte di legittimità era più articolato, distinguendo due tipologie di azioni, con i relativi regimi prescrizionali: 1) l’azione di nullità, imprescrittibile, il cui termine decorre dalla singola annotazio ne derivante dall’esecuzione del negozio nullo; 2) l’azione di ripetizione dell’indebito, soggetta all’ordinaria prescrizione de cennale, il cui termine decorre dalla data di avvenuto paga mento. Nell’ambito di questa le Sezioni Unite, evolvendo dalla precedente giurisprudenza (cfr Cassazione 9/4/1984 n. 2262, Cassazione 14/5/2005 n. 10127), evidenziano la ricorrenza di un ”pagamento” non solo alla chiusura definitiva del saldo, bensì anche, prima, in presenza di versamenti aventi funzione solutoria, ossia quando abbiano avuto lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca. Ripren dendo principi consolidati in materia fallimentare, questo ac cade qualora si tratti di versamenti eseguiti su un conto con saldo in passivo (se privo di affidamento), ovvero con saldo oltre il limite di affidamento (se il conto è affidato). È questa, a parere di chi scrive, la vera portata innovatrice in materia di prescrizione della pronuncia delle Sezioni Unite. Sarà delicato compito delle prossime Ctu accertare quando ricorra tale condizione e per quale importo (subentrando anche problemi di imputazione a capitale o interessi), ma quello che si palesa è la probabile contrazione già per effetto della pronuncia delle Sezioni Unite, a prescindere dal decreto Milleproroghe del periodo da riconteggiare nelle cause di anatocismo. Corte di Appello di Ancona Ordinanza 15 marzo 2011 L’approfondimento di Guida al Diritto Corte sulla Cassazione 24418/2011 Tribunale ordinario di Benevento Ordinanza 10 marzo 2011 Newsletter n. 12 29 marzo 2011 A CURA DI LEX24 IN PRIMOPIANO Spazio temporale di interdizione dell’azione esecuti va:interessante parallelismo tra PA e società private Alesii Leonardo , Padoan Gioia Il Giudicante ha ritenuto che la complessità amministrativa delle società per azioni partecipate da enti pubblici costituisce un oggettivo ostacolo al pagamento celere e/o immediato del debito, in analogia alla norma che vieta l’inizio dell’azione esecutiva nei confronti della P.A. debitrice prima che siano trascorsi 120 gg. dalla notifica del titolo esecutivo. Tribunale Civile di Napoli, Sez. V Civile, ordinanza 12 gennaio 2011 L’ordinanza in commento è un recentissimo esempio di inno vazione e intelligenza nell’applicazione di principi generali di diritto alle norme processuali. Tale provvedimento, infatti, ab dica ad una pedissequa applicazione della norma e della prassi processuale, ed in ragionevole ossequio dei principi cardine di correttezza e buona fede anche, e soprattutto forse, in mate ria processuale, sancisce, oltre che un provvedimento “giu sto”, una via sulla quale incamminarsi per restituire, almeno, dignità a questa professione abusata fin troppo da forze ester ne e, purtroppo, anche intestine. Tale provvedimento ha stabilito che, laddove il creditore, nel caso di specie società “partecipata da enti pubblici e notoria mente caratterizzata da una struttura amministrativa di grandi dimensioni, conseguentemente complessa”, preannunci uno spontaneo pagamento di un debito di valore “indubbiamente modesto”, con “modalità da definirsi serie e non posticce” e “la soddisfazione di quanto dovuto avvenga di poi, in termini assolutamente ragionevoli (meno di 40 giorni dalla pubblica zione delle sentenza”, non può ritenersi opportuna la scelta operata dal creditore a procedere con celerità con l’esecuzio ne forzata, la quale non trova “ragione nella opportunità di acquisire, col vincolo del pignoramento, la garanzia (in senso lato) a tale atto connaturato” soprattutto in considerazione, come nel caso di specie, della notoria solvibilità del debitore. Il caso giudiziale La vicenda giudiziale che ha portato all’emanazione dell’ordi nanza in commento riguarda un fatto di comune esperienza e largamente diffuso nelle aule di giustizia e presso gli uffici giudiziali di tutti i Fori Italiani: una vicenda che vede da un lato le parti creditrici, che per mezzo dei loro procuratori, pongo no in essere ogni atto ed azione tesa sia alla tutela sia al recupero del credito vantato; dall’altro, le parti debitrici, che, al contrario, tendono ad opporsi alle azioni ed agli atti dei creditori nel tentativo di procrastinare, comprimere e ridurre il quantum debeatur. Una vicenda, quella in esame che, però, diverge dal noto comportamento tenuto del debitore che si sottrae all’obbligo del pagamento, ma che, invece, spontanea mente comunica al creditore la propria intenzione di voler corrispondere integralmente la somma dovuta. Ma vediamo nel dettaglio. 5 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com A seguito della pubblicazione di una sentenza di condanna di un modesto importo, una società soccombente inviava al suo debitore comunicazione con la quale si dichiarava pronta al pagamento di quanto dovuto, “salvo ripetizione del medesimo, nei tempi tecnici strettamente necessari all’emissione ed all’in vio dell’assegno circolare”, facendo però espressa richiesta al creditore di non intraprendere nelle more di siffatte attività burocratiche, alcuna iniziativa finalizzata al recupero forzato del credito stante “L’inutile quanto pregiudizievole aggravio della posizione debi toria” Nel caso specifico la società, di grandi dimensioni ed a parteci pazione statale, aveva inviato tale comunicazione al suo credi tore solo 24 giorni dopo la pubblicazione della sentenza di condanna per un importo complessivo, tra sorte e interessi, di soli € 97,84. Appena 3 giorni dopo la ricezione di tale comunicazione, il creditore provvedeva a redigere e passare alla notifica atto di precetto in forza del medesimo provvedimento di condanna, chiedendo il pagamento alla Società per un importo comples sivo pari ad € 397,80. A distanza di 12 giorni dall’invio della comunicazione, la socie tà soccombente inviava regolare assegno circolare al creditore per l’importo di € 97,84 al cui pagamento era stata condanna ta. Due mesi dopo la notifica del precetto, e dall’avvenuto paga mento, il creditore effettuava un pignoramento presso terzi in danno della debitrice per il solo importo relativo alle spese legali, per complessivi € 297,58. La Società debitrice proponeva opposizione all’esecuzione ex art. 615 2° comma cpc, chiedendo in via pregiudiziale la so spensione della procedura esecutiva osservando che i principi di correttezza e buona fede sono fatti salvi e devono comun que sussistere anche nei rapporti creditore / debitore e che quest’ultimo “con l’opposizione, ha sostanzialmente sostenu to l’abuso da processo, il quale, anziché giusto, diviene ingiusto ove frutto di abuso, appunto, per l’esercizio dell’azione in forme eccedenti o devianti rispetto alla tutela dell’interesse sostanziale, con conseguente crisi della necessaria strumenta lità del mezzo processuale, rispetto a quella che è la funzione essenziale tipica assegnatagli dall’ordinamento”. Il Giudice dell’opposizione, con il provvedimento che andre mo ad esaminare, sospendeva l’esecuzione concedendo ter mine per la riassunzione nel merito. Il provvedimento Gli elementi presi in esame dal giudicante possono certo essere valutati singolarmente, come di seguito ci apprestere mo a fare, ma certamente si fondono l’uno nell’altro dando vita ad un quadro ben più ampio di quello a cui apparentemen te sembrano legati. A parere di chi scrive, essenziale, nella formazione della deci sione del giudice sta certamente l’esiguità del credito dovuto che viene posto in relazione sistematica alla solvibilità del debitore, al preannunciato pagamento (con modalità serie, incontrovertibili e non posticce) di quanto dovuto, al pregiudi 6 zio che il creditore avrebbe ricevuto dalla mancata messa in esecuzione del titolo, al pregiudizio subito dal debitore, alla ragionevolezza dei tempi di pagamento ed alla dimensione della società debitrice. Ebbene il giudice nel porsi davanti alle circostanze indicate ha dedotto, implicitamente, che il com portamento tenuto dal creditore in alcun modo fosse ispirato alle regole di buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. Come vedremo avanti, la decisione del Tribunale non adbica completamente alle norme processuali in materia di esecuzio ne, né deroga alle stesse, ma decide di dare preminenza ai principi della correttezza e buona fede che devono sì permea re i rapporti di diritto civile, ma devono altresì trovare applica zione anche e soprattutto nei rapporti processuali, con parti colare riguardo a quelli creditore / debitore. È infatti interesse del legislatore, tutelare sì chi vanta un diritto nei confronti di un soggetto, ma è uguale intenzione tutelare quest’ultimo da vessazioni ed abusi che potrebbero delinearsi. Da prendere subito in esame è senza dubbio la “promessa di pagamento” effettuata spontaneamente dal debitore, il quale, senza imput alcuno da parte del creditore, né messa in mora, né notifica della sentenza, né tantomeno dell’atto di precetto, ha inviato una comunicazione alla controparte anticipando il pagamento complessivo di quanto dovuto in forza del titolo che lo vedeva soccombente. Ebbene, anche se il provvedimento in oggetto non lo espliciti, definendo tale intenzione di pagamento “seria e non postic cia”, di fatto sembrano connotarsi gli elementi di cui agli artt. 1206 e 1208 c.c., con cui il legislatore ha stabilito che il debitore può mettere in mora il suo creditore mediante l’ef fettuazione di un’offerta reale ai sensi e per gli effetti dell’art. 1208 c.c; inoltre, ha precisato la Suprema corte, laddove tale offerta non sia reale, purchè “seria” (Ex mutis Cass. Civ, 2178 del 06.05.1978) essa è comunque in grado di evitare la mora del debitore. Ebbene, nel caso di specie, l’offerta avanzata dalla società riportava tutti gli elementi di cui all’art. 1208 c.c., pertanto considerabile “solenne”, dal momento che essa era stata fatta al creditore dal debitore (entrambi soggetti capaci o con facoltà di adempiere e ricevere) e omnicomprensiva dell’inte ro quantum debeatur (sorte più interessi). Altro elemento valutato dal Giudice è senz’altro il tempo dell’adempimento. Assodata la circostanza per cui il creditore non stava per vedersi prescrivere il proprio diritto ai sensi dell’art. 2946, e che quindi lo stesso aveva ben 10 anni per poter procedere con il recupero coattivo del credito, la fattispecie in esame ricade senz’altro nella disciplina codicistica in cui il tempo fissato (ricordiamo dal debitore!) per l’adempimento è indivi duato dalla clausola “al più presto”, ovvero nei “tempi stretta mente tecnici per l’emissione dell’assegno circolare e l’invio al creditore“. Ebbene, non essendo previste dal nostro codice fattispecie contrattuali per la cui esecuzione non sia fissato un termine, il legislatore, in mancanza dell’indicazione di termine per l’adem pimento precisa che le parti, eventualmente in disaccordo, Newsletter n. 12 29 marzo 2011 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com debbano fare riferimento al giudice il quale, valutate le circo stanze (la tolleranza del creditore, il pregiudizio per le parti, ecc), fissi un termine al debitore per il compimento delle proprie obbligazioni. Nello specifico caso in esame, dal momento che il termine non è stato fissato con precisione né dal debitore che sponta neamente ha dichiarato di voler adempiere, né dal creditore che non ha indicato termini essenziali per adempiere (se non con l’atto di precetto), la circostanza, relativa al tempo del l’adempimento “può essere riscontrata a posteriori dal Giudi ce medesimo” al fine di accertare se la prestazione sia stata o meno eseguita “in un lasso di tempo congruo, tenuto conto dell’oggetto e della natura del medesimo” (Cass. Civ. n. 296/ 78) Ed in effetti, il Giudicante col provvedimento in commento, ha ritenuto congruo il tempo in cui l’adempimento è corretta mente avvenuto, in relazione all’oggetto ed alla sua natura, consistendo lo stesso nel pagamento di una esigua somma di denaro che il debitore, vista la sua notoria solvibilità, ha corri sposto in un termine “assolutamente ragionevole”. Ma l’aspetto più interessante dell’ordinanza in parola consiste probabilmente nel confronto tra la società debitrice ed un ente pubblico. Sul punto il giudicante precisa che il debitore è “una società per azioni partecipata da enti pubblici, notoria mente caratterizzata da una struttura amministrativa di grandi dimensioni, conseguentemente, complessa” caratteristiche che “in casi analoghi, lo stesso legislatore riconosce essere ostacolo al pagamento celere e/o immediato”. Infatti, continua nel suo provvedimento, nel caso della Pubblica Amministrazio ne il legislatore ha previsto che sia interdetto l’inizio dell’azio ne esecutiva se non all’inutile spirare del termine di 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo ex art. 14 D. L. 669/96, in forza del quale si richiede la prestazione, uno “spatio ademple ti previsto proprio al fine di consentire il necessario coordina mento tra le diverse articolazioni organizzative dell’ente debi tore complesso”. L’ordinanza della Suprema Corte Sez. III del 14.01.2009 n. 590, facendo proprie le conclusioni dedotte dal Tribunale dell’Aqui la di cui alle sentenze nn. 627 e 628 del 2007 ha affermato che “la ratio ispiratrice della nuova disposizione di cui al comma 1 su richiamato, come modificata dal D.L. n. 269/03, può ragio nevolmente individuarsi nella volontà legislativa di impedire ai creditori degli enti pubblici, in possesso di titoli esecutivi, di dare inizio all’esecuzione forzata ed anche solo di minacciarla, prima che l’ente sia stato messo in condizioni di porre in essere le procedure amministrative per effettuare spontanea mente il pagamento, evitando così gli oneri connessi alla pro cedura di esecuzione forzata”. Ebbene, anche nel caso che ci occupa, il Giudice, alla luce delle partecipazioni di enti pubblici nella società debitrice e delle dimensioni della stessa, deve aver fatto proprie le ragioni della Corte di Cassazione ritenendo essenziale per l’adempimento della stessa, la concessione, se non di un termine sospensivo all’esito del quale iniziare l’esecuzione, almeno di un tempo di tolleranza da ritenersi congruo e ragionevole. Pertanto, in Newsletter n. 12 29 marzo 2011 applicazione analogica e sistematica, il Giudicante ha ritenuto assolutamente applicabile il principio sottostante il D.L. 669/96 anche alle società di dimensioni assimilabili ad enti statali e di cui è plausibile presupporre la medesima complessità burocra tica. Certamente l’emissione di un provvedimento di merito di siffatte proporzioni rappresenta una significativa e concreta inversione di tendenza nell’applicazione del principio di buona fede e diligenza nei rapporti processuali tra creditore e debi tore, ma, sostanzialmente “punisce” il tecnico del settore/pro fessionista che nell’esercizio dei propri poteri, abusando degli strumenti forniti del legislatore, opera una condotta speculati va e non deontologica. Ci riferiamo in particolare alla veste che una fattispecie assimi labile alla presente ha assunto davanti ai Giudici delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Ebbene con sentenza n. 27214 del 23/12/2009, la Suprema Corte ha ravvisato, in capo al professionista, la violazione dell’art. 22 del codice deontolo gico, laddove quest’ultimo “sulla base di sentenza favorevole al proprio cliente, nonostante la modestia – in relazione alle condizioni economiche del debitore – del credito accertato nella pronunzia giurisdizionale e pur in essenza di un rifiuto esplicito del debitore di dare spontanea esecuzione alla sen tenza – notifichi al debitore atto di precetto (così aggravando la posizione debitoria di questo), senza previamente informare l’avvocato dell’avversario della propria intenzione di dare cor so alla procedura esecutiva.” Va precisato, anzitutto, che le due fattispecie, benchè simili, si differenziano tra loro per il fatto che mentre nel caso sottopo sto alla Suprema Corte, il creditore, lesto e repentino, ha dato inizio su propria ed unica iniziativa alla procedura esecutiva, nel caso in parola, l’interesse ad agire del creditore è stato stimolato dall’iniziativa spontanea all’adempimento da parte del debitore. Benché la fattispecie valutata dalla Cassazione sia meno gravo sa rispetto a quella in commento, la stessa ha condannato il comportamento tenuto dal creditore, rifacendosi al più ampio principio di obbligo di buona fede oggettiva o correttezza (ex articolo 2 Cost.) quale espressione dell’ancor più generale principio di solidarietà sociale (Cass. Civ., 5 marzo 2009, n. 5349), tale da imporre, nei rapporti della vita di relazione, contrattuali ed extracontrattuale, un comportamento leale, che si ravvisa anche “in obblighi di informazione e di avviso, nonchè volto alla salvaguardia dell’utilità altrui, nei limiti del l’apprezzabile sacrificio (in termini, ad esempio, Cass. 5 febbra io 2007, n. 3462)”. Nella precisa fattispecie giudiziale, secondo la Suprema Corte, tale comportamento deve assumersi con particolare riguardo al rapporto tra le parti, “non solo durante l’esecuzione del contratto ma anche nell’eventuale fase dell’azione giudiziale per ottenere l’adempimento (Cass., sez. un., 15 novembre 2007, n. 23726; Cass. 11 giugno 2008, n. 15746).” Peraltro, continua la sentenza, mentre l’art. 88 c.p.c. stabilisce che le parti e i loro difensori devono comportarsi in giudizio con lealtà e probità, il codice deontologico degli avvocati 7 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com prevede, sia che l’avvocato mantenga sempre, nei confronti dei colleghi, un comportamento ispirato a correttezza e lealtà (articolo 22), sia che lo stesso non aggravi con onerose inizia tive giudiziarie la situazione debitoria della controparte (arti colo 49). Alla luce di siffatte considerazioni la Corte ha ritenuto che “la disposizione dettata dall’articolo 22 del codice deontologico vieti al professionista di tenere una condotta quale quella accertata e censurata al professionista che abbia abusato” degli strumenti processuali. Ed invero le Sezioni Unite hanno già affermato siffatto princi pio secondo cui “costituisce illecito disciplinare la violazione, da parte dell’avvocato, del dovere di lealtà e correttezza nei confronti del collega di controparte, dovere la cui osservanza può anche richiedere, in talune circostanze, di informare l’av vocato di controparte circa le iniziative intraprese a tutela delle ragioni del proprio assistito (Cass., sez. un. 17 aprile 2003, n. 6188).” Ed invero, in forza di tale importante pronuncia, molteplici esposti vengono mossi e sono posti oggi all’attenzione del Consiglio dell’Ordine in danno di avvocati che, seppur in applicazione ortodossa delle norme processuali, agiscono sen za aver preventivamente dato notizia della creditoria vantata e dell’intenzione a volerla recuperare forzatamente. Ci riferia mo, con particolare riguardo, all’Agente della Riscossione Equitalia Gerit, che, al fine di non veder aggravata la propria posizione economica e poter procedere, spatio adempleti, alla liquidazione di quanto dovuto, ha iniziato una lunga serie di deterrenti procedimenti disciplinari in danno degli avvocati che notificano immediatamente l’atto di precetto unitamente al titolo esecutivo, senza aver previamente espresso l’intenzio ne a procedere coattivamente col recupero del credito. CODICE DEONTOLOGICO Art. 22 Codice Deontologico: Rapporto di colleganza L’avvocato deve mantenere sempre nei confronti dei colleghi un comportamento ispirato a correttezza e lealtà. I. L’avvocato che collabori con altro collega è tenuto a rispon dere con sollecitudine alle sue richieste di informativa. II L’avvocato che intenda promuovere un giudizio nei confronti di un collega per fatti attinenti all’esercizio della professione deve dargliene preventiva comunicazione per iscritto, tranne che l’avviso possa pregiudicare il diritto da tutelare. III. L’avvocato non può registrare una conversazione telefonica con il collega. La registrazione, nel corso di una riunione, è consentita soltanto con il consenso di tutti i presenti. Art. 49 Codice Deontologico: Pluralità di azioni nei confronti della controparte. L’avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziati ve giudiziali la situazione debitoria della controparte quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita. Inoltre, va richiamato anche l’art. 88 c.p.c.: Dovere di lealtà e di probità : Le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità. 8 In caso di mancanza dei difensori a tale dovere, il giudice deve riferirne alle autorità che esercitano il potere disciplinare su di essi. I RIFERIMENTI DI GIURISPRUDENZA Tribunale Napoli Sezione 5 Civile Ordinanza del 12 gennaio 2011 I INGIUNZIONE NOTIFICA DEL PRECETTO RIFUSIONE DELLE SPESE RELATIVE ALLA FASE ESECUTIVA PAGAMENTO SUCCES SIVO ALLA NOTIFICAZIONE ABUSO DEL PROCESSO TERMI NE DI 120 GG. DALLA NOTIFICA PREVISTO PER LA P.A. DEBITRI CE ESTENSIONE DEL TERMINE ALLE SOCIETA’ PARTECIPATE DA ENTI PUBBLICI PER STRUTTURA AMMINISTRATIVA COM PLESSA TRIBUNALE DI NAPOLI 5° SEZIONE CIVILE IL GIUDICE DELL’ESECUZIONE nella procedura esecutiva mobiliare n. 12470/2010 R.G.E., letto il ricorso ex art. 615, comma 2°, c.p.c., sciolta la riserva e letti gli atti, fatti salvi i limiti propri della presente fase sommaria, osserva quanto segue. Il creditore esecutante deduce di avere diritto alla rifusione delle spese della fase esecutiva, per il fatto che il pagamento è avvenuto solo dopo la notificazione del precetto (precisamen te cinque giorni dopo) e di avere diritto al riconoscimento delle altre spese e competenze indicate in precetto, per essere stato tale atto predisposto e notificato da un patrocinatore legale. Tr. deduce che aveva comunicato al creditore, prima che questi intimasse il precetto, che avrebbe pagato salvo il diritto di ripetizione quanto stabilito dal giudice nei tempi tecnici strettamente necessari all’emissione ed all’invio dell’as segno circolare e che lo aveva espressamente esortato a non intraprendere, nel mentre, in ossequio ai principi di buona fede e correttezza di cui al codice civile, attività esecutive, le quali avrebbero comportato un inutile quanto pregiudizievole aggravio della posizione debitoria. I dati di fatto rilevanti sono pacifici e sono i seguenti: Euro 97,84 (oltre interessi legali), l’entità del credito; 5 febbraio 2010, la data di pubblicazione della sentenza; 1 marzo 2010, la data nella quale la condannata Tr. disponeva il pagamento immediato a mezzo dell’articolazione competen te e ne dava comunicazione a mezzo fax al difensore del creditore, con esortazione ad astenersi dall’intraprendere l’esecuzione forzata; 4 marzo 2010, la data di consegna all’ufficiale giudiziario dell’atto di precetto per la notifica; Euro 397,80, la somma precettata, con patrocinio legale; 13 marzo 2010, la data di pagamento dei credito a mezzo assegno circolare; Newsletter n. 12 29 marzo 2011 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com 3 maggio 2010, la data del pignoramento mobiliare, per le sole spese di precetto, quantificate in Euro 297,58. La società esecutata, con l’opposizione, ha sostanzialmente sostenuto l’abuso da processo, il quale, anziché giusto, diviene ”ingiusto” ove fruito di abuso, appunto, per esercizio dell’azio ne in forme eccedenti, o deviatiti, rispetto alla tutela dell’inte resse sostanziale, con conseguente crisi della necessaria stru mentalità del mezzo processuale rispetto a quella che è la funzione essenziale e tipica assegnatagli dall’ordinamento, Ebbene, a riguardo non può prescindersi dalla indubbia mode stia del credito e dal fatto che la debitrice ne ha debitamente e con modalità da definire serie e non posticce preannunciato la integrale soddisfazione; soddisfazione avvenuta, di poi, in tem pi assolutamente ragionevoli (meno di 40 giorni dalla pubblica zione della sentenza), considerato che la debitrice è una socie tà per azioni partecipata da enti pubblici, notoriamente carat terizzata da una struttura amministrativa di grandi dimensioni, conseguentemente, complessa; complessità, che lo stesso legi slatore, in casi analoghi, riconosce essere ostacolo al paga mento celere e/o immediato; così nel caso degli enti pubblici, ove è previsto che il creditore non possa agire in via esecutiva senza avere atteso almeno centoventi giorni dalla notifica del titolo esecutivo; spatio adimplendi, previsto proprio al fine di consentire il necessario coordinamento tra le diverse articola zioni organizzative dell’ente debitore complesso. D’altro canto, nel caso di specie, neppure può sostenersi che la scelta di procedere all’esecuzione forzata, nonostante il preannunciato imminente pagamento, con tanta celerità, trovi ragione nella opportunità di acquisire, con il vincolo del pigno ramento, la garanzia (in senso lato) a tale atto connaturata, tenuto conto della modestia del credito e della notoria solvibi lità dell’ente debitore. P.Q.M. sospende l’esecuzione e concede alle parti il termine peren torio di giorni 180 per la riassunzione della causa davanti al Giudice di Pace. Riferimenti: Legge © Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti sono riservati FIDEIUSSIONE Nulla la garanzia dell’ipoteca sul bene donato Busani Angelo, Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, 23 marzo 2011 Pagina 36 È nulla la fideiussione rilasciata a garanzia di un mutuo garanti to da ipoteca su un immobile appartenente al mutuatario per donazione, qualora sia dimostrato che la fideiussione è stata rilasciata per garantire la banca che la donazione non sarà oggetto di contestazione da parte di eredi legittimari del do nante. È quanto ritenuto dal Tribunale di Mantova nella sen tenza 228/2011, depositata il 24 febbraio (ottenuta dallo stu Newsletter n. 12 29 marzo 2011 dio Afbn di Genova). Questa pronuncia è destinata a finire sui libri universitari perché diventerà un precedente imprescindibile nella compli cata materia della ”circolazione” dei beni oggetto di donazio ne: la presenza di una donazione nella ”storia” di un immobile ne rende infatti assai complicata la successiva vendita (o la sua sottoposizione ad ipoteca) a causa del timore dell’acquirente (o della banca) che l’immobile possa essere oggetto di una controversia ereditaria tra il donatario e gli altri eredi del donante, di cui l’acquirente dell’immobile o la banca mutante potrebbero fare le spese. L’articolo 561 del Codice civile sancisce infatti che gli immobili restituiti in conseguenza dell’impugnazione della donazione sono liberi da ogni peso o ipoteca di cui il donatario può averli gravati (le ipoteche restano efficaci se l’impugnazione è propo sta dopo venti anni dalla trascrizione della donazione); l’artico lo 563 dispone che se il donatario ha venduto gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, l’erede che ha impugnato la donazione può chiede re ai successivi acquirenti la restituzione degli immobili. Per sterilizzare il timore che la donazione comporti problemi all’acquirente del donatario o alla banca che ha preso l’immo bile in ipoteca, la prassi professionale ha elaborato alcune ”tecniche”: ad esempio, la risoluzione della donazione, provo cando il ritorno del bene nel patrimonio del donante; l’inter vento del donante al contratto di vendita o all’atto di costitu zione dell’ipoteca, al fine di fargli prestare la garanzia per evizione; il rilascio di una fideiussione da parte del donante a favore dell’acquirente o della banca, a garanzia del fatto che vi sarà un risarcimento, garantito da tutti gli eredi del donante, per il soggetto che si vedrà privato del bene acquistato o avuto in ipoteca, qualora tale bene faccia ritorno nella massa ereditaria per effetto di vittoriosa impugnazione della donazio ne. È proprio quest’ultimo sistema a essere stato cassato dal Tribunale di Mantova: non possono essere imposti ”pesi o condizioni sulla quota spettante ai legittimari” (articolo 549 del codice civile) ed è chiaro che è un peso evidentissimo quello che ha come effetto una responsabilità per evizione del bene donato in capo al legittimario che propone l’azione di riduzione mediante una fideiussione stipulata dal de cuius e poi ”ereditata” dai suoi successori. La sentenza in commento è importante anche perché non è una sentenza in materia ereditaria: nel caso esaminato dal Tribunale non vi era nessuna lite tra eredi ma ”solo” la pretesa della banca di escutere la fideiussione rilasciata dal donante a causa dell’inadempimento del mutuatario. © RIPRODUZIONE RISERVATA Tribunale Mantova Sezione 2 Civile Sentenza del 24 febbraio 2011, n. 228 Fideiussione Polizza fideiussoria Mutuo garantito da ipoteca su beni di provenienza donativa Mezzo per eludere applicazione di norma imperativa Illegittimità 9 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI MANTOVA SEZIONE SECONDA in composizione monocratica nella persona del Giudice Dott. Andrea Gibelli ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. 3351/2007 R.G. pro mossa da; Br. Ta. elettivamente domiciliata in Via Mo. e Cu. (...) Ma., presso e nello studio dell’avv. Al. Be. che la rappresenta e difende uni tamente agli avv.ti Al. Ac., Pa. Gi. e St. Fr. del Foro di Ge. giusta procura a margine dell’atto di citazione; ATTRICE contro Banca Ag. Ma. S.p.a. elettivamente domiciliata in Via Pr. Am. (...) Ma. presso l’avv. Be. Bi., rappresentata e difesa dall’avv. Gi. Pa. Ba. del Foro di Re. Em. giusta procura in calce alla comparsa di costituzione; CONVENUTA con la chiamata in causa di Gi. Ma. elettivamente domiciliato in Via Ca. (...) Ma., presso e nello studio dell’avv. Ce. Ru. che lo rappresenta e difende unita mente all’avv. Fr. Fe. del Foro di Mo. giusta procura a margine della comparsa di costituzione; CHIAMATO IN CAUSA in punto a: ”Fideiussione Polizza fideiussoria”. CONCLUSIONI Per l’attrice: ”Piaccia al Tribunale Ill.mo contrariis reiectis previe le declara torie meglio viste previa eventuale rimessione della causa sul ruolo per l’ammissione delle non ammesse istanze istruttorie formulate dalla conchiudente, dichiarare nulla, per i motivi dedotti in citazione e in corso di giudizio ovvero per ulteriori altre ragioni comunque rilevabili d’ufficio la fideiussione con cessa in data 12 (rectius 13, N.d.R) dicembre 2000 dal Sig. Re. Ma. (prod. N. 2) alla ”Banca Ag. Ma.”, con vittoria di spese diritti, e onorari del presente giudizio. Dichiara di non accetta re il contraddittorio sulle domande e sulle eccezioni, nuove o tardivamente formulate, o formulande da controparte”. Per Banca Ag. Ma. all’udienza del 6/7/10: ”Conclude come da memoria 14/11/08 con vittoria di spese competenze ed onorari, in via subordinata istruttoria chiede l’ammissione delle prove dedotte in memoria ex art. 183 del 18/12/08. Per Banca Ag. Ma. in memoria 14/11/08: nel merito, previa valutazione sotto il profilo della correttezza e della buona fede del comportamento anche processuale dei sig.ri Br. Ta. e Gi. (rectius Gi., N.d\R) Ma., respingere tutte le domande svolte contro Banca Ag. Ma. S.p.a. perché infondate in fatto e in diritto, oltreché temerarie. In ogni caso con vittoria di spese competenze e onorari”. 10 Per Gi. Ma.: ”Voglia il giudice del Tribunale di Mantova dichiarare nullo il contratto di fideiussione a norma degli artt. 1345 e 1418 c.c.; Voglia comunque dichiarare tenuta la convenuta a rifondere le spese del giudizio a Gi. Ma. stante la inutilità della sua parteci pazione al giudizio”. IN FATTO E IN DIRITTO La causa è stata, irritualmente, introdotta nelle forme del rito societario anziché in quelle del rito ordinario. Secondo la difesa di parte attrice la costituzione di parte convenuta, avvenuta nelle forme del rito ordinario, e quindi con comparsa di costituzione e risposta non notificata, do vrebbe considerarsi inesistente. Tale tesi non può essere condivisa. Invero, come osservato dalla difesa della Banca convenuta, in data 10/12/07, prima del mutamento del rito da societario a ordinario, la convenuta ha effettuato, nelle forme previste dal D.Lvo n. 5/03, la notifica della comparsa con mandato alle liti alla parte attrice, di tal che si deve parlare non di costituzione inesistente ma di costituzione tardiva. Ciò premesso si osserva quanto segue. Br. Ta., vedova di Re. Ma., deceduto in Fo. (Mo) il (...), ha agito in giudizio per sentire dichiarare la nullità della fideiussione rilasciata in data 13/12/00 dal defunto marito in base alla quale quest’ultimo si costituiva garante del tiglio Gi. Ma. fino alla concorrenza di Lire 3.500.000,000 verso Banca Ag. Ma. S.p.a. ”per l’adempimento delle obbligazioni verso codesta banca dipendenti da operazioni bancarie di qualsiasi natura, già con sentite o che venissero in seguito consentite al predetto no minativo o a chi gli fosse subentrato, quali, ad esempio: finan ziamenti sotto qualsiasi forma concessi, aperture di credito, aperture di crediti documentari, anticipazioni su titoli, su cre diti o su merci, sconto o negoziazione di titoli cambiari o documenti, rilascio di garanzie a terzi, depositi cauzionali, riporti, compravendita di titoli e cambi, operazioni di interme diazione o prestazioni di servizi”. All’art. 3 delle condizioni era prevista la solidarietà ed indivisi bilità dell’obbligazione fideiussoria nei confronti dei successori ed aventi causa del fideiussore. La domanda è fondata. Con atto pubblico a ministero notaio Al. Fr. in data 6/10/93 Rep. n. (...)(...) Re. Ma., che era nato a Ma. (Mo) il (...), aveva donato al figlio Gi. Ma. un terreno agricolo situato in Comune di Fo., frazione Ma., lungo Via Po. con soprastanti fabbricati rurali ad uso stalla, fienile, deposito, magazzini ed in parte ad uso abitazione, confinante con: via Po., ragioni Be., Be. Gu. e Al., e censito al N.C.T. di Fo. alla partita (...), foglio (...), mappali (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...). In data 15/12/00, e cioè due giorni dopo la fideiussione di cui si è detto, Banca Ag. Ma. S.p.a. concedeva a Gi. Ma., con atto a ministero notaio Al. Fr. Rep. n. (...)(...), mutuo ipotecario fondiario dell’importo di Lire 3.500.000.000. Dal contratto di mutuo si evince che parte del complesso immobiliare offerto in ipoteca dal mutuatario era pervenuto allo stesso con l’atto di donazione del 6/10/93 sopra citato. Newsletter n. 12 29 marzo 2011 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com Ciò premesso ulteriormente si osserva quanto segue. Non è contestato che Re. Ma. si sia spogliato del suo patrimo nio immobiliare in forza della donazione del 6/10/93 di cui si è detto. Pure non è contestato che, all’epoca della fideiussione, Re. Ma. vivesse dei proventi della sua modesta pensione. E’ provato che la fideiussione fu prestata da Re. Ma. a Banca Ag. Ma. S.p.a. per l’importo di Lire 3.500.000.000 a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni del figlio Gi. Ma. dipen denti da operazioni bancarie di qualsiasi natura, tra cui finan ziamenti sotto qualsiasi forma concessi, solo due giorni prima dei contratto di mutuo col quale la stessa Banca ha erogato un finanziamento di pari importo a Gi. Ma. E’ pure provato che il mutuo è garantito da ipoteca su beni in parte di provenienza donativa. In tale contesto la funzione della fideiussione non può essere altra se non quella di dissuadere il legittimario dall’intentare in futuro l’azione di riduzione che gli possa competere. Invero in un caso come quello di specie il legittimario erede si troverebbe nell’asse ereditario il debito di garanzia del die cuius e, come è stato osservato, tanto dovrebbe valere ad indurlo ad evitare di proporre l’azione di riduzione perché l’effetto di incremento del patrimonio risultante dal suo vitto rioso esperimento sarebbe vanificato dal debito. La stessa difesa della Banca convenuta riconosce che il mante nimento del credito a Gi. Ma. era subordinato ”alla condizione di avere ulteriori garanzie, più sicure di quelle costituite su beni di provenienza donativa” (v. memoria 14/11/08 per Ba. S.p.a.). Se non che l’ulteriore garanzia non poteva essere rappresenta ta dalla consistenza patrimoniale di Re. Ma. ormai nullatenen te. E’ poi in atti copia della lettera racc. A.R. in data 24/10/06 inviata dal difensore della Banca convenuta all’attrice in cui tra l’altro si legge ”... Le comunico che il defunto ha rilasciato in favore della Banca Ag. Ma. fideiussione fino alla concorrenza di Lire Italiane 3.500.000.000 (pari a Euro 1.807.599,15) a garan zia di tutte le obbligazioni del figlio Gi. Ma. Conseguentemen te, qualora Le venisse riconosciuta la qualifica di erede, con tutti i suoi beni, già presenti nel suo patrimonio e rinvenimenti (così nella lettera, N.d.R.) dalla successione, Lei dovrà rispon dere (nel limite predetto) di tutte le obbligazioni di Suo figlio, ivi compresa quelle già esposte nell’esecuzione 184/2004 indi cata in Euro 1.904.652,56 oltre interessi, come da atto di intervento, e spese legali”. La fideiussione di cui si discute deve pertanto ritenersi illecita per illiceità della causa ex art. 1344 c.c. atteso che il contratto, nel caso di specie, costituisce il mezzo per eludere l’applicazio ne di una norma imperativa. Invero il patto di garanzia è teso ad eludere il principio di intangibilità della quota legittima, principio che si desume in contestabilmente dalla norma imperativa di cui all’art. 549 c.c. Ne consegue la nullità ex art. 1418 c.c. Resta assorbita la richiesta formulata in via subordinata istrut toria dalla difesa della Banca dovendosi del resto riconfermare Newsletter n. 12 29 marzo 2011 sul punto quanto già statuito con ordinanza 28/4/09. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. II Tribunale ogni contraria istanza eccezione e deduzione di sattesa così provvede: 1) Dichiara la nullità del contratto di fideiussione per cui è causa per quanto in motivazione; 2) Condanna Banca Ag. Ma. S.p.a. alla rifusione delle spese che liquida, in favore di Br. Ta., in Euro 28.647,50 di cui Euro 32,00 per esborsi, Euro 4.891,00 per diritti, Euro 20.545,00 per onorari, Euro 3.179,50 per rimborso spese generali e, in favore di Gi. Ma., in Euro 12.584,25 di cui Euro 2.286,00 per diritti, Euro 8.900,00 per onorari, Euro 1,398,25 per rimborso spese generali oltre a quanto dovuto per legge. Riferimenti: © Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti sono riservati RISARCIMENTO DEL DANNO ( Risparmiatori truffati da una Sim scatta la condanna della Consob Guida al Diritto LE SENTENZE DEL GIORNO Corte di Cassazione Sezione III civile Sentenza 23 marzo 2011 n. 6681 La Cassazione stringe il cerchio sugli obblighi di vigilanza della Consob. L’ente di controllo e vigilanza, deve essere tale non solo di nome ma anche di fatto. I giudici di Piazza Cavour, con la sentenza n. 6681/2011, hanno confermato la condanna della Consob al risarcimento del danno subito da un gruppo di risparmiatori, truffati tra il 1990 e il 1992 da una Società di intermediazione mobiliare (Sim), perché la Commissione è intervenuta soltanto tardivamente a sospenderne l’attività. Una condanna per responsabilità extracontrattuale, ex artico lo 2043 del Cc, che si fonda sull’obbligo della pubblica ammini strazione, riconosciuto dalla Cassazione, di improntare la pro pria attività al principio generale del neminem ledere. Bocciato, dunque, il ricorso con il quale la Consob contestava la condanna inflittale nel 2007 dalla Corte d’appello di Roma ritenendo «che non avesse operato con diligenza» nei con fronti di un gruppo di risparmiatori. La Commissione si era difesa davanti ai giudici di legittimità sostenendo che non era tenuta ad operare controlli sostanzia li ma solo formali sui prospetti di informazione al cliente. Secondo i giudici di Piazza Cavour, all’opposto, l’ente di vigilan za deve svolgere una funzione di garanzia dei risparmiatori non solo in base alle leggi specifiche che ne regolamentano l’attivi tà, ma in modo tale da evitare, secondo un generale principio di buon senso, che i risparmiatori siano danneggiati. I supremi giudici al termine di quella che hanno definito ”una complessa ma istruttiva vicenda” hanno enunciato il seguente principio di diritto. «L’attività della pubblica amministrazione ed in particolare della Consob deve svolgersi nei limiti e con 11 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com l’esercizio dei poteri previsti dalle leggi speciali che la istitui scono, ma anche dalla norma primaria del ”neminem laedere”, in considerazione dei principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione dettati dall’articolo 97 della Costituzione in correlazione con l’articolo 47 prima parte della Costituzione». «Pertanto la Consob prosegue il principio della Cassazione è tenuta a subire le conseguenze stabilite dall’articolo 2043 del codice civile atteso che tali principi di garanzia si pongono come limiti esterni alla sua attività discrezionale, ancorché il sindacato di questa rimanga precluso al giudice ordinario. L’illecito civile, per la sua struttura, segue le comuni regole del codice civile anche per quanto concerne la cosiddetta imputa bilità soggettiva, la causalità, l’evento di danno e la sua quantifi cazione». In questa causa la Consob, parte soccombente, è stata condannata anche a pagare 15 mila euro di spese giudi ziarie sostenute, per il giudizio in Cassazione, dai risparmiatori truffati. Non è invece nota l’entità della cifra che dovranno risarcire alle persone rimaste truffate. Corte di Cassazione Sezione 3 Civile Sentenza del 23 marzo 2011, n. 6681 Responsabilità civile Pubblica amministrazione Consob Vigilan za Obbligo Tutela dei risparmiatori Società di intermediazione mobiliare Sospensione tardiva dell’attività REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MARIO ROSARIO MORELLI Presidente Dott. GIOVANNI BATTISTA PETTI Rel. Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 8202009 proposto da: Consob Commissione Nazionale Società Borsa (...), in perso na del Presidente prof. La. Ca., elettivamente domiciliata in Ro., Via Ba. Or. (...), presso lo studio dell’avvocato Ma. Za., che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato An. Pe. giusta procura speciale del Dott. Notaio Li. Co. in Ro. del 05/10/ 2009, Rep. n. (...); ricorrente contro An. Ma. (...), Mi. D’A. (...), Vi. Ma. (...), Ma. Da. Pa. (...), Fa. Be. (...), Da. D’A. (...), Gi. Fa. (...),An. St. Tu. (...), elettivamente domiciliati in Ro., Via A. Se. (...), presso lo studio dell’avvocato Ga. Bu., che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato Pa. Pa. giusta delega in calce al controricorso; controricorrenti nonché contro 12 Ma. Co., An. Cr., Ce. Re., Ta. Re., Ca. Di Bi., Cl. Di Io., Da. Tu., Ba. Za., Am. Ma., Fr. Ma., Ci. Me., Et. Da., Br. Di Ru., An. Ar., Ro. Fe., Pa. Ve., Ma. Cu., Lu. Fi., Pa. Ol. nato a Ti. il (...), Ma. Pr., Pi. Re., An. Di Lu., Eu. Ma., Pa. Ma., Gi. D’A., Pa. Ve., Ca. Or., En. Pa., Lu. Sa., Al. To., As. Ce., Al. Ga., Lu. Ma., Ad. Ma., Fu. Re., Ga. Ca., En. Co., Ot. Pe., Ma. Ra., Na. Gi., Le. Gi., En. Ma., Sa. Pe., Ar. Sa., Gi. Se., An. To., Lo. Ch., Vi. Gi., Gi. Ma., Fe. Co. Di Iu., Fa. D’A., Gi. De Ca., An. De. Fr., Ca. Ca., Ca. Fr., Lu. Ci., Be. D’O., Fe. D’O., Ma. Ti., Fr. Fo., Pa. Ol. nato a Ro. il (...), Ne. Pa., Ri. Pi., Da. Po., Gi. Ma. Ra., Fr. Ri., Ma. Pi. Di Pi., Fi. Ie., Ma. Cr., Vi. De La., Ma. Gi. De. Fr., Ca. Di Qu., An. Bi., Cl. Co., Al. Mi., Gi. Qu., Ma. Ca., Do. Ga., An. Ma. Mo., Va. Mo., Se. No., An. Pu., En. Re., Ni. Ri., An. Di Ma., Ma. Di Me., Ma. Do. Vi., Re. Le., Vi. Di Ta., Gi. Ca., Ni. Fa., Ro. Su., An. Gi., Do. Ma. Pa., Gi. Pa., Ev. Pe., An. Di Gi., Ro. Gu., Vi. Cr., Eu. De Ro., Fr. An. , Re. Ba., Gi. Be., Do. Di Zi., El. Fa., Lu. Sp., An. Al., Ot. Fo., Do. Mo., It. Or., Fe. Pa., Vi. Ru., Da. Ve., Em. Mi., Gl. Mi., An. De., Do. Bi., Am. Fa., An. So.; intimati avverso la sentenza n. 4675/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA, SEZIONE PRIMA CIVILE, emessa il 15/10/2007, de positata il 12/11/2007 R.G.N. 10134/04; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/02/2011 dal Consi gliere Dott. GIOVANNI BATTISTA PETTI; udito l’Avvocato Ma. Za.; udito l’Avvocato Ga. Bu.; udito l’Avvocato Pa. Pa.; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MASSIMO FEDELI che ha concluso con il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. 1. Con citazione notificata il 27 gennaio 1997 il sig. Gi. Be. ed altri centoventinove risparmiatori convenivano dinanzi al Tri bunale di Roma la Commissione Nazionale per la società e la borsabreviter CONSOB chiedendone la condanna, a titolo di responsabilità aquiliana ai sensi dello art. 2043 c.c. per il risarcimento dei danni per la perdita totale degli investimenti effettuati su sollecitazione della Sf. Società Se. Fi. Am. dal luglio 1990 e fino al novembre 1992, e della Sf. Co. S.r.l., dal marzo 1990 al maggio 1992. Si costituiva la Consob e contestava il fondamento delle pretese. Nel corso del giudizio interveniva no altri risparmiatori nell’interesse proprio. 2. Il Tribunale di Roma con sentenza del 26 luglio 2004 rigetta va tutte le domande proposte dai risparmiatori intervenuti in quanto prive di autonome conclusioni verso la Consob, acco glieva invece le domande di tutti gli attori con la eccezione di quella di Sa. la. per difetto di prova ritenendo che la Commis sione non avesse operato con diligenza e la condannava al risarcimento integrale dei danni ed alle spese di lite. 3. Contro la decisione proponeva appello la Consob chieden do previamente la sospensione della efficacia esecutiva e nel merito il rigetto delle domande; anche i risparmiatori interve nuti nel giudizio di primo grado proponevano impugnazione ed i due gruppi di parti impugnanti,contrassegnati dai numeri di ruolo 10134 del 2004 e 6277 del 2005 davano luogo a Newsletter n. 12 29 marzo 2011 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com procedure che venivano riunite a quella contrassegnata dal n. 820 del 2009. 4. La Corte di appello, sulle conclusioni rassegnate dalle varie parti, con sentenza del 17 novembre 2007, cosi decideva: dispone la separazione delle cause riunite a quella del 2009 n. 820 considerata ai fini della decisione; dichiara inammissibile la Costituzione in appello di Sa. Ia. compensando le spese del grado con la Consob; rigetta lo appello incidentale proposto da Be. Ot. D’I. e lo condanna alla rifusione delle spese del grado in favore della Consob; rigetta lo appello della Consob nei confronti degli altri appellati e la condanna alla rifusione delle spese del grado. Contro la decisione ricorre la Consob proponendo sette motivi di cesura; resistono Fa. Be., ed altri sette con unico controricorso. La parte ricorrente ha prodotto memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE. 5. Per chiarezza espositiva si darà dapprima una sintesi dei motivi della parte ricorrente, ed a seguire una loro analisi valutativa, tenendo conto anche delle considerazioni rassegnate nel controricorso. C.A. SINTESI DEI MOTIVI DEL RICORSO CONSOB. 5.1. Nel PRIMO MOTIVO si deduce error in iudicando per la violazione degli artt.101,121,156 c.p.c. e del diritto della difesa, in relazione allo art. 360 n. 2 c.p.c. La censura si incentra sul punto in cui la Corte di appello ha confermato la decisione del Tribunale che ha ritenuto di non dover tenere conto dei rilievi contenuti nella consulenza tec nica di parte della Consob per la ragione che le risultanze di detta consulenza non hanno formato oggetto di contradditto rio in quanto trasfuse nella comparsa conclusionale di primo grado. Il quesito di diritto a ff. 21 e 22 ripete la censura nella forma della domanda retorica, che presuppone una risposta affermativa. 5.2. Nel SECONDO MOTIVO si deduce error in iudicando per violazione dello art. 112 c.p.c. in relazione allo art. 360 n. 3 c.p.c. ed il vizio della motivazione in merito al fatto che la consulenza tecnica di parte conteneva delle osservazioni criti che alla relazione del Consulente di ufficio, meritevoli di esse re considerate, e che la omessa considerazione delle critiche determina la violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Il quesito a ff. 24 ripropone tale tesi, ma senza indicare o richiamare nel dettaglio le censure. 5.3. Nel TERZO MOTIVO si deduce error in iudicando, in relazione alla violazione o falsa applicazione degli artt. 3, 4 e 18 quater della legge istitutiva della Consob 1974 n. 216 con riferimento alla identificazione della condotta colposa efficien te della Consob, la quale, avendo rilasciato il 15 marzo 1989 la autorizzazione alla sollecitazione al pubblico risparmio, alla Sf. Di. S.p.a. poi divenuta Sf. Si., avrebbe poi omesso di compiere la diligente vigilanza, anche quando risultò evidente che la società in questione faceva parte di un più vasto gruppo, ricollegatesi alla Sf. distribuzione ed alla Sf. Co., che svolgevano intermediazione finanziaria senza autorizzazione alcuna. LA TESI, illustrata nel quesito a ff. 26, è che sulla base delle tre Newsletter n. 12 29 marzo 2011 norme richiamate tale controllo, successivo alla autorizzazio ne,non doveva essere compiuto. 5.4. Nel QUARTO motivo si deduce lo error in iudicando per la violazione dello art. 3 della legge 2 gennaio 1991 n. 1. in relazione allo art. 360 n. 3 del cod. proc. civile ed il vizio della motivazione in ordine allo addebito secondo cui la CONSOB non esercitò diligentemente la attività di verifica PRODROMI CA al rilascio delle autorizzazioni, rilasciate il 21 dicembre 1991, avvalendosi di poteri di ispezione e di controllo. Il quesito sintetico a ff. 41 esprime la tesi secondo cui erronea mente la Corte di appello ha ampliato la ratio legis della norma invocata, assumendo che la Consob non aveva soltanto un potere di controllo meramente formale, e là dove ha ritenuto che potesse esercitare un potere di sospensione. 5.5. Nel QUINTO motivo si deduce ancora error in iudicando in relazione alla violazione delle norme dei regolamento di attuazione della legge 1991 n. 1, ed in particolare dell’art. 7 approvato con deliberazione n. 5386 del 2 luglio 1991. La tesi, ribadita nel sintetico quesito a ff. 46 è che la Corte avrebbe ampliato la portata della norma, nel punto in cui ha ritenuto che il controllo prodromico avesse una portata sostanziale anziché formale e che in repressione potesse esistere un potere di sospensione per la Consob. 5.6. Nel SESTO MOTIVO si deduce il vizio della motivazione nel punto in cui la Corte di appello ritiene rilevante, ai fini della considerazione della condotta illecita, la tardiva sospen sione di Sf. Si. e di It. Fi. dello Albo Si. dopo lo accertamento delle irregolarità riscontrate. Il motivo non contiene quesiti, ma si attarda a precisare come invece la Consob, attraverso una intensa attività ispettiva ed una sistematica denuncia alla autorità giudiziaria ebbe ad accertare le gravissime irregolarità di tutti gli ulteriori fatti riscontrati nel corso delle ispezioni. Ma a tale argomento se ne aggiunge a ff. 46 la solita clausola di esenzione, sostenendosi che comun que le ispezioni esulavano dallo ambito della competenza della Commissione medesima SEMPRE nei corpo del motivo si assume che il nuovo regime della legge del 1991 n. l implicava la. possibilità di misure cautelari solo se le irregolarità anterio ri alla entrata in vigore, continuavano anche dopo tale regime che aveva aumentato i poteri di controllo della Consob come si legge a ff. 47 del ricorso. 5.7. Nel SETTIMO MOTIVO si deduce error in iudicando in relazione alla applicazione della clausola generale del neminem laedere, in relazione allo art. 360 n. 3. c.p.c, sul rilievo che nella fattispecie di illecito in esame, manca la prova che il danno lamentato dai risparmiatori fosse conseguenza imme diata e diretta delle autorizzazioni rilasciate nei confronti della Sf. Di. e di It. Fi. 6. ANALISI CRITICA DEI MOTIVI. Il primo motivo, che deduce un error in iudicando produttivo della violazione del contraddittorio sostanziale tra le parti è, nella sua formulazione e proposizione di quesito, inammissibile sotto vari profili: difetta di autosufficienza, posto che le ragioni critiche della relazione di parte non vengono in evidenza, rendendo impossibile a questa Corte di ricercarle altrove, e di 13 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com specificità, posto che la allegazione tardiva della consulenza in sede di conclusioni era in lesione del diritto a contraddire delle altre parti. Non sussiste dunque alcuna violazione delle norme violate e la formulazione del motivo è incompleta e contraddittoria proprio con riguardo alle tesi propugnate nel quesito, come rilevato anche in sede di controricorso. Nel secondo motivo si deduce invece una palese violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronuncia to in relazione alla mancata considerazione delle critiche del consulente di parte della Consob. La inammissibilità dei moti vo discende dal la preclusione processuale che precede, non senza rilevarne la manifesta infondatezza, sul rilievo che per costante giurisprudenza di questa Corte la consulenza di parte costituisce semplice allegazione difensiva di carattere tecnico e priva di valore probatorio, e dunque la valutazione del giudice di merito che ne prescinda, ma che sia coerente al raccolto probatorio, non contiene alcuna violazione del princi pio primo della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Nel TERZO MOTIVO si deduce error iniudicando con riferi mento alla originaria normativa della legge 1974 n. 216, soste nendosi nel relativo quesito, che non contiene il riferimento al successivo regolamento Consob del 1985, la tesi garantista del controllo meramente formale della Commissione nella raccol ta delle informazioni relative al gruppo di appartenenza della società destinataria della autorizzazione, garanzia che impedi va di vigilare successivamente sullo operato di tale gruppo. IL MOTIVO assume un ruolo centrale per lo esame del pre sente contenzioso, nel quale il fatto dannoso che si prospetta come illecito civile, secondo le regole di cui allo art. 2043, esige da un lato la precisazione dei termini temporali dello illecito, ben delineati della citazione introduttiva, e d’altro lato lo accertamento di tutti gli elementi strutturali dello illecito, tra cui quello della imputabilità per colpa lata, o della imputabi lità soggettiva è quello che viene per primo dedotto nel moti vo in esame come error in iudicando, sul rilievo che tale esigibilità di condotta virtuosa non sarebbe richiesta dalla legislazione istitutiva della Commissione come ente pubblico indipendente la cui funzione fondamentale è quella del con trollo dei mercati di borsa cui si aggiunge con la novellazione della legge del 1991 n. 1. art. 1 lettera f. e art. 3 comma secondo e terzo, la funzione del controllo al momento del rilascio della autorizzazione alle società di intermediazione mobiliare con il rinvio per le norme di dettaglio al potere regolamentare della Consob. Funzione di proteggere la tutela del risparmio, in una correlazione costituzionalmente orienta ta dagli artt. 41 e 47 della Costituzione. Il motivo nella sua formulazione a ff. 26, appare inammissibile in relazione alla sua assoluta mancanza di collegamento tra le fattispecie dello illecito succedute nel tempo tra il 1990 e 1992 ma a carattere continuativo, di guisa che gli atti e le attività di impoverimento dei risparmiatori, evidenziano un illecito civile continuato e con effetti lesivi permanenti, tale da creare un danno ingiusto che in definitiva si appropria dell’inte ro risparmio versato senza alcun adempimento in tutto o in parte restitutorio da parte delle società finanziarie e loro 14 collegate. Il quesito tende a delimitare nel tempo la responsabilità della Commissione ma non la esclude per la durata della gestione del risparmio che entra sotto il vigore della legge nuova che conferisce poteri sostanziali di vigilanza e controllo, che eser cita un potere precettivo che deve necessariamente operare nei confronti del soggetto sollecitatore ed a tutela del sogget to sollecitato che è il risparmiatore. Essendo inadeguata la formulazione del quesito, per la sua incompletezza in ordine alla delimitazione del fatto dannoso e della temporalizzazione della condotta soggettivamente impu tabile, il motivo resta inammissibile ai sensi dello art. 366 bis c.p.c. NEL QUARTO MOTIVO si deduce error in iudicando in relazione alla novellazione del 1991 ed in relazione alla imputa zione alla negligenza della Consob, che in data 27 dicembre 1991 concedeva alla Sf. Di. S.p.a. la autorizzazione ad esercita re la attività di intermediazione mobiliare e di gestione dei patrimoni, disponendone la iscrizione allo Albo delle Si.. Anche questo motivo è strumentale per lo esonero della Consob da imputazioni soggettive civili per colpa omissiva, ma tale tesi, formalmente garantista per lo organo di controllo, contrasta con la stessa legge di novellazione che accresce i poteri della Consob che non è soltanto organo di vigilanza del mercato dei valori, ma è anche organo di garanzia del rispar mio pubblico e privato. Sul punto il motivo non coglie la chiara ratio decidendi espres sa dalla Corte di appello romana a ff. 7 ed 8 della motivazione, dove pone in evidenza lo elemento della continuità delle ge stioni finanziarie sotto la nuova legge del 1991 e che ben poteva la Consob esercitare un efficiente controllo sulla ono rabilità del plesso amministrativo della società autorizzanda, non rilevando la mancata produzione dei carichi pendenti a carico del Milano e non attivandosi a richiedere notizia sulla effettività della cessione delle quote di controllo e di nuova amministrazione coniugale. Tardivi appaiono, rispetto agli esiti delle ispezioni, i provvedimenti di sospensione delle società decotte ed insolventi rendendo totale la perdita di risparmi investiti fiduciariamente. Il quesito del motivo a ff. 49 appare inammissibile per la incompletezza della sintesi di riferimento tra il fatto dannoso costituente danno ingiusto e condotta del soggetto agente da ritenersi non imputabile, malgrado la attribuzione di poteri istruttori, ispettivi ed inibitori, non tempestivamente esercitati per impedire la continua e ininterrotta espropriazione e di struzione dei risparmi sollecitati. In conclusione né il quarto né il quinto motivo valgono ad elidere la imputabilità soggettiva della Commissione, per colpa grave e continuata. NEL QUINTO MOTIVO si deduce ancora l’error in iudicando per avere i giudici del merito, applicando la richiamata norma tiva del 1991 e dello art. 7 del regolamento di attuazione, valutato la illegittimità dello atto autorizzatorio pur in presen za di verifiche ispettive e di ispezioni straordinarie negative come rilevato ai ff. 7 ed 8 della sentenza di appello. Il quesito, Newsletter n. 12 29 marzo 2011 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com così come formulato, è privo di decisività, in ordine alla inter pretazione costituzionalmente orientata del provvedimento autorizzatolo, che non è di mero accertamento, ma di discre zionalità vincolata alla valutazione di requisiti sostanziali di affidabilità, onorabilità, trasparenza, di guisa che possono assu mere rilievo impeditivo le eventuali irregolarità riscontrate a mezzo di procedura ispettiva ovvero sulla base della incomple tezza della documentazione, al punte che ex post potrà di sporsi la cancellazione dallo albo Si. La valutazione dello illecito come circostanziato appare dun que compiuta con un prudente apprezzamento delle prove, sia per la imputabilità soggettiva che per il danno evento che ne deriva, trattandosi di causalità giuridica da omissioni costituen ti inadempimento di un obbligo di garanzia, data la rilevanza costituzionale del risparmio pubblico e privato, (cfr. Cass. 3.3.2001 n. 3132). Il SESTO ed il SETTIMO MOTIVO vengono in esame congiun to per la intrinseca connessione. Ed in vero il sesto motivo denuncia come vizio di motivazione lo accertamento della colpa negligente e colpevole, sostenendo la tesi della adozione di provvedimenti di sospensione cautelare e di cancellazione, mentre il settimo affranta finalmente il nodo dello illecito, ma limitandone la analisi allo aspetto decisamente complesso, che attiene al nesso di causalità che si vuole diretta e immediata, proponendosi tuttavia nel quesito, a ff. 68, un quesito diverso rispetto a tale argomento, insistendosi ancora una volta nella tesi della non imputabilità soggettiva della Consob. Il quesito evidenzia la inammissibilità del motivo, per la manca ta formulazione della fattispecie circostanziata dello illecito, in relazione alla quale il nesso di causalità attiene ad una condot ta antigiuridica e colposa da cui deriva un danno ingiusto al risparmiatore investitore. VEDI sul punto la concisa ma preci sa argomentazione della Corte di appello sulla qualifica della condotta colposa efficiente della Consob. II PRINCIPIO DI DIRITTO che si ricava come DICTUM DI NOMOFILACHIA da questa complessa ma istruttiva vicenda, è dunque il seguente: la attività della pubblica amministrazione, ed in particolare della CONSOB, ENTE PUBBLICO DI GA RANZIA DI CONTROLLO E VIGILANZA SUL MERCATO DEI VALORI MOBILIARI E SULLA RACCOLTA FINANZIA RIA DEL RISPARMIO, deve svolgersi nei limiti e con lo eserci zio dei poteri previsti dalle leggi speciali che la istituiscono, ma anche della norma primaria del neminem laedere, in conside razione dei principi di legalità imparzialità e buona amministra zione dettati dallo art. 97 della Costituzione in correlazione con lo art. 47 prima parte della Costituzione; pertanto la Consob è tenuta a subire le conseguenze stabilite dallo art. 2043 c.c. atteso che tali principi di garanzia si pongono come limiti esterni alla sua attività discrezionale, ancorché il sindaca to di questa rimanga precluso al giudice ordinario. L’illecito civile, per la sua struttura, segue le comuni regole del codice civile anche per quanto concerne la ed imputabilità soggettiva, la causalità, lo evento di danno e la sua quantificazione. (cfr. Cass. 2001 n. 3132; 2001 n. 12672; 2003 n. 1191 e vedi Cass. SU 9 marzo 2007 n. 5396 sui poteri di controlio e di autono Newsletter n. 12 29 marzo 2011 mia della CONSOB). Al rigetto del ricorso segue la condanna della Consob alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, liquidate alle parti resistenti come in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la Consob in favore dei resistenti alle spese del giudizio, considerando la costituzione unitaria, in Euro 15.000,00 di cui 1.600,00 per spese oltre accessori e spese generali come per legge. Riferimenti: Legge Giurisprudenza © Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti sono riservati IN TEMA SU LEX24 Il Sole 24 Ore Guida al Diritto 4 dicembre 2010, N. 48 Pagina 20 di Martini Filippo La prescrizione del diritto all’azione risarcitoria dcorre da quando sii è cnsapevoli della lesione Il tribunale di Novara ha affrontato una delicata questione che attiene alla tutela del risparmio e alle azioni poste dall’ordina mento a tutela dei cittadini che, muovendosi nel mondo finan ziario caratterizzato da specifiche tecnicità, possono e debbo no richiedere un livello di assistenza e di protezione non solo agli organismi che compiono di fatto l’attività di mediazione mobiliare, ma anche da parte dei loro controllori, preposti cioè alla verifica (anche preventiva) del rispetto delle regole del mercato. Il caso Il caso attiene all’assai nota vicenda della commercia lizzazione su larga scala in Italia di titoli provenienti dal com parto finanziario dell’Argentina e autorizzati alla loro commer cializzazione in Italia nel passato decennio. Tuttavia la questione non riguarda la responsabilità contrattua le e precontrattuale del mediatore dell’operazione (per la quale, come brevemente si dirà, fiorisce già ampia giurispru denza), bensì attiene a un aspetto a oggi ancora marginale, rispetto alla casistica dell’attuale profilo di contenzioso, perché riguarda la (assunta) violazione dei doveri di vigilanza e con trollo demandati nel nostro ordinamento alla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, o Consob. La vicenda trae spunto dalla domanda di risarcimento dei danni avanzata ex articolo 2043 del Cc da un risparmiatore contro la Consob adducendo che le perdite patrimoniali deri vate dallo stato di default del titolo sarebbero imputabili e causalmente collegate con l’omessa attività di intervento e di controllo e vigilanza demandate al detto organo, disciplinate dal Tuf o Dlgs 58/1998. Il profilo di negligenza imputabile alla Consob sarebbe dunque da ricercare nella violazione o nell’omesso efficace adempi mento degli oneri derivanti all’organismo, come disciplinati dal detto Tuf, che avrebbero avuto una incidenza causale diretta 15 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com (secondo l’istante) sulla volontà di negoziazione del cliente e sulla conseguente perdita patrimoniale avvenuta dopo il di chiarato stato di default della Repubblica Argentina. L’esame dei giudici L’esame del tribunale si incentra sostan zialmente su due questioni assai rilevanti nella materia oggetto di continue evoluzioni giurisprudenziali e attenzioni dottrinali. Innanzitutto si pone una questione di esperibilità dell’azione legale e di attualità del diritto dell’attore per l’eccepita prescri zione del diritto nel contesto della responsabilità aquilina de dotta nei confronti dell’ente convenuto. Si offre quindi alla valutazione del giudicante l’essenziale problematica legata alla determinazione del dies a quo, vale a dire del momento dal quale il diritto può e deve essere esercitato dal soggetto leso e dal quale fare decorrere il computo del termine quinquennale dell’azione risarcitoria ordinaria ex articolo 2043 del codice civile. La seconda questione invece attiene al profilo di colpa (princi palmente omissiva) contestato alla Consob nello specifico contesto della piena esecuzione delle sue attribuzioni pubbli che, visto però nell’ottica del precetto generale della colpa da illecito civilistico, e quindi nel prospetto dei canoni istitutivi dell’azione di danni esercitata ex articolo 2043 del codice civile. In entrambe le ipotesi affrontate il tribunale di Novara adotta a nostro giudizio un parametro di approccio giuridico alla disciplina assai apprezzabile e ben motivato, giungendo, in sostanza, a ritenere la domanda attuale ed esperibile in giudi zio (rigettando l’eccezione di prescrizione), ma respingendola nel merito per la mancata prova delle condizioni di attribuzio ne della colpa omissiva in capo all’ente preposto al controllo della regolarità degli scambi. La decorrenza del diritto La prima questione affrontata attiene, come detto, alla determinazione della data di decor renza del diritto per la parte lesa, nel proprio interesse econo mico, e quindi, al limite iniziale dell’azione giudiziale e dell’isti tuto della prescrizione del diritto. La Consob eccepiva in giudizio l’intervenuta prescrizione del diritto azionato sul pre supposto che, posto che la negoziazione dei titoli era inter corsa nel marzo del 2001, era decorso il termine quinquenna le di decadenza prima dell’introduzione del giudizio, facendo risalire il dies a quo non alla data stessa di acquisto dei titoli, ma a quella in cui lo Stato argentino aveva ufficializzato il proprio default (24 dicembre 2001). Il tribunale rileva invece (respingendo l’eccezione preliminare) che il termine di decorrenza per l’esercizio del diritto e quindi dell’inizio del lasso di tempo che porta alla decadenza del l’azione, deve essere pareggiato a quello in cui deve ritenersi raggiunta nell’attore una sufficiente consapevolezza del verifi carsi del danno. Tale momento non poteva dunque essere legato a una genera le dichiarazione di insolvenza, bensì all’espressa indicazione da parte della Repubblica argentina della messa fuori mercato dei titoli (il ben diverso momento del gennaio 2005) e quindi con la presa coscienza, da parte della collettività, della insolvenza rispetto alle obbligazioni assunte dal debitore. 16 A ben vedere tale condivisibile opinione del tribunale si può a buon titolo collocare nel contesto disciplinare già tracciato dalla giurisprudenza della suprema Corte di cassazione in tema di inquadramento del dies a quo nelle azioni di risarci mento del danno, ove è stato di recente e più volte affermato che detto termine deve decorrere «non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione che produce il danno altrui o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, ma dal momento in cui viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento doloso o col poso di un terzo, usando l’ordinaria oggettiva diligenza e tenu to conto della diffusione delle conoscenze scientifiche» (Cas sazione 11 gennaio 2008 n. 581 in tema di azione di risarci mento del danno da medical malpractice). Il termine di decor renza della prescrizione, quindi, non sempre coincide con il fatto illecito (l’omesso controllo, contestato nel caso alla Con sob al momento della negoziazione dei titoli) e, talvolta, nem meno con la manifestazione del danno, bensì con il momento in cui la vittima ha modo (usando l’ordinaria diligenza) di rendersi conto in sostanza della riferibilità causale di un certo danno a un determinato e ben qualificato comportamento del terzo responsabile. Va da se che una tale affermazione di principio (quale quella contenuta nella decisone in esame) consente di ricollocare nell’attualità delle domande di risarcimento per fatti, pur riferi bili a epoche lontane, a condizione che gli effetti pregiudizievo li possano solo oggi (o nel recente passato) essere ricondotti all’azione od omissione colpevole dei soggetti tenuti alla vigi lanza o alla diligenza contrattuale tipica della mediazione mobi liare. La responsabilità della Consob Così ricondotta in un conte sto di attualità ed esperibilità dell’azione, il tribunale si occupa della ragione essenziale della domanda: la supposta responsa bilità extracontrattuale della Consob per la dedotta omessa vigilanza sugli intermediari del mercato finanziario che ebbero all’epoca a negoziare i titoli. Il profilo di responsabilità dedotto in giudizio è duplice ma non porta all’accoglimento della do manda risarcitoria, con motivazione che attinge dal principio generale della colpa aquiliana (l’articolo 2043 del Cc) e dalla realtà processuale dei fatti venuti alla luce. Da una parte veniva contestato all’ente di controllo l’omessa vigilanza sull’operato degli intermediari che collocarono i tito li; dall’altra era dedotto il mancato esercizio di poteri informa tivi e ispettivi verso gli stessi intermediari, valutando anche l’opportunità di sostituirsi a essi dopo averne rilevato le caren ze verso la potenziale clientela. Quello della responsabilità per il collocamento in Italia dei titoli argentini è una fattispecie che ha già determinato un consolidato orientamento giurisprudenziale. È stata affermata la responsabilità precontrattuale e contrat tuale dell’intermediario per la violazione dei doveri di informa tiva adeguata alla clientela (si veda Cassazione, sezioni Unite, 19 dicembre 2007 n. 26724; Cassazione 29 settembre 2005 n. 19024; tra la giurisprudenza di merito si veda ad esempio tribunale di Bari 7 giugno 2006); in altra circostanza è stata Newsletter n. 12 29 marzo 2011 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com affermata l’inesistenza dei contratti bancari relativi agli ordini di acquisto dei Bond Argentina (con onere della banca alla restituzione del capitale) per l’assenza di prova in ordine alle formalità previste circa l’acquisto dei titoli nel mercato mobi liare (tribunale di Milano 27 novembre 2006); mentre altret tanto pacifico appare l’orientamento che tende a escludere la legittimazione giurisdizionale passiva dello Stato argentino per azioni intentate da risparmiatori italiani (Cassazione, sezioni Unite, 27 maggio 2005 n. 11225). In tema di responsabilità della Consob per omessa custodia, invece, la casistica è assai più limitata, mentre i possibili ele menti di censura verso l’operato dell’ente di controllo appaio no più sfumati e rigorosi. Così è stata affermata la colpa della Consob, ad esempio, in ipotesi di omessa vigilanza e di accertamenti ispettivi su un operatore del mercato mobiliare per la violazione del diritto soggettivo conseguito ai risparmiatori cha avevano confidato in buona fede nella correttezza professionale del mediatore infedele (Cassazione n. 15916 del 29 luglio 2005); oppure è stata affermata proprio (come richiesta nella controversia avanti al tribunale di Novara) la colpa della Consob per viola zione del precetto primario del neminem laedere e in conside razione dei principi di legalità, imparzialità e buona ammini strazione che la pubblica amministrazione (e i suoi articolati organismi) deve rispettare. Proprio la vicenda culminata con la sentenza della Cassazione, abbastanza datata ma ancora assai attuale, n. 3132 del 2001, porta in evidenza il confine tra la colpa dell’amministrazione di controllo e la sua estraneità alle vicende della intermediazione mobiliare intervenute tra clientela e operatori. In tale vicenda, infatti, la Corte aveva affermato il principio che la responsabilità civile dell’organo pubblico di vigilanza è sen z’altro predicabile, una volta accertata, da un canto, la evidente falsità di dati essenziali del prescritto prospetto informativo (cosa che, nella fattispecie de quo era, peraltro, evidenziato perfino nell’ambito di una campagna di stampa svoltasi quasi contestualmente all’operazione finanziaria) e, dall’altro, l’asso luta omissione di qualsivoglia intervento di tipo istruttorio, integrativo, repressivo su un’operazione che, prima facie, non offriva un accettabile livello di veridicità delle informazioni rilasciate dall’operatore finanziario. Il ruolo esercitato In buona sostanza, l’operato della Consob deve anch’esso rispondere a un precetto generale di diligenza e attenzione al ruolo esercitato e alla funzione di garanzia che l’ordinamento gli attribuisce, al punto che «se è indiscutibile che appartenga alla sfera riservata alle scelte dell’organo quella di utilizzare questo o quello strumento istruttorio, correttivo, repressivo a fronte di elementi di incompletezza o non veridi cità della comunicazione di cui all’art. 18, è altrettanto indiscu tibile trattandosi di strumenti assegnati all’organo pubblico per l’esercizio di una funzione di vigilanza che l’omissione di alcuna iniziativa funzionale allo scopo assegnato non può tro vare esimente nell’appartenenza anche di tale omissione al l’ambito della funzione stessa, tal funzione avendo oltre i noti limiti esterni della imparzialità, correttezza e buona ammini Newsletter n. 12 29 marzo 2011 strazione (S.U. 500/99) il vincolo interno costituito dalla atti vazione della vigilanza nell’interesse pubblico, quello che que sta Corte ha già avuto occasione di definire come l’interesse alla trasparenza del mercato dei valori mobiliari (Cass. 10976/ 96)». E dunque in ragione del primario interesse sociale alla traspa renza e veridicità del mercato mobiliare, la Consob deve risponde verso la collettività (e quindi verso il singolo utente) di una propria non scusabile negligenza o altra omissione professionale. La decisione di Novara In questo contesto si inserisce dun que la decisione in esame che, forse, per così dire rileva non tanto per quello che non accoglie (la domanda attorea, in sostanza), bensì di più per quello che costituisce la ratio della reiezione stessa: l’omesso assolvimento da parte dell’attore del principio di prova che sottende l’azione risarcitoria gene rale di cui all’articolo 2043 del codice civile. E invero il tribunale di Novara rileva che «essendo la domanda formulata ex art. 2043 c.c. è onere generale dell’attore di dimostrare, oltre al comportamento colposo della convenuta ed il pregiudizio subito, altresì il nesso causale tra omissione e danno. Quindi grava sull’attore la prova, da acquisire con giudizio controfattuale ipotetico prognostico, che il tempesti vo compimento dell’intervento omesso avrebbe impedito la conclusione del contratto di acquisto dei titoli sudamericani e quindi la produzione del danno». È corretto dunque il richiamo ai principi generali che sotten dono la disciplina della colpa extracontrattuale o da fatto illecito, che assume, anche nella fattispecie dell’omesso con trollo della Consob, rilievo essenziale. La pronuncia in commento si cala dunque perfettamente nel contesto del principio generale consolidato in giurisprudenza per il quale «in tema di responsabilità civile extracontrattuale, il nesso causale tra la condotta illecita e il danno civile è regolato dal principio di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., in base al quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, non ché dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla scorta del quale, all’interno della serie causale, occorre dare rilievo solo a quegli eventi che non appaiono ad una valutazione ex ante del tutto inverosimili; ne consegue che, ai fini della riconducibilità dell’evento dannoso a un determinato compor tamento, non è sufficiente che tra l’antecedente e il dato consequenziale sussista un rapporto di sequenza, essendo invece necessario che tale rapporto integri gli estremi di una sequenza possibile, alla stregua di un calcolo di regolarità statistica, per cui l’evento appaia come una conseguenza non imprevedibile dell’antecedente» (così da ultimo si veda Cassa zione n. 15895 del 7 luglio 2009). E quindi, la colpa per l’omesso controllo della Consob non attiene a una sfera che esula dagli obblighi dell’ente di rispon dere verso la collettività per il proprio operato ovvero per le colpevoli omissioni. Semplicemente la domanda correttamente posta in diritto deve rispondere ai canoni della colpa extracontrattuale e ai 17 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com principi dell’onere della prova che grava sulla parte che assu me essere danneggiata, sia da un punto di vista dell’introduzio ne in giudizio delle azioni od omissioni colpevoli, sia da quello essenziale della riferibilità causale di dette omissioni ai danni che si assumono subiti. È per il mancato raggiungimento di tale obbiettivo primario che la domanda viene disattesa dal tribunale di Novara, non avendo la parte istante chiarito in dettaglio i termini delle supposte omissioni negligenti dell’ente e non avendo provato una correlazione causale tra dette mancanze e il danno econo mico dedotto in giudizio. Come detto, a ben vedere la sentenza traccia, argomentando a contrario, quelli che potrebbero essere gli elementi costitui vi pratici di un accertamento di responsabilità in capo alla Consob e quindi di una sua condanna al risarcimento del danno. Due sono infatti gli spunti di indagine che possono portare all’accoglimento ovvero al rigetto della domanda contro l’or gano di controllo degli scambi mobiliari: il livello di intervento professionale, di vigilanza e quindi di attivazione richiesto e, a completamento del sinallagma, l’accertamento che l’attivazio ne tempestiva mancata in concreto avrebbe impedito il danno, con elevato grado di probabilità. Quanto al primo spunto, il tribunale, mediando tra gli obblighi di legge attribuiti dal Tuf alla Consob, identifica nella fattispecie la necessità di collocare cronologicamente l’evidenza di un anomalo flusso di negoziazioni tra la clientela retail, quale elemento di diligente conoscibilità della criticità e del pertur bamento del mercato. Quanto al secondo aspetto, alla luce dei già richiamati principi della colpa extracontrattuale, correttamente il tribunale ri chiede che verificata l’omissione venga raggiunta la prova che un tempestivo intervento di Consob avrebbe impedito la conclusione del contratto tra l’attore e l’intermediario al col locamento, con «un elevato grado di probabilità». Ma nel caso di specie, tuttavia, non è stata offerta né la prova della conoscibilità della situazione di crisi (donde far discende re l’obbligo di attivazione dell’ente), né, in aggiunta, si è otte nuta la prova circa la correlazione causale tra omissione e danno, non essendo sufficiente affermare in astratto che «una adeguata vigilanza da parte di Consob avrebbe scongiurato il pregiudizio economico patito da una molteplicità di investitori, essendo invece necessario condurre il giudizio di adeguatezza causale con specifico aggancio al contratto di investimento sottoscritto» dal singolo danneggiato attore. È dunque l’indagine istruttoria svolta in giudizio che non ha consentito di assolvere all’onere di prova gravante sulla parte danneggiata, mentre trova conferma giudiziale il principio del l’imputabilità astratta alla Consob dell’omessa vigilanza profes sionale e dell’onere di risarcire il danno che sia comprovata mente conseguente a tale colpevole omissione. Riferimenti: Legge 18 RESPONSABILITA’ DA CUSTODIA L’Anas è responsabile per i guardrail pericolosi Galimberti Alessandro, Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, 23 marzo 2011 Pagina 39 MILANO Nel caso di incidente della circolazione, l’ente proprietario della strada è responsabile dei danni provocati dal guard rail se questo, per la sua inadeguatezza, rappresenta una situazione di «pericolo immanente». Con la sentenza 6537/2011, deposita ta ieri, la Terza civile della Corte di cassazione torna a delinea re la responsabilità da custodia (articolo 2051 del codice civile) nei confronti dell’Anas, inserendosi nel filone giurispru denziale ”revisionista”, varato con la sentenza 20427/2008. Fino a tre anni fa, infatti, i giudici di legittimità avevano ritenuto applicabile la responsabilità ”del custode” per la categoria demaniale delle strade pubbliche solo in relazione alla loro dimensione: strade piccole, cioè controllabili, uguale responsa bilità, parametro invece inapplicabile sulle grandi arterie. Ora però la Cassazione, analizzando il ricorso degli eredi di un automobilista morto trafitto dal guard rail mal posizionato, fissa il definitivo cambio di approccio. La responsabilità da «cosa in custodia», scrive l’estensore della sentenza 6537/11, presuppone che l’ente proprietario della strada debba essere in grado di esplicare sulla stessa un «potere di di sorveglianza, modificarne lo stato e di escludere che altri vi apportino modifiche»; che la responsabilità scatta una volta che si accerti che il fatto dannoso è dovuto a un’anomalia della strada o degli «strumenti di protezione della stessa». La responsabilità dell’ente pubblicocustode si configura «sal vo che quest’ultimo non dimostri di non aver potuto far nulla per evitare il danno», e la presunzione di colpa che grava su di lui può essere superata solo «quando la situazione che provo ca il danno si determina non come conseguenza di un prece dente difetto di diligenza nella sorveglianza della strada, ma in maniera improvvisa, atteso che solo quest’ultima integra il caso fortuito». In sintesi, a giudizio della Terza sezione, la responsabilità da custodia si applica in linea generale «agli enti pubblici proprietari di strade aperte al pubblico transito, in riferimento alle situazioni di pericolo immanentemente con nesse alla struttura o alle pertinenze della strada, indipenden temente dalla sua estensione». Ma la sentenza della Cassazione tocca anche il concorso cau sale del comportamento della vittima, sotto il profilo della presunta «abnormità» della guida. La funzione del guard rail, taglia corto il magistrato, «è quella di impedire al conducente di uscire fuori strada e tale funzione ovviamente è correlata a tutte quelle condotte di guida la cui conseguenza sarebbe quella per l’autovettura di uscire fuori dalla carreggiata». Quin di la funzione del guard rail è «ontologicamente» evitare che qualsiasi condotta di guida non regolare possa far uscire l’auto di strada. Soprattutto, chiosa la sentenza di rinvio alla corte Newsletter n. 12 29 marzo 2011 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com d’appello, non deve accadere che la protezione diventi una lama mortale che squarcia l’abitacolo. © RIPRODUZIONE RISERVATA www.ilsole24ore.com/norme I Corte di Cassazione Sezione 3 Civile Sentenza del 22 marzo 2011, n. 6537 Responsabilità civile Danno Danno cagionato da cose in custodia Anas Manutenzione stradale Guardrail posizionato in maniera errata e pericolosa Sinistro stradale Responsabilità REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MARIO ROSARIO MORELLI Presidente Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO Consigliere Dott. ULIANA ARMANO Rel. Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 12022009 proposto da: Gi. Vi. (...), Ma. Pr. (...), Se. Vi. (...), Da. Vi. elettivamente domiciliati in Ro., presso Cancelleria Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato Da. Vi., con studio in (...) L’A. Via X. Se. (...), giusta delega a margine del ricorso; ricorrenti contro Anas S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Ro., Via dei Po. (...), presso gli Uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, da cui è difeso per legge. controricorrenti avverso la sentenza n. 939/2007 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, Sezione Civile, emessa il 16/10/2007, depositata il 20/11/2007; R.G.N. 1095/2003. udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/01/2011 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO; udito l’Avvocato Da. Vi.; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per l’accoglimen to del ricorso. Svolgimento del processo Il Tribunale dell’Aquila rigettava la domanda proposta da Ma. Pr. e dai suoi figli Ro. Vi., Gi. Vi. e Se. Vi., volta ad ottenere la condanna dell’ANAS al risarcimento dei danni conseguenti al sinistro stradale nel quale era deceduto Ce. Vi., rispettivamen te loro coniuge e padre, e che essi attribuivano a colpa del l’ANAS ex art. 2051 c.c. per aver posizionato lungo la strada un guardrail in maniera errata e pericolosa. Deducevano che Ce. Vi., mentre percorreva alla guida del suo autoveicolo la SS (...), aveva perso il controllo dell’automezzo Newsletter n. 12 29 marzo 2011 ed era andato ad urtare contro il guard rail posto sul margine destro della carreggiata; per effetto dell’urto la lamiera era penetrata all’interno dell’abitacolo ed aveva trapassato Ce. Vi., procurandone il decesso. La Corte di Appello dell’Aquila rigettava il gravame, confer mando la decisione di primo grado. Avverso detta sentenza proponevano ricorso per Cassazione Ma. Pr. e i suoi figli Ro. Vi., Gi. Vi. e Se. Vi. sorretto da cinque motivi. Resisteva con controricorso l’ANAS. Motivi della decisione La sentenza della Corte di Appello dell’Aquila ha escluso l’applicabilità della responsabilità ex art. 2051 c.c., ritenendo che l’estensione delle strade di cui l’ANAS doveva curare la manutenzione su scala nazionale era tale da non consentire l’esercizio di una vigilanza continua sull’intera rete. Valutando la fattispecie alla luce dei principi di cui all’art. 2043 c.c., ha ritenuto, che non vi fosse alcuna responsabilità del l’ANAS in quanto il guardrail non costituiva insidia o traboc chetto, in quanto era posto al di fuori della carreggiata, paral lelamente alla sede stradale ed era ben visibile e rispettoso della normativa vigente. La Corte di Appello ha affermato che, sia che si ritenesse applicabile la responsabilità ex art. 2051 c.c. che quella dell’art. 2043 c.c., la responsabilità dell’ANAS doveva essere comun que esclusa in presenza di una condotta abnorme dell’utente, che era stata causa esclusiva del verificarsi dell’evento danno so. E’ necessario esaminare congiuntamente il primo e terzo mo tivo del ricorso per la loro evidente connessione. Con il primo motivo di ricorso viene dedotta violazione del l’art. 2051 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 ed omessa e contraddittoria motivazione sul punto. Secondo i ricorrenti la Corte di Appello aveva erroneamente escluso l’applicabilità del 2051 c.c. con una motivazione di stile senza accertare se nel caso concreto vi era l’impossibilità di sorveglianza e solo in relazione alla strada. dovendo invece valutare se tale norma era applicabile nell’ipotesi in cui l’even to era dipeso dalla cosa in sé in relazione alla funzione da svolgere, tenendo conto che il guardrail, sradicatosi dalla strada, era penetrato come una lancia nel l’autovettura, reci dendo l’arteria femorale di Ce. Vi. e provocandone la morte. Con il terzo motivo di ricorso viene dedotta la violazione degli artt. 2051, 2043 e 1127 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., in quanto la Corte di Appello avrebbe attribuito l’esclusiva efficienza causale dell’evento all’abnorme condotta di guida del conducente dell’auto, senza valutare la condizione di oggettiva pericolosità derivante dalla ”res” che avrebbe richiesto, in corrispondenza di quel tratto, apprestamenti ido nei ad evitare in caso di incidente la penetrazione del guardrail nell’autovettura. I due motivi sono fondati. Infatti la più recente giurisprudenza di questa Corte (Cass., 25.7.2008, n. 20427) ha superato, il precedente indirizzo, se condo il quale l’art. 2051 c.c. è applicabile nei confronti della 19 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com P.A., per le categorie di beni demaniali quali le strade pubbli che, solamente quando, per le ridotte dimensioni, ne è possi bile un efficace controllo ed una costante vigilanza da parte della P.A., tale da impedire l’insorgenza di cause di pericolo per gli utenti (Cass. 26 settembre 2006, n. 20827; Cass. 12 luglio 2006, n. 15779; Cass. 6 luglio 2006, n. 35383). Si è affermato il diverso principio secondo il quale la responsa bilità da cosa in custodia presuppone che il soggetto al quale la si imputi sia in grado di esplicare riguardo alla cosa stessa un potere di sorveglianza, di modificarne lo stato e di escludere che altri vi apporti modifiche. S’è precisato in tal senso: a) che per le strade aperte al traffico l’ente proprietario si trova in questa situazione una volta accertato che il fatto dannoso si è verificato a causa di una anomalia della strada stessa ed a maggior ragione per un’anomalia relativa agli strumenti di protezione istallati; b) che è comunque configurabile la re sponsabilità dell’ente pubblico custode, salvo che quest’ultimo non dimostri di non avere potuto far nulla per evitare il danno; c) che l’ente proprietario supera la presunzione di colpa quan do la situazione che provoca il danno si determina non come conseguenza di un precedente difetto di diligenza nella sorve glianza della strada, ma in maniera improvvisa, atteso che solo quest’ultima al pari della eventuale colpa esclusiva dello stesso danneggiato in ordine al verificarsi del fatto integra il caso fortuito previsto dall’art. 2051 c.c., quale scriminante della responsabilità del custode. Si ritiene, in sintesi, che agli enti pubblici proprietari di strade aperte al pubblico transito è in linea generale è applicabile l’art. 2051 c.c., in riferimento alle situazioni di pericolo imma nentemente connesse alla struttura o alle pertinenze della strada, indipendentemente dalla sua estensione (Cass. 29 mar zo 2007, n. 7763; Cass. 2 febbraio 2007, n. 2308; Cass., 3.4.2009, n. 8157). Nel caso di specie la Corte di Appello ha errato nel non ritenere ricorrente nella specie la responsabilità ex art. 2051 c.c. in quanto, secondo la prospettazione della domanda, si trattava di un danno relativo ad una anomalia relativa alle barriere di protezione della strada, in relazione alle quali l’ente pubblico era in grado si esercitare il potere di sorveglianza e di adottare tutte le possibili soluzioni per evitare il danno, in quanto era perfettamente a conoscenza sia del tipo di prote zione adottato che delle modalità di installazione dello stesso. Il terzo motivo di ricorso contesta l’affermazione con cui la Corte di Appello ha attribuito la esclusiva efficienza causale dell’evento alla condotta di guida abnorme del conducente. Anche tale motivo è fondato. A tale proposito deve osservarsi che la funzione del guardrail è quella di impedire al conducente di uscire fuori di strada e tale funzione ovviamente è correlata a tutte quelle condotte di guida la cui conseguenza sarebbe quella per l’autovettura di uscire fuori della carreggiata di sua competenza. Quindi la funzione del guardrail è ontologicamente quella di evitare che qualsiasi condotta di guida non regolare possa portare l’autovettura a pericolose uscite fuori dalla sede stra dale. 20 Rispetto a tale funzione.non può essere considerata condotta abnorme quella del conducente che impatta violentemente contro il guardrail, il quale è funzionalmente posto ad attutire le conseguenza degli impatti violenti. Alla luce di tale considerazioni compito del giudice dovrà essere quello di valutare, tenendo conto degli accertamenti fattuali da cui risulta che il guardrail dopo l’urto dell’autovet tura si era ritorto in modo tale da penetrare nella stessa come una lama, se tale barriera, per la sua struttura e per il suo posizionamento rispetto alla carreggiata. era adeguata o meno ad assolvere la sua funzione di protezione e se, in tale prospet tazione, la condotta del conducente abbia avuto una efficienza causale esclusiva ed autonoma tale da vincere la presunzione di responsabilità gravante sul custode. Il terzo motivo di ricorso, con sui si contesta la valutazione negativa della Corte di appello in ordine alla natura di insidia del guadrail correlata all’ipotesi di responsabilità extracon trattuale ex art. 2043 c.c. al quarto motivo relativo alla valuta zione delle prove testimoniali ed il quinto sul regolamento delle spese, sono assorbiti dall’accoglimento del primo e terzo motivo di ricorso. La sentenza va cassata con rinvio alla Corte di Appello del l’Aquila che valuterà la fattispecie alla luce dei principi soprae sposti. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello dell’Aquila in diversa composizione. Riferimenti: Legge Giurisprudenza © Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti sono riservati I PRECEDENTI IN AULA Corte d’Appello Napoli Sezione 4 Civile Sentenza del 21 febbraio 2011, n. 520 Responsabilità da cose in custodia Irrilevanza del comporta mento del custode Pubblica Amministrazione Verifica della sussistenza del potere di controllo Parco pubblico Respon sabilità dell’ente gestore. La responsabilità per i danni da cose in custodia, anche nel l’ipotesi in cui il custode sia la P.A., si fonda, esclusivamente, sull’esistenza del mero rapporto di custodia con la res, attesa la sostanziale irrilevanza del comportamento oggettivo del custode. Questi, in altri termini, è chiamato a rispondere dei danni eziologicamente connessi al bene sul quale esercita il potere di controllo indipendentemente dalla condotta even tualmente attuata, sia che si sia rivelata, dunque, prudente ed attenta, sia che si sia rivelata negligente. L’unico elemento degno di nota, quindi, per quanto attiene, in particolare, la responsabilità dell’Amministrazione in qualità di custode dei Newsletter n. 12 29 marzo 2011 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com beni demaniali o comunque soggetti ad uso pubblico, risiede nella oggettiva possibilità di esercitare il citato potere di con trollo, laddove la responsabilità deve quindi ritenersi esclusa nelle ipotesi in cui si accerti l’oggettiva impossibilità di control lare il bene (e quindi di custodirlo). Elementi sintomatici di siffatta impossibilità, la cui sussistenza, comunque, non esclude ab origine la responsabilità in parola, possono essere, in parti colare, l’estensione del bene e l’uso generalizzato da parte di un numero imprecisabile di utenti. Ciò posto, nel caso di specie, l’organo giudicante ha ritenuto sussistente la responsa bilità dell’Amministrazione ex art. 2051 c.c. per i danni deriva ti ad un ciclista caduto a causa di una buca non visibile all’inter no di un parco pubblico, rilevando, in particolare, la limitata estensione del bene ed il fatto che lo stesso, in quanto meta anche di bambini, doveva essere oggetto di un controllo più pregnante da parte dell’ente responsabile. Repertorio24 PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24 Tribunale Palermo Sezione 3 Civile Sentenza del 8 febbraio 2011, n. 550 Danni da cose in custodia Strade Responsabilità della P.A. Presupposti Possibilità del concreto ed effettivo esercizio del potere di controllo da parte della P.A. Onere del danneggiato di provare il fatto la riconducibilità dei danni patiti in occasione dello stesso alla res in custodia Presenza di una buca non segnalata sul marciapie di Idoneità a provare la sussistenza del nesso eziologico Sussi stenza. La responsabilità del custode, presupponendo un effettivo e concreto rapporto di custodia tra il soggetto al quale è adde bitata la responsabilità del danno e la cosa che ha provocato l’evento lesivo, è applicabile anche alla Pubblica Amministra zione ed agli altri enti pubblici per tutti i danni prodotti dalla cosa sulla quale l’Amministrazione o l’ente in concreto eserciti i poteri propri del custode. Tuttavia, poiché è la relazione di fatto, e non semplicemente quella giuridica, tra il soggetto e la cosa, che assume il ruolo di oggettivo criterio di imputazione della responsabilità, questa deve essere esclusa ogni volta le caratteristiche del bene escludano la possibilità del concreto ed effettivo esercizio del potere di controllo da parte della P.A. alla quale il bene appartiene. In particolare deve escludersi l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. al demanio stradale per quelle strade in relazione alle quali, per la loro estensione, per le loro caratteristiche, per le dotazioni ed i sistemi di controllo che le connotano, l’esercizio effettivo del controllo da parte della P.A. (o dell’ente al quale la strada è affidata) sia inesigibile e perciò escluso. Situazione, questa, che, per il demanio stradale comunale, può, però, essere riconosciuta solo per le strade poste al di fuori della perimetrazione del centro abitato, dato che la localizzazione della strada all’interno del predetto peri metro, dotato di una serie di altre opere di urbanizzazione e, più in generale, di pubblici servizi che direttamente indiretta Newsletter n. 12 29 marzo 2011 mente sono sottoposti ad attività di controllo e vigilanza costante da parte del Comune, denotano la possibilità di un effettivo controllo e vigilanza della zona, per cui sarebbe arduo ritenere che eguale attività risulti oggettivamente impossibile in relazione al bene stradale. In ogni caso, poiché l’art. 2051 c.c. prevede una responsabilità fondata su una presunzione di colpa c.d. aggravata, il danneggiato è tenuto a fornire la prova del verificarsi del fatto e della riconducibilità dei danni patiti in occasione dello stesso alla res in custodia. La presenza sul marciapiedi di una buca non segnalata, costituisce un sicuro fattore di interferenza suscettibile di influire sull’incedere di un ignaro pedone ed a provocarne la caduta, essa, pertanto, assume rilievo sul piano della valutazione relativa alla sussi stenza del nesso eziologico. Repertorio24 PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24 Tribunale Trieste Civile Sentenza del 18 febbraio 2011, n. 171 Responsabilità per danni da cosa in custodia Configurabilità a carico della Pubblica Amministrazione Evento dannoso ricollegabi le direttamente ad un difetto di manutenzione della sede del marciapiede Affermazione della responsabilità. La responsabilità di natura oggettiva per danni derivanti da cosa in custodia di cui all’art. 2051 c.c. ben può essere invoca ta anche nei confronti della Pubblica Amministrazione ed an che in riferimento a beni demaniali, ovvero beni dei quali l’Amministrazione abbia la disponibilità, pur se di estese di mensioni. In tal senso, pertanto, deve farsi luogo ad una decla ratoria di responsabilità, al titolo suddetto, della convenuta Amministrazione Comunale ogni qualvolta l’evento dannoso derivato all’utente sia ricollegabile direttamente ad un difetto di manutenzione della sede del marciapiede. La circostanza è ancor più pacifica qualora, come nella specie, il bene pubblico fonte di danno sia sito in area collocata al centro della città, caratterizzata da particolare e periodico affollamento per la presenza, nei pressi, di due istituti scolastici, e con particolari esigenze di manutenzione per la presenza di alberatura della sede stradale. Repertorio24 PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24 NOTIFICAZIONI ATTI PROCESSUALI Destinatario assente: notifica da ripetere Iorio Antonio, Falcone Francesco, Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, 21 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com 23 marzo 2011 Pagina 36 È inammissibile il ricorso in Cassazione nel caso in cui la notifica effettuata a mezzo posta non sia andata a buon fine e la parte interessata non abbia richiesto all’ufficiale giudiziario la riattivazione del procedimento notificatorio. A stabilirlo è la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 6587 depositata il 22 marzo che ha dichiarato inammissibile il ricorso in Cassazione proposto dall’agenzia delle Entrate. Nel caso in questione l’amministrazione ha notificato il ricorso in Cassazione al contribuente a mezzo del servizio postale in base all’articolo 149 del codice di procedura civile. Ha deposi tato, quindi, un avviso di ricevimento nel quale risultava che il plico non era stato consegnato «per irreperibilità del destina tario». In particolare era stato evidenziato che il contribuente era risultato sconosciuto nel domicilio indicato. L’Agenzia tut tavia, una volta ricevuto questo plico dal servizio postale, non aveva provveduto a richiedere all’ufficiale giudiziario la riattiva zione del procedimento notificatorio. I giudici di legittimità hanno dichiarato il ricorso così proposto inammissibile. Ciò, in applicazione anche del principio affermato dalle Sezioni unite (17352/09) in tema di notificazioni degli atti processuali, secondo cui la notifica dell’atto deve effettuarsi entro un ter mine perentorio. Tuttavia se essa non si conclude positiva mente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripre sa del procedimento. Ai fini del rispetto del termine, la conse guente notifica avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, che deve intervenire in un termine ragionevo le. A tal fine occorre, secondo la sentenza, tener presente i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informa zioni ulteriori conseguentemente necessarie. Nel caso di spe cie, la Cassazione non ha ritenuto di potere accogliere l’istan za di rimessione in termini per una nuova notifica del ricorso, non essendovi prova in atti, da parte dell’amministrazione finanziaria, dell’asserito «notevolissimo ritardo» con il quale l’avviso di ricevimento sarebbe stato restituito alla ricorrente dall’Ufficio notifiche. © RIPRODUZIONE RISERVATA www.ilsole24ore.com/norme Il testo della sentenza Corte di Cassazione Sezione Tributaria Civile Ordinanza del 22 marzo 2011, n. 6587 NOTIFICAZIONI ATTI PROCESSUALI ESITO NEGATIVO RIPRE SA PROCESSO NOTIFICATORIO Effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 22 Dott. Fernando LUPI Presidente Dott. Antonio MERONE Consigliere Dott. Aurelio CAPPABIANCA Consigliere Dott. Biagio VIRGILIO Rel. Consigliere Dott. Antonio GRECO Consigliere ha pronunciato la seguente: ORDINANZA sul ricorso proposto da: Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Ro., via dei Po. (...), presso l’Avvo catura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende; ricorrente contro An. Ba.; intimato avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 2/26/08, depositata il 4 marzo 2008. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2011 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio; udito il P.G., in persona dell’Avvocato Generale dott. Domeni co Iannelli, il quale ha concluso per l’accoglimento del primo e del quarto motivo di ricorso, assorbito il secondo e rigettato il terzo. La Corte, ritenuto che il ricorso è stato notificato a mezzo del servizio postale, ai sensi dell’art. 149 cod. proc. civ., e che la ricorrente ha depositato un avviso di ricevimento nel quale risulta che il plico non è stato consegnato ”per irreperibilità del destinata rio”, da intendersi nel senso che il medesimo è risultato sconosciuto nel domicilio indicato; che il plico risulta restituito alla ricorrente, con la detta dicitu ra, in data 22 aprile 2009 e che la stessa non ha provveduto a richiedere all’ufficiale giudiziario la riattivazione del procedi mento notificatorio; che l’istanza di rimessione in termini per una nuova notifica zione del ricorso non può essere accolta, non essendovi prova in atti dell’asserito ”notevolissimo ritardo” con il quale l’avviso di ricevimento sarebbe stato restituito alla ricorrente dall’Uffi cio notifiche; che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile, in applica zione del principio affermato da Cass., Sez. un., n. 17352 del 2009 (e successive conformi), secondo il quale, in tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione del l’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si con cluda positivamente per circostanze non imputabili al richie dente, questi ha la facoltà e l’onere anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sem preché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un ter mine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi ne cessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito Newsletter n. 12 29 marzo 2011 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie; che non v’è luogo a provvedere in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Riferimenti: Legge © Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti sono riservati ABUSO DI MEZZI DI CORREZIONE reato costringere la figlia a tagliarsi i capelli con la forza Guida al Diritto LE SENTENZE DEL GIORNO Corte di cassazione VI Sezione penale Sentenza 22 marzo 2011 n. 11251 Imporre con violenza il taglio di capelli alla propria figlia mino renne recalcitrante integra il reato di abuso di mezzi di corre zione. Anche se l’episodio è avvenuto una unica volta. Né può valere come attenuante il particolare contesto culturale di provenienza della madre di origine nigeriana. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza n. 11251/2011. La ricor rente aveva sostenuto che il taglio dei capelli, peraltro avvenu to con delle forbici da cucina che avevano anche prodotto ferite sul cuoio capelluto, era stato «un fatto occasionale che andava rapportato nella giusta dimensione di un incidente di percorso tra madre e figlia e che aveva visto la sua genesi nell’esigenza della madre di tagliare personalmente i capelli alla bambina usando la maniera forte per fronteggiare un isterico e ingiustificato rifiuto della piccola». I magistrati della cassazione, però, gli hanno risposto che l’abuso dei mezzi di correzione «ben può ritenersi integrato da un unico atto espressivo del l’abuso, come anche da una serie di comportamenti lesivi dell’integrità fisica e della serenità psichica del minore, indipen dentemente dall’intenzione correttiva o disciplinare» tenuta dal genitore. Inoltre, prosegue la Cassazione l’atto della madre «non può essere scriminato dall’esigenza di tosare la figlia recalcitrante, essendo risultato che, all’isterica opposizione della bambina aveva fatto riscontro altrettanta isterica reazio ne della madre, che, indipendentemente dal luogo di prove nienza e dall’ambito culturale della genitrice, aveva inteso pro seguire, nelle sue operazioni particolarmente pericolose, al fine di affermare la propria autorità sulla piccola, abusando dei mezzi di correzione e disciplina». Ragion per cui, la Cassazione ha convalidato sia la pronuncia di condanna emessa in primo grado dal Gip di Macerata il 21 febbraio 2007, sia quella di secondo grado emessa dalla Corte di Appello di Ancona il 10 giugno 2010. Il ricorso della mamma nigeriana è stato dichiara to inammissibile con condanna al versamento di mille euro alla cassa delle ammenda. Newsletter n. 12 29 marzo 2011 Corte di Cassazione Sezione 6 Penale Sentenza del 22 marzo 2011, n. 11251 ABUSO DI MEZZI DI CORREZIONE FIGLIA MINORENNE TAGLIO DI CAPELLI IMPOSTO CON LA FORZA. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SESTA SEZIONE PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SAVERIO FELICE MANNINO Presidente Dott. FRANCESCO PAOLO GRAMENDOLA Rel. Consi gliere Dott. FRANCESCO IPPOLITO Consigliere Dott. GIOVANNI CONTI Consigliere Dott. CARLO CITTERIO Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: 1) (Omissis) N. il (...) avverso la sentenza n. 605/2007 CORTE APPELLO di ANCO NA, del 10/06/2010 visti gli atti, la sentenza e il ricorso udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/12/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO PAOLO GRAMEN DOLA Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Antonio MURA che ha concluso per l’inammissibilità. Osserva in: FATTO E DIRITTO (Omissis), cittadina nigeriana, ricorre per cassazione a mezzo del suo difensore contro la sentenza indicata in epigrafe, con la quale è stata confermata la decisione in data 21/2/2007 del G.I.P.; del Tribunale di Macerata, che l’aveva dichiarata colpe vole del reato di abuso di mezzi di correzione o di disciplina ex art. 571 c.p. in danno della figlia (Omissis) che oltre ad essere stata aggredita verbalmente dalla madre, presentava segni di percosse alle gambe e ferite sul cuoio capelluto, provocate verosimilmente dal taglio indiscriminato di capelli con forbici da cucina. Nell’unico motivo a sostegno della richiesta di annullamento dell’impugnata decisione la ricorrente denuncia la contraddit torietà della motivazione e la mancata valutazione degli ele menti di valenza risolutiva ai fini dell’esclusione dell’ipotesi criminosa contestata, evidenziando come mancasse innanzi tutto il requisito della abitualità, essendosi trattato nel caso in esame di un fatto meramente occasionale, e come tale fatto andasse riportato nella giusta dimensione di un incidente di percorso del naturale rapporto genitore e figlia, che aveva visto la sua genesi nell’esigenza della madre di tagliare perso nalmente di tagliare i capelli alla figlia e di usare la maniera forte per fronteggiare l’isterico e ingiustificato rifiuto della 23 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com piccola. Ad avviso della difesa i giudici del merito avevano inoltre omesso di salutare il contesto culturale di provenienza dell’imputata, proveniente da un paese, come la Ni., con rego le educative del tutto diverse dalle nostre. Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza della censura. Ed invero in tema di abuso di mezzi di correzione e di discipli na, di cui all’art. 571 c.p., la giurisprudenza di questa Sezione qui ampiamente condivisa è orientata nel senso che, mentre non possono ritenersi preclusi quegli atti di minima valenza fisica o morale, che risultino necessari per rafforzare la proibi zione, non arbitraria, né ingiusta, di comportamenti oggettiva mente pericolosi o dannosi, rispecchianti la inconsapevolezza o la sottovalutazione del pericolo, la disobbedienza gratuita, oppositiva e insolente, integra la fattispecie criminosa de qua l’uso in funzione educativa del mezzo astrattamente lecito, sia esso di natura fisica, psicologica o morale, che trasmodi nel l’abuso sia in ragione dell’arbitrarietà o intempestività della sua applicazione, sia in ragione dell’eccesso nella misura (Cass. Sez. VI 7/11/9726/3/98 n. 3789 Rv. 211942). Tale reato non ha natura necessariamente abituale, sicché ben può ritenersi in tegrato da un unico atto espressivo dell’abuso, ovvero da una serie di comportamenti lesivi dell’incolumità fisica e della sere nità psichica del minore, che, mantenuti per un periodo di tempo apprezzabile e complessivamente considerati, realizza no l’evento, quale che sia l’intenzione correttiva o disciplinare del soggetto attivo (Cass. Sez. VI 16/213/5/10 n. 18289 Rv. 247357). Nel caso in esame i giudici del merito correttamente si sono ispirati a tali principi, laddove hanno evidenziato come la con dotta ascritta all’imputata non poteva essere scriminata dal l’esigenza di tosare la figlia recalcitrante, essendo risultato che all’isterica opposizione della bambina aveva fatto riscontro altrettanta isterica reazione della madre che indipendente mente dal luogo di provenienza e dall’ambito culturale della genitrice, aveva inteso proseguire nelle sue operazioni partico larmente pericolose, proprio per affermare la propria autorità sulla piccola, abusando dei mezzi di correzione e disciplina. Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versa mento in favore della cassa delle ammende della somma, ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. Riferimenti: Legge © Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti sono riservati PROCEDIMENTO Testi: se cambia il giudice dichiarazioni utilizzabili solo 24 se volute dalle parti Guida al Diritto LE SENTENZE DEL GIORNO Corte di cassazione Sezione II penale Sentenza 23 marzo 2001 n. 11542 Se cambia il giudice le dichiarazioni dei testi già auditi sono utilizzabili nel procedimento soltanto se vi è il consenso di tutte le parti. Inoltre, l’onere della citazione grava sulla parte che originariamente ne aveva chiesto l’assunzione. Lo ha stabi lito la Corte di cassazione con la sentenza del 23 marzo 2011 n. 11542 che ha annullato la condanna per danneggiamento aggravato emessa dalla Corte di appello di Palermo, rinviando ad altro giudice per un nuovo giudizio. Gli ermellini, in conclu sione, hanno enunciato il seguente principio di diritto: ”in caso di mutamento del giudice, le dichiarazioni dei testi assunti dal precedente giudice, non sono utilizzabili ove una delle parti si opponga alla lettura. In tal caso, l’onere della citazione dei suddetti testi, nonostante il consenso alla lettura prestato dalle restanti parti, spetta alla parte che aveva originariamente chiesto l’ammissione dei suddetti testi. Di conseguenza, pro seguono i giudici ove la parte che non ha prestato il proprio consenso alla lettura venga onerata della citazione dei suddetti testi, legittimamente può rifiutarsi di citarli e il giudice non può dare lettura delle dichiarazioni rese davanti al precedente giudice, dovendo porre l’onere della citazione a carico della parte che originariamente aveva richiesto l’ammissione dei testi”. Corte di Cassazione Sezione 2 Penale Sentenza del 23 marzo 2011, n. 11542 PROCEDIMENTO PENALE MUTAMENTO DEL GIUDICE DI CHIARAZIONI TESTI GIÀ AUDITI UTILIZZABILITÀ. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte Suprema di Cassazione Sezione seconda penale, Composta da: Dott. SIRENA PIETRO A. Presidente Dott. FIANBANESI FRANCO Consigliere Dott.ssa CAMMINO MATILDE Consigliere Dott. GALLO DOMENICO Consigliere Dott. MAGO GEPPINO Consigliere Rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA su ricorso proposto da: (Omissis), nato il (...), avverso la sentenza del 1/06/2010 della Corte di Appello di Palermo; Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso; udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago; udito il Procuratore Generale in persona del dott. Gabriele Newsletter n. 12 29 marzo 2011 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com Mazzotta che ha concluso per l’inammissibilità; udito il difensore avv.to Sa. Ti. che ha concluso per l’accogli mento FATTO § 1. Con sentenza del 1/06/2010, la Corte di Appello di Palermo confermava la sentenza pronunciata in data 22/6/ 2009 con la quale il Tribunale di Sciacca, aveva ritenuto (Omis sis) responsabile del reato di danneggiamento aggravato. § 2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione dedu cendo i seguenti motivi: 1. VIOLAZIONE DELL’ART. 511 C.P.P. per avere la Corte territoriale ritenuto legittima la lettura delle dichiarazioni rese dai testi escussi, nonostante esso ricorrente si fosse a ciò opposto, essendo il giudice mutato e, quindi, dovendosi nuo vamente sentire i suddetti testi indotti dall’accusa. Il nuovo giudice, infatti, aveva disposto che fosse esso ricorrente a dover citare i testi; tuttavia, siccome il suddetto onere doveva ritenersi illegittimo, il giudice non avrebbe potuto utilizzare quelle testimonianze dandone lettura ex art. 511 c.p.p. 2. ILLOGICITA’ DELLA MOTIVAZIONE per non avere la Corte sufficientemente motivato in ordine alle ragioni che l’avevano indotto a ritenere convincenti le dichiarazioni dei suddetti testi e, al contrario, inattendibili quelle dei testi della difesa. DIRITTO § 3, VIOLAZIONE dell’art. 511 C.P.P.: la vicenda processuale alla base della censura in esame è la seguente: il giudice di primo grado escuteva i testi (Omissis) e (Omis sis), indotti dal P.M. e da questi regolarmente citati; successivamente, però, il giudice mutava di persona sicché si rendeva necessario provvedere alla rinnovazione di quegli atti rispetto ai quali le parti non avevano dato il consenso alla lettura, ossia, nella specie, la testimonianza dei suddetti testi; il nuovo giudice ne disponeva la citazione onerando dell’in combente la difesa dell’imputato che si era opposta alla lettu ra; sennonché, all’udienza fissata per l’escussione, la difesa rap presentava che non aveva provveduto alla citazione dei testi, perché, essendo costoro stati indotti dal P.M., spettava a co stui citarli; il giudice, quindi, rilevando l’inattività della parte, provvedeva alla lettura delle precedenti dichiarazioni rese dai testi. § 3.1. La Corte territoriale, davanti alla quale la questione dell’inutilizzabilità delle dichiarazioni testimoniali era stata sol levata, l’ha disattesa rilevando che ”posto che gli atti compiuti continuano legittimamente a fare parte del fascicolo dibatti mentale e che è previsto un particolare regime per il loro recupero e conseguente utilizzazione dinanzi al nuovo giudice” la parte che abbia interesse alla loro ”audizione può essere onerata dell’obbligo di citarli essendo appunto essa stessa che avanza detta richiesta di nuova escussione; testimoniale su tutti od anche su solo alcune delle circostanze precedente riferite”. § 3.2. La difesa del ricorrente obietta che tale decisione sareb Newsletter n. 12 29 marzo 2011 be illegittima perché, una volta che vi sia opposizione alla lettura degli atti, nella specie per essere mutato il giudice, medesimi devono essere nuovamente assunti secondo le re gole precedenti: di conseguenza, avrebbe dovuto essere il P.M. a citare i testi da esso indotti. D’altra parte, l’omessa citazione non comportava la decadenza della prova, atteso che il giudice può revocare la prova solo quando risulti superflua ex art. 495/4 c.p.p., tanto più che l’inattività dell’imputate non poteva essere interpretata come una tacita manifestazione di volontà di recedere dalia richiesta di riaudizione dei testi. § 3.3. La doglianza è fondata per le ragioni di seguito indicate. Va premesso che, essendo mutato il giudice, non era in discus sione il diritto dell’imputato di opporsi alla lettura delle dichia razioni testimoniali assunte dal precedente giudice: sul punto è sufficiente rammentare quanto statuito dalle SSU che, con la sentenza n. 2/1999, Iannasso, Rv. 212395 (alla quale si è poi uniformata la giurisprudenza di questa Corte: ex plurimis Cass. n. 3613/2006 Rv. 236044), nell’enunciare il principio di diritto secondo il quale ”nel caso di rinnovazione del dibatti mento a causa del mutamento della persona del giudice mo nocratico o della composizione del giudice collegiale, la testi monianza raccolta dal primo giudice non è utilizzabile per la decisione mediante semplice lettura, senza ripetere l’esame del dichiarante, quando questo possa avere luogo e sia stato richiesto da una delle parti”, affermarono anche che allorquan do, nel corso del dibattimento rinnovato a causa del muta mento del giudice, nessuna delle parti riproponga la richiesta di ammissione della prova assunta in precedenza, il giudice può di ufficio disporre la lettura delle dichiarazioni precedente mente raccolte nel contraddittorio delle parti e inserite legitti mamente negli atti dibattimentali. La questione, quindi, non è se, a seguito dell’opposizione della difesa, i testi dovessero essere o meno nuovamente escussi (sul punto, pertanto, tutte la lunga disquisizione del ricorrente sul diritto alla difesa, sui principi del contraddittorio e dell’ora lità del dibattimento, sul mutamento del giudice, appaiono del tutto ultronei rispetto al thema decidendum) ma, molto più semplicemente, su quale parte incombeva l’onere di citarli o, più esattamente, se la decisione del giudice di onerare dell’in combente la difesa, sia o meno corretta. La soluzione della questione non può che partire dalla descri zione del meccanismo processuale contemplato negli artt. 511 514 c.p.p. che, dopo la sentenza delle SS.UU. cit., ha la seguente cadenza procedurale; il giudice, ex 511/1 c.p.p., anche d’ufficio, deve dar lettura (o in alternativa indicare: art. 511/5 c.p.p.) degli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento; dal combinato disposto dei commi primo e quinto dell’art. 511 cit., si evince che l’atto contenuto nel fascicolo per il dibattimento, può assumere, anche da solo, rilevanza di prova a condizione che esso sia reso a tal fine utilizzabile e cioè sia sottoposto al vaglio delle parti mediante la lettura; nell’ipotesi di testimonianze assunte da un giudice poi muta to, il principio di immutabilità del giudice di cui all’art. 525/2 c.p.p., impone, a pena di nullità assoluta, la rinnovazione inte 25 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com grale del dibattimento con la ripetizione di tutta la sequenza procedimentale prevista dal codice di rito; i verbali delle dichiarazioni dei testi assunti dal precedente giudice, fanno legittimamente parte del fascicolo processuale (Corte Cost. 17/1994 SS.UU. di Corte Cost. 399/2001); il nuovo giudice può dare lettura delle suddette dichiarazioni solo ove vi sia il consesso di tutte le parti sicché è sufficiente il dissenso anche di una sola parte per impedirne la lettura e, quindi, I’utilizzabilità. Ora, è del tutto evidente che, se è vero che i verbali prece dentemente assunti fanno legittimamente parte del fascicolo processuale è anche vero che i medesimi divengono utilizzabili ad una sola condizione, ossia che tette le parti prestino il loro consenso alla lettera. Di conseguenza, è sufficiente il dissenso di una sola parte perché si riapra tutta la sequenza processuale che aveva origi nariamente portato all’assunzione dei suddetti testi: il che è come dire che torna ad applicarsi l’art. 468/2 c.p.p. La suddetta norma, infatti, ha posto l’onere della citazione a carico della parte richiedente perché, intuitivamente, è questa che ha interesse a che i propri testi siano sentiti e, quindi, è questa, che deve citarli o portarli direttamente al dibattimen to, non essendo compatibile con una corretta dialettica pro cessuale (rectius: con il diritto a proseguire la strategia proces suale più confacente ai suoi interessi) che vi provveda la parte che non vi abbia alcun interesse o addirittura abbia un interes se contrario. E’ chiaro, quindi, che, una volta che una parte non presti il proprio consenso alla lettura delle dichiarazioni rese dai testi davanti al giudice poi mutato, poiché si riapre la sequenza procedimentale di cui agli artt. 468 495 c.p.p., ogni parte, ritrovandosi all’inizio del procedimento, dovrà nuovamente valutare se e quali testi citare: il che è come dire che, nella concreta fattispecie, non avendo la difesa prestato il proprio consenso alla lettura delle dichiarazioni rese dai testi indotti dal P.M., spettava a costui citarli, ove avesse avuto ancora interesse ad esaminarli. Il suddetto interesse, invero, non potrebbe riconoscersi in capo alla difesa non solo perché i testi erano stati indotti dal P.M. ma anche perché il dissenso alla lettura non può essere interpretato come l’interesse a sentire nuovamente quei testi, e, viceversa, il consenso (prestato dal P.M.) come carenza di interesse. Infatti, una volta che una delle parti non esprima il proprio consenso, quelle dichiarazioni testimoniali divengono tamquam non esset sicché l’interesse processuale non va valu tato alla stregua dei verbali che fanno parte del fascicolo processuale, ma considerando che quei verbali non sono pia utilizzabili. Di conseguenza, ciascuna parte, essendo stata ri messa nello status quo ante, dovrà valutare, nella sua autono mia, se chiedere o meno nuovamente l’ammissione dei propri testi e, quindi, nuovamente citarli. Ugualmente errato sarebbe far discendere dalla mancata cita zione dei testi, una pretesa implicita e/o esplicita rinuncia a farli assumere, con conseguente lettura delle precedenti di 26 chiarazioni. In proposito è sufficiente ribadire che, una volta che una parte non presta il suo consenso alla lettura, quelle dichiarazioni diventano inutilizzabili, sicché è del tutto improprio richiamare la peraltro controversa problematica di quali siano le conse guenze nel caso in cui la parte ometta di citare i testi dei quali aveva chiesto l’ammissione (Cass. 9335/1999 Rv. 214255 Cass. 32343/2007 Rv. 237074; contra: Cass. 41340/2006 Rv. 235772 Cass. 13507/2010 Rv. 246604). II problema, infatti, nel caso di specie, è diverso e consiste nello stabilire se l’ordine con il quale il giudice aveva disposto che a citare i testi fosse la parte opponente (rectius: la difesa), sia o no legittimo e se, a fronte, del conclamato rifiuto della parte onerata di provvedere alla citazione, sia stata o no legittima la lettura delle suddette testimonianze, previa revoca, quantomeno implicita, dell’ordinanza ammissiva della prova. La risposta al suddetto quesito, alla stregua di quanto detto, non può che essere negativa e, pertanto, la sentenza impugna ta va annullata dovendosi la Corte territoriale uniformare al seguente principio di diritto: ”in caso di mutamento del giudi ce, le dichiarazioni dei testi assunti dal precedente giudice, non sono utilizzabili ove una delle parti si opponga alla lettura. In tal caso, l’onere della citazione dei suddetti testi, nonostante il consenso alla lettura prestato dalle restanti parti, spetta alla pari, che aveva originariamente chiesto l’ammissione dei sud detti testi. Di conseguenza, ove la parte che non ha prestato il proprio consenso alla lettera venga onerata della citazione dei suddetti testi, legittimamente può rifiutarsi di citarli ed il giudi ce non può dare lettura delle dichiarazioni rese davanti al precedente giudice, dovendo porre l’onere della citazione a carico della parte che originariamente aveva richiesto l’ammis sione dei testi”. Gli atti vanno trasmessi alla stessa Corte di Appello in quanto la violazione dell’art. 511 c.p.p. non è compresa nell’elencazio ne tassativa di cui all’art. 604 cod. proc. pen. sicché spetta allo stesso giudice di appello provvedere all’escussione dei testi, ai sensi dell’art. 495 c.p.p. (Cass. 3613/2006 Rv. 236044). P.Q.M. ANNULLA La sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo per nuovo giudizio Riferimenti: Legge © Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti sono riservati IL MERITO ONLINE PENALE ATTI PROCES SUALE Breve viaggio nelle nullità processuali penali di Nucci Alessandra * Camera Penale di Monza 1. Introduzione Newsletter n. 12 29 marzo 2011 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com L’eccezione di nullità gioca un ruolo importante, perché, a seconda della fase processuale in cui interviene e del suo contenuto, può cambiarne le sorti e favorire la posizione dell’indagato o imputato o delle altre parti: le norme degli artt. 177185 c.p.p. sono, infatti, poste a baluardo della correttezza degli atti processuali e costituiscono una vera e propria mappa delle barriere preclusive, che fanno leva sulla forma più grave di invalidità (1) , da distinguersi dagli istituti dell’inammissibilità, della decadenza e dell’inutilizzabilità, che, in via gradata, posso no colpirne il compimento. E’ opportuno tenere presente che la verifica della validità di un atto non funziona sempre e solo come una scossa elettrica che può paralizzare per un certo tempo lo svolgimento del procedimento, quanto piuttosto, in maniera più lungimirante, come un veicolo di principi generali, che ne sovrintendono la regolarità: l’accertamento penalistico sarà tanto più legittimo quanto più saranno rispettate le norme che lo governano, perché ogni atto non è fine a se stesso né svincolato dagli altri, ma, anzi, inserito in un contesto di connessioni e conseguen ze, di cui l’operatore del diritto deve essere consapevole tessitore. 2. Lo spunto degli accertamenti tecnici non ripetibili Può essere interessante fare una tappa iniziale nella fase delle indagini preliminari per una analisi del momento dell’accerta mento tecnico non ripetibile, che l’art. 360 c.p.p. riserva alle competenze del P.M. su persone, cose e luoghi, soggetti a modificazione, previo adempimento dell’obbligo di avviso alle parti e ai difensori: la violazione di tale obbligo dà origine ad una invalidità, che, secondo giurisprudenza consolidata (2), assume i contorni della nullità a regime intermedio, da ecce pirsi prima della deliberazione della sentenza di primo grado, e non della semplice inutilizzabilità, comminata, invece, in caso di richiesta di incidente probatorio ai sensi del IV comma. La Difesa può ben trarre beneficio nella fase ancora embrio nale del procedimento o quando esso abbia già raggiunto una significativa soglia valutativa dall’eccezione di nullità generale a regime intermedio di accertamenti svolti ex art. 360 c.p.p. senza i dovuti avvisi, perché essa diventa non solo un puntello difensivo, ma anche uno strumento strategico, per fermare o, in ogni caso, ponderare l’acquisizione di dati od elementi, che altrimenti transiterebbero direttamente nel fascicolo del di battimento ex art. 431 c.p.p., in quanto irripetibili, in virtù del principio di massima salvaguardia di ciò che non può essere materialmente riprodotto e che deve costituire prova nel processo: in questo caso la Difesa può scegliere come meglio tutelare l’interesse del proprio assistito. Risulta anche più naturale impostare così la decisione sul rito, in quanto, in caso di prosecuzione del procedimento secondo le forme ordinarie, gli esiti degli accertamenti tecnici, da di stinguersi dai rilievi, semplici constatazioni o raccolte di dati materiali pertinenti al reato di cui all’art. 359 c.p.p., sarebbero esclusi, mentre, in caso di preferenza di un rito alternativo, costituirebbero materia per la decisione finale, in quanto atti di indagine da sottoporsi all’esame giudiziale. 3. Il fronte aperto dell’irreperibilità Newsletter n. 12 29 marzo 2011 La qualifica dell’irreperibilità, da un lato, garantisce una difesa penale piena all’imputato che non riceve gli atti nelle modalità tipizzate dal codice, nonostante lo stesso non sia rintracciabi le, perché i suoi interessi vengono, in ogni caso, sostenuti e garantiti nel processo, nel rispetto dei precetti costituzionali, ma, dall’altro, lascia ai protagonisti del processo stesso non poche domande: l’art. 160 c.p.p., disciplinando l’efficacia del decreto di irreperibilità limitata a singole fasi processuali, pone il problema di stabilire fino a quando si può considerare effica ce il decreto di irreperibilità emesso e notificato con l’avviso di conclusione delle indagini preliminari e se si può sanzionare con la nullità assoluta la notifica del successivo decreto di citazione a giudizio, privo di un rinnovato decreto di irreperi bilità o con un decreto di irreperibilità emesso senza un nuovo verbale di vane ricerche o con ricerche incomplete. La giurisprudenza, ancora sostanzialmente discorde, ha, però, recentemente dato una svolta al proprio orientamento, che, in precedenza, nella convinzione che la chiusura della fase delle indagini preliminari, se il P.M. non deve chiedere l’archiviazione del procedimento, prelude all’esercizio dell’azione penale, con la formulazione dell’imputazione, ossia ad una fase distinta e conseguente, era fermo alla notifica del decreto di citazione a giudizio all’imputato ex art. 159 c.p.p., nei procedimenti in cui non è prevista l’udienza preliminare, solo a condizione che fosse emesso un nuovo decreto di irreperibilità, frutto di aggiornate vane ricerche, non potendo fare riferimento a quello emesso in occasione della notifica dell’avviso ex art. 415bis c.p.p., introdotto dalla legge Carotti n. 479/1999. Infatti, ritenendosi conclusa tale fase solo con il deposito del decreto di citazione a giudizio, il decreto di irreperibilità, notificato unitamente all’avviso ex art. 415bis c.p.p. ed appar tenente alla fase precedente (che lascia spazio ad ulteriori indagini, all’opportuna discovery e a valutazioni difensive), per derebbe efficacia per quella successiva e dovrebbe essere sostituito, in seguito a nuove ricerche dell’imputato, legitti mando un’eccezione di nullità assoluta della notifica del decre to di citazione a giudizio (3), eccezione, peraltro, limitata all’atto della notifica, conservando il decreto in sé la validità che gli è propria. In realtà, il dibattito giurisprudenziale si sta indirizzando verso differenti conclusioni (4): poiché la notifica dell’avviso della conclusione delle indagini preliminari conterrebbe già in nuce l’affermazione che le indagini preliminari sono finite e che quella fase si è chiusa, non può farsi riferimento all’art. 160, comma I, c.p.p., che prevede la cessazione di efficacia del decreto emesso “nel corso delle indagini preliminari”, pertan to, il decreto di irreperibilità emesso per la notificazione del l’avviso ex art. 415bis c.p.p. vale anche ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio, purchè, naturalmente, aggior nato e compatibile con i tempi della notifica stessa, limitando un’insorgenda eccezione di nullità solo ai casi in cui effettiva mente l’attestazione delle vane ricerche, che apre al decreto di irreperibilità, non fosse assolutamente attendibile e corri spondente alla realtà (5) e, in definitiva, utile al processo. Altro problema, peraltro, non ancora formalmente risolto, è 27 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com relativo all’individuazione dell’organo deputato a provvedere alla rinnovazione della notifica del decreto di citazione a giudi zio nelle forme dell’art. 159 c.p.p., perché parte considerevole della giurisprudenza (6) ritiene eventualmente legittimato a tale operazione solo il giudice del dibattimento, mentre un differente filone (7) vede nella pubblica accusa il soggetto idoneo all’integrazione dell’attività processuale omessa o non svolta correttamente, interpretando tale passaggio non come una regressione o un vizio di abnormità del provvedimento, quanto, piuttosto, come un adempimento naturale e necessa rio, la cui omissione genererebbe una nuova nullità. 4. Lo slalom della dichiarazione o dell’elezione di domicilio Anche la specificazione di un luogo e di una eventuale persona, a cui riferire comunicazioni e notifiche nell’interesse dell’inda gato o dell’imputato, può essere fonte di garanzia difensiva e di eccezioni di nullità. Le regole codicistiche impongono che l’indagato od imputato possa scegliere in quale luogo voglia ricevere gli atti del proce dimento che lo riguarda, formalizzando una dichiarazione op pure una elezione di domicilio, due istituti distinti (8), che non possono essere scambiati o sovrapposti tanto che, in caso di concorrenza, prevale il secondo per la maggiore pregnanza ma solo finalizzati a gestire i fili della comunicazione proces suale. L’indicazione del domicilio, la cui mancanza, peraltro, fa scatta re i meccanismi di cui all’art. 157 c.p.p., pone alcuni problemi inerenti la validità della notifica degli atti. In primo luogo, occorre capire quale rapporto intercorre tra una dichiarazione o una elezione di domicilio (quest’ultima già implica la scelta di una persona) e la nomina di difensore fiduciario con elezione di domicilio presso il suo studio, posto che la difesa tecnica d’ufficio comporta già il funzionamento dell’art. 161, comma IV, c.p.p.: a tale quesito la giurisprudenza ha dato recentemente una risposta (9), stabilendo che l’opera tività dell’art. 157, comma VIII bis, c.p.p. è subordinata all’as senza di una dichiarazione od elezione di domicilio, su cui eventualmente prevale, salva espressa volontà dell’imputato che paralizzi la regola del suddetto comma VIII bis. In secondo luogo, occorre valutare se sanzionare e, in caso positivo, con quali forme l’omesso avvertimento all’imputato dell’obbligo di comunicare eventuali variazioni del domicilio dichiarato od eletto: anche in questa ipotesi soccorre la Su prema Corte (10), che ha stabilito che tale omissione debba essere sanzionata con la nullità della notifica dell’atto solo nel caso in cui la stessa sia avvenuta con consegna al difensore a causa dell’impossibilità di eseguirla nel domicilio, ma non nel caso in cui l’atto sia stato notificato al difensore in qualità di domiciliatario dell’imputato; peraltro, si tratta di una nullità assoluta ed insanabile per omessa vocatio in ius, solo se la notifica non risulti idonea a determinare la conoscenza effetti va dell’atto da parte del destinatario, altrimenti resta sanata come una nullità generale a regime intermedio, purchè eccepi ta subito dopo l’accertamento della costituzione delle parti (11). In terzo luogo, occorre valutare il peso processuale della mera 28 indicazione da parte dell’imputato od indagato del proprio domicilio negli atti del processo, che la giurisprudenza ha considerato di per sé insufficiente a modificare una dichiara zione od elezione di domicilio già effettuata, a meno che dalla indicazione stessa non emerga, anche solo implicitamente, la volontà dell’imputato od indagato di volere ricevere le succes sive notifiche a quell’indirizzo (12). 5. La soglia della notifica L’eccezione di nullità si annida anche in alcuni ambiti del mo mento notificatorio, in particolare, quello relativo al soggetto a cui deve essere consegnata copia dell’atto notificando: infatti, possono essere considerate notifiche validamente eseguite solo quelle che si compiono, in assenza del destinatario, nelle mani di persona convivente con lui, a prescindere dal legame di parentela (13), in quanto la giurisprudenza ha ritenuto parametro più incisivo per valutare l’efficacia delle comunica zioni processuali proprio la convivenza, situazione di fatto in cui si trova un soggetto, con la conseguenza che saranno viziate da nullità assoluta le notifiche eseguite a mani di parenti o familiari non conviventi e residenti altrove rispetto al desti natario, pur se delegati al ritiro dell’atto, e, al contrario, saran no perfette le notifiche a mani di persone conviventi con il destinatario, anche se temporaneamente, come nel caso di collaboratori domestici, babysitter, ospiti. Anche l’inosservanza del termine a comparire è foriera di eccezioni: infatti, qualora la notificazione del decreto di cita zione a giudizio non rispetti il termine dei sessanta giorni, dettato dall’art. 552, comma II, c.p.p., essa è viziata da nullità, anche se ancora di ordine generale a regime intermedio e sanabile, se tempestivamente rilevata, con la concessione di un termine a difesa, che non riproduca la medesima durata del termine a comparire, ma che assicuri comunque l’integrità del termine nel suo complessivo decorso (14) . Sicuramente più radicale è l’eccezione di nullità, di carattere assoluto, per omessa notifica al Difensore dell’avviso di fissa zione dell’udienza in Camera di Consiglio, cui consegue la nullità dell’eventuale ordinanza all’esito dell’udienza medesima, se non venga provato che il mancato incombente sia eziologi camente addebitabile per ipotesi a negligenza dell’Avvocato, assente dallo studio o comunque incurante della notifica di atti urgenti, altrimenti lo stesso Difensore non è legittimato ad eccepire l’omessa notifica (15) e a porsi quale paladino del legittimo diritto di difesa, costituzionalmente garantito, che può trovare, invece, soddisfazione dall’eccezione di nullità, qualora si trovi scavalcato dall’utilizzo di mezzi tecnici per la notifica all’indagato o imputato non idonei, come il telefax (16). Infine, si conferma che la nullità assoluta e insanabile, prevista dall’art. 179 c.p.p., ricorre soltanto nel caso di omissione della notifica della citazione a giudizio o di inidoneità della stessa, eseguita in forme diverse da quelle prescritte, a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato (17), con fermando la cogenza del principio scriminante della conoscibi lità degli atti da parte del destinatario quale parametro di valutazione dell’invalidità: se, in ogni caso, il destinatario ha Newsletter n. 12 29 marzo 2011 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com conoscenza effettiva del contenuto dell’atto, il vizio si reputa sanato e il rapporto processuale risulta validamente costituito, applicandosi la disciplina dell’art. 184 c.p.p.. NOTE (1) La nullità si configura, quando l’atto risulta essere privo dei requisiti previsti dalla legge, e può assumere diverse tipologie: a seconda delle modalità di previsione, si distinguono le nullità generali (art. 178 c.p.p.) e quelle speciali (specifiche previsioni legislative); a seconda del regime giuridico, si distinguono le nullità assolute (art. 179 c.p.p.), quelle a regime intermedio (art. 180 c.p.p.) e quelle relative (art. 181 c.p.p.). L’inammissibi lità si verifica, quando un atto di parte, privo dei requisiti di legge, non può essere esaminata da un giudice di merito. La decadenza è la sanzione processuale prevista, quando un atto viene compiuto dopo la scadenza di un termine perentorio. L’inutilizzabilità incide sul valore probatorio dell’atto, che non può essere considerato dal giudice ai fini della decisione ex art. 191 c.p.p., come l’ipotesi dell’art. 195 c.p.p.. (2) Ex plurimis, Cass. penale, sez. IV, 6 Dicembre 1996, Fode rà. (3) Cass. Penale sez. V, 24 Marzo 2009 n. 30072: “il decreto di irreperibilità emesso nel corso delle indagini preliminari non vale ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio, perché la chiusura delle indagini, che segna il limite di efficacia del decreto di irreperibilità, coincide non con la notifica del decreto di citazione a giudizio, bensì con la sua emissione da parte del P.M.”. In tal senso Cass. penale sez. II, 3 Maggio 2006 n. 17999, con commento di Piero Silvestri, Cass. Penale sez. I, 13 Luglio 2005, Serigne. (4) Cass. Penale sez. II, 9 Febbraio – 1 Marzo 2010 n. 8029. Nello stesso senso, Cass. Penale sez. II, 18 Marzo 2009 n. 18576: “il decreto di irreperibilità emesso dal P.M. per la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari conserva efficacia anche ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio” e Cass. Penale sez. II n. 29914/2007 e n. 35078/2007. (5) Cass. Penale sez. II, 9 Febbraio – 1 Marzo 2010 n. 8029: la prossimità temporale si ritiene rispettata quando la situazione di fatto che riguarda l’indagato non può aver subito modifiche di rilievo. (6) Cass. penale sez. unite, 29 Maggio 2002, Manca. (7) Cass. penale sez. II, 3 Maggio 2006 n. 17999 cit. (8) Cass. penale sez. III, 23 Maggio 2003 n. 22844: “se la dichiarazione di domicilio, a carattere reale, è l’indicazione del luogo fisico in cui gli atti devono essere notificati, l’elezione di domicilio, a carattere negoziale, implica anche la scelta di una persona, il domiciliatario, che deve riceverli e con cui si deve manifestare un rapporto di fiducia”. (9) Cass. penale sezioni unite, 15 Maggio 2008 n. 19602: “quando si deve effettuare la prima notifica all’imputato che non abbia eletto o dichiarato domicilio, si deve procedere nei modi dettati dall’art. 157 c.p.p.. Una volta effettuata regolar mente la prima notificazione, se l’imputato provvede alla no mina di un difensore di fiducia, tutte le notificazioni si effettua no mediante consegna al difensore, che può immediatamente Newsletter n. 12 29 marzo 2011 dichiarare all’autorità di non accettarle”. (10) Cass. penale sez. III, 15 Gennaio 2009 n. 7130. (11) Cass. penale sez. III, 14 Ottobre 2009 n. 43859. (12) Cass. penale sez. IV, 29 Gennaio 2008 n. 13934. (13) Cass. penale sez. V, 1 Luglio 2008 n. 39939 e in tal senso Cass. penale sez. I, 15 Marzo 2006 n. 11606 e Cass. penale sez. II, 27 Ottobre 2009 n. 44683. (14) Cass. penale sez. V, 14 Gennaio 2008 n. 1765. (15) Cass. Penale sez. V, 15 Novembre 2010 n. 40451: “in assenza di qualsiasi accertamento, da parte del giudice del merito, funzionale alla dimostrazione che la tempestività e la diligenza dell’ufficio procedente siano state vanificate dalla in superabile prevalenza della negligenza della Difesa, deve con cludersi con l’annullamento dell’ordinanza impugnata (...)”. In caso di prova contraria, si veda Cass. penale sez. III, n. 2893/ 2009 del 18 Dicembre 2009. (16) Cass. Penale sez, II, 14 Marzo 2008 n. 11735: “la notifica dell’avviso dell’udienza di riesame diretta all’imputato non è valida se effettuata mediante telefax nei confronti del solo difensore nella qualità di domiciliatario, perché l’impiego di mezzi tecnici, come il telefax, è consentito solo nel caso in cui occorra provvedere alla notificazione a persona diversa dal l’imputato: ne consegue che l’omissione dell’avviso, con riguar do all’indagato o imputato, è causa di nullità assoluta ed insa nabile ex art. 179 c.p.p. del procedimento nonché dell’ordi nanza conclusiva”. (17) Cass. penale, sez. III, 6 Ottobre 2010 n. 35777. PROFESSIONI E IMPRESE24 Il decreto ingiuntivo contro la Snc si estende al socio che non si oppone Guida al Diritto LE SENTENZE DEL GIORNO Corte di cassazione Sezione III civile Sentenza 24 marzo 2011 n. 6734 Il decreto ingiuntivo pronunciato nei confronti di una società in nome collettivo estende i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, con la conseguenza che cia scuno di questi ha l’onere di proporre impugnazione. In man canza, il decreto diviene definitivo anche nei confronti del socio che non può più opporre l’eventuale prescrizione che si è maturata in precedenza. Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza 6734/2011 che ha dichiarato il diritto dell’Inail di procedere esecutivamente nei confronti del socio per un credito vantato verso la società. IL TESTO DELLA SENTENZA SU GUIDA AL DIRITTO IN TEMA DI AZIONE ESECUTIVA LEGGI ANCHE Azione esecutiva: interessante parallelismo tra PA e società private di Alesii Leonardo , Padoan Gioia A cura di Lex24 Il Merito IN TEMA DI FALLIMENTO ]CONSULTAZIONE RISERVATA AGLI 29 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com ABBONATI DI LEX24 PER INFORMAZIONI CLICCA QUI] La sentenza che accerta lo scioglimento dell’accordo ha effetto retroattivo e paralizza l’azione del curatore Piselli Mario, Guida al Diritto 12 marzo 2011, N. 11 Pagina 64 AVVOCATI24 AVVOCATO DEL GIORNO Avvocato del giorno: Tommaso E. Romolotti, partner, Studio Legale Romolotti Marretta L’avv. Tommaso E. Romolotti, nato a Milano nel 1973, ha maturato la propria esperienza in Studi professionali interna zionali specializzati nei settori finanziario e d’impresa, sia in Italia che all’estero. E’ autore di svariati articoli giuridici non ché di monografie specialistiche, specialmente con riferimento ai temi del diritto commerciale e della prevenzione da reato ex DLgs. n. 231/2001. Tiene docenze ed interventi a master e convegni. LA FORMAZIONE Come nasce la Sua passione per il diritto? Più che di passione per il diritto, parlerei di passione per la Giustizia, nei confronti della quale il diritto si pone come un mezzo. Il mondo della legge mi ha sempre affascinato, e, nel corso dell’università, ho indirizzato il mio interesse verso la scelta della professione forense. Qual è il suo percorso formativo e professionale? Maturità classica all’Istituto Leone XIII di Milano, e quindi Laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi (la “Statale”). Nel periodo universitario ho partecipato attiva mente come membro del direttivo milanese della European Law Student’s Association a diverse iniziative di natura inter nazionale, svolgendo periodi di studio e di stage professionale all’estero, in particolare Germania e Francia. Momento fonda mentale per la mia formazione sono stati gli anni trascorsi nello Studio Legale associato al network Ernst&Young, dove è potuta maturare una passione per una concezione dinamica del diritto e della figura dell’avvocato. L’ATTIVITÀ PROFESSIONALE Quale ruolo ricopre attualmente? Sono partner dello Studio Legale Romolotti Marretta Quale il Suo attuale settore di specializzazione? In questo momento la mia attività è incentrata sul diritto commerciale, con particolare riferimento alle forme di part nership internazionale; sto approfondendo – tra l’altro i rapporti con il Medio e l’Estremo Oriente. Mi occupo, inoltre, di prevenzione da reato ex DLgs. n. 231/2001 nonché di strumenti finanziari, con particolare attenzione ai derivati. Un successo professionale che ricorda con piacere? Penso che il miglior successo per un professionista... sia quello di aprire il proprio Studio! Un’avventura rischiosa, che ha richiesto e richiede continuamente impegno ed entusiasmo. Per fortuna i risultati ci stanno dando ragione. LO STUDIO IN CUI OPERA 30 Quali sono i punti di forza del Suo studio? L’obiettivo principale dello Studio è offrire una consulenza specializzata mantenendo nel contempo una struttura leggera e sfruttando un network di competenze professionali. Il setto re con cui operiamo maggiormente è quello delle medie im prese, che rappresentano il nerbo della produttività in Italia e le cui possibilità ed aspirazioni anche a livello internazionale comportano vaste aree di miglioramento sotto il profilo della gestione delle attività legali. Proprio in tal senso, accanto alla sede di Milano abbiamo aperto anche una sede a Malpensa, vicino all’aeroporto internazionale ed in un contesto ricco di imprenditorialità. Come è strutturato il processo di aggiornamento dei Suoi professionisti all’interno dello studio? Quali i criteri di selezio ne delle risorse? Il processo di aggiornamento si basa innanzitutto sull’interesse del singolo. Tralasciando la convertibilità o meno in crediti formativi degli eventi cui si partecipa, ritengo fondamentale che l’aggiornamento sia gestito sia tramite momenti pubblici (ed è sempre opportuno riservarsi la possibilità di intervenire quali speaker laddove possibile) sia nello studio quotidiano. Personalmente cerco di pubblicare contributi di argomento giuridico con un discreto ritmo: è il modo migliore per mante nersi aggiornati! Come vengono gestiti e quanto sono importanti i rapporti con i Media? Il concetto di Media è piuttosto ampio. Se intesi in senso stretto, ci avvaliamo dei consigli di professionisti del settore giornalistico per meglio indirizzare i nostri contatti. Per quan to, invece, attiene la produzione di articoli e monografie setto riali, l’obiettivo è quello di essere presenti quanto più possibile su testate di prestigio che offrano le migliori possibilità di diffusione dei contenuti proposti. Come è cambiato il rapporto con la clientela in questo ultimo periodo? Se per clientela intendiamo l’impresa, ritengo che vi sia una maggiore attenzione alla comprensione immediata degli obiet tivi da parte del cliente, il che è un bene anche per l’avvocato in quanto ad obiettivo condiviso corrispondono soluzioni con divise. Abbiamo rilevato anche un crescente interesse per un rapporto impostato in un’ottica di problem solving. Quali sono i settori di specializzazione sui quali scommette per soddisfare le esigenze dei clienti? Sicuramente la contrattualistica internazionale ha assunto un appeal che anche sotto il profilo del mercato si rivela premian te. Ovviamente non bastano le competenze tecniche, occorre anche comprendere senza presunzione il business di riferi mento nonché gli elementi “culturali” che caratterizzano il proprio cliente e la controparte. Buone competenze linguisti che sono fondamentali in tal senso. Il Suo studio è impegnato in attività di volontariato o sociali? Per chi ha uno sguardo minimamente attento ai bisogni di chi ci sta attorno, ci si ritrova coinvolti in situazioni di volontariato (formale o sostanziale) con grande facilità, è sufficiente decide re di essere disponibili. Se invece vogliamo riferirci a scelte più Newsletter n. 12 29 marzo 2011 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com organizzate, una partner dello Studio – l’avv. Marretta colla bora attivamente con riferimento ai profili legali con enti di volontariato presenti sul territorio nei settori dell’handicap e del disagio sociale. LA PROFESSIONE DOMANI Quale istituto giuridico avrebbe bisogno di una regolamenta zione più moderna? Parliamo di un istituto giuridico che ha appena ricevuto un riconoscimento “moderno”: la class action. L’argomento è affascinante e le imprese che impareranno rapidamente a ge stirlo avranno presumibilmente sensibili vantaggi. Nelle vesti di Ministro della Giustizia quale iniziativa prende rebbe per migliorare il servizio? Nonostante la banalità della risposta, ritengo che le tempisti che processuali siano ormai assurte al rango di vergogna na zionale. L’introduzione del procedimento di mediazione obbli gatoria per un catalogo disomogeneo di situazioni appare come il ribaltamento su altri soggetti (cittadini in primis) di una disfunzione propria del sistema giudiziario. E’ mia opinione che il problema debba essere invece radicalmente curato dall’in terno. PER I GIOVANI Quale consiglio darebbe ad un giovane che vuole intraprende re la carriera di avvocato? In A time to kill di Grisham c’è una frase bellissima: “I cannot promise you riches. What I can offer you is a chance to save the world one case at a time”. Al di là della retorica, penso riassuma bene il mio pensiero in merito alla posizione di un giovane che si avvia la carriera legale. Quali sono i “ fondamentali” necessari per un avvocato? La capacità di comprendere il collega ed il cliente. Abbiamo sempre di fronte una persona, con le sue aspettative, i suoi desideri, la sua storia. DIETRO LA TOGA... Qual è lo strumento tecnologico che preferisce utilizzare per lavoro? Il pc portatile. Con uno schermo che si riesca a leggere! Quali hobby fuori dall’aula? Sono un divoratore di libri gialli, e mi piace l’attività fisica che richiede innanzitutto un confronto con noi stessi: l’alpinismo è la via maestra in tal senso, mi piace anche il tai chi quan. La vacanza ideale? Vacanza in montagna, possibilmente sulle Dolomiti. Il libro preferito? Tra gli scrittori italiani, Don Camillo di Guareschi; tra gli stranieri, L’uomo che fu giovedì di G.K.Chesterton. Due pic coli manuali di vita. a cura della Redazione di Avvocati24 23/03/2011 DA REPERTORIO24 l Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile Newsletter n. 12 29 marzo 2011 Sentenza del 15 marzo 2011, n. 6023 ASSICURAZIONI LIQUIDATORE PAGAMENTO SINISTRI INESI STENTI LICENZIAMENTO È LECITO. Costituisce illecito disciplinare il ripetuto pagamento di inden nizzi da parte del liquidatore dipendente da una compagnia di assicurazioni, con pacifica irregolarità delle relative procedure e a causa di attività estorsiva da parte di associazioni delin quenziali, quando il liquidatore non abbia tempestivamente informato dei singoli fatti ossia delle pressioni ricevute né il datore di lavoro, né gli organi di polizia e quand’anche la detta attività delinquenziale costituisse fatto genericamente notorio. Il licenziamento del liquidatore risulta quindi legittimo. Repertorio24 PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com, 2011 Corte di Cassazione Sezione 6 Penale Sentenza del 16 marzo 2011, n. 10792 CONCUSSIONE CONFIGURABILITÀ VANTAGGIO ASSENZA ESCLUSIONE. Il reato di concussione è configurabile in presenza di un van taggio materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale, ma oggettivamente apprezzabile. Pertanto, chiedere ad un superiore di trattare in modo garbato sul lavoro un’amica non configura il reato di concussione, neppure se la richiesta pro viene da un generale dei Carabinieri che ”minaccia” ispezioni se il suo desiderio non verrà esaudito, in quanto da tale sollecito il generale non ricava alcun utile diretto. Repertorio24 PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com, 2011 Corte di Cassazione Sezione 1 Penale Sentenza del 15 marzo 2011, n. 10411 CIRCOLAZIONE STRADALE GUIDA SPERICOLATA INCIDENTE MORTALE OMICIDIO VOLONTARIO. In tema di sinistri stradali, in presenza di condotte particolar mente spericolate, va considerato il reato di omicidio volonta rio invece del meno grave omicidio colposo aggravato dalla previsione dell’evento. (Nella fattispecie, l’imputato, alla guida di un furgone rubato del peso di circa 2 tonnellate, nel tentati vo di sfuggire ai poliziotti, aveva tagliato diversi incroci, malgra do il semaforo rosso, ad una velocità che variava dai 100 ai 160 km orari, ed aveva travolto un veicolo con a bordo tre ragazzi, uccidendone uno e ferendo gli altri due. In più, sull’asfalto nel punto in cui è avvenuto l’incidente non c’era alcun segno di frenata né tentativo di deviazione, il che è sufficiente per concludere che la persona alla guida, che non aveva assunto né stupefacenti né alcolici, fosse consapevole dell’altissima proba bilità di provocare un incidente mortale). >? 31 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com Repertorio24 PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com, 2011 Tribunale Amministrativo Regionale LAZIO Roma Sezione 1 Sentenza del 8 marzo 2011, n. 2088 razioni di parte circa la dedotta sussistenza degli altri presup posti di legge. Repertorio24 PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24 Corte di Giustizia delle Comunità europee Sezione 3 Sentenza del 10 marzo 2011, n. 274/09 PEDAGGI AUTOSTRADALI AUMENTI DPCM DEL 25/6/2010 ILLEGITTIMITÀ. È da ritenersi illegittimo il decreto governativo Dpcm del 25/6/2010 con il quale erano stati individuati i tratti stradali da sottoporre a pedaggio, poiché imporrebbe a tutti gli automo bilisti, a prescindere dall’effettivo utilizzo delle infrastrutture viarie sui raccordi autostradali SienaFirenze e BettollePeru gia, il pagamento del pedaggio per il solo passaggio dai caselli autostradali di FirenzeCertosa e ValdichianaBettolle. Risulta peraltro fondato anche il motivo di ricorso secondo cui il decreto è stato adottato in violazione delle norme comunita rie che si basano sul principio fondamentale per cui il pedaggio deve essere basato sulla distanza percorsa e sul tipo di auto veicolo usato. Repertorio24 PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com, 2011 Il Sole 24 Ore, www.entilocali.ilsole24ore.com, 2011 Tribunale Amministrativo Regionale Lazio Roma Sentenza del 15 marzo 2011, n. 2351 Condono edilizio Istanza Termine di presentazione Carattere perentorio Previsione a pena di decadenza Elusione del termine Insussistenza. Il previsto termine di presentazione della domanda di condo no edilizio, quale istituto a carattere eccezionale, ha natura perentoria, come confermato dal tenore letterale della dispo sizione dell’art. 39, comma quarto, L. n. 724 del 1994, recante l’inciso ”a pena di decadenza”. La medesima disposizione pre vede, altresì, che entro il medesimo termine di decadenza devono essere effettuate sia la presentazione della domanda di concessione o di autorizzazione in sanatoria, sia la presenta zione della prova del pagamento dell’oblazione, con ciò esclu dendo che quest’ultimo adempimento possa surrogare il pri mo. L’istanza di parte, completa dei requisiti previsti, ha, inve ro, il carattere di esplicita, formale e inequivoca manifestazio ne di volontà idonea ad attivare il procedimento in questione su basi di ragionevole certezza giuridica. In tal senso il termine suddetto nemmeno può essere eluso con il riferimento ad ulteriori considerazioni, come le difficoltà derivanti dall’ina dempimento di collaboratori e di terzi, in quanto profili non idonei allo scopo. Nella specie, stante la mancata formale e tempestiva attivazione del procedimento nel termine di deca denza, si rivelano, dunque, del tutto irrilevanti le altre conside 32 APPALTI PUBBLICI DIRETTIVA 2004/18/CE CONCESSIONE DI SERVIZIO PUBBLICO SERVIZI DI SOCCORSO DISTINZIONE TRA ”APPALTO PUBBLICO DI SERVIZI” E ”CONCESSIONE DI SERVIZI”. Dal raffronto tra le definizioni di appalto pubblico di servizi e di concessione di servizi, fornite, rispettivamente, dal n. 2, lett. a) e d), e dal n. 4 dell’art. 1 della direttiva 2004/18, risulta che la differenza tra un appalto pubblico di servizi e una concessio ne di servizi risiede nel corrispettivo della prestazione di servizi. L’appalto di servizi comporta un corrispettivo che, senza peraltro essere l’unico, è versato direttamente dall’am ministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi, mentre, nel caso di una concessione di servizi, il corrispettivo della prestazione di servizi consiste nel diritto di gestire il servizio, o da solo o accompagnato da un prezzo. Repertorio24 PUBBLICAZIONE Avv. Costantino Tessarolo, Diritto dei servizi Pubblici, 2011 Corte di Giustizia delle Comunità europee Sezione 3 Sentenza del 10 marzo 2011, n. 274/09 APPALTI PUBBLICI DIRETTIVA 2004/18/CE CONCESSIONE DI SERVIZIO PUBBLICO SERVIZI DI SOCCORSO DISTINZIONE TRA ”APPALTO PUBBLICO DI SERVIZI” E ”CONCESSIONE DI SERVIZI”. L’art. 1, nn. 2, lett. d), e 4, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31/3/2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpre tato nel senso che, quando la remunerazione dell’operatore economico selezionato è integralmente garantita da soggetti diversi dall’amministrazione aggiudicatrice che ha attribuito il contratto di prestazione di servizi di soccorso e tale operato re economico incorre in un rischio di gestione, per quanto molto ridotto, poiché, in particolare, l’importo dei corrispetti vi d’uso dei servizi in questione dipende dall’esito di trattative annuali con soggetti terzi e non gli è garantita una copertura integrale dei costi sostenuti nell’ambito di una gestione delle sue attività conforme ai principi sanciti dal diritto nazionale, tale contratto deve essere qualificato come contratto di ”con cessione di servizi”, ai sensi dell’art. 1, n. 4, della stessa diretti va.>? Newsletter n. 12 29 marzo 2011 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com Repertorio24 PUBBLICAZIONE Avv. Costantino Tessarolo, Diritto dei servizi Pubblici, 2011 Corte di Giustizia delle Comunità europee Sentenza del 8 marzo 2011, n. 240/09 COMUNITÀ EUROPEA AMBIENTE ART. 9, N. 3, (CONVENZIO NE ]CEE/ONU] SULL’ACCESSO ALLE INFORMAZIONI, LA PARTE CIPAZIONE DEL PUBBLICO AI PROCESSI DECISIONALI E L’AC CESSO ALLA GIUSTIZIA IN MATERIA AMBIENTALE) NON HA EFFICACIA DIRETTA. L’art. 9, n. 3, della convenzione ]CEE/ONU] sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi deci sionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, approva ta a nome della Comunità europea con la decisione del Consi glio 17/2/2005, 2005/370/CE, non ha efficacia diretta nel dirit to dell’Unione. Nondimeno, il giudice nazionale è tenuto ad interpretare, nei limiti del possibile, le norme processuali con cernenti le condizioni che devono essere soddisfatte per pro porre un ricorso amministrativo o giurisdizionale in conformi tà sia degli scopi dell’art. 9, n. 3, della suddetta convenzione, sia dell’obiettivo di tutela giurisdizionale effettiva dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione, al fine di per mettere ad un’organizzazione per la tutela dell’ambiente, (nel caso di specie, il Lesoochranárske zoskupenie), di contestare in giudizio una decisione adottata a seguito di un procedimen to amministrativo eventualmente contrario al diritto ambien tale dell’Unione.>? Repertorio24 PUBBLICAZIONE Avv. Costantino Tessarolo, Diritto dei servizi Pubblici, 2011 Consiglio di Stato Sezione 3 Sentenza del 7 marzo 2011, n. 1420 APPALTI DOCUMENTAZIONE DI GARA INTEGRAZIONE TERMINI NATURA PERENTORIA EX ART. 48, C. 1, D.LGS. N. 163/06 (CODICE DEI CONTRATTI). Ai sensi dell’art. 48, c. 1, del D.Lgs. n. 163/06, l’impresa con corrente sorteggiata per un controllo ”a campione” è tenuta a comprovare il possesso dei requisiti di capacità economicofi nanziaria e tecnicoorganizzativa, presentando la documenta zione indicata nel bando di gara o nella lettera di invito entro dieci giorni. Il termine predetto ha natura perentoria, a pena di esclusione ex lege, pertanto lo stesso non è governabile a discrezione della stazione appaltante, specie per quanto attie ne all’autonoma facoltà di valutazione circa la scusabilità di eventuali omissioni da parte dell’impresa sorteggiata. Tale ter mine è suscettibile di proroga solo mediante atto espresso e motivato dell’Amministrazione procedente, a fronte di un’esplicita richiesta della concorrente, la quale dimostri un impedimento oggettivo ad adempiere, ad essa non imputabile, Newsletter n. 12 29 marzo 2011 sempreché la relativa istanza sia prodotta prima della scadenza del termine stesso. Da ciò discende, in capo all’impresa sor teggiata, l’onere di provare l’oggettiva impossibilità di rispetta re il termine essenziale, nonché la necessità di far constare tal vicenda alla stazione appaltante, prima che quest’ultimo si consumi, non potendosi prorogare un termine scaduto. Peral tro, il significato da attribuire alla richiesta della stazione appal tante è quello non già di mera integrazione d’una documenta zione aggiuntiva e facoltativa, bensì di concessione di un nuovo termine ex art. 48 del D.Lgs. n. 163/06, a fronte di un inadem pimento palese e non scusabile. Repertorio24 PUBBLICAZIONE Avv. Costantino Tessarolo, Diritto dei servizi Pubblici, 2011 Consiglio di Stato Sezione 5 Sentenza del 4 marzo 2011, n. 1380 APPALTI PUBBLICI: SPECIFICHE TECNICHE APPALTI PUBBLICI BANDO SPECIFICHE TECNICHE IMPOSSIBILITÀ DI FAR RIFE RIMENTO AD UN PROCEDIMENTO DETERMINATO, O AD UN TIPO, O AD UN’ORIGINE O AD UNA PRODUZIONE SPECIFICA RATIO DEROGA NECESSITÀ DELLA CLAUSOLA DELL’EQUIVA LENZA CASO CONCRETO ACCOGLIMENTO DELL’APPELLO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 68 DEL D.LGS. N. 163 DEL 2006 In tema di appalti pubblici, le specifiche tecniche, secondo quanto disposto dall’art. 68, comma 13, D.Lgs. n. 163 del 2006 non possono menzionare un procedimento determinato, né fare riferimento ad un tipo, ad un’origine o ad una produzione specifica che avrebbe come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti. E’ ammissibile derogare a quanto suddetto solo quando il riferimento sia indispensabile ad individuare l’oggetto dell’appalto, ma in tale caso la descri zione deve essere accompagnata dall’espressione ”o equiva lente”. Di talché, l’indicazione delle caratteristiche deve essere effettuata in merito ad elementi necessari per distinguere l’oggetto della fornitura, ma non può essere utilizzata con lo scopo di determinare una discriminazione a favore o contro imprese produttrici di determinati beni, cosicché quando le specifiche tecniche si riferiscono ad un particolare prodotto, pur senza indicarne il marchio, devono essere corrette me diante la puntualizzazione di equivalenza. Nel caso concreto, pertanto, deve essere accolto l’appello, dato che, come asseri to dall’appellante, le specifiche tecniche si riferivano ad un dato prodotto coperto da brevetto senza la clausola ”o equi valente”, con conseguente violazione dell’art. 68, comma 13 del citato D.Lgs., oltre che dei principi in materia di par condicio e di non discriminazione nelle gare. Repertorio24 PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24 Tribunale Torino Penale Sentenza del 23 febbraio 2011 33 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com IMPUGNAZIONI PENALI FORMA REQUISITI MOTIVI MOTI VI NUOVI COLLEGAMENTO CON I MOTIVI PRESENTATI TEM PESTIVAMENTE NECESSITÀ FATTISPECIE (C.P.P., ARTT. 444, 445, 581; L. 26/7/1975, N. 354, NORME SULL’ORDINAMENTO PENITENZIARIO E SULLA ESECUZIONE DELLE MISURE PRIVATI VE E LIMITATIVE DELLA LIBERTÀ, ART. 54). I c.d. motivi nuovi (o aggiunti) possono essere esaminati dal giudice dell’impugnazione solo se sono collegati a quelli tem pestivamente enunciati nell’atto di impugnazione e, pertanto, se essi non introducono un thema decidendum diverso da quello inizialmente devoluto (fattispecie in tema di reclamo avverso provvedimento di rigetto di istanza di liberazione anticipata, nella quale il thema decidendum iniziale era costitu ito dalla questione “in diritto” circa l’idoneità di una sentenza ex art. 444 c.p.p. a costituire causa di revoca della liberazione anticipata ai sensi dell’art. 54, c. 3, O.P., mentre con i motivi successivamente aggiunti dal difensore il thema decidendum si sarebbe esteso alla questione “in fatto” circa la concreta offen sività del comportamento costituente l’oggetto della predetta sentenza). >? Repertorio24 PUBBLICAZIONE Centro studi giuridici di Mantova, www.Ilcaso.it, 2011, pg. 3309, pt. I GAZZETTA UFFICIALE Gazzetta Ufficiale Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 71 del 2832011 DECRETO O LEGISLATIVO 3 marzo 2011, n. 28 Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione del l’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e suc cessiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE. (11G0067) (Suppl. Ordinario n. 81) Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 70 del 2632011 DECRETOLEGGE 25 marzo 2011, n. 26 Misure urgenti per garantire l’ordinato svolgimento delle as semblee societarie annuali. (11G0072) DECRETO MINISTERO DELL’INTERNO 16 marzo 2011 Differimento del termine per la deliberazione del bilancio di previsione per l’anno 2011 da parte degli enti locali. (11A03997) DECRETO MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVER SITA’ E DELLA RICERCA 2 marzo 2011 Modifica dei decreti 18 dicembre 2006 ed 8 novembre 2007 di ammissione di progetti al Fondo per le agevolazioni alla ricer ca. (Prot.n.95/Ric.) (11A04045) Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 69 del 2532011 LEGGE 11 marzo 2011, n. 25 34 Interpretazione autentica del comma 2 dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1998, n. 407, in materia di applicazione delle disposizioni concernenti le assunzioni obbligatorie e le quote di riserva in favore dei disabili. (11G0064) DECRETI PRESIDENZIALI DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINI STRI 2 marzo 2011 Modalità, limiti e tempi di applicazione delle disposizioni del codice dell’amministrazione digitale all’Agenzia delle Entrate. Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 68 del 2432011 DECRETO LEGISLATIVO 3 marzo 2011, n. 24 Attuazione della direttiva 2009/33/CE relativa alla promozione di veicoli a ridotto impatto ambientale e a basso consumo energetico nel trasporto su strada. (11G0063) Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 67 del 2332011 DECRETO LEGISLATIVO 14 marzo 2011, n. 23 Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale. Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 66 del 2232011 LEGGE 11 marzo 2011, n. 22 Ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra il Governo della Re pubblica italiana ed il Governo della Repubblica federativa del Brasile in materia di cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma l’11 novembre 2008. (11G0062) Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 65 del 2132011 DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINI STRI 17 febbraio 2011 Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali nel territorio dello Stato, per l’anno 2011. Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 64 del 1932011 DECRETO MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINAN ZE 11 marzo 2011 Determinazione della commissione onnicomprensiva da rico noscersi, per l’anno 2011, alle banche per gli oneri connessi alle operazioni agevolate di credito agrario di miglioramento. (11A03799) DECRETO MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINAN ZE 11 marzo 2011 Determinazione della commissione onnicomprensiva da rico noscersi, per l’anno 2011, alle banche per le operazioni di finanziamento previste dalla legge 25 maggio 1978, n. 234 (credito navale). DECRETO MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINAN ZE 11 marzo 2011 Determinazione della commissione onnicomprensiva da rico noscersi, per l’anno 2011, alle banche per gli oneri connessi alle operazioni agevolate di credito agrario di esercizio. (11A03801) DECRETO MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINAN Newsletter n. 12 29 marzo 2011 Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com ZE 11 marzo 2011 Commissione onnicomprensiva da riconoscere alle banche per gli oneri connessi con le operazioni di credito agevolato per il settore fondiarioedilizio per l’anno 2011. Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 63 del 1832011 DELIBERAZIONE AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI 17 dicembre 2010 Misura e modalità di versamento del contributo annuo, dovu to dagli organizzatori delle competizioni per la commercializ zazione dei diritti audiovisivi sportivi, ai sensi dell’articolo 29 del decreto legislativo 9 gennaio 2008, n. 9 per l’anno 2010. (Stagione sportiva 2009/2010). (Deliberazione n. 669/10/ CONS). (11A03657) Newsletter n. 12 29 marzo 2011 35