Fallimento: l`assistenza tecnica alla luce delle
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Fallimento: l`assistenza tecnica alla luce delle
28/02/1998 CONTENZIOSO TRIBUTARIO ASSISTENZA TECNICA PER IL FALLIMENTO n. 9/98 – Pag. 1033 Fallimento: l’assistenza tecnica alla luce delle prime pronuncie giurisprudenziali di Angelo Buscema e Carmela Lucariello La pronuncia in epigrafe, depositata il 09/09/ 1997 dalla CT Provinciale di Salerno Sez. XVIII (riportata nelle pagine seguenti), riveste notevole rilevanza pratica e teorica in tema di assistenza tecnica del fallimento nel nuovo processo tributario (rectius: per le controversie tributarie concernenti il fallimento e non pendenti alla data dell’01/04/ 1996 dinanzi alle preesistenti commissioni tributarie di primo e secondo grado); essa, in particolare, preso atto che la questione relativa alla ammissibilità del ricorso è assorbente rispetto a tutte le altre questioni, dichiara, non in sede di esame preliminare del ricorso ai sensi dell’art. 27 del D.Lgs. 546/92 ma in via pregiudiziale ai sensi dell’art. 276 del c.p.c., l’inammissibilità, rilevabile anche d’ufficio, del ricorso proposto e sottoscritto “direttamente” dal curatore fallimentare senza l’assistenza tecnica del difensore. Non può sfuggire all’attento osservatore che la tesi accolta da siffatta sentenza , in ordine alla vexata quaestio della obbligatoria assistenza tecnica del fallimento, si pone in perfetta armonia con l’orientamento dell’A.F. espresso con la circolare n. 291 E del 12/12/1996 (in “Finanza & Fisco” n. 46/96, pag. 4741) che così recita: “si ritiene che il curatore fallimentare non possa assumere anche la veste di difensore tecnico del fallito nelle controversie dinanzi alle Commissioni tributarie, in virtù del disposto dell’art. 31, terzo comma, del R.D. 16/03/1947 n. 267, in base al quale il curatore fallimentare non può rivestire il ruolo di avvocato o di procuratore nei giudizi che riguardano il fallimento e dell’art. 25, primo comma n. 6) del citato regio decreto che prevede, tra i poteri del giudice delegato, la nomina degli avvocati e dei procuratori”. Ciò premesso è evidente che non solo per ragioni di coerenza (1) non è condivisibile quella tesi, sostenuta da una parte della dottrina (2), secondo Nota (1) — Vedi: ANGELO BUSCEMA E CARMELA LUCARIELLO, “Analisi critica alle istruzioni integrative sull’applicazione del nuovo processo tributario” (in “Finanza & Fisco” n. 3/97 pag. 376). Vedi: GABRIELLA ALEMANNO, “Il difensore nel nuovo processo tributario” (in “Tributi 1996” pag. 450). Vedi: ANGELO BUSCEMA E CARMELA LUCARIELLO, "L’incarico alla difesa nel nuovo processo tributario" (in “Finanza & Fisco” n. 46/96 pag. 4694). Nota (2) — Vedi: GIOVANNI FERRAÙ, “Curatore fallimentare e assistenza tecnica del fallimento” (in “Corriere tributario” n. 17/97, pag. 1244). Vedi: FEDERICO BELLINI, “Novità in tema di difesa tributaria delle procedure concorsuali” (in “il Fisco” n. 13/97, pag. 3694). Finanza & Fisco Pag. 1034 – n. 9/98 CONTENZIOSO TRIBUTARIO ASSISTENZA TECNICA PER IL FALLIMENTO cui non vi sono ostacoli di ordine giuridico nel far assumere al curatore fallimentare la veste di difensore tecnico del fallimento. È necessario, a tal riguardo, precisare che le eterogenee ed articolate argomentazioni addotte da siffatta dottrina possono così essere riassunte: 1) l’art. 12, comma sesto, del D.Lgs. 546/92 è norma speciale, con carattere ed efficacia onnicomprensiva, che in quanto espressamente prevista per il processo tributario non può subire alcun effetto derogatorio da parte di altra norma speciale quale quella prevista dall’art. 31 terzo comma della legge fallimentare che statuisce il divieto al curatore fallimentare di rivestire la vesta di avvocato o di procuratore nei giudizi che concernono il fallimento; 2) la legge fallimentare è inapplicabile nell’ambito del processo tributario atteso che la cd. integrazione normativa si riferisce solo nei confronti del c.p.c. e non di altra e diversa normativa; 3) l’art. 12 del D.Lgs. 546/92 reca una disciplina completa ed esaustiva sotto qualsiasi profilo e pertanto è da escludere una qualsiasi compatibilità con altra diversa disciplina; 4) l’art. 86 c.p.c., norma a carattere generale di diritto comune, può essere derogata da altra norma a carattere speciale in base al principio che la legge speciale deroga la legge generale, mentre l’art. 12 sesto comma del D.Lgs. 546/92, norma a carattere speciale, non può subire effetto derogatorio da parte di altra norma speciale qual’è quella prevista dall’art. 31 terzo comma della legge fallimentare; 5) in ogni caso la violazione dell’art. 31 terzo comma della legge fallimentare non può comportare la nullità del ricorso introduttivo ma la semplice irregolarità sanabile ai sensi dell’art. 182 c.p.c. allorché vi sia la prescritta autorizzazione a stare in giudizio del giudice delegato al fallimento; 6) è logico pensare che il legislatore della legge fallimentare non abbia in alcun modo pensato di estendere l’ambito applicativo della stessa legge fallimentare anche al settore del processo tributario; 28/02/1998 7) nell’ordinamento processuale tributario non è configurabile una ragione inderogabile del divieto per il curatore di stare in giudizio personalmente (si pensi alle controversie di valore inferiore a Lit. 5.000.000 oppure ai ricorsi contro il ruolo formato dal centro di servizi ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 787/80): l’incompatibilità tra la figura di difensore e la figura di curatore non vale per qualsiasi fattispecie; 8) ragioni di economia giuridica richiedono che il curatore possa stare in giudizio senza l’assistenza tecnica del difensore qualora abbia la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore; 9) il curatore fallimentare è un ausiliare di giustizia e non il legale rappresentante del fallito (3); pertanto, nei suoi confronti non opera l’art. 86 del c.p.c.. L’art. 43, comma primo, della legge fallimentare (R.D. 16/03/42 n. 267) conferisce al curatore la legittimazione ad agire (legittimazione processuale sostanziale) e non lo ius postulandi (aspetto formale della legittimazione): la legittimazione ad agire richiede l’autorizzazione del giudice delegato di cui all’art. 25 della legge fallimentare. La inconsistenza o debolezza giuridica di siffatte argomentazioni dottrinali è dimostrata applicando, in modo corretto, i canoni ermeneutici posti dall’ordinamento. È vero che l’art. 12, sesto comma, del D.Lgs. 546/92 è norma speciale ma è altrettanto vero che nulla impedisce di estrapolare da essa una interpretazione restrittiva che rispecchi la reale intenzione del legislatore tributario; in altri termini, il pensiero del legislatore tributario esclude che nella norma citata rientri la fattispecie del curatore fallimentare, avente le qualità di difensore abilitato nel processo tributario. Solo in apparenza l’art. 12, sesto comma, del D.Lgs. 546/92 comprende l’ipotesi del curatore fallimentare, avente le qualità di difensore abilitato nel processo tributario. È logico ritenere, infatti, per ragioni di coerenza e di simmetria dell’ordinamento giuridico che Nota (3) — In tal senso FLAVIA SILLA, “Identikit più selettivo per i difensori” (in “Il Sole-24 Ore” del 27/01/1997, pag. 23). Finanza & Fisco 28/02/1998 CONTENZIOSO TRIBUTARIO ASSISTENZA TECNICA PER IL FALLIMENTO qualora il legislatore tributario avesse voluto introdurre nell’ambito delle controversie tributarie una disciplina diversa o derogatoria a quella prevista dall’art. 31, terzo comma, della legge fallimentare avrebbe previsto nell’ambito delle disposizioni di cui al D.Lgs. 546/92 una deroga espressa al divieto del cumulo delle funzioni tra rappresentante legale e difensore; pertanto, tra l’art. 12, sesto comma, del D.Lgs. 546/92 e l’art. 31, terzo comma, della legge fallimentare non esiste nessuna incompatibilità di disciplina giuridica ma solo una diversa sfera materiale di applicazione: la disciplina posta dal D.Lgs. 546/92 ribadisce o conferma nel settore tributario il contenuto precettivo dell’art. 31, terzo comma, della legge fallimentare (interpretato in modo estensivo in modo da abbracciare anche figure professionali diverse dall’avvocato). D’altra parte, è innegabile che le ipotesi in cui la parte può stare in giudizio in proprio ossia personalmente sono tassative poiché la regola vigente è quella della obbligatorietà dell’assistenza tecnica. In definitiva, la risoluzione della vexata quaestio in esame richiede non l’applicazione analogica degli articoli 31 e 25 della legge fallimentare, come sembrerebbe invece ritenere implicitamente la circolare n. 291 E citata, ma l’interpretazione restritti- n. 9/98 – Pag. 1035 va dell’art. 12, sesto comma, del D.Lgs. 546/92, che in quanto norma speciale non può essere interpretato in via analogica. Giova precisare per completezza di informazione che: — ai sensi dell’art. 25 della legge fallimentare (R.D. 16/03/1942 n. 267) in mancanza della prescritta autorizzazione del giudice delegato il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto della capacità di stare in giudizio (4); — a norma dell’art. 43 della legge fallimentare il fallito non solo perde l’amministrazione e la disponibilità del suo patrimonio ma anche la capacità a stare in giudizio come attore o come convenuto per la difesa degli interessi coinvolti nel fallimento (5); — la legittimazione del fallito ad impugnare l’atto impositivo ha solo carattere eccezionale ed è subordinata all’inerzia del curatore (6); la perdita del fallito della capacità processuale non è assoluta ma relativa poiché questi può sopperire all’inerzia del curatore fallimentare nella tutela dei rapporti patrimoniali: trattasi di legittimazione vicaria subordinata al fatto che il curatore abbia dimostrato disinteresse non avvalendosi dei mezzi di tutela apprestati dall’ordinamento. Nota (4) — Vedi: C.T. I° grado di Roma, Sez. XVIII, n. 87/18/733 del 15/06/1987. Nota (5) — Vedi: C.T. Centrale decisione n. 76 dell’11/02/1997, Sez XII. Nota (6) — CAS - Sez. I - Sentenza n. 7308 del 09/08/1996 — Presidente: Cantillo, Relatore: Borrè CONTENZIOSO TRIBUTARIO (Disciplina posteriore alla riforma tributaria del 1972) - Procedimento - Procedimento di primo grado - Termini per ricorrere - Decorrenza - In genere - Redditi dichiarati dall’imprenditore fallito - Avviso di rettifica - Ricorso Inerzia del curatore - Legittimazione ad impugnare del fallito -Insussistenza - Decisione di primo o di secondo grado - Acquiescenza da parte del curatore -Ammissibilità - LF artt. 43, 46 e 200 - Art. 42 DPR 29/09/1973, n. 600 In tema di contenzioso tributario, la legittimazione del fallito ad impugnare l’avviso di rettifica della dichiarazione dei redditi presentata prima della dichiarazione di fallimento ha carattere eccezionale ed è subordinata all’inerzia del curatore — analogo discorso vale per il commissario di amministrazione straordinaria — che, avendo ricevuto la notificazione ad esso spettante, dimostri concretamente di non volersi avvalere dei mezzi di tutela apprestati dalla legge. Gli estremi di una situazione configurabile come inerzia, mentre si ravvisano nel non avvalersi affatto del rimedio giurisdizionale, vale a dire nel non azionare neppure il primo grado del contenzioso (nel qual caso si configurerebbe la legittimazione vicaria del fallito e il termine per agire decorrerebbe dalla notizia data dal curatore della propria scelta di inattività), non altrettanto sono invece ravvisabili nel caso di acquiescenza alla decisione di primo grado (o, a fortiori, di un grado successivo), essendo la non fruizione del gravame da parte del curatore non una mera manifestazione di inerzia, ma un modo di gestione del processo ed una scelta interna alla logica di questo, senza che tale soluzione interpretativa possa ritenersi in contrasto con l’art. 24 e 113, comma secondo, della Costituzione. Finanza & Fisco