Pegaso n.19 - Liceo Statale "Giannina Milli"
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Pegaso n.19 - Liceo Statale "Giannina Milli"
Rivista degli studenti del Liceo Statale “G. Milli” di Teramo Liceo Linguistico, Liceo delle Scienze Applicate, Liceo delle Scienze Umane n. 19 Comitato di Redazione ALESSIA D’ANDREA 5° BL PIERO DI DOMENICO 5° BSA CHIARA DI LORENZO LISA DI PIETRO 5° AL ELISA GEROLDI 5° AL ELEONORA LUCIANI NOEMI MILANO 3° CL STEFANO PIETRINFERNI 5° BSA TOMMASO RANIERI 5° BSA Hanno collaborato a questo numero LABORATORIO TEATRALE LABORATORIO LETTURA LUDOVICA ALMONTI 4°B L CHIARA D’AMBROSIO 4°B L DAVIDE LUPACCHINI 4°B L ARIANNA CAVACCHIOLI 2°C L PIERGIORGIO DI EMIDIO 5°A SA per il progetto sulla guerra: SOFIA CICCONI 5°C L VALENTINA RISPOLI 5°C L ALESSIA D’ANDREA 5°B L MELISSA LUCCI 5°B L CAMILLA DE CHIARA 5°A SU VALENTINA LATTANZI 5°B SU SARA DE PATRE 5°A L Un ringraziamento a tutti coloro che hanno collaborato e in particolare a: Prof. Giovanni Di Giannatale Eleonora Luciani Prof.ssa Luigia Striglioni Maria Di Benedetto 3°A SU Vogliamo, inoltre, ringraziare le attività commerciali che hanno creduto nel nostro progetto contribuendo alle spese di stampa. Stampa: Giservice srl - Teramo 2 A nche quest’ anno, con la consueta puntualità, grazie al convinto impegno di un gruppo di alunni, validamente coordinati dalla professoressa Monica Casaccia, Pegaso, arrivato felicemente, senza soluzione di continuità, al 19° numero, dall’ ormai lontano 1997, torna a proporsi all’ attenzione dei giovani lettori del nostro e di altri Istituti della provincia di Teramo. Oltre ad articoli ed interventi culturali e di varia attualità, il presente fascicolo comprende anche quattro saggi sul tema “Le scuole e la I guerra mondiale”, elaborati nell’ ambito di un progetto storico, che ha coinvolto alcune alunne delle classi terminali del Liceo linguistico e del Liceo delle scienze umane, in occasione del centenario dell’ entrata in guerra dell’ Italia contro l’ Austria il 24 maggio 1915. Nel rivolgere le più vive congratulazioni ai redattori e a tutti i collaboratori per l’ encomiabile lavoro svolto, e nel ringraziare gli sponsor che con i loro contributi hanno sostenuto in parte le spese di stampa, sono convinto che anche questo numero, pregevole per i risultati raggiunti, riuscirà, come quelli precedenti, a farsi apprezzare. Il Dirigente Scolastico Prof. Giovanni Di Giannatale SOMMARIO LIBERAMENTE L’arte della libertà pag. 3 Buon cibo o buon futuro? 3 L’italia e il nord Europa: dove si apre il paracadute? 4 Non leggo più, respiro altre esalazioni 5 Ricerca dell’essenza letteraria della letteratura 6 L’arte non è arte finchè qualcuno non dice che lo è 7 Shirtgate 8 SOCIALMENTE Friendzone: una vera e propria arte? L’amicizia tra Aristotele e Facebook Punk rock e merletti Blogger per caso Criticamente: Dischi Criticamente: Libri Criticamente: Film Storicamente: Le scuole e la I Guerra Mondiale 9 9 10 10 11 12 13 14-15-16 ATTIVAMENTE... AL MILLI Intervista al Dirigente Laboratorio lettura Laboratorio teatrale Un tris tutto biancorosso per il “Milli” Poesie Dove va l’Islam In viaggio con il “Milli” - Sportivamente al “Milli” Gli studenti del “Milli” a San Gabriele Attivamente al “Milli”... in breve 17 17 18 19-20 21 21 22 23 23 Liberamente Q L’a rte della liberta ’ uest’anno il numero di Pegaso ha come tema principale il valore dell’arte, ed in particolare della letteratura, nella nostra realtà, caratterizzata da uno spiccato policentrismo che, a volte, confonde più che essere una risorsa. I ragazzi della redazione hanno voluto esprimere la loro opinione sulla necessità di rimanere ancorati al buon vecchio libro, a quegli autori che hanno fatto la storia della letteratura, chiedendosi chi o cosa stabilisca cosa è arte e cosa non lo è. Leggerete poi dello scienziato diventato noto per la sua camicia, della moda come messaggio anticonformista, dell’amicizia intesa in senso “classico” e del nuovo fenomeno della “friendzone”. Un’altra idea è stata quella di confrontare la mentalità italiana con quella di Germania e Svezia, vedrete con quali risultati... Confermata la sezione Criticamente dedicata alle recensioni, come anche quella in cui si dà spazio ad attività e progetti della nostra scuola. Abbiamo inoltre voluto dedicare uno spazio speciale alla promozione del Teramo in serie B, parlandone proprio con i protagonisti, che si sono mostrati molto disponibili. Vorrei ringraziare gli sponsor che hanno voluto sostenere il nostro giornale e la collega ed amica prof.ssa Luigia Striglioni, che ha messo a disposizione, con la generosità che la contraddistingue, le sue idee e la sua preziosa collaborazione. Vi “consegnamo”, quindi, il nuovo numero di Pegaso, con l’augurio che tutti voi possiate trovarlo interessante! Monica Casaccia Bu on cibo o bu on futu ro? D rasticamente si potrebbe parlare di un confronto tra il ‘Paese dei Balocchi’ e il ‘Paese delle Regole’, l’uno in cui ‘Se magna be’, se beve be’, se sta yeah yeah’, come canta ‘Lo Stato Sociale’, e l’altro in cui vigono ‘Ordine, Disciplina, Razionalità’. È innegabile: l’Italia e la Germania sono due Paesi che non potrebbero essere più diversi tra loro. Senza dubbio in questo confronto entrano in gioco molti pregiudizi che solitamente, viaggiando e conoscendo, verranno smentiti, ma anche molti cliché che fanno sorridere, fossilizzati in stereotipi poco lusinghieri. Quello tedesco è un popolo di lavoratori: la puntualità e l’ordine sono sicuramente gli elementi caratterizzanti la Daily Routine, strutturata in modo da rendere il massimo mantenendo sempre un’alta qualità degli standard, sia in ambito professionale che scolastico. I ragazzi sono chiamati a decidere del loro futuro già in tenera età con la scelta delle ‘scuole medie’ e ‘scuole superiori’: in base alle loro ca- pacità e aspettative possono accedere al ‘Gymnasium’, che prelude a percorsi accademici e/o universitari, oppure alle ‘Fachhochschulen’, che accostano allo studio l’esperienza nel campo lavorativo per poi scegliere il mestiere più consono alle proprie abilità. In Italia la questione delle scelte non è affatto prioritaria: ognuno può rimandare e riservarsi di decidere il proprio iter dopo la maturità, può continuare gli studi o imparare un mestiere (la maggior parte delle volte senza alcuna esperienza pregressa e con notevoli difficoltà). Tra gli Italiani, però, è molto diffusa una terza opzione, ‘L’Hotel Mamma’, che permette di disporre della comodità di vivere a casa (con diploma o senza, con lavoro o senza), di avere sempre un abbondante pasto caldo, panni stirati riposti negli scaffali e una cameretta così ordinata che la mamma può essere fiera, di se stessa però. Questo è l’effetto dell’ideale di “Famiglia” posta al di sopra di tutti e tutto, sentito come valore imprescindibile che caratterizza l’Italiano medio, ma che, se concepito in maniera sbagliata, ha effetti negativi sulla società e sulla mentalità generale. Anche in Germania la famiglia è molto importante ma, probabilmente a causa dell’influenza dei principi puritani, l’amore per il figlio è soprattutto “spronarlo” a raggiungere un obiettivo in autonomia. Il lavoro è la chiave per essere liberi: sarà una visione materialista, ma è un’ottima motivazione per mettersi segue 3 Liberamente in gioco, nella grande partita che è la vita. I ragazzi sono educati a decidere per avere la possibilità di gestire il proprio futuro, pronti ad affrontare anche situazioni critiche e a proseguire fino al raggiungimento dell’obbiettivo, qualunque esso sia. In Italia probabilmente il pensiero del ‘questo lo faccio domani’, ‘ci vuole cal- I Alla luce dei fatti e considerate le variabili in gioco, non è chiaro quale sia il paese migliore: l’unico punto di riferimento indispensabile, che può guidarci attraverso il sentiero tortuoso delle scelte è l’apertura mentale, che si viva in Italia, in Germania o in qualsiasi altro posto nel mondo. Elisa Geroldi L’“Ita lia e il Nord Eu ropa: dove si a pre il pa ra ca dute? n questo piccolo, inaspettatamente provinciale angolo di mondo, ormai lo si dovrebbe aver imparato, guai e sempre guai a tirare in ballo qualcosa di troppo lontano o troppo diverso da quella che un’astratta maggioranza ha stabilito essere la norma. Probabilmente per questo, e per altri piuttosto anonimi motivi, parlare di paesi nordici in Italia non è esattamente una passeggiata in riva a un lago. Anzi a volte pare quasi conveniente, di fronte all’aggressivo popolo di internet, mordersi la lingua e neanche accennare a quanto e perché un paese come la Svezia sia così diverso dal nostro. Cosa rende però i “leoni da tastiera” così ostili? Cosa li porta a vedere questa terra lontana come neutrale e minacciosa al tempo stesso, quando si potrebbe pensare che il massimo dell’informazione che abbiano in proposito non superi il fatto che se comprano mobili all’Ikea devono montarli da soli? La (prima) possibile verità è che in realtà questo tipo di Italiani conosca fin troppo bene le ragioni per cui questi due paesi potrebbero davvero non essere così compatibili. Chi si occupa di informazione e di divulgazione di notizie costituisce una parte piuttosto delicata della società, ma mentre in Italia si sprecano esempi di “informatori” con un cappio di minacce al collo in attesa solo di una metaforica spinta dallo sgabello, e di scrittori accusati e condannati per aver parlato in favore del gruppo di cittadini “sbagliato”, in Svezia la censura è più vicina all’inesistenza che al suo contrario, grazie ad una grande tutela della libertà d’espressione. Non stupisce affatto, quindi, una serie di caratteristiche proprie di questo paese, primo fra tutti il fatto di essere etichettato come uno dei paesi più cosiddetti “gay-friendly” al mondo, e il quarto in Europa. Termini come “matrimonio”, “adozioni” e “famiglia”, vedono ormai dileguarsi 4 ma’… sfocia in una lentezza patologica che sembra essere la causa dell’arretratezza della Penisola rispetto al resto dell’Europa e della cosiddetta “fuga di cervelli”. In Germania il lavoro viene svolto quando e nel modo in cui si DEVE svolgere; cercare lavoro fuori non è raro, ma non è affatto considerato come una “fuga” dal proprio Paese. Loreen - cantante svedese e icona di espressione libera da pregiudizi e stereotipi dalle loro definizioni qualsiasi distinzione di genere; e si sa che al solo fare una simile constatazione si potrebbero avvertire brividi ghiacciati correre lungo buona parte della spina dorsale d’Italia, scheletro di un popolo a cui basta scorgere una farfalla con le ali di due colori diversi per strillare “contro natura!”, e la cui ossessione per il valore della famiglia tradizionale porta già da sola a guerre mediatiche e ideologiche combattute a colpi di moralismo. “La tua idea è che la concezione di famiglia si possa estendere e si debbano dare diritti a chi non ne ha? Satana deve averti fatto il lavaggio del cervello”, sembra essere la linea generale. Probabilmente è proprio per questo, per via della secolare, spesso esagerata, influenza della Chiesa sul popolo da una parte e di un eccessivo attaccamento alla religione dall’altra, che a proposito di certe tematiche scottanti l’Italia non riesce proprio a stare al passo, sviluppando anzi, una sempre più accentuata ipersensibilità allo “scandalo”. Bel corpo color caffelatte nudo dalla vita in su, seno coperto solo da due sottili, lunghe ciocche di capelli, voce sofisticata ed esibizione innocente, onesta e in nessun momento volgare: è questo il modo in cui, con la piena complicità della televisione di stato e senza che quasi nessuno avesse da ridire, una cantante svedese, Loreen, ha voluto mostrarsi su un importante palcoscenico e prendere posizione contro gli stereotipi di genere, ed il pensiero lampeggia subito in testa più spontaneo di una bocca spalancata per lo stupore: e se fosse successo in Italia? Come avrebbe reagito la “società della vergogna”, la società del “vergognati”? La (seconda) possibile verità, a questo punto, è che molto probabilmente uno svedese e un italiano messi uno di fronte all’altro si troverebbero entrambi di fronte ad un muro da scalare. Si tratta in ogni caso di un confronto tra due popoli di radici e anima, e quindi mentalità, completamente diverse, quello introverso che capisce quando la parola non è minimamente necessaria e sa come risparmiarla da un lato, quello chiacchierone, rumoroso, casinaro spesso anche per auto definizione dall’altro. Uno che appare pratico e ambizioso a costo di sembrare uscito dal racconto di un gruppo di freddi e calcolatori vichinghi delle lontane terre del Nord, ma impegnato ad essere o comunque a mostrarsi paladino di qualcosa che chiama diritti umani e non “pretese dalla società”, e uno di spolveratori di valori impossibili da modernizzare, fatto di cittadini di mente libera forse solo sulla carta, ma comunque capace di sporadici sprazzi di apertura del paracadute mentale che ridanno speranza a chi vorrebbe veder cambiare le cose in meglio per tutti. Non è chiaro a questo punto se sia il caldo mediterraneo ad annebbiare le idee, perlomeno alcune, o il freddo selvatico dell’artico a schiarirle. Chiara Di Lorenzo Liberamente Non leggo piu', respiro altre esalazioni Perche’ Breaking Bad e’ meglio di Anna Karenina D elle sette arti la scrittura è sicuramente la più intrigante. Questo perchè sia la prosa che la poesia, oltre ad avere la possibilità di produrre stimolazioni che coinvolgono tutte e cinque le sfere sensoriali, hanno la capacità di sondare e riprodurre, in maniera molto più efficace delle altre arti, la psiche e l’emotività dei loro autori. Con ciò non voglio dire che “Campo Di Grano Con Volo Di Corvi” di Van Gogh sia meno d’impatto dei versi d’addio di Majakovskij. Tuttavia passare per canali comunicativi standardizzati e universali, come la scrittura, rende il messaggio meno fraintendibile. Certo ognuno è libero di vedere, con più o meno nitidezza, ciò che vuole in un’opera, letteraria o non, e di apprezzarla o meno per l’interpretazione che le dà. Non si può però ignorare l’eterna lotta che l’uomo combatte con la propria solitudine. È per questo conflitto che i veri artisti gettano se stessi su un foglio, su una tela, su un palco... ed è sempre per questa ragione che il pubblico li raccoglie, comprende e ama. Il rapporto uomo-arte è per sua natura finalizzato all’empatia. È dunque centrale, per la sua predisposizione all’inequivocabilità, il ruolo della letteratura nel processo evolutivo e nella sussistenza intellettuale di ogni singolo individuo. Nonostante i suoi evidenti punti di forza, la letteratura si ritrova, da qualche decennio a questa parte, ad occupare un ruolo marginale all’interno del contesto artistico-culturale giovanile. Non sono infatti paragonabili gli ingressi ad un cinema con quelli ad una libreria. Esattamente come non è paragonabile il numero di copie vendute (e piratate) dell’ultimo disco dei Muse con quello delle copie vendute di un qualsivoglia bestseller. Ma non è nemmeno necessario ricorrere a questi paragoni, è sotto l’occhio di tutti che leggere è diventata una pratica esecrabile, un rituale antiquato riservato a pochi. Tenendo da parte il rovinoso modo con cui l’istruzione fa approcciare i ragazzi alla letteratura, non è difficile individuare le cause d’estromissione della lettura dalla sfera di interessi delle nuove generazioni. La spaventosa accelerazione con cui gli ultimi decenni hanno cominciato a bruciare le nostre vite ha reso irrisoria ogni forma di occupazione duratura e continuativa. Non si vuole più respirare aria trasparente, ma densi fumogeni, ogni respiro deve essere di un colore diverso, ed è una corsa o una rincorsa verso noi stessi assoluti e fermi. Per questo “Brea- king Bad” è meglio di “Anna Karenina”, perchè esala rapidamente e lascia subito spazio ad una nuova emanazione. Non si può però dire che la produzione letteraria sia in via d’estinzione. Essa, infatti, in quanto manifestazione della specie vivente Uomo, ha capacità di adattamento notevoli. Sarebbe indubbiamente interessante condurre uno studio su quali saranno le prossime conformazioni e tendenze con cui la letteratura occuperà le pagine del nostro futuro. Un po’ per l’inettitudine dell’autore, un po’per la vacuità di certe riflessioni, non intendo soffermarmi sul tema. Mi limiterò a far osservare al lettore come forme letterarie quali il racconto breve - per la prosa - e l’haiuku - per la poesia - abbiano trovato negli ultimi anni un buon pubblico e un vasto spazio in cui proliferare: la rete. Siamo forse di fronte ad un passaggio epocale che vede nella minimalizzazione il suo comburente. Di questo passaggio ritengo affascinante essere teorizzatore, o quantomeno, testimone. Stefano Pietrinferni 5 Liberamente L Ricerca dell’essenza letteraria della letteratura etteratura: l’insieme delle opere scritte alle quali si riconosce un intento estetico; attività, mestiere dello scrittore, dell’uomo di lettere. La definizione del dizionario è tecnicamente corretta, ma molto vaga. Sorgono spontanee decine di domande: la letteratura richiede un messaggio, una struttura particolare, un fine? Perché sentendo i nomi di certi romanzi storciamo il naso e facciamo fatica a chiamarli opere letterarie? E in base a quale caratteristica ci viene automatico classificare altre opere come “alta letteratura”? Qual è il tratto distintivo che accomuna opere formalmente antitetiche come “Il giovane Holden” e 6 “La coscienza di Zeno”? Il gradimento può funzionare da metro di giudizio? “Harry Potter” può essere paragonato a Proust, Montale, Dickens? Nel corso dei secoli la letteratura ha assunto forme e obiettivi differenti. La letteratura classica, neoclassica, il Parnassianismo francese, l’Estetismo italiano, il Gongorismo spagnolo e le correnti annesse e connesse riconoscono come obiettivo formale la bellezza e la perfezione. Al contrario, in correnti come il Surrealismo, il Dadaismo e il Futurismo la cura della forma non è prevista ed è anzi allontanata con disgusto in quanto incarnazione di un rigido controllo sull’inconscio e sul vero. Alcuni movimenti e autori abbracciano il ruolo sociale dell’intellettuale: il Romanticismo e scrittori come Voltaire e Zola sostengono l’engagement (lett. coinvolgimento) del letterato, e Sartre lo teorizza perfino. Eppure per altri tale ruolo non solo viene meno, ma viene perfino negato: basti pensare a Verga, a Dickens e ai Realisti, che si astengono dal pronunciare critiche dirette nonostante denuncino situazioni difficili. Non solo: i poeti sono stati apostrofati anche come profeti, guide, emarginati, visionari, demiurghi, maghi, artisti, geni, dannati, divini. Ci sono autori che utilizzano una prosa ricca di subordinate e aggettivazione, ma non sono meno meritevoli coloro che si servono di uno stile scarnificato ed essenziale; dei letterati scrivono su ispirazione, degli altri pianificano al dettaglio; alcuni sono convinti che la letteratura rifletta la realtà, molti sono certi del contrario; secondo diversi la letteratura è indispensabile per vivere, per altri è totalmente accessoria. Non esiste un momento della vita più o meno propizio per creare grandi opere: qualcuno sforna capolavori a diciassette anni, come Rimbaud, altri in età matura, e altri ancora nell’autunno della vita, come Sam Savage, autore del celebre “Firmino” solo a sessantasei anni. Non è scontato riconoscere immediatamente quelli che diventeranno grandi classici, ed è per questo che molti maestri della letteratura furono respinti quando tentarono di farsi pubblicare per la prima volta (Nabokov, Joyce, Melville, Orwell). La letteratura è, quindi, un concetto così eclettico e vario da risultare indefinibile e privo di margini; forse si può dire cosa sia letterario e cosa non meriti un titolo simile neanche per errore o in un universo parallelo, ma un criterio più preciso non esiste. … O forse sì? Alessia D’Andrea Liberamente C L’arte non è arte finchè qualcuno non dice che lo è alvino lo chiamava “Il mare dell’oggettività”, ma a questo punto sarebbe più adeguato vederlo come uno stagno o una pozzanghera, quello nel quale, felici e sguazzanti, siamo rimasti. Nell’arte come nella vita non pensate neanche lontanamente, voi audaci, di poter esprimere un parere che sia intimo e vostro. Sì voi, arroganti e saccenti, supponenti e presuntuosi, è ovvio che il vostro parere è colpevole del fatto di essere ‘personale’ e, consequenzialmente, da non considerare. Troppa confusione se ognuno osservasse a suo modo, se ognuno trovasse il suo personalissimo e presuntuosissimo parere. La spasmodica ricerca del vero sarebbe fallita in partenza. Le regole dei benpensanti, critici se- veri e selezionatori di professione, quelli che, insomma, ne capiscono più di me e di voi, sono chiare. O meglio, loro le vedono chiare. Sembra che da tempo abbiano creato uno schema ben preciso di norme necessarie per individuare, scegliere, esaminare, vagliare e poi ancora minu- P er gli idealisti dalla lacrima facile, Mona Lisa Smile è una tappa obbligatoria. Julia Roberts veste non solo i panni di una brillante docente di storia dell’arte, ma anche quelli di una donna energica e piena di risorse. Katherine Ann Watson non è una delle tante, lei è li per “fare la differenza” e non la fermeranno il prestigio e il rigore del Wellesley College o i dogmi e i pregiudizi di una California anni cinquanta. Nella crociata in nome dei suoi principi, Khaterine si scontrerà con l’ostilità di colleghi colmi di invidia e di alunne disorientate da tanta passione e desiderio di cambiamento. Tuttavia l’amore per l’arte e per la sua missione di insegnante faranno crollare più di una barriera, ma soprattutto faranno breccia nel cuore delle sue alunne per le quali non sarà mai solo un’insegnante. A chi si vede già come Khaterine, a chi desidera di incontrarla e a chi l’ha già incontrata, questo film scioglie il cuore. E. L. ziosamente analizzare, sezionare e confezionare idee standard. Tutto questo per DEFINIRE, perchè senza confini noi proprio non sappiamo stare, senza caselle nelle quali rinchiudere, senza gruppi nei quali identificare, senza correnti nelle quali inserire. Abbiamo bisogno di qualcuno che guardi al posto nostro, qualcuno che giudichi e scelga, perchè “non è arte finchè qualcuno non dice che lo è”, ma attenti, non il primo pincopallino che capita, ci vogliono“ le persone giuste”. Per fare arte servono i requisiti, le carte giuste, le conoscenze adatte e Dio solo sa cos’altro, magari passare a miglior vita e godersi il successo dall’alto. E non venire a chiedere perché Picasso disegnava come un bambino, Picasso è Picasso, tu non sei un bel niente. Per noi poveri ignoranti, idealisti illusi e sognatori, non esistono l’artista e la persona comune, esiste chi osserva e chi a malapena guarda, esiste chi ha la mente sgombra e affamata e chi ha la mente satura di luoghi comuni. Per noi gente sciocca, per noi popolo di Donchisciotte, è facile riconoscere l’arte, la vediamo: è una giovane donna che balla scalza una danza tribale dei sensi, dei ricordi e delle emozioni. Sempre noi, quelli di prima, la osserviamo e rimaniamo in un silenzio mistico, contemplativo, non le chiediamo cosa rappresenti o quale sia la sua funzione, rimaniamo in attesa di essere alla sua altezza, in attesa che ci tenda la mano e ci racconti qualcosa di noi. Eleonora Luciani SONIA FLEMAK C.so Cerulli, 62 - Teramo 7 Liberamente Shirtgate Camicia o pubblica opinione: qual è il vero scandalo? I l 12 novembre 2014 un team dell’European Space Agency controlla con successo l’atterraggio della sonda Rosetta su una cometa. Lo scienziato Matt Taylor, brillante astrofisico a parte della missione da circa 10 anni, rilascia una conferenza stampa per annunciare questo epocale successo. Ma chiedete all’utente medio di internet, e del Dottor Taylor vi saprà dire soltanto com’era vestito. Il suo abbigliamento ha suscitato tanto scalpore da meritarsi addirittura un nome altisonante, alla stregua di Watergate e Sexgate: Shirtgate. Indossa forse una maglia adorna di simboli fallici? Magari bestemmie? Insulti omofobi o razzisti? No, sulla sua camicia figurano delle pinup. Immediatamente il web grida allo scandalo: la camicia è sessista, misogina, simboleggia la non accettazione delle donne in ambiente scientifico e la mercificazione dei loro corpi. Svariate fantomatiche femministe, le stesse persone che in teoria hanno combattuto per anni per vestirsi come e quanto volessero, attaccano una camicia perché ad indossarla è un uomo. Oltretutto, lo fanno con argomentazioni di rara scempiaggine. Alle creature senzienti sfugge il nesso fra pin-up e Si ringraziano anche i negozi Blue Bay ed 8 Exia di Teramo ostracismo, così come è difficile comprendere il perché di questa repentina campagna contro manifestazioni artistiche apparentemente innocue. Le critiche si sono esacerbate al punto da richiedere le scuse televisive dello scienziato in lacrime. La conseguenza di questo femminismo spicciolo è stato un generale fraintendimento delle reali intenzioni femministe, nonché un peggioramento dell’attitudine nei confronti delle battaglie per le (presunte o tali) pari opportunità. Le ritorsioni contro i commenti irragionevoli in stile “lotta alla discriminazione” si sono dimostrate altrettanto sconfortanti: le presunte femministe sono state invitate a buttarsi da un ponte ed è stato loro augurato un contagio di ebola. Ancora una volta gli internauti si nascondono dietro la protezione di uno schermo per dare il peggio di sé ed esprimersi in modi che a tu per tu, for- tunatamente, ancora ci si risparmia. Insulti e minacce camuffano il nobile intento di difendere Matt Taylor sotto una spessa crosta di inciviltà, e finiscono per fare ulteriori danni nel concedere alle pseudo-femministe altri appigli per ridicoli scontri. Il risultato dello Shirtgate è stato quindi catastrofico: un evento scientifico degno di attenzione passato praticamente sotto silenzio, l’intero movimento femminista infangato da mine vaganti incapaci di distinguere l’arte dalla misoginia, e l’unica opinione degna di considerazione espressa in modo tale da essere invalidata e da risultare persino più offensiva della polemica originaria. Ultimo ma non ultimo, l’impatto della vicenda sulla psiche dello scienziato, umiliato e trattato alla stregua di un criminale per un’infelice scelta di vestiario. A quanto sembra, mantenere il contegno su una piattaforma nella quale le ripercussioni sociali della maleducazione non sono affatto scontate è eccessivamente arduo per l’utente medio. Ma il punto non è la camicia di Taylor, né lo è mai stato, perché il problema non è la libertà d’espressione, ma l’uso che se ne fa. Alessia D’Andrea Socialmente Friendzone: una vera e propria arte? Q uante volte ci siamo sentiti dire dalla persona amata: ”Per me sei solo un amico/a”?, In quante occasioni avete provato “il piacere” di essere trattati come zerbini, con la stessa dignità di uno Scilipoti qualunque? Se vi sentite punti nel vivo da queste domande, siete entrati nella temutissima fase della “friendzone”. Ma cos’è esattamente? È una zona paludosa dove tutti, chi più chi meno, sono stati confinati almeno una volta nel corso della propria esistenza. Più nello specifico, è l’”intrigante” situazione che si viene a creare quando, all’interno di un’amicizia, uno dei due scopre di avere le famosissime farfalle nello stomaco. Non parliamo solo al maschile (anche se forse gli uomini hanno subito maggiormente questa pena), perché è un girone dell’inferno dove chiunque è capitato almeno una volta. L’esatto significato della parola friendzone deriverebbe da un episodio della famosissima serie tv americana anni’80 “Friends”, dove uno dei personaggi, di I nome Ross, veniva definito “sindaco della friendzone” a causa del suo amore, non corrisposto, verso l’amica Rachel, ma sicuramente è una situazione in cui persino i grandi poeti si saranno trovati. Basta una semplice frase per ritrovarsi imprigionati in questo vortice, e tutto ciò succede, in gran parte, non appena viene fatta la propria dichiarazione d’amore. “Siamo solo amici”, “Mi dispiace averti illuso, io ti voglio troppo bene”, “Sei una persona speciale, il miglior amico possibile”, “Mi dai il numero del tuo amico? Mi piacerebbe tanto conoscerlo!”: queste le risposte più frequenti, anche dopo una quantità sconcertante di appuntamenti, cenette romantiche, “interrogatori” telefonici interminabili; detto tra noi, sembrerebbe come andare al Mc Donald’s ed invece di ordinare il solito, gustoso, Big Mac, doversi accontentare di una molto più “attraente” insalatona. Più il tempo scorre e più questo spietato “killer”, qual è la friendzone, miete numerose “vittime innocenti”, di ogni età, sacrificate in nome del classico ragazzo ambiguo e sciupafemmine (per essere eufemistici), talvolta anche con l’ausilio degli ormai sempre più invadenti social network, quali Facebook o Whatsapp, che catalizzano la “condanna” in maniera rapida, ma non indolore. Uscire da questo tunnel è un’impresa ardua, adatta solo a persone temerarie dal cuore forte. Forse l’unica vera “medicina” in grado di curare questo anatema del XXI secolo, è il coraggio: solo con esso, infatti, ci si può davvero rendere conto che è meglio vivere un giorno da leoni che cento da zerbini. Anzi, da “friendzonati”. Tommaso Ranieri e Piero Di Domenico L’amicizia tra Aristotele e Facebook l sentimento dell’amicizia è oggi troppo spesso sottovalutato nonostante la sua importanza. Come disse Aristotele “l’uomo è un animale sociale” e per vivere appieno la sua esistenza necessita di stringere legami coi suoi simili. Il filosofo, a tal proposito, definì 3 categorie di amicizia: quelle intraprese solo per piacere personale; le amicizie opportunistiche, da cui trarre vantaggi; quelle che possono dirsi autentiche. Mentre i primi 2 tipi di amicizia sono a tempo, i veri amici sono per sempre: noi teniamo a loro, li proteggiamo, li accettiamo per quello che sono. Anticamente gli amici condividevano ideali e valori: la letteratura ci ha riempito gli occhi e il cuore di sentimenti forti come quello di Achille e Patroclo e di delicatissime variazioni sul tema, come la cura sollecita del Piccolo Principe in attesa della volpe. Nel passato era però difficile stringere amicizie a distanza durature, principalmente perché i mezzi di comunicazione erano scarsi e lenti. Oggi, grazie alla tecnologia, possiamo sempre tenerci in contatto, ma i social rischiano di farci dimenticare l’importanza di comunicare realmente facendoci credere che possiamo gestire tranquillamente centinaia di amici virtuali, convinzione che stride se confrontata col dato rilevato in varie epoche storiche dall’antropologo statunitense Dunbar, secondo il quale gli uomini, nel corso della propria vita, non possono coltivare rapporti d’amicizia o di conoscenza proficua con più di 150 persone. Ma siamo proprio certi di poter definire tanti e diversi individui veri amici? Per esserne sicuri, dovremmo sperimentarne qualità come la lealtà, la generosità, l’onestà, la compassione, doti che oggi molti, soprattutto adolescenti, non considerano, perché spesso frequentano persone che ritengono “alla moda”, migliori di loro solo per labili apparenze, finchè non vengono screditati come “sfigati” per motivi futili. Recentemente il cinema ci ha presentato un esempio di amicizia autentica nel film di Susanne Bier “Heavnen” (In un mondo migliore), in cui 2 ragazzini, Christian e Elias, nonostante le loro problematiche familiari, costruiscono un legame forte e sincero, che va oltre i pregiudizi, i limiti e le asperità dei singoli caratteri: anche se uno dei due sbaglia facendo rischiare la vita all’altro, la comprensione, l’affetto e il perdono hanno la meglio. E questo, in fondo, è ciò che dovremmo fare: non considerare le nostre differenze come difetti da eliminare, ma come qualità che ci possono avvicinare e arricchire nel confronto, senza pretendere di cambiarci. Noemi Milano 9 Socialmente Punk rock e merletti C orreva l’anno 1971: il mondo era trepidante, squarciato da grandi cambiamenti e ricercate trasgressioni, mentre a Londra si affacciava il punk rock con gruppi leggendari come i Sex Pistols, i Clash e i Ramones. Proprio qui, in una strada londinese, apriva il “Let it rock”, il primo negozio della neostilista emergente che trasformava, come per magia, la musica in eccentrici ed innovativi abiti: Vivienne Westwood. Il negozio fu il simbolo della “ribellione” di quegli anni: contro la monarchia e a favore dell’anarchia, una delle maglie più famose della Westwood raffigura appunto Elisabetta II in chiave satirica, tanto che lei stessa divenne il simbolo dello scandalo e dell’oscenità. Il “Let it rock” sancì la sua relazione con Malcom McLaren, padre del punk e manager dei Sex Pistols, che la introdusse nella nuova realtà underground londinese in cui lo stesso nome “Let it rock” non bastava più a rappresentare la nuova punk generation e presto divenne “Too fast to live, too young to die”. Il passo verso la creazione di un nuovo stile fu breve: la Westwood riuscì a concretizzare tutte le idee confuse di ribellione e caos che circondavano il punk inglese e vestì una generazione anticonformista guidata dalla musica, proprio quella che lei ricreava su stoffa. Questo legame tra musica e moda le portò fortuna: dieci anni dopo il suo “debutto”, nel 1981, approdò alla sua prima sfilata con la collezione Pirate, non più solamente ispirata alla moda avanguardista di strada, ma anche al passato e alla tecnica; per quanto possibile la stilista riuscì a stupire ulteriormente il mondo introducendo elementi classici come corsetti, pizzi, volant e mantelli in uno stile più New Romantic, adatto a band emergenti come i Duran Duran e i Depeche Mode. Per simboleggiare il cambiamento dei tempi e dello stile, il suo negozio storico cambiò definitivamente nome e diventò il “World End” ed è senz’altro giusto che abbia questo nome, perchè Vivienne Westwood ha condizionato il modo in cui vestiamo anche oggi e a 74 anni non finisce di stupire e di provocare, sia in politica, con campagne contro le amministrazioni Blair e Bush, sia nell’ambito etico, con campagne contro il cancro. Senza dubbio una donna di spirito e dal carattere eccezionale, con un incredibile talento, che è riuscita a dar voce ai desideri di diverse generazioni creando non solo semplici abiti, ma vere e proprie opere d’arte. Noi, da spettatori, non possiamo fare altro che dirle grazie! Lisa Di Pietro Blogger per caso L aura Manfredi è una giovane donna classe ‘84 appassionata di moda e life-style; mamma di due bambini, vive con la sua famiglia nei pressi di Teramo e si definisce geek girl, fanatica di tutto quanto concerne tecnologia e nuovi media. Ama mangiare bene e ascoltare tanta musica; adora viaggiare e fare acquisti on line. Da circa tre anni ha trasformato i suoi interessi in un vero e proprio lavoro, che sta diventando via via più gratificante ed impegnativo. Ci ha fatto visita a scuola dove abbiamo conversato piacevolmente. Nel suo blog Rock’n’Mode dà spazio alle sue passioni, condividendo coi followers esperienze e curiosità nelle sezioni dedicate: travel, fashion weeks, beauty e outfits. In particolare Laura utilizza la moda come fonte di ispirazione per creare nuovi stili o rinnovare quelli in auge; non si lascia sedurre e condizionare dai grandi marchi come qualunque fashion victim, ma preferisce cercare l’accessorio o il capo più giusto che possa piacerle nel tempo senza stancarla. Per le grandi case di cosmetici che la 10 contattano, Laura testa prodotti, ne verifica i punti di forza e ne suggerisce l’utilizzo ottimale. Le chiediamo come si diventa fashion blogger. “Io lo sono diventata per puro caso - ci risponde - Ho iniziato a postare alcune foto sui social, ma non mi aspettavo di avere successo…La cosa più importante per un blogger sono proprio le foto: devono essere scattate con una buona macchina e in luoghi ben illuminati, preferibilmente all’aperto. Devono essere chiare, nitide. Le pose devono esaltare ciò che si indossa da tutti i lati; è fondamentale fare i primi piani sui dettagli. Non ci sono segreti particolari: bisogna sfruttare al meglio le pagine dei social, specie Facebook ed Instagram. Siamo curiosi di sapere di cosa si occupa esattamente una fashion blogger. “Tra i compiti di una fashion blogger- ci dice - c’è quello di presentare, proporre e inventare nuovi outfit, prodotti o servizi anche a piccoli prezzi, dando consigli alle persone comuni e mostrando loro che, in quanto a stile, non hanno nulla da invidiare alle star del jet system.” Visto e considerato che ultimamente molte blogger sono divenute note in rete, chiediamo a Laura quale tratto la distingue in questo panorama. “La semplicità premia sempre...- risponde sorridendo -..quello che mi distingue dalle altre è proprio questo. Non voglio solo apparire ma anche essere, a differenza di tante che puntano solo alla fama, anche barando mediante l’acquisto di followers e like. Non bisogna puntare tutto sulla bellezza, ma far arrivare alla gente che c’è qualcosa in più… per essere un esempio non solo di stile ma anche di vita.” La redazione Criticamente DISCHI “This is all yours” ALT-J Un’energia sempre piú forte ma dosata, suoni ritmati in ascesa, fino al sospiro di sollievo di “Breathe in” ed “Exhale”. Un desiderio soddisfatto, lentamente. Tutto questo è l’effetto di ‘This is All Yours’, il nuovo album del gruppo britannico Alt-j che prende il nome dalla combinazione di lettere e segni da digitare sulla tastiera per ottenere il Delta “∆” (Three points where two lines meet). Suoni elettronici, batteria e voce ci portano in un viaggio verso (e attraverso) la città giapponese di Nara. Il disco ci guida nella ricerca della libertà dell’uomo, dell’eterno e indistruttibile legame con la natura che lo circonda e che, spesso, lo distrugge. Come espressione della libertà stessa troviamo, come dichiarato dagli artisti, l’immagine dei cervi che camminano liberi nei parchi, che rappresentano la libertà del gruppo di incidere ciò che vuole, andando contro ogni aspettativa o qualsiasi tipo di pressione, esterna o interna. Un vero e proprio ritorno allo stato naturale del tutto e una celebrazione dell’immaginazione quasi leopardiana lasciano spazio alla fantasia, che ci permette di trovare una momentanea felicitá, carica di desiderio di evasione, rendendo possibile una fuga dal caos. Elisa Geroldi “Nevermind” Nirvana Il 1991 fu un anno chiave nella storia del rock. Un giovane gruppo di Seattle, chiamato Nirvana, sale in maniera inaspettata al primo posto delle classifiche di vendita degli album. Il titolo si traduce in “Non importa” e si riferisce al distacco dei giovani dai problemi reali. Kurt Cobain, il mentore, riesce con la sua voce e con la sua chitarra a suscitare diverse sensazioni tra cui inquietudine, angoscia e frustrazione. “Smell like teen spirit”, il pezzo di apertura, è considerato uno dei capolavori del rock moderno, grazie al lavoro di batteria di David Grohl e all’assolo di chitarra dello stesso cantante. La canzone, specialmente nel ritornello finale, mette in risalto in maniera evidente il rifiuto del sistema, cercando una maniera per cambiare le cose. Nonostante siano passati 24 anni, Nevermind è un disco moderno, a dimostrazione del fatto che i Nirvana sono stati dei veri rivoluzionari, anche se da molti ritenuti sopravvalutati, incapaci di suonare, bravi solo a copiare da altri gruppi. La verità è che, a conti fatti, “Nevermind” ha venduto oltre 25 milioni di copie e “Rolling Stone”, non certo una rivista qualunque, lo colloca al 17’ posto della classifica dei migliori 500 album di tutti i tempi Piero Di Domenico “Lorenzo 2015 cc” Lorenzo “Jovanotti” Cherubini Non è mai esistito un solo Lorenzo, e la sua tribù (quella che balla) l’ha sempre saputo, anche se tenere il ritmo del Gino Latino non è un gioco da ragazzi. Ecco il nuovo album, due dischi, trenta pezzi. Lorenzo 2015cc. Un motorino cilindrata 2015 (ecco il significato del “cc”) irraggiungibile, impensabile, esplosivo, esattamente quello di cui il ragazzino kilometrico pelle e ossa va alla ricerca dal lontano 1987. Sorridendo con il Dj di Cortona che non va mai a dormire prima delle sei, passando per il ragazzo fortunato che pensa positivo e interpreta il mondo come un santone impegnato politicamente, incantati dal quarantenne che si dimena nell’electrobeat e si mette alla prova con la new wave, siamo arrivati ad innamorarci del cantautore riflessivo e romantico, seguendo il vulcano Lorenzo nella sua ricerca del nuovo. E di nuovo qui, in questi trenta pezzi, quel vulcano continua a sfidare se stesso e ogni suo singolo ascoltatore. Inutile mettersi comodi a contemplare con i lacrimoni agli occhi “Le tasche piene di sassi”, Lui è subito pronto con un nuovo singolo, Sabato, da far perdere il senso del vero e del falso, del bello e del brutto, da lanciarti in nuove dimensioni e anche da farti un po’ girare i cosiddetti, perchè i lacrimoni ti piacevano troppo. Lorenzo ha sempre preferito correre lungo il filo dell’ignoto, senza paura di sbilanciarsi, perchè proprio nella perdita dell’equilibrio sapeva di poter assaporare “altro”, qualcos’altro da scambiare, qualcos’altro da donare. L’ha sempre ripetuto, il mondo gli assomiglia nelle sue contraddizioni, per questo ha deciso di fare un disco pieno zeppo di contraddizioni e difetti (come lui stesso ribadisce), un disco che però, probabilmente per la prima volta, lo dipinge così com’è, libero, a braccia aperte, affamato di musica e pronto a raccogliere ogni genere conosciuto, anzi soprattutto sconosciuto. Ed ecco un disco che unisce l’Electropop e l’Afrobeat con Musica, sfiora il cantautorato con L’Astronauta e lo riprende con L’estate addosso che sa di Battiato e con Caravan Story che sa di Celentano, la World Music con Si alza il vento, il Reggae con Il vento degli innamorati e ovviamente le sue immancabili Ballad con Libera, Perché tu ci sei, Ragazza magica, Il cielo immenso. E’ un disco che sfiora tutto e non tocca niente, chiamatelo pure superficiale: chi va in superficie arriva più lontano di chi affonda. Eleonora Luciani “Born in the USA” B. Springsteen “Born in the Usa” è una strana bestia, nella discografia della tanto osannata rockstar anni ’80 Bruce Springsteen: amato e criticato allo stesso modo. È il cd del successo planetario, della fama mondiale, dei sospetti dei “nostalgici musicali”, ancora fermi alla musica anni ’60, ma soprattutto è il disco che, più di tutti, ha consegnato canzoni memorabili del cantante americano, forse le più famose della sua carriera musicale. Si va dalla celeberrima “Born in the Usa”, singolo che dà il nome all’album, dalla musicalità prorompente, travolgente, a “Glory Days”, passando per “Cover me” e “No surrender”, brani contraddistinti da un senso di inquietudine che pervade l’intero disco. Springsteen si fa portavoce di quella sensazione di profonda amarezza di cui era permeata la società americana dopo i grandi clamori degli anni ’60 e ’70, e lo fa nel miglior modo possibile, consegnando alla storia del rock uno dei cd capolavoro, punto di riferimento per tutti gli amanti di questo genere musicale tanto complesso quanto affascinante. Tommaso Ranieri 11 Criticamente LIBRI... “Breve storia del talento” di Enrico Macioci “I sillabari” Di quante ferite hai bisogno per capire che quella non è la tua strada? Di quante ferite hai bisogno per capire che, forse, è proprio quella? Enrico Macioci, scrittore aquilano, con il suo romanzo “Breve storia del talento” riporta ognuno di noi in un tempo volutamente dimenticato, un tempo colorato di imbarazzo, rabbia e passione ostinata. Un tempo di delusioni, vissuto in cortili di periferia, concentrato nel caldo immobile dell’estate, perché, come scrive l’autore “Quasi tutte le cose decisive accadono in estate”. La scoperta, amara, che il proprio talento non basta, che c’è qualcuno, Michele, più bravo a giocare a calcio, mentre la scrittura rimane in un cassetto, fonte solo di vergogna. Perchè tutto nasce da lì, nel momento in cui sembra chiaro che l’ardore con il quale si abbracciano le proprie ambizioni non basta, quando la mente vagabonda cerca conferme e sicurezze che nessuno riesce a darle, quando il sogno c’è ma il talento non è abbastanza. Proprio in quegli anni, tra un rigore mancato e un amore non corrisposto, si va formando un’armatura che resiste ai duri colpi di chi non crede in te, ma anche a quelli più duri che tu stesso scagli dall’interno. Un’armatura necessaria per affrontare la lunga traversata tra chi sei e chi potresti essere. Eleonora Luciani Cosa sono i Sillabari? Sottili nessi logici che legano indissolubilmente 54 parole chiave, sull’attenti sulla riga dell’ordine alfabetico, a 54 brevi storie limpide e realistiche come frammenti di specchio rotto. Puoi sentire l’Anima di un cane di strada? Cosa c’è di così potente negli occhi di un Bambino in cui ci si rivede? Che fine ha fatto la ragazza di nome Cuore? Figure senza nome e spesso senza identità sociale, ma mai senza volto e senza vita, si trovano immerse in un flusso infinito di tempo che corre e nel contempo innalzate al di sopra dell’immensità temporale con le loro riflessioni eterne. Una Donna deve offendersi se chiamata “ragazzino”? Quanta Grazia c’è in una donna che mangia e si muove come un gattino? Come può una bimba di 7 anni far fronte alla Malinconia senza conoscerne neanche il vero nome? Grazie ad incontri di parole surreali ma così indovinati da poterli assaporare, la lettura acquista la consistenza di quella sensazione che uno spazio sconfinato, aperto o chiuso, regala quando solletica quel punto imprecisato tra il petto e l’anima, esigendo spesso, come le 54 piccole perle di vera e propria poesia in prosa, un tuffo al cuore e una lacrima all’angolo dell’occhio. Chiara Di Lorenzo “L’uomo che metteva in ordine il mondo” di F. Backman “Ogni cosa è illuminata” di J. Safran Foer Ove ha cinquantanove anni, ha sempre guidato una Saab, crede nelle questioni di principio e si occupa di controllare che tutto, nel quartiere, sia al posto giusto. Ove ha solo cinquantanove anni, ha perso il suo lavoro e sua moglie e vuole morire. Sta per impiccarsi, quando un imbranato gli distrugge la cassetta della posta. È sul punto di avvelenarsi con i gas di scarico della sua auto, quando la moglie dell’imbranato lo supplica di accompagnarla all’ospedale. Vuole provocarsi un’overdose, ma il suo circa migliore amico (è una storia lunga) sta per essere internato in una casa di cura. Per non parlare del gatto, di Tre Anni, del finocchio e della ciabatta: tutto ciò che gli impedisce di morire lo porta anche sull’orlo della pazzia. ‘L’uomo che metteva in ordine il mondo’ è la storia toccante, spassosa, vivida ed emozionante di un uomo scontroso, della sua vita e del modo in cui un gruppo di squinternati lo costringe ad aprire di nuovo il suo enorme cuore al mondo. Alessia D’Andrea 12 di Goffredo Parise Jonathan è un giovane americano in cerca delle sue radici ucraine. Alexander è un giovane ucraino che gli farà da guida nel suo viaggio. Brod è la capostipite di una stirpe di ebree che vivrà fino agli anni dell’Olocausto. “Ogni cosa è illuminata” è un romanzo che intreccia i fili della memoria, del tempo e dell’amore alla ricerca del significato dei ricordi e delle storie di una vita; è la rivelazione del valore eterno ed intrinseco delle cose, siano esse inventate, perdute o dimenticate. Jonathan Safran Foer è l’abile sarto di una vicenda onirica, fatta di ellissi, silenzi e lunghi deliri di sospensione dell’incredulità. Svolge con maestria una matassa ingarbugliata di lettere, diari, pensieri al confine del surreale e dialoghi rivelatori. Sfiora la poesia in certi passaggi e strappa più di un sorriso con la prosa sgrammaticata di Alexander e il racconto delle epiche avventure di Sammy Davis Junior Junior. Strimpella le note dell’antica melodia che è la vita con la stessa naturalezza che caratterizza il battito di un cuore. “Ogni cosa è illuminata” è un libro viscerale, animato, primitivo, incontaminato, e come tale non può essere incasellato in termini tecnici, né basta la trama a racchiudere i suoi molteplici aspetti. È un libro che va letto con una frazione di cervello, due di spirito e una di stomaco, e soprattutto è un libro che non va capito, ma assorbito, appassionatamente amato. Alessia D’Andrea Criticamente ...FILM “The Bling Ring” “World trade center” di Sofia Coppola Quale adolescente non ha mai sognato d’indossare i vestiti firmati delle star di Hollywood? Nessuno, ma per Rebecca Ann questo desiderio si è tramutato in realtà. Grazie all’aiuto del nuovo compagno di scuola Marc, riesce a compiere diversi furti nelle case di VIP come Paris Hilton e Megan Fox. Con gli indumenti rubati, i 2 e le amiche Sam, Chloe e Nicki (interpretata da Emma Watson) conquistano popolarità e sicurezza. Ma il gioco è destinato a finire quando la polizia li scopre, grazie anche alle loro foto sui social. Con questo film Sofia Coppola è riuscita a raccontare una storia vera che fa aprire gli occhi alle nuove generazioni, troppo concentrate sull’aspetto esteriore e lo status sociale. Talmente fissati con il glamour da scontare anni in carcere per delle borse Birkin o orologi Rolex. Noemi Milano “Il giovane favoloso” di M. Martone Un Giacomo Leopardi, interpretato da Elio Germano, che brucia per la vita. E’ il protagonista del film “Il Giovane Favoloso” di Mario Martone, che racconta la vita del grande poeta rivoluzionandone completamente la percezione: durante i 137 minuti lo spettatore viene scosso da una nuova immagine del poeta, caratterizzata dalla voglia di vivere, di scappare e di vedere il mondo in ogni sua sfumatura. Non c’era poi così tanto spazio nella vita del grande e “triste” Leopardi per la “depressione” e il “pessimismo”: “Io non ho bisogno di stima, o di gloria o di altre cose simili. Io ho bisogno di amore, di entusiasmo, di fuoco, di vita.” È questo lo spirito che pervade l’animo del poeta e che nel film è espresso attraverso il contrasto tra l’ambiente di Recanati (chiuso e arido) e la musica scelta dal regista, quella di Apparat. Avreste mai pensato di associare un autore che ci sembra così lontano, Giacomo Leopardi, con quella che ci sembra musica nuovissima, l’elettronica? Ebbene il mix è sorprendente, sconvolgente, favoloso. Sasha Ring, in arte Apparat, ha curato la colonna sonora del film “Il Giovane Favoloso” creando un contrasto brillante ma armonico che ci porta ad essere empatici con il geniale Leopardi. Ripercorrendo la storia del malessere vitale dell’autore ascoltiamo pezzi come “You don’t know me” che segna l’incontro con l’amico Giordani o altri come “Light On”, “44” e “Goodbye“, il brano che avvolge la figura del poeta e lo accompagna fino alla Ginestra, fino alla morte. I ritmi freddi e quasi meccanici ci trascinano in un ambiente surreale, magico e incantato che sottolinea l’emozione provata nella lettura dell’Infinito, esaltandone la grandezza e ad amplificandone la vastità. Il giovane tedesco è riuscito a riportare Leopardi tra i giovani del XXI secolo. Non resta che riconoscere il nuovo Giovane Favoloso della musica. E. Geroldi e L. Di Pietro di Oliver Stone 11 Settembre 2001,ore 8:36: la città di New York sta iniziando una nuova giornata, frenetica come tante altre. All’improvviso, un suono sordo irrompe nell’atmosfera di Manhattan. Comincia l’inferno. JJ Mc Loughlin, (Nicolas Cage), a capo di una pattuglia di agenti di polizia, entra nelle torri per cercare di salvare le migliaia di persone intrappolate nel World Trade Center. Dopo alcuni minuti, un tremendo frastuono li scuote: la prima torre e’ collassata, e subito dopo la seguirà l’altro grattacielo, intrappolando Mc Loughlin e l’agente Jimeno per più di dodici ore, lasciandoli senza via di scampo così da essere dati per dispersi. Questo è il vero 11 Settembre, quello degli eroi sconosciuti, dei loro familiari, (Maria Bello interpreta la moglie dell’agente Mc Loughlin), delle vittime senza nome: il regista Oliver Stone, basandosi sulle testimonianze dei due agenti sopravvissuti, in “World Trade Center” ha voluto raccontare la vicenda umana e universale di un popolo, come quello americano, che mai avrebbe immaginato di provare un’esperienza così traumatica e sconvolgente. Uscito nell’agosto del 2006 negli Usa, è arrivato nelle sale italiane nell’ottobre dello stesso anno, dopo essere stato presentato fuori concorso alla 63^Mostra del Cinema di Venezia. Definito sul Time “delicato e profondo”, il film, che mette in risalto la grande paura americana e globale, trasmette un messaggio filantropico che può essere riassunto in una frase pronunciata dal protagonista, agente McLoughlin: “L’11 settembre ci ha fatto vedere di cosa è capace l’essere umano... Del male, sì, certo. Ma ha anche messo in luce una bontà di cui avevamo dimenticato l’esistenza. Uomini che si occupano di altri uomini solamente perché è la cosa giusta da fare”. Tommaso Ranieri “NANA” di Ai Yazawa È inverosimile come ci si lasci condizionare dai troppi pregiudizi che ci impediscono di avvicinarci a qualcosa di diverso. Nana è un anime, come molti preciserebbero “un cartone animato giapponese”, ma questo non lo rende assolutamente banale o meno bello: Nana Osaki è la giovane cantante dalla voce graffiante dei Blast, un gruppo punk rock in stile Sex Pistols. Nana Komatsu è invece una ragazza semplice che non sembra avere interessi particolari se non l’eterna ricerca del perfetto amore. Il loro incontro sul treno per Tokyo è segnato dal destino ed è il punto di partenza per il cambiamento imminente nelle loro vite aperte all’amore, all’amicizia, ai litigi e ai distacchi: entrambe vengono cambiate dalla musica, l’una inseguendo il suo sogno di cantante e ritrovando il suo Sid Vicious, Ren, e l’altra sposando e formando una famiglia con il suo idolo musicale. Le strade delle due Nana si separeranno, ma la loro amicizia sarà per sempre legata dal filo rosso del destino e alla fine si ritroveranno ogni anno in quello che una volta era stato il loro appartamento. L’anime è la trasposizione del fantastico manga di Ai Yazawa, che ci presenta un Giappone innovativo, ricco di punk e rock, un Giappone che non ci si aspetta e guidati dalle due Nana per le vie di Tokyo ci immedesimiamo nelle insicurezze e nelle scelte delle due ventenni. Lisa Di Pietro 13 Storicamente Le scuole e la Prima guerra Mondiale Premessa I Il 100° anniversario dell’ inizio della I guerra mondiale per l’ Italia (24 maggio 1915-24 maggio 2015) non poteva essere ignorato dalla nostra rivista, come non fu ignorato nel 2011 il 150° dell’ unità d’ Italia.1 In previsione di questa ricorrenza ho elaborato un progetto finalizzato a trattare sinteticamente alcuni aspetti nell’ ambito del tema “Gli studenti e la I guerra mondiale”. I documenti rinvenuti nell’ Archivio storico della R. Scuola Normale “G. Milli”, recentemente riordinato, sono stati ripartiti in quattro aree di ricerca, affidate ad alcune studentesse, che, dopo due mesi di lavoro documentale e bibliografico, hanno prodotto le seguenti relazioni, offrendo un contributo storico di tutto rispetto. Il Dirigente scolastico prof. Giovanni Di Giannatale 1 Si vd. Pegaso, n.15, maggio 2011, pp. 2 - 20 Iniziative di solidarietà e di volontariato Teramo nella grande guerra: patriottismo e solidarietà N el corso della Prima Guerra Mondiale, numerose furono le iniziative di solidarietà intraprese da studenti, pubblici funzionari e privati cittadini a beneficio dei soldati al fronte. Secondo un cronista, la città di Teramo in particolare si distinse per le sue manifestazioni patriottiche. All’entrata in guerra dell’Italia, le autorità nazionali chiesero ai Comuni di adibire alcuni edifici pubblici ad ospedali. Una delle sedi era ospitata dalla Regia Scuola Normale, ossia l’attuale Liceo Statale “Giannina Milli”. Queste strutture accoglievano prevalente- Il preside prof. Giovanni di Giannatale e le alunne delle classi che hanno partecipato al progetto storico “le scuole mente mutilati e malati e la prima guerra mondiale” di TBC. Fra coloro che prestavano assistenza ai era generalmente già usata dagli alunni 10.000 lire equivalgono a circa 20.000 malati, oltre al personale medico, spiccae veniva inviata ai valorosi combattenti euro, cinquantamila lire corrispondono a vano anche i volontari del Comitato per impegnati al fronte tramite i locali Coun centinaio di migliaia di euro. Queste l’organizzazione civile1. cifre appaiono ancora più sorprendenti, mandi di Presidio. Nelle scuole furono L’allora Sindaco riuscì inoltre a stanziare se si immagina che lo stipendio medio diffuse diverse circolari per promuovere un fondo di 10.000 lire mensili, frutto di questa raccolta, e gli alunni si mostraromensile in tempo di guerra andava dalle offerte di enti e di privati, che venne usano disposti a partecipare. Il loro impegno trentasei alle novantasei lire. to per spese mediche e alimentari. venne espresso tramite le dediche che Fra le altre iniziative si organizzò un bolPersonalità pubbliche di spessore, fra le lettino per tenere aggiornati i soldati lasciarono sui libri, le quali accendevano quali lo stesso Presidente del Consiglio al fronte sull’andamento della guerra; i l’animo patriottico dei giovani soldati, Salandra, si prodigarono per spronare i accompagnandoli nelle loro imprese. proventi ricavati dalla loro vendita andacittadini a donare. La risposta fu immerono in beneficenza. Inoltre furono racNelle circolari, il Ministero della P.I. sotdiata ed entusiastica. Gli studenti del tolineò di non voler fare pressione sugli colte altre somme di denaro e capi di veRegio Istituto Tecnico, infatti, riuscirono stiario, e sui giornali furono dedicati dealunni, ma solo esortarli a dare un loro a raccogliere 50.000 lire in favore dei solgli spazi alla corrispondenza dal fronte. contributo a questa iniziativa. Inoltre li dati al fronte nel giro di breve tempo. invitò a scegliere non un materiale scoAltro progetto che risultò utile e venne Somme di questo genere potrebbero lastico frivolo, ma qualcosa di utile alla appoggiato dalla maggior parte degli sembrare irrisorie, se non si fosse a colettura dei soldati. studenti teramani fu la raccolta di quanoscenza della valuta della lira all’epoca: derni e carta nelle scuole. Quest’ultima segue 14 Storicamente I testi scelti andavano consegnati direttamente al capo dell’Istituto. Nella prima parte della guerra, l’afflusso dei libri diminuì a causa dei problemi economici delle famiglie; per questa ragione, il Ministero fu costretto ad intervenire e la maggior parte dei rifornimenti venne effettuata a sue spese. L’Università degli Studi di Roma costituì un comitato che si occupò di raccogliere in un volume alcuni brani delle lettere dei caduti per testimoniare il loro amore per la patria. In particolare, i Capi di cia- scun Istituto ebbero l’incarico di chiedere alle famiglie dei caduti di raccogliere le loro lettere e donarle alla scuola affinché i professori scegliessero le più significative. In un secondo momento, la Biblioteca della Facoltà di Lettere selezionò e pubblicò i brani. Tutte queste iniziative sono la testimonianza storica più rilevante della solidarietà e coesione scolastica e cittadina dei teramani fra il 1915 e il 1918. Durante la Grande Guerra, Teramo si distinse come poche altre città italiane, rendendo onore sia ai contemporanei che ai posteri. Alessia D’Andrea e Melissa Lucci Classe VB del Liceo Linguistico 1 Si rimanda allo studio del Prof. Giovanni Di Giannatale, dal titolo Teramo tra ospedali militari e iniziative di solidarietà civile (1915-1918), che sarà pubblicato nella rivista Aprutium (2015) dell’Istituto Abruzzese Ricerche Storiche. Disposizioni ministeriali sulle scuole Iniziative formative D urante gli anni della Prima Guerra Mondiale il Ministero dell’Istruzione, guidato dal Ministro Grippo prima e dal Ministro Berenini poi, attuò una serie di iniziative affinchè la scuola, trasformata in una macchina per il sostegno patriottico, potesse istruire le giovani generazioni al senso di appartenenza alla Nazione e alle finalità dello scontro bellico in corso. In particolare nella provincia di Teramo furono inviati diversi telegrammi dall’Amministrazione Scolastica Provinciale riguardanti: la partecipazione ad eventuali manifestazioni nella ricorrenza della dichiarazione di guerra all’Austria del 24 maggio, avvenuta l’anno precedente con l’entrata in guerra dell’Italia (23 maggio 1916-Regia Prefettura della Provincia di Teramo sotto mandato del Ministro dell’Istruzione Pasquale Grippo alla Direttrice della scuola Normale Femminile di Teramo); il discorso dello stesso Ministero della Pubblica Istruzione Berenini rivolto a tutte le autorità scolastiche sul compito degli educatori nel confortare e suscitare nei discenti l’amore per la Patria e nell’esaltare il valore dei soldati che combattevano al fronte, perché il futuro della nazione e della sua difesa, nel territorio e nella Costituzione, era nelle mani dei giovani studenti (4 novembre 1917-Amministrazione scolastica della Provincia di Teramo sottomandato di Agostino Berenini ai dirigenti degli Istituti Medi). Nello stesso novembre del 1917, il giorno 22, sempre l’Amministrazione scolastica della Provincia di Teramo autorizzava i dirigenti degli istituti Medi ad iscrivere gli studenti profughi delle province invase, sotto pagamento di tasse scolastiche e per valide motivazioni documentate, augurandosi la migliore accoglienza e solidarietà da parte di tutti gli insegnanti e dagli altri allievi. Terminato il conflitto mondiale nell’11 novembre del 1918 con l’armistizio di Compiègne della Germania con le potenze Alleate, l’Amministrazione scolastica di Teramo il 20 novembre del 1918 potè annunciare ai Capi d’Istituto d’Istruzione Media la ripresa delle lezioni scolastiche di ogni ordine e grado, invitando i professori e i maestri ad esaltare la gloriosa vittoria italiana, conquistata per mari e per terra dall’eroismo militare dei soldati che istaurarono un’efficace resistenza, come nel decisivo scontro di Vittorio Veneto contro l’Impero austro-ungarico che portò il 4 novembre 1918 alla conclusione dell’armistizio di Villa Giusti che sancì la vittoria dell’Italia nella Grande Guerra, e a riferire ai studenti come la pace conquistata sarebbe stata apportatrice di un avvenire prospero e di progresso per lo Stato italiano. Camilla De Chiara Classe VA Liceo delle Scienze Umane con la collaborazione di Valentina Lattanzi Classe VB Liceo delle Scienze Umane. 15 Storicamente Iniziative formative Le disposizioni sulle scuole durante la Prima Guerra Mondiale T ra il 1915 e il 1918 la scuola subì dei cambiamenti in funzione della prima guerra mondiale. Questi cambiamenti consistevano in alcune riforme emanate dal Provveditore ai capi d’istituto di istruzione media della provincia di Teramo. I provvedimenti comprendevano: - L’agevolazione del corso di studi a favore dei giovani italiani chiamati al servizio militare(doc. del 04|10|1915); - La concessione di passaggio da scuole austro-ungariche a scuole italiane(doc. del 04|10|1915); - Le ammissioni facilitate per i giovani che dovevano arruolarsi(doc. del 31|05|1915); - l’anticipazione dell’esame di licenza dal liceo e dall’istituto tecnico e nautico di un anno,rivolto agli studenti iscritti al penultimo anno del corso di studi(doc. del 31|08|1915) A queste riforme si aggiungono tutte le trasformazioni che hanno investito i programmi scolastici. Le maestre e\o i professori dovevano educare i propri alunni al patriottismo e all’eroismo mi- A Real Collegio “San Matteo Apostolo”.1 Queste scuole furono restituite ai Presidi nel 1919. In aggiunta fu anche occupato il Seminario di Teramo, concesso dal Vescovo Monsignor Beniamino Alessandro Zanecchia Ginetti dell’ordine dei Carmelitani Scalzi, che diventò ospedale da campo. Alla fine dell’anno scolastico del 19151916, venne esteso nel Regno d’Italia, il regolamento scolastico che prevedeva: - l’obbligo scolastico fino ai 12 anni con la legge Orlando; - la compilazione dei programmi scolastici; - la suddivisione delle materie scolastiche in: Calligrafia e Disegno, Italiano,Educazione morale ed Istruzione civile ed infine Aritmetica. Sara De Patre Classe 5° AL 1 . Si veda il volume del Preside prof. Giovanni Di Giannatale, Storia della scuola teramana dalla seconda metà del XVIII al XIX secolo, Service editore, Teramo, 2014, pp. 760 Il sacrificio dei giovani llo scoppio della prima guerra mondiale si registrano diversi ‘dibattiti tra i partiti politici, che non solo si interrogano sul senso del conflitto, ma prendono posizione rispetto alla neutralità scelta dal governo Salandra’, come afferma il Preside Giovanni Di Giannatale nel suo Saggio Teramo durante la Prima Guerra Mondiale-neutralisti e interventisti tra l’agosto del 1914 e il maggio del 1915, che verrà pubblicato nella rivista Aprutium (2015) dell’Istituto Abruzzese di Ricerche Storiche. Se però tra l’agosto del ’14 e il maggio del ’15 scoppiano varie tensioni tra neutralisti ed interventisti, tra il 1915 e il 1918 le autorità militari e il Ministero della pubblica Istruzione richiesero iniziative di solidarietà che furono bene accolte dalla popolazione. In particolare, oltre alla nascita di ospedali militari di riserva nelle scuole o in altri edifici pubblici teramani (come la Scuola Normale Femminile, il Tecnomasio e il Convitto Nazionale), gli studenti rispondono alla richiesta del Ministero provvedendo “alla raccolta di libri da inviare ai soldati di stanza al fronte e alla raccolta della carta” come è reso noto dal predetto saggio. La testimonianza di questo piccolo grande gesto di solidarietà ci viene offerta 16 litare, facendo attenzione che essi non assumessero posizioni contrarie a quelle della Grande Guerra. In questi anni la stampa ed il cinema si concentrarono solo su temi che esaltavano l’impresa italiana; persino le storie vennero rivisitate come, ad esempio, quella di “Pinocchio”. A quest’ultimo venivano amputate braccia e gambe ad ogni bugia che diceva, per ricordare le ferite di guerra. Tornando alle scuole è doveroso aggiungere che molte vennero chiuse; al riguardo, come ha mostrato il Preside in uno studio intitolato “Tra ospedali militari e iniziative di solidarietà civile tra il 1915 e il 1918” che sarà pubblicato a Settembre 2015 nella rivista “Aprutium”, a Teramo vennero requisite: - La Regia Scuola Normale Femminile(futuro istituto magistrale); - Il Regio Istituto Tecnico “Vincenzo Comi”, detto anche “Tecnomasio”; - Il Convitto Nazionale annesso al Regio Liceo Ginnasio “Melchiorre Delfico” che in questo periodo era ubicato in Corso San Giorgio,dove fino al 1861 si trovò il anche dalla circolare inviata ai Capi d’Istituto d’Istruzione Media della provincia di Teramo dal Ministro Berenini (dal ’17 al ’21, Ministro della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia nel Governo Orlando) il 26 Dicembre 1917. In essa emerge la volontà del Ministero della Pubblica Istruzione di promuovere la raccolta di libri per i soldati come l’anno precedente (1916), esaltando questo gesto come “manifestazione nobilissima d’italianità”, ad indicare l’altezza dell’atto compiuto in relazione all’amore per la Patria. Inoltre, oltre che esaltare le dediche accompagnatorie sui volumi offerti, in quanto esprimevano “la misura del bell’ardore patriottico che anima e accende le giovani generazioni”, il Ministero si sofferma sull’importanza che questo gesto emerga come significativo gesto morale in modo che “i desideri delle milizie possano ottenere le meritate soddisfazioni” (in lett. di R. Provveditore agli studi di Teramo del 30/11/1916 ai Sig. Capi d’Istituto d’Istruzione media di Teramo). La raccolta dei libri, come stabilito dal Ministero, doveva essere effettuata entro la prima settimana del mese di Dicembre 1916; inoltre, afferma il R. Provveditore, la raccolta dei volumi non doveva essere il risultato di una banale ‘accozzaglia’, ma un’attenta raccolta di libri adatti, piacevoli ed anche in buono stato. Il Provveditore, quindi, accentua l’importanza della qualità della raccolta, chiedendo ai Capi d’Istituto di insistere sul carattere ideale del gesto dato che, come emerso in questo protocollo, dopo le larghissime offerte registrate da parte di privati ed editori nei primi tempi della guerra, l’afflusso del materiale è andato via via scemando. I libri infatti, dovevano essere acquistati, i cosicché il desiderio delle milizie di ricevere libri di qualità ha spinto il Ministero a rivolgere appelli significativi agli alunni affinché procurassero libri di alto contenuto gratuitamente. Tra i libri più donati vi erano: romanzi storici, racconti di viaggi ed avventure, pubblicazioni di amena lettura per i giovanetti, pubblicazioni largamente illustrate, romanzi popolari. Il supporto dei giovani grazie alla raccolta dei libri nel duro periodo della Prima Guerra Mondiale va sommato inoltre al sacrificio per il lavoro, dove spesero gran parte delle loro energie per il bene della Patria. Sofia Cicconi con la collaborazione di Valentina Rispoli della classe VC Linguistico Attivamente... al Milli I Considerazioni critiche sulla Buona Scuola n che cosa consiste il cosiddetto piano triennale dell’offerta formativa? Si tratta di un documento che deve contenere “la programmazione delle attività formative rivolte al personale docente” e la quantificazione delle risorse per la realizzazione dell’offerta formativa”. Il piano, di durata triennale, una volta formulato, è soggetto alla valutazione dell’USR sotto il profilo della compatibilità finanziaria e della coerenza degli obiettivi formativi. Approvato da tale Ufficio è inviato al MIUR, che compie le valutazioni di seconda istanza ed emette il decreto volto a finanziare le istituzioni scolastiche. Sorgono alcune obiezioni. Il documento in sè è buono, perchè consente alla scuola di contare su un finanziamento sicuro e definitivo, sulla cui base può realizzare quanto programmato. Senonché, a questa indubbia validità fa da contraltare una procedura che rischia di paralizzare i processi decisiona- li. Il doppio passaggio valutativo rinvia l’approvazione del piano alle calende greche, conoscendo per esperienza la lentezza delle pratiche amministrative. Per rendere più rapida l’approvazione del piano, sarebbe opportuno eliminare la valutazione del MIUR, che dovrebbe solo recepire l’approvazione degli Uffici Scolastici Regionali. Il piano, che nel testo originario era rigido, può ora essere modificato annualmente, secondo il nuovo testo approvato dalla Camera. La previsione normativa è ragionevole. Potrebbe infatti accadere che il fabbisogno dei docenti sia superiore per gli eventuali accresciuti bisogni formativi e che sia necessario disporre di ulteriori finanziamenti. C’è il fondato rischio, tuttavia, che le variazioni deliberate dalle scuole, essendo soggette al doppio passaggio sopra detto, corrano il rischio di non essere approvate in tempo, rendendo complicata e farraginosa la gestione, laddove l’assegnazione dei fondi oc- correnti non dovesse intervenire entro l’inizio dell’anno scolastico di riferimento. È vero che è il Dirigente Scolastico a scegliere i docenti? L’articolo 7 stabilisce che il Dirigente Scolastico una volta approvato il piano triennale, attribuisca gli “incarichi di docenza per la copertura di posti assegnati” alle scuole dal MIUR in base predetto piano. È radicalmente modificato l’istituto di assegnazione alle classi attualmente nominato dal T.U., che stabilisce criteri generali formulati dagli organi collegiali per destinare i docenti in una classe o l’altra. È questo il lato più critico del disegno di legge, perché il Dirigente scolastico sembra vincolato solo alle sue soggettive motivazioni e non più ai criteri generali fino ad oggi formulati dal Collegio dei docenti e dal Consiglio di Istituto. Piergiorgio Di Emidio Classe 5° A SA Laboratorio Lettura Un progetto per viaggiare lontano S cuola, compiti in classe, interrogazioni... La vita dello studente non è proprio semplice e in alcuni momenti può mettere a dura prova! Ma un metodo per evadere da tutto questo esiste, ed è qualcosa che forse non si potrebbe immaginare. .Da molti anni, nella nostra scuola, ogni giovedì pomeriggio un gruppo di ragazzi si incontra nella biblioteca. E, confrontandosi sui libri letti, si scambiano idee e consigli. Ma, quella che a molti potrebbe sembrare una noiosa attività extrascolastica, in realtà è molto di più.. Discutendo dei vari argomenti trattati, emergono temi che diventano spunto di riflessioni. Periodicamente si vedono film ispirati dai libri che li hanno particolarmente coinvolti e interessati. Inoltre, si ha l’opportunità di poter visitare città che offrono attività culturali, come mostre, e permettono confronti stimolanti con le più importanti librerie italiane, come ad esempio la FELTRINELLI. È anche un’occasione per conoscere nuove persone e soprattutto per poter trascorrere un pomeriggio diverso, dimenticando di trovarsi tra le quattro mura scolastiche! Chi ama leggere, infatti, sa bene che i libri non sono solo un insieme di fogli di carta (altrimenti poveri alberi!) ma un modo per allontanarsi dalla realtà che ci circonda, dai pensieri, dalle paure, dalle preoccupazioni. È come in- traprendere un viaggio lontano, lontano anche da se stessi per un po’. E come ogni viaggio porta con sè una miriade di emozioni che grazie a questa attività si possono condividere con persone diverse ma allo stesso tempo uguali, perchè accomunate dalla stessa voglia di lasciarsi trasportare altrove. Clarissa Evangelista 17 Attivamente... al Milli Laboratorio Teatrale Gli studenti di storia S Meravigliosamente impreparati alla lunga piccolezza della vita ei sul palcoscenico. L’unica cosa che vedi è un faretto abbagliante puntato dritto contro di te, perché tutti vedano. Il pubblico è un’ombra informe, ma tu sai che c’è, sai che ti sta fissando, che ti sta ascoltando. Per un breve attimo, sei così vivo che il tempo non esiste. Ogni secondo è vivido, intero, intatto, ed è lungo come un’eternità. Un istante dopo è tutto finito e tu non ricordi se non vagamente quello hai fatto o detto mentre recitavi. Il teatro è questo: un universo a sé, trascendente, estemporaneo, altro. Qualcuno recita per imparare a superare le insicurezze, alcuni lo fanno per stare al centro dell’attenzione e dare il meglio di sé, e magari altri hanno motivazioni ancora diverse. Per me non è niente di tutto questo. Io recito per essere me stessa. Non che normalmente io non lo sia, ma essere una studentessa o un’amica o una figlia o una sorella non esprime che una frazione della mia identità. Sono anche una scrittrice, un professore, un filosofo; sono umile, timida, raggiante, frustrata, melancolica, veemente, rude, leggiadra, impacciata. Sono una ragazzina ma anche un vecchio, un essere umano e una fata, sono la persona che I l laboratorio teatrale del Liceo Statale Giannina Milli, coordinato dalla prof.ssa Anna Colaiacomo, ha partecipato anche quest’anno ad alcuni eventi organizzati da enti culturali esterni alla scuola. Il 9 marzo le alunne Valeria Romani, Alessia D’Andrea e Marina Potassa hanno recitato dei monologhi in occasione della Festa della Donna per Il Lunedì del Saliceti a Ripattoni di Bellante. Il 17 aprile Camilla Marrangone, Chiara 18 abita i miei sogni a occhi aperti. E allora perché non lasciarmi sedurre dalle meraviglie di una fuga dall’ordinario? Questo è il motivo principale, certo, ma negli ultimi cinque anni mi sono imbattuta in una serie di adorabili effetti collaterali: moltissimi nuovi amici, maggiore consapevolezza di me, una dizione e un controllo della voce migliori, per non parlare della notevole capacità organizzativa che ho dovuto affinare per conciliare tutti i miei impegni, e i nervi saldi che ho dovuto sviluppare per reagi- re agli imprevisti o essere un riferimento per i miei compagni. Purtroppo questo è il mio ultimo saggio in questa scuola. Dopo cinque anni è il momento di concludere quest’avventura. Per il mio “gran finale” metteremo in scena uno spettacolo liberamente adattato da “Gli studenti di storia” di Alan Bennet. Io interpreto un professore à la Robin Williams ne “L’attimo fuggente”: scomodo, irriverente, fuori dagli schemi e amato dai suoi studenti. Il suo anticonformismo gli costa il lavoro, ma gli procura anche l’affetto dei suoi ragazzi. Nei panni del professor Hector, insegno loro nozioni inutili, ma ricordate, aperte le virgolette: “Ogni conoscenza è preziosa, che sia essa o meno della minima utilità per l’uomo”. Insegno loro a correre la staffetta; e loro insegnano a me a guardare la realtà con occhi sempre nuovi, a cercare il Bello nel mondo, a ridere di me stessa e ad affrontare, meravigliosamente impreparata, la lunga piccolezza della vita. “Gli studenti di storia” è una chiusura del cerchio, il mio passaggio da novellina nel 2010 a veterana nel 2015: il modo perfetto di passare il mio testimone. Alessia D’Andrea Milli in tour Di Lorenzo, Alessia D’Andrea e Valeria Romani hanno letto alcuni brani e poesie sull’Olocausto di Primo Levi e Costantino di Sante. Le stesse ragazze hanno letto poesie e brani di Goliarda Sapienza il 10 maggio a Torre Bruciata. Questi ultimi due eventi sono stati organizzati dall’associazione femminista teramana Se Non Ora Quando. Alessia D’Andrea Sportivamente... al Milli Un tris tutto biancorosso per il “Milli” I l 2 Maggio 2015 è una delle date che i teramani non dimenticheranno tanto facilmente: per la prima volta dopo 102 anni di storia, infatti, il Teramo Calcio è riuscito ad ottenere la promozione per il secondo campionato nazionale, la Serie B, compiendo un’impresa che mai nessuno avrebbe pronosticato ad inizio stagione. La redazione di Pegaso ha voluto invitare alcuni dei protagonisti di questa stagione e venerdì 15 maggio abbiamo avuto il piacere di intervistare l’attaccante Alfredo Donnarumma, miglior marcatore di tutti i campionati italiani con 23 reti, il centrocampista Diego Cenciarelli e il difensore Marco Perrotta, accompagnati dall’addetto stampa Marco De Antoniis. Iniziamo questa intervista dalla fine di questa cavalcata incredibile: qual è stata la vostra impressione nel vedere l’intera città di Teramo in festa per questo risultato? Donnarumma: È stata un’emozione bellissima vedere una città intera festeggiare e gioire per ciò che abbiamo fatto, sicuramente è stato un grande motivo d’orgoglio. Noi, come squadra, siamo fieri di aver fatto un regalo stupendo alla cittadinanza, che ha meritato questo successo sostenendoci in ogni occasione. Nel corso della stagione, l’interesse di Teramo nei confronti della squadra è cresciuto sempre di più: che ruolo hanno avuto i tifosi in questo storico traguardo? Perrotta: Sicuramente ci ha dato motivo di felicità e di gioia vedere un pubblico sempre più numeroso alle nostre partite casalinghe ed in trasferta, perché ci ha trasmesso una maggiore carica per affrontarle. Più in particolare, nelle ultime due gare nel nostro stadio, che erano fondamentali per conseguire la vittoria del campionato, vedere le tribune e la curva gremite ci ha spronato ancora di più , e soprattutto ci ha fatto rendere conto che a scendere in campo non eravamo soltanto in undici, ma una città intera. Eppure dopo le prime due sconfitte iniziali contro Pisa e Grosseto (due 3-1), le sensazioni non erano certamente positive: qual è stata la chiave per ripartire? Cenciarelli: Le due sconfitte iniziali sono state sicuramente amare da digerire, perché nonostante il risultato in sé, la squadra mostrava un buon gioco, ma siamo riusciti a non demoralizzarci e… sappiamo tutti poi com’è andata a finire. Qual è stato il momento chiave della stagione, in cui veramente vi siete resi conto che potevate compiere il salto in Serie B? D: Uno dei fattori che ha influenzato maggiormente la nostra stagione è stata sicuramente la forza del gruppo, che non si è mai arreso, mantenendo questo forte legame fino all’ultimo minuto. P: Io ritengo che abbiamo iniziato davvero a crederci nelle ultime partite della stagione, quando ormai avevamo consolidato il distacco dall’Ascoli. Il nostro unico obiettivo era vincere, ed il destino del campionato era solamente nelle nostre mani. C: Io ancora non ci credo…(ride)…. Al di là degli scherzi, la partita che forse ci ha dato un ottimo segnale per il futuro è stata quella disputata contro la Carrarese in trasferta (vinta per 5-1 in rimonta, ndr). Da quel momento abbiamo capito che potevamo compiere qualcosa di veramente eccezionale. Marco, come hai reagito alle critiche iniziali che sono state mosse verso di te? P: Posso certamente dire che non ho vissuto periodi facili, perché queste accuse non toccavano soltanto me, ma tutta la squadra, e questo era difficile da digerire, ma nonostante ciò abbiamo lavorato sempre più duramente, con maggiore intensità, e difatti i risultati si sono visti successivamente nel corso della stagione. segue 19 Sportivamente... al Milli Sicuramente uno dei cardini di questa promozione in Serie B e’ stato il rapporto creatosi con il vostro allenatore Vivarini: qual è il segreto di questo legame che si è formato tra voi e il mister? D: Il mister è una persona molto intelligente, capace. Ci ha messo sempre a nostro agio e durante i periodi di difficoltà non ha mai perso la calma, trasmettendoci una forte sensazione di serenità. E’ una persona che ha lavorato tanto per farci arrivare a questo traguardo. Se possiamo essere indiscreti… che colori vi vedete addosso la prossima stagione? P: Sicuramente la volontà è quella di rimanere, in quanto il desiderio di giocare la Serie B, dopo essersela conquistata sul campo, è molto forte. Ovviamente tutto questo non dipende da noi, c’è una società solida che dovrà fare delle scelte, dobbiamo solamente aspettare… C: Per me vale lo stesso discorso, restare a Teramo è uno tra i miei desideri per il futuro. D: Io sono di proprietà del Pescara, quindi il mio destino è legato alle loro scelte, vedremo cosa accadrà. L’età media della rosa di calciatori messa a disposizione dal presidente Campitelli per l’allenatore Vivarini è di 24 anni: un dato significativo, considerando l’attuale tendenza a ritenere l’Italia, calcisticamente parlando, un “ paese per vecchi”. D: Negli ultimi anni questa attitudine di preferire calciatori esperti e navigati è stata certamente la causa di una “diaspora” di giovani forti e promettenti, che non trovando spazio nelle leghe professionistiche nostrane hanno dovuto cercare fortuna altrove, in paesi quali Inghilterra, Francia, Germania….Come ho già detto, giocatori che possono davvero fare la differenza ci sono, ma l’Italia non ha ancora compiuto quel cambiamento di mentalità necessario per poter superare questo “limite”. Il Teramo è stato un esempio lampante di cosa significhi valorizzare e responsabilizzare i giovani, ed è un aspetto di cui essere realmente orgogliosi. Alfredo poco fa ha parlato delle difficoltà incontrate dai giovani per farsi strada nel mondo del calcio italiano: quali sono state le vostre, nella fase di inizio carriera, specie nel coniugare lo sport ai doveri dello studente? P: Io non le ho mai trovate! (ride)… Unire calcio e scuola è stato molto difficile e spesso pensavo che lo studio fosse inutile, ma ora che il calcio è la mia professione mi rendo conto che è stato importantissimo concludere gli studi conseguen- 20 do il diploma di ragioneria, anche perché la carriera di un calciatore si interrompe, di solito, all’età di circa 35 anni, e dopo il ritiro dall’attività agonistica, con un titolo di studio, è certamente più facile trovare un posto di lavoro. D: Andare via di casa a 14 anni non è stato facile, e come ha appena sottolineato Marco, anche io ritenevo la scuola poco importante, vivendo a 360 gradi la passione per il calcio. Crescendo ho compreso l’importanza fondamentale della scuola, che davvero può essere una palestra per la vita futura. È stato più ostico superare il distacco da casa che essere un perfetto “atleta-studente”? C: Al contrario di quello che si possa pensare, io ero molto felice di iniziare questa difficile avventura. Sin da quando avevo 11 anni ho dovuto trasferirmi a Modena, adattandomi sin da subito a ritmi di vita completamente nuovi. È chiaro che vivere distanti dalla famiglia non è facile, ma la passione per il calcio ha sicuramente alleviato queste sofferenze, e al termine di questa stagione sono molto orgoglioso di tutti i sacrifici che ho dovuto compiere, per poter arrivare a questo magnifico risultato. Quali sono state le persone che vi sono state maggiormente accanto durante la vostra carriera, dandovi coraggio nei momenti più difficili? D: La mia famiglia mi è stata sempre accanto, ed in particolare mio padre mi ha sempre assecondato in questa passione, dandomi tutto quello che è possibile dare ad un figlio, rimanendo sempre il mio primo tifoso (anche ora, ad ogni mio gol, esulta come se avessi vinto la Coppa del Mondo!). Ora, avendo una moglie ed un figlio, sicuramente posso contare anche sul loro sostegno ed affetto. P: Anche per me la famiglia è stata una base fondamentale su cui contare in ogni istante, dato che hanno sempre creduto in me, dandomi il loro supporto in ogni occasione. C: Io provengo da una famiglia di genitori separati, non è stato semplice per me… ho ritrovato la serenità e l’affetto nella famiglia della mia fidanzata, che mi ha trattato quasi come un figlio, e sicuramente gran parte del merito, di questa mia stagione, è anche loro. E’ uscito di recente il libro di uno scrittore aquilano, E.Macioci, che si intitola “Breve storia del talento”, nel quale si racconta di un ragazzo con la passione del calcio che deve fare i conti con qualcuno più bravo di lui. Come vivete il confronto con gli altri giocatori e la necessaria percezione del limite del vostro talento? P: Io spero che in ogni stagione si crei un clima di competitività tra i compagni, perché questo ci sprona ad allenarci con maggiore intensità’, sviluppando al meglio le nostre capacità. Credere che non ci sia nessuno più forte di te è un’utopia e sicuramente la presenza di un compagno di squadra più forte mi stimola a migliorare per arrivare al suo livello. D: In una carriera da calciatore ci saranno sempre dei momenti in cui si avverte la sensazione di essere “inferiore” a qualcuno. Certamente c’è il rischio di demoralizzarsi, ma questo fa parte del gioco e credo che sia motivo di crescita della persona. C: Si può dire che come nella scuola, in cui c’era sempre lo studente più bravo, anche nel calcio si trovano compagni di squadra molto più forti di te. Questo sport, però, non è caratterizzato solo dal talento, ma anche da altri fattori come il coraggio, il cuore, la testa. Con tali pregi chiunque può diventare un campione. Un’ultima domanda: qual è il vostro consiglio ai giovani calciatori che hanno il desiderio di intraprendere questo percorso? P: Uno dei consigli che mi sento di dare è quello di lavorare sempre in maniera costante, perché solo così è possibile ottenere dei risultati positivi. Basta prendere come esempio il pescarese Fabio Grosso, che è riuscito, con allenamento e costanza, ad arrivare a vincere da protagonista una Coppa del Mondo con la maglia della Nazionale. Un altro suggerimento che ritengo possa essere utile è quello di non mollare mai, neanche davanti ad ostacoli che possono sembrare insuperabili, perché, come ha dimostrato il Teramo quest’anno, tutto può essere raggiunto. L’impressione che è emersa maggiormente in questo incontro è stata sicuramente la consapevolezza che la squadra, e l’intera cittadinanza, stia vivendo un sogno, come evidenziato da Cenciarelli nel corso dell’intervista. È la rivincita di un popolo, quello teramano, che mai come ora aveva bisogno di una scintilla in grado di “ridestarlo” dal torpore in cui viveva da diversi anni, bistrattato e dimenticato da molti. I gol di Donnarumma, gli assist di Cenciarelli e le scivolate di Perrotta non hanno soltanto garantito il ritorno ai piani nobili del calcio italiano, ma hanno soprattutto riscattato l’onore di una città. A questo punto, non ci resta altro che dire: Bravi ragazzi! Tommaso Ranieri Piero Di Domenico Stefano Pietrinferni Attivamente... al Milli Dedichiamo una “finestra” del nostro giornale a due poesie di uno dei nostri redattori, Stefano, che esprime la sua vena artistica sia in versi che in prosa. SU QUESTO FAZZOLETTO ERBACCIA Ci addormenteremo su cuscini di cera, È fuggita dai passi ubriachi del mio sguardo una dichiarazione d’amore. Slanciato in opulenti discorsi per riacciuffarla ho perso la ragione. Le parole chiave non aprono più, i principi cardine spanati si trascinano rumorosi sulla mestizia. Sono rimasto chiuso fuori da me stesso vago. In un giardino di bellezze invisibili io inguardabile nell’inesistenza mi confondo. Sono incazzato... sono indesiderato sono gramigna. saremo le micce dei nostri stessi incubi e quando ci accenderemo di riflessioni spente allora si ci sarà un gran vociare. Parleremo dei nostri lineamenti amorfi, delle nostre assurde capigliature, delle tristi espressioni che ci colano dal volto e dello sfondo grigio su cui ci ostiniamo accalcarci. Apriremo gli occhi per guardare in cielo li chiuderemo per convincerci di esistere e solo quando i momenti dureranno tutti più di un momento avremo tempo e modo di capire: Siamo gli starnuti di un dio raffreddato che accende le stelle solo per potersi riscaldare. Stefano Pietrinferni M Stefano Pietrinferni Dove va l’Islam artedì 19 maggio 2015, presso la sala S. Carlo del Museo Archeologico di Teramo, alla presenza delle autorità locali, il giornalista Paolo Mieli ha tenuto una lectio magistralis su un argomento di scottante attualità intitolata “Dove va l’Islam?”. Intellettuale italiano di spicco impegnato nel mondo editoriale dall’età di 18 anni, Mieli si occupa anche di critica storica e politica; è stato direttore di testate quali “La Stampa” e il “Corriere della Sera” e dal 2009 ha assunto l’incarico di presidente della RCS. Il giornalista ha inizialmente tracciato, per sommi capi, la storia dell’Islam dalla nascita del profeta Maometto nel VI secolo d.C. all’espansione dell’Impero ottomano, fino al coinvolgimento dei paesi musulmani nei conflitti del Novecento, per arrivare ai nostri giorni. Alla luce degli avvenimenti più recenti che hanno contraddistinto “le primavere nord-africane” e la nascita del Califfato, ha presentato il quadro politico-amministrativo e gli orientamenti islamici più o meno radicali degli stati odierni del Medio Oriente e dell’Africa Settentrionale, soffermandosi su Iran, Iraq, Arabia Saudita, Siria e Libia. Con eloquio fluido e chiarezza espositiva, ha in seguito introdotto una breve panoramica sulle dinamiche inerenti il Califfato auto-proclamato dell’ Isis che, attraverso una martellante campagna mediatica sul web, ha reso pubblici il proprio programma e le aberranti carneficine di innocenti. Nell’esporre l’obiettivo dei terroristi, volto ad imporre il credo islamico con la violenza e a porre sotto assedio tutto l’Occidente e la capitale italiana, sede della Chiesa Cattolica, Mieli ha manifestato il proprio punto di vista, affermando che si tratta di un pericolo reale che occorre monitorare e affrontare attraverso una coalizione coesa, ma soprattutto coerente nelle scelte. La “coerenza” è la caratteristica che gli è più a cuore e di cui ha rimprove- rato la mancanza alla politica americana che, sebbene sia a capo delle maggiori organizzazioni internazionali, non ha ancora preso una posizione definitiva nella questione. Dopo aver riflettuto sui ruoli e sulle responsabilità delle forze in gioco nella “Primavera araba”, si è aperto un dibattito. Gli studenti della nostra redazione hanno posto delle domande una delle quali riguardante il confronto tra la confessione islamica e quella cristiana: Mieli ha suggerito di accostarsi con rispetto alla conoscenza della religione di Maometto per guidare le nuove generazioni a una convivenza pacifica nell’immediato futuro, considerando che, stando ai dati pubblicati recentemente su “Repubblica”, tra un cinquantennio sarà probabile che i musulmani supereranno i cristiani nel mondo. Alla studentessa che ha chiesto quali consigli avrebbe dato a un aspirante cronista, Mieli ha suggerito di frequentare una valida scuola di giornalismo e di cimentarsi nel campo dell’informazione in rete, che presto, a suo avviso, soppianterà totalmente la carta stampata. Ludovica Almonti classe IV B L 21 Attivamente... al Milli Impressioni newyorkesi I l nostro Istituto offre ai suoi studenti la possibilità di mettere alla prova la propria abilità linguistica e di visitare alcune delle capitali più famose, importanti e belle del mondo come Londra, Parigi, Berlino, Dublino, Barcellona e New York. Tutto ciò avviene grazie ai viaggi d’istruzione dedicati alla visita delle città per studiarne approfonditamente la storia e la cultura, e, da qualche anno, agli stage linguistici, con l’obiettivo di far acquisire agli studenti una maggiore dimestichezza con la lingua. Io ho partecipato ad uno stage ed è stata una delle più belle esperienze della mia vita. Ho potuto camminare all’ombra dell’Empire State Building e per le strade di Times Square, trovarmi di fronte al Madison Square Garden e alla Statua della Libertà: è stato magnifico constatare da sola quanto realmente caotica sia New York. Il giallo dei taxi che ti sfrecciano davanti ininterrottamente, le persone con una ventiquattrore in una mano e un caffè nell’altra che si affrettano ad andare al lavoro e l’immensità dei grattaceli che ti circondano facendoti sentire piccolo come una formica... Rimani ipnotizzato da tanta bellezza e diversità. Ma non è un’esperienza che ti arricchisce solo a livello scolastico, cresci tanto anche a livello umano, interagendo con le persone del posto e conoscendone di nuove che diventeranno tuoi amici; è qualcosa che tutti, secondo me, dovrebbero sperimentare. Arianna Cavacchioli classe 2°C L I nostri stage L o stage linguistico consiste in un soggiorno all’estero di una settimana in famiglia, oppure in residence o hotel e prevede la frequenza di un corso intensivo di lingua straniera in una scuola accreditata con insegnanti di madre lingua, visite ed escursioni ad attrazioni locali. Questa esperienza, oltre a favorire il potenzia- mento delle capacità comunicative in una lingua straniera, arricchisce il bagaglio culturale dei nostri studenti, perché dà loro la possibilità di cogliere alcuni aspetti storici, culturali e artistici di importanti città, nonché di sviluppare una serie di riflessioni che si possono collegare alla programmazione didattica di diverse discipline, dalla Storia alla Storia dell’arte, nonché alla lingua straniera studiata. Nell’anno scolastico 2014/2015 il nostro Istituto ha proposto tre stage linguistici; a NEW YORK dal 12 al 19 marzo, a BARCELLONA dal 21 al 28 marzo ed infine a DUBLINO dal 19 al 26 aprile. Prof.sse G. Di Gregoli, A. De Iuliis I nostri viaggi d’istruzione O ltre agli stage di cui Arianna ci ha raccontato un “assaggio”, nella nostra scuola sono stati organizzati dall’apposita Commissione, costituita dalle proff. P. Ercole e M. A. Quartapelle, diversi viaggi di istruzione, che qui di seguito riportiamo: • le classi quinte sono andate a Praga nel A sono partite ad aprile per i luoghi manzoniani; • le classi terze del Liceo Linguistico e Liceo Scienze Umane sono andate ad aprile nella Sicilia orientale. La redazione Sportivamente... al Milli nche quest’anno il Miur ha effettuato l’ennesimo taglio ai fondi destinati all’attività sportiva. In tre anni abbiamo assistito ad una riduzione del 75%, che ha costretto tutte le scuole a limitare le attività sportive rivolte agli studenti. Anche il Milli ha vissuto questa situazio- 22 mese di dicembre 2014; • la 4° A Linguistico e la 4° A Liceo Scienze Umane sono partite a marzo per la Grecia classica; • le classi prime del Liceo Scienze Umane hanno visitato ad aprile Pompei e la Reggia di Caserta; • le classi seconde di tutti gli indirizzi ne, che non ha permesso di variare l’offerta relativa al gruppo sportivo scolastico. Ciononostante il torneo di pallavolo ha visto la partecipazione di un elevato numero di alunni, concludendosi con la vittoria della 5° B del Liceo delle Scienze Applicate. In occasione dell’open day dell’Istituto, alcune studentesse, dopo un’accurata preparazione, hanno proposto un’esibizione di step agonistico, acrosport e ginnastica artistica, evidenziando varie sfaccettature di attività sportive non consuete. Proff. G. Salvatore, L. Giannandrè, R. Di Nicola Attivamente... al Milli Gli studenti del “Milli” a San Gabriele I l giorno 24 febbraio le classi IIIA, IVB e VC del Liceo Linguistico si sono recate presso il Santuario di San Gabriele dell’Addolorata per visitare la mostra dedicata alla Divina Commedia di Dante Alighieri. Prima di procedere alla visita, il nostro preside, prof. Giovanni Di Giannatale, studioso di San Gabriele e della storia passionista, ha tenuto una lezione su “San Gabriele studente”, che ci ha consentito di conoscere e scoprire lati nuovi del “Santo del sorriso”, ripercorrendo la sua formazione dal Collegio dei Gesuiti a Spoleto (1850-1856) al corso degli studi propri della Congregazione dei Passionisti, quando vi entrò il 10 settembre 1856. Tali studi comprendevano dopo il noviziato, il corso di filosofia e di teologia, prima dell’ordinazione sacerdotale. San Gabriele fu anche bibliotecario, riordinò i libri e su alcuni appose la scritta: «Ex libris recessus Immaculatae Conceptionis Congregationis Passionis». Abbiamo appreso che gli studenti di teologia ogni settimana dovevano tenere «dispute» su argomenti stabiliti dal lettore: due studenti I esponevano la tesi e vinceva la disputa che offriva le argomentazioni più persuasive. In questi casi, come il preside ha sottolineato, San Gabriele mostrava la sua “caritas intellettuale”: accorgendosi che le sue argomentazioni erano prevalenti su quelle del compagno, cedeva il campo, ovvero indeboliva “la sua posizione” per evitare che il compagno in difficoltà si sentisse umiliato. Al termine della lezione, il rettore p. Natale Panetta ci ha guidato attraverso i luoghi sacri mostrandoci la stanza del Santo, alcuni suoi scritti e le testimonianze dei miracoli. Abbiamo osservato dei pregiati incunaboli, parte dei quali recavano dediche scritte di proprio pugno da San Gabriele, e una copia anastatica della Bibbia di Giornalista per un giorno l 22 aprile una delegazione della nostra redazione era a Chianciano a ritirare il premio “Giornalista per un giorno” indetto da Alboscuole, associazione nazionale di giornalismo scolastico. Il nostro Pegaso è stato selezionato tra i primi 100 su oltre 2000 giornali scolastici italiani e durante la manifestazione abbiamo avuto occasione di vedere anche le “testate” di altre scuole. È stata sicuramente una bella esperienza, anche se le nostre aspettative sulla lezione di giornalismo in programma nella mattinata sono state un po’ deluse. Probabilmente per un pubblico di “aspiranti giornalisti” della scuola superiore sarebbe stata più adatta una lezione di maggiore spessore e articolata in modo diverso. La redazione Borso D’Este. Si tratta di un codice che rappresenta una delle più mature espressioni della miniatura rinascimentale che fu eseguita su pergamena nell’arco di sei anni da una squadra di artisti in due volumi tra il 1455 e 1461. L’originale è conservato nella Biblioteca Estense di Modena e nel santuario è custodita la copia 390 di 750 esemplari. In seguito, p. Roberto Facchinei ci ha introdotto nella sala della mostra: “La Divina Commedia negli ex libris di Renato Coccia”, che ha dato vita tra il 2002 e il 2008 ad un prezioso ciclo di cento acqueforti raffiguranti ogni singolo canto della Commedia. La realizzazione dei canti non è avvenuta in successione cronologica, ma secondo la disposizione d’animo dell’artista, che ha rappresentato brani, scene e personaggi dell’opera negli abiti del tempo. Coccia si è soffermato, in particolare, su ciò che ha impressionato ed arricchito se stesso e il committente, come il legame con la vita, con gli affetti e con la cerchia familiare. Ludovica Almonti, Chiara D’Ambrosio,Davide Lupacchini Classe 4°B L Lo sportello CIC Il C.I.C. (Centro di informazione e consulenza) è un supporto per gli alunni che manifestano disagi personali, emotivo-relazionali, familiari e/o scolastici che possono comunque avere una ricaduta sul rendimento. Prevede uno sportello di ascolto coordinato da tre docenti dell’istituto (Anelli Daniela, Di Ferdinando Carolina e Profeta Nicoletta) che hanno incontrato gli alunni su richiesta, e se opportuno anche i genitori. Lo sportello si è arricchito della collaborazione della Dott.ssa De Martinis Alberta, psicologa, che, a titolo gratuito, ha contribuito a gestire le situazioni e le relazioni problematiche, attraverso il dialogo, il confronto e di diversi momenti di incontro individuale e di gruppo, con grande professionalità e competenza. Le docenti referenti Saluti di fine anno Il Dirigente scolastico prof. Giovanni Di Giannatale, tutti i docenti ed il personale ATA salutano con affetto i proff. Alessio Di Nicola ed Emilio Di Nicola, due capisaldi storici del nostro Istituto, che saranno collocati a riposo dal 1 settembre 2015. Tutti noi li ringraziamo del lavoro svolto con dedizione e passione in tanti anni di insegnamento e auguriamo loro di godersi con serenità il tempo libero conquistato! La redazione 23 Maria Di Benedetto e Lisa Di Pietro