Marchi e Commercio Equo

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Marchi e Commercio Equo
Marchi e Commercio Equo - dalle origini al 2000
Fin dal lontano 1986, le organizzazioni del Commercio Equo europee iniziarono a porsi degli
interrogativi relativi alla necessità di diffusione di prodotti del Commercio Equo, visibili e
riconosciuti, in circuiti che non fossero le tradizionali Botteghe del Mondo, presenti a quel tempo
da circa 20 anni in quasi tutti i paesi europei.
Dopo una storia iniziata negli anni ’60, ci si poneva il problema di come rispondere alla crescente
richiesta di Commercio Equo e Mercato Equo che veniva dai produttori del Sud del mondo, con
l’obiettivo di passare da una fase di testimonianza ad una fase di maggiore incisività nelle
economie del Sud e del Nord del mondo.
Le stime di quel periodo ci indicano come solo circa il 10% dei numerosi prodotti alimentari coloniali prodotti
da piccoli contadini organizzati del Sud (caffè, cacao, tè ecc.) riusciva a raggiungere il mercato con un
percorso equo, pagati ad un prezzo giusto al produttore e riconoscibili ai consumatori. Questa
situazione di fatto rischiava di vanificare in buona parte gli sforzi delle Alternative Trade Organizations
(ATOs), ponendo quindi problemi di efficacia e continuità nel tempo, nonché della reale possibilità di
cambiamenti non illusori.
Le ATOs, insieme a numerose organizzazioni di base, ad alcune cooperative e consorzi di
coltivatori del Sud del mondo, ONG, gruppi di appoggio, grandi organizzazioni popolari laiche e
confessionali, che volevano e vogliono coinvolgersi nella creazione di un’economia più giusta,
desideravano attivare canali di commercializzazione che consentissero ulteriori sbocchi ai piccoli
produttori del Sud, all’insegna di un prezzo giusto e di condizioni eque e solidali, andando anche
incontro ai consumatori che non sempre potevano trovare a disposizione, con la necessaria
vicinanza, le ancora poche Botteghe del Mondo, che continuano ad essere il motore sul territorio
delle campagne informative, fornendo al consumatore attento e consapevole la possibilità di
avvicinarsi a mondi e culture lontane in modo non assistenziale.
Nascita del marchio di garanzia TransFair
L’associazione di marchio TransFair International, nata con lo scopo di diffondere e veicolare
attraverso la riconoscibilità di un marchio equo e solidale i prodotti dei piccoli produttori del Sud
del mondo, venne costituita nel 1992 con sede a Stoccarda (Germania), con il rilevante apporto
delle più grandi centrali del CEeS europeo, raggruppate in EFTA, ed il contributo determinante di
alcune grandi ONG delle chiese cattolica e protestante tedesca.
Rapidamente si costituirono le Associazioni TransFair nazionali in Austria, Germania, Italia, Usa, Canada,
Lussemburgo e Giappone.
In Olanda e Belgio, a seguito del determinarsi di varie condizioni storiche contingenti, era già
presente il marchio Max Havelaar dal 1988/1989. Nel 1992 venne costituita anche la Fondazione
Max Havelaar in Svizzera, che nonostante il nome simile non è totalmente sovrapponibile come
esperienza all’organizzazione dei Paesi Bassi; nei paesi anglosassoni la Fairtrade Foundation
avviò l’esperienza del marchio Fairtrade Mark.
Senza addentrarci troppo nella storia e nei problemi di quegli anni, bisogna ricordare che le prime
relazioni non furono facili, in particolare perché esistevano diverse concezioni su cosa e come
marchiare i prodotti. In particolare, la linea TransFair era ed è che un prodotto composto (es.
cioccolato o caramelle) può avere il marchio equo solo se almeno il 51% (in peso) dei suoi
ingredienti è di origine equa e certificata, mentre altre idee – diciamo, più liberali - erano propense
a concedere il marchio anche in condizioni più ampie, per cui ad esempio sul mercato olandese si
possono trovare prodotti composti con il 2% di prodotto equo (es. bevanda al latte e cacao), o
venivano avanzate richieste perlomeno “bizzarre”, come la concessione del marchio equo al
detersivo di una nota multinazionale che conteneva piccole parti di olio ricavato da burro di cacao
(cosa alla fine non realizzata).
Percorso e criteri comuni
Le organizzazioni di marchio si posero fin da subito il problema di criteri e azioni comuni come
base per un effettivo sviluppo armonico sul territorio dell’Unione Europea, anche per superare i
problemi su menzionati, e, nonostante alcuni punti di vista discordanti, a far data dal 1993 si
stabilirono protocolli di azione comune e criteri omogenei nei confronti dei produttori. Si vedeva
come assolutamente necessario per tutti quelli che erano interessati ad aderire ai criteri del
Commercio Equo definire un sistema di regole comuni garantite e certificabili cui fare riferimento,
in quanto, nonostante i grandi sforzi delle ATOs, spesso il rapporto con i produttori era frutto di
relazioni dirette consolidate piuttosto che di rispetto di protocolli di intesa precisi, a garanzia dei
produttori, degli importatori e dei consumatori.
Da questi punti importanti si partì definendo la suddivisione tra le varie organizzazioni nazionali,
in base alle esperienze fatte, di aree di contatto e monitoraggio, al fine di mettere insieme in modo
sinergico le esperienze, basandosi molto sulle esperienze storiche del Fairtrade e delle ATOs, che
costituirono in particolare i primi punti di riferimento per i Registri dei Produttori.
I criteri comuni sottoscritti e applicati dai Registri dei Produttori sono riassumibili nelle seguenti
definizioni:
Produttore Si sceglie di collaborare con gruppi che hanno scarse o nessuna possibilità di
Prezzo
equo
Supporto
finanziario
Relazioni
durevoli
accesso al mercato tradizionale, assicurandosi che tutti i membri del gruppo
partecipino al processo decisionale su come utilizzare i benefici derivanti dal
prezzo pagato dal mercato equo. I produttori che rientrano in detti criteri,
vengono inseriti in un “Registro dei Produttori” tenuto da FLO. Nel caso del tè
questo criterio è stato esteso, vista la particolare situazione produttiva di questo
prodotto, anche ad aziende che praticano condizioni equivalenti, con riferimento
in particolare alle norme ILO.
È stabilito un prezzo minimo che copra non solo i costi di produzione, ma
assicuri al gruppo produttore un margine per investimenti. Viene inoltre
riconosciuta una quota di prezzo destinata ad investimenti sociali, detta
Fairtrade Premium. La decisione sull’utilizzo del Fairtrade Premium spetta
all’assemblea dei produttori.
È importante chiarire che il prezzo effettivo pagato può essere anche molto più
alto del prezzo minimo. Esso viene infatti fissato, seguendo anche l’andamento
delle Borse, tra il gruppo produttore ed il licenziatario, prima dell’imbarco del
prodotto.
I produttori hanno diritto a richiedere prefinanziamenti e/o garanzie creditizie al
compratore, fino al 60% del valore del contratto. Questo per evitare che si
inneschi la spirale del credito usurario e per garantire il capitale di lavoro ai
produttori.
Impegno a stabilire relazioni commerciali stabili ed a programmare gli acquisti
nel lungo periodo, in modo che i produttori possano pianificare con maggiore
certezza il loro futuro. La durata di tali accordi riguarda almeno due raccolti, e
viene definita tra gruppo produttore e licenziatario.
Le attività comuni, ed una forte volontà di attivare sempre nuove possibilità per il Fairtrade
garantito dai marchi, ha portato nel 1997 alla nascita di un “ombrello” unico per i marchi,
denominato FLO (Fairtrade Labelling Organizations), con la ricerca di criteri unici anche per
quanto riguarda la commercializzazione, nonché una maggiore forza propositiva nel quadro
dell’Unione Europea e della Svizzera.
A questo proposito, le attività dei Registri vengono armonizzate e centralizzate a Bonn, sede attuale
di FLO, creando ulteriori sinergie tra i vari Paesi.
Si avvia inoltre un processo di armonizzazione delle procedure di verifica, controllo e monitoraggio
sia dei produttori, sia degli importatori e distributori dei prodotti, a garanzia del consumatore, così
come del resto previsto nell’ultima risoluzione del Parlamento Europeo (luglio 1998), cui l’Italia ha
dato un importante contributo, e che definisce in modo preciso la necessità di avere organi di
controllo e marchio terzi rispetto alle aziende di commercializzazione. L’obiettivo è quello di
uniformarsi alle norme EN 45011 (enti certificatori) e poter così ottemperare al più presto a quanto
auspicato nella risoluzione suddetta, dando così ulteriori possibilità di espansione al settore del
Commercio Equo.
È fondamentale sottolineare che le organizzazioni di marchio e FLO non svolgono attività di
commercializzazione, ma attuano i seguenti compiti, ripartiti tra la sede centrale e le iniziative di
marchio nazionali:
• Monitoraggio dei produttori
• Verifica del rispetto delle condizioni contrattuali da parte dei licenziatari e degli importatori
• Sostegno nei contatti tra i produttori ed i licenziatari, puntando ad una diversificazione delle
fonti di approvvigionamento per permettere la distribuzione dei benefici del CeES ad un più
gran numero di produttori
• Organizzazione delle Assemblee dei produttori, in cui vengono anche fissate e periodicamente
riviste le condizioni eque applicate (prezzo minimo, premi per coltivazioni biologiche, criteri
di ammissione ai Registri, ecc.)
• Supporto a nuovi produttori per facilitarne l’iscrizione ai Registri e l’accesso al mercato
• Supporto ai produttori iscritti ai Registri in caso di particolari necessità (calamità naturali,
investimenti ingenti, avvio di nuove attività…)
Lo staff di FLO gestisce le attività dei Registri, incluso il monitoraggio dei produttori, avvalendosi
anche di consulenti locali nei Paesi del Sud del mondo; i consulenti sono membri di ONG ed esperti
del Paese e/o prodotto che effettuano visite periodiche per verificare (tramite colloqui,
consultazione dei Libri Sociali, raccolta di dati ed altro) l’aderenza dei gruppi di produttori ai
criteri generali dei Registri.
L’organo decisionale di ogni Registro è il Comitato, composto da 5/7 persone; il Comitato di
Registro ha il compito di decidere sull’iscrizione e l’espulsione dei produttori, di valutare le attività
di sostegno agli stessi, di preparare le Assemblee dei Produttori, di supervisionare l’attività dello
staff. I Registri rispondono all’Assemblea dei membri di FLO, che si riunisce 2 volte all’anno.
I membri del Comitato sono nominati su indicazione delle strutture nazionali di marchio e, per
quanto riguarda i rappresentanti dei produttori, delle Assemblee dei Produttori; per l’Italia
attualmente partecipa al Registro del miele, in qualità di consulente, Lucio Cavazzoni, la cui forte
esperienza nel settore si sta rivelando strategica per aiutare i gruppi di produttori a migliorare
qualitativamente il loro prodotto.
La gestione corrente di FLO è affidata ad un direttivo, costituito da 5 membri eletti dall’Assemblea,
che si riunisce circa 10 volte all’anno, e che gestisce, con il concorso del coordinatore, tutte le
attività della Federazione. Nel direttivo, da maggio del 1998 a dicembre 1999, è stato presente
anche un consigliere italiano, membro del direttivo di TransFair Italia, Nicola Fumagalli, della
Cooperativa Amandla di Bergamo.
TransFair Italia
L’organizzazione di marchio italiana venne fondata nel 1994 con il concorso delle centrali del
Commercio Equo, dell’Associazione Botteghe del Mondo, di importanti parti della società civile,
quali Arci, Acli, Agesci, ACU, CGM, Pax Christi, ANCC e di alcune tra le principali ONG italiane
(Mani Tese, Acra, ecc.).
Dallo Statuto dell’Associazione TransFair Italia:
ART. 2 OGGETTO SOCIALE E SCOPI
2.1- Scopo dell’Associazione è la promozione della commercializzazione di merci del Commercio equo e solidale provenienti dal Sud del mondo.
2.2- TransFair Italia aderisce all’associazione TransFair In ternational E.V., con sede sociale in Schorndorf (Germania), di
cui condivide le finalità e dalla quale ha ottenuto la licenza d’uso del marchio “TransFair” con facoltà di concederlo
in sub-licenza,
2.3- Nell’ambito del perseguimento dell’oggetto sociale l’Associazione, si propone inoltre, di:
1 ) Il rafforzamento del Commercio Equo e Solidale con gruppi di piccoli produttori organizzati comunitariamente e/o
con aziende autogestite in Africa, Asia e America Latina. L’Associazione considera, infatti, il Commercio Equo e
Solidale uno strumento per la collaborazione concreta allo sviluppo comune ed a r m o n i c o t r a N o r d e S u d d e l M o n d o .
L’Associazione TransFair Italia non produce, non vende, né distribuisce o commercializza in alcun modo i suddetti
prodotti, limitandosi a promuoverne la diffusione, a controlla rne la conformità ai criteri del Commercio Equo e
Solidale nonché a concedere in sub-licenza il marchio “TransFa ir” per contraddistinguere tali merci e consentire al
consumatore di riconoscerle in quanto prodotte, importate e distribuite secondo i citati criteri del Commercio Equo e
Solidale.
L’Associazione vuole contribuire in ques t o m o d o a c r e a r e o p p o r t u n i t à s i a d i vendita che di distribuzione tramite
distributori in tutta Italia e così migliorare le condizioni di vita e l a s i t u a z i o n e e c o n o m i c a – s a l v a g u a r d a n d o
l’autonomia e l’autogestione – dei produttori del Sud del Mondo. Gli elementi specifici e principali che
contraddistinguono il Commercio Equo e Solidale sono:
- l’acquisto di beni alimentari ed artigianali presso gruppi di piccoli produttori o loro organizzazioni (cooperative,
aziende autogestite, ecc.) sulla base di contratti almeno annuali;
- il prefinanziamento, ove richiesto, ed il pagamento dei pr odotti importati sulla base dei prezzi minimi maggiorati di
sovrapprezzi associativi rispetto al commercio tradizionale.
2 ) Il sostegno concreto ai gruppi di piccoli produttori e del l e l o r o o r g a n i z z a z i o n i n e l l o r o l a v o r o d i g r u p p o d i s v i l u p p o
(aumento della qualità, la coltivazi one biologica, maggiore trasformazione del predetto in loco).
3 ) Lo sviluppo del lavoro informativo e formativo a favore di una maggiore co mprensione tra i popoli e dell’impegno
solidale. L’Associazione intende, in particolare, rich iamare l’attenzione dell’o p i n i o n e p u b b l i c a i t a l i a n a s u l l e
condizioni di vita e di lavoro in America Latina, Africa ed Asia evidenziandone il carattere di sfruttamento nell’ambito
del mercato internazionale. L’Associazione aspira altresì a sensibilizzare e coinvolgere il maggior numero possibile di
consumatori affinché adottino nuovi criteri al momento della scelta degli acquisti da fare quotidianamente.
4) Lo sviluppo delle relazioni tra i differenti soggetti impegnati in quest’iniziativa; l’elaborazione di proposte per una cooperazione
maggiore ed una maggiore collaborazione all’interno dei programmi di lavoro.
Il direttivo, rinnovato a giugno 2000, è attualmente composto da 5 persone, con presidente Adriano
Poletti di Acli, consiglieri Carlo Testini di Arci, Antonio Chiappetta di CIES, Gianni Cavinato di
ACU, Fabio Pogutz di Unicef. La scelta fatta sia in Italia sia negli altri Paesi prevede che i soggetti
che sono licenziatari del marchio non partecipino al direttivo, pur avendo la qualifica di soci, per
evitare i potenziali conflitti di interessi.
Dopo alcune difficoltà iniziali, dovute a scarsa disponibilità di risorse e ridotta conoscenza delle
problematiche del mercato italiano, che rispetto ai prodotti etici presenta un quadro molto diverso
dal Nord Europa, il primo prodotto a marchio venne posto in commercio sul finire del 1995 e fu il
caffè.
Primo licenziatario ad utilizzare il marchio fu CTM, sulla sua gamma di caffè;
contemporaneamente, Coop Italia, primo gruppo italiano della grande distribuzione, pose in
vendita il caffè “Solidarietà”. Ad essi si sono aggiunti negli anni seguenti ulteriori caffè, per un
totale - a settembre 2000 - di 15 referenze presenti sul mercato e 6 aziende licenziatarie.
Nel tempo, anche tè, miele, cacao e cioccolata e prossimamente succhi di arancia e banane
garantite dal marchio TransFair sono stati introdotti sul mercato italiano, ed attualmente i prodotti
sono presenti in circa 3500 punti vendita su tutto il territorio nazionale (vedi elenco dettagliato).
Il ruolo ed il lavoro svolto dalle organizzazioni nazionali del marchio, come è TransFair Italia, è
riassumibile nei seguenti punti:
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Concessione del marchio di sub-licenza alle aziende che vogliono praticare un commercio
equo con i produttori iscritti nei Registri, contrassegnando il proprio prodotto con il
marchio. La possibilità di concessione del marchio è verificata dal direttivo di TransFair;
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attualmente in Italia ed in Europa nessuna delle aziende licenziatarie risulta sottoposta a
processi o campagne di boicottaggio per comportamenti non leciti o inaccettabili dal
punto di vista etico.
Organizzazione di campagne informative e di sensibilizzazione sui principi ed i prodotti
del Commercio Equo, attraverso l’uso del marchio e la riconoscibilità dei prodotti, sia
verso le aziende non-profit e profit, sia verso i consumatori.
Creazione e sostegno di legami diretti fra aziende e produttori del Sud del Mondo.
Verifica del rispetto delle condizioni contrattuali da parte dei licenziatari (rapporti con i
produttori, comunicazioni a TransFair, utilizzo del marchio).
Valorizzazione del ruolo delle ONG, che attraverso il commercio equo cercano sbocchi di
mercato per i produttori seguiti nei Paesi del Sud del Mondo.
Ricerca e sviluppo di progetti innovativi, quale quello del pallone, dei succhi di frutta o
delle banane, al fine di cercare nuove strade per un’economia equa e solidale con
l’applicazione dei criteri del Commercio Equo e Solidale.
È lecito chiedersi quale sia la differenza tra una ATO ed un licenziatario non ATOs.
Possiamo brevemente dire che una ATO si caratterizza perché si occupa in via esclusiva o prevalente di
Commercio Equo, mentre un licenziatario applica le regole Cees solo ad alcuni dei suoi prodotti. Ciò detto, le
condizioni d’acquisto ed i controlli cui sono sottoposti produttori, importatori e licenziatari sono identici per
tutti, e sono affidati a FLO ed alle strutture nazionali.
La ragione per cui sono nati i marchi di garanzia - su iniziativa, è bene ricordarlo, dei produttori di
caffè - è proprio quella di aprire varchi per il Commercio Equo anche nel mercato “normale”. Questa
è la richiesta dei produttori del Sud del mondo, per cui commerciare a condizioni eque fa la
differenza tra la miseria e la possibilità di costruire un futuro più dignitoso.
L’inserimento del marchio in Italia si è rivelato un successo, in quanto in negli ultimi 2 anni
(rispetto al 1995, anno in cui non era presente il marchio sul mercato italiano) si è incrementato
del 50% il volume di prodotti presenti sul mercato italiano acquistati a condizioni eque da piccoli
produttori del Sud del mondo. Il caffè ha raggiunto nel 1999 un venduto di oltre 350 tonnellate
(erano 185 prima dell’introduzione del marchio), e risultati interessanti hanno ottenuto anche il tè,
il cacao, la cioccolata, il miele.
La stessa Atos CTM dopo la introduzione del marchio di garanzia ha beneficiato di un incremento
della presenza sul mercato.
L’introduzione del marchio ha permesso di raddoppiare il numero dei piccoli produttori del Sud
del Mondo coinvolti dal mercato italiano, ed ha consentito alla maggiore ATO italiana di entrare
nei circuiti distributivi tradizionali, mentre ulteriori aziende si stanno interessando, così che si può
prevedere un ulteriore allargamento della popolazione coinvolta nel Sud del mondo, in questo
momento stimata in circa 5 milioni di persone.