Richard Wagner (Lipsia, 1813 ‒Venezia 1883)

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Richard Wagner (Lipsia, 1813 ‒Venezia 1883)
 Richard Wagner (Lipsia, 1813 ‒Venezia 1883) Infanzia e giovinezza
Wagner nacque a Lipsia nel 1813. Attratto dalla composizione musicale dopo aver assistito al Fidelio (un’opera di Beethoven), nel 1833, a soli 20 anni, cominciò a comporre i suoi primi drammi musicali e divenne anche direttore musicale del teatro di Magdeburgo. Qui conobbe la cantante Minna Planer, con cui convolò a nozze nel 1836 dando vita ad un matrimonio infelice e contrastato: come dichiarò in Mein Leben (La mia vita), Wagner non nutrì mai un vero sentimento amoroso per Minna che sposò solo perché in lei trovava affetto e, soprattutto, senso pratico in grado di arginare i suoi eccessivi voli di fantasia: differenze di carattere che, però, avrebbero portato alla rottura del loro matrimonio. Nel 1837 divenne direttore musicale a Königsberg, ma tale ‘carriera’ durò poco; poco dopo, infatti, il teatro chiuse debiti. Wagner, comunque, riuscì ad ottenere un posto di direttore a Riga dove iniziò a comporre il Rienzi. Nel 1838, però, perse anche questo posto e per sfuggire ai creditori dovette fuggire in modo rocambolesco varcando di nascosto il confine fra Russia e Prussia per imbarcarsi con Minna su un piccolo veliero diretto a Londra; un viaggio burrascoso che gli diede lʹidea per Lʹolandese volante, il primo capolavoro autenticamente wagneriano. Dal ʹ39 al ʹ42 visse in assoluta povertà a Parigi costretto, per sopravvivere, a scrivere trascrizioni di brani per banda. Nella capitale francese, comunque, ultimò il Rienzi, proseguì nella stesura dell’Olandese volante ed entrò in contatto con la filosofia dellʹateismo di Ludwig Feuerbach e le teorie socialiste di Pierre‐Joseph Proudhon che influenzarono la sua visione del mondo e si riverberarono sulle prime versioni della Tetralogia (L'Anello
del Nibelungo). Nel frattempo, con il Rienzi riscosse un grande successo che gli permise di ottenere il posto di direttore dʹorchestra dellʹOpera di Dresda, avvenimento fortunato anche per Minna che qui diede inizio ad una brillante carriera. Fiducioso che questa posizione avrebbe favorito il rapporto del pubblico nei confronti della sua nuova arte, Wagner si aspettava un altro trionfo con L’Olandese volante, rappresentato, per l’appunto a Dresda il 2 gennaio 1843. Ma quest’opera conteneva già i germi della rivoluzione wagneriana e lo strano impianto del dramma, che aboliva i pezzi a forma chiusa, disorientò il pubblico del teatro. Un esito ancor più tiepido riscosse la prima del Tannhäuser (Dresda 1845), scritto in uno stato di eccitazione febbrile. Wagner iniziò a sentirsi prigioniero di un mondo conformista e questo stato d’animo lo portò a creare il Lohengrin, personaggio in cui Wagner dipinse se stesso nel vano desiderio di essere accettato, in un momento di debolezza della sua vita di uomo e di artista. Nacquero intanto le sue grandi amicizie: il pianista‐compositore Franz Liszt e il direttore d’orchestra Hans von Bülow. La rivoluzione del 1849
I sei anni che separarono la composizione del Lohengrin (terminato nel ’47) e l’inizio dell’Oro del Reno (la prima opera della Tetralogia) coincisero con un periodo di inattività segnato dalla stesura di numerosi libri teorici, in cui Wagner spiegò la sua nuova concezione artistica e politica del mondo: Opera e dramma, Opera d’arte dell’avvenire, L’arte e la
rivoluzione In questi scritti l’opera era vista come una sorta di sublimazione di un mondo affrancato dall’ipocrisia e dal potere del ricco sul povero; una teoria affine allo spirito della rivoluzione che in quel periodo ardeva un po’ in tutta Europa. E proprio la rivoluzione del 1849 vide Wagner impegnato a erigere barricate al fianco di Bakunin. Ovviamente perse il posto di direttore a Dresda con grande disappunto di Minna e dovette fuggire dalla Sassonia e riparare dapprima a Weimar sotto la protezione di Franz Liszt e, in seguito, a Zurigo e a Parigi. Minna, che nel frattempo si era temporaneamente separata dal marito, gli scrisse che sarebbe tornata da lui solo quando sarebbe stato in grado di mantenerla con un lavoro sicuro, sebbene continuassero a vedersi e a scriversi di frequente. Ebbene sì! Il rapporto con la moglie si stava sempre più deteriorando! Nel 1850, poi, giunse la notizia che Liszt aveva riscosso grande successo dirigendo la prima assoluta del Lohengrin a Weimar. Ciò rinfocolò la fiducia di Wagner che si stabilì a Zurigo (dove Minna lo raggiunse) e iniziò a dedicarsi alla composizione della Tetralogia. 1850-1859: Tristano e Isotta, Matilde Wesendonck, Venezia
A Zurigo incominciò una vita relativamente stabile per Wagner: per quanto osteggiato, infatti, il suo genio sembrava ormai indiscutibile. Grazie a Liszt, il Tannhäuser venne rappresentato in molti teatri tedeschi, mentre lʹOlandese venne diretto a Zurigo dall’autore stesso. Nel 1852, dopo un viaggio in Italia, Wagner terminò il testo dell’Anello del Nibelungo (ossi la Tetralogia) E proprio in Italia trovò ispirazione per il preludio musicale dell’Oro del Reno ‐ prologo della Tetralogia – che fu partorito a La Spezia. L’evento che segnò una svolta nella sua vita fu l’incontro con la filosofia di Schopenhauer, che modificò i passati ideali della rivoluzione. In questi stessi anni, comunque, entrò in scena un’altra persona fondamentale per la vita del compositore: Matilde Wesendonck, moglie di Otto Wesendonck, un industriale svizzero conosciuto durante un concerto. Entro il ’56 Wagner aveva terminato l’Oro
del Reno
e Walkyria e, quindi, si era messo al lavoro sul Sigfrido. S’interruppe però a metà del secondo atto distratto proprio dalla passione per questa donna che l’aveva totalmente rapito. Otto Wesendonck tra l’altro, aveva inconsapevolmente agevolato la relazione tra Richard e Matilde affittando all’amico un’ala della sua villa di Zurigo dove Wagner si era stabilito con Minna, i cani e i pappagalli. La passione tra i due divenne travolgente ed ispirò la composizione del Tristano. A Matilde si devono inoltre le cinque poesie dei Wesendonck-lieder, che Wagner musicò nell’intimità della loro relazione, rarissimi saggi del Maestro al di fuori dell’ambito teatrale. A questo punto inevitabilmente esplose lo scandalo e Wagner si separò da Minna, lasciò Zurigo e riparò a Venezia dove visse per sette mesi in assoluta solitudine, portando avanti la stesura del Tristano. Vi rimase fino al marzo del ’59 allorché raggiunse prima Milano e poi Lucerna, dove terminò Tristano. A corto di denaro, vendette a Otto Wesendonck per la favolosa somma di 24.000 franchi l’acquisto dei diritti dell’Anello del Nibelungo: Wagner voleva utilizzare questi soldi per tentare la sua ennesima illusione: la conquista dell’Opéra di Parigi. 1861: il Tannhäuser a Parigi
Per la seconda volta, Wagner tentò la fortuna nella capitale francese, città indispensabile per aggiudicarsi la vittoria sul mondo. Nel 1860, senza troppa fortuna, vi aveva già portato l’Olandese volante, mentre l’anno seguente rappresentò il Tannhäuser. Le sue innovazioni drammaturgico‐musicali furono mal accolte da pubblico e critica francese che vi lessero un sovvertimento delle tradizionali regole del teatro musicale. Urla, fischi e risate condannarono l’esecuzione di un capolavoro che Wagner ritirò dopo la terza recita. Questo tumulto, però, lo rese molto celebre: mentre Charles
Baudelaire gli manifestava tutta la propria ammirazione, la critica giornalistica non parlava d’altro. 1861-1864: Mosca, Vienna, Venezia
Il futuro di Wagner era comunque incerto. Per questo intervenne l’amico von Bülow, che gli organizzò una rappresentazione del Tristano, a Vienna. Wagner partì, quindi, per l’Austria, e durante il viaggio abbozzò l’ouverture dei Maestri Cantori di Norimberga di cui aveva già scritto il testo. Ma a Vienna incontrò nuovi problemi. Il Tristano era ritenuta indecifrabile, difficile, astrusa, e le prove vennero ben presto sospese. Accortamente, quindi, accettò una sorta di tournée concertistica a Mosca e San Pietroburgo ai primi del’63. Col denaro guadagnato poté stabilirsi nuovamente a Vienna dove, nel frattempo, il clima nei suoi confronti era cambiato. Ma — l’abbiamo intuito! — Wagner non brillava per spirito imprenditoriale e ben presto sperperò nuovamente i propri risparmi: iniziava uno dei periodi più neri della sua esistenza. Stanco e inaridito di fronte ai pezzi d’opera non conclusi e nuovamente indebitato fino al collo per l’ennesima volta scelse la fuga per evitare l’arresto per debiti. E siamo, ormai, ai primi mesi del 1864: Ludwig II era appena salito sul trono di Baviera e con il nuovo sovrano le sorti del compositore si ribaltarono. Sotto la protezione del sovrano, ebbe finalmente luogo la rappresentazione del Tristano (1865) e de I maestri cantori di Norimberga (1868). Trasferitosi sul Lago di Lucerna, finalmente terminò la Tetralogia e conobbe il filosofo Nietzsche. Nel 1870 sposò Cosima Liszt (figlia del compositore) strappandola al matrimonio con Hans von Bülow, che da quel momento ruppe lʹamicizia col compositore. Da lei ebbe tre figli: Isolde, Eva (che sposò un filosofo precursore del Nazismo, Houston Stewart Chamberlain), e Siegfried. Ludwig continuò a finanziare lo stile di vita dispendioso del compositore e supportò la realizzazione del Festival di Bayreuth, inaugurato con la prima rappresentazione de LʹAnello del Nibelungo nel 1876. Wagner si stabilì definitivamente a Bayreuth, godendo solo in tarda età del successo e della fama dalla sua nuova arte. Per problemi di salute soggiornò a lungo nel sud‐Italia, a Palermo tra il novembre 1881 e il marzo 1882, e lungo la costa amalfitana, dove nel giardino di villa Rufolo, a Ravello, ebbe lʹispirazione per il Parsifal, il suo ultimo capolavoro che portò alla rottura dei rapporti di Wagner con Nietzsche. Questi, infatti, attaccò quella che secondo lui era la decadenza della musica wagneriana; per Nietzsche, infatti, Wagner da superomistico era diventato eccessivamente misticheggiante. Nel 1882 la famiglia Wagner si trasferì a Venezia dove, il 13 febbraio 1883 Richard morì in seguito ad un attacco cardiaco. Dopo i funerali, il corpo fu portato da Palazzo Vendramin a Bayreuth nel giardino della sua villa. La scena dei funerali veneziani di Wagner è descritta nel romanzo Il fuoco di Gabriele DʹAnnunzio, in cui lo scrittore abruzzese descrive se stesso come uno dei portatori della bara del musicista (LEGGI IL PASSO). In realtà questo ruolo non fu ricoperto dal giovane ventenne DʹAnnunzio che, in quei giorni, non si trovava neanche a Venezia. Una cosa è, però, certa: Richard Wagner
era definitivamente
entrato nel mito!