Diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino

Transcript

Diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino
Diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino
COMUNITA’ MARIA FAMIGLIE DEL VANGELO
V DOMENICA DI PASQUA – ANNO B
At 9,26-31; Sal 21; 1Gv 3,18-24; Gv 15,1-8
1. «Gesù disse ai suoi discepoli: “Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore”» (Gv 15,1).
Dopo l'immagine del buon Pastore, proposta domenica scorsa, in questa V Domenica di Pasqua
l'evangelista Giovanni ci presenta quella della vite nel discorso di addio (capitolo 15) per parlare del rapporto
di unità del cuore tra il Padre, Gesù, lo Spirito e i discepoli. La liturgia di questo tempo pasquale continua
l'approfondimento circa la vita nello Spirito di Cristo inaugurata con il Battesimo.
Gesù è la vera vite, il Padre suo l'agricoltore, lo Spirito che da la vita è la linfa vitale e i discepoli sono
tralcio e frutto: abbiamo un'indicazione suggestiva sull'identità di Gesù e del suo rapporto di unione con il
Padre, che disvela verità importanti sulla Comunione nella Trinità e conseguenze vitali della comunione tra
Loro e i discepoli di Gesù, la Chiesa (cfr. 1Cor 3,6-9).
2. «Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia» (Gv 15,2).
Il Padre celeste, l'agricoltore, ha per la sua vite, i suoi tralci e i suoi frutti una cura vitale e totale,
amorosa, vigile, premurosa sino alla tenerezza. È l’amore per la nuova vigna, la Chiesa, il nuovo Israele che
innestato su Gesù, la vite feconda, dà il frutto atteso e sperato da Dio.
Il Signore, però è preoccupato di avvertirci sul pericolo in cui possiamo tutti liberamente incorrere tutte le
volte che pur essendo suoi tralci non vogliamo portare i frutti buoni giudicati tali da Lui e da Lui attesi.
Praticamente, dobbiamo guardarci dal relativismo morale e dalla fede “fai da te”, o dalla pretestuosa
convinzione del “si è fatto sempre così!”. In effetti, non è il Padre che ci “taglia” da Gesù, ma è la “mia
linfa”, il “mio lievito”, il mio orgoglio che mi “avvelena lentamente” sino a non farmi rendere conto, tranne
quando potrebbe essere troppo tardi a causa dell’indurimento del mio cuore, di essermi “io” col mio “io”
distaccato liberamente dalla “mia Vite” e dal “mio Agricoltore” e, di conseguenza, dal “mio prossimo, dalla
vita buona del Vangelo.
3. «E ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della
parola che vi ho annunciato» (Gv 15, 2-3).
Ben innestati nella vite-Gesù, il suo Spirito, - la “sua linfa” di vita, di grazia e di amore, - scorrerà nelle
nostre vene, ci infiammerà il cuore, e riscalderà ogni nostra relazione fraterna alla scuola fedele della sua
Parola, il suo Vangelo, che è Spirito e vita. E porteremo frutto, il più bello a vedersi e il più vitalizzante
l’intera nostra esistenza: il “sì totale del nostro cuore” al dono che Cristo ci fa della partecipazione alla
nuova ed eterna Alleanza con le Persone della beata Trinità e con tutti i fratelli e sorelle alla luce del
comandamento nuovo dell’Amore senza misura e senza più limiti.
4. «Rimanete in me e io in voi», dice più volte Gesù e specifica: «Chi rimane in me e io in lui, fa molto
frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5).
«Rimanere» (e il suo sinonimo è «dimorare») è un verbo particolarmente caro a Giovanni, che lo usa più
volte per indicare la perseveranza nella comunione del cuore tra la “Vite e i tralci”, cioè nell’amore del
discepolo verso Gesù, Colui secondo la cui immagine e somiglianza siamo stati creati come suoi fratelli e
sorelle, sue creature.
Spunti di condivisione:
Uno spunto di riflessione, fra i tanti, ci è offerto dallo stesso brano evangelico: «Se rimanete in me e le
mie parole rimangono in voi...» (Gv 15,7). Gesù è per noi, come per Maria e in Maria, il Verbo, l’albero più
bello e vitale della vigna del nostro cuore? Gesù, che celebriamo Crocifisso e Risorto, è presente in mezzo a
noi? Come Maria, Donna della Parola e dell’Eucarestia, rimaniamo davvero “in Lui” nell’ascolto della sua
Parola e nell’unione con la sua Parola fatta carne? Se siamo risorti con Cristo, avvertiamo l’intima gioia di
voler rendere nuove le nostre relazioni di fraternità, alimentando l’impegno per l’amore e la crescita
dell’altro in ogni frutto di grazia e santità, nella promozione del bene comune, davvero solidale e
misericordioso?