Epidemiologia ed inquadramento di una sindrome complessa

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Epidemiologia ed inquadramento di una sindrome complessa
IV Mediterraneo - VIII Sessione
BPCO
(Prof. Fabbri, Prof. Battaglia, Prof. Corrao, Prof. Scichilone)
Epidemiologia ed inquadramento di una sindrome complessa
E’ fondamentale inquadrare la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) come una
componente polmonare della multimorbidità cronica. Secondo i più recenti dati epidemiologici
derivati da ampie popolazioni risulta che il 50% dei pazienti con tumore, un terzo dei pazienti con
malattie cardiovascolari, il 25% con fratture ossee o il 20% con malattie psichiatriche hanno
BPCO, che quindi va ricercata anche in queste categorie di soggetti. Inoltre, gli individui con BPCO
usano 5 volte di più i servizi sanitari per cancro al polmone e 2 volte di più per infezioni del tratto
inferiore del sistema respiratorio o per malattie cardiovascolari.
Durante uno studio sulla patogenesi della BPCO è stato osservato che il fumo comporta un
processo infiammatorio atipico, con risposta dei CD8+, amplificato e modificato, che si
automantiene anche dopo l’insorgenza, e comporta le alterazioni strutturali responsabili
dell’ostruzione tipica della BPCO (PJ Barnes, 2000; Fabbri et al, 2002; Cosio et al., 2012).
Tuttavia, la BPCO del fumatore è da considerare più un epifenomeno della malattia
cardiovascolare, un marcatore più che un causa diretta di decesso per eventi cardiovascolari e,
forse, anche l’enfisema. Con l’attuale approccio basato sull’imaging si è visto che i parametri di
maggior riscontro sono di tipo cardiovascolare, o patologie sistemiche più che polmonari. Quindi è
la multimorbidità cronica, più che la comorbidità, il problema medico attuale più frequente in
quanto legato all’avanzare dell’età media, soprattutto in presenza di malattie cardiovascolari;
infatti, per ogni 10% di riduzione di funzione respiratoria si ha un aumento del 30% della mortalità
cardiovascolare; il 20-25% dei pazienti con BPCO ha scompenso cardiaco.
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Il problema è il riconoscimento delle patologie concomitanti e l’attuale sottodiagnosi. In uno studio
olandese pilota realizzato su 400 pazienti ambulatoriali con diagnosi clinica di BPCO (esclusi i
pazienti con scompenso cardiaco diagnosticato) è stato trovato che il 20% aveva scompenso
cardiaco, senza diagnosi e trattamento (Rutten et al, 2005).
La cardiomiopatia ischemica rappresenta un’altra condizione importante da correlare alla BPCO.
In pazienti con cardiomiopatia conclamata, durante l’outcome di lungo termine, dopo STEMI e aver
ricevuto PCI, è stata riscontrata una concomitanza di ostruzione nel 30% dei casi, restrizione nel
10% dei casi e i pazienti erano ad alto rischio di decesso (Campo et al., 2013).
Un altro problema è la fibrillazione atriale. In uno studio di popolazione con follow up di lungo
termine, la ridotta FEV1 e malattia polmonare ostruttiva era associata con una maggior incidenza
di fibrillazione atriale (Li et al., 2014).
Anche l’impatto del diabete e l’aumento di rischio di stroke è oggetto di studio, così come l’impiego
dei nuovi anticoagulanti.
L’impiego di beta-bloccanti (o broncodilatatori) nel paziente con BPCO è da verificare quando si ha
evidenza di malattia con scompenso cardiaco, quindi è fondamentale fare la diagnosi differenziale
(Ekström et al., 2013). Anche nei pazienti in ossigeno-terapia i beta-bloccanti possono comportare
un rischio.
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In caso d’infarto si ha un infiltrato linfocitario nel cuore come componente sistemica con tutte le
relative complicanze.
E’ inoltre importante monitorare la funzione respiratoria anche nei pazienti con insufficienza renale
o epatopatia cronica e, in genere, nei pazienti con patologie croniche, tenendo presente che il
paziente critico in ventilazione ha implicazioni sistemiche ancor più complesse delle condizioni
cliniche precedentemente esaminate.
Assessment funzionale del paziente anziano con BPCO
Secondo le linee guida GOLD la spirometria è indicata in genere per valutare la presenza di un
flusso aereo ridotto in soggetti con fattori di rischio (congeniti e acquisiti), e/o dispnea cronica, e/o
progressiva intolleranza all’esercizio, e/o con tosse cronica ed espettorato (Progetto LIBRA, 2010).
Si raccomanda un maggior impiego della spirometria nella popolazione generale per identificare gli
individui a rischio, dato che risulta sottoutilizzata nel mondo, e per raggiungere una diagnosi
precisa in molti pazienti. D’altra parte la spirometria possiede controindicazioni assolute in caso di
(Miller, 2005; Breathe 2012):
• MA recente (< 1 mese)
• emottisi di origine ignota
• instabilità emodinamica o recente embolia polmonare
• aneurismi cerebrali, addominali, toracici
• recente chirurgia agli occhi
Inoltre, ci sono controindicazioni relative in cui ci può essere un test sub-ottimale quando è
presente:
• dolore toracico o addominale
• dolore al volto/cavo orale (uso boccaglio)
• incontinenza urinaria da stress
• demenza/obnubilamento sensorio
I pazienti anziani sono in grado di fare spirometria in più dell’80% dei casi con dati riproducibili
(Bellia et al., 2000), pertanto è un esame possibile anche in questa categorie di pazienti.
Le ultime linee guida GOLD indicano l’assenza di efficacia della spirometria di screening in
pazienti asintomatici, ma raccomandano la ricerca attiva di casi, basandosi sulla valutazione del
rischio mediante le carte del rischio dell’ISS.
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La spirometria con broncodilatatore può essere indicata soprattutto in caso di prima diagnosi
tenendo conto del fatto che la classificazione GOLD è basata su spirometria post-broncodilatatore,
quindi il broncodilatatore serve per il corretto inquadramento e/o riclassificazione del paziente.
In caso di dispnea con ostruzioni fisse e variabili delle vie aeree alte e centrali extra-toraciche e
intra-toraciche la spirometria può essere utile per studiare la morfologia della curva flusso-volume.
La spirometria globale è un’indicazione per situazioni cliniche in cui si ha:
1. chiara presenza di ostruzione
2. pseudorestrizione
3. restrizione per valutare la prognosi
La saturimetria è utile per valutare la variabilità dell’insufficienza respiratoria con l’età, oppure per
essere integrata nella registrazione notturna in pazienti con BPCO con o senza OSAS, o in caso di
ossigenoterapia per valutare l’ipossiemia notturna (SaO2 <90% per più del 30% del tempo di
sonno).
L’importanza delle comorbidità
Il concetto di complessità clinica dipende da quello di comorbidità, ossia la presenza di una
patologia “indice”, ma spesso si deve parlare di “multimorbidità” in cui le relazioni tra le morbilità
non consentono d’individuare la patologia-indice e anche la relativa severità. In questo ultimo caso
non è facile applicare le evidenze cliniche e quindi occorre pensare a un approccio "tailored".
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Nei pazienti ambulatoriali la complessità è relativamente inferiore, ma in uno studio spagnolo è
emerso che l’89% dei pazienti di sesso maschile o il 93% dei pazienti di sesso femminile con
BPCO ha una comorbidità, in particolare, di tipo cardiovascolare.
I tre fenotipi fondamentali individuati (enfisematoso, bronchite cronica, asma-BPCO) sembrano
essere associati a 3 diversi cluster di comorbidità (Izquierdo-Alonso et al., 2014).
Alcuni dati in anteprima dello studio REPOSI, di cui sono disponibili i dati del follow up del 2012,
evidenziano un quadro di comorbidità più complessa dei dati precedenti. I pazienti con BPCO
hanno caratteristiche demografiche simili a quelle che si riscontrano in letteratura (maggioranza
maschi e fumatori, e a contatto con ambienti insalubri), hanno una disabilità maggiore dei pazienti
senza BPCO, hanno indici di politerapie, di comorbidità e di severità nettamente superiore ai
pazienti senza diagnosi clinica di BPCO. Tra le patologie maggiori i pazienti con BPCO hanno, nel
30% dei casi, una comorbidità di tipo cardiovascolare: ipertensione con prevalenza elevata
(pazienti con età >65 anni), malattie vascolari periferiche, diabete, scompenso cardiaco e solo al
6° posto in ordine di prevalenza la patologia tumorale. Inoltre, i pazienti con BPCO hanno una
maggior tendenza alla riospedalizzazione a 3 mesi. Il rischio di riospedalizzazione sembra essere
influenzato dall’obesità centrale come fattore di rischio (presente nel 48% dei pazienti con BPCO
nelle diverse casistiche). Dal registro REPOSI risulta inoltre una inadeguatezza prescrittiva nei
reparti di Medicina Interna e una scarsa aderenza dei pazienti alle terapie prescritte.
La personalizzazione della terapia in base all’EBM proveniente dai trial è fondamentale ma è
altrettanto fondamentale avere una EBM pratica che attinga alle linee guida e all’oucome research,
e maggiori audit clinici.
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La clinica della BPCO e il razionale di una nuova opzione terapeutica
I pazienti con BPCO possono avere diverse “storie naturali” della malattia in termini di
manifestazioni cliniche e riacutizzazioni, con diversi declini funzionali. La riacutizzazione è un
evento critico per il declino funzionale e si possono classificare i pazienti come “frequenti
riacutizzatori” tanto che il parametro è stato inserito anche nelle linee guida GOLD.
Anche i sintomi dell’asma e BPCO sono difficili da distinguere soprattutto all’aumentare dell’età,
come l’iperreattività bronchiale e l’importanza d’indagare i sintomi di dispnea è sottolineata dalle
raccomandazioni internazionali che tengono conto anche della variabilità circadiana (Partridge et
al., 2009) e i disturbi del sonno (Billia et al, 2003).
La valutazione delle comorbidità e, in particolare, le malattie cardiovascolari, è aumentata
significativamente nei pazienti con BPCO ed è stata inserita nelle linee guida GOLD.
Gl obal St r at egy f or Di agnosi s, M anagem ent
and Pr event i on of COPD
Combined Assessment of
COPD
Q uic kTim e™ e un
decom pr essor e
sono n ecessar i per vis ualiz zar e q uest 'im m agin e.
When assessing risk, choose the highest risk
according to GOLD grade or exacerbation history
Patient
Characteristic
Spirometric
Classification
Exacerbations
per year
mMRC
CAT
A
Low Risk
Less Symptoms
GOLD 1-2
² 1
0-1
< 10
B
Low Risk
More Symptoms
GOLD 1-2
² 1
>2
³ 10
C
High Risk
Less Symptoms
GOLD 3-4
>2
0-1
< 10
D
High Risk
More Symptoms
GOLD 3-4
>2
>2
³ 10
Per quanto riguarda la terapia farmacologica, le somministrazioni sistemiche o inalatorie hanno
pari dignità; in particolare, la via inalatoria è la strada da seguire perché ha meno effetti sistemici,
raggiungendo una maggior concentrazione di farmaco sull’organo bersaglio. Come per l’asma, gli
obiettivi del trattamento della BPCO stabile sono: ridurre i sintomi, migliorare la tolleranza allo
sforzo e la qualità della vita (QoL), e ridurre il rischio, ossia prevenire l’evoluzione della malattia,
prevenire e trattare le riacutizzazioni e ridurre la mortalità (GOLD 2014).
I bersagli del trattamento (mostrati in Figura) possono essere molteplici: l’ostruzione bronchiale, la
riacutizzazione e i circoli viziosi da spezzare.
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Nel trattamento di base, oltre ai broncodilatatori beta-adrenergici o muscarinici (LABA o LAMA), si
stanno oggi aggiungendo all’armamentario terapeutico categorie di farmaci come indacaterolo
(approvato come ultra long acting), glicopirronio e aclidinio come anticolinergici.
Anche per gli antimuscarinici il progresso teconologico mira a una maggior selettività recettoriale,
puntando al miglioramento della QoL. In particolare, l’antimuscarinico aclidinio ha mostrato una
maggior selettività per i recettori M3, con rapida idrolizzazione plasmatica, comportando una
maggior sicurezza che è stata dimostrata in una serie di studi di fase IIa e III.
Studi sull’Aclidinio Bromuro
Studi di Fase III
ACCORD COPD I1 (LAS 33)
Š Uno studio di Fase III della durata di 12 settimane, per valutare l
Bromuro 200 µg e 400 µg BID vs placebo (n=561)
Õ
efficacia e la sicurezza dell Õ
Aclidinio
ACCORD COPD II2 (LAS 38)
Š Uno studio di Fase III della durata di 12 settimane, per valutare l
Õ
efficacia e la sicurezza dell Õ
Aclidinio
Bromuro 200 µg e 400 µg BID vs placebo seguito da un
Õ
estensione di 9 mesi per valutare la sicurezza
dellÕ
Aclidinio Bromuro 400 µg (n=544)
ATTAIN 3 (LAS 34)
Š Uno studio di Fase III della durata di 24 settimane, per valutare l
Bromuro 200 µg e 400 µg BID vs placebo (n=828)
Õ
efficacia e la sicurezza dell Õ
Aclidinio
LAS 39 4
Š Uno studio di Fase IIIb della durata di 6 settimane, per valutare l
Õ
efficacia e la sicurezza dell Õ
Aclidinio
Bromuro 400 µg BID in confronto al Tiotropio bromuro 22,5 µg QD (n=414)
Studi di Fase IIa
LAS 23 5
Š Uno studio di Fase IIa della durata di 2 settimane per valutare l
Õ
efficacia e la sicurezza dell Õ
Aclinidio
Bromuro 400 µg BID in confronto al Tiotropio bromuro 22,5 µg QD (n=30)
3Jones
1Kerwin EM et al, COPD 2012 2Almirall, dati in archivio
PW et al, Eur Respir J 20124Beier J et al, COPD 2012 5Fuhr R et al. Chest 2012
La persistenza della broncodilatazione fornita da aclidinio comporta un miglioramento dell’efficacia
nelle 24 ore (Fuhr et al., 2012), con miglioramento dei sintomi notturni (Kerwin et al., 2013), delle
limitazioni delle attività (Baler et al., 2013), ossia della QoL E’ stato inoltre dimostrato un ritardo
della comparsa di riacutizzazione con 24 settimane di trattamento (Jones et al., 2012).
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