Un cuore che ascolta - Ordinariato Militare
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Un cuore che ascolta - Ordinariato Militare
Un cuore che ascolta Omelia per la S. Messa in occasione della Giornata mondiale del malato Policlinico Militare “Celio”, 11 febbraio 2012 Carissimi, in occasione della Giornata Mondiale del Malato desidero anche quest’anno rinnovare la mia spirituale vicinanza a tutti i militari malati che si trovano nei luoghi di cura o sono accuditi nelle famiglie, esprimendo a ciascuno l’affetto della Chiesa Ordinariato. Ai nostri cari medici, infermieri, personale e Associazioni impegnate nel mondo della salute il grazie riconoscente e la fraterna ammirazione. Nell’accoglienza generosa e amorevole di ogni vita umana, soprattutto di quella debole e malata, il cristiano esprime un aspetto importante della propria testimonianza evangelica, sull’esempio di Cristo, che si è chinato sulle sofferenze materiali e spirituali dell'uomo per guarirle. Le malattie sono un segno dell’azione del Male nel mondo e nell’uomo, mentre le guarigioni dimostrano che il Regno di Dio, Dio stesso è presente. Gesù Cristo è venuto a sconfiggere il Male alla radice, e le guarigioni sono un anticipo della sua vittoria, ottenuta con la sua Morte e Risurrezione. Anche nel Vangelo ora ascoltato si parla di guarigione. Conducono a Gesù un sordomuto perché gli imponga la mano. L’imposizione delle mani era il gesto consueto con cui si invocava la benedizione divina su una persona. Il Signore porta l’uomo lontano dalla folla, pone le dita negli orecchi del sordomuto e gli tocca la lingua con la saliva; poi, guardando verso il cielo, emette un sospiro e pronunzia: «Apriti». Il sordo ascolta… il muto parla. Anche noi siamo malati di sordità e di mutismo, cioè non sappiamo amare e possiamo aprirci all’azione di Dio per essere guariti. «Apriti»: la Parola del Signore dischiude ogni cuore isolato, scostante, inospitale, che può finalmente aprirsi e dispiegarsi, diventando capace di ascoltare e di parlare, di offrirsi e di accettare il dono altrui, di consolare e di essere consolato. 1 Sebbene le nostre orecchie di carne, esterne, funzionino perfettamente e la nostra intelligenza interpreti bene quello che le nostre orecchie le propongono, altre orecchie che abbiamo dentro di noi, le «orecchie del cuore», sono ancora chiuse. Esse attendono di essere toccate da Gesù. Solo nell’amore e con l’amore del Signore possiamo dare sagge risposte alle questioni che assillano oggi la realtà sanitaria. A nessuno sfugge, infatti, che la crisi economica pesa soprattutto sulla sanità, che è quasi sempre il settore che grava maggiormente sui bilanci statali disastrati e che - a causa della crescita della durata della vita, e quindi del numero degli anziani - in prospettiva minaccia di essere sempre più costoso. Ma la malattia può essere letta in termini di costi per la collettività? Se siamo toccati dalle mani di Gesù diventiamo custodi della dignità umana ed eviteremo di parlare della salute soltanto come problema economico. Il credente non perde mai di vista il valore dell’assistenza come segno di civiltà e di una cultura di solidarietà che si fa carico, in modo non astratto, dei diritti dell’uomo e della centralità della persona. In un’ottica di meritocrazia, forse anche un malato deve “meritare” le cure dovute? Può un ospedale guadagnare sulla pelle dei pazienti? La sordità dell’egoismo, personale e sociale, distrugge il cuore umano e la storia. Ma, sopra il cuore e sopra la storia si stende la mano di Gesù, e la sua voce dice: «Apriti». Gesù ripete anche a me: «Effatà, apriti!» Esci dal tuo nodo di silenzi e di paure; apriti ad accogliere speranze e progetti nella tua vita, spalanca le tue porte a Cristo. Se rimani chiuso in te, non scoprirai mai Dio che versa le sue nelle tue lacrime e con le sue mani ti prende e ti porta fuori da ogni infermità. La malattia è una condizione tipicamente umana, in cui sperimentiamo fortemente che non siamo autosufficienti, ma abbiamo bisogno degli altri. In questo senso potremmo dire, con un paradosso, che la malattia può essere un momento salutare in cui si può sperimentare l’attenzione degli altri e donare attenzione agli altri. Tuttavia, essa è pur sempre una prova, che può diventare anche lunga e difficile. Quando la guarigione non arriva e le sofferenze si prolungano, possiamo rimanere come schiacciati, isolati, e allora la nostra esistenza si deprime e si disumanizza. Come dobbiamo reagire alla presenza del dolore e della sofferenza? Certamente con le cure appropriate, ma la Parola di Dio ci insegna che c’è un atteggiamento decisivo e di fondo con cui affrontare la malattia ed è quello della fede in Dio, nella sua bontà. Come Gesù ha affrontato il Maligno con la forza dell’amore che gli veniva dal Padre, così anche 2 noi possiamo affrontare e vincere la prova della malattia tenendo il nostro cuore immerso nell’amore di Dio. Nella malattia, abbiamo tutti bisogno di calore umano: per confortare una persona malata, più che le parole, conta la vicinanza serena e sincera. Signore Gesù, di fronte a quel sordomuto tu hai emesso un sospiro, hai dimostrato compassione e commozione, che si sono trasformate in guarigione. Ti chiedo perdono per la durezza del mio cuore, che spesso mi impedisce di compatire, di condividere, di commuovermi, davanti a tanti miei fratelli. Ripeti a me, oggi, il tuo «Apriti» perché io sappia trovare il linguaggio adatto, modulato su squisiti gesti di attenzione agli altri. A Maria, Madre di Misericordia e Salute degli infermi, eleviamo il nostro sguardo fiducioso e la nostra orazione; la sua materna compassione, vissuta accanto al Figlio morente sulla Croce, accompagni e sostenga la fede e la speranza di ogni persona ammalata e sofferente nel cammino di guarigione dalle ferite del corpo e dello spirito. + Vincenzo Pelvi Arcivescovo 3