Pegaso n.19 - Liceo Statale "Giannina Milli"

Transcript

Pegaso n.19 - Liceo Statale "Giannina Milli"
Rivista degli studenti del Liceo Statale “G. Milli” di Teramo
Liceo Linguistico, Liceo delle Scienze Applicate, Liceo delle Scienze Umane
n. 19
Comitato di Redazione
ALESSIA D’ANDREA 5° BL
PIERO DI DOMENICO 5° BSA
CHIARA DI LORENZO
LISA DI PIETRO 5° AL
ELISA GEROLDI 5° AL
ELEONORA LUCIANI
NOEMI MILANO 3° CL
STEFANO PIETRINFERNI 5° BSA
TOMMASO RANIERI 5° BSA
Hanno collaborato
a questo numero
LABORATORIO TEATRALE
LABORATORIO LETTURA
LUDOVICA ALMONTI 4°B L
CHIARA D’AMBROSIO 4°B L
DAVIDE LUPACCHINI 4°B L
ARIANNA CAVACCHIOLI 2°C L
PIERGIORGIO DI EMIDIO 5°A SA
per il progetto sulla guerra:
SOFIA CICCONI 5°C L
VALENTINA RISPOLI 5°C L
ALESSIA D’ANDREA 5°B L
MELISSA LUCCI 5°B L
CAMILLA DE CHIARA 5°A SU
VALENTINA LATTANZI 5°B SU
SARA DE PATRE 5°A L
Un ringraziamento a tutti coloro che
hanno collaborato e in particolare a:
Prof. Giovanni Di Giannatale
Eleonora Luciani
Prof.ssa Luigia Striglioni
Maria Di Benedetto 3°A SU
Vogliamo, inoltre, ringraziare le attività commerciali che hanno creduto
nel nostro progetto contribuendo alle
spese di stampa.
Stampa: Giservice srl - Teramo
2
A
nche quest’ anno, con la consueta puntualità, grazie al
convinto impegno di un gruppo di alunni, validamente
coordinati dalla professoressa Monica Casaccia, Pegaso,
arrivato felicemente, senza soluzione di continuità, al 19° numero,
dall’ ormai lontano 1997, torna a proporsi all’ attenzione dei giovani
lettori del nostro e di altri Istituti della provincia di Teramo.
Oltre ad articoli ed interventi culturali e di varia attualità, il presente
fascicolo comprende anche quattro saggi sul tema “Le scuole e la I
guerra mondiale”, elaborati nell’ ambito di un progetto storico, che
ha coinvolto alcune alunne delle classi terminali del Liceo linguistico
e del Liceo delle scienze umane, in occasione del centenario dell’
entrata in guerra dell’ Italia contro l’ Austria il 24 maggio 1915.
Nel rivolgere le più vive congratulazioni ai redattori e a tutti i
collaboratori per l’ encomiabile lavoro svolto, e nel ringraziare gli
sponsor che con i loro contributi hanno sostenuto in parte le spese
di stampa, sono convinto che anche questo numero, pregevole per i
risultati raggiunti, riuscirà, come quelli precedenti, a farsi apprezzare.
Il Dirigente Scolastico
Prof. Giovanni Di Giannatale
SOMMARIO
LIBERAMENTE
L’arte della libertà
pag. 3
Buon cibo o buon futuro?
3
L’italia e il nord Europa: dove si apre il paracadute?
4
Non leggo più, respiro altre esalazioni
5
Ricerca dell’essenza letteraria della letteratura
6
L’arte non è arte finchè qualcuno non dice che lo è
7
Shirtgate
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SOCIALMENTE
Friendzone: una vera e propria arte?
L’amicizia tra Aristotele e Facebook
Punk rock e merletti
Blogger per caso
Criticamente: Dischi
Criticamente: Libri
Criticamente: Film
Storicamente: Le scuole e la I Guerra Mondiale
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14-15-16
ATTIVAMENTE... AL MILLI
Intervista al Dirigente
Laboratorio lettura
Laboratorio teatrale
Un tris tutto biancorosso per il “Milli”
Poesie
Dove va l’Islam
In viaggio con il “Milli” - Sportivamente al “Milli”
Gli studenti del “Milli” a San Gabriele
Attivamente al “Milli”... in breve
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Liberamente
Q
L’a rte della liberta ’
uest’anno il numero di Pegaso
ha come tema
principale il valore
dell’arte, ed in particolare
della letteratura, nella nostra realtà, caratterizzata
da uno spiccato policentrismo che, a volte, confonde
più che essere una risorsa. I
ragazzi della redazione hanno voluto esprimere la loro
opinione sulla necessità di rimanere ancorati al buon vecchio libro, a quegli autori che
hanno fatto la storia della
letteratura, chiedendosi chi
o cosa stabilisca cosa è arte e
cosa non lo è. Leggerete poi
dello scienziato diventato noto per la sua
camicia, della moda come messaggio anticonformista, dell’amicizia intesa in senso “classico” e del nuovo fenomeno della
“friendzone”. Un’altra idea è stata quella
di confrontare la mentalità italiana con
quella di Germania e Svezia, vedrete con
quali risultati... Confermata la sezione
Criticamente dedicata alle recensioni,
come anche quella in cui si dà
spazio ad attività e progetti
della nostra scuola. Abbiamo inoltre voluto dedicare
uno spazio speciale alla promozione del Teramo in serie
B, parlandone proprio con i
protagonisti, che si sono mostrati molto disponibili.
Vorrei ringraziare gli sponsor
che hanno voluto sostenere
il nostro giornale e la collega
ed amica prof.ssa Luigia Striglioni, che ha messo a disposizione, con la generosità che
la contraddistingue, le sue
idee e la sua preziosa collaborazione. Vi “consegnamo”,
quindi, il nuovo numero di
Pegaso, con l’augurio che tutti voi possiate trovarlo interessante!
Monica Casaccia
Bu on cibo o bu on futu ro?
D
rasticamente si potrebbe
parlare di un confronto tra il
‘Paese dei Balocchi’ e il ‘Paese delle Regole’, l’uno in cui
‘Se magna be’, se beve be’, se sta yeah
yeah’, come canta ‘Lo Stato Sociale’, e
l’altro in cui vigono ‘Ordine, Disciplina,
Razionalità’.
È innegabile: l’Italia e la Germania sono
due Paesi che non potrebbero essere più diversi tra loro. Senza dubbio
in questo confronto entrano in gioco
molti pregiudizi che solitamente, viaggiando e conoscendo, verranno smentiti, ma anche molti cliché che fanno
sorridere, fossilizzati in stereotipi poco
lusinghieri. Quello tedesco è un popolo di lavoratori: la puntualità e l’ordine
sono sicuramente gli elementi caratterizzanti la Daily Routine, strutturata
in modo da rendere il massimo mantenendo sempre un’alta qualità degli
standard, sia in ambito professionale
che scolastico. I ragazzi sono chiamati
a decidere del loro futuro già in tenera
età con la scelta delle ‘scuole medie’ e
‘scuole superiori’: in base alle loro ca-
pacità e aspettative possono accedere
al ‘Gymnasium’, che prelude a percorsi accademici e/o universitari, oppure
alle ‘Fachhochschulen’, che accostano
allo studio l’esperienza nel campo lavorativo per poi scegliere il mestiere
più consono alle proprie abilità. In Italia
la questione delle scelte non è affatto
prioritaria: ognuno può rimandare e riservarsi di decidere il proprio iter dopo
la maturità, può continuare gli studi o
imparare un mestiere (la maggior parte delle volte senza alcuna esperienza
pregressa e con notevoli difficoltà). Tra
gli Italiani, però, è molto diffusa una
terza opzione, ‘L’Hotel Mamma’, che
permette di disporre della comodità
di vivere a casa (con diploma o senza,
con lavoro o senza), di avere sempre un
abbondante pasto caldo, panni stirati
riposti negli scaffali e una cameretta
così ordinata che la mamma può essere fiera, di se stessa però. Questo è
l’effetto dell’ideale di “Famiglia” posta
al di sopra di tutti e tutto, sentito come
valore imprescindibile che caratterizza
l’Italiano medio, ma che, se concepito
in maniera sbagliata, ha effetti negativi
sulla società e sulla mentalità generale.
Anche in Germania la famiglia è molto
importante ma, probabilmente a causa
dell’influenza dei principi puritani, l’amore per il figlio è soprattutto “spronarlo” a raggiungere un obiettivo in autonomia. Il lavoro è la chiave per essere
liberi: sarà una visione materialista, ma
è un’ottima motivazione per mettersi
segue
3
Liberamente
in gioco, nella grande partita che è la
vita. I ragazzi sono educati a decidere
per avere la possibilità di gestire il proprio futuro, pronti ad affrontare anche
situazioni critiche e a proseguire fino al
raggiungimento dell’obbiettivo, qualunque esso sia.
In Italia probabilmente il pensiero del
‘questo lo faccio domani’, ‘ci vuole cal-
I
Alla luce dei fatti e considerate le variabili in gioco, non è chiaro quale sia il
paese migliore: l’unico punto di riferimento indispensabile, che può guidarci attraverso il sentiero tortuoso delle
scelte è l’apertura mentale, che si viva
in Italia, in Germania o in qualsiasi altro
posto nel mondo.
Elisa Geroldi
L’“Ita lia e il Nord Eu ropa:
dove si a pre il pa ra ca dute?
n questo piccolo, inaspettatamente provinciale angolo di mondo, ormai lo si dovrebbe aver imparato,
guai e sempre guai a tirare in ballo
qualcosa di troppo lontano o troppo
diverso da quella che un’astratta maggioranza ha stabilito essere la norma.
Probabilmente per questo, e per altri
piuttosto anonimi motivi, parlare di paesi nordici in Italia non è esattamente una
passeggiata in riva a un lago.
Anzi a volte pare quasi conveniente, di
fronte all’aggressivo popolo di internet,
mordersi la lingua e neanche accennare
a quanto e perché un paese come la Svezia sia così diverso dal nostro.
Cosa rende però i “leoni da tastiera” così
ostili? Cosa li porta a vedere questa terra
lontana come neutrale e minacciosa al
tempo stesso, quando si potrebbe pensare che il massimo dell’informazione
che abbiano in proposito non superi il
fatto che se comprano mobili all’Ikea devono montarli da soli?
La (prima) possibile verità è che in realtà
questo tipo di Italiani conosca fin troppo
bene le ragioni per cui questi due paesi potrebbero davvero non essere così
compatibili.
Chi si occupa di informazione e di divulgazione di notizie costituisce una parte
piuttosto delicata della società, ma mentre in Italia si sprecano esempi di “informatori” con un cappio di minacce al collo
in attesa solo di una metaforica spinta
dallo sgabello, e di scrittori accusati e
condannati per aver parlato in favore del
gruppo di cittadini “sbagliato”, in Svezia
la censura è più vicina all’inesistenza che
al suo contrario, grazie ad una grande tutela della libertà d’espressione.
Non stupisce affatto, quindi, una serie
di caratteristiche proprie di questo paese, primo fra tutti il fatto di essere etichettato come uno dei paesi più cosiddetti “gay-friendly” al mondo, e il quarto
in Europa.
Termini come “matrimonio”, “adozioni”
e “famiglia”, vedono ormai dileguarsi
4
ma’… sfocia in una lentezza patologica che sembra essere la causa dell’arretratezza della Penisola rispetto al
resto dell’Europa e della cosiddetta
“fuga di cervelli”. In Germania il lavoro
viene svolto quando e nel modo in cui
si DEVE svolgere; cercare lavoro fuori
non è raro, ma non è affatto considerato come una “fuga” dal proprio Paese.
Loreen - cantante svedese e icona di
espressione libera da pregiudizi e stereotipi
dalle loro definizioni qualsiasi distinzione di genere; e si sa che al solo fare
una simile constatazione si potrebbero
avvertire brividi ghiacciati correre lungo
buona parte della spina dorsale d’Italia,
scheletro di un popolo a cui basta scorgere una farfalla con le ali di due colori
diversi per strillare “contro natura!”, e la
cui ossessione per il valore della famiglia
tradizionale porta già da sola a guerre
mediatiche e ideologiche combattute a
colpi di moralismo. “La tua idea è che la
concezione di famiglia si possa estendere e si debbano dare diritti a chi non ne
ha? Satana deve averti fatto il lavaggio
del cervello”, sembra essere la linea generale.
Probabilmente è proprio per questo, per
via della secolare, spesso esagerata, influenza della Chiesa sul popolo da una
parte e di un eccessivo attaccamento
alla religione dall’altra, che a proposito
di certe tematiche scottanti l’Italia non
riesce proprio a stare al passo, sviluppando anzi, una sempre più accentuata
ipersensibilità allo “scandalo”.
Bel corpo color caffelatte nudo dalla vita
in su, seno coperto solo da due sottili,
lunghe ciocche di capelli, voce sofisticata ed esibizione innocente, onesta e
in nessun momento volgare: è questo il
modo in cui, con la piena complicità della televisione di stato e senza che quasi
nessuno avesse da ridire, una cantante
svedese, Loreen, ha voluto mostrarsi su
un importante palcoscenico e prendere
posizione contro gli stereotipi di genere,
ed il pensiero lampeggia subito in testa
più spontaneo di una bocca spalancata
per lo stupore: e se fosse successo in
Italia? Come avrebbe reagito la “società
della vergogna”, la società del “vergognati”?
La (seconda) possibile verità, a questo
punto, è che molto probabilmente uno
svedese e un italiano messi uno di fronte all’altro si troverebbero entrambi di
fronte ad un muro da scalare.
Si tratta in ogni caso di un confronto
tra due popoli di radici e anima, e quindi mentalità, completamente diverse,
quello introverso che capisce quando la
parola non è minimamente necessaria e
sa come risparmiarla da un lato, quello
chiacchierone, rumoroso, casinaro spesso anche per auto definizione dall’altro.
Uno che appare pratico e ambizioso a costo di sembrare uscito dal racconto di un
gruppo di freddi e calcolatori vichinghi
delle lontane terre del Nord, ma impegnato ad essere o comunque a mostrarsi
paladino di qualcosa che chiama diritti
umani e non “pretese dalla società”, e
uno di spolveratori di valori impossibili da modernizzare, fatto di cittadini di
mente libera forse solo sulla carta, ma
comunque capace di sporadici sprazzi
di apertura del paracadute mentale che
ridanno speranza a chi vorrebbe veder
cambiare le cose in meglio per tutti.
Non è chiaro a questo punto se sia il caldo mediterraneo ad annebbiare le idee,
perlomeno alcune, o il freddo selvatico
dell’artico a schiarirle.
Chiara Di Lorenzo
Liberamente
Non leggo piu', respiro altre esalazioni
Perche’ Breaking Bad e’ meglio di Anna Karenina
D
elle sette arti la scrittura è sicuramente la più intrigante.
Questo perchè sia la prosa
che la poesia, oltre ad avere la
possibilità di produrre stimolazioni che
coinvolgono tutte e cinque le sfere sensoriali, hanno la capacità di sondare e
riprodurre, in maniera molto più efficace delle altre arti, la psiche e l’emotività
dei loro autori. Con ciò non voglio dire
che “Campo Di Grano Con Volo Di Corvi”
di Van Gogh sia meno d’impatto dei versi d’addio di Majakovskij. Tuttavia passare per canali comunicativi standardizzati e universali, come la scrittura, rende
il messaggio meno fraintendibile. Certo
ognuno è libero di vedere, con più o
meno nitidezza, ciò che vuole in un’opera, letteraria o non, e di apprezzarla
o meno per l’interpretazione che le dà.
Non si può però ignorare l’eterna lotta che l’uomo combatte con la propria
solitudine. È per questo conflitto che i
veri artisti gettano se stessi su un foglio,
su una tela, su un palco... ed è sempre
per questa ragione che il pubblico li raccoglie, comprende e ama. Il rapporto
uomo-arte è per sua natura finalizzato
all’empatia. È dunque centrale, per la
sua predisposizione all’inequivocabilità,
il ruolo della letteratura nel processo
evolutivo e nella sussistenza intellettuale di ogni singolo individuo.
Nonostante i suoi evidenti punti di forza, la letteratura si ritrova, da qualche
decennio a questa parte, ad occupare
un ruolo marginale all’interno del contesto artistico-culturale giovanile. Non
sono infatti paragonabili gli ingressi ad
un cinema con quelli ad una libreria.
Esattamente come non è paragonabile
il numero di copie vendute (e piratate)
dell’ultimo disco dei Muse con quello
delle copie vendute di un qualsivoglia
bestseller. Ma non è nemmeno necessario ricorrere a questi paragoni, è sotto
l’occhio di tutti che leggere è diventata
una pratica esecrabile, un rituale antiquato riservato a pochi.
Tenendo da parte il rovinoso modo con
cui l’istruzione fa approcciare i ragazzi
alla letteratura, non è difficile individuare le cause d’estromissione della lettura
dalla sfera di interessi delle nuove
generazioni.
La
spaventosa accelerazione con cui
gli ultimi decenni
hanno cominciato
a bruciare le nostre vite ha reso irrisoria ogni forma
di occupazione duratura e continuativa. Non si vuole
più respirare aria
trasparente, ma
densi fumogeni,
ogni respiro deve
essere di un colore
diverso, ed è una
corsa o una rincorsa verso noi stessi
assoluti e fermi.
Per questo “Brea-
king Bad” è meglio di “Anna Karenina”,
perchè esala rapidamente e lascia subito spazio ad una nuova emanazione.
Non si può però dire che la produzione
letteraria sia in via d’estinzione. Essa,
infatti, in quanto manifestazione della specie vivente Uomo, ha capacità di
adattamento notevoli. Sarebbe indubbiamente interessante condurre uno
studio su quali saranno le prossime
conformazioni e tendenze con cui la
letteratura occuperà le pagine del nostro futuro. Un po’ per l’inettitudine
dell’autore, un po’per la vacuità di certe riflessioni, non intendo soffermarmi
sul tema. Mi limiterò a far osservare al
lettore come forme letterarie quali il
racconto breve - per la prosa - e l’haiuku
- per la poesia - abbiano trovato negli
ultimi anni un buon pubblico e un vasto
spazio in cui proliferare: la rete. Siamo
forse di fronte ad un passaggio epocale
che vede nella minimalizzazione il suo
comburente. Di questo passaggio ritengo affascinante essere teorizzatore, o
quantomeno, testimone.
Stefano Pietrinferni
5
Liberamente
L
Ricerca dell’essenza letteraria
della letteratura
etteratura:
l’insieme delle
opere scritte
alle quali si
riconosce un intento
estetico;
attività,
mestiere
dello
scrittore, dell’uomo
di lettere.
La definizione del
dizionario è tecnicamente corretta, ma
molto vaga. Sorgono spontanee decine di domande: la
letteratura richiede
un messaggio, una
struttura particolare, un fine? Perché sentendo i nomi
di certi romanzi storciamo il naso e
facciamo fatica a chiamarli opere
letterarie? E in base a quale caratteristica ci viene automatico classificare altre opere come “alta letteratura”? Qual è il tratto distintivo che
accomuna opere formalmente antitetiche come “Il giovane Holden” e
6
“La coscienza di Zeno”? Il gradimento
può funzionare da metro di giudizio?
“Harry Potter” può essere paragonato a Proust, Montale, Dickens?
Nel corso dei secoli la letteratura ha
assunto forme e obiettivi differenti.
La letteratura classica, neoclassica,
il Parnassianismo francese, l’Estetismo italiano, il Gongorismo spagnolo e le correnti annesse e connesse
riconoscono
come
obiettivo formale la
bellezza e la perfezione.
Al contrario, in correnti come il Surrealismo, il Dadaismo e
il Futurismo la cura
della forma non è prevista ed è anzi allontanata con disgusto in
quanto incarnazione
di un rigido controllo sull’inconscio e sul
vero.
Alcuni movimenti e
autori abbracciano il
ruolo sociale dell’intellettuale: il Romanticismo e scrittori
come Voltaire e Zola
sostengono l’engagement (lett. coinvolgimento) del letterato,
e Sartre lo teorizza
perfino.
Eppure per altri tale
ruolo non solo viene meno, ma viene
perfino negato: basti
pensare a Verga, a
Dickens e ai Realisti,
che si astengono dal
pronunciare critiche
dirette nonostante
denuncino situazioni
difficili.
Non solo: i poeti sono
stati apostrofati anche come profeti,
guide,
emarginati,
visionari, demiurghi,
maghi, artisti, geni,
dannati, divini.
Ci sono autori che
utilizzano una prosa ricca di subordinate e aggettivazione, ma non
sono meno meritevoli coloro che si
servono di uno stile scarnificato ed
essenziale; dei letterati scrivono su
ispirazione, degli altri pianificano al
dettaglio; alcuni sono convinti che
la letteratura rifletta la realtà, molti sono certi del contrario; secondo
diversi la letteratura è indispensabile per vivere, per altri è totalmente
accessoria.
Non esiste un momento della vita
più o meno propizio per creare grandi opere: qualcuno sforna capolavori
a diciassette anni, come Rimbaud,
altri in età matura, e altri ancora
nell’autunno della vita, come Sam
Savage, autore del celebre “Firmino”
solo a sessantasei anni.
Non è scontato riconoscere immediatamente quelli che diventeranno
grandi classici, ed è per questo che
molti maestri della letteratura furono respinti quando tentarono di farsi pubblicare per la prima volta (Nabokov, Joyce, Melville, Orwell).
La letteratura è, quindi, un concetto così eclettico e vario da risultare
indefinibile e privo di margini; forse
si può dire cosa sia letterario e cosa
non meriti un titolo simile neanche
per errore o in un universo parallelo,
ma un criterio più preciso non esiste.
… O forse sì?
Alessia D’Andrea
Liberamente
C
L’arte non è arte finchè qualcuno
non dice che lo è
alvino lo chiamava “Il mare
dell’oggettività”, ma a
questo punto sarebbe più
adeguato vederlo come
uno stagno o una pozzanghera,
quello nel quale, felici e sguazzanti, siamo rimasti.
Nell’arte come nella vita non pensate neanche lontanamente, voi
audaci, di poter esprimere un parere che sia intimo e vostro. Sì voi,
arroganti e saccenti, supponenti e
presuntuosi, è ovvio che il vostro
parere è colpevole del fatto di essere ‘personale’ e, consequenzialmente, da non considerare.
Troppa confusione se ognuno osservasse a suo modo, se ognuno
trovasse il suo personalissimo e presuntuosissimo parere. La spasmodica ricerca del vero sarebbe fallita in
partenza.
Le regole dei benpensanti, critici se-
veri e selezionatori di professione,
quelli che, insomma, ne capiscono
più di me e di voi, sono chiare. O meglio, loro le vedono chiare. Sembra
che da tempo abbiano creato uno
schema ben preciso di norme necessarie per individuare, scegliere, esaminare, vagliare e poi ancora minu-
P
er gli idealisti dalla lacrima facile,
Mona Lisa Smile è una tappa obbligatoria.
Julia Roberts veste non solo i panni di
una brillante docente di storia dell’arte,
ma anche quelli di una donna energica
e piena di risorse. Katherine Ann Watson non è una delle tante, lei è li per
“fare la differenza” e non la fermeranno il prestigio e il rigore del Wellesley
College o i dogmi e i pregiudizi di una
California anni cinquanta. Nella crociata in nome dei suoi principi, Khaterine si
scontrerà con l’ostilità di colleghi colmi
di invidia e di alunne disorientate da tanta passione e desiderio di cambiamento.
Tuttavia l’amore per l’arte e per la sua
missione di insegnante faranno crollare
più di una barriera, ma soprattutto faranno breccia nel cuore delle sue alunne per
le quali non sarà mai solo un’insegnante.
A chi si vede già come Khaterine, a chi desidera di incontrarla e a chi l’ha già incontrata, questo film scioglie il cuore. E. L.
ziosamente analizzare, sezionare e
confezionare idee standard. Tutto
questo per DEFINIRE, perchè senza confini noi proprio non sappiamo stare, senza caselle nelle quali
rinchiudere, senza gruppi nei quali
identificare, senza correnti nelle
quali inserire.
Abbiamo bisogno di qualcuno che
guardi al posto nostro, qualcuno
che giudichi e scelga, perchè “non
è arte finchè qualcuno non dice
che lo è”, ma attenti, non il primo
pincopallino che capita, ci vogliono“ le persone giuste”.
Per fare arte servono i requisiti, le
carte giuste, le conoscenze adatte e
Dio solo sa cos’altro, magari passare
a miglior vita e godersi il successo
dall’alto.
E non venire a chiedere perché Picasso disegnava come un bambino,
Picasso è Picasso, tu non sei un bel
niente.
Per noi poveri ignoranti, idealisti illusi e sognatori, non esistono l’artista
e la persona comune, esiste chi osserva e chi a malapena guarda, esiste
chi ha la mente sgombra e affamata
e chi ha la mente satura di luoghi comuni.
Per noi gente sciocca, per noi popolo
di Donchisciotte, è facile riconoscere l’arte, la vediamo: è una giovane
donna che balla scalza una danza
tribale dei sensi, dei ricordi e delle
emozioni. Sempre noi, quelli di prima, la osserviamo e rimaniamo in
un silenzio mistico, contemplativo,
non le chiediamo cosa rappresenti o
quale sia la sua funzione, rimaniamo
in attesa di essere alla sua altezza, in
attesa che ci tenda la mano e ci racconti qualcosa di noi. Eleonora Luciani
SONIA FLEMAK
C.so Cerulli, 62 - Teramo
7
Liberamente
Shirtgate
Camicia o pubblica opinione: qual è il vero scandalo?
I
l 12 novembre 2014 un
team dell’European Space Agency controlla con
successo
l’atterraggio
della sonda Rosetta su una
cometa. Lo scienziato Matt
Taylor, brillante astrofisico a
parte della missione da circa
10 anni, rilascia una conferenza stampa per annunciare questo epocale successo.
Ma chiedete all’utente medio di internet, e del Dottor
Taylor vi saprà dire soltanto
com’era vestito.
Il suo abbigliamento ha suscitato tanto scalpore da meritarsi addirittura un
nome altisonante, alla stregua di Watergate e Sexgate: Shirtgate.
Indossa forse una maglia adorna di simboli fallici? Magari bestemmie? Insulti
omofobi o razzisti?
No, sulla sua camicia figurano delle pinup.
Immediatamente il web grida allo scandalo: la camicia è sessista, misogina,
simboleggia la non accettazione delle
donne in ambiente scientifico e la mercificazione dei loro corpi.
Svariate fantomatiche femministe, le
stesse persone che in teoria hanno
combattuto per anni per vestirsi come
e quanto volessero, attaccano una camicia perché ad indossarla è un uomo.
Oltretutto, lo fanno con argomentazioni di rara scempiaggine. Alle creature
senzienti sfugge il nesso fra pin-up e
Si ringraziano anche
i negozi
Blue Bay
ed
8
Exia di Teramo
ostracismo, così come è difficile comprendere il perché di questa repentina
campagna contro manifestazioni artistiche apparentemente innocue.
Le critiche si sono esacerbate al punto
da richiedere le scuse televisive dello
scienziato in lacrime. La conseguenza
di questo femminismo spicciolo è stato
un generale fraintendimento delle reali
intenzioni femministe, nonché un peggioramento dell’attitudine nei confronti delle battaglie per le (presunte o tali)
pari opportunità.
Le ritorsioni contro i commenti irragionevoli in stile “lotta alla discriminazione” si sono dimostrate altrettanto
sconfortanti: le presunte femministe
sono state invitate a buttarsi da un
ponte ed è stato loro augurato un contagio di ebola.
Ancora una volta gli internauti si nascondono dietro la protezione di uno
schermo per dare il peggio di sé ed
esprimersi in modi che a tu per tu, for-
tunatamente, ancora ci si risparmia.
Insulti e minacce camuffano
il nobile intento di difendere
Matt Taylor sotto una spessa
crosta di inciviltà, e finiscono
per fare ulteriori danni nel
concedere alle pseudo-femministe altri appigli per ridicoli scontri.
Il risultato dello Shirtgate è
stato quindi catastrofico: un
evento scientifico degno di
attenzione passato praticamente sotto silenzio, l’intero movimento femminista infangato da mine vaganti incapaci di distinguere l’arte dalla
misoginia, e l’unica opinione degna di
considerazione espressa in modo tale
da essere invalidata e da risultare persino più offensiva della polemica originaria.
Ultimo ma non ultimo, l’impatto della
vicenda sulla psiche dello scienziato,
umiliato e trattato alla stregua di un
criminale per un’infelice scelta di vestiario.
A quanto sembra, mantenere il contegno su una piattaforma nella quale le
ripercussioni sociali della maleducazione non sono affatto scontate è eccessivamente arduo per l’utente medio.
Ma il punto non è la camicia di Taylor,
né lo è mai stato, perché il problema
non è la libertà d’espressione, ma l’uso
che se ne fa.
Alessia D’Andrea
Socialmente
Friendzone: una vera e propria arte?
Q
uante volte ci siamo
sentiti dire dalla
persona
amata:
”Per me sei solo un
amico/a”?, In quante occasioni
avete provato “il piacere” di
essere trattati come zerbini,
con la stessa dignità di uno
Scilipoti qualunque?
Se vi sentite punti nel vivo da
queste domande, siete entrati nella temutissima fase della
“friendzone”. Ma cos’è esattamente? È una zona paludosa
dove tutti, chi più chi meno,
sono stati confinati almeno
una volta nel corso della propria esistenza.
Più nello specifico, è l’”intrigante” situazione che si viene a creare quando,
all’interno di un’amicizia, uno dei due
scopre di avere le famosissime farfalle
nello stomaco.
Non parliamo solo al maschile (anche
se forse gli uomini hanno subito maggiormente questa pena), perché è un
girone dell’inferno dove chiunque è
capitato almeno una volta. L’esatto
significato della parola friendzone
deriverebbe da un episodio della famosissima serie tv americana anni’80
“Friends”, dove uno dei personaggi, di
I
nome Ross, veniva definito “sindaco
della friendzone” a causa del suo amore, non corrisposto, verso l’amica Rachel, ma sicuramente è una situazione
in cui persino i grandi poeti si saranno
trovati. Basta una semplice frase per
ritrovarsi imprigionati in questo vortice, e tutto ciò succede, in gran parte, non appena viene fatta la propria
dichiarazione d’amore. “Siamo solo
amici”, “Mi dispiace averti illuso, io ti
voglio troppo bene”, “Sei una persona speciale, il miglior amico possibile”,
“Mi dai il numero del tuo amico? Mi
piacerebbe tanto conoscerlo!”: queste
le risposte più frequenti, anche dopo
una quantità sconcertante di
appuntamenti, cenette romantiche, “interrogatori” telefonici interminabili; detto tra
noi, sembrerebbe come andare al Mc Donald’s ed invece di
ordinare il solito, gustoso, Big
Mac, doversi accontentare di
una molto più “attraente” insalatona.
Più il tempo scorre e più questo spietato “killer”, qual è la
friendzone, miete numerose
“vittime innocenti”, di ogni
età, sacrificate in nome del
classico ragazzo ambiguo e
sciupafemmine (per essere
eufemistici), talvolta anche con l’ausilio degli ormai sempre più invadenti
social network, quali Facebook o Whatsapp, che catalizzano la “condanna” in
maniera rapida, ma non indolore.
Uscire da questo tunnel è un’impresa
ardua, adatta solo a persone temerarie dal cuore forte. Forse l’unica vera
“medicina” in grado di curare questo
anatema del XXI secolo, è il coraggio:
solo con esso, infatti, ci si può davvero
rendere conto che è meglio vivere un
giorno da leoni che cento da zerbini.
Anzi, da “friendzonati”.
Tommaso Ranieri e Piero Di Domenico
L’amicizia tra Aristotele e Facebook
l sentimento dell’amicizia è oggi troppo spesso sottovalutato nonostante
la sua importanza. Come disse Aristotele “l’uomo è un animale sociale” e
per vivere appieno la sua esistenza necessita di stringere legami coi suoi simili.
Il filosofo, a tal proposito, definì 3 categorie di amicizia: quelle intraprese solo
per piacere personale; le amicizie opportunistiche, da cui trarre vantaggi; quelle
che possono dirsi autentiche.
Mentre i primi 2 tipi di amicizia sono a
tempo, i veri amici sono per sempre: noi
teniamo a loro, li proteggiamo, li accettiamo per quello che sono. Anticamente
gli amici condividevano ideali e valori: la
letteratura ci ha riempito gli occhi e il
cuore di sentimenti forti come quello di
Achille e Patroclo e di delicatissime variazioni sul tema, come la cura sollecita
del Piccolo Principe in attesa della volpe.
Nel passato era però difficile stringere
amicizie a distanza durature, principalmente perché i mezzi di comunicazione erano scarsi e lenti. Oggi, grazie alla
tecnologia, possiamo sempre tenerci in
contatto, ma i social rischiano di farci
dimenticare l’importanza di comunicare
realmente facendoci credere che possiamo gestire tranquillamente centinaia
di amici virtuali, convinzione che stride
se confrontata col dato rilevato in varie
epoche storiche dall’antropologo statunitense Dunbar, secondo il quale gli
uomini, nel corso della propria vita, non
possono coltivare rapporti d’amicizia o
di conoscenza proficua con più di 150
persone. Ma siamo proprio certi di poter definire tanti e diversi individui veri
amici? Per esserne sicuri, dovremmo
sperimentarne qualità come la lealtà,
la generosità, l’onestà, la compassione,
doti che oggi molti, soprattutto adolescenti, non considerano, perché spesso
frequentano persone che ritengono
“alla moda”, migliori di loro solo per labili
apparenze, finchè non vengono screditati come “sfigati” per motivi futili. Recentemente il cinema ci ha presentato
un esempio di amicizia autentica nel film
di Susanne Bier “Heavnen” (In un mondo
migliore), in cui 2 ragazzini, Christian e
Elias, nonostante le loro problematiche
familiari, costruiscono un legame forte e sincero, che va oltre i pregiudizi, i
limiti e le asperità dei singoli caratteri:
anche se uno dei due sbaglia facendo rischiare la vita all’altro, la comprensione,
l’affetto e il perdono hanno la meglio.
E questo, in fondo, è ciò che dovremmo fare: non considerare le nostre differenze come difetti da eliminare, ma
come qualità che ci possono avvicinare
e arricchire nel confronto, senza pretendere di cambiarci.
Noemi Milano
9
Socialmente
Punk rock e merletti
C
orreva l’anno 1971: il mondo
era trepidante, squarciato da
grandi cambiamenti e ricercate
trasgressioni, mentre a Londra
si affacciava il punk rock con gruppi
leggendari come i Sex Pistols, i Clash
e i Ramones. Proprio qui, in una strada
londinese, apriva il “Let it rock”, il primo
negozio della neostilista emergente che
trasformava, come per magia, la musica
in eccentrici ed innovativi abiti: Vivienne
Westwood. Il negozio fu il simbolo della
“ribellione” di quegli anni: contro la
monarchia e a favore dell’anarchia, una
delle maglie più famose della Westwood
raffigura appunto Elisabetta II in chiave
satirica, tanto che lei stessa divenne il
simbolo dello scandalo e dell’oscenità.
Il “Let it rock” sancì la sua relazione con
Malcom McLaren, padre del punk e
manager dei Sex Pistols, che la introdusse
nella
nuova
realtà
underground
londinese in cui lo stesso nome “Let it
rock” non bastava più a rappresentare
la nuova punk generation e presto
divenne “Too fast to live, too young to
die”. Il passo verso la creazione di un
nuovo stile fu breve: la Westwood riuscì
a concretizzare tutte le idee confuse
di ribellione e caos che circondavano il
punk inglese e vestì una generazione
anticonformista guidata dalla musica,
proprio quella che lei ricreava su stoffa.
Questo legame tra musica e moda le
portò fortuna: dieci anni dopo il suo
“debutto”, nel 1981, approdò alla sua
prima sfilata con la collezione Pirate,
non più solamente ispirata alla moda
avanguardista di strada, ma anche
al passato e alla tecnica; per quanto
possibile la stilista riuscì a stupire
ulteriormente il mondo introducendo
elementi classici come corsetti, pizzi,
volant e mantelli in uno stile più New
Romantic, adatto a band emergenti
come i Duran Duran e i Depeche Mode.
Per simboleggiare il cambiamento dei
tempi e dello stile, il suo negozio storico
cambiò definitivamente nome e diventò
il “World End” ed è senz’altro giusto che
abbia questo nome, perchè Vivienne
Westwood ha condizionato il modo
in cui vestiamo anche oggi e a 74 anni
non finisce di stupire e di provocare,
sia in politica, con campagne contro
le amministrazioni Blair e Bush, sia
nell’ambito etico, con campagne contro
il cancro. Senza dubbio una donna di
spirito e dal carattere eccezionale, con
un incredibile talento, che è riuscita a dar
voce ai desideri di diverse generazioni
creando non solo semplici abiti, ma vere
e proprie opere d’arte. Noi, da spettatori,
non possiamo fare altro che dirle grazie!
Lisa Di Pietro
Blogger per caso
L
aura Manfredi è una giovane
donna classe ‘84 appassionata di
moda e life-style; mamma di due
bambini, vive con la sua famiglia
nei pressi di Teramo e si definisce geek
girl, fanatica di tutto quanto concerne
tecnologia e nuovi media. Ama mangiare bene e ascoltare tanta musica; adora
viaggiare e fare acquisti on line.
Da circa tre anni ha trasformato i suoi
interessi in un vero e proprio lavoro,
che sta diventando via via più gratificante ed impegnativo. Ci ha fatto visita
a scuola dove abbiamo conversato piacevolmente.
Nel suo blog Rock’n’Mode dà spazio alle
sue passioni, condividendo coi followers
esperienze e curiosità nelle sezioni dedicate: travel, fashion weeks, beauty e
outfits.
In particolare Laura utilizza la moda
come fonte di ispirazione per creare
nuovi stili o rinnovare quelli in auge;
non si lascia sedurre e condizionare dai
grandi marchi come qualunque fashion
victim, ma preferisce cercare l’accessorio
o il capo più giusto che possa piacerle nel
tempo senza stancarla.
Per le grandi case di cosmetici che la
10
contattano, Laura testa prodotti, ne verifica i punti di forza e
ne suggerisce l’utilizzo
ottimale.
Le chiediamo come si
diventa fashion blogger.
“Io lo sono diventata
per puro caso - ci risponde - Ho iniziato
a postare alcune foto
sui social, ma non mi
aspettavo di avere
successo…La cosa più
importante per un
blogger sono proprio le foto: devono essere scattate con una buona macchina e
in luoghi ben illuminati, preferibilmente
all’aperto. Devono essere chiare, nitide.
Le pose devono esaltare ciò che si indossa da tutti i lati; è fondamentale fare i
primi piani sui dettagli. Non ci sono segreti particolari: bisogna sfruttare al meglio le pagine dei social, specie Facebook
ed Instagram.
Siamo curiosi di sapere di cosa si occupa
esattamente una fashion blogger.
“Tra i compiti di una fashion blogger- ci
dice - c’è quello di presentare, proporre e
inventare nuovi outfit,
prodotti o servizi anche
a piccoli prezzi, dando
consigli alle persone
comuni e mostrando
loro che, in quanto a
stile, non hanno nulla
da invidiare alle star
del jet system.”
Visto e considerato che
ultimamente
molte
blogger sono divenute
note in rete, chiediamo
a Laura quale tratto la
distingue in questo panorama.
“La semplicità premia sempre...- risponde sorridendo -..quello che mi distingue
dalle altre è proprio questo. Non voglio
solo apparire ma anche essere, a differenza di tante che puntano solo alla
fama, anche barando mediante l’acquisto di followers e like. Non bisogna puntare tutto sulla bellezza, ma far arrivare
alla gente che c’è qualcosa in più… per
essere un esempio non solo di stile ma
anche di vita.”
La redazione
Criticamente
DISCHI
“This is all yours” ALT-J
Un’energia sempre piú forte ma
dosata, suoni ritmati in ascesa, fino al
sospiro di sollievo di “Breathe in” ed
“Exhale”. Un desiderio soddisfatto,
lentamente. Tutto questo è l’effetto
di ‘This is All Yours’, il nuovo album
del gruppo britannico Alt-j che prende
il nome dalla combinazione di lettere
e segni da digitare sulla tastiera per
ottenere il Delta “∆” (Three points
where two lines meet). Suoni elettronici, batteria e voce ci
portano in un viaggio verso (e attraverso) la città giapponese
di Nara. Il disco ci guida nella ricerca della libertà dell’uomo,
dell’eterno e indistruttibile legame con la natura che lo circonda
e che, spesso, lo distrugge. Come espressione della libertà
stessa troviamo, come dichiarato dagli artisti, l’immagine dei
cervi che camminano liberi nei parchi, che rappresentano la
libertà del gruppo di incidere ciò che vuole, andando contro
ogni aspettativa o qualsiasi tipo di pressione, esterna o
interna. Un vero e proprio ritorno allo stato naturale del tutto
e una celebrazione dell’immaginazione quasi leopardiana
lasciano spazio alla fantasia, che ci permette di trovare una
momentanea felicitá, carica di desiderio di evasione, rendendo
possibile una fuga dal caos.
Elisa Geroldi
“Nevermind” Nirvana
Il 1991 fu un anno chiave nella storia
del rock. Un giovane gruppo di Seattle, chiamato Nirvana, sale in maniera
inaspettata al primo posto delle classifiche di vendita degli album. Il titolo si
traduce in “Non importa” e si riferisce
al distacco dei giovani dai problemi
reali. Kurt Cobain, il mentore, riesce
con la sua voce e con la sua chitarra a
suscitare diverse sensazioni tra cui inquietudine, angoscia e frustrazione. “Smell like teen spirit”, il
pezzo di apertura, è considerato uno dei capolavori del rock
moderno, grazie al lavoro di batteria di David Grohl e all’assolo di chitarra dello stesso cantante. La canzone, specialmente nel ritornello finale, mette in risalto in maniera evidente
il rifiuto del sistema, cercando una maniera per cambiare le
cose. Nonostante siano passati 24 anni, Nevermind è un disco
moderno, a dimostrazione del fatto che i Nirvana sono stati
dei veri rivoluzionari, anche se da molti ritenuti sopravvalutati,
incapaci di suonare, bravi solo a copiare da altri gruppi. La verità è che, a conti fatti, “Nevermind” ha venduto oltre 25 milioni
di copie e “Rolling Stone”, non certo una rivista qualunque, lo
colloca al 17’ posto della classifica dei migliori 500 album di
tutti i tempi
Piero Di Domenico
“Lorenzo 2015 cc” Lorenzo “Jovanotti” Cherubini
Non è mai esistito un solo Lorenzo, e la sua tribù (quella che
balla) l’ha sempre saputo, anche se tenere il ritmo del Gino
Latino non è un gioco da ragazzi.
Ecco il nuovo album, due dischi, trenta pezzi. Lorenzo 2015cc.
Un motorino cilindrata 2015 (ecco il significato del “cc”) irraggiungibile, impensabile, esplosivo, esattamente quello
di cui il ragazzino kilometrico pelle e ossa va alla ricerca dal
lontano 1987.
Sorridendo con il Dj di Cortona che non va mai a dormire
prima delle sei, passando per il ragazzo fortunato che pensa
positivo e interpreta il mondo come un santone impegnato politicamente, incantati dal quarantenne che si dimena nell’electrobeat e si mette alla prova con la new
wave, siamo arrivati ad innamorarci del cantautore riflessivo e romantico, seguendo
il vulcano Lorenzo nella sua ricerca del nuovo.
E di nuovo qui, in questi trenta pezzi, quel vulcano continua a sfidare se stesso e ogni
suo singolo ascoltatore. Inutile mettersi comodi a contemplare con i lacrimoni agli occhi “Le tasche piene di sassi”, Lui è subito pronto con un nuovo singolo, Sabato, da far
perdere il senso del vero e del falso, del bello e del brutto, da lanciarti in nuove dimensioni e anche da farti un po’ girare i cosiddetti, perchè i lacrimoni ti piacevano troppo.
Lorenzo ha sempre preferito correre lungo il filo dell’ignoto, senza paura di sbilanciarsi, perchè proprio nella perdita dell’equilibrio sapeva di poter assaporare “altro”,
qualcos’altro da scambiare, qualcos’altro da donare. L’ha sempre ripetuto, il mondo
gli assomiglia nelle sue contraddizioni, per questo ha deciso di fare un disco pieno zeppo di contraddizioni e difetti (come lui stesso ribadisce), un disco che però,
probabilmente per la prima volta, lo dipinge così com’è, libero, a braccia aperte, affamato di musica e pronto a raccogliere ogni genere conosciuto, anzi soprattutto
sconosciuto.
Ed ecco un disco che unisce l’Electropop e l’Afrobeat con Musica, sfiora il cantautorato con L’Astronauta e lo riprende con L’estate addosso che sa di Battiato e con
Caravan Story che sa di Celentano, la World Music con Si alza il vento, il Reggae
con Il vento degli innamorati e ovviamente le sue immancabili Ballad con Libera,
Perché tu ci sei, Ragazza magica, Il cielo immenso.
E’ un disco che sfiora tutto e non tocca niente, chiamatelo pure superficiale: chi va in
superficie arriva più lontano di chi affonda.
Eleonora Luciani
“Born in the USA”
B. Springsteen
“Born in the Usa” è
una strana bestia,
nella discografia
della tanto osannata rockstar anni
’80 Bruce Springsteen: amato e
criticato allo stesso modo. È il cd
del successo planetario, della fama mondiale, dei sospetti
dei “nostalgici musicali”, ancora fermi alla
musica anni ’60, ma soprattutto è il disco
che, più di tutti, ha consegnato canzoni
memorabili del cantante americano, forse le più famose della sua carriera musicale.
Si va dalla celeberrima “Born in the Usa”,
singolo che dà il nome all’album, dalla
musicalità prorompente, travolgente, a
“Glory Days”, passando per “Cover me” e
“No surrender”, brani contraddistinti da
un senso di inquietudine che pervade l’intero disco.
Springsteen si fa portavoce di quella sensazione di profonda amarezza di cui era
permeata la società americana dopo i
grandi clamori degli anni ’60 e ’70, e lo fa
nel miglior modo possibile, consegnando
alla storia del rock uno dei cd capolavoro,
punto di riferimento per tutti gli amanti
di questo genere musicale tanto complesso quanto affascinante.
Tommaso Ranieri
11
Criticamente
LIBRI...
“Breve storia del talento”
di Enrico Macioci
“I sillabari”
Di quante ferite hai bisogno per capire
che quella non è la tua strada?
Di quante ferite hai bisogno per capire
che, forse, è proprio quella?
Enrico Macioci, scrittore aquilano,
con il suo romanzo “Breve storia
del talento” riporta ognuno di noi
in un tempo volutamente dimenticato, un tempo colorato di imbarazzo, rabbia e passione ostinata.
Un tempo di delusioni, vissuto in cortili di periferia, concentrato nel caldo
immobile dell’estate, perché, come
scrive l’autore “Quasi tutte le cose decisive accadono in estate”.
La scoperta, amara, che il proprio talento non basta, che c’è
qualcuno, Michele, più bravo a giocare a calcio, mentre la scrittura rimane in un cassetto, fonte solo di vergogna.
Perchè tutto nasce da lì, nel momento in cui sembra chiaro che
l’ardore con il quale si abbracciano le proprie ambizioni non
basta, quando la mente vagabonda cerca conferme e sicurezze che nessuno riesce a darle, quando il sogno c’è ma il talento
non è abbastanza.
Proprio in quegli anni, tra un rigore mancato e un amore non
corrisposto, si va formando un’armatura che resiste ai duri colpi di chi non crede in te, ma anche a quelli più duri che tu stesso scagli dall’interno. Un’armatura necessaria per affrontare la
lunga traversata tra chi sei e chi potresti essere.
Eleonora Luciani
Cosa sono i Sillabari?
Sottili nessi logici che legano indissolubilmente 54 parole chiave,
sull’attenti sulla riga dell’ordine alfabetico, a 54 brevi storie limpide e
realistiche come frammenti di specchio rotto.
Puoi sentire l’Anima di un cane di
strada? Cosa c’è di così potente negli occhi di un Bambino in cui ci si
rivede? Che fine ha fatto la ragazza
di nome Cuore?
Figure senza nome e spesso senza
identità sociale, ma mai senza volto
e senza vita, si trovano immerse in
un flusso infinito di tempo che corre e nel contempo innalzate al
di sopra dell’immensità temporale con le loro riflessioni eterne.
Una Donna deve offendersi se chiamata “ragazzino”?
Quanta Grazia c’è in una donna che mangia e si muove come un
gattino? Come può una bimba di 7 anni far fronte alla Malinconia senza conoscerne neanche il vero nome?
Grazie ad incontri di parole surreali ma così indovinati da poterli
assaporare, la lettura acquista la consistenza di quella sensazione che uno spazio sconfinato, aperto o chiuso, regala quando
solletica quel punto imprecisato tra il petto e l’anima, esigendo
spesso, come le 54 piccole perle di vera e propria poesia in prosa, un tuffo al cuore e una lacrima all’angolo dell’occhio.
Chiara Di Lorenzo
“L’uomo che metteva in ordine il mondo”
di F. Backman
“Ogni cosa è illuminata”
di J. Safran Foer
Ove ha cinquantanove anni, ha
sempre guidato una Saab, crede
nelle questioni di principio e si occupa di controllare che tutto, nel
quartiere, sia al posto giusto.
Ove ha solo cinquantanove anni, ha
perso il suo lavoro e sua moglie e
vuole morire.
Sta per impiccarsi, quando un imbranato gli distrugge la cassetta
della posta. È sul punto di avvelenarsi con i gas di scarico della sua
auto, quando la moglie dell’imbranato lo supplica di accompagnarla all’ospedale. Vuole provocarsi un’overdose, ma il suo circa migliore amico (è una storia
lunga) sta per essere internato in una casa di cura.
Per non parlare del gatto, di Tre Anni, del finocchio e della
ciabatta: tutto ciò che gli impedisce di morire lo porta anche
sull’orlo della pazzia. ‘L’uomo che metteva in ordine il mondo’
è la storia toccante, spassosa, vivida ed emozionante di un
uomo scontroso, della sua vita e del modo in cui un gruppo
di squinternati lo costringe ad aprire di nuovo il suo enorme
cuore al mondo.
Alessia D’Andrea
12
di Goffredo Parise
Jonathan è un giovane americano in cerca delle sue radici ucraine.
Alexander è un giovane ucraino che gli
farà da guida nel suo viaggio.
Brod è la capostipite di una stirpe di
ebree che vivrà fino agli anni dell’Olocausto.
“Ogni cosa è illuminata” è un romanzo
che intreccia i fili della memoria, del
tempo e dell’amore alla ricerca del significato dei ricordi e delle storie di una
vita; è la rivelazione del valore eterno ed
intrinseco delle cose, siano esse inventate, perdute o dimenticate.
Jonathan Safran Foer è l’abile sarto di una vicenda onirica, fatta di ellissi, silenzi e lunghi deliri di sospensione dell’incredulità. Svolge con maestria una matassa ingarbugliata di lettere,
diari, pensieri al confine del surreale e dialoghi rivelatori. Sfiora la poesia in certi passaggi e strappa più di un sorriso con la
prosa sgrammaticata di Alexander e il racconto delle epiche
avventure di Sammy Davis Junior Junior. Strimpella le note
dell’antica melodia che è la vita con la stessa naturalezza che
caratterizza il battito di un cuore.
“Ogni cosa è illuminata” è un libro viscerale, animato, primitivo, incontaminato, e come tale non può essere incasellato in
termini tecnici, né basta la trama a racchiudere i suoi molteplici aspetti.
È un libro che va letto con una frazione di cervello, due di spirito e una di stomaco, e soprattutto è un libro che non va capito,
ma assorbito, appassionatamente amato.
Alessia D’Andrea
Criticamente
...FILM
“The Bling Ring”
“World trade center”
di Sofia Coppola
Quale adolescente non ha mai sognato d’indossare i vestiti firmati
delle star di Hollywood? Nessuno,
ma per Rebecca Ann questo desiderio si è tramutato in realtà. Grazie all’aiuto del nuovo compagno
di scuola Marc, riesce a compiere
diversi furti nelle case di VIP come
Paris Hilton e Megan Fox. Con gli
indumenti rubati, i 2 e le amiche
Sam, Chloe e Nicki (interpretata
da Emma Watson) conquistano
popolarità e sicurezza. Ma il gioco
è destinato a finire quando la polizia li scopre, grazie anche alle loro foto sui social. Con questo
film Sofia Coppola è riuscita a raccontare una storia vera che
fa aprire gli occhi alle nuove generazioni, troppo concentrate
sull’aspetto esteriore e lo status sociale. Talmente fissati con
il glamour da scontare anni in carcere per delle borse Birkin o
orologi Rolex.
Noemi Milano
“Il giovane favoloso”
di M. Martone
Un Giacomo Leopardi,
interpretato da Elio Germano, che brucia per la
vita. E’ il protagonista
del film “Il Giovane Favoloso” di Mario Martone, che racconta la vita
del grande poeta rivoluzionandone completamente la percezione: durante i 137 minuti lo
spettatore viene scosso da una nuova immagine del poeta, caratterizzata dalla voglia di vivere, di scappare e di vedere il mondo in
ogni sua sfumatura. Non c’era poi così tanto spazio nella vita del
grande e “triste” Leopardi per la “depressione” e il “pessimismo”:
“Io non ho bisogno di stima, o di gloria o di altre cose simili. Io ho bisogno di amore, di entusiasmo, di fuoco, di vita.” È questo lo spirito
che pervade l’animo del poeta e che nel film è espresso attraverso
il contrasto tra l’ambiente di Recanati (chiuso e arido) e la musica
scelta dal regista, quella di Apparat.
Avreste mai pensato di associare un autore che ci sembra così lontano, Giacomo Leopardi, con quella che ci sembra musica nuovissima, l’elettronica?
Ebbene il mix è sorprendente, sconvolgente, favoloso.
Sasha Ring, in arte Apparat, ha curato la colonna sonora del film “Il
Giovane Favoloso” creando un contrasto brillante ma armonico che
ci porta ad essere empatici con il geniale Leopardi.
Ripercorrendo la storia del malessere vitale dell’autore ascoltiamo pezzi come “You don’t know me” che segna l’incontro con l’amico Giordani o altri come “Light On”, “44” e “Goodbye“, il brano
che avvolge la figura del poeta e lo accompagna fino alla Ginestra,
fino alla morte.
I ritmi freddi e quasi meccanici ci trascinano in un ambiente surreale, magico e incantato che sottolinea l’emozione provata nella
lettura dell’Infinito, esaltandone la grandezza e ad amplificandone la vastità.
Il giovane tedesco è riuscito a riportare Leopardi tra i giovani del
XXI secolo.
Non resta che riconoscere il nuovo Giovane Favoloso della musica.
E. Geroldi e L. Di Pietro
di Oliver Stone
11 Settembre 2001,ore 8:36: la città di New
York sta iniziando una nuova giornata, frenetica come tante altre.
All’improvviso, un suono sordo irrompe
nell’atmosfera di Manhattan. Comincia l’inferno.
JJ Mc Loughlin, (Nicolas Cage), a capo di una
pattuglia di agenti di polizia, entra nelle torri
per cercare di salvare le migliaia di persone intrappolate nel
World Trade Center. Dopo alcuni minuti, un tremendo frastuono li scuote: la prima torre e’ collassata, e subito dopo
la seguirà l’altro grattacielo, intrappolando Mc Loughlin e
l’agente Jimeno per più di dodici ore, lasciandoli senza via di
scampo così da essere dati per dispersi.
Questo è il vero 11 Settembre, quello degli eroi sconosciuti,
dei loro familiari, (Maria Bello interpreta la moglie dell’agente
Mc Loughlin), delle vittime senza nome: il regista Oliver Stone, basandosi sulle testimonianze dei due agenti sopravvissuti, in “World Trade Center” ha voluto raccontare la vicenda
umana e universale di un popolo, come quello americano, che
mai avrebbe immaginato di provare un’esperienza così traumatica e sconvolgente. Uscito nell’agosto del 2006 negli Usa,
è arrivato nelle sale italiane nell’ottobre dello stesso anno,
dopo essere stato presentato fuori concorso alla 63^Mostra
del Cinema di Venezia. Definito sul Time “delicato e profondo”, il film, che mette in risalto la grande paura americana e
globale, trasmette un messaggio filantropico che può essere
riassunto in una frase pronunciata dal protagonista, agente
McLoughlin: “L’11 settembre ci ha fatto vedere di cosa è capace l’essere umano... Del male, sì, certo. Ma ha anche messo in luce una bontà di cui avevamo dimenticato l’esistenza.
Uomini che si occupano di altri uomini solamente perché è la
cosa giusta da fare”.
Tommaso Ranieri
“NANA”
di Ai Yazawa
È inverosimile come ci
si lasci condizionare dai
troppi pregiudizi che ci
impediscono di avvicinarci
a qualcosa di diverso. Nana
è un anime, come molti
preciserebbero “un cartone animato giapponese”, ma questo
non lo rende assolutamente banale o meno bello: Nana
Osaki è la giovane cantante dalla voce graffiante dei Blast,
un gruppo punk rock in stile Sex Pistols. Nana Komatsu è
invece una ragazza semplice che non sembra avere interessi
particolari se non l’eterna ricerca del perfetto amore. Il
loro incontro sul treno per Tokyo è segnato dal destino ed
è il punto di partenza per il cambiamento imminente nelle
loro vite aperte all’amore, all’amicizia, ai litigi e ai distacchi:
entrambe vengono cambiate dalla musica, l’una inseguendo
il suo sogno di cantante e ritrovando il suo Sid Vicious, Ren,
e l’altra sposando e formando una famiglia con il suo idolo
musicale. Le strade delle due Nana si separeranno, ma la loro
amicizia sarà per sempre legata dal filo rosso del destino e alla
fine si ritroveranno ogni anno in quello che una volta era stato
il loro appartamento. L’anime è la trasposizione del fantastico
manga di Ai Yazawa, che ci presenta un Giappone innovativo,
ricco di punk e rock, un Giappone che non ci si aspetta e
guidati dalle due Nana per le vie di Tokyo ci immedesimiamo
nelle insicurezze e nelle scelte delle due ventenni.
Lisa Di Pietro
13
Storicamente
Le scuole e la Prima guerra Mondiale
Premessa
I
Il 100° anniversario dell’ inizio della I
guerra mondiale per l’ Italia (24 maggio 1915-24 maggio 2015) non poteva essere ignorato dalla nostra rivista,
come non fu ignorato nel 2011 il 150°
dell’ unità d’ Italia.1
In previsione di questa ricorrenza ho elaborato un progetto finalizzato a trattare
sinteticamente alcuni aspetti nell’ ambito del tema “Gli studenti e la I guerra
mondiale”.
I documenti rinvenuti nell’ Archivio storico della R. Scuola Normale “G. Milli”, recentemente riordinato, sono stati ripartiti in quattro aree di ricerca, affidate ad
alcune studentesse, che, dopo due mesi
di lavoro documentale e bibliografico,
hanno prodotto le seguenti relazioni,
offrendo un contributo storico di tutto
rispetto.
Il Dirigente scolastico
prof. Giovanni Di Giannatale
1 Si vd. Pegaso, n.15, maggio 2011, pp. 2 - 20
Iniziative di solidarietà e di volontariato
Teramo nella grande guerra: patriottismo e solidarietà
N
el corso della
Prima
Guerra Mondiale,
numerose furono le iniziative di solidarietà intraprese da
studenti, pubblici funzionari e privati cittadini
a beneficio dei soldati al
fronte. Secondo un cronista, la città di Teramo
in particolare si distinse
per le sue manifestazioni patriottiche. All’entrata in guerra dell’Italia, le autorità nazionali
chiesero ai Comuni di
adibire alcuni edifici
pubblici ad ospedali.
Una delle sedi era ospitata dalla Regia Scuola
Normale, ossia l’attuale
Liceo Statale “Giannina
Milli”.
Queste strutture accoglievano
prevalente- Il preside prof. Giovanni di Giannatale e le alunne delle classi che hanno partecipato al progetto storico “le scuole
mente mutilati e malati e la prima guerra mondiale”
di TBC. Fra coloro che
prestavano assistenza ai
era generalmente già usata dagli alunni
10.000 lire equivalgono a circa 20.000
malati, oltre al personale medico, spiccae veniva inviata ai valorosi combattenti
euro, cinquantamila lire corrispondono a
vano anche i volontari del Comitato per
impegnati al fronte tramite i locali Coun centinaio di migliaia di euro. Queste
l’organizzazione civile1.
cifre appaiono ancora più sorprendenti,
mandi di Presidio. Nelle scuole furono
L’allora Sindaco riuscì inoltre a stanziare
se si immagina che lo stipendio medio
diffuse diverse circolari per promuovere
un fondo di 10.000 lire mensili, frutto di
questa raccolta, e gli alunni si mostraromensile in tempo di guerra andava dalle
offerte di enti e di privati, che venne usano disposti a partecipare. Il loro impegno
trentasei alle novantasei lire.
to per spese mediche e alimentari.
venne espresso tramite le dediche che
Fra le altre iniziative si organizzò un bolPersonalità pubbliche di spessore, fra le
lettino per tenere aggiornati i soldati
lasciarono sui libri, le quali accendevano
quali lo stesso Presidente del Consiglio
al fronte sull’andamento della guerra; i
l’animo patriottico dei giovani soldati,
Salandra, si prodigarono per spronare i
accompagnandoli nelle loro imprese.
proventi ricavati dalla loro vendita andacittadini a donare. La risposta fu immerono in beneficenza. Inoltre furono racNelle circolari, il Ministero della P.I. sotdiata ed entusiastica. Gli studenti del
tolineò di non voler fare pressione sugli
colte altre somme di denaro e capi di veRegio Istituto Tecnico, infatti, riuscirono
stiario, e sui giornali furono dedicati dealunni, ma solo esortarli a dare un loro
a raccogliere 50.000 lire in favore dei solgli spazi alla corrispondenza dal fronte.
contributo a questa iniziativa. Inoltre li
dati al fronte nel giro di breve tempo.
invitò a scegliere non un materiale scoAltro progetto che risultò utile e venne
Somme di questo genere potrebbero
lastico frivolo, ma qualcosa di utile alla
appoggiato dalla maggior parte degli
sembrare irrisorie, se non si fosse a colettura dei soldati.
studenti teramani fu la raccolta di quanoscenza della valuta della lira all’epoca:
derni e carta nelle scuole. Quest’ultima
segue
14
Storicamente
I testi scelti andavano consegnati direttamente al capo dell’Istituto.
Nella prima parte della guerra, l’afflusso dei libri diminuì a causa dei problemi
economici delle famiglie; per questa ragione, il Ministero fu costretto ad intervenire e la maggior parte dei rifornimenti venne effettuata a sue spese.
L’Università degli Studi di Roma costituì
un comitato che si occupò di raccogliere
in un volume alcuni brani delle lettere
dei caduti per testimoniare il loro amore
per la patria. In particolare, i Capi di cia-
scun Istituto ebbero l’incarico di chiedere alle famiglie dei caduti di raccogliere
le loro lettere e donarle alla scuola affinché i professori scegliessero le più significative.
In un secondo momento, la Biblioteca
della Facoltà di Lettere selezionò e pubblicò i brani.
Tutte queste iniziative sono la testimonianza storica più rilevante della solidarietà e coesione scolastica e cittadina dei
teramani fra il 1915 e il 1918.
Durante la Grande Guerra, Teramo si
distinse come poche altre città italiane,
rendendo onore sia ai contemporanei
che ai posteri.
Alessia D’Andrea e Melissa Lucci
Classe VB del Liceo Linguistico
1
Si rimanda allo studio del Prof. Giovanni Di
Giannatale, dal titolo Teramo tra ospedali militari e
iniziative di solidarietà civile (1915-1918), che sarà
pubblicato nella rivista Aprutium (2015) dell’Istituto
Abruzzese Ricerche Storiche.
Disposizioni ministeriali sulle scuole
Iniziative formative
D
urante gli anni della Prima
Guerra Mondiale il Ministero
dell’Istruzione, guidato dal
Ministro Grippo prima e dal
Ministro Berenini poi, attuò una serie
di iniziative affinchè la scuola, trasformata in una macchina per il sostegno
patriottico, potesse istruire le giovani
generazioni al senso di appartenenza
alla Nazione e alle finalità dello scontro bellico in corso. In particolare nella
provincia di Teramo furono inviati diversi telegrammi dall’Amministrazione
Scolastica Provinciale riguardanti: la
partecipazione ad eventuali manifestazioni nella ricorrenza della dichiarazione di guerra all’Austria del 24
maggio, avvenuta l’anno precedente
con l’entrata in guerra dell’Italia (23
maggio 1916-Regia Prefettura della
Provincia di Teramo sotto mandato
del Ministro dell’Istruzione Pasquale
Grippo alla Direttrice della scuola Normale Femminile di Teramo); il discorso
dello stesso Ministero della Pubblica
Istruzione Berenini rivolto a tutte le
autorità scolastiche sul compito degli
educatori nel confortare e suscitare nei discenti l’amore per la Patria e
nell’esaltare il valore dei soldati che
combattevano al fronte, perché il
futuro della nazione e della sua difesa, nel territorio e nella Costituzione,
era nelle mani dei giovani studenti (4
novembre 1917-Amministrazione scolastica della Provincia di Teramo sottomandato di Agostino Berenini ai dirigenti degli Istituti Medi). Nello stesso novembre del 1917, il giorno 22,
sempre l’Amministrazione scolastica
della Provincia di Teramo autorizzava
i dirigenti degli istituti Medi ad iscrivere gli studenti profughi delle province invase, sotto pagamento di tasse
scolastiche e per valide motivazioni
documentate, augurandosi la migliore
accoglienza e solidarietà da parte di
tutti gli insegnanti e dagli altri allievi.
Terminato il conflitto mondiale nell’11
novembre del 1918 con l’armistizio di
Compiègne della Germania con le potenze Alleate, l’Amministrazione scolastica di Teramo il 20 novembre del
1918 potè annunciare ai Capi d’Istituto d’Istruzione Media la ripresa delle
lezioni scolastiche di ogni ordine e grado, invitando i professori e i maestri
ad esaltare la gloriosa vittoria italiana,
conquistata per mari e per terra dall’eroismo militare dei soldati che istaurarono un’efficace resistenza, come
nel decisivo scontro di Vittorio Veneto
contro l’Impero austro-ungarico che
portò il 4 novembre 1918 alla conclusione dell’armistizio di Villa Giusti che
sancì la vittoria dell’Italia nella Grande
Guerra, e a riferire ai studenti come
la pace conquistata sarebbe stata apportatrice di un avvenire prospero e di
progresso per lo Stato italiano.
Camilla De Chiara
Classe VA Liceo delle Scienze Umane
con la collaborazione di Valentina Lattanzi
Classe VB Liceo delle Scienze Umane.
15
Storicamente
Iniziative formative
Le disposizioni sulle scuole durante la Prima Guerra Mondiale
T
ra il 1915 e il 1918 la scuola subì
dei cambiamenti in funzione della prima guerra mondiale. Questi
cambiamenti consistevano in alcune riforme emanate dal Provveditore
ai capi d’istituto di istruzione media della provincia di Teramo. I provvedimenti
comprendevano:
- L’agevolazione del corso di studi a favore dei giovani italiani chiamati al servizio militare(doc. del 04|10|1915);
- La concessione di passaggio da scuole
austro-ungariche a scuole italiane(doc.
del 04|10|1915);
- Le ammissioni facilitate per i giovani che dovevano arruolarsi(doc. del
31|05|1915);
- l’anticipazione dell’esame di licenza dal
liceo e dall’istituto tecnico e nautico di
un anno,rivolto agli studenti iscritti al
penultimo anno del corso di studi(doc.
del 31|08|1915)
A queste riforme si aggiungono tutte
le trasformazioni che hanno investito
i programmi scolastici. Le maestre e\o
i professori dovevano educare i propri
alunni al patriottismo e all’eroismo mi-
A
Real Collegio “San Matteo Apostolo”.1
Queste scuole furono restituite ai Presidi nel 1919.
In aggiunta fu anche occupato il Seminario di Teramo, concesso dal Vescovo
Monsignor Beniamino Alessandro Zanecchia Ginetti dell’ordine dei Carmelitani Scalzi, che diventò ospedale da
campo.
Alla fine dell’anno scolastico del 19151916, venne esteso nel Regno d’Italia, il
regolamento scolastico che prevedeva:
- l’obbligo scolastico fino ai 12 anni con la
legge Orlando;
- la compilazione dei programmi scolastici;
- la suddivisione delle materie scolastiche in: Calligrafia e Disegno, Italiano,Educazione morale ed Istruzione civile
ed infine Aritmetica.
Sara De Patre
Classe 5° AL
1
. Si veda il volume del Preside prof. Giovanni Di
Giannatale, Storia della scuola teramana dalla seconda metà del XVIII al XIX secolo, Service editore, Teramo, 2014, pp. 760
Il sacrificio dei giovani
llo scoppio della prima guerra
mondiale si registrano diversi
‘dibattiti tra i partiti politici, che
non solo si interrogano sul senso del conflitto, ma prendono posizione
rispetto alla neutralità scelta dal governo
Salandra’, come afferma il Preside Giovanni Di Giannatale nel suo Saggio Teramo durante la Prima Guerra Mondiale-neutralisti e
interventisti tra l’agosto del 1914 e il maggio
del 1915, che verrà pubblicato nella rivista
Aprutium (2015) dell’Istituto Abruzzese di
Ricerche Storiche.
Se però tra l’agosto del ’14 e il maggio del
’15 scoppiano varie tensioni tra neutralisti ed interventisti, tra il 1915 e il 1918
le autorità militari e il Ministero della
pubblica Istruzione richiesero iniziative
di solidarietà che furono bene accolte
dalla popolazione. In particolare, oltre
alla nascita di ospedali militari di riserva
nelle scuole o in altri edifici pubblici teramani (come la Scuola Normale Femminile, il Tecnomasio e il Convitto Nazionale),
gli studenti rispondono alla richiesta del
Ministero provvedendo “alla raccolta di
libri da inviare ai soldati di stanza al fronte e alla raccolta della carta” come è reso
noto dal predetto saggio.
La testimonianza di questo piccolo grande gesto di solidarietà ci viene offerta
16
litare, facendo attenzione che essi non
assumessero posizioni contrarie a quelle
della Grande Guerra.
In questi anni la stampa ed il cinema si
concentrarono solo su temi che esaltavano l’impresa italiana; persino le storie
vennero rivisitate come, ad esempio,
quella di “Pinocchio”. A quest’ultimo
venivano amputate braccia e gambe ad
ogni bugia che diceva, per ricordare le
ferite di guerra.
Tornando alle scuole è doveroso aggiungere che molte vennero chiuse; al riguardo, come ha mostrato il Preside in uno
studio intitolato “Tra ospedali militari e
iniziative di solidarietà civile tra il 1915 e
il 1918” che sarà pubblicato a Settembre
2015 nella rivista “Aprutium”, a Teramo
vennero requisite:
- La Regia Scuola Normale Femminile(futuro istituto magistrale);
- Il Regio Istituto Tecnico “Vincenzo
Comi”, detto anche “Tecnomasio”;
- Il Convitto Nazionale annesso al Regio
Liceo Ginnasio “Melchiorre Delfico” che
in questo periodo era ubicato in Corso
San Giorgio,dove fino al 1861 si trovò il
anche dalla circolare inviata ai Capi d’Istituto d’Istruzione Media della provincia
di Teramo dal Ministro Berenini (dal ’17
al ’21, Ministro della Pubblica Istruzione
del Regno d’Italia nel Governo Orlando)
il 26 Dicembre 1917.
In essa emerge la volontà del Ministero
della Pubblica Istruzione di promuovere
la raccolta di libri per i soldati come l’anno precedente (1916), esaltando questo
gesto come “manifestazione nobilissima
d’italianità”, ad indicare l’altezza dell’atto compiuto in relazione all’amore per
la Patria. Inoltre, oltre che esaltare le
dediche accompagnatorie sui volumi offerti, in quanto esprimevano “la misura
del bell’ardore patriottico che anima e
accende le giovani generazioni”, il Ministero si sofferma sull’importanza che
questo gesto emerga come significativo
gesto morale in modo che “i desideri delle milizie possano ottenere le meritate
soddisfazioni” (in lett. di R. Provveditore
agli studi di Teramo del 30/11/1916 ai
Sig. Capi d’Istituto d’Istruzione media di
Teramo).
La raccolta dei libri, come stabilito dal Ministero, doveva essere effettuata entro
la prima settimana del mese di Dicembre
1916; inoltre, afferma il R. Provveditore,
la raccolta dei volumi non doveva essere
il risultato di una banale ‘accozzaglia’, ma
un’attenta raccolta di libri adatti, piacevoli ed anche in buono stato.
Il Provveditore, quindi, accentua l’importanza della qualità della raccolta,
chiedendo ai Capi d’Istituto di insistere
sul carattere ideale del gesto dato che,
come emerso in questo protocollo, dopo
le larghissime offerte registrate da parte
di privati ed editori nei primi tempi della
guerra, l’afflusso del materiale è andato
via via scemando. I libri infatti, dovevano
essere acquistati, i cosicché il desiderio
delle milizie di ricevere libri di qualità ha
spinto il Ministero a rivolgere appelli significativi agli alunni affinché procurassero libri di alto contenuto gratuitamente.
Tra i libri più donati vi erano: romanzi
storici, racconti di viaggi ed avventure,
pubblicazioni di amena lettura per i giovanetti, pubblicazioni largamente illustrate, romanzi popolari. Il supporto dei
giovani grazie alla raccolta dei libri nel
duro periodo della Prima Guerra Mondiale va sommato inoltre al sacrificio per
il lavoro, dove spesero gran parte delle
loro energie per il bene della Patria.
Sofia Cicconi
con la collaborazione di Valentina Rispoli
della classe VC Linguistico
Attivamente... al Milli
I
Considerazioni critiche
sulla Buona Scuola
n che cosa consiste il cosiddetto
piano triennale dell’offerta formativa?
Si tratta di un documento che deve
contenere “la programmazione delle
attività formative rivolte al personale
docente” e la quantificazione delle risorse per la realizzazione dell’offerta
formativa”. Il piano, di durata triennale, una volta formulato, è soggetto alla
valutazione dell’USR sotto il profilo
della compatibilità finanziaria e della coerenza degli obiettivi formativi.
Approvato da tale Ufficio è inviato al
MIUR, che compie le valutazioni di seconda istanza ed emette il decreto volto a finanziare le istituzioni scolastiche.
Sorgono alcune obiezioni. Il documento in sè è buono, perchè consente alla
scuola di contare su un finanziamento sicuro e definitivo, sulla cui base
può realizzare quanto programmato.
Senonché, a questa indubbia validità
fa da contraltare una procedura che rischia di paralizzare i processi decisiona-
li. Il doppio passaggio valutativo rinvia
l’approvazione del piano alle calende
greche, conoscendo per esperienza la
lentezza delle pratiche amministrative. Per rendere più rapida l’approvazione del piano, sarebbe opportuno
eliminare la valutazione del MIUR, che
dovrebbe solo recepire l’approvazione
degli Uffici Scolastici Regionali. Il piano, che nel testo originario era rigido,
può ora essere modificato annualmente, secondo il nuovo testo approvato
dalla Camera. La previsione normativa
è ragionevole. Potrebbe infatti accadere che il fabbisogno dei docenti sia
superiore per gli eventuali accresciuti
bisogni formativi e che sia necessario
disporre di ulteriori finanziamenti.
C’è il fondato rischio, tuttavia, che le
variazioni deliberate dalle scuole, essendo soggette al doppio passaggio
sopra detto, corrano il rischio di non
essere approvate in tempo, rendendo
complicata e farraginosa la gestione,
laddove l’assegnazione dei fondi oc-
correnti non dovesse intervenire entro l’inizio dell’anno scolastico di riferimento.
È vero che è il Dirigente Scolastico a
scegliere i docenti?
L’articolo 7 stabilisce che il Dirigente
Scolastico una volta approvato il piano triennale, attribuisca gli “incarichi
di docenza per la copertura di posti
assegnati” alle scuole dal MIUR in base
predetto piano. È radicalmente modificato l’istituto di assegnazione alle
classi attualmente nominato dal T.U.,
che stabilisce criteri generali formulati dagli organi collegiali per destinare i
docenti in una classe o l’altra. È questo
il lato più critico del disegno di legge,
perché il Dirigente scolastico sembra
vincolato solo alle sue soggettive motivazioni e non più ai criteri generali fino
ad oggi formulati dal Collegio dei docenti e dal Consiglio di Istituto.
Piergiorgio Di Emidio
Classe 5° A SA
Laboratorio Lettura
Un progetto per viaggiare lontano
S
cuola, compiti in classe, interrogazioni... La vita dello studente non è proprio semplice e in
alcuni momenti può mettere a
dura prova! Ma un metodo per evadere da tutto questo esiste, ed è qualcosa
che forse non si potrebbe immaginare.
.Da molti anni, nella nostra scuola, ogni
giovedì pomeriggio un gruppo di ragazzi si incontra nella biblioteca. E, confrontandosi sui libri letti, si scambiano
idee e consigli. Ma, quella che a molti
potrebbe sembrare una noiosa attività
extrascolastica, in realtà è molto di più..
Discutendo dei vari argomenti trattati,
emergono temi che diventano spunto
di riflessioni. Periodicamente si vedono
film ispirati dai libri che li hanno particolarmente coinvolti e interessati. Inoltre,
si ha l’opportunità di poter visitare città
che offrono attività culturali, come mostre, e permettono confronti stimolanti
con le più importanti librerie italiane,
come ad esempio la FELTRINELLI. È anche un’occasione per conoscere nuove
persone e soprattutto per poter trascorrere un pomeriggio diverso, dimenticando di trovarsi tra le quattro mura
scolastiche! Chi ama leggere, infatti, sa
bene che i libri non sono solo un insieme di fogli di carta (altrimenti poveri alberi!) ma un modo per allontanarsi dalla
realtà che ci circonda, dai pensieri, dalle
paure, dalle preoccupazioni. È come in-
traprendere un viaggio lontano, lontano anche da se stessi per un po’. E come
ogni viaggio porta con sè una miriade
di emozioni che grazie a questa attività si possono condividere con persone
diverse ma allo stesso tempo uguali,
perchè accomunate dalla stessa voglia
di lasciarsi trasportare altrove.
Clarissa Evangelista
17
Attivamente... al Milli
Laboratorio Teatrale
Gli studenti di storia
S
Meravigliosamente impreparati alla lunga piccolezza della vita
ei sul palcoscenico.
L’unica cosa che
vedi è un faretto
abbagliante puntato dritto contro di te, perché tutti vedano. Il pubblico è un’ombra informe,
ma tu sai che c’è, sai che
ti sta fissando, che ti sta
ascoltando. Per un breve
attimo, sei così vivo che
il tempo non esiste. Ogni
secondo è vivido, intero,
intatto, ed è lungo come
un’eternità.
Un istante dopo è tutto finito e tu non ricordi se non vagamente quello hai fatto
o detto mentre recitavi.
Il teatro è questo: un universo a sé, trascendente, estemporaneo, altro.
Qualcuno recita per imparare a superare
le insicurezze, alcuni lo fanno per stare
al centro dell’attenzione e dare il meglio
di sé, e magari altri hanno motivazioni
ancora diverse.
Per me non è niente di tutto questo.
Io recito per essere me stessa. Non che
normalmente io non lo sia,
ma essere una studentessa
o un’amica o una figlia o una
sorella non esprime che una
frazione della mia identità.
Sono anche una scrittrice, un
professore, un filosofo; sono
umile, timida, raggiante, frustrata, melancolica, veemente,
rude, leggiadra, impacciata.
Sono una ragazzina ma anche
un vecchio, un essere umano e
una fata, sono la persona che
I
l laboratorio teatrale del Liceo Statale Giannina Milli, coordinato dalla
prof.ssa Anna Colaiacomo, ha partecipato anche quest’anno ad alcuni eventi organizzati da enti culturali
esterni alla scuola.
Il 9 marzo le alunne Valeria Romani,
Alessia D’Andrea e Marina Potassa hanno recitato dei monologhi in occasione
della Festa della Donna per Il Lunedì
del Saliceti a Ripattoni di Bellante.
Il 17 aprile Camilla Marrangone, Chiara
18
abita i miei sogni a occhi aperti.
E allora perché non lasciarmi sedurre dalle meraviglie di una fuga dall’ordinario?
Questo è il motivo principale, certo, ma
negli ultimi cinque anni mi sono imbattuta in una serie di adorabili effetti collaterali: moltissimi nuovi amici, maggiore consapevolezza di me, una dizione
e un controllo della voce migliori, per
non parlare della notevole capacità organizzativa che ho dovuto affinare per
conciliare tutti i miei impegni, e i nervi
saldi che ho dovuto sviluppare per reagi-
re agli imprevisti o essere
un riferimento per i miei
compagni.
Purtroppo questo è il mio
ultimo saggio in questa
scuola. Dopo cinque anni
è il momento di concludere quest’avventura.
Per il mio “gran finale”
metteremo in scena uno
spettacolo liberamente
adattato da “Gli studenti
di storia” di Alan Bennet.
Io interpreto un professore à la Robin Williams
ne “L’attimo fuggente”: scomodo, irriverente, fuori dagli schemi e amato dai
suoi studenti. Il suo anticonformismo gli
costa il lavoro, ma gli procura anche l’affetto dei suoi ragazzi.
Nei panni del professor Hector, insegno
loro nozioni inutili, ma ricordate, aperte
le virgolette: “Ogni conoscenza è preziosa, che sia essa o meno della minima utilità per l’uomo”.
Insegno loro a correre la staffetta; e
loro insegnano a me a guardare la realtà con occhi sempre nuovi,
a cercare il Bello nel mondo,
a ridere di me stessa e ad affrontare, meravigliosamente
impreparata, la lunga piccolezza della vita.
“Gli studenti di storia” è una
chiusura del cerchio, il mio passaggio da novellina nel 2010 a
veterana nel 2015: il modo
perfetto di passare il mio testimone.
Alessia D’Andrea
Milli in tour
Di Lorenzo, Alessia D’Andrea e Valeria
Romani hanno letto alcuni brani e poesie sull’Olocausto di Primo Levi e Costantino di Sante.
Le stesse ragazze hanno letto poesie
e brani di Goliarda Sapienza il 10 maggio a Torre Bruciata. Questi ultimi due
eventi sono stati organizzati dall’associazione femminista teramana Se Non
Ora Quando.
Alessia D’Andrea
Sportivamente... al Milli
Un tris tutto biancorosso per il “Milli”
I
l 2 Maggio 2015 è una delle date che i
teramani non dimenticheranno tanto
facilmente: per la prima volta dopo
102 anni di storia, infatti, il Teramo
Calcio è riuscito ad ottenere la promozione per il secondo campionato nazionale, la Serie B, compiendo un’impresa
che mai nessuno avrebbe pronosticato
ad inizio stagione.
La redazione di Pegaso ha voluto invitare
alcuni dei protagonisti di questa stagione e venerdì 15 maggio abbiamo avuto
il piacere di intervistare l’attaccante Alfredo Donnarumma, miglior marcatore
di tutti i campionati italiani con 23 reti,
il centrocampista Diego Cenciarelli e il
difensore Marco Perrotta, accompagnati
dall’addetto stampa Marco De Antoniis.
Iniziamo questa intervista dalla fine
di questa cavalcata incredibile: qual è
stata la vostra impressione nel vedere l’intera città di Teramo in festa per
questo risultato?
Donnarumma: È stata un’emozione bellissima vedere una città intera festeggiare e gioire per ciò che abbiamo fatto, sicuramente è stato un grande motivo d’orgoglio. Noi, come squadra, siamo fieri di
aver fatto un regalo stupendo alla cittadinanza, che ha meritato questo successo
sostenendoci in ogni occasione.
Nel corso della stagione, l’interesse
di Teramo nei confronti della squadra
è cresciuto sempre di più: che ruolo
hanno avuto i tifosi in questo storico
traguardo?
Perrotta: Sicuramente ci ha dato motivo
di felicità e di gioia vedere un pubblico
sempre più numeroso alle nostre partite casalinghe ed in trasferta, perché ci
ha trasmesso una maggiore carica per
affrontarle. Più in particolare, nelle ultime due gare nel nostro stadio, che
erano fondamentali per conseguire la
vittoria del campionato, vedere le tribune e la curva gremite ci ha spronato
ancora di più , e soprattutto ci ha fatto
rendere conto che a scendere in campo
non eravamo soltanto in undici, ma una
città intera.
Eppure dopo le prime due sconfitte
iniziali contro Pisa e Grosseto (due
3-1), le sensazioni non erano certamente positive: qual è stata la chiave
per ripartire?
Cenciarelli: Le due sconfitte iniziali
sono state sicuramente amare da digerire, perché nonostante il risultato in sé,
la squadra mostrava un buon gioco, ma
siamo riusciti a non demoralizzarci e…
sappiamo tutti poi com’è andata a finire.
Qual è stato il momento chiave della stagione, in cui veramente vi siete
resi conto che potevate compiere il
salto in Serie B?
D: Uno dei fattori che ha influenzato
maggiormente la nostra stagione è stata
sicuramente la forza del gruppo, che non
si è mai arreso, mantenendo questo forte legame fino all’ultimo minuto.
P: Io ritengo che abbiamo iniziato davvero a crederci nelle ultime partite della
stagione, quando ormai avevamo consolidato il distacco dall’Ascoli. Il nostro unico obiettivo era vincere, ed il destino del
campionato era solamente nelle nostre
mani.
C: Io ancora non ci credo…(ride)…. Al di
là degli scherzi, la partita che forse ci ha
dato un ottimo segnale per il futuro è
stata quella disputata contro la Carrarese in trasferta (vinta per 5-1 in rimonta,
ndr). Da quel momento abbiamo capito
che potevamo compiere qualcosa di veramente eccezionale.
Marco, come hai reagito alle critiche iniziali che sono state mosse verso di te?
P: Posso certamente dire che non ho
vissuto periodi facili, perché queste
accuse non toccavano soltanto me, ma
tutta la squadra, e questo era difficile
da digerire, ma nonostante ciò abbiamo
lavorato sempre più duramente, con
maggiore intensità, e difatti i risultati
si sono visti successivamente nel corso
della stagione.
segue
19
Sportivamente... al Milli
Sicuramente uno dei cardini di questa
promozione in Serie B e’ stato il rapporto creatosi con il vostro allenatore Vivarini: qual è il segreto di questo legame
che si è formato tra voi e il mister?
D: Il mister è una persona molto intelligente, capace. Ci ha messo sempre a nostro agio e durante i periodi di difficoltà
non ha mai perso la calma, trasmettendoci una forte sensazione di serenità. E’
una persona che ha lavorato tanto per
farci arrivare a questo traguardo.
Se possiamo essere indiscreti… che
colori vi vedete addosso la prossima
stagione?
P: Sicuramente la volontà è quella di rimanere, in quanto il desiderio di giocare
la Serie B, dopo essersela conquistata sul
campo, è molto forte. Ovviamente tutto
questo non dipende da noi, c’è una società solida che dovrà fare delle scelte,
dobbiamo solamente aspettare…
C: Per me vale lo stesso discorso, restare
a Teramo è uno tra i miei desideri per il
futuro.
D: Io sono di proprietà del Pescara, quindi il mio destino è legato alle loro scelte,
vedremo cosa accadrà.
L’età media della rosa di calciatori
messa a disposizione dal presidente
Campitelli per l’allenatore Vivarini è
di 24 anni: un dato significativo, considerando l’attuale tendenza a ritenere
l’Italia, calcisticamente parlando, un “
paese per vecchi”.
D: Negli ultimi anni questa attitudine di
preferire calciatori esperti e navigati è
stata certamente la causa di una “diaspora” di giovani forti e promettenti, che non
trovando spazio nelle leghe professionistiche nostrane hanno dovuto cercare
fortuna altrove, in paesi quali Inghilterra,
Francia, Germania….Come ho già detto,
giocatori che possono davvero fare la differenza ci sono, ma l’Italia non ha ancora
compiuto quel cambiamento di mentalità necessario per poter superare questo
“limite”.
Il Teramo è stato un esempio lampante
di cosa significhi valorizzare e responsabilizzare i giovani, ed è un aspetto di cui
essere realmente orgogliosi.
Alfredo poco fa ha parlato delle difficoltà incontrate dai giovani per farsi
strada nel mondo del calcio italiano:
quali sono state le vostre, nella fase
di inizio carriera, specie nel coniugare
lo sport ai doveri dello studente?
P: Io non le ho mai trovate! (ride)… Unire calcio e scuola è stato molto difficile e
spesso pensavo che lo studio fosse inutile, ma ora che il calcio è la mia professione mi rendo conto che è stato importantissimo concludere gli studi conseguen-
20
do il diploma di ragioneria, anche perché
la carriera di un calciatore si interrompe,
di solito, all’età di circa 35 anni, e dopo il
ritiro dall’attività agonistica, con un titolo
di studio, è certamente più facile trovare
un posto di lavoro.
D: Andare via di casa a 14 anni non è stato facile, e come ha appena sottolineato
Marco, anche io ritenevo la scuola poco
importante, vivendo a 360 gradi la passione per il calcio. Crescendo ho compreso l’importanza fondamentale della
scuola, che davvero può essere una palestra per la vita futura.
È stato più ostico superare il distacco
da casa che essere un perfetto “atleta-studente”?
C: Al contrario di quello che si possa pensare, io ero molto felice di iniziare questa
difficile avventura. Sin da quando avevo
11 anni ho dovuto trasferirmi a Modena,
adattandomi sin da subito a ritmi di vita
completamente nuovi.
È chiaro che vivere distanti dalla famiglia
non è facile, ma la passione per il calcio
ha sicuramente alleviato queste sofferenze, e al termine di questa stagione
sono molto orgoglioso di tutti i sacrifici
che ho dovuto compiere, per poter arrivare a questo magnifico risultato.
Quali sono state le persone che vi
sono state maggiormente accanto
durante la vostra carriera, dandovi coraggio nei momenti più difficili?
D: La mia famiglia mi è stata sempre accanto, ed in particolare mio padre mi ha
sempre assecondato in questa passione,
dandomi tutto quello che è possibile
dare ad un figlio, rimanendo sempre il
mio primo tifoso (anche ora, ad ogni mio
gol, esulta come se avessi vinto la Coppa
del Mondo!). Ora, avendo una moglie ed
un figlio, sicuramente posso contare anche sul loro sostegno ed affetto.
P: Anche per me la famiglia è stata una
base fondamentale su cui contare in ogni
istante, dato che hanno sempre creduto
in me, dandomi il loro supporto in ogni
occasione.
C: Io provengo da una famiglia di genitori
separati, non è stato semplice per me…
ho ritrovato la serenità e l’affetto nella
famiglia della mia fidanzata, che mi ha
trattato quasi come un figlio, e sicuramente gran parte del merito, di questa
mia stagione, è anche loro.
E’ uscito di recente il libro di uno scrittore aquilano, E.Macioci, che si intitola “Breve storia del talento”, nel quale
si racconta di un ragazzo con la passione del calcio che deve fare i conti con
qualcuno più bravo di lui. Come vivete
il confronto con gli altri giocatori e la
necessaria percezione del limite del
vostro talento?
P: Io spero che in ogni stagione si crei
un clima di competitività tra i compagni,
perché questo ci sprona ad allenarci con
maggiore intensità’, sviluppando al meglio le nostre capacità. Credere che non
ci sia nessuno più forte di te è un’utopia e
sicuramente la presenza di un compagno
di squadra più forte mi stimola a migliorare per arrivare al suo livello.
D: In una carriera da calciatore ci saranno
sempre dei momenti in cui si avverte la
sensazione di essere “inferiore” a qualcuno. Certamente c’è il rischio di demoralizzarsi, ma questo fa parte del gioco
e credo che sia motivo di crescita della
persona.
C: Si può dire che come nella scuola, in
cui c’era sempre lo studente più bravo,
anche nel calcio si trovano compagni di
squadra molto più forti di te. Questo
sport, però, non è caratterizzato solo dal
talento, ma anche da altri fattori come il
coraggio, il cuore, la testa. Con tali pregi
chiunque può diventare un campione.
Un’ultima domanda: qual è il vostro
consiglio ai giovani calciatori che hanno il desiderio di intraprendere questo percorso?
P: Uno dei consigli che mi sento di dare è
quello di lavorare sempre in maniera costante, perché solo così è possibile ottenere dei risultati positivi. Basta prendere
come esempio il pescarese Fabio Grosso,
che è riuscito, con allenamento e costanza, ad arrivare a vincere da protagonista
una Coppa del Mondo con la maglia della
Nazionale.
Un altro suggerimento che ritengo possa
essere utile è quello di non mollare mai,
neanche davanti ad ostacoli che possono
sembrare insuperabili, perché, come ha
dimostrato il Teramo quest’anno, tutto
può essere raggiunto.
L’impressione che è emersa maggiormente in questo incontro è stata sicuramente la consapevolezza che la squadra,
e l’intera cittadinanza, stia vivendo un sogno, come evidenziato da Cenciarelli nel
corso dell’intervista. È la rivincita di un
popolo, quello teramano, che mai come
ora aveva bisogno di una scintilla in grado di “ridestarlo” dal torpore in cui viveva
da diversi anni, bistrattato e dimenticato
da molti. I gol di Donnarumma, gli assist
di Cenciarelli e le scivolate di Perrotta
non hanno soltanto garantito il ritorno ai
piani nobili del calcio italiano, ma hanno
soprattutto riscattato l’onore di una città. A questo punto, non ci resta altro che
dire: Bravi ragazzi!
Tommaso Ranieri
Piero Di Domenico
Stefano Pietrinferni
Attivamente... al Milli
Dedichiamo una “finestra” del nostro giornale a due poesie di uno dei nostri
redattori, Stefano, che esprime la sua vena artistica sia in versi che in prosa.
SU QUESTO FAZZOLETTO
ERBACCIA
Ci addormenteremo su cuscini di cera,
È fuggita
dai passi ubriachi del mio sguardo
una dichiarazione d’amore.
Slanciato in opulenti discorsi
per riacciuffarla
ho perso la ragione.
Le parole chiave non aprono più,
i principi cardine
spanati
si trascinano rumorosi sulla
mestizia.
Sono rimasto chiuso
fuori da me stesso
vago.
In un giardino di bellezze invisibili
io inguardabile
nell’inesistenza mi confondo.
Sono incazzato...
sono indesiderato
sono gramigna.
saremo le micce dei nostri stessi incubi
e quando ci accenderemo di riflessioni spente
allora si
ci sarà un gran vociare.
Parleremo dei nostri lineamenti amorfi,
delle nostre assurde capigliature,
delle tristi espressioni che ci colano dal volto
e dello sfondo grigio su cui ci ostiniamo accalcarci.
Apriremo gli occhi per guardare in cielo
li chiuderemo per convincerci di esistere
e solo quando i momenti dureranno tutti più di un momento
avremo tempo e modo di capire:
Siamo gli starnuti di un dio raffreddato
che accende le stelle
solo per potersi riscaldare.
Stefano Pietrinferni
M
Stefano Pietrinferni
Dove va l’Islam
artedì 19 maggio 2015, presso la sala S. Carlo del Museo
Archeologico di Teramo, alla
presenza delle autorità locali, il giornalista Paolo Mieli ha tenuto una
lectio magistralis su un argomento di scottante attualità intitolata “Dove va l’Islam?”.
Intellettuale italiano di spicco impegnato nel mondo editoriale dall’età di 18
anni, Mieli si occupa anche di critica storica e politica; è stato direttore di testate quali “La Stampa” e il “Corriere della
Sera” e dal 2009 ha assunto l’incarico di
presidente della RCS.
Il giornalista ha inizialmente tracciato,
per sommi capi, la storia dell’Islam dalla nascita del profeta Maometto nel VI
secolo d.C. all’espansione dell’Impero
ottomano, fino al coinvolgimento dei
paesi musulmani nei conflitti del Novecento, per arrivare ai nostri giorni. Alla
luce degli avvenimenti più recenti che
hanno contraddistinto “le primavere
nord-africane” e la nascita del Califfato,
ha presentato il quadro politico-amministrativo e gli orientamenti islamici più
o meno radicali degli stati odierni del
Medio Oriente e dell’Africa Settentrionale, soffermandosi su Iran, Iraq, Arabia
Saudita, Siria e Libia. Con eloquio fluido
e chiarezza espositiva, ha in seguito introdotto una breve panoramica sulle dinamiche inerenti il Califfato auto-proclamato dell’ Isis che, attraverso una martellante campagna mediatica sul web, ha
reso pubblici il proprio programma e le
aberranti carneficine di innocenti. Nell’esporre l’obiettivo dei terroristi, volto ad
imporre il credo islamico con la violenza
e a porre sotto assedio tutto l’Occidente
e la capitale italiana, sede della Chiesa
Cattolica, Mieli ha manifestato il proprio
punto di vista, affermando che si tratta
di un pericolo reale che occorre monitorare e affrontare attraverso una coalizione coesa, ma soprattutto coerente nelle
scelte. La “coerenza” è la caratteristica
che gli è più a cuore e di cui ha rimprove-
rato la mancanza alla politica americana
che, sebbene sia a capo delle maggiori
organizzazioni internazionali, non ha ancora preso una posizione definitiva nella
questione.
Dopo aver riflettuto sui ruoli e sulle responsabilità delle forze in gioco nella “Primavera araba”, si è aperto un dibattito.
Gli studenti della nostra redazione hanno posto delle domande una delle quali
riguardante il confronto tra la confessione islamica e quella cristiana: Mieli ha
suggerito di accostarsi con rispetto alla
conoscenza della religione di Maometto
per guidare le nuove generazioni a una
convivenza pacifica nell’immediato futuro, considerando che, stando ai dati pubblicati recentemente su “Repubblica”,
tra un cinquantennio sarà probabile che
i musulmani supereranno i cristiani nel
mondo. Alla studentessa che ha chiesto
quali consigli avrebbe dato a un aspirante
cronista, Mieli ha suggerito di frequentare una valida scuola di giornalismo e di
cimentarsi nel campo dell’informazione
in rete, che presto, a suo avviso, soppianterà totalmente la carta stampata.
Ludovica Almonti
classe IV B L
21
Attivamente... al Milli
Impressioni newyorkesi
I
l nostro Istituto offre ai
suoi studenti la possibilità di mettere alla prova la
propria abilità linguistica
e di visitare alcune delle capitali più famose, importanti
e belle del mondo come Londra, Parigi, Berlino, Dublino,
Barcellona e New York.
Tutto ciò avviene grazie ai
viaggi d’istruzione dedicati
alla visita delle città per studiarne approfonditamente
la storia e la cultura, e, da
qualche anno, agli stage linguistici, con l’obiettivo di far
acquisire agli studenti una
maggiore dimestichezza con
la lingua.
Io ho partecipato ad uno stage ed è stata una delle più belle esperienze della mia vita. Ho potuto camminare
all’ombra dell’Empire State Building e
per le strade di Times Square, trovarmi
di fronte al Madison Square Garden e
alla Statua della Libertà: è stato magnifico constatare da sola quanto realmente
caotica sia New York. Il giallo
dei taxi che ti sfrecciano davanti ininterrottamente, le
persone con una ventiquattrore in una mano e un caffè
nell’altra che si affrettano
ad andare al lavoro e l’immensità dei grattaceli che ti
circondano facendoti sentire
piccolo come una formica...
Rimani ipnotizzato da tanta
bellezza e diversità.
Ma non è un’esperienza che
ti arricchisce solo a livello
scolastico, cresci tanto anche
a livello umano, interagendo
con le persone del posto e
conoscendone di nuove che
diventeranno tuoi amici; è
qualcosa che tutti, secondo
me, dovrebbero sperimentare.
Arianna Cavacchioli
classe 2°C L
I nostri stage
L
o stage linguistico consiste in un
soggiorno all’estero di una settimana in famiglia, oppure in residence o hotel e prevede la frequenza di un corso intensivo di lingua
straniera in una scuola accreditata con
insegnanti di madre lingua, visite ed
escursioni ad attrazioni locali. Questa
esperienza, oltre a favorire il potenzia-
mento delle capacità comunicative in
una lingua straniera, arricchisce il bagaglio culturale dei nostri studenti, perché
dà loro la possibilità di cogliere alcuni
aspetti storici, culturali e artistici di importanti città, nonché di sviluppare una
serie di riflessioni che si possono collegare alla programmazione didattica di
diverse discipline, dalla Storia alla Storia
dell’arte, nonché alla lingua straniera
studiata.
Nell’anno scolastico 2014/2015 il nostro
Istituto ha proposto tre stage linguistici;
a NEW YORK dal 12 al 19 marzo, a BARCELLONA dal 21 al 28 marzo ed infine a
DUBLINO dal 19 al 26 aprile.
Prof.sse G. Di Gregoli, A. De Iuliis
I nostri viaggi d’istruzione
O
ltre agli stage di cui Arianna ci
ha raccontato un “assaggio”,
nella nostra scuola sono stati
organizzati dall’apposita Commissione, costituita dalle proff. P. Ercole e M. A. Quartapelle, diversi viaggi di
istruzione, che qui di seguito riportiamo:
• le classi quinte sono andate a Praga nel
A
sono partite ad aprile per i luoghi manzoniani;
• le classi terze del Liceo Linguistico e
Liceo Scienze Umane sono andate ad
aprile nella Sicilia orientale.
La redazione
Sportivamente... al Milli
nche quest’anno il Miur ha
effettuato l’ennesimo taglio
ai fondi destinati all’attività
sportiva. In tre anni abbiamo
assistito ad una riduzione del 75%, che
ha costretto tutte le scuole a limitare le
attività sportive rivolte agli studenti.
Anche il Milli ha vissuto questa situazio-
22
mese di dicembre 2014;
• la 4° A Linguistico e la 4° A Liceo Scienze Umane sono partite a marzo per la
Grecia classica;
• le classi prime del Liceo Scienze Umane hanno visitato ad aprile Pompei e la
Reggia di Caserta;
• le classi seconde di tutti gli indirizzi
ne, che non ha permesso di variare l’offerta relativa al gruppo sportivo scolastico. Ciononostante il torneo di pallavolo
ha visto la partecipazione di un elevato
numero di alunni, concludendosi con la
vittoria della 5° B del Liceo delle Scienze
Applicate.
In occasione dell’open day dell’Istituto,
alcune studentesse, dopo un’accurata
preparazione, hanno proposto un’esibizione di step agonistico, acrosport e
ginnastica artistica, evidenziando varie
sfaccettature di attività sportive non
consuete.
Proff. G. Salvatore, L. Giannandrè,
R. Di Nicola
Attivamente... al Milli
Gli studenti del “Milli” a San Gabriele
I
l giorno 24 febbraio le
classi IIIA, IVB e VC del Liceo Linguistico si sono recate presso il Santuario di
San Gabriele dell’Addolorata
per visitare la mostra dedicata alla Divina Commedia di
Dante Alighieri.
Prima di procedere alla visita, il nostro preside, prof.
Giovanni Di Giannatale, studioso di San Gabriele e della
storia passionista, ha tenuto
una lezione su “San Gabriele studente”,
che ci ha consentito di conoscere e scoprire lati nuovi del “Santo del sorriso”,
ripercorrendo la sua formazione dal Collegio dei Gesuiti a Spoleto (1850-1856) al
corso degli studi propri della Congregazione dei Passionisti, quando vi entrò il
10 settembre 1856.
Tali studi comprendevano dopo il noviziato, il corso di filosofia e di teologia,
prima dell’ordinazione sacerdotale. San
Gabriele fu anche bibliotecario, riordinò i
libri e su alcuni appose la scritta: «Ex libris
recessus Immaculatae Conceptionis Congregationis Passionis». Abbiamo appreso
che gli studenti di teologia ogni settimana dovevano tenere «dispute» su argomenti stabiliti dal lettore: due studenti
I
esponevano la tesi e vinceva la disputa
che offriva le argomentazioni più persuasive. In questi casi, come il preside ha sottolineato, San Gabriele mostrava la sua
“caritas intellettuale”: accorgendosi che
le sue argomentazioni erano prevalenti
su quelle del compagno, cedeva il campo, ovvero indeboliva “la sua posizione”
per evitare che il compagno in difficoltà
si sentisse umiliato.
Al termine della lezione, il rettore p. Natale Panetta ci ha guidato attraverso i
luoghi sacri mostrandoci la stanza del
Santo, alcuni suoi scritti e le testimonianze dei miracoli.
Abbiamo osservato dei pregiati incunaboli, parte dei quali recavano dediche
scritte di proprio pugno da San Gabriele, e una copia anastatica della Bibbia di
Giornalista per un giorno
l 22 aprile
una delegazione della
nostra
redazione era a
Chianciano a ritirare il premio
“Giornalista
per un giorno” indetto da Alboscuole, associazione nazionale di giornalismo scolastico.
Il nostro Pegaso è stato selezionato
tra i primi 100 su oltre 2000 giornali
scolastici italiani e durante la manifestazione abbiamo avuto occasione
di vedere anche le “testate” di altre
scuole.
È stata sicuramente una bella esperienza,
anche se le nostre aspettative sulla lezione
di giornalismo
in programma nella mattinata sono
state un po’ deluse.
Probabilmente per un pubblico di
“aspiranti giornalisti” della scuola superiore sarebbe stata più adatta una
lezione di maggiore spessore e articolata in modo diverso.
La redazione
Borso D’Este. Si tratta di un
codice che rappresenta una
delle più mature espressioni
della miniatura rinascimentale che fu eseguita su pergamena nell’arco di sei anni da
una squadra di artisti in due
volumi tra il 1455 e 1461. L’originale è conservato nella Biblioteca Estense di Modena
e nel santuario è custodita la
copia 390 di 750 esemplari.
In seguito, p. Roberto Facchinei ci ha introdotto nella sala della mostra:
“La Divina Commedia negli ex libris di Renato Coccia”, che ha dato vita tra il 2002
e il 2008 ad un prezioso ciclo di cento acqueforti raffiguranti ogni singolo canto
della Commedia. La realizzazione dei canti non è avvenuta in successione cronologica, ma secondo la disposizione d’animo
dell’artista, che ha rappresentato brani,
scene e personaggi dell’opera negli abiti del tempo. Coccia si è soffermato, in
particolare, su ciò che ha impressionato
ed arricchito se stesso e il committente,
come il legame con la vita, con gli affetti
e con la cerchia familiare.
Ludovica Almonti,
Chiara D’Ambrosio,Davide Lupacchini
Classe 4°B L
Lo sportello CIC
Il C.I.C. (Centro di informazione e consulenza) è
un supporto per gli alunni che manifestano disagi
personali, emotivo-relazionali, familiari e/o scolastici che possono comunque avere una ricaduta
sul rendimento. Prevede uno sportello di ascolto
coordinato da tre docenti dell’istituto (Anelli Daniela, Di Ferdinando Carolina e Profeta Nicoletta)
che hanno incontrato gli alunni su richiesta, e se
opportuno anche i genitori.
Lo sportello si è arricchito della collaborazione della
Dott.ssa De Martinis Alberta, psicologa, che, a titolo gratuito, ha contribuito a gestire le situazioni e le
relazioni problematiche, attraverso il dialogo, il confronto e di diversi momenti di incontro individuale e
di gruppo, con grande professionalità e competenza.
Le docenti referenti
Saluti di fine anno
Il Dirigente scolastico prof. Giovanni Di Giannatale, tutti i docenti ed il
personale ATA salutano con affetto i proff. Alessio Di Nicola ed Emilio
Di Nicola, due capisaldi storici del nostro Istituto, che saranno collocati a
riposo dal 1 settembre 2015. Tutti noi li ringraziamo del lavoro svolto con
dedizione e passione in tanti anni di insegnamento e auguriamo loro di
godersi con serenità il tempo libero conquistato!
La redazione
23
Maria Di Benedetto e Lisa Di Pietro