Intervista a Antonio Citati: Plant manager, Givi Co, ltd

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Intervista a Antonio Citati: Plant manager, Givi Co, ltd
Saigon – Vietnam November 2013
Intervista a Antonio Citati: Plant manager, Givi Co, ltd
L’ intervista è stata resa possibile dalla preziosa collaborazione di Monica Marchesini & Massimiliano Bertollo.
Realizzata da Van Tinh – TRAN LE – Tesoriere Icham – emails: [email protected] - [email protected]
1. Buongiorno Antonio. Givi Italia (www.givi.it) è stata fondata nel 1978, grazie all’intraprendenza e illuminazione,
oltre alla determinazione, del suo fondatore, Giuseppe Visenzi (rammento per i lettori che raggiunse il terzo posto
nella classifica Mondiale nel 1969 – Classe 350). Da allora Givi Srl è divenuta una bella realtà nel settore accessori
per moto a livello internazionale. Ci può descrivere nello specifico che tipo di articoli producete?
La GIVI è azienda leader mondiale nel settore dell’accessorio per motocicli. In particolare, la linea di prodotti più
rappresentativa è quella dei bauletti rigidi e dei loro supporti. La GIVI Vietnam produce completi impermeabili e le
soft-bag in tessuto.
2. Siete presenti in diversi teatri in Europa (Germania, Francia, Regno Unito, Spagna etc) dove avete una presenza
ben distribuita e consolidata. Siete inoltre operativi anche nel Nord America (Usa), e in Sudamerica (Brasile), e
naturalmente in Asia con le sedi di Vièt Nam e Malaysia. Continua tu, per favore.
GIVI ha svariati uffici di rappresentanza e sedi produttive nel mondo. Il fenomeno della globalizzazione impone alle
aziende di successo di diversificare geograficamente la produzione e la distribuzione per essere più vicini ai mercati
che si vogliono servire.
3. Gli articoli che producete per il Nord America possono andare bene per i motociclisti del Vecchio Continente? Così
quelli per Sudamerica vanno bene nei mercati asiatici? Per logica immagino che ci siano delle variabili di gusto e
anche di latitudine.
Per ovvi motivi legati alle regolamentazioni nazionali, alla climatologia, alle diversità antropomorfiche, al gusto ed
alla capacità di spesa dei vari mercati, ci sono delle variazioni nel prodotto. Nel caso della GIVI Vietnam questa
diversificazione viene attuata principalmente nella tipologia dei tessuti utilizzati e nella scala delle taglie.
4. La seguente domanda potrebbe essere retorica: chi sono i vostri maggiori competitors? Ttemete la concorrenza
cinese?
Abbiamo svariati competitors, dislocati un po’ in tutto il mondo. Ma siamo coscienti del fatto che, continuando a
seguire la nostra storia, fatta di innovazione e qualità, non dobbiamo temere nessuno.
5. Come mai avete intrapreso “il sentiero” vietnamita anzichè quella cinese dove vanno diversi attori a livello
internazionale?
Il percorso che ci ha portato ad investire in Vietnam è legato al precedente investimento fatto nello stabilimento in
Malesia e deciso a causa delle opportunità di trovare in questo paese un giusto rapporto tra costi, qualità ed anche
opportunità di crescita future del mercato locale.
6. Nel libro: <<L’Orda, quando gli albanesi eravamo noi>> di Gian Antonio Stella, si parla di quando gli albanesi
eravamo noi (in riferimento all’immigrazione italiana verso le Americhe e l’Australia). Chi sono secondo te i nuovi
“albanesi”? Noti qualche similitudine in comune?
La globalizzazione e la conseguente, inevitabile, pressione verso la ridistribuzione della ricchezza ha esasperato i
flussi migratori verso i paesi “ricchi”. Ovviamente il mondo è molto cambiato dal tempo in cui gli Italiani
emigravano in cerca di fortuna. La sovrappopolazione, le guerre locali, le carestie, hanno complicano enormemente
le cose. I flussi inoltre non sono più solo tra i paesi poveri e quelli ricchi ma anche tra paesi relativamente simili che
attraversano congiunture economiche più o meno fortunate.
7. Nel Mare Nostrum, dopo quanto accaduto nelle precedenti settimane a Lampedusa (mi riferisco alle centinaia di
morti di immigrati), a tuo avviso: << il riscatto dei più deboli è ancora una lontana chimera>>?
Il vero riscatto dei più deboli, il raggiungimento di una vera equità nella distribuzione del lavoro e della ricchezza e
dell’accesso ai diritti fondamentali dell’individuo (libertà, salute, educazione e generi di prima necessità) sono
ancora molto molto lontani. Non perché non si possa, purtroppo perché non si vuole.
8. E’ giusto che per vedere Il canaletto si debba elargire 400 euro? Dunque ha ragione chi affermava che la Cultura
appartiene ai più abbienti?
http://lastampa.it/2013/10/06/italia/cronache/com-cara-venezia-il-biglietto-per-la-mostra-del-canaletto-a-europrQL8HBA0gxCL1PVISrM6J/pagina.html
È giusto che le istituzioni culturali vengano in qualche modo finanziate. I 400 Euro di questo caso sono una
esasperazione per il privilegio di una visita solitaria di un’ora. Ben vengano iniziative di questo tipo se con il ricavato
si potrà dare accesso a tutti a più cultura. Basta che non si limiti l’accesso solo a chi paga, ma si creino dei momenti
dove si possa avere un maggiore “servizio”, ovviamente pagandolo il giusto prezzo.
9. Roberto Gervaso, nel suo ultimo libro, “Lo stivale zoppo”, ha definito: <<L’Italia è un paese zoppo>>, e non ha
risparmiato nessuno, siano essi Napolitano, Berlusconi, Grillo ect; ha fatto bene? E ancora: <<La storia di un Paese
senza carattere, che sta ancora in piedi perché non sa da che parte cadere>>. Continua tu per favore.
Non ho letto il libro, ma concordo che siano tutti da criticare. Prima di tutto noi stessi, la classe politica che governa
un paese democratico è specchio fedele della sua popolazione: li abbiamo eletti, ce ne siamo lamentati, e li
abbiamo rieletti, ancora ed ancora. Si sopravvive, non c’è la voglia di costruire un sistema ed un paese nuovi.
10. Ci sono altre “primavere” oltre a quella di Praga nel 1968?
Molte volte nella storia si sono verificati momenti dove la popolazione ha creduto di trovare il giusto momento per
cercare di avviare un cambiamento. Dubček e Palach hanno a breve termine fallito, ma hanno piantato uno dei
semi per lo smembramento delle repubbliche Sovietiche e la caduta del muro di Berlino. Qui vicino, Aung San Suu
Kyi ha vissuto una “primavera” lunga 22 anni. Le recenti “primavere” arabe hanno caratteristiche differenti ma
nascono comunque dalla volontà di cambiare in meglio le condizioni della popolazione. Lo sfruttamento delle
masse da parte dei poteri forti economici e religiosi è purtroppo un grande rischio, specialmente in quelle zone. Il
popolo potrebbe trovarsi in una situazione addirittura peggiore della precedente. Gli interventi Occidentali sono
guidati principalmente da interessi economici di parte, non da vera volontà di aiutare la ricostruzione sociale ed
economica dei paesi.
11. E chi era Jan Palach? Per caso era un pellegrino che si era smaritto per i vicoli di Damasco?
Jan Palach era uno studente, suicida per protesta nel 1969 a Praga, seguito un anno dopo da Kostas Georgakis a
Genova in protesta contro il regime Greco.
A partire dal 1968 molti dei momenti di protesta popolari sono nati all’interno dei movimenti studenteschi.
Probabilmente perché quella è l’età in cui la voglia di protestare e di tentare a costruire un mondo migliore è più
forte. Poi, forse, per molti subentra la rassegnazione e l’omologazione. Lo abbiamo visto a Tien An Men nel 1989,
ed ora lo vediamo ad Aleppo. A volte queste proteste hanno avuto un grande effetto e risultato, a volte meno.
Purtroppo a volte le proteste studentesche vengono strumentalizzate e rese inutilmente violente da gruppi che
hanno tutt’altro tipo di interessi, tipo quanto successo coi Black Block a Seattle nel 1999 o a Genova nel 2001. Non
era certo quello lo spirito con cui Palach si è immolato.
12. «Io non farò il politico come gli altri» (28/1/1994) di S. Berlusconi. Come è stato secondo te “il ventennio di
Berlusconi”?
Da dimenticare. Non per sola colpa di Berlusconi. La responsabilità del dissesto in cui viviamo oggi è tanto sua e dei
suoi sodali quanto di chi non ha fatto seria opposizione politica, ma si è limitato principalmente ad attacchi alla
persona, invece che alle idee ed ai programmi.
Veniamo alla parte “complessa” della nostra intervista
13. Sono stato qualche tempo fa in California presso la celebre Berkeley University e tempo dopo ad Austin alla
University of Texas! In entrambe le occasioni facevo da autista alle mie due diverse cugine a lezione (non certo di
piano!). Quindi le “scuole alte” non ho potuto fare! E ti prego di credermi che l’ignoranza in alcuni momenti ha il
sopravvento nelle mie riflessioni. Fammi capire, si dice Malvinas o Falkland?
Dipende da che parte della barricata stai: si dice Saigon o Ho Chi Minh? La storia la scrivono i vincitori.
Credo che oggi i pochi abitanti delle isole in questione preferiscano essere sudditi della regina Elisabetta. Il “furto”
risale al 1833. Se si dovesse tornare indietro nel tempo e restituire tutti i territori ai “proprietari” originali allora
l’Argentina andrebbe restituita dai discendenti dei colonizzatori Europei ai discendenti degli indigeni precolombiani.
Sono convinto che il governo Argentino reclami le isole solo per poter estendere le proprie acque territoriali, e con
esse le relative zone di pesca, non certo per interesse verso il benessere della locale popolazione.
14. <<Loro non hanno mai saputo perdere e quello che è sicuro è che non hanno mai imparato a vincere>>, di John
Elkann. Dura replica a Moratti: «L'Inter non ha imparato a vincere», Corriere della sera, 24 agosto 2010).
Fanno un po’ pena due “industriali” che litigano per quello che dovrebbe essere un semplice intrattenimento.
Quando si va a teatro o al cinema non importa chi vinca. Oreste o le Erinni? Rick Deckard o i Nexus-6? L’importante
dovrebbe essere godersi lo spettacolo. Invece si è trasformato lo sport agonistico, il calcio in primo luogo, in una
sorta di guerra di religione, probabilmente così conviene. Panem et Circenses, se ne era già accorto Giovenale…
15. <<La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi>> Pomerania - Prussia 1821 - Carl Philipp Gottfried von
Clausewitz. Continua tu per favore.
Verissimo nell’800. Purtroppo ancora molto vero oggi, dopo oltre 200 anni. Non v’è pace per gli empi, Isaia lo
scriveva 2800 anni fa. Probabilmente la guerra è nel nostro destino. Magari non più e non solo la guerra
combattuta con le armi, ma anche quella, più sottile, meno evidente, combattuta col denaro.
16. <<Il dolore è ancor più dolore se tace>>, di Giovanni Pascoli. Continua tu per cortesia.
Pascoli non mi è mai piaciuto. Il dolore ognuno lo elabora secondo la propria personalità. Alcuni preferiscono
tenerlo dentro, altri farlo vedere al mondo intero. La cosa grave è quando tace chi vede e sa di ingiustizie nascoste
che il dolore lo provocano.
17. Quali sono i tuoi pensieri su: <<Carpe diem>>?
Orazio aveva già capito come sarebbe andato a finire il mondo 2000 anni dopo. È il motto della moderna società
capitalistica. Il risultato è avere recentemente visto una giovane sedicenne rubare del contante e dei gioielli in casa
dei datori di lavoro di una parente, non perché affamata o bisognosa di costose cure mediche, ma per comprarsi un
nuovo scooter. Sicuramente c’è qualcosa da cambiare.
18. C’è qualcuno, nel passato o nel presente, che è stato per te fonte di ispirazione e/o un modello di vita?
Le ispirazioni cambiano con l’età. Da bambino mi ispiravo ai miei genitori, da adolescente agli eroi dei libri di
avventura, fantasy e scienza che divoravo: Sandokan, Gandalf, Jim Hawkins, D’Artagnan, Robinson Crusoe, Hari
Seldon, Arsenio Lupin, Isaac Newton, Galileo Galilei, Marie Curie, Albert Einstein, Enrico Fermi, e tanti altri. Da
giovane uomo vedevo come modelli i grandi rivoluzionari della storia, da Spartaco a Gandhi, passando per
Giovanna d’Arco, Robespierre, Washington, Garibaldi e Che Guevara. Ora non ho più un “modello” ma mi ispira
chiunque si dia da fare oltre a quanto ci si aspetterebbe, per costruire un luogo migliore in cui vivere, per sé, per i
propri familiari e per le altre persone che vivono con noi su questo piccolo pianeta. Ma dovendo sceglierne uno:
Richard Feynman, premio Nobel per la Fisica nel 1965, e uomo di profonda cultura generale ed umanità, sempre
pronto a dubitare di tutto e a cercare nuove, migliori soluzioni.
Grazie Infinite per aver collaborato all’ intervista e Buone cose.
La massima del mese: << La mia è una vita sospesa>>, di Salman Rushdie.
Van Tinh – TRAN LE.
Tesoriere Icham - Camera di Commercio italiana in Vièt Nam
Email: [email protected][email protected]
www.icham.org