Tintin in Italia
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Tintin in Italia
C 18 aterina de’ Medici, Monica Bellucci, Carla Bruni… In Francia hanno successo le donne italiane, non certo i fumetti (a meno che non siano stati “adottati” dai cugini d’Oltralpe, come il Corto Maltese di Hugo Pratt). Serie amatissime da noi come Tex, Dylan Dog e Martin Mystère hanno in Francia un pubblico elitario, principalmente a causa del formato (niente colore e tante pagine di piccole dimensioni, per i loro standard). Succede lo stesso da noi per i fumetti francesi: in Italia il cartonato è sempre stato visto come troppo costoso e con troppo poche pagine. Solo Asterix è popolarissimo: forse perché il genio di René Goscinny e Albert Uderzo è troppo evidente, forse perché si tratta solo all’apparenza di un fumetto nazionalistico (con i galli-francesi che umiliano i conquistatori romani) e magari anche a causa dell’anti romanità di molti italiani (Uderzo, di origine veneta, ha detto: “I miei romani non sono quelli dell’antichità, sono i romani di oggi: infatti ho un amico di Roma con cui non parlo mai di fumetti”). Tintin, creato dal belga (ma, come molti belgi, di cultura francofona) Georges Remi detto Hergé non fa eccezione: popolarissimo in buona parte d’Europa è appannaggio di una minoranza nel nostro Paese. Però qualcosa sta per cambiare: l’imminente film in motion capture Le avventure di Tintin. Il segreto dell’Unicorno, diretto da Steven Spielberg e prodotto, tra gli altri, da Peter Jackson (che probabilmente dirigerà il sequel) ha spinto Rizzoli-Lizard a pubblicare tutte le ventiquattro avventure del giovane giornalista belga dal ciuffo rosso in otto eleganti libri cartonati. Negli ultimi anni, tra l’altro, in Italia si è iniziato a pubblicare i fumetti franco-belgi raccogliendo in volume tre o quattro cartonati originali, venendo così incontro al gusto del lettore nostrano che preferisce libri corposi e non troppo cari. Un simile formato, Tintin in Italia di Stefano Priarone In alto, i principali personaggi che appaiono nella serie; sopra, Hergé al suo tavolo da lavoro e, a lato, il suo tratto in “Tintin nel Paese dei Soviet” pur se ridotto, non sacrifica troppo le tavole di Hergé. La prima e l’ultima Le traduzioni, realizzate apposta per questa edizione, sono di Giovanni Zucca, mentre la supervisione è di Philippe Daverio con la collaborazione di Gianfranco Goria. Speriamo che questa nuova edizione possa avvicinare gli italiani a un classico del fumetto mondiale: peccato solo (ma la perfezione, si sa, non è di questo mondo) che ci siano i titoli originali ma non le copertine (neppure in piccolo), e che non sia riportata la prima edizione della storia (c’è la data del copyright, ma non è la stessa cosa). Latitano anche i testi critici, a parte l’interessante intro- duzione di Daverio al primo volume. E dire che molte storie avrebbero bisogno di essere inquadrate nel periodo storico in cui sono uscite: la seconda, per esempio, “Tintin in Congo”, pur se qui pubblicata nella successiva versione ridisegnata, agli occhi di un lettore moderno trasuda un certo paternalismo e può risultare un po’ razzista (anche se, come accenna Daverio nell’introduzione, i nativi vengono ritratti “con un senso bonario che allora mancava totalmente alle raffigurazioni italiane”). Importante, comunque, il re- l’ha mai ridisegnata, ed è uscita, dopo decenni, in volume nei Paesi francofoni solo nel 1973. In Italia fu pubblicata unicamente da Comic Art nel 1989, in un’edizione ormai difficile da trovare. L’ultima storia, rimasta incompiuta (l’assistente di Hergé, Bob de Moor, provò a completarla, ma Fanny Remi, la moglie, dopo un primo benestare, si oppose all’idea), “Tintin e l’Alph- Art”, era invece ancora del tutto inedita nel nostro Paese ed è stata inserita nell’ottavo volume. In “Tintin nel Paese dei Soviet” il tratto di Hergé è davvero molto immaturo e caricaturale, risentendo pesantemente dell’influenza dell’americano George McManus e del suo Bringing Up Father (Arcibaldo e Petronilla). E in effetti, anche se si parla di una storia lunga, la struttura delle gag è più simile a quella di una striscia. Si sente poi la natura propagandistica della narrazione, nella quale Tintin e il fido cagnolino Milou vanno nella Russia post rivoluzione di Lenin e Stalin (che prende il potere proprio mentre la storia viene serializzata). Propaganda peraltro non certo infondata: già allora era evidente, a chi aveva occhi per vedere, che il sogno di uno stato per i lavoratori si era mutato in oppressione (e pazienza se il committente della storia, il sacerdote Norbert Wallez, era di simpatie mussoliniane e quindi non un sincero democratico lui stesso). Peraltro è davvero un peccato che Hergé non abbia ridisegnato e riscritto l’episodio: avremmo avuto una versione molto migliore di questa divertente storia sul comunismo sovietico. Grande avventura all’europea cupero della prima avventura in assoluto “Tintin nel Paese dei Soviet”: serializzata sulla rivista cattolica Le Petit Vingtième fra il 10 gennaio 1929 e l’11 maggio 1930, è stata poi quasi rinnegata dall’autore (la considerava un “errore di gioventù”) che non Come evidenzia Daverio, quella di Tintin è grande avventura di matrice europea: il giovane reporter belga va in Congo, in Egitto, in Sudamerica, persino sulla luna con quindici anni di anticipo sulla realtà. Intanto, in Italia passavamo dall’avventura esotica di Emilio Salgari a quella (a fumetti e non) di matrice americana, ignorando Tintin che del resto, non a caso, non è mai venuto nel nostro Paese (anche se tra i personaggi di contorno compare la soprano milanese Bianca Castafiore). personaggi personaggi Il classico di Hergé in una nuova edizione completa Sopra, Tintin e Milou in un’immagine iconica; a lato, un fotogramma dal film di Spielberg; sotto, il razzo che porterà Tintin sulla luna, quindici anni prima di Neil Armstrong in genere di vari sceneggiatori e disegnatori che si alternano nel corso del tempo), i personaggi seriali da romanzo, come il Maigret di Simenon o l’Hercule Poirot, altro eroe belga, di Agatha Christie. Fra il 1920 e il 1975 (rispettivamente anno d’uscita di Poirot a Styles Court e di Sipario. L’ultima avventura di Poirot) il mondo subisce profondi mutamenti, mentre il detective simenoniano cambia più lentamente. Conosce il capitano Hastings, che poi parte per l’Argentina, assume una segretaria (Miss Lemon) e un maggiordomo (George), ma rimane sempre se stesso. Allo stesso modo, Tintin conosce il Capitano Haddock (a partire dalla nona avventura, “Il Granchio d’oro”) e in seguito si stabilisce con lui nel castello di Moulinsart. Resta sempre un ragazzo, in apparenza, ma in cinquantatré anni (fra il 1930 e il 1983) intorno a lui il mondo cambia moltissimo. E sia Poirot che Tintin vivono in un mondo di soli uomini, di amicizie virili, tanto che alcuni commentatori attuali hanno ipotizzato la loro omosessualità. Tintin in altri media Non sono comunque mai mancati gli estimatori del personaggio. Come Tiziano Sclavi, creatore di Dylan Dog e fra i massimi sceneggiatori italiani, che nel romanzo Le etichette delle camicie parla dei “Gioielli della Castafiore” (uno dei pochi fumetti citati nel romanzo, autobiografico come il suo sequel Non è successo niente) come di un “testo obbligatorio” per ogni lettore (non solo a fumetti) che si rispetti: in quell’avventura di Tintin, ricca di giochi verbali, si riconosce una delle influenze dell’autore pavese. E in effetti la storia è un autentico capolavoro: nel castello di Moulinsart, dove Tintin risiede con lo straordinario Capitano Haddock (vecchio lupo di mare in pensione, nonché principale comprimario della serie) e il professor Trifone Girasole, tanto geniale (è lui l’artefice della spedizione sulla luna) quanto sordo, si autoinvita la famosa soprano Bianca Castafiore. La vicenda si snoda fra equivoci (la stampa pensa che Haddock stia per sposare la soprano) e furti di gioielli che sono in realtà solo smarriti (e di cui vengono incolpati gli zingari, visti con grande simpatia dal presunto “reazionario” Hergé). Non succede niente, ma è un “niente” di gran classe. Un po’ come accade con l’ultimo Topolino di Bill Walsh e Floyd Gottfredson, qui Tintin sembra “casalingo”, come se fosse consapevole che, in un mondo sempre più piccolo (l’episodio è dei primi Sessanta), la grande avventura di stampo classico è destinata a sparire. Tintin e Poirot, belgi illustri La saga di Tintin, con i personaggi che non invecchiano mentre il mondo attorno a loro cambia, essendo realizzata da un unico autore ricorda, più che le epopee a fumetti seriali (opera Asterix è arrivato prima: ma i vari film live action del gallo, pur se interpretati da vere star come Gerard Depardieu, Roberto Benigni e Monica Bellucci, hanno spesso deluso i fan: magari sono abbastanza fedeli al testo originale, ma sono comunque lontani dalla raffinatezza dello stile di Goscinny e Uderzo. Ci sono però grandi aspettative per il film, diretto da Steven Spielberg e prodotto da Peter Jackson, Le avventure di Tintin. Il segreto dell’Unicorno, nel quale Tintin e i suoi amici vanno alla ricerca di un tesoro nascosto in una nave sommersa comandata da un antenato del Capitano Haddock. A dare voce (nella versione originale) e movimenti (grazie alla motion capture) ai diversi personaggi animati saranno Jamie Bell (Tintin), Daniel Craig, Simon Pegg e Andy Serkis. Nel corso del tempo al reporter di Hergé sono state dedicate anche due serie animate: la prima è uscita tra il 1959 e il 1963 e non è molto amata dai fan della serie (era trasmessa in Italia all’interno del celebre SuperGulp). L’altra è stata prodotta nei primi anni Novanta, conta 39 episodi ed è piuttosto ben fatta. Non stupisce che dallo scorso settembre sia stata nuovamente trasmessa su Italia 1, al mattino, con un nuovo doppiaggio. 19