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sezione di Vieste Logbook - giornale di bordo - periodico - n° 57 - novembre 2016 Ci stiamo preparando per la nuova stagione turistica? Pizzomunno Cup Contro la Croce Piazza Garibaldi e dintorni /1 Franco Baresi a Vieste Chi vuole la Moldaunia? Il decoro in ambito portuale Le ricette del pescatore IERI, OGGI, FAMIGLIA, GRATITUDINE Yesterday, Today, Family, Gratefulness/1 Incontro con Padre Paolo Dall’Oglio Il vento - A spasso con la meteorologia/3 …Perché Sanremo è Sanremo! Concorso di poesia alla LNI Vieste 2 LOGBOOK giornale di bordo - periodico Num. 57– novembre 2016 LEGA NAVALE SEZ. VIESTE Associazione di protezione ambientale Porto di Vieste - Scalo Marittimo Sud 71019 Vieste (FG) Tel/Fax 0884 702698 Presidente Carmine Prencipe (responsabile) La redazione: Coordinatore: Nino Patrone Bartolo Baldi Annamaria Cellamare Lucio Mura Franco Ruggieri Kiara Sciannamè Collaborazione di Francesco Aliota, Marcello Cavallo, Francesco Clemente, Maria di Dona, Giovanni Masi, Raffaele Pennelli, Sandro Troiano. [email protected] Articoli, lettere e foto non richiesti non si restituiscono. http://www.leganavale.it/ vieste Sommario Franco Baresi a Vieste pag. 2 Contro la Croce pag. 3 Incontro con Padre Paolo Dall’Oglio pag. 4 Chi vuole la Moldaunia? pag. 6 Pizzomunno Cup pag. 8 …Perché Sanremo è Sanremo! pag. 9 IERI, OGGI, FAMIGLIA, GRATITUDINE pag.10 Yesterday, Today, Family, Gratefulness pag.12 Piazza Garibaldi e dintorni /1 pag.15 Il vento - A spasso con la meteorologia/3 pag.18 Le ricette del pescatore pag.19 Il decoro in ambito portuale pag.20 Concorso di poesia alla LNI Vieste pag.20 E-mail: [email protected] Franco Baresi, bandiera del Milan degli anni ’80 e ’90 è stato ospite d’onore al Cine Teatro Adriatico in un incontro organizzato dall’associazione sportiva Nuova Gioventù Vieste – Milan Academy, lunedì 10 ottobre. Nella sala affollata di sportivi e tifosi era presente il sindaco Giuseppe Nobiletti che ha voluto portare il saluto della città al grande campione. Una leggenda dello sport più popolare tra i giovani e gli adulti, il calcio, l’ex capitano del Milan, tra le squadre a livello internazionale più vincenti di tutti i tempi, è stato sempre un esempio di lealtà in campo, fedeltà ad una squadra, rappresentando quei valori del calcio che ormai vanno, purtroppo, estinguendosi. Tra quelli che ho visto giocare negli ultimi 30 anni, come lui, posso citare, tra gli altri, Paolo Maldini, recordman in serie A con la stessa squadra, Milan, Francesco Totti, Roma, Xavier Zanetti, Inter, Alessandro Del Piero, Juventus. 3 Contro la Croce aperitivo letterario con Mario Mauro alla LNI Vieste Nino Patrone L ’ultimo aperitivo letterario dell’estate 2016 si è tenuto presso la Veleta Bistrò, della sezione di Vieste della Lega Navale Italiana. Mario Mauro, senatore ed autore di ''Contro la croce”, ha presentato il libro scritto con Matteo Forte sul martirio dei cristiani in Medio Oriente, rispondendo alle domande poste, senza reticenza in una serata interessante, alla presenza di un attento pubblico. L’autore, per spiegare il titolo, ha innanzitutto ricordato un episodio accaduto nel 2005 in Indonesia, una nazione musulmana con circa 200 milioni di abitanti. “… Nel centro di Giacarta, città molto ricca, con più grattacieli che in altre città occidentali, tre ragazze di 13, 14 e 15 anni si svegliano per andare a scuola, vestite all’occidentale, discutono tra loro e si avvicinano alla scuola gestita da suore. Vengono fermate da un gruppo di giovani che chiedono dove stanno andando. Le tre ragazze vengono subito decapitate non appena dicono che stanno andando alla scuola cattolica”. Così l’autore: “L’annuale Rapporto sulla libertà reli- giosa dice che le persecuzioni anticristiane sono aumentate in 17 paesi del mondo sui 22 analizzati, tra l’ottobre 2013 ed il giugno 2015, con circa 150 milioni di cristiani oggetto di persecuzione. Dall’anno in cui è stato editato Guerra ai cristiani (2010), il pamphlet scritto con Matteo Forte e Vittoria Venezia, la sola Chiesa cattolica ha contato 86 nuovi martiri, uccisi a motivo della loro fede in Gesù Cristo e i cui nomi sono stati raccolti dall’Agenzia Fides”. Recentemente le tv di tutto il mondo hanno parlato “della straziante vicenda di Asia Bibi, una donna pakistana e madre di quattro figli, trascinata in carcere e accusata del reato di blasfemia e della storia della sudanese Meriam, accusata dalla famiglia di origine di apostasia e incriminata; per fortuna, approfittando della doppia cittadinanza sudanese e americana del marito la famiglia ha lasciato il Paese alla volta degli Stati Uniti”. L’autore sottolinea che solo Papa Francesco sollecita sul tema della generale persecuzione a motivo della fede e non manca di ricordare, nella maggior parte delle occasioni pubbliche, le violenze anticristiane. (Vedi Introduzione di Mario Mauro). “C’è un progetto di potere per contrastare il Cristianesimo nel mondo e Papa Francesco ha evidenziato che c’è una guerra mondiale a pezzi in corso. Prendere in ostaggio i cristiani, umiliandoli e uccidendoli, serve a fomentare ulteriormente la divisione tra i popoli. Bisogna creare le condizioni politiche in modo che i cristiani possano vivere pacificamente nella propria terra. Favorire i rapporti con le nazioni islamiche, basandoci sul principio della reciprocità: se si consente di aprire da noi le moschee, perché non dobbiamo chiedere con libertà, da occidentali, per il rispetto della libertà di tutti, che vengano aperte chiese, per es. in Arabia Saudita e perché non dobbiamo chiedere che vengano tutelate le chiese in Terra Santa, che è il luogo che ha visto fiorire le prime comunità cristiane?” Ricordiamo gli interventi in breve. Assessore della Regione Puglia, Leo Di Gioia: “Abbiamo bisogno di un turismo qualificato e di una politica nuova fatta da giovani”. Sindaco di Vieste, Giu- 4 seppe Nobiletti: “Vieste non deve essere solo luogo di divertimento, ma anche di cultura; bisogna cambiare quindi modo di fare turismo”. Assessore alla Cultura, Graziamaria Starace, organizzatrice dell’evento: “Siamo contenti di aver organizzato questi incontri letterari con l’associazione Seconda Stella a Destra. Capo Redattore della Redazione di Foggia de La Gazzetta del Mezzogiorno, Filippo Santigliano: “Dietro l’ISIS ci sono interessi economici, soprattutto delle materie prime, come gas e petrolio”. Sono anche intervenute Savina Disanti e Valeria Totaro di Seconda Stella a Destra. Presenti anche il vice sin- daco Rossella Falcone, gli assessori Mariella Pecorelli, Dario Carlino e l’incaricata alla sanità Rita Cannarozzi, oltre ad alcuni soci della LNI Vieste. La serata si è conclusa con un riferimento al Gesuita Paolo Dall’Oglio scomparso in Siria nel 2013, con la speranza che possa presto tornare tra noi. Incontro con Padre Paolo Dall’Oglio nel deserto siriano Franco Ruggieri N ella primavera del 2008 decisi di effettuare un viaggio in Siria e Libano per completare le mie conoscenze sulla Terra Santa. Raccolgo un gruppo di 13 persone che non conoscevo prima, da tutta Italia, e insieme in agosto facciamo uno dei più bei viaggi della nostra vita. La Siria si è dimostrata ai nostri occhi come una nazione magnifica, con città bellissime e persone molto cordiali ed ospitali. Un crogiuolo di razze e religioni che in un regime autoritario convivevano, seppure in un labile equilibrio, in pace: musulmani sciiti, sunniti, alawiti e kurdi, drusi e dervisci sufi, cristiani ortodossi, armeni, copti, cattolici maroniti e melchiti, e perfino alcune famiglie di ebrei. A Damasco, nelle viuzze adiacenti la Strada Dritta in fondo alla quale è ubicata la Casa di Anania in cui San Paolo fu curato dopo la folgorazione, la gente quando capiva che eravamo italiani, ci invitava ad entrare nelle loro case per mostrarci le cose più care: le immagini di Gesù e della Vergine Maria. In Italia, mentre studiavo l’organizzazione del viaggio mi imbattei in una notizia straordinaria: la ricostruzione del Monastero di Mar Musa ad opera del gesuita italiano Paolo Dall’Oglio, che intorno ad esso aveva creato una comunità cristiana di ortodossi e cattolici e che non disdegnava la convivenza con giovani musulmani desiderosi di ricercare la vera pace spirituale nell’unico e comune Dio. Decido che Mar Musa doveva essere una nostra tappa. Dal mio diario di viaggio ho tratto questo stralcio. 26.8.2008 Dopo Ma’alula dove si parla ancora l’aramaico, la lingua di Cristo, continuiamo per Mar Musa dove ci aspetta una scalinata di oltre 300 gradini, che si inerpica su una montagna arida. Il caldo è torrido e ci prepariamo alla scalata come ad un’impresa sportiva. Elia Kajmini, la nostra guida siriana, ci dice di andare avanti perché lui, cardiopatico, deve salire con il suo passo. Qua e là si vedono tentativi riusciti di rimboschimento. Vi è anche un orto con alberi di melograni. Finalmente siamo in cima, sfiancati, sfiatati e sudati, ma felici di essere arrivati al Monastero di Mar Musa, tenuto dal gesuita padre Paolo Dall’Oglio, con saio grigio, cordiale, energico, poliglotta. Un missionario d’altri tempi ma al passo con i cambiamenti 5 culturali. Lo vediamo intento a tenere una lezione di ecologia del deserto ad un gruppo di francesi appartenenti ad una associazione di solidarietà. Ci salutiamo e ci offre un inaspettato ma beneaugurante thè alla menta. Parliamo del suo confratello e mio concittadino padre Vincenzo Ruggieri, studioso di storia cristiana antica e Direttore dell’Istituto Orientale. Ci invita, infine, a restare a mangiare con loro alle 14,30, ma per noi è troppo tardi. Quindi si decide di anticipare il pranzo, sotto la tettoia, con i prodotti del Monastero ed il cibo che avevamo con noi. Prima però visitiamo la Chiesa con gli antichi affreschi ivi custoditi, guidati da una suora laica: Huda. Il panorama sul deserto è bellissimo. Vorremmo restare ancora, magari a dormire la notte in questa oasi di pace, ma il nostro itinerario non ce lo permette. Dobbiamo arrivare al Krak des Chavaliers che chiude alle 17,30. Padre Paolo Dall’Oglio (1954), romano, missionario gesuita in Siria, prima espulso dal governo come persona indesiderata, è stato poi rapito dai terroristi durante la crisi siriana. E’ un uomo di notevole spessore culturale, testimone di un autentico e primitivo cristianesimo, in una terra ove l’odio interreligioso (soprattutto tra musulmani sunniti, sciti e alawiti) ha causato centinaia di migliaia di morti innocenti. E’ riconosciuto a livello internazionale Franco Ruggieri con il gruppo che ha fatto visita al Monastero di Mar Musa, tenuto d al g es ui ta padre Paolo Dall’Oglio. come il più importante operatore di pace in Siria, amato dai cristiani delle diverse confessioni, stimato dai musulmani. E’ stato il fondatore del Monastero di Mar Musa nel deserto siriano, oasi di pace per cristiani e musulmani. Posso dire, senza ombra di dubbio di aver conosciuto un fervente testimone di Cristo. Della sua sorte vi sono notizie discordanti, alcune parlano della sua morte avvenuta dopo pochi giorni dalla cattura, altre di un recente video che proverebbe di essere ancora in vita. Il Vaticano comunica che tali notizie non sono attendibili e che si spera nella sua sopravvivenza. Nel cuore di chi l’ha conosciuto è sicuramente vivo. In tutto il mondo si prega per la sua liberazione. Inoltriamo a Dio la nostra supplica affinché ritorni la pace in Siria e Padre Paolo sia quanto prima liberato. Con una riflessione di Mons. Angelo Spina, Vescovo di Sulmona-Valva, su: “La misericordia del Signore nel cuore di don Antonio”, presso la ConCattedrale di Vieste, è stato ricordato il transito dalla sua vita terrena, avvenuto il 27 agosto del 1954, del Servo di dio don Antonio Spalatro. Ricordiamo l’impegno dei Sacerdoti e dell’Associazione “Amici di don Antonio Spalatro” Vieste. Circondata dalla sua numerosissima famiglia, composta da 8 figli, oltre a tantissimi nipoti e pronipoti, all’età di quasi 104 anni è serenamente volata al cielo la signora Lucia Demaria, madre del presidente del comitato di Santa Maria di Merino, Alfredo Micale. Donna sempre attenta ai valori della fede ha sempre sostenuto le opere di tutte le parrocchie che ha frequentato con molto impegno. 6 Chi vuole la Moldaunia? Giovanni Masi R ecentemente mi è capitato di leggere di una fantomatica regione italiana, di nome Moldaunia, che potrebbe nascere dalla secessione di Foggia (e provincia) dalla Puglia, per l’auto annessione al Molise, la piccola Regione confinante. E questo perché, secondo Gennaro Amodeo, ingegnere e iniziatore del relativo movimento, Bari, quale sede del Governo Regionale, presterebbe poca attenzione alle terre della Daunia, o di Capitanata, come altrimenti viene indicata la Provincia di Foggia. L’ultima volta che si prestò una certa attenzione a questa strana storia fu nel 2011, subito dopo il varo della legge sul riordino delle province. Sulla questione è illuminante una cronaca del tempo, di Giovanna Greco, datata, appunto, 26 agosto 2011, tratta da Foggia Today. “L'ultima manovra finanziaria del governo nazionale, con il suo pesante carico di tagli su province e comuni, ottiene come primo effetto quello di conferire nuovo vigore a vecchi sogni mai sopiti di aggregazioni t e r r i t o r i a l i . E se Serracapriola (Fg) scalpita in queste ore per annettersi al Molise, quest'ultimo pensa al Molisannio. Torna in auge, infatti, il vecchio progetto che vuole le province di Isernia e Campobasso insieme al beneventano (il Sannio, appunto) per una regione tutta nuova, … Dalle parole ai fatti: questa mattina incontro istituzionale tra il presidente del consiglio regionale molisano, Michele Picciano, e il consigliere regionale campano Luca Colasanto, entrambi Pdl. Obiettivo: avviare concretamente il progetto Molisannio”. “… un incontro interlocutorio, certo, ma che vuol essere la prima tappa - ha spiegato Picciano- di un percorso che sfocerà, mi auguro, in un referendum propositivo”. Un'accelerata senza precedenti, insomma, … che rischia di far soccombere definitivamente quel progetto di Moldaunia tanto caro all'ingegnere Gennaro Amodeo che da dieci anni si batte per unire la Capitanata al Molise. … Ma resta tranquillo [Gennaro Amodeo]: “Sono costantemente in contatto con il governatore regionale molisano Michele Iorio” dice, “il progetto di Moldaunia va avanti. Peraltro il Molise non farebbe un buon affare ad annettersi al be- neventano. Cosa possono offrire? Una regione con meno di 600mila abitanti, cifra che non è in grado di salvaguardare le due province di Benevento e Campobasso. Per non parlare del territorio. Montagne su montagne. Noi portiamo il Gargano, il tavoliere, un territorio ampio e variegato, oltre ad un bottino di 700mila abitanti che, sommati alla popolazione molisana, farebbero vivere ben due province, Foggia e Campobasso. Va da sé che, successivamente, si potrebbero annettere anche altri territori, quali il Sannio appunto, ma il progettomadre resta la Moldaunia. Ci pensino bene”. Il programma di Gennaro Amodeo, come si può vedere, è vasto, ricco di spirito imprenditoriale e di conquista, ma privo dei famosi conti con l’oste. E qui di osti ce ne sono almeno due, trascurando al momento il parere e la volontà dei cittadini. Il primo oste, infatti, il Molise, ha messo subito le carte in chiaro, e lo ha detto francamente ai cugini del Molisannio: il capoluogo di Regione è e resterà Campobasso. Il secondo oste, il Consiglio Provinciale di Foggia, a prescindere dalla clausola 7 posta dal Molise, sicuramente nota all’Amodeo, ha respinto, il 26 luglio 2016, la richiesta di referendum popolare da parte del Movimento Moldaunia. E dal mio punto di vista il Consiglio Provinciale ha scritto una bella pagina, assumendosi, almeno in questo caso, le proprie responsabilità. Il mio voto, in ogni caso, per quel che vale, sarebbe contrario. E adesso, anche per far piacere a Gennaro Amodeo, entriamo nel merito della politica, praticata dalla e nella Regione Puglia, limitatamente, però, ad alcuni capitoli del settore trasporti dell’area di Capitanata. Primo Capitolo: Trasporti ferroviari. La stazione ferroviaria di Foggia e le sue immediate vicinanze furono bombardate pesantemente dagli Anglo-Americani, nel 1943, perché Foggia, strategicamente, era ed è un importante nodo ferroviario. Qui la rete ferroviaria primaria si biforca: una linea va verso il Nord via Pescara, Ancona, Bologna, e un’altra va verso Ovest-Nord Ovest, via Napoli, Roma. A più di settant’anni da quegli eventi bellici, ne hanno capito la portata anche Bari e Foggia, ma il piano di ammodernamento della tratta Foggia Benevento, che collega la Puglia a Napoli e Roma, è ancora allo studio. E così, frane permettendo, si viaggia su una linea pro- Abbiamo già trattato l’argomento della Moldaunia, nel Logbook n°33 di febbraio 2012, con un articolo di Bartolo Baldi, che metteva in evidenza un problema di grande attualità: il desiderio di alcuni cittadini della provincia di Foggia di staccarsi dalla Regione Puglia e chiedere un referendum per confluire nella Moldaunia. Temiamo, purtroppo, che il problema principale non sia Bari ma che Foggia (o Campobasso) forse sarebbe, rispetto ad altri capoluoghi di Regione, una città con minore capacità imprenditoriale, organizzazione amministrativa, arte e conservazione di beni culturali. Comunque nell’ultima seduta congiunta del Consiglio Provinciale con l’Assemblea dei Sindaci, per discutere sul Referendum Provinciale sul passagggio della Capitanata dalla Regione Puglia al Molise, era presente solo una minoranza di sindaci. Il Consiglio Provinciale ha deliberato, con voto unanime, di ritenere che per poter intervenire sulla materia siano necessari interventi legislativi chiarificatori che specifichino il ruolo e le funzioni delle Province, pur affermando, l’interesse per le attività e le proposte del Comitato. gettata alla fine dell’Ottocento, molto tortuosa e a binario unico. Responsabilità: a carico di Bari, capoluogo di Regione, e di Foggia come Comune interessato e come sede di Provincia. Secondo Capitolo: Trasporti aerei e Aeroporto “Gino Lisa”. La Puglia è una Regione bene attrezzata per quanto riguarda l’Aeronautica Militare. Ospita, senza fare ulteriori menzioni, e proprio nelle terre di Capitanata, Amendola, l’Aeroporto Militare più grande d’Italia e futura base degli F-35. Non così attrezzata risulta essere nel campo dell’Aviazione civile. Foggia, per esempio, come sede di Provincia, avrebbe potuto pensare a un grande aeroporto civile, nel suo Tavoliere, dalle parti di Ortanova, per rendere ottimi servizi alla Puglia e ad almeno tre regioni limitrofe (Basilicata, Campania, Molise). Non lo ha fatto. Ma Foggia, come sede di Comu- ne ha fatto di peggio: ha soffocato il “Gino Lisa” permettendo costruzioni di edifici e strade troppo vicine al sedime aeroportuale, e a fondo pista. Responsabilità: a carico di Foggia come sede di Provincia e come sede di Comune interessato. Terzo Capitolo: Trasporti su gomma da Siponto a Margherita di Savoia. La strada più conveniente per raggiungere Bari da Manfredonia, è costituita ancora dal budello delle paludi, strettissimo e pericolosissimo, tra Siponto, Zapponeta e Margherita di Savoia. Se ogni cinquant’anni si adeguano quattro o cinque chilometri, come è avvenuto di recente, sul primo tronco, dopo il passaggio a livello di Siponto, ci vorranno ancora sei secoli fino a Margherita. Responsabilità: a carico dei Comuni di Manfredonia, Monte Sant’Angelo, Mattinata, Vieste, perché a questi Comuni appartengono 8 gli utenti di quell’ arteria palustre. Ovviamente, nelle responsabilità è coinvolta direttamente Foggia, come sede di Provincia; e, forse, anche Bari, come capoluogo di Regione. Quarto capitolo: Trasporti su gomma: Superstrada Garganica. Come è noto, questa superstrada, che doveva collegare anche Vieste e Peschici, è bloccata a Sud nel Comune di Mattinata e al Nord nel Comune di Vico del Gargano. Perché? Non si è mai capito. Qui, l’ombra del campanile è molto lunga, ma non a sufficienza a coprire il grave errore strategico, che danneggia economicamente tutto il Gargano. I tanti turisti che affollano le spiagge di Peschici e di Vieste, tanto per essere più chiari, afflitti dalle infinite curve dei percorsi attuali, desistono dal visitare i centri interni, ancorché famosi come S. Giovanni e Monte Sant’Angelo, Carpino, e soprattutto Vico, il più vicino, caratteristico per il suo unico Centro storico. E intanto quell’ombra punisce severamente i cittadini di Vieste e di Peschici, che hanno necessità di raggiungere l’Ospedale di S. Giovanni Rotondo. Responsabilità: a carico dei Comuni di Mattinata, Vieste, Peschici, Vico del Gargano e, naturalmente, a carico di Foggia come sede di Provincia, e di Bari, come capoluogo di Regione. Pizzomunno Cup La regata Pizzomunno Cup, ventiquattresima edizione della Gargano Summer Race, organizzata dalla sezione di Manfredonia della Lega Navale italiana ha chiuso la stagione della vela d'altura dell'ottava zona Fiv e il giro di Puglia. Un record di partecipazione con 58 imbarcazioni provenienti dalla Puglia, dal Molise e dall'Abruzzo. La gara si è sviluppata in due giorni e ha riservato molte sorprese ed un buon livello di difficoltà. Il trofeo Challenger “Pizzomunno Cup” è stato vinto dall'imbarcazione “Indigo” e dalla sezione di Manfredonia della LNI, che si è anche aggiudicata il trofeo Challenger “Adolfo Frattarolo”, trofeo che viene assegnato alla società che ottiene più punti in assoluto. Viva soddisfazione ha espresso il presidente della LNI Manfredonia, Donato D'Andrea, che ha evidenziato come le condizioni climatiche, sicuramente buone e vantaggiose nella tratta Manfredonia-Vieste, siano state proibitive, invece, nella tratta del ritorno da Vieste a Manfredonia. In chiusura, non posso non fare un cenno alla Certosa di Paolo Portoghesi, costruita nella splendida Baia di Campi. E’ abbandonata, subito dopo il “fine lavori”, da più di venti anni, ai vandali, alle ortiche, ai rovi e alle lucertole! In un mio scritto contro i sedicenti neoborbonici, proposi, qualche anno addietro, di adibire questo magnifico istituto a scuola alternata per le carceri minorili di Palermo, di Bari e di Napoli. Mi ripeto in questa sede, nella speranza di intoppare in “una qualche sensibilità” delle cosiddette Autorità competenti, che alloggiano nel Comune di Vieste e, a Bari, nel Palazzo della Regione Puglia. Non è importante vivere il mare su grandi o piccole barche, ma è importante viverlo nel rispetto della natura. Sentite condoglianze al socio della LNI Vieste, Maurizio Lucatelli, per la dipartita del caro padre Mimì. “Angelo alla banchina”, così era conosciuto Angelo Granatiero, bravo artigiano, grande lavoratore, cortese e accomodante, che non perdeva mai la calma e improntava il suo lavoro come un divertimento. Così lo vogliamo ricordare. Ciao Angelo! 9 ...Perché Sanremo è Sanremo! Bartolo Baldi R ecentemente, con la squisita organizzazione da parte del Reverendo Don Antonio De Padova, ho potuto partecipare ad un pellegrinaggio verso Lourdes. Fra le tante tappe che non sto qui a descrivere, abbiamo potuto visitare, in lungo ed in largo, anche la città di Sanremo, famosa in tutto il mondo per essere la città dei fiori e del festival della canzone italiana. Praticamente un mondo totalmente diverso dal nostro per il decoro, l’ordine e la manutenzione dell’arredo urbano. Bella scoperta, potrebbe obiettare qualcuno. Sanremo è Sanremo! E su questo credo che non ci sia proprio nulla da obiettare. Tuttavia, osservando bene la costa, le spiagge, i lidi, ho notato (e ho fatto notare agli amici di viaggio) come la costa di Sanremo sia sicuramente sotto tono rispetto a quella garganica. Ed è su questo che penso di potermi “appigliare”. Una città come Sanremo, che è sicuramente ad alta valenza turistica in ogni tempo dell’anno, riesce a gestire le proprie bellezze naturalistiche ed urbanistiche in modo notevolmente superiori alle nostre. Cominciamo dal lungo- mare. Lo stesso, oltre alla pulizia, si presentava tutto civettuolo. Le aiuole erano ben curate ed artisticamente ornate con fiori e con monumenti. La pavimentazione fatta a mosaico era tutta antisdrucciolevole, i sedili puliti e per nulla scarabocchiati come invece accade da noi. La pavimentazione stradale non presentava una sola buca e i bidoni della spazzatura, pur essendo pieni, esalavano profumi e non puzze. Allora mi chiedo quale sia la prerogativa che li contraddistingua rispetto a noi. Sicuramente l’alto senso civico, il rispetto verso le cose comuni, la responsabilità di dare alla propria città il decoro necessario che invogli il visitatore al positivo per far venire loro la voglia di frequentare questa città anche quando i riflettori sulle edizioni dei festival canori o sui carri ricchi di fiori sono lontani e spenti. Dalla loro abitudine del bello siamo lontani anni luce ma credo che dovremmo sforzarci di mettere in mostra tutti i nostri lati positivi, a cominciare dalla nostra storia, dalle nostre tradizioni, dalle nostre bellezze culturali e religiose. Forse non potremo mai essere capaci di metterci allo steso livello. Ma se Sanremo è Sanremo, Vieste potrebbe diventare la regina del Gargano. Un appello in questo senso alla nuova amministrazione comunale e agli stessi viestani. Un albero già cresciuto difficilmente lo si può raddrizzare. Ma un albero che sta crescendo prenderà sicuramente la forma che desideriamo imporre. In memoria di Antonio Lombardi Carissimo Antonio, la notizia del tuo decesso ha vibrato come una lama sferzata contro il vuoto. Sembra davvero strano come le persone battagliere come te debbano soccombere impotenti davanti a un male che spesso non perdona, ma a volte è possibile sconfiggere. “La croce muta”, il titolo del tuo libro, è stata la pena e la gioia, la vittoria e la sconfitta di un male interiore che già ti aveva trafitto. Forse la croce muta che ti ha fatto ombra ora saprà riprendersi ciò che le appartiene. Sono convinto che ora hai raggiunto la verità (da qualunque parte sia) e che per tanto tempo hai cercato. A noi resta il sogno di poter vivere in una città ammantata di colori. Bartolo Baldi 10 Un’americana d’origine viestana si racconta IERI, OGGI, FAMIGLIA, GRATITUDINE traduzione di Nino Patrone - adattamento di Ludovico Ragno Cari Ludovico, Italo, Filomena e Cecilia, oggi mi sono svegliata con un veemente bisogno di raccontarvi la mia storia allo scopo di parteciparvi quanto grande è stato nella mia vita il vostro impatto. La storia ha inizio nella cittadina di Vieste. Questo nome mi fermavo spesso a guardarlo su un globo terrestre che il mio patrigno mi aveva donato. Sapevo che era il luogo d’origine del mio cognome Ragno e di mio padre, che non ho mai conosciuto, vissuto lì nei primi 9 anni della sua vita. Si chiamava Domenico. Anche lui non aveva conosciuto suo padre Giuseppe fino a quell’età. Giuseppe aveva lasciato Vieste nel 1912, alla ricerca di prospettive future negli Stati Uniti. Erano rimaste al paese la moglie Filomena, incinta di mio padre e i primi due figli, Sante e Michele. Un altro figlio Pasquale morì o prima della partenza di Giuseppe o mentre era lontano. Non so molto di nonno Giuseppe, poiché è morto qualche anno prima della mia nascita. Ma so che viveva a Franklin nel New Jersey. So anche che nonna Filomena vendeva salsa di pomodoro nella sua casa a Vieste per potersi pagare Nel n° 47 di Logbook abbiamo preso in considerazione la storia di una grande famiglia viestana, quella di Gaetano Cappabianca che nel 1903 partì per l’America, perché “sognava una vita felice e libera dalla miseria”. Ora i Cappabianca con i D’errico sono una grande famiglia americana benestante che continua a tenere contatti di vero affetto con Vieste. In questo numero Christine Ragno, con la sua appassionata e sincera lettera ci parla di un’altra grande famiglia viestana, quella di Giuseppe Ragno che partì da Vieste nel 1912, alla ricerca di prospettive future negli Stati Uniti, raggiunto in seguito dalla moglie Filomena Mazzone. In questo numero pubblichiamo la lettera in italiano con l’adattamento di L. Ragno ed una prima parte dell’originale in inglese, mentre l’ultima parte sarà pubblicata nel prossimo Lb a beneficio dei nostri lettori americani ma anche degli italiani che vogliono gustare l’originale. il viaggio con i figli negli Stati Uniti e ricongiungersi con il marito. Dal registro della nave su cui viaggiò risulta quanto segue: Nome Filomena Mazzone Arrivo 1 ott. 1922 Nascita 1886 Età 36 anni Genere Femminile Partenza Napoli Nazionalità Italiana (Sud) Nave Giulio Cesare Porto New York, NY Per un qualche motivo la famiglia Ragno si trasferì nel mio luogo di nascita, Berwick Pennsylvania, una bellissima zona lungo il fiume Susquehanna, dal nome di una tribù indiana nel nord est dello stato. Qui i miei nonni fondarono il Flat Iron Cafè, un bar di quartiere e ristorante italiano che vendeva frutti di mare e preparava pasta con la salsa fatta da nonna Filomena e pasti americani, quali hamburger e patatine fritte. Vivevano in un appartamento sopra l’azienda. Ebbero un altro figlio Anthony e una figlia Marianna. Sante si trasferì a New York e frequentò la scuola di musica Julliard. Domenico e Michael presero a lavorare nel barristorante. Domenico, nello stesso tempo, faceva musica, suonava diversi strumenti, ma i preferiti erano la fisarmonica e l’organo. Anthony si dedicò agli affari. Costruiva corsie per il gioco del bowling sulla Costa Orientale degli Stati Uniti. Era anche un pilota d'aereo privato. Col suo aereo andava nei posti dove costruiva. Morì mentre era ancora in attività, di attacco cardiaco. Domenico a 34 anni sposò m i a ma d re Ma r ga re t 11 (Maggie), figlia di immigrati ucraini. A Giuseppe piaceva ma a Filomena no, non l’accettò mai, lei voleva che sposasse un’italiana. Solo le insegnò come preparare pasti italiani per il ristorante. Dopo alcuni mesi Giuseppe e Filomena si trasferirono in una casa a circa un miglio dal ristorante, con un po’ di terreno vicino, dove lui si divertiva a coltivare pomodori e piante di girasole giganti. Giuseppe non sopravvisse molto al figlio Anthony, morì per un attacco cardiaco, seguito il giorno dopo dalla moglie Filomena, nel 1963, qualche mese prima dell'assassinio di Kennedy. A gestire il ristorante rimasero Michael e Domenico. Era una vita difficile, e Michael dopo un po’ di anni lasciò anche lui, trasferendosi in una città della Florida, dove si pensionò. Restarono Domenico e Margaret che ebbero prima di me un figlio, Joseph, e 7 anni dopo una figlia, Kathy. In quel periodo mio padre Domenico ebbe un attacco cardiaco. Sopravvisse ma indebolito. La sera della vigilia di Capodanno del 1965, mentre il ristorante era affollato di avventori ebbe un nuovo attacco cardiaco e morì. Aveva 51 anni, mia madre 39, mio fratello 17, mia sorella 10 ed io 8 mesi. Credo che a farmi scrivere questa lettera c’entri in qualche modo il numero 51, che coincide con gli anni di mio padre e, dopo 50 anni, con i miei 51 di oggi 2015. A quel punto la maggior parte della famiglia Ragno era andata. Di mio padre conservo degli scritti, di mio nonno dipinti e un braciere portato dall’Italia. Marianna rimase a Berwick. Mia madre si sposò di nuovo quando io avevo 4 anni. Aveva bisogno di aiuto. Mio fratello dopo la laurea si era arruolato nell’esercito americano. Il Flat Iron Cafè che i nonni Giuseppe e Filomena avevano aperto ci aveva permesso di vivere bene e frequentare l’università. Il non aver conosciuto mio padre mi ha lasciato la sensazione di una terribile perdita per la mia vita. Il dolore è stato così forte che mi ha spinto ad andare a Vieste. Per informazioni sul paese, mi aiutarono la signora Esther Pellegrino e sua figlia Maria, viestane d’America, che l’anno prima erano state a Vieste, le quali mi misero in contatto con Giammichele di Explora Gargano, che mi consigliò l’albergo Rocca sul mare. Prima di partire alcune persone negli Stati Uniti mi avvisarono dell'insicurezza esistente nell'Italia meridionale. Ma io non mi scoraggiai. Ero determinata a vedere la terra dei miei progenitori e partii. Arrivai a Bari in aereo e da Bari a Vieste in macchina. Le curve della strada erano tante e quali non avevo mai visto, però mi L’americana di origine viestana Christine Ragno con Ludovico Ragno, sindaco di Vieste per 2 mandati amministrativi. felicitai quando imboccai una via con alberi di palma e la gente che passeggiava tranquillamente sui marciapiedi. E’ stato il viaggio più significativo della mia vita. Il sig. Mafrolla titolare dell’albergo in cui alloggiavo, telefonò al mio “parente più conosciuto”, il maestro Ludovico Ragno. Nei giorni seguenti, in giro per il paese con Ludovico e suo nipote Italo, che parlava un po’ d’inglese, abbiamo incontrato parenti di Vieste e qualcuno che aveva conosciuto persone di famiglia, altresì visitato la cattedrale e il castello. Ludovico e Italo sono stati molto affabili con me, lieti di aiutarmi a capire la mia origine. Mi hanno fornito informazioni genealogiche e raccontato aneddoti dei miei antenati, alcuni dei quali Ludovico aveva cono- 12 sciuto. La mia prima visita a Vieste aveva superato ogni aspettativa. E’ una bella cittadina. E poi mi sono sentita a mio agio. In giro per la parte antica del paese ho immaginato di vedere mio padre Domenico correre sui ciottoli delle strade, e, passando in riva al mare, di vederlo nuotare nel tratto dalla banchina allo scoglio col faro. Durante la seconda visita a Vieste con mio marito Roger e i nostri due figli ho chiesto a Ludovico e Italo se avevo parenti da parte di mia nonna Filomena Mazzone. Mi indicarono una signora, nipote dell’omonima mia nonna, che si trovava a Vieste in vacanza. La contattammo e qualche sera dopo le fa- cemmo visita. Nell’attesa ero un po’ preoccupata, temevo di essere indiscreta. Invece il suo benvenuto mi mostrò una persona dolcissima. Insistette nell’offrirci il gelato, che fu molto gradito, e mi invitò a guardare alle pareti le vecchie fotografie di parenti del passato. La visita fu coinvolgente fino a qualche lacrima. Attraverso Filomena ho conosciuto la figlia Cecilia e il marito Sergio. Ci hanno accolto con calore e generosità quando abbiamo fatto loro visita a Sarzana. Aver conosciuto la famiglia di Filomena nella mia vita è stato un dono di cui sono molto grata. In una terza visita a Vieste si unì anche mia nipote Kate, la quale una mattina si è tuffata, con noi spettatori nello stesso tratto di mare e lo ha ripercorso a forti bracciate. Per concludere voglio ringraziare il Cielo per i figli Shane e Alec, che sono la mia vita, sicuramente al top delle gratificazioni. Ma devo dire pure che sono infinitamente grata alle famiglie Ragno e Mazzone per aver accettato la mia famiglia nelle loro case. Poter presentare ai miei figli la loro origine italiana è stato molto importante per me. Spero che questa lettera possa farvi comprendere il mio apprezzamento e la gratitudine per tutte le attenzioni che mi avete mostrato. Con affetto, Christine Yesterday, Today, Family, Gratefulness Christine’s letter from the USA / 1 C ari Ludovico, Italo, Filomena e Cecilia, Today I awoke with an overwhelming need to tell you my story in order to convey how great your impact has been in my life. The story begins in a tiny town called Vieste, Italy. The name of that town I would look at often as I explored the world on a globe of the earth that my step-father had given me. This point on the tip of the spur of a boot shaped country along a sea called the Adriatic. I knew this place was where my name of Ragno and the father I never knew spent the first 9 years of his life. His name was Dominick (Domenico). He too did not know his own father Giuseppe during his first 9 years. Giuseppe had left Vieste to find a future in the U.S.A. He left behind his wife Filomena who was pregnant with my father, and his other sons Sante and Michael. There was another son Pasquale who died either before Giuseppe left or while he was away. I do not know much of Giuseppe’s story, as he died a few years before I was born. I do know he lived in Franklin New Jersey. I also know that Filomena sold spaghetti sauce from her home in Vieste in order to make enough money to travel to the U.S. with her sons and rejoin Giuseppe. This brave woman made her voyage with her 3 sons: (records from the ship – a ship that was later de- 13 stroyed during World War II): The Giuseppe Ragno family. Michael Ragno, Leanna Ragno (Mike's wife), Filomena Ragno, Margaret Malencore Ragno (Domnick's wife), Domnick Ragno, Giuseppe Ragno, Marianna Ragno, Anthony Ragno. Name Filomena Mazzone, Arrival 1,Oct. 1922, Birth 1886, Age 36, Gender Female, Departure Naples, Nationality Italian Southern), Ship Giulio Cesare, Port New York NY. At some point the Ragno family moved to my birthplace – Berwick Pennsylvania. It is a beautiful area along the Susquehanna River named after an Indian tribe in the northeast part of the state. Giuseppe sharpened knives, ice skates and other blades. We still have two machetes that a customer failed to pick up after sharpening. During prohibition of alcohol, he sold the wine he made. Eventually, they established the Flat Iron Café. It was a neighborhood bar and Italian restaurant that sold seafood, pasta with Filomena’s sauce and American meals such as hamburgers and French fries. They lived in the apartment above the business. They had another son Anthony and a daughter Marianna. Sante moved to New York and attended the Julliard School of music Domenico and Michael worked in the Flat Iron. Domenico was a musician and played a variety of instruments but his favorites were the accordion and the organ. Anthony became a businessman building bowling alleys along the East Coast of the U.S. He also was a private pilot flying his plane to the building sites. At age 34, Domenico married my mother Margaret (Maggie) the daughter of U k ra i ni an imm i gr ant s. Giuseppe liked her but Filomena did not. She did not want Domenico to marry and especially not to someone who wasn’t Italian. I am told she had become bitter with Giuseppe and never accepted my mother, but she did teach her how to cook Italian dishes for the restaurant. Giuseppe and Filomena moved to a house about a mile from the Flat Iron and enjoyed growing tomatoes and giant sunflowers in his yard. Now the families of Michael and Domenico operated the Flat Iron. It was a hard life and there was no time for vacations. The business was open 6 days a week and on the 7th day there was cleaning and food preparation to be done. Domenico and Margaret had a son Joseph and 7 years later a daughter Kathy. After several years, Michael’s family moved away to operate a bar called the Half Way House in a different town before retiring and moving to Florida. Marianna remained in Berwick. Anthony married Margaret’s youngest sister Evelyn (Evie) and had a son Anthony and a daughter Deborah. In 1960 Anthony was involved in an accident in the building area of one of his bowling alleys. He returned to his hotel that night and was found dead in a chair from a heart attack. His death left a lasting impact on his family. Deborah married and had a daughter Stacey. One day Deborah left the house after finding out her husband had been unfaithful to her. She drove into an intersection and was struck and killed by an oncoming car. She was only in her twenties. Anthony lost his way and was a fugitive from justice after faking his own death and hiding in the Dominican Republic before returning to 14 Florida where he was apprehended. He now fixes boats in Naples Florida. Anthony’s death was also devastating to Giuseppe and Filomena. My young sister still recalls how they sobbed at his funeral. It is an awful thing to lose a child. In 1963 Giuseppe was tending his garden. He sat in a chair on his porch to rest and died of a heart attack. Later that year in November President Kennedy was assassinated. The following day, the family found Filomena had passed away in her bed. Domenico had his first heart attack sometime during all of this tragedy. He survived but was restricted to very little activity. My mother, teenage brother and young sister ran the Flat Iron. Then in April 1964 I came into the picture. At this point my mother’s parents and my father’s parents had all died. In December the Christmas holidays came. I’m sure it was a busy time in the Flat Iron and my mother was running a bar and restaurant and had a husband in poor health and a small baby. New Years Eve was an especially busy time in the bar with people celebrating the coming of 1965. My mother was worried about my father who had a respiratory infection. When she went upstairs to the apartment to check on him she saw he was coughing up blood. She called an ambulance and had her brothers come to tend the bar. At midnight, my father died in the emergency room. My father was 51, my mother was 39, my brother was 17, my sister was 10 and I was 8 months old. I believe 51 is the reason I am driven to write this letter. It is now 2015 and I am 51. At that point the majority of the Ragno family was gone. I mentioned earlier that I never met my father’s only sister. Eventually I learned why. She blamed me for my father’s death believing that a baby was too much stress for him. My mother pointed her out to me once in the grocery store. When Marianna saw my mother and me, she quickly walked away. I never met my father’s oldest brother Sante who also showed no interest in knowing me or having anything to do with my family. Only Michael returned to Pennsylvania to visit when I was a young child. I regret not being mature enough to talk to him about my father and their experiences before he also passed away of a heart attack when I was a teenager. My mother remarried when I was 4 years old. She needed help. My brother had left and went to college. Upon graduation, he was drafted into the U.S. Army. When I was 6 years old we moved out of the apartment above the Flat Iron and into a house with a yard a couple miles away. My mother continued to run the bar but not the restaurant. She retired after 44 years. The Flat Iron Café that Giuseppe and Filomena started enabled us to live well and attend college. The Flat Iron also held material items that belonged to my father and grandparents. Most were related to music. But there I found treasured pieces of my father’s handwriting, paintings my grandfather made, and a small piece of carved coral and a brass hot coal holder that my grandmother brought with her from Italy. My mother was one of 10 children so while growing up I had lots of relatives from her side of the family but only knew one uncle and his daughter Vicky and they lived over 1200 miles away so I rarely saw them. (to be continued in Logbook 58) Avviso Si chiede la collaborazione di tutti per comunicare e pubblicare fatti e personaggi inediti che appartengono alla piccola grande Storia del nostro paese. 15 Piazza Garibaldi e dintorni /1 Almanacco Viestano - a cura di Franco Ruggieri N el 1960, ad appena 15 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, a Roma si svolgeva la XVII Olimpiade dell’era moderna. Dal balcone di casa, al secondo piano di piazza Garibaldi 8, osservavo capannelli di giovanotti che si esaltavano nel rievocare le imprese di Livio Berruti e Abebe Bikila. Ogni sera, soprattutto nella bella stagione, usavano incontrarsi tra l’oreficeria di Pietro Russo “Ptruzz u rul’gger” e quella di To mm as o Ni g lio “Tommix”, i due estremi della nostra palazzina. Ormai li conoscevo bene perché mia madre, Raffaelina, mi ripeteva spesso i loro nomi: Lorenzino Bosco, Ninino Pastorella, ‘mba Cicc e suo fratello Tommix, Alduccio Spina, Giovanni Armiento accompagnato da Don Marco Della Malva. I discorsi di questi si intrecciavano spesso con quelli di un altro gruppo, di qualche anno avanti: Tatonn Tricchin, Nicol Arblon, Mimì Protano “u ‘Mbattibl”, Ignazio Piracci, Peppino Nobile e mio padre Enzino che oscillavano tra la Pro Loco e la bottega di mio zio Giannicola. La gente della piazza però era attratta da Nella tradizione urbanistica italiana, ogni città o paese, grande o piccolo che sia, ha la sua Piazza principale, in cui si concentrano le attività più importanti, in cui le persone lavorano, si incontrano, si salutano, vivono. Anche Vieste ha il suo centro d’elezione che qui vogliamo raccontare in più riprese, nell’intento di riscoprire qualcosa, forse, dimenticata dal tempo e dalla memoria umana. Piazza Garibaldi 1958 un’altra voce, quella di Cumbà G’rolm Bua coadiuvato dal socio Marvulin Martini, che con la mano destra portata a lato della bocca, gridavano a squarciagola: U Paranzir…, U Paranzir… eja arr’vet u Paranzir … a na lir…, a na lir…. Era il segnale che il pesce appena scaricato dalle barche, era giunto in pescheria. E allora, c’era chi si precipitava per scegliere il pescato migliore e chi si attardava per ascoltare alla radio le ultime riprese di Nino Benvenuti, altra medaglia d’oro nel pugilato. Dal balcone di casa, quello sopra Tommix (oggi Bar Garibaldi) si dominava tutta la Piazza e allo stesso tempo delineava il mio campo d’azione. Avevo tre anni e dov evo coll aborar e a l menage familiare facendo alcuni servizi che mia madre non poteva svolgere, in quanto intenta ad accudire altri tre figli più piccoli (Giuseppe, Teresa e Luigi). Serviva qualche verdura e mi mandava da Giovanni Sicuro “Ritaglia”, il pane al Bottegone da Tunnin Pellegrino, le triglie da Cumbà G’rolm. Mi dava i soldi e dopo avermi fatto ripetere l’elenco della spesa mi faceva scendere e con lo sguardo mi controllava dal balcone. I vari negozianti, dopo avermi ser- 16 vito, mi accompagnavano sull’uscio facendo un segno a mia madre. Man mano che crescevo l’orizzonte si ampliava, ma il perimetro era sempre sotto il controllo o di mio zio o di mio padre che aveva lo Studio Tecnico di Geometra in largo Pescheria 4. E così potevo arrivare all’Ospedale Mendicicomio dalle suore dove mia zia Inella si intratteneva a cucire o a ricamare (limite Nord). Nella Piazza non potevo andare oltre il Chiosco di giornali di Ciccillo Patrone (lato Sud), mentre Zè Nunzia, in mezzo al fosso, rappresentava il punto più lontano e rischioso perché fuori dallo sguardo di mia madre (lato Est). A Ovest mi spingevo solo lungo via Chir. Dell’Erba per comprare il baccalà alla bottega di Ninino e Concettina Rosiello “Rosabetta”, oppure il latte in polvere Mellin alla Farmacia di Mauro Liddo. Questa strada era tranquilla perché mia madre mi poteva guardare dal secondo balcone. Tranquilla, per modo di dire, ossia quando non era frequentata dai traìni dei fratelli Rinaldi Michele e Paulin. In vero, il loro passaggio incuteva paura in noi bambini che vedevamo quei carri enormi, con ruote giganti che superavano le paratie del pianale. Non so se facessero più paura i rumori delle ferraglie e della frusta, il nitrire sbuffante dei cavalli o i baffoni e le urla di Paulin. Oggi, a ragione, posso dire che l’atteggiamento terrifico dei trainieri era assunto per l’incolumità di noi bambini, per farci allontanare dalla strada al loro passaggio. I traìni erano tutti della stessa stazza ma dipinti in maniera diversa per distinguersi. Quello di Paolo Rinaldi portava perfino il nome scritto in maniera artistica. Li fermavano la sera sulla strada alzata di via Naccarati, subito dopo l’ospedale nei pressi “du Cilz”. I ragazzini si divertivano a salirci sopra per fare lo scivolo. Mia madre me lo aveva sempre proibito e non ci sono mai salito. D’estate, tornando a casa dalle suore, mi imbattevo in una strana bottega dove Sante Pecorelli “Muscatidd” produceva e vendeva ghiaccio. Spesso vedevo uomini che trasportavano a spalla interi blocchi, poggiati solo su un misero straccio, oppure donne e ragazzi con il loro contenitore e il ghiaccio dentro. Era l’unico modo per avere un po’ di fresco in casa soprattutto nelle torride giornate estive. Poco oltre, sempre su via Naccarati c’era all’angolo la sartoria di C’nzin Solitro u Spaltrese. Con tanto di baffi lo vedevo armeggiare un grande ferro da stiro a carboni o enormi forbicioni. Era attorniato da una mezza dozzina di ragazzi intenti all’apprendimento del mestiere. Ognuno con il suo banchetto, li vedevo Sante Pecorelli Muscatidd d’inverno cucire dentro la bottega e d’estate fuori nella strada, soprattutto nelle ore più fresche. Tommaso Fabrizio mi raccontò che prima della sartoria c’era la bottega del mastro bottaio Tanin Dimauro “Reccuzz”. Oggi il nipote Giuseppe ha aperto un negozio di abbigliamento di una nota casa di moda. Largo Pescheria rappresentava per me un luogo di giochi ma anche di divieti. Aveva sede un deposito di olio con grandi piscine sotterranee tutte pavimentate e piastrellate. Spesso la piazzetta era interessata da grandi manovre per il caricamento dei fusti di olio sui camion e chiaramente era vietato giocare, solo ci era permesso guardare a distanza di sicurezza. Addetto ai lavori di fatica era un omone che sembrava Ursus, taciturno ma dalla forza sovraumana. Nel periodo della campagna olearia le piscine venivano riempite e i fusti puliti con un lungo cannello di ottone con cui Lorenzo Tavaglione “Tre Patacch” soffiava e aspirava olio di pulitura. Sovraintendeva alle operazioni Natalino Dirodi “U 17 Sicch”, il proprietario, un uomo vestito sempre in maniera distinta con l’immancabile bocchino, anche durante le operazioni più concitate. Nell’ultima porta all’angolo verso il mare vi era un deposito di attrezzi da pesca, ritrovo di pescatori durante le pause. A forma triangolare, era delimitata da due schiere di palazzi e dal marciapiede su cui erano addossati alcuni chioschi che noi ragazzi chiamavamo “Baracche”. Due erano adibite a gelaterie, quella di Benito Cellamare e quella di Raffelina Tantimonaco “La Zannut”. Tra le gelaterie vi erano due baracche di legno di alcuni ortolani, tra cui quella di Masino Colella, e altre due erano posizionate oltre quella di Tantimonaco. Vendevano i prodotti dei loro orti e furono smantellate dopo la metà degli anni ’60. L’accesso a largo Pescheria era stretto e permetteva appena il passaggio di un’autovettura o di un camioncino. All’angolo faceva bella mostra di sé una fontana dell’acquedotto pugliese con tanto di fascio littorio, e subito dopo c’era l’entrata posteriore della bottega di mio zio che la usava per custodire il treruote. A seguire erano due porte che io ricordo sempre chiuse, quella del magazzino di farina e pasta di Giannangelo Latorre, dove lavorava Lalin Cappabian- Piazza Garibaldi Anni ‘20/’30 ca, a cui si accedeva da via Chir. Dell’Erba e quella dell’Avv. Vincenzo Medina che la usava come ripostiglio di cianfrusaglie. Il marciapiede terminava con lo Studio di mio padre, nel quale la sera si ritrovavano amici e clienti per le ultime chiacchiere prima di andare a casa. Quanti personaggi ho visto passare da quel piccolo locale e quante storie sentite raccontare infinite volte, per il solo gusto di raccontarle o forse per non dimenticarle. Tanino Delli Santi, Michele Mendolicchio, il notaio Alfredo D’Errico, l’Ing. Gino Ranalli, Mimmo Aliota, Lorenzo Caizzi maestro di mio padre, Ludovico Cariglia cugino di mia madre, il veterinario Giambattista Medina cugino di mio padre, Nicolino Ricci, erano i frequentatori più assidui. La continuazione del marciapiede, oltre via Montella, vedeva l’esercizio di due artigiani, la Barberia di Libbruzzo Cariglia ed il Salone di Parrucchiere di Franco Rinaldi e di sua sorella Pasquina “La Pumett”. I compagni di gioco di Largo Pescheria erano i figli di persone che lì lavoravano: Pavlucc figlio di Libbruzzo, Lello figlio di Benito e Matteo figlio di Lorenzo, a cui in seguito si unì Raffaele Del Frate proveniente da Alba, unico juventino del gruppo, molto bravo a pallone. Piazza Garibaldi o meglio “mmizz la chiazz” è costituita da una strana coincidenza urbanistica in virtù della confluenza di alcune strade importanti: via Sante Naccarati (oggi Viale Marinai d’Italia), via Chir. Dell’Erba, via Fontanelle – D. Spina (u Stradon) e corso Lorenzo Fazzini. In realtà, un unico slargo denominato Piazza suddiviso in tante porzioni: piazza Garibaldi che abbraccia il palazzo Spina, il palazzo del notaio e quello dei Ruggieri, la prima parte di corso Fazzini che comprende il palazzo Martucci e la schiera di palazzi che va da sotto il San Michele al palazzo Piracci, piazza Kennedy istituita dopo l’assassinio del presidente americano che comprende palazzo Martucci fino alla vecchia Pescheria e, secondo me fa parte della Piazza anche largo Pescheria oggi via Sante Naccarati. 18 A spasso con la meteorologia/3 Il vento Lucio Mura D opo esserci occupati di atmosfera, Matteo sembra essere sempre più interessato alla scoperta di altri argomenti correlati, come per esempio il vento. LB: Matteo, tu sai che cos’è il vento? M: Mi sono chiesto che cosa lo provoca soprattutto. LB: Il vento è una corrente quasi orizzontale provocata da uno spostamento di una massa d’aria al di sopra della superficie terrestre. Questo movimento si verifica quando tra due punti si determina una differenza di pressione conseguentemente ad una differenza termica. M: Ho letto in qualche numero di LB che molti diportisti si sono trovati in difficoltà proprio a causa del vento. Non so però che relazione c’è tra la temperatura e la pressione. LB: Quando aumenta la temperatura in una massa d’aria, provoca anche un aumento di volume e di conseguenza diventando più leggera si solleva e lascia un vuoto sotto che viene occupato da altre masse d’aria. Questo movimento incide anche sulla pressione, oltre che determinare i venti che sono chiamati in questo caso alisei e controalisei. Gli alisei spirano in superficie mentre i controalisei spirano in quota. Devi tenere presente che questi venti sono soprattutto più spiccati sugli oceani non essendo influenzati dall’orografia del terreno dove si risente inoltre di una differenza termica tra mare e terra. M: Che significa differenza termica tra terra e mare? LB: La terra e il mare sotto i raggi del sole non si scaldano allo stesso modo. La terra si scalda e si raffredda più velocemente del mare. Nelle ore notturne la terra ha la temperatura bassa che si sposta sul mare determinando la brezza di terra mentre di giorno avviene il contrario. In certi punti della terra, specie sull’Oceano Indiano, si creano dei venti stagionali che sono chiamati monsoni. Ma forse è meglio parlare dei venti caratteristici di casa nostra. M: E cioè? LB: Tu che sei viestano avrai senz’altro sentito parlare dello scirocco, del maestrale e del grecale. M: Si ne ho sentito parlare. LB: Lo scirocco è un vento caldo che spira tra ESE e SSE che si spinge anche in quota originando un’atmosfera torbida e umi- da. E’ un vento di origine africana. Il grecale generalmente è un vento freddo proveniente dai Balcani, NNE ed ENE con annuvolamenti intensi e rovesci. Predomina in Adriatico e Ionio Il maestrale è un vento freddo proveniente da N o NNW che, dopo aver fiancheggiato l’arco alpino occidentale, sfocia nei nostri mari con velocità molto elevate. Altro vento presente sulla nostra Vieste è il libeccio, detto garbino in Adriatico (o a Vieste carabino), che proviene da SW prettamente meridionale. In particolare trasporta sabbia molto fine tanto da offuscare in parte l’atmosfera. E’ un vento molto caldo e secco. Come vedi a seconda delle località i venti prendono nomi diversi e si trasformano climatologicamente a seconda dei luoghi che attraversano. Come ti avevo accennato prima, il vento è uno spostamento di una massa d’aria rispetto alla superficie terrestre. Ma se questo spostamento avviene con una velocità costante il vento è definito teso. Se invece la velocità varia per effetto di rinforzi ma senza che esso cambi direzione si 19 verifica un vento a raffiche. M: Ho sentito parlare di groppi di vento, che significa? LB: I groppi sono come raffiche o rinforzi ma di grandi dimensioni che si accompagnano a masse di aria fredda mentre scendono da rilievi orografici. M: Come si calcola la velocità del vento? LB: In metri al secondo, in chilometri l’ora, in nodi e in miglia orarie. M: Con quali strumenti si misura la velocità del vento? LB: Con l’anemometro (ne esistono di vari tipi) e si registra con l’anemografo. Per oggi direi che pos- siamo chiudere qui il nostro discorso meteorologico. Sono semplici nozioni che ti hanno fatto conoscere i rudimenti di questa materia appassionante. La prossima volta affronteremo l’argo mento “nubi”. Glossario VENTO VENTO TESO GROPPO RAFFICA MAESTRALE LIBECCIO SCIROCCO GRECALE BREZZA ALISEI CONTROALISEI ANEMOMETRO ANEMOGRAFO spostamento di masse d’aria atmosferiche dovuto a differenze di temperatura e di pressione tra un luogo e l’altro. piuttosto sostenuto e forte. raffica di vento violento, improvviso e di breve durata. improvviso e violento colpo di vento, incostante con repentine variazioni d’intensità. vento freddo da NW tipico del Mediterraneo. chiamato GARBINO in Adriatico. Vento caldo da SW tipico del Mediterraneo. vento caldo e umido da SE. vento impetuoso da NE caratteristico del mediterraneo meridionale. di mare e di terra. Venticello fresco il vento che spira il mattino e la sera alternativamente da direzioni opposte. venti costanti che spirano sia a Nord che a Sud del tropico all’Equatore con tendenza a spostarsi a Ovest. venti equatoriali che spirano in direzione contraria agli Alisei ma negli strati più alti dell’atmosfera. strumento che misura la velocità del vento. strumento che registra la direzione e la velocità del vento. Le ricette del pescatore Pescatrice ai ferri Ingredienti per 4 persone: 1 pescatrice di circa 1 kg cipolla 1 prezzemolo qualche foglia alloro 1 foglia timo succo di 1/2 limone olio q. b. sale Preparazione: 1. Privare la pescatrice della testa, delle pinne e della pelle e poi ricavare dei filetti da lavare e asciugare. 2. Mettere il pesce in un piatto fondo, coprirlo con la cipolla affettata finemente, con le foglie di prezzemolo, l'alloro, il timo, il succo di limone, due cucchiaiate di olio e lasciare riposare il tutto a temperatura ambiente per circa 2 ore. 3. Scaldare sul fuoco una piastra per la cottura ai ferri, fare sgocciolare le fettine di pesce e adagiarle sulla piastra voltandole delicatamente a metà cottura. 4. Dopo 8 minuti per parte, aggiungere un po’ di sale e servire ben caldo. 20 Gestione quotidiana concernente il decoro in ambito portuale Nella nota pubblicata nel Logbook 56, abbiamo cercato di porre all’attenzione della nuova Amministrazione Comunale, nonché dei lettori, la non corretta gestione dei servizi nel Molo Sud del Porto di Vieste. Cerchiamo di insistere. I frequentatori abituali dell’ambito portuale pongono all’attenzione di chi è preposto alla gestione, nonché pulizia e manutenzione del decoro che tale ambito portuale non ha un aspetto decoroso, ma versa, invece, in uno stato di abbandono, con accumulo di sporcizia, bottiglie rotte, raccolta dei rifiuti fatta in modo episodico e non quotidianamente, con bei vasi nuovi contenenti erbacce e piante insignificanti, con mancanza di decorosi contenitori per l’immondizia. Non si capisce perché si verifica questo stato di abbandono relativo alla pulizia quotidiana necessaria ad un decoro di una parte del paese frequentato da turisti e viestani e polo di attrazione non indifferente, atteso che le attività commerciali presenti in ambito portuale versano al Comune l’importo della tassa di rifiuti (TARI), come previsto per legge. A quanto pare il Genio Civile Opere Marittime non si fa carico della gestione dei servizi, per cui non si vede alcun servizio svolto, ma è compito del Comune coordinare con questo ed altri enti la gestione del decoro in ambito portuale, in modo che possa esserci un servizio quotidiano ed in tutto il periodo dell’anno. Nel suo articolo in questo numero, Bartolo Baldi mette in evidenza come la costa sanremese, pur inferiore come bellezza naturale alla costa viestana, presenti “decoro, ordine, pulizia e manutenzione dell’arredo urbano” in qualsiasi periodo dell’anno. La Lega Navale Italiana - Il Comune di Vieste - Il Centro d’Arte Club Vieste bandiscono il concorso di poesia inedita italiana “L’ORA DEI POETI … ERA ORA“ REGOLAMENTO I concorrenti possono inviare da uno a tre componimenti non superiori a trenta versi. Di ogni composizione devono essere inviate cinque copie. Queste non dovranno portare alcuna firma. Nel plico contenente le poesie, i concorrenti invieranno in una busta chiusa le proprie generalità, l’indirizzo, il numero di telefono e, se in possesso, l’indirizzo di posta elettronica. Cinque i premi: Premio dell’Amministrazione comunale ad una poesia a tema libero; Premio della critica ad una poesia a tema libero; Premio della Giuria ad una poesia a tema libero; Premio Punto d’Arte Club ad una poesia avente come tema il Gargano; Premio L. N. I. ad un componimento avente come tema il mare. I plichi contenenti il tutto nonché una banconota da venti euro quale contributo spese, dovranno essere inviati ad uno dei seguenti indirizzi: Prof. RAFFAELE PENNELLI Via Santa Margherita 59 - 71019 Vieste (FG) e Maestro SAVERIO SCIANCALEPORE Via Trieste 12 - 71019 Vieste (FG). Il giorno della proclamazione dei vincitori avverrà nel mese di giugno 2017. La data ed il luogo della proclamazione saranno comunicati ai partecipanti via e-mail, telefonicamente o con avviso postale. I plichi dovranno essere inviati entro e non oltre il 28 febbraio 2017. Per ulteriori informazioni telefonare ai seguenti numeri: 334/7341946 oppure al 340/1700219. Se il concorrente lo riterrà opportuno, potrà scegliersi il lettore che darà voce al proprio componimento. I premi dovranno essere ritirati dai concorrenti o da persone da loro stessi delegate. Ad ogni concorrente sarà assegnato un attestato di partecipazione. Il Comitato Organizzatore non fa parte della Giuria; il suo compito è quello di consegnare a quest’ultima i lavori pervenuti in maniera anonima.