Strutture discrete e misurazione in psicologia - LED

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Strutture discrete e misurazione in psicologia - LED
I MANUALI
Eraldo Nicotra
Giulio Vidotto
Loredana Bottazzi
STRUTTURE DISCRETE
E MISURAZIONE
IN PSICOLOGIA
UNA INTRODUZIONE
ISBN 978-88-7916-336-1
Copyright 2006
Via Cervignano 4 - 20137 Milano
Catalogo: www.lededizioni.com - E-mail: [email protected]
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica e pubblicazione
con qualsiasi mezzo analogico o digitale
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sono riservati per tutti i paesi.
Stampa: Arti Grafiche Bianca & Volta
Indice
1 Logica
1.1 Gli oggetti della logica . . . . . .
1.2 La verifica vero-funzionale . . . .
1.3 Operatori logici e tavole di verità
1.4 Forme proposizionali . . . . . . .
1.5 Validità degli enunciati . . . . . .
1.6 Formule ben formate e predicati
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2 Insiemi
2.1 Un insieme . . . . . . . . .
2.2 I diagrammi di Eulero-Venn
2.3 Relazioni tra insiemi . . . .
2.4 Operazioni tra insiemi . . .
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3 Teoria delle Relazioni
3.1 Prodotti Cartesiani . . . . . . . . . . .
3.2 Sottoinsiemi di un prodotto cartesiano
3.3 Proprietà delle relazioni . . . . . . . .
3.4 Tipi di relazioni . . . . . . . . . . . . .
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4 Le funzioni
4.1 Restrizione di una relazione
4.2 Tipologie Funzionali . . . .
4.3 Funzioni d’insiemi . . . . .
4.4 Funzioni numeriche notevoli
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Ambivalente, per certi versi contraddittorio, sembra essere il rapporto tra il campo delle scienze psicologiche e l’ambito del sapere
matematico, generalmente inteso.
Per quanto riguarda la scienza costituita, e la ricerca scientifica in atto, si può constatare che parti significative della moderna
psicologia traggono beneficio sostanziale dall’utilizzo di metodi e risultati provenienti da alcuni settori della matematica. Accanto alla
consolidata psicometria, orientata prevalentemente al problema della
misurazione di caratteristiche psicologiche, e allo sviluppo di metodi
speciali per l’analisi statistica di dati da esperimenti psicologici, si
è venuta sviluppando una psicologia matematica, in quanto sistema
articolato di teorie e modelli formali riguardanti ambiti notevoli della
fenomenologia cognitiva e comportamentale - percezione e psicofisica,
processi di scelta individuale e collettiva, apprendimento, pensiero e
linguaggio, strutture e dinamiche sociali, eccetera. In tempi recenti
è rapidamente cresciuta, inoltre, la modellistica computazionale associata a specifici oggetti della ricerca psicologica - in particolare,
quelli riguardanti i processi di conoscenza, ed i processi di interesse
neuropsicologico - e ciò attraverso un vivace e fertile interscambio
con il campo della intelligenza artificiale, e della scienza matematica
dell’informazione nel suo complesso.
A fronte di ciò, coloro che (come il sottoscritto) sono da tempo
impegnati nell’insegnamento di materie collegate alla statistica e alla
matematica in corsi di laurea in psicologia - in generale, a quanto è
dato sapere, non solo nel contesto universitario italiano - hanno riscontrato e continuano a riscontrare difficoltà di ascolto o accettazione
dei contenuti e modi caratteristici delle loro discipline, da parte del
pubblico cui sono destinati - ossia, gli studenti di psicologia. Un pub-
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Presentazione
blico che, per altro verso, appare genuinamente interessato al campo
delle scienze psicologiche e, per gran parte, seriamente impegnato nel
corso di studi prescelto. Si possono ipotizzare varie ragioni alla base
di questo singolare stato di cose. Ad esempio, una marcata discordanza tra l’immagine della psicologia nella cultura diffusa, e la realtà
effettiva della psicologia come scienza costituita. Probabilmente, disponendo di quella sola immagine, lo studente che inizia gli studi in
psicologia non si aspetta di incontrare in essi parti non secondarie che
risentono dell’interazione con le scienze esatte, ed è quindi indotto a
considerare quelle parti come qualcosa di estraneo, di non psicologico
relativamente ad una psicologia in quanto sapere umanistico. Può anche essere che, quanto si riscontra nell’ambito circoscritto degli studi
psicologici, sia per la verità il riflesso di un fenomeno di portata più
generale, nella presente fase storica dei rapporti tra sapere scientifico e società. Un fenomeno che si esprime in una certa resistenza,
per una buona percentuale di giovani, ad investire tempo ed energie
nello studio di discipline con i caratteri dell’astrattezza e del rigore formale - paradossalmente, si potrebbe aggiungere, considerando
che appunto discipline di tale tipo hanno svolto e svolgono un ruolo determinante nel consentire il progresso scientifico e lo sviluppo
tecnologico caratteristici del nostro momento storico.
Il presente volume prende forma dall’esperienza degli autori nell’insegnamento universitario di psicometria e di metodologia statistica per la ricerca psicologica, e si propone come strumento didattico
capace di confrontarsi con le difficoltà di cui ora si è detto. Gli argomenti svolti nel volume sono piuttosto elementari, se riferiti al quadro
generale della moderna matematica: si tratta dei primi concetti di logica formale, di nozioni essenziali di teoria degli insiemi, di elementi
della teoria generale delle relazioni e delle funzioni (in chiave insiemistica), di cenni alla teoria dei grafi e alle strutture combinatorie
finite. Sono però argomenti scelti e disposti con cura e giusto equilibrio, trattandosi di nozioni indispensabili di ingresso non solo per
la psicometria, ma anche per parti importanti della psicologia matematica (in particolare, i modelli di tipo discreto), per un primo
accostamento ai modelli computazionali nella ricerca psicologica, e
per qualsiasi altro settore della psicologia nel quale sia fatto uso del
sistema espressivo e del metodo argomentativo di tipo formale. Soprattutto, sono argomenti esposti, nel volume, con attenzione esperta
e puntuale alle peculiarità del pubblico al quale il volume stesso è de-
Presentazione
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stinato, che si esprime nell’impegno costante a stimolare l’interesse
dello studente-lettore, ad agevolare la comprensione dei concetti proposti e l’apprendimento del corrispondente linguaggio simbolico, ad
illustrare con immediatezza (quando possibile) l’utilità applicativa di
quei concetti.
Nel volume sono presentati oltre 100 esempi e più di 90 esercizi
con relativo svolgimento, gli uni e gli altri coerentemente inseriti nel
testo espositivo. Entro il volume si susseguono inoltre 35 tabelle e
più di 140 figure, che conferiscono visibilità immediata ai principali concetti esposti, e danno al lavoro un pregevole aspetto pittorico.
Queste caratteristiche sono espressione concreta delle finalità specifiche dell’opera, e costituiscono buone premesse per il suo successo
in quanto strumento di una didattica introduttiva alle parti formali
della psicologia.
Padova, 14 ottobre 2006
Luigi Burigana
Docente di Psicometria
2.
Insiemi
In questa sezione esporremo brevemente le principali affinità che
esistono tra operatori logici ed operatori insiemistici. Come avremo modo di verificare, in maniera analoga al comportamento degli
operatori logici, i quali permettono di generare enunciati complessi a
partire da enunciati elementari, gli operatori insiemistici ci mettono
in grado di generare insiemi a partire da altri insiemi precostituiti,
utilizzando una o più delle operazioni insiemistiche interne alla teoria
assiomatica degli insiemi. Constateremo, inoltre, che, in base all’assioma di specificazione, la stessa identificazione di un insieme può
essere realizzata impiegando variabili individuali ed operatori logici.
Abbiamo osservato nel precedente capitolo come le operazioni logiche abbiano la capacità di derivare tutti i valori di verità degli enunciati composti a partire da tutti i possibili abbinamenti di valori di
verità degli enunciati elementari. È importante notare che le formule enunciative ottenute tramite l’impiego di connettivi ci mettono in
grado di definire insiemi di struttura complessa. Sotto questo profilo
le operazioni insiemistiche sono simili a quelle logiche. L’obbiettivo di un operatore insiemistico è quello di rintracciare la collezione
completa di tutti gli esemplari (o elementi) per i quali una specifica
formula logica semplice o complessa sia risultata vera. Come verrà
esposto alla fine del presente capitolo, è possibile mettere in corrispondenza gli operatori logici con quelli insiemistici in funzione delle
loro specifiche azioni.
2.1. Un insieme
Un insieme è un aggregato di entità o di oggetti che vengono raggruppati a costituire un complesso unitario. Non esiste una definizione in senso formale del concetto di insieme, poiché questo termine
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2. Insiemi
individua un principio fondamentale dell’intuizione. Possiamo cioè
dire che il concetto di insieme non è ricavabile per deduzione da nessun’altra entità formale della teoria in base all’applicazione di regole
deduttive di natura logica. In tal senso dobbiamo considerare l’insieme come un oggetto primario. All’interno della teoria degli insiemi
viene postulato un primo fondamentale assioma detto di esistenza.
Assioma 2.1.1. Esiste almeno un insieme M . Quest’oggetto formale viene rappresentato con due parentesi graffe che racchiudono la
collezione di elementi, sicché: M = {a, b, c, . . .}.
George Cantor (1845-1918), al quale si deve la prima presentazione assiomatica della teoria degli insiemi, in una prima formulazione
del concetto di insieme, afferma: Per molteplicità o insieme intendo
ogni Molti che si può pensare come Uno. Successivamente, egli rese
ancora più chiaro il suo pensiero affermando: Per molteplicità o insieme intendiamo la riunione in un tutto M di oggetti m determinati
e distinti della nostra intuizione o del nostro pensiero che sono detti
elementi di M .
Dalla formulazione di Cantor possiamo renderci conto che l’oggetto insiemistico M viene considerato come un aggregato di altre
entità dette elementi ed indicati con m. È importante notare che i
due oggetti insiemistici (insiemi ed elementi) non vengono posti su
un medesimo piano o livello gerarchico: l’insieme conterrà l’elemento
e l’elemento non potrà mai contenere l’insieme. Il carattere generale
della teoria permette comunque di considerare un insieme come un
possibile elemento di qualche altro insieme; quindi, sarà sempre possibile generare insiemi che contengano a loro volta insiemi, o elementi
ed insiemi al contempo. Dalla stessa definizione cantoriana di insieme, all’identità, o unicità degli oggetti insiemistici fa riferimento il
seguente assioma di uguaglianza.
Assioma 2.1.2. Due insiemi M e N sono tra loro identici o uguali
se ogni oggetto che appartiene ad M appartiene anche ad N e se ogni
oggetto che appartiene ad N appartiene anche ad M .
L’assioma introduce una relazione di ordine gerarchico tra l’elemento e l’insieme e tale relazione viene detta di appartenenza. Una
volta che l’insieme sia stato costituito si dirà che i suoi elementi appartengono all’insieme e l’appartenenza verrà indicata con il simbolo
∈, mentre la non appartenenza verrà indicata con 6∈. L’appartenenza
rappresenta una relazione tra un generico elemento m ed un costrutto
2.1. Un insieme
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teorico di ordine superiore quale è l’insieme M . La notazione
a∈A
stabilisce quindi un legame tra il più piccolo dei termini insiemistici,
cioè il singolo elemento, ed un aggregato di oggetti del quale esso
è parte costitutiva. Questo assioma ci permette di riconoscere la
diversità tra gli oggetti M ed {M }. Tale diversità viene resa esplicita
tramite l’impiego della notazione:
M 6= {M }.
(2.1)
Si può quindi generalizzare affermando che: m rappresenta in simboli
un generico elemento, mentre la notazione {m} vuole indicare l’esistenza di un insieme che abbia come suo unico elemento l’oggetto m.
Alla stessa maniera, possiamo generare l’insieme {{m}} ed in questa
circostanza la notazione ci informerà sul fatto che l’insieme contiene
un unico elemento che è {m}: il quale è esso stesso un insieme che
raccoglie al suo interno esclusivamente l’elemento m. Il procedimento
può ricorrere indefinitamente indicando in sostanza che l’appartenenza è una relazione tra elementi da un lato ed insiemi dall’altro lato,
ma un elemento che appartenga ad un insieme può essere esso stesso
un insieme.
Un insieme può essere identificato in due diverse maniere. La prima maniera viene detta per elencazione, o per estensione, e consiste
nel disporre all’interno dei simboli costituiti dalle parentesi graffe (o
rotonde) i nomi o i simboli che identificano gli elementi componenti
l’insieme; i quali, a loro volta, vengono convenzionalmente separati
da virgole.
Esempio 2.1.1. Un insieme di individui sarà rappresentato nella
seguente maniera:
{M arco, F rancesca, Luigi, M atteo, Roberta},
ove l’ordine degli elementi dell’insieme non riveste alcuna rilevanza.
L’insieme
{F rancesca, Luigi, M arco, Roberta, M atteo}
non viene distinto del precedente e i due insiemi vengono quindi
considerati identici.
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2. Insiemi
Esempio 2.1.2. Qualora l’ordine fosse invece rilevante, per qualche
opportuna ragione, la notazione insiemistica varierebbe leggermente,
e in luogo delle parentesi graffe verrebbero impiegate le parentesi
rotonde; come indicato nel seguente ordine di atterraggio di alcuni
aerei sulla pista di un generico aeroporto:
(M ilano, Bari, P alermo, V enezia, Roma).
L’insieme
(Bari, P alermo, M ilano, Roma, V enezia)
viene distinto del precedente e i due insiemi rappresentano differenti
ordini di arrivo degli aerei.
La seconda maniera di indicare un insieme viene detta per regolarità o per intenzione. Essa stabilisce una formula caratteristica
adeguata all’individuazione degli elementi che portano alla costituzione dell’insieme. La formula opera su uno o più degli attributi
o delle proprietà individuali degli elementi che si vogliono aggregare all’interno di un insieme. L’idea di formulare l’appartenenza degli
elementi all’insieme in funzione delle loro specifiche proprietà fu originariamente introdotta da Gottlob Frege (1848-1925) al quale si deve
l’introduzione nella teoria del seguente assioma di specificazione o
principio di composizione.
Assioma 2.1.3. Per ogni insieme M e per ogni condizione P, esiste
l’insieme N costituito da tutti e soli gli elementi di M che soddisfino
la condizione P.
La genericità con la quale il principio di composizione fu introdotto generò in passato notevoli difficoltà riguardo alla generalità e alla
consistenza dell’intera teoria insiemistica. Un esempio di possibile
contraddizione in termini della teoria fu offerto da Bertrand Russell
(1872-1979) con il noto paradosso che porta il suo nome. Russell si
interrogava sulla possibilità di trattare in seno alla teoria insiemi che
contenessero essi stessi come elementi e che potessero essere definiti
proprio in base all’impiego del principio di composizione. Egli dimostrò che insiemi del tipo: X = {x | x 6∈ x} conducono a contraddizioni
della forma: X ∈ X ⇐⇒ X 6∈ X.
Esempio 2.1.3. Il problema viene lucidamente inquadrato dalla nota esemplificazione riguardante l’attività del barbiere di un piccolo
2.1. Un insieme
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paese. L’unico barbiere presente nel paese fa la barba a tutti coloro
i quali non la fanno a se stessi. Ci si può allora interrogare su chi
debba essere la persona deputata a fare la barba allo stesso barbiere!
Nel prendere una decisione ci si accorge facilmente di entrare in contraddizione poichè: se da un lato si è deciso che lui faccia la barba
solo a coloro i quali non la facciano a se stessi, egli non dovrebbe farsi la barba perchè contravverrebbe al suo ruolo; ma, dall’altro lato,
non facendosi la barba ricadrebbe proprio all’interno della categoria
di individui per i quali egli dovrebbe fare la barba, e cioè: coloro che
non la fanno a se stessi. In una simile circostanza, per evitare il problema, sembrerebbe opportuno rinunciare all’esistenza di un barbiere
che abbia un tale ruolo!
Dalla formulazione dell’assioma 2.1.3 l’insieme M deve allora essere di generalità maggiore rispetto all’insieme N in quanto gli elementi
che compongono N provengono da M ; quindi, gli elementi che concorrono alla creazione di un insieme debbono comunque provenire da
qualche altro insieme: e ciò deve valere al fine di evitare inconvenienti
come quelli scoperti da Bertrand Russell.
Esempio 2.1.4. Qualora si fosse interessati all’identificazione degli
insiemi costituiti dai soli numeri naturali pari o dai soli numeri naturali dispari, il metodo per elencazione risulterebbe inapplicabile:
poiché entrambi gli insiemi sono costituiti da elementi infinitamente contabili. Bisogna perciò identificare una regola che, basandosi
su qualche specifica regolarità, rintracci tutti gli elementi che possiedono tale caratteristica. Le due espressioni qui sotto riportate permettono di individuare gli elementi appartenenti ai due insiemi, P
e D, impiegando esclusivamente operazioni aritmetiche tra i membri
dell’insieme R dei numeri reali:
P = {x ∈ R | x = 2n, n ∈ N};
(2.2)
D = {x ∈ R | x = 2n + 1, n ∈ N}.
(2.3)
Per l’insieme P l’espressione 2n rappresenta un generico numero pari,
mentre per l’insieme D l’espressione 2n + 1 individua un generico numero dispari. N rappresenta l’insieme dei numeri naturali, R quello
dei numeri reali ed il simbolo | rappresenta l’espressione linguistica "tale che" . Nelle due precedenti definizioni degli insiemi P e D
viene impiegata una variabile individuale x ed una formula predicativa mono-argomentale che stabilisce l’appartenenza dei numeri pari
72
2. Insiemi
o dei numeri dispari alle loro rispettive collezioni. Dalla definizione
2.3.3 fornita a pagina 81 potrà apparire chiaro come gli insiemi N ed
R siano legati tra loro da una relazione di inclusione. La relazione
di inclusione che riguarda (congiuntamente) le diverse famiglie numeriche verrà invece presentata a pagina 122 nella sezione ad essa
dedicata.
Esercizio 2.1.1. Si identifichi una tra le possibili regole di specificazione per ciascuno dei seguenti insiemi:
a) X1 = {a, e, i, o, u};
b) X2 = {2, 4, 6, 8, 10, 12};
c) X3 = {2, 3, 5, 7, 11, 13, 17, 19, 23, . . .};
d) X4 = {1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, . . .};
e) X5 = {1, 2, 4, 8, 16, 32, 64, 128}.
Soluzioni:
a) X1 = {x | x è vocale dell’alfabeto italiano};
b) X2 = {x | x è numero pari compreso fra 2 e 12};
c) X3 = {x | x è numero primo};
d) In questo esercizio bisogna tenere presente che gli elementi dell’insieme vanno considerati nell’ordine dato e costituiscono una
sequenza ordinata di numeri naturali. Diversamente, non sarebbe possibile identificare una regola che ricorsivamente rintracci un elemento che occupi una particolare posizione all’interno dell’insieme in funzione di uno o più dei suoi predecessori. Quindi, in questa circostanza si tratta di identificare una
particolare serie numerica piuttosto che un insieme numerico
qualsiasi. Questa serie di valori numerici viene denominata serie di Fibonacci, dal nome del matematico che la formalizzò. La
regola generatrice della serie è la seguente: {x1 = x2 = 1; Xn =
Xn−1 + Xn−2 ; n = 3, 4, . . .};
e) X5 = {x | x = 2n ; 0 ≤ n ≤ 7, n ∈ N}.
2.1. Un insieme
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Un ruolo speciale, all’interno della teoria degli insiemi, viene assegnato all’insieme vuoto; il quale, come constateremo più avanti, è
sottoinsieme di qualsiasi altro insieme. Il simbolo impiegato per indicarlo è ∅. Un insieme vuoto è generabile mediante l’impiego di una
qualsiasi forma proposizionale che conduca ad una contraddizione,
quale ad esempio: ∅ = {z | z 6= z}. Oppure, in termini concreti, con
una espressione del tipo: l’insieme dei mesi dell’anno di 40 giorni. La
proprietà dell’insieme vuoto di essere incluso in qualsiasi altro insieme
verrà trattata dopo che avremo avuto modo di presentare la definizione relativa all’inclusione tra insiemi. Un altro importante insieme
è quello che raccoglie al suo interno la gamma di tutti gli oggetti per i
quali è rilevante stabilire una rappresentazione insiemistica. Tale insieme viene detto insieme universale e noi lo indicheremo con il simbolo U. L’insieme universale è generabile mediante l’impiego di una
qualsiasi forma proposizionale che conduca ad una tautologia la quale
è, ad esempio utilizzata per descrivere la collezione: U = {z | z = z}
degli oggetti identici a se stessi.
In generale, un insieme A può venire idealmente costituito identificando un’espressione del tipo ϕ(·) (si veda, a proposito, il capitolo
1) che abbia lo scopo di caratterizzare gli elementi interni ad A con
qualche formula predicativa: così come viene auspicato dall’assioma
2.1.3. L’espressione ϕ(·) rappresenta quindi una funzione enunciativa che ha come argomento una variabile enunciativa per la quale sia
possibile rilevare un dato numero di elementi che la rendano vera.
Sotto tale profilo, tutti gli oggetti, o le entità, per i quali sia possibile verificare il possesso dell’attributo o della proprietà espressa
da ϕ(·) vengono idealmente raggruppati e identificati con un nuovo
simbolo: nella nostra notazione il simbolo impiegato è A. Seguendo
quindi l’indicazione di Cantor alla lettera maiuscola A corrisponderà
un collettivo di oggetti, mentre alla lettera minuscola corrisponderà
il singolo elemento a. Per rappresentare formalmente l’insieme A si
potrà allora ricorrere all’espressione: A = {a | ϕ(a) = 1} oppure, in
maniera alternativa, a ∈ A ⇐⇒ ϕ(a) = 1.
Esercizio 2.1.2. Si rappresenti in forma estesa la composizione interna dei seguenti insiemi:
a) X1 = {x ∈ N | 2 ≤ x ≤ 8};
b) X2 = {x | x è una sigla automobilistica veneta};
74
2. Insiemi
c) X3 = {x ∈ N | x = n × 4; n = 1, 2, 3, 4};
d) X4 = {x ∈ Q | (x ≥ 0) ∧ ((2x + 3)(3x − 2) = 0)};
e) X5 = {x ∈ N | 5 ≤ x ≤ 12};
f) X6 = {x ∈ N | 3 < x ≤ 14};
g) X7 = {x ∈ N | 7 ≤ x < 11};
h) X8 = {x ∈ Z− | 5 < x < 16};
i) X9 = {x ∈ Z− | −4 < x < 12};
j) X10 = {x ∈ Z∗ | −2 < x < 2};
k) X11 = {x ∈ R− | x < 16};
l) X12 = {x ∈ R+ | x ≥ 10}.
Soluzioni:
a) X1 = {2, 3, 4, 5, 6, 7, 8};
b) X2 = {BL, PD, RO, TV, VE, VR, VI};
c) X3 = {4, 8, 12, 16};
d) In questo esercizio l’insieme viene indicato dalla forma proposizionale (x ≥ 0) ∧ ((2x+3)(3x−2) = 0) la quale stabilisce che la
variabile individuale deve essere un numero razionale maggiore
o uguale a 0 e che il prodotto (2x+3)(3x-2) si deve annullare.
Questa forma proposizionale individua lo spazio della soluzione
costituito dagli elementi interni a Q che rendono vera l’equazione polinomiale. I valori ottenuti dalla soluzione trasformano
quindi la forma proposizionale in una proposizione vera ed individuano, con ciò, un sottoinsieme di Q. La soluzione propria
è allora: X4 = { 32 };
e) X5 = {5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12};
f) X6 = {4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14};
g) X7 = {7, 8, 9, 10};
h) X8 = {} = ∅;
2.2. I diagrammi di Eulero-Venn
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i) X9 = {−3, −2, −1};
j) X10 = {−1, 1};
k) X11 =] − ∞, 0[ è un intervallo aperto;
l) X12 = [10, +∞[ è un intervallo chiuso sul numero reale 10.
2.2. I diagrammi di Eulero-Venn
Un insieme può essere rappresentato tramite una figura geometrica regolare, quale ad esempio un cerchio oppure un rettangolo; o,
in altra maniera, facendo uso di una qualsiasi figura geometrica chiusa. Gli elementi dell’insieme vengono disposti all’interno dell’area
Figura 2.1: Rappresentazione di un insieme.
individuata dalla figura. Come è già stato indicato, agli insiemi vengono assegnate lettere maiuscole, a riprova del loro più elevato ruolo
gerarchico rispetto agli elementi; mentre per questi ultimi vengono
generalmente riservate le lettere minuscole.
Come abbiamo precedentemente rilevato, un insieme A viene identificato all’interno di una classe più ampia di oggetti che può essere
anche indicata col termine dominio o classe di appartenenza di A. Un
qualsiasi insieme viene conseguentemente ricavato circoscrivendo gli
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2. Insiemi
elementi ad esso interni e, contemporaneamente isolando quelli estranei, che comunque rimangono membri della classe più estesa. Nel
caso più generale, la classe di appartenenza di A può essere definita nel modo più esteso possibile identificandosi quindi con l’insieme
universale U. Per rendere visibile la dominanza di un insieme universale nei riguardi di un insieme generico vengono utilizzate due figure
geometriche chiuse: la prima delle quali indica l’insieme universale e
delimita l’area più estesa; mentre la seconda racchiude alcuni elementi
dell’insieme universale U che possano essere isolati sulla base di alcune
loro peculiarità (o proprietà) e in maniera tale che l’area delimitata
sia interna a quella tracciata dal confine più esterno. Il diagramma
di Venn relativo a questa ultima circostanza viene presentato nella
sottostante figura 2.2. Quando un insieme viene generato tramite
Figura 2.2: Rappresentazione di un insieme A in U.
un’espressione che è falsa per tutti gli elementi dell’insieme universale si ottiene l’insieme vuoto. Tale insieme può comunque venire
idealmente tracciato all’interno dell’area relativa all’insieme universale, ma al suo interno non potrà apparire alcun oggetto o elemento
di quello stesso dominio universale.
2.3. Relazioni tra insiemi
77
Figura 2.3: L’insieme vuoto: un insieme che non contiene elementi.
2.3. Relazioni tra insiemi
Uguaglianza tra insiemi
Definizione 2.3.1. Siano dati due insiemi A e B. Diremo che A è
identico a B e scriveremo A = B quando, per qualsiasi elemento x
venga scelto, x è presente in A se e solamente se x è presente anche
in B.
Figura 2.4: Uguaglianza tra due insiemi.
78
2. Insiemi
Possiamo allora indicare in maniera formale che:
A = B sse (∀x)(x ∈ A ⇐⇒ x ∈ B).
(2.4)
Esempio 2.3.1.
A = {a, b, d, h, w, e, i},
B = {a, d, b, h, e, w, i},
(A = B) = {a, b, d, e, h, i, w}.
Nell’esempio proposto è possibile osservare che la differenza nella
collocazione interna degli elementi dei due insiemi A e B è del tutto
irrilevante al fine della valutazione della relazione di uguaglianza tra
i due insiemi non ordinati. Le etichette A e B risultano quindi interscambiabili, poiché individuano la stessa collezione di oggetti. Così
le scritture:{y}, {y,y}, e {y,y,y} sono da considerare tra loro tutte
equivalenti. In base alla definizione 2.3.1, un insieme non ordinato
costituisce quindi una collezione di tipi piuttosto che una disposizione di elementi ad esso interni. Si tenga però presente che le due
notazioni y e {y} rappresentano oggetti diversi e quindi:
y 6= {y} 6= {{y}}.
(2.5)
Il simbolo y viene impiegato per connotare un elemento generico mentre il simbolo {y} rappresenta un insieme che contiene al suo interno
solo l’elemento y; inoltre, la notazione {{y}} indica un insieme che
contiene come elemento un altro insieme che possiede al suo interno
l’unico elemento y.
Esempio 2.3.2. L’uguaglianza tra due insiemi A e B viene formalmente dimostrata verificando la validità di due opposte implicazioni,
le quali congiuntamente rappresentano un’equivalenza logica. Le due
implicazioni provano l’appartenenza di un elemento variabile x ad entrambi gli insiemi A e B; ma operano in direzioni opposte muovendo
la prima a partire da A e la seconda a partire da B come mostrato
dalle due seguenti espressioni:
x ∈ A =⇒ x ∈ B;
x ∈ B =⇒ x ∈ A.
2.3. Relazioni tra insiemi
79
Riprendendo l’esempio 2.1.4 presentato a pagina 71 e richiamando le
definizioni 2.2 e 2.3, possiamo provare come l’insieme P + dei numeri
naturali pari, e diversi da zero, sia uguale all’insieme dei numeri naturali K ottenuti sommando due numeri dispari in D. Vogliamo cioè
verificare che sebbene gli insiemi P + e K abbiano definizioni diverse essi portano alla costituzione dello stesso insieme. Inizialmente,
assumiamo che x ∈ P + e deduciamo quindi che dovrà valere anche
x ∈ K. Se x è un numero pari, se cioè è membro di P + , allora
possiamo individuarlo utilizzando la regola di identificazione dell’insieme P + dei numeri pari corrispondente a x = 2(n + 1). Questa
espressione è però uguale ad un’altra espressione che fa invece riferimento alla regola di composizione dell’insieme dei numeri dispari
D. In particolare, possiamo scrivere x = (2n + 1) + 1 e constatare
che tale numero appartiene a K essendo x somma dei due numeri
dispari 2n + 1 ed 1. Risulta quindi provato che: se x appartiene a
P + allora deve appartenere anche a K. Nel verificare la seconda implicazione si assume invece che x ∈ K; da cui, essendo x definito in
K come un numero ottenuto dalla la somma di due numeri dispari,
potrà, in alternativa, essere scritto come x = (2m+ 1)+ (2n+ 1), conformemente alla regola di definizione dell’insieme dei numeri dispari
D. Quest’ultima espressione è chiaramente riconducibile alla seguente uguaglianza: x = 2(m + n + 1), dove i numeri 2 ed 1 sono delle
costanti ed m ed n delle variabili individuali. Possiamo osservare che
sostituendo ad (m+ n+ 1) la lettera d, indicante un qualsiasi numero,
ricaviamo l’espressione x = 2d dalla quale è chiaramente visibile che
x non può che essere un numero pari. Risulta così verificata anche la
seconda implicazione, la quale asseriva che se x fosse appartenuto a
K allora sarebbe appartenuto anche a P . Essendo le due implicazioni
valide congiuntamente, possiamo concludere che l’insieme P + dei numeri pari e diversi da zero può venire identificato anche della regola
di composizione x = (2n + 1) + 1, la quale genera lo stesso insieme
della regola x = 2(n + 1); pertanto, gli insiemi P + e K coincidono e
si potrà allora scrivere P + = K.
La relazione di uguaglianza tra insiemi gode di alcune importanti
proprietà che verranno adesso brevemente indicate. Per qualsiasi
generica collezione di insiemi M, N, O si ha che:
☞ M = M;
☞ N = N;
80
2. Insiemi
☞ O = O;
☞ (M = N ) =⇒ (N = M );
☞ (M = N ) ∧ (N = O) =⇒ (M = O).
Qualora due insiemi A e B non dovessero possedere la medesima
collezione di elementi, essi dovranno essere considerati diversi e tale
mancata uguaglianza verrebbe indicata con la notazione A 6= B.
Definizione 2.3.2. Due insiemi A e B sono tra loro differenti se
esiste almeno un elemento che appartiene esclusivamente ad uno dei
due insiemi, come indica la seguente espressione:
A 6= B sse (∃y)((y ∈ A ∧ y 6∈ B) ∨ (y ∈ B ∧ y 6∈ A)).
(2.6)
Figura 2.5: Insiemi differenti.
Esempio 2.3.3.
A = {a, b, d, e, f, i, w},
B = {a, b, d, e, h, i, w},
(A 6= B).
In questo esempio si può facilmente riscontrare come la composizione
interna dei due insiemi sia differente e in conseguenza di ciò le etichette formali A e B non sono più interscambiabili ma delineano due
oggetti chiaramente distinti. In questa circostanza gli elementi sono
gli stessi in entrambi gli insiemi ad eccezione di f che appartiene solo
ad A e di h che appartiene solo a B.
2.3. Relazioni tra insiemi
81
Inclusione e sottoinsiemi
Definizione 2.3.3. Siano A e B due generici insiemi, diremo che A
è un sottoinsieme di B, o che A è incluso in B, se e solamente se per
ogni generico elemento x, se x è presente in A, allora x apparterrà
anche a B. Formalmente:
A ⊆ B sse (∀x)(x ∈ A =⇒ x ∈ B).
(2.7)
Esempio 2.3.4.
A = {b, g, f, h, u, w},
B = {a, b, d, e, f, g, h, i, j, k, u, s, w},
A ⊆ B.
Figura 2.6: Inclusione tra gli insiemi A e B.
L’uguaglianza presentata nella definizione 2.3.1 può venire riformulata nei termini di inclusione tra insiemi osservando che per poter
essere valida devono valere congiuntamente le due inclusioni:
A = B sse A ⊆ B e B ⊆ A.
(2.8)
Dall’uguaglianza tra insiemi e dalla relazione di inclusione deriva la
seguente proprietà:
A ⊆ B sse A ∪ B = B.
(2.9)
82
2. Insiemi
Questa proprietà può essere estesa alla relazione di inclusione di
un insieme con se stesso, in quanto può sempre venire verificata la
condizione:
B ⊆ B sse B ∪ B = B.
(2.10)
Definizione 2.3.4. Diremo che un insieme A è sottoinsieme proprio
di B e scriveremo A ⊂ B quando:
(∀x)((x ∈ A =⇒ x ∈ B) ∧ (∃x)(x ∈ B ∧ x 6∈ A));
(2.11)
o analogamente
(2.12)
A ⊂ B sse (A ⊆ B ∧ B 6= A).
Esercizio 2.3.1. Si verifichi in quali circostanze risultano vere le
seguenti espressioni:
a) (A ∩ B) = A;
b) (A ∪ B) ∩ (A ∩ B) = A.
Soluzioni:
a) La verifica è semplice: è sufficiente richiamare le definizione
2.3.3 di inclusione e l’espressione 2.9 la quale ci informa sul
fatto che B è un insieme che raccoglie tutti gli elementi di A e
ne aggiunge alcuni specificamente suoi. È vero cioè che: A ⊆ B.
b Anche in questa circostanza è utile fare riferimento alle formule
2.7 e 2.9 dalle quali possiamo dedurre che:
(A ∪ B)
∩ (A ∩ B)
= B ∩ (A ∩ B)
= (B ∩ A)
= (A ∩ B)
= A.
Anche in questo caso è vero che: A ⊆ B.
[dalla 2.7]
[dalla 2.9]
2.3. Relazioni tra insiemi
83
Se un insieme C non è un sottoinsieme di un insieme D la notazione C 6⊂ D indicherebbe l’assenza della relazione tra i due insiemi
messi a confronto.
La relazione di inclusione tra insiemi gode anche della proprietà
transitiva: secondo la quale, se A ⊆ B, B ⊆ C, C ⊆ D allora A ⊆ C,
A ⊆ D e B ⊆ D.
=
A
⊆
D
=
=
⊆
⊆
⊆
B
⊆
C
=
Figura 2.7: Proprietà transitiva della relazione di inclusione.
Insieme potenza Come avremo modo di approfondire nel capitolo dedicato alla probabilità, lo sviluppo dell’insieme potenza riveste
un ruolo fondamentale nel potere assegnare dei valori di probabilità
agli eventi. Per adesso è sufficiente comprendere come l’insieme potenza, indicato con la lettera P, rappresenti la più ampia collezione
di sottoinsiemi di un insieme già costituito.
Definizione 2.3.5. Sia dato l’insieme Ω. Diremo che P(Ω) è l’insieme potenza di Ω se valgono le tre seguenti condizioni:
1. Ω ∈ P(Ω);
2. ∅ ∈ P(Ω);
3. P(Ω) = {A | A ⊆ Ω}.
3.
Teoria delle Relazioni
In molteplici circostanze è necessario mettere in corrispondenza
gli elementi di un insieme con quelli di un altro insieme. Così, ad
esempio, nel condurre una ricerca sui rapporti familiari tra genitori
e figli è opportuno registrare per ogni coppia di genitori quali siano i
lori figli e rilevare, in riferimento al dato accoppiamento genitori-figli,
le variabili sperimentali ritenute rilevanti nel valutare il rapporto.
Figura 3.1: La corrispondenza associa a ciascun genitore i propri figli.
Tali corrispondenze debbono però essere eseguite in modo da assicurare alcune regolarità insiemistiche. In tal senso, qualsiasi elemento venga associato ad un altro elemento dello stesso insieme, o di un
insieme diverso, dovrà fornire informazione riguardo alla collezione
insiemistica di provenienza (di quale tipo di oggetto si tratta) e alla
posizione ordinale che esso occupa all’interno della concatenazione
di elementi generata dalla corrispondenza che di volta in volta viene
realizzata.
128
3. Teoria delle Relazioni
3.1. Prodotti Cartesiani
L’operazione che permette di stabilire lo spazio fondamentale all’interno del quale realizzare un insieme di concatenazioni tra elementi
insiemistici prende il nome di prodotto cartesiano. All’interno di un
prodotto cartesiano vengono realizzati tutti i possibili abbinamenti
tra gli elementi di volta in volta coinvolti. Il numero totale di abbinamenti generati dall’operazione insiemistica dipende dal numero di
elementi presenti in ciascuno degli insiemi generatori. Naturalmente,
nulla esclude la possibilità di concatenare tra loro un numero finito oppure infinito di insiemi o di ripetere l’operazione su un unico
insieme.
Esempio 3.1.1. In una indagine sul clima lavorativo esistente tra
i dipendenti di una grossa industria potrebbe essere utile svolgere
un’indagine che accerti quale sia lo stato della comunicazione all’interno del luogo di lavoro, e, al fine di raggiungere un tale obbiettivo,
si potrà procedere alla valutazione dell’intensità e della natura delle
comunicazioni tra il personale dirigente e quello tecnico, oppure tra
quello tecnico e quello amministrativo, e così via. Per poter studiare
al meglio le modalità di comunicazione bisognerà individuare tutti
i possibili circuiti di comunicazione esistenti tra tutte le categorie
lavorative implicate. Così, ad esempio, se il sistema produttivo dell’industria, di cui si è già accennato, fosse ripartito in un’area della
dirigenza (D), un’area tecnica (T), un’area amministrativa (A) ed, in
ultimo, un’area produttiva (P), si dovrà rappresentare l’intera rete di
comunicazione nella seguente maniera:
Figura 3.2:
dell’azienda.
D
T
A
P
Schema della rete di comunicazione all’interno
3.1. Prodotti Cartesiani
129
Quando vengono stabilite delle connessioni tra entità appartenenti ad insiemi distinti, o anche tra elementi di uno stesso insieme, si
genera un nuovo aggregato di oggetti: in questo caso, gli elementi appartenenti al nuovo insieme saranno delle coppie, oppure delle terne,
o più in generale delle file, o catene ordinate, di elementi chiamate
n-uple.
P osizioni
1
2
3
4
a∈A
b∈B
c∈C
d∈D
(a,
b,
c,
d)
Figura 3.3: Generazione di una 4-upla ordinata.
Le n-uple, come già indicato, debbono essere generate in modo
tale che le posizioni occupate dai singoli elementi forniscano informazione riguardo all’ordine di successione degli insiemi generatori.
Come abbiamo avuto modo di osservare nel capitolo precedente, un insieme costituisce un aggregato di oggetti non ordinati. Una
coppia di elementi viene fornita di un ordine se presi due qualsiasi
oggetti x, y di un insieme X si considera la relazione di inclusione
presente nell’insieme {{x}, {x, y}}. Essendo {x} ⊆ {x, y} si assume
che l’insieme {{x}, {x, y}} ordinato per inclusione trasferisca l’ordine alla coppia {x, y}, la cui notazione viene modificata con la scrittura (x, y) e resa diversa dall’ordinamento {{y}, {x, y}} legato alla
scrittura (y, x).
Come avremo modo di notare nelle prossime pagine, fornire un ordine agli elementi di un insieme costituisce il primo passo per stabilire
una relazione (o associazione) tra due (o più) insiemi. Un’importante
propriatà delle coppie ordinate è la seguente:
∀(xi , xj ∈ X)(xi , xj ) = (x′i , x′j ) ⇔ xi = x′i ∧ xj = x′j .
Questa proprietà ci permette di mantenere distinti due insiemi composti dagli stessi elementi ma presentati in ordine inverso. Se difatti
130
3. Teoria delle Relazioni
dovessimo valutare le due coppie (xi , xj ) e (xj , xi ) in base alla proprietà più sopra menzionata noteremmo che essa viene falsificata nel
caso in cui (xi 6= xj ), in quanto, per l’equivalenza stabilita, si ricava
l’espressione (xi = xj ) ∧ (xj = xi ), la quale è vera se e solo se entrambe sono vere; pertanto se (xi 6= xj ) è vero che (xi , xj ) 6= (xj , xi ).
L’ordine è quindi discriminativo quando gli elementi sono tra loro
differenti, mentre non lo è nel caso in cui sussiste uguaglianza. La
propriatà appena indicata può naturalmente essere estesa a qualsiasi
n-upla ordinata ricorrendo alla formula:
(x1 , . . . , xn ) = (x′1 , . . . , x′n ) ⇔ x1 = x′1 , . . . , xn = x′n .
Prima di potere esporre formalmente il concetto di relazione sarà necessario introdurre la definizione di una nuova operazione insiemistica
che renda possibile generare degli insiemi i cui elementi siano proprio
le dette n-uple ordinate. Questa nuova operazione prende il nome di
prodotto cartesiano. Presenteremo, di seguito, le principali proprietà
che caratterizzano alcuni tipi notevoli di relazioni e l’insieme delle
regole che permettono di generare nuove relazioni a partire da altre
relazioni tramite l’operazione di composizione. In ultimo, presenteremo due importanti famiglie di relazioni: le relazioni di equivalenza e
le relazioni d’ordine.
Sia il primo tipo che il secondo tipo di relazioni assumono un ruolo
notevole all’interno della teoria della misurazione e, in specifico, sono
fondamentali nel determinare le differenze esistenti tra tipi diversi di
scale di misura. Illustreremo, infine, le loro principali caratteristiche
e le loro specifiche proprietà.
Prodotto cartesiano tra due insiemi Un’operazione fondamentale tra insiemi riguarda la formazione di coppie, di terne, o,
più in generale, di qualsiasi n-upla si voglia costituire al fine di identificare una relazione tra due o più elementi appartenenti ad insiemi
di diversa o di identica natura.
Definizione 3.1.1. Dati gli insiemi A e B, non vuoti, tra loro distinti
o coincidenti, chiameremo prodotto cartesiano tra A e B, e lo indicheremo con A × B, oppure con A,B , l’insieme ottenuto accoppiando
ogni elemento di A con ciascuno degli elementi di B, in modo tale che
l’elemento di A occupi sempre il primo posto della coppia e l’elemento
di B occupi sempre il secondo posto della medesima coppia.
#
3.1. Prodotti Cartesiani
131
Utilizzando la notazione simbolica possiamo allora scrivere:
A×B = {(ai , bj ) | ai ∈ A∧bj ∈ B : i = 1, . . . , n; j = 1, . . . , m}. (3.1)
con |A| = n e |B| = m. Dalla 3.1 appare chiaramente che il prodotto
cartesiano tra insiemi è un insieme non ordinato al cui interno compaiono elementi che sono essi stessi insiemi ma con elementi ordinati.
Dall’ordinamento imposto al prodotto cartesiano deriva la seguente
proprietà:
A × B 6= B × A.
Questa proprietà ci informa sul fatto che il prodotto cartesiano non
gode, in generale, della proprietà commutativa, tranne nella circostanza in cui si abbia A = B. In quest’ultimo caso risulterà vera la
doppia implicazione:
A × B = B × A ⇔ A = B.
Una prima modalità di rappresentazione di un prodotto cartesiano
tra due insiemi può essere ottenuta facendo uso di una tabella a
doppia entrata dove le n righe, ordinate in senso verticale, allineano
gli elementi appartenenti all’insieme A; mentre le m colonne, ordinate
in senso orizzontale, allineano gli elementi appartenenti all’insieme B.
A×B
a1
a2
..
.
an
b1
(a1 , b1 )
(a2 , b1 )
..
.
(an , b1 )
b2
(a1 , b2 )
(a2 , b2 )
..
.
(an , b2 )
···
···
···
..
.
···
bm
(a1 , bm )
(a2 , bm )
..
.
(an , bm )
Tabella 3.1: Prodotto cartesiano A × B.
In ciascuna delle n × m celle, interne alla tabella, vengono successivamente collocate le coppie ordinate costituenti l’insieme prodotto
A × B. È convenzione adottare gli elementi di riga come primi membri delle coppie e gli elementi di colonna come secondi membri. Il
modello generale viene esposto nella tabella 3.1.
Esempio 3.1.2. In uno studio sugli effetti arrecati dal fumo sul
sistema cardiaco si potrà procedere alla valutazione dello stato di
sofferenza cardiaca secondo due modalità di indagine: relate, da un
132
3. Teoria delle Relazioni
lato, alla quantità di sigarette fumate giornalmente; A = {{a1 ≤
5}, {6 ≤ a2 ≤ 15}, {16 ≤ a3 ≤ 30}, {a4 ≥ 31}}; e, dall’altro lato, alla valutazione della gravità del disturbo cardiaco riscontrato:
B = {{b1 = non presente}, {b2 = lieve}, {b3 = medio}, {b4 =
grave}, {b5 = gravissimo}}. In questa circostanza, al fine di studiare la relazione intercorrente tra le due modalità di indagine, sarà
necessario individuare tutti i possibili accoppiamenti tra le diverse
quantità di sigarette fumate giornalmente e i diversi gradi di gravità del disturbo cardiaco stabiliti. L’insieme totale degli abbinamenti
potrà essere ottenuto per mezzo del prodotto cartesiano tra i due insiemi A e B, impiegando i valori numerici associati alle due variabili
sperimentali.
Sicchè:
A×B =
= {(a1 , b1 ), (a1 , b2 ), (a1 , b3 ), (a1 , b4 ), (a1 , b5 )
= (a2 , b1 ), (a2 , b2 ), (a2 , b3 ), (a2 , b4 ), (a2 , b5 )
= (a3 , b1 ), (a3 , b2 ), (a3 , b3 ), (a3 , b4 ), (a3 , b5 )
= (a4 , b1 ), (a4 , b2 ), (a4 , b3 ), (a4 , b4 ), (a4 , b5 )}.
Esempio 3.1.3. In un esperimento in cui il compito dei partecipanti consiste nel denominare oggetti con basso, medio e alto valore
d’immagine, si vuole studiare l’effetto provocato dalla durata della
presentazione dello stimolo visivo sul tempo di risposta. Vengono
adottati per l’esperimento i seguenti tempi di presentazione degli stimoli: 100, 200 e 500 millisecondi. Al fine di ottenere una valutazione
dei legami esistenti tra la natura iconica degli stimoli e le modalità di
presentazione degli stessi, il ricercatore dovrà valutare tutte le possibili circostanze d’osservazione del fenomeno: dovrà, cioè, procedere
alla verifica di tutti i possibili abbinamenti tra i valori d’immagine
degli oggetti e i diversi tempi di presentazione degli stimoli. È questo il caso in cui il piano dell’esperimento viene stabilito realizzando
il prodotto cartesiano tra i due insiemi A = {basso, medio, alto} e
B = {100, 200, 500} secondo lo schema presentato nella tabella 3.2
Il prodotto cartesiano tra due insiemi può essere utilizzato anche per rappresentare un sistema di misurazione secondo il quale,
all’interno delle celle del prodotto, vengono registrati i valori ricavati
dall’osservazione congiunta di una data regolarità funzionale esisten-
3.1. Prodotti Cartesiani
A×B
basso
medio
alto
133
100
(basso, 100)
(medio, 100)
(alto, 100)
200
(basso, 200)
(medio, 200)
(alto, 200)
500
(basso, 500)
(medio, 500)
(alto, 500)
Tabella 3.2: Prodotto cartesiano dell’esempio 3.1.3.
te tra gli elementi di un insieme A e quelli presenti in un insieme B
diverso da A.
Esempio 3.1.4. Se indichiamo con M l’insieme dei valori della massa
dei corpi e con F l’insieme delle forze applicabili agli stessi corpi,
possiamo ricavare la misura delle diverse accelerazioni a ∈ A ottenute
dai corpi con masse m ∈ M ai quali sia stata applicata una forza f ∈
F . Sappiamo che la relazione fisica che lega i due insiemi F ed M , nei
confronti delle accelerazioni, è esprimibile con la relazione funzionale
g(M, F ) = A, la quale è legata alla relazione numerica a = f /m.
La tabella 3.3 presenta gli abbinamenti tra i valori dell’insieme M e
quelli dell’insieme F ; mentre i simboli che rappresentano il risultato
del rapporto f /m della funzione g(M, F ) sono stati inseriti all’interno
delle celle della tabella 3.4.
M ×F
m1
m2
..
.
mN
f1
(m1 , f1 )
(m2 , f1 )
..
.
(mN , f1 )
f2
(m1 , f2 )
(m2 , f2 )
..
.
(mN , f2 )
···
···
···
..
.
···
fK
(m1 , fK )
(m2 , fK )
..
.
(mN , fK )
Tabella 3.3: Rappresentazione tabellare della funzione g(M, F ).
g(M, F )
m1
m2
..
.
mN
f1
a11
a21
..
.
aN 1
f2
a12
a22
..
.
aN 2
···
···
···
..
.
···
fK
a1K
a2K
..
.
aN K
Tabella 3.4: Rappresentazione tabellare dei valori a = f /m.
4.
Le funzioni
Nel precedente capitolo, abbiamo mostrato come una relazione
stabilisca legami di qualche natura tra alcuni o tra tutti gli elementi
appartenenti ad almeno due insiemi tra loro diversi o identici. Questi
legami, come abbiamo avuto modo di verificare, sono regolati da proprietà formali ben definite. L’argomento che ci apprestiamo a trattare
in questo capitolo riguarda il modo di rendere una relazione ancora
più fine sotto il profilo formale; e, come avremo modo di osservare,
anche più regolare dal punto di vista operazionale.
Imponendo sulle relazioni alcuni vincoli, l’ambito di validità di
queste risulterà ridotto ed il numero di n-uple conformi alle distinte
regole di generazione sarà di conseguenza minore rispetto al numero
di n-uple che appartengono ad una qualsiasi relazione. Tali relazioni
con vincoli vengono identificate con il nome di applicazioni o funzioni.
4.1. Restrizione di una relazione
Abbiamo osservato fino ad adesso come sia possibile associare gli
elementi di un insieme agli elementi di un altro insieme sfruttando
l’operazione di prodotto cartesiano (si veda, a tal fine, la definizione 3.1.1 oppure l’espressione 3.1). Abbiamo anche avuto modo di
constatare come più di un elemento del codominio della relazione
possa essere associato ad uno stesso elemento del dominio, ed inoltre
abbiamo verificato come non sia necessariamente dato che tutti gli
elementi del dominio debbano entrare a comporre l’insieme delle coppie appartenenti alla relazione (si veda, ad esempio, la figura 3.1). Vi
sono però situazioni nelle quali le relazioni assumono una forma speciale: quella in cui ad ogni elemento del dominio viene a corrispondere
un unico oggetto, o elemento, del codominio della relazione. Questo
tipo speciale di relazioni possono essere formalizzate applicando due
214
4. Le funzioni
condizioni restrittive alla definizione di relazione già presentata in
3.2.1. La prima restrizione consiste nel vincolare gli elementi del dominio relazionale a tracciare un unico percorso di collegamento con
uno qualsiasi degli elementi del codominio. Questo vincolo impone
quindi l’univocità del legame esistente tra un elemento del dominio
ed uno del codominio.
Il vincolo di univocità può essere definito nel modo seguente.
Definizione 4.1.1. Dati gli insiemi X e Y ed una relazione f ⊆
X × Y , diremo che f è univoca se accade che per ogni elemento di
X esiste uno ed uno solo tra gli elementi di Y con il quale x sia in
relazione. In altri termini, non può mai accadere che un elemento
x sia presente come primo termine in due differenti coppie (x, y1 ) e
(x, y2 ) senza che si abbia y1 = y2 . In simboli:
∀x ∈ X ∀y1 , y2 ∈ Y xf y1 ∧ xf y2 ⇔ y1 = y2 .
(4.1)
Per ottenere un’applicazione (o funzione) è necessario però introdurre una seconda restrizione nei confronti del dominio della relazione, e cioè quello che stabilisce l’esaustività della relazione. L’esaustività della relazione vincola ogni elemento del dominio a stabilire un
legame con qualche elemento del codominio, indipendentemente dal
fatto che diversi elementi del dominio possano comunque mandare
collegamenti allo stesso elemento del codominio dell’applicazione.
Il vincolo di esaustività può essere definito nel modo seguente.
Definizione 4.1.2. Dati gli insiemi X e Y ed una relazione f ⊆
X × Y , diremo che f è esaustiva se accade che per ogni elemento di
X esiste un qualche elemento di Y con il quale x sia in relazione. In
simboli:
∀x ∈ X ∃y ∈ Y | xf y.
(4.2)
I due vincoli su indicati ci permettono, congiuntamente, di fornire
la definizione più generale di un’applicazione.
Definizione 4.1.3. Si indica con il termine applicazione (o funzione)
una relazione che sia al contempo esaustiva ed univoca. In simboli:
∀x ∈ X ∃! y ∈ Y | xf y.
(4.3)
4.1. Restrizione di una relazione
215
Il simbolo ∃! rappresenta l’univocità della funzione e va letto come:
"esiste un solo...".
Esempio 4.1.1. Consideriamo un insieme universo Ω e la collezione
P(Ω) dei suoi sottoinsiemi. Chiaramente, l’operazione che associa ad
ogni sottoinsieme ω ⊆ Ω il suo complemento ω c ⊆ Ω rappresenta una
funzione dall’insieme P(Ω) delle parti di Ω in se stesso, in quanto
il complemento di ogni sottoinsieme di Ω esiste ed è unico in P(Ω).
Consideriamo ad esempio l’insieme P(Ω) già utilizzato nell’esercizio
2.3.5.
{a,b,c}
{a,b,c}
{a,b}
{a,c}
{b,c}
{a,b}
{a,c}
{b,c}
{a}
{b}
{c}
{a}
{b}
{c}
∅
∅
f : ω⊆Ω
ω c ⊆Ω
Figura 4.1: Funzione di complementazione insiemistica.
Se adesso associamo a ciascun sottoinsieme il proprio complemento in P(Ω) possiamo verificare che tale associazione genera una funzione che indichiamo generalmente con il termine complementazione.
Nella figura 4.1 viene rappresentato il processo che porta alla costituzione della funzione di complementazione insiemistica all’interno
dell’insieme potenza P(Ω).
Dalle precedenti definizioni 4.1.1 e 4.1.2 discende la definizione
che segue.
216
4. Le funzioni
Definizione 4.1.4. Sia R ⊆ X × Y una relazione binaria; diremo
che R è un’applicazione in X × Y se, e solo se,
R ◦ R−1 ⊆ △Y ∧ R−1 ◦ R ⊇ △X .
Esercizio 4.1.1. Sia data la seguente
della relazione R ⊆ X × Y :
0 0 1
0 1 0
krij k = 0 1 0
1 0 0
(4.4)
rappresentazione booleana
0
0
.
0
0
Si verifichi se la relazione sia oppure no un’applicazione.
Soluzione:
Affinché la relazione sia conforme con ciò che è stato esposto nella
definizione 4.4 è necessario che ciascuna riga della matrice abbia al più
un solo valore 1, in quanto ogni elemento del dominio non può essere
in relazione con più di un elemento del codominio. Inoltre, poiché
tutti gli elementi del dominio debbono essere in corrispondenza con
qualche elemento del codominio non potranno mai essere presenti
righe composte da soli zeri. Osservando la matrice della relazione si
può notare come tutti i vincoli siano stati rispettati e, pertanto, la
relazione possiede tutte le caratteristiche per poter essere considerata
una funzione f dall’insieme X all’insieme Y .
Esempio 4.1.2. L’espressione "essere il genitore di x" non è una
relazione che dimostri di possedere le proprietà necessarie a caratterizzarla come una relazione funzionale. Se però prendessimo in considerazione la relazione che associa ad ogni individuo la propria madre naturale ci accorgeremmo che, in questa circostanza, la relazione
possiede tutti i requisiti per essere di fatto una funzione, poiché tutti
gli individui posseggono una madre naturale (esaustività), e nessun
individuo possiede più di una madre naturale (univocità).
Definizione 4.1.5. Siano dati gli insiemi X e Y ed una funzione f .
Chiameremo dominio di f , e lo indicheremo con Dom(f ), l’insieme
di elementi di X a partire dai quali ha origine la funzione f . Questa
definizione ricalca quella fornita per l’insieme di definizione di una
4.1. Restrizione di una relazione
217
relazione. Va però tenuto presente che le funzioni sono soggette al
vincolo di esaustività, dal quale si deduce che deve essere sempre vera
la relazione:
X = Dom(f ).
Definizione 4.1.6. Siano dati gli insiemi X e Y ed una funzione f .
Chiameremo codominio di f , e lo indicheremo con Cod(f ), l’insieme
di tutti gli elementi di Y , alcuni dei quali siano in corrispondenza con
gli elementi di X.
Il codominio di una funzione non è quindi differente, in termini
formali, dal codominio di una generica relazione.
Così come abbiamo avuto già modo di verificare nel capitolo precedente dedicato alle relazioni, anche per le funzioni possiamo operare
la distinzione tra codominio della funzione e immagine della stessa.
Noi sappiamo già dalle relazioni che questi insiemi non coincidono
necessariamente. Possiamo adesso presentare la definizione formale
di ciò che viene indicato come immagine di una funzione.
Definizione 4.1.7. Siano dati gli insiemi X e Y ed una funzione f .
Chiameremo immagine di f dentro Y , e la indicheremo con Im(f ),
l’insieme di tutti gli elementi di Y che siano associati secondo f a
qualche elemento di X. Formalmente:
f (X) = {y ∈ Y | ∃x ∈ X; y = f (x)}.
(4.5)
L’immagine Im(f ) di f è quindi un sottoinsieme del codominio di f ,
i cui elementi figurano come seconde componenti delle coppie (x, y)
del prodotto cartesiano X × Y . Ciò comporta, in termini insiemistici,
che la coppia (x, y) debba appartenere alla funzione f e che y sia
l’immagine di x. In notazione simbolica:
y = f (x) ⇔ (x, y) ∈ f.
Dato un qualsiasi sottoinsieme W ⊆ X, si dirà immagine di W
secondo f il sottoinsieme Z ⊆ Y tale che sia:
f (W ) = {z ∈ Y | ∃w ∈ W ; z = f (w)}.
È importante notare come nella definizione dell’immagine di una
funzione sia necessario fare rimando all’esistenza di un elemento del
dominio dal quale la trasformazione f abbia avuto origine.
218
4. Le funzioni
Per rendere evidente la direzione e l’azione di trasformazione operata dalla regola funzionale f sopra l’insieme Y si usa spesso la
notazione:
f : X −→ Y.
Questa notazione indica in maniera implicita che l’applicazione f collega gli insiemi X e Y . In letteratura è però riscontrabile un secondo
tipo di notazione che rende invece più esplicito il ruolo della regola
di trasformazione f nel determinare l’insieme f (X) ⊆ Y a partire dagli elementi dell’insieme X. Quanto detto viene rappresentato
graficamente nel modo seguente:
f (·)
X −−−→ Y.
In generale noi diciamo che l’elemento y ∈ Y è immagine secondo f dell’elemento x ∈ X, e indichiamo questa affermazione con
l’espressione simbolica:
y = f (x).
Nella ricerca sperimentale l’insieme X viene spesso indicato come
variabile indipendente ed i suoi elementi x come argomenti della funzione f . L’insieme Y viene invece indicato come variabile dipendente
ed i suoi elementi y come valori della funzione f .
Sulla base delle definizioni fornite, una funzione costituisce una struttura insiemistica formata da tre insiemi hDom(f ), Cod(f ), Im(f )i :
un insieme X di partenza, un insieme Y di arrivo ed un sottoinsieme Im(f ) ⊆ Cod(f ) generato dalla regola di trasformazione f che
permetta di collegare ogni elemento di X ad uno ed uno solo degli
elementi di Y. Con il variare degli insiemi Dom(f ) e Cod(f ) può accadere che l’immagine Im(f ) della funzione cambi anche se la regola
di generazione di f non abbia subito alcuna modifica. Rimane inoltre
aperta la possibilità che regole di generazione diverse f e g generino
immagini Im(f ) e Im(g) tra loro identiche sotto opportuni insiemi
Dom(f ), Cod(f ), Dom(g) e Cod(g).
Esempio 4.1.3. Consideriamo una prima funzione f : N −→ N. Richiamando l’espressione esposta nella 2.3 a pagine 71 otteniamo la
trasformazione f (x) = 2x + 1. Noi sappiamo che questa regola genera l’insieme dei numeri naturali dispari contenuti in N. Prendiamo
adesso come punto di riferimento una seconda funzione g : N −→ N
4.1. Restrizione di una relazione
219
2
−1
la cui regola di generazione sia la seguente: g(x) = 4x
2x−1 . Questa
seconda funzione può essere considerata uguale alla prima. Possiamo difatti notare che il dominio della funzione f coincide con il dominio della funzione g, si ha cioè: Dom(f ) = Dom(g); allo stesso
modo Cod(f ) = Cod(g) e l’immagine di f coincide con l’immagine
di g; sicché: Im(f ) = Im(g). Solo in questa circostanza le funzioni f e g risulteranno indistinguibili e risulterà vera l’uguaglianza:
hN, N, f i = hN, N, gi. Ciò che appare evidente è che sebbene le regole
di trasformazione che definiscono f e g siano diverse, le funzioni risultano essere identiche. Se sviluppiamo la regola relativa alla funzione
g otteniamo la seguente uguaglianza:
(4x2 − 1)
(2x − 1)
=
=
=
(2x + 1)(2x − 1)
(2x − 1)
(2x − 1)
(2x + 1)
(2x − 1)
(2x + 1).
In generale, possiamo affermare che la regola di trasformazione che
caratterizza ogni singola funzione non è necessariamente unica. Ad
esempio, sussiste un’altra regola funzionale che restituisce la stessa
2
−1
funzione delle regole f e g: tale regola è h(x) = 4x
2x+1 + 2.
Se prendiamo in considerazione l’insieme X = {0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7}
applicando le regole funzionali f e g otteniamo la corrispondenza
presentata in tabella 4.1.
x
f (x) = 2x + 1
0
1
1
3
2
5
3
7
4
9
5
11
6
13
7
15
(4x2 −1)
(2x−1)
1
3
5
7
9
11
13
15
g(x) =
Tabella 4.1: Tabella relativa alle funzioni f e g dell’esempio 4.1.3.
Verifichiamo adesso la regola f . Quando la variabile x avrà come
argomento il valore 0 la funzione restituirà il valore 2(0) + 1 = 1.
Quando invece la variabile x avrà come argomento il valore 1 la funzione restituirà il valore 2(1) + 1 = 3 e così via. Allo stesso modo
220
4. Le funzioni
possiamo verificare che la funzione g restituisce la medesima immagine di f . Quando la variabile x assumerà come argomento il valore
2
)−1)
0 la trasformazione restituira il valore (4(0
(2(0)−1) = 1. Se invece la variabile x avrà come argomento il valore 1 la trasformazione restituirà
2
)−1)
il valore (4(1
(2(1)−1) = 3 e così via.
Rappresentazione grafica di un’applicazione Così come accade per le relazioni ordinarie, anche per le funzioni si dispone di
strumenti in grado di rappresentarle in forma grafica. Naturalmente,
sarà sempre possibile trattare una funzione anche in forma tabellare.
L’insieme delle coppie (x, f (x)), in analogia con le relazioni, costituisce un sottoinsieme del prodotto cartesiano X × Y , ed anche in
questa circostanza l’insieme delle coppie viene identificato con il termine grafico della funzione f . In notazione simbolica il grafico di una
funzione viene descritto con l’insieme:
Gf = {(x, y) ∈
#
X,Y
| x ∈ X, y = f (x)}.
Esempio 4.1.4. Consideriamo adesso la funzione f = {(1,2), (2,3),
(3,4), (4,5), (5,6), (6,7)}. Facilmente si intuisce che la regola associata alla funzione consiste nell’incrementare il valore numerico di una
unità; sicchè: y = x + 1. La regola può essere rappresentata nella
seguente maniera:
y=x+1
X −−−−→ Y.
Se volessimo codificare questa funzione in forma tabellare dovremmo
utilizzare una struttura grafica che rappresenti nella prima riga gli
elementi appartenenti al dominio della funzione ed in seconda riga gli
elementi che invece appartengono al codominio della funzione, così
come viene esposto nella tabella 4.2.
X
Y
1
2
2
3
3
4
4
5
5
6
6
7
Tabella 4.2: Tabella relativa alla funzione dell’esempio 4.1.4.
La rappresentazione insiemistica realizza invece una collezione di
archi che collegano gli elementi del dominio a quelli del codominio.
In questo tipo di rappresentazioni grafiche appare evidente come a
4.1. Restrizione di una relazione
221
ciascun elemento del dominio sia associato un unico elemento del
codominio.
La funzione f (x) = x+1, ad esempio, avrà come rappresentazione
insiemistica la struttura grafica delle connessioni presentata in figura
4.2.
1
2
4
3
5
6
2
X
f
3
5
4
6
7
Y
Figura 4.2: Funzione tra gli insiemi X e Y dell’esempio 4.1.4.
Una terza maniera di rappresentare le funzioni riguarda l’uso dei
digrafi. In questo caso gli elementi appartenenti al dominio della
funzione verranno disposti nella parte sinistra del digrafo mentre gli
elementi interni al codominio verranno allineati nella parte destra.
Naturalmente dall’insieme dei nodi sinistri potrà partire un solo arco
di collegamento con qualche nodo disposto alla destra del digrafo,
come esemplificato nella figura 4.3.
•
•
•
•
•
•
•
X
•
•
•
Y
Figura 4.3: Rappresentazione con digrafo di una funzione.