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CORSO POMERIDIANO SERALE
MODULI DI
CUCINA PER LE
CLASSI PRIME
MODULO III
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LA PASTA
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IL POMODORO
MODULO I I I
LA PASTA
In Italia la pasta secca, che costituisce i tre quarti dei consumi totali, è ottenuta dalla trafilazione, laminazione
e conseguente essiccamento di impasti preparati esclusivamente con semola o semolato di grano duro (di
cui il 60% nazionale è prodotto in Capitanata) e acqua. La legge ne stabilisce chiaramente le caratteristiche e
le eventuali denominazioni con il Decreto del Presidente della Repubblica n.187 del 9 febbraio 2001.
L'altro quarto dei consumi è rappresentato dalla pasta fresca, per cui, oltre a un più elevato livello di umidità
e di acidità, è previsto anche l'impiego del grano tenero e la sfogliatura dell'impasto in alternativa alla
trafilazione.
Il 27 settembre 2006, alla camera dei deputati è stata presentata una proposta di legge per l'istituzione di un
Festival nazionale itinerante della pasta italiana.
Con 28 kg annui pro capite, l'Italia da sempre si trova al primo posto nella graduatoria mondiale per il
consumo di pasta, a grande distanza dal Venezuela che è secondo consumandone solo la metà. Il 37% dei
consumi italiani avviene al nord (24 kg pro capite), il 23% al centro (28 kg pro capite) e il 40% (34 kg pro
capite) al sud.[18]
L'Italia, con 3.191.505 tonnellate per l'anno 2005[19], detiene anche il primato della produzione mondiale,
seguita dagli Stati Uniti con 2.000.000 di tonnellate e dal Brasile con 1.000.000. Le esportazioni assorbono
circa il 50% della produzione italiana e sono in continua crescita sia per l'aumento della richiesta nei mercati
tradizionali (Germania, Francia, Regno Unito, USA etc.), sia per l'allargamento dei mercati verso l'Est
europeo e l'Oriente (Russia, Polonia, Cina, India etc.).
MODULO III
gazzetta ufficiale
http://gazzette.comune.jesi.an.it/2001/117/2.htm
MODULO III
la pasta secca
Le paste alimentari prodotte industrialmente e destinate al commercio, secondo la legge italiana,
possono essere solo di acqua e sfarinati di grano duro nei tipi e con le caratteristiche riportate nella
tabella sottostante, dove il grado di acidità è espresso dal numero di centimetri cubici di "soluzione
alcalina normale" occorrente per neutralizzare 100 grammi di sostanza secca.
Tipo e denominazione
Umidità
massima %
Ceneri min.
(%)
Ceneri max.
(%)
Proteine min. (%) (azoto x
5,70)
Acidità massima in
gradi
Pasta di semola di grano duro
12,50
-
0,90
10,50
4
Pasta di semolato di grano duro
12,50
0,90
1,35
11,50
5
Pasta di semola integrale di grano
duro
12,50
1,40
1,80
11,50
6
Tutte le paste contenenti ingredienti diversi
sono considerate paste speciali e devono
essere messe in commercio con la dicitura
"pasta di semola di grano duro" completata
dalla menzione dell'ingrediente utilizzato e,
nel caso di più ingredienti, di quello o di
quelli caratterizzanti.
MODULO III
la pasta fresca
La legge italiana consente la preparazione di paste fresche secondo le prescrizioni stabilite per le secche,
eccetto che per l'umidità e l'acidità, che non deve superare il limite di 7 gradi.
Le paste alimentari fresche, poste in vendita allo stato sfuso, devono essere conservate, dalla produzione alla
vendita, a temperatura non superiore a +4 °C, con tolleranza di 3 °C durante il trasporto e di 2 °C negli altri casi;
durante il trasporto dal luogo di produzione al punto di vendita devono essere contenute in imballaggi, non
destinati al consumatore finale, che assicurino un'adeguata protezione dagli agenti esterni e che rechino la
dicitura "paste fresche da vendersi sfuse".
Il consumo del prodotto deve avvenire entro cinque giorni dalla data di produzione.
Le paste alimentari fresche, poste in vendita in imballaggi preconfezionati, devono possedere i seguenti requisiti:
avere un tenore di umidità non inferiore al 24 per cento;
avere un'attività dell'acqua libera (Aw) non inferiore a 0,92 né superiore a 0,97;
essere state sottoposte al trattamento termico equivalente almeno alla pastorizzazione;
essere conservate, dalla produzione alla vendita, a temperatura non superiore a +4 °C, con una tolleranza di 2
°C.
Per facilitare i trasporti e allungare la conservazione è consentita la preparazione di paste fresche stabilizzate,
ossia paste alimentari che abbiano un tenore di umidità non inferiore al 20 per cento, un'attività dell'acqua
libera (Aw) non superiore a 0,92 e che siano state sottoposte a trattamenti termici e a tecnologie di
produzione che consentano il trasporto e la conservazione a temperatura ambiente.
Negli ultimi anni, inoltre, le industrie alimentari hanno proposto la pasta in vari formati cotti, conditi secondo
ricette tradizionali e poi surgelati che, come tali, sottostanno anche alle norme sulla surgelazione. È
proposta, sempre precotta ma non surgelata, anche in confezioni sigillate utilizzabili a breve scadenza.
MODULO III
la pasta all'uovo
Qualora nella preparazione dell'impasto siano utilizzate uova, la pasta speciale deve rispondere a
ulteriori requisiti. La pasta all'uovo deve essere prodotta esclusivamente con semola e uova intere di
gallina, prive di guscio, per un peso complessivo non inferiore a duecento grammi di uovo
(corrispondente a 4 uova) per ogni chilogrammo di semola.
Le uova possono essere sostituite da una corrispondente quantità di ovoprodotto liquido fabbricato
esclusivamente con uova intere di gallina, rispondente ai requisiti prescritti dal
decreto legislativo 4 febbraio 1993, n.65.
Questa pasta deve essere posta in vendita con la sola denominazione pasta all'uovo e deve avere le
seguenti caratteristiche: umidità massima 12,50 %, contenuto in ceneri non superiore a 1,10 su cento
parti di sostanza secca, proteine (azoto x 5,70) in quantità non inferiore a 12,50 su cento parti di
sostanza secca, acidità massima pari a 5 gradi, estratto etereo e contenuto degli steroli non inferiori,
rispettivamente, a 2,80 grammi e 0,145 grammi, riferiti a cento parti di sostanza secca. Il limite
massimo delle ceneri per la pasta all'uovo con più di 4 uova è elevato mediamente, su cento parti di
sostanza secca, di 0,05 per ogni uovo o quantità corrispondente di ovoprodotto in più rispetto al
minimo prescritto.
Nella produzione delle paste, delle paste speciali e della pasta all'uovo è ammesso il reimpiego,
nell'ambito dello stesso stabilimento di produzione, di prodotto o parti di esso provenienti dal processo
produttivo o di confezionamento; è inoltre tollerata la presenza di farine di grano tenero in misura non
superiore al 3 per cento.
La pasta prodotta in altri Paesi (soggetti ad altri regolamenti), in tutto o in parte con sfarinati di grano
tenero e posta in vendita in Italia, deve riportare una delle denominazioni di vendita seguenti:
pasta di farina di grano tenero, se ottenuta totalmente da sfarinati di grano tenero
pasta di semola di grano duro e di farina di grano tenero, se ottenuta dalla miscelazione dei
due prodotti con prevalenza della semola
pasta di farina di grano tenero e di semola di grano duro, se ottenuta dalla miscelazione dei
due prodotti con prevalenza della farina di grano tenero.
MODULO III
formati
MODULO III
formati
MODULO III
formati
MODULO III
formati
MODULO III
formati
MODULO III
formati
MODULO III
il pomodoro
Il pomodoro è originario della cordigliera andina, in particolare di quella fascia territoriale che si estende
dal nord del Cile al sud dell’Ecuador. Fu scoperto nella prima metà del Cinquecento quando i
Conquistadores spagnoli approdarono in America. Gli Aztechi del Messico e gli Incas del Perù sono stati
quindi i più antichi coltivatori del pomodoro!
Nonostante nel Nuovo Mondo il pomodoro facesse parte della dieta quotidiana degli indigeni, l'ortaggio
simbolo della cucina mediterranea venne importato in Europa esclusivamente per usi ornamentali. All'inizio
del 1600, dopo quasi un secolo dalla sua scoperta, il pomodoro non era ancora riconosciuto come un
vegetale commestibile, perché ritenuto velenoso al pari di altre solanacee, come la mandragola e la
belladonna.
Unica eccezione l’Italia dove a metà del Cinquecento, con un secolo d'anticipo rispetto all'Europa
continentale, c’era già chi consumava i pomodori crudi, o fritti in olio e sale, o ancora in minestre e zuppe.
Soltanto alla fine del Settecento la coltivazione a scopo alimentare del pomodoro conobbe un forte
impulso. Mentre in Francia il pomodoro veniva consumato alla corte dei re, nel sud Italia divenne l’alimento
base della popolazione povera e dei lavoratori. Risale agli inizi del Settecento la prima tecnica di
trasformazione in passata di pomodoro e al 1762 la scoperta della conservazione in barattoli di vetro degli
estratti del vegetale fatti precedentemente bollire.
La coltivazione estensiva per uso alimentare è segnalata nelle regioni europee più temperate come
Francia meridionale, Spagna, Italia meridionale e Sicilia, da dove il prodotto partiva per la
commercializzazione nei mercati del Nord.
Dalla metà del Novecento, con il perfezionarsi delle tecniche di trasformazione e l’avvio della coltivazione
di pieno campo, la produzione e l’esportazione italiane sono ai vertici mondiali. La coltivazione del prodotto
destinato al consumo fresco, da mensa, per pelati, concentrati e succhi è diffusa in Campania, EmiliaRomagna, Lazio, Puglia e Sicilia.
MODULO III
il pomo d'oro
Il termine pomodoro si deve al padre della botanica
italiana, Pier Andrea Mattioli (1501–1577) che nel
trattato Medici Senensis Commentarii introdusse la
denominazione mala aurea, in seguito tradotto
letteralmente.
Al pomodoro venivano attribuite proprietà
afrodisiache e, per tale motivo, veniva impiegato in
pozioni e filtri magici dagli alchimisti del
Cinquecento e del Seicento. Così nelle diverse
lingue europee si ritrovano le espressioni: love
apple, Liebesapfel, pomme d'amour (o pomme d'or),
rispettivamente in Inghilterra, Germania e Francia.
Anche in Sicilia il riferimento all’amore era
esplicito:
pumu
d’amuri!
Oggi con l'eccezione dell'italiano, i vecchi termini
sono stati sostituiti da derivazioni dell'originario
tòmatl degli indios aztechi, che indicava
genericamente le piante con frutto globoso, polpa
succosa e numerosi semi.
MODULO III
le varietà
Ikram
Ideale per piatti di lunga cottura (come ad
es. pesce al forno) perché la bacca, ricca
di pectina, esprime il meglio di sé dopo
almeno 15 minuti di cottura. Ideale per le
classiche salse da conservare in bottiglia.
MODULO III
le varietà
Pomodoro mini cocktail Clave
Grazie alla sua consistenza croccante
e al sapore deciso, tendente al
piccante, è ideale a crudo, come
antipasto o per insalate.
MODULO III
le varietà
Pomodoro Tyty
Pomodoro ciliegino a grappolo rosso di
tipologia mini-cocktail (frutto di circa
40-50 g).
Ha un colore rosso fuoco, intenso e,
soprattutto, la caratteristica di
mantenere i sepali verdi e brillanti
anche per 8-10 giorni. Consistenza
croccante, sapore fruttato, ideale a
crudo come antipasto, o per pizze e
insalate. Una curiosità, Tyty è ottimo
come ingrediente di succose
marmellate. Disponibile da agosto a
gennaio, è di provenienza tipicamente
siciliana.
Nel 2007 ha avuto il prestigioso riconoscimento
del Grappolo d’Oro, promosso dall’Ente Fiera
EMAIA di Vittoria (RG).
MODULO III
le varietà
Pomodoro Oskar
Tipico pomodoro perino, raccolto a frutto
singolo verde invaiat (cioè rosato), oppure a
grappolo rosso. Di dimensioni notevoli, fino a
14-15 cm in lunghezza, con una pezzatura di
oltre 150 g.
Oskar è un pomodoro di grande versatilità, ottimo sia a
crudo che a cotto: ideale come insalataro, per piatti
freddi e per salse (il classico pomodoro pelato) oppure
cotto al forno, in graticola, ripieno. Disponibile tutto
l’anno.
MODULO III
le varietà
Pomodoro mini perino Dunne
Tipico pomodoro perino, dal gusto dolce e
la consistenza croccante. Ottimo per
insalate di pomodoro e salse crude con cui
condire le paste fredde.
MODULO III
le varietà
Pomodoro Cuore di bue Arawak
Arawak è ottimo crudo, in insalata, si
lega molto bene con gli oli tipici di zona,
ma anche quando è totalmente maturo
dà vita a salse particolarmente gustose.
MODULO III
le varietà
Pomodoro Camone
Piccolo pomodoro insalataro con classica spalla verde e croccantezza
tipica, è ideale per il consumo a crudo, in insalata o per accompagnare
piatti di carne. Completamente maturo viene utilizzato per la
preparazione di salse dal sapore deciso con cui condire la pasta.
MODULO III
le varietà
Pomodoro Piccadilly
Di consistenza farinosa, Piccadilly è ideale per salse a cottura veloce,
perché la buccia leggera e poco consistente si amalgama con la polpa
e non richiede di essere passata.
MODULO III
altre varietà
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Pomodoro Cuore di bue
Di questo ecotipo esistono numerose selezioni che si differenziano per un apparato fogliare più o meno coprente ma
che presentano tutte un frutto con la tipica forma a cuore e di pezzatura piuttosto voluminosa (da 200 a 300 g, ma con
esemplari di oltre i 500).
La buccia è liscia, piuttosto sottile, la polpa abbondante con pochi semi, di un caratteristico colore rosso-rosato con
tonalità vinoso-violacee. Il frutto ha costolature molto accentuate solo nelle bacche di maggiori dimensioni.
Esteticamente i frutti sono gradevoli anche se nella stessa pianta sono piuttosto disomogenei. In origine era prodotto
solo in pieno campo.
La selezione ligure del Cuore di bue (detta anche Pomodoro di Albenga o Pera ligure) presenta la caratteristica forma
di «borsa per il tabacco» con costolature bene evidenti e la parte alta (colletto) verde. I frutti sono di dimensioni
leggermente inferiori e un po’ più omogenei rispetto alla varietà di origine ma con polpa in ugual modo abbondante.
Data la buona accoglienza da parte dei consumatori, la sua coltivazione si è estesa in coltura protetta anche in Sicilia e
in Sardegna. Del Cuore di bue esistono comunque numerose selezioni locali, alcune con un proprio appellativo
(Piacentino), altre no.
La disformità di dimensioni, la produzione discontinua e una scarsa conservabilità lo rendono maggiormente adatto a
piccole produzioni amatoriali e di qualità.
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Pomodoro giallo di Castelfiorentino
Ecotipo di provenienza meridionale, coltivato prevalentemente in pieno campo e in orti familiari di alcuni areali toscani.
Possiede una bacca molto particolare e ben riconoscibile, sembra un peperone giallo di forma quadrata, vuoto
all’interno, con una piccola massa gelatinosa che racchiude i semi. Proprio per questa caratteristica viene consumato
ripieno.
MODULO III
altre varietà
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Pomodoro di Sorrento
È il pomodoro tipico della penisola sorrentina, caratterizzato da frutti grandi, di 500 g e oltre, con una polpa
gradevolmente pigmentata di rosa, pochissimi semi, scarsa placenta e assenza di fittone centrale. La forma
del frutto è appiattita, l’epidermide liscia o con leggere ondulature. Viene consumato sia prima della
maturazione sia maturo, quando raggiunge una colorazione dell’epidermide rossa intensa fino a violacea.
Pomodoro Belmonte
Ecotipo diffuso in Calabria, apprezzato per il gusto e il profumo della polpa dei suoi frutti che si presentano
plurioculari, con poca placenta e scarso numero di semi.
Le bacche, che possono raggiungere i 700-900 g e una forma globosa con ondulature leggere, vengono
raccolte allo stato insalataro quando il mesocarpo è gia pigmentato di rosso. A maturazione, quando la buccia
assume un colore rosso-violaceo, la consistenza diminuisce mettendo a rischio la conservabilità.
Pomodoro Marmande
Sebbene proveniente dalla regione francese che gli dà il nome, anche il Marmande può essere considerato
un ecotipo locale. Il frutto è di pezzatura medio-grossa, schiacciato, con le tipiche costolature molto evidenti e
una collettatura verde molto marcata. La polpa è spessa, poco acquosa e dolce. Vista la scarsa consistenza e
la limitata resistenza post-raccolta, i frutti vengono raccolti e venduti a inizio invaiatura.
Pomodoro Tondino
In questo gruppo confluiscono numerosi ecotipi di pomodoro da mensa coltivati a pieno campo in Puglia: a
grappolo o a frutto singolo, pigmentati di verde, di giallo o di rosso, da consumarsi subito o da destinare alla
conservazione. Si tratta in genere di piante a sviluppo determinato, come il Pizzetto (frutto a forma allungatoovale, di 50 g, consumato prima della maturazione), il Francesino (allungato-ovale, di 60-70 g, consumato a
completa maturazione rossa), l’Olandese (tondo, liscio, 80-90 g), la Regina di Brindisi (tondo, schiacciato, 4050 g, raccolto a grappoli da conservare per i mesi invernali).
Anche in Campania sono presenti numerosi ecotipi locali, tra cui il pomodorino di Corbara (frutto allungatopiriforme, in grappoli di 5-7, del peso medio di 15-20 g) molto apprezzato dal consumatore per l’equilibrato
rapporto tra acidità e dolcezza. Altra prelibatezza campana è il Vesuviano, un pomodorino caratterizzato da
una leggera strozzatura nella parte peduncolare, consumato fresco o conservato a grappoli intrecciati.
MODULO III
altre varietà
Pomodoro Invernale giallo
Piccola bacca di forma globosa indicata per la conservazione, a maturità è di colore giallo aranciato, con la polpa
rosso-arancio e la buccia spessa. La pianta, a sviluppo indeterminato, è poco esigente d’acqua e dimostra buona
resistenza alle principali malattie fungine. Ma l’iniziale interesse motivato dall’assenza della componente licopenica è
andato calando per la carenza di zuccheri e acidi che conferisce un gusto poco gradito ai consumatori.
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Pomodoro Canestrino
Alla forma tipica di questo pomodoro - a canestro appunto, con solcature e lobature più o meno pronunciate - si
riconducono molti ecotipi locali di Liguria, Marche e Toscana. Ottimo per caratteristiche qualitative ed elevata presenza
di zuccheri, il frutto è però molto sensibile a marciume apicale e spacchi. Da utilizzare, non maturo, in insalata oppure
per la preparazione di salse.
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Pomodoro Costoluto fiorentino
Originario della provincia di Firenze, come indica il nome, si è però diffuso in molte altre regioni, tra cui l’EmiliaRomagna, per le ottime caratteristiche organolettiche. Il frutto, di colore rosso intenso a maturità, è grosso, liscio, di
forma costoluta e appiattita. Tuttora coltivato, grazie alle ottime qualità di sapore è stato per anni il precursore delle
cultivar a duplice vocazione, per il consumo in insalata (verde) e per la trasformazione in salsa (rosso).
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Pomodoro “Borsa del castrato”
Non si tratta di una tipologia ben definita, quanto piuttosto di diverse forme di pomodoro che hanno in
comune lo sviluppo indeterminato e la presenza di striature verdi più o meno intense quando la bacca è
immatura. Simile al Canestrino, presenta però frutti di maggiori dimensioni (200-300g) e una forma a volte
allungata, a volte appiattita, liscia o leggermente costoluta. Si consuma allo stato insalataro, con le tipiche
striature verdi. L’estrema variabilità dipende dalle selezioni operate dai produttori che riproducono in azienda i
frutti che rispondono alle esigenze dei mercati locali
MODULO III
ALIMENTARI UTILIZZATI
FARINA “OO” 2 KG
SEMOLA 2 KG
OLIO OLIVA 1 LT
UOVA 60
POMODORI PERINI 1 KG
POMODORI CIGLIEGINO 1 KG
POMODORI PELATI 2,5 KG
AGLIO 1 TESTA
CIPOLLA 1 KG