Sent. Corte Conti Campania 305_2015 divieto di cumulo
Transcript
Sent. Corte Conti Campania 305_2015 divieto di cumulo
Corte dei conti SEZIONE CAMPANIA ESITO SENTENZA NUMERO 305 ANNO 2015 MATERIA PUBBLICAZIONE RESPONSABILITA' 30/03/2015 Sentenza 305/2015 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA CAMPANIA composta dai seguenti magistrati: dott. Fiorenzo SANTORO Presidente dott. Rossella CASSANETI Consigliere relatore dott. Nicola RUGGIERO I Referendario ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di responsabilità, iscritto al n° 65588 del registro di Segreteria, instaurato a istanza della Procura Regionale della Corte dei Conti per la Regione Campania nei confronti dei signori: 1. Federico ALVINO, nato a Napoli il 09-03-1969 ed ivi residente alla via Giovanni Nicotera n. 10, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine della comparsa di costituzione in giudizio, dagli avvocati Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali Carlo Grasso e Stefano Patti ed unitamente ad essi elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Napoli alla via Depretis n. 62; 2. Stefano AVERSA, nato a Napoli il 28-04-1960 ed ivi residente alla via Partenope n. 1, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine della memoria di costituzione in giudizio, dagli avvocati Mario D'Urso e Franco Morena ed unitamente ad essi elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Rosa Leggio in Napoli alla via Monteoliveto n. 86; 3. Guido BENASSAI, nato a Napoli il 11-04-1962 ed ivi residente alla via Luigi Caldieri n. 91, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine della memoria di costituzione in giudizio, dagli avvocati https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti Sergio Como e Giuseppe Sartorio ed unitamente ad essi elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Napoli al viale A, Gramsci n. 16 4. Alberto CAROTENUTO, nato a Napoli il 01-061957 ed ivi residente alla via Francesco Crispi n. 131, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine della memoria di costituzione in giudizio, dagli avvocati Paolo Vosa, Giuliana Vosa e Claudia Mensiteri ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Napoli alla via G. Fiorelli n. 14; 5. Lino CINQUINI, nato a Viareggio (LU) il 20-07-1961 e residente in Massarosa (LU) al Piano Conca Via Natalino n. 420, rappresentato e difeso, giusta delega in calce alla memoria di costituzione in giudizio, dagli avvocati Dainora Poletti e Biagio Grasso ed unitamente ad essi elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Napoli alla via dei Mille n. 40; 6. Roberto DE CICCO, nato a Milano il 07-08- 1947 ed ivi residente alla via San Gimignano n. 12, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine della comparsa di costituzione in giudizio, dall'avv. Giuseppe Franco Ferrari ed unitamente a questi elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Bruno Ricciardelli in Napoli alla piazza G. Bovio n. 8; 7. Gennaro FERRARA, nato a Napoli il 07-08- 1937 e residente in Nola (NA) alla via Circumvallazione n. 310, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine della memoria di costituzione in giudizio, dagli avvocati Riccardo Marone e Alessandra Fucci ed unitamente ad essi elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Napoli alla via Cesario Console n. 3; 8. Rodolfo Maria A. NAPOLI, nato a Potenza il 31-03-1943 e residente in Furore (SA) alla via Crevano n. Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali 9, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine della memoria difensiva di costituzione in giudizio, dall'avv. Domenico Sabia e con questi elettivamente domiciliato presso lo Studio Cosenza in Napoli al corso Vittorio Emanuele n. 715; 9. Claudio PORZIO, nato a Napoli il 06-04 1957 ed ivi residente alla via G. Martucci n. 72, rappresentato e difeso, giusta procura a margine della memoria difensiva di costituzione in giudizio, dall'avv. Sergio Como ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Napoli al viale A. Gramsci n. 16; 10. Vincenzo SANGUIGNI, nato a Roma il 13-01-1967 ed ivi residente alla via Luigi Gallo n. 15, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine della memoria di costituzione in giudizio, dall'avv. Luigi Adinolfi e con questi elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Stefano Caserta in Napoli al Parco https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti Margherita n. 34; VISTO l’atto di citazione della Procura Regionale depositato presso questa Sezione Giurisdizionale il 04-122012; VISTE le memorie di costituzione depositate presso la Segreteria di questa Sezione Giurisdizionale dalle difese dei convenuti; VISTI gli atti di giudizio; CHIAMATA la causa nella pubblica udienza del giorno 16 ottobre 2014, con l’assistenza del segretario dott. Alfonso Pignataro, sentiti il relatore consigliere Rossella Cassaneti, il rappresentante del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Marco Catalano e gli avvocati Luigi Adinolfi, Carlo Grasso, Mario D'Urso, Sergio Como, Paolo Vosa, Dainora Poletti, Giuseppe Franco Ferrari, Gherardo Marone (presente per delega orale dell'avv. Riccardo Marone) e Domenico Sabia; Ritenuto in FATTO Con citazione depositata presso questa Sezione Giurisdizionale il 04-12-2012 la Procura Regionale ha evocato in giudizio i signori Federico ALVINO, Stefano AVERSA, Guido BENASSAI, Alberto CAROTENUTO, Lino CINQUINI, Roberto DE CICCO, Gennaro FERRARA, Rodolfo Maria NAPOLI, Claudio PORZIO e Vincenzo SANGUIGNI, per sentirli condannare al risarcimento del danno a favore dell’ Università degli Studi di Napoli “Parthenope” per i seguenti importi, con l'aggiunta di interessi legali, rivalutazione monetaria e spese di Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali giustizia: € 91.760,29 a carico di Federico ALVINO (€ 73.888,35 a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2003 al 2007 ed € 17.871,94 a titolo di indennità di carica e di incentivazione alla didattica percepite); € 81.065,97 a carico di Stefano AVERSA (€ 68.652,84 a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2003 al 2007 ed € 12.413,13 per indennità di carica e di incentivazione alla didattica percepite); € 56.761,36 a carico Guido BENASSAI a titolo di indebite erogazioni stipendiali dal 2003 al 2007; € 122.060,29 a carico di Alberto CAROTENUTO (€ 82.197,18 a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2004 al 2007 ed € 39.863,11 a titolo di indennità di carica); € 30.178,24 a carico di Lino CINQUINI a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2003 al 2004; € 32.396,25 a carico di Roberto DE CICCO a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2005 al 2007; € 438.477,30 a carico di Gennaro FERRARA (€ 114.488,97 a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2003 al 2007 ed € 323.983,33 a titolo di indennità di Rettore); € 122.321,91 a carico di Rodolfo https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti Maria A. NAPOLI (€ 114.488,97 a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2003 al 2007 ed € 7.832,94 a titolo di incentivazione alla didattica); € 119.010,32 a carico di Claudio PORZIO (€ 92.661,93 titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2003 al 2007 ed € 26.348,39 a titolo di indennità di carica); € 43.582,50 a carico di Vincenzo SANGUIGNI a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2005 al 2007. Il requirente, dopo aver esposto di aver conferito delega d'indagine al competente Nucleo GdF a seguito di specifica segnalazione dell’esercizio di attività incompatibili con l’espletamento della funzione di professore a tempo pieno da parte del Rettore pro-tempore dell’ Università degli Studi di Napoli “Parthenope” e di altri docenti presso il medesimo Ateneo, ha rilevato che i convenuti sono risultati, proprio a seguito di tale complessa attività istruttoria, aver esercitato attività in regime di partita IVA, incompatibili con la manifestata opzione per la docenza a tempo pieno, in contrasto con le disposizioni contenute nell'art. 11 D.P.R. 11-071980 n. 382 (vigente precedentemente alla riforma intervenuta con la legge 30-12-2010 n. 240). Il danno contestato ai convenuti riguarda, per il quinquennio di riferimento (2003/2007), tre diverse partite di danno, vale a dire: a) differenza fra le somme percepite a titolo stipendiale nella loro qualità di docenti a tempo pieno rispetto a quelle che sarebbero loro spettate a titolo di docenti a tempo definito; b) somme percepite da alcuni dei predetti convenuti a titolo di indennità di carica per le qualifiche istituzionali rivestite all’interno degli organi accademici, il cui presupposto è proprio lo svolgimento delle funzioni di docente a tempo pieno, la cui sostanziale inosservanza induce l'illiceità della percezione anche delle indennità di carica correlate all’esercizio delle funzioni di Rettore, Prorettore, Preside, membro del Consiglio di amministrazione, direttore di dipartimento, direttore di corsi di dottorato di ricerca; c) somme percepite da alcuni convenuti a Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali titolo di incentivazione dell’impegno didattico, prevista dall’art. 4 legge 19-10-1999 n. 370, prevedente la possibilità per le Università di erogare “compensi incentivanti l’impegno didattico ai professori e ricercatori che optano per il tempo pieno e che non svolgono attività didattica comunque retribuita presso altre Università od istituzioni pubbliche e private". Nell'atto introduttivo del giudizio si chiarisce, altresì, che l'assoluto divieto all’esercizio del commercio, dell’industria e di alcun’altra professione imposto nel caso di opzione per la docenza a tempo pieno chiaramente deducibile dal combinato disposto degli artt. 60 D.P.R. n. 3/1957, 11 D.P.R. n. 382/1980 (citato in precedenza) e 53, comma 7°, d.lgs. n. 165/2001, implica l'irrilevanza delle autorizzazioni all'esercizio delle attività svolte dai convenuti in regime di partita IVA, rilasciate in alcuni casi. Si precisa, in proposito, che https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti taluni incarichi, pur se astrattamente autorizzabili o addirittura non abbisognevoli di alcuna autorizzazione, sarebbero comunque incompatibili con il regime di professore universitario a tempo pieno qualora fossero svolti nell’ambito dell’espletamento di un’attività professionale. Il requirente ha evidenziato, ancora, che oggetto dell'odierna contestazione non è certamente la mera tenuta di partita IVA -che ha rappresentato unicamente un elemento sintomatico dell'esercizio di attività professionale da parte dei convenuti- ma lo svolgimento di attività professionali con carattere di continuità e mediante una stabile organizzazione professionale. Nell'atto introduttivo del giudizio, dunque, si provvede a descrivere la singola posizione di ciascun convenuto. Per Federico ALVINO si sottolinea come egli abbia continuativamente e stabilmente svolto per tutto il periodo riferimento, tranne che nell'anno 2004, attività di “consulenza amministrativo-gestionale e pianificazione aziendale”, incompatibile con il regime del tempo pieno per il quale aveva optato, percependo indebitamente anche l'incentivazione didattica di cui all’art. 4 legge 19-10-1999 n. 370. Per Stefano AVERSA è emersa secondo la prospettazione attorea- una analoga situazione di esercizio di attività professionale stabile e continuativa incompatibile con il regime di docenza a tempo pieno, così come per Guido BENASSAI, Alberto CAROTENUTO, Rodolfo Maria A. NAPOLI, Roberto DE CICCO -per il quale peraltro il comportamento illecito è riferibile soltanto al periodo 2005/2007 ed ha avuto dimensioni considerevolmente inferiori rispetto a quanto emerso per i convenuti precedentemente indicati- e Lino CINQUINI -per il quale sono state formulate considerazioni analoghe a quelle riguardanti Roberto DE CICCO ed è stata rilevata attività non consentita soltanto per il biennio 2003/2004. La posizione di Gennaro FERRARA, Rettore pro tempore dell’ Università Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali "Parthenope", è stata ritenuta particolarmente grave in considerazione degli elevatissimi redditi derivati dall’attività professionale esercitata e degli altrettanto elevatissimi costi e spese effettuati in ragione di tale attività. Analogamente, la posizione di Claudio PORZIO è stata valutata dal requirente come particolarmente grave, in considerazione dell'abitualità e delle ampie dimensioni dell'attività professionale da lui svolta, nonché dell'assunzione di un incarico lautamente retribuito nel CdA della società privata Vertis s.p.a., "del tutto incompatibile, non autorizzabile in astratto ed espressamente vietata dalla legge". Infine, per Vincenzo SANGUIGNI si pone semplicemente in rilievo che egli ha "per sua stessa ammissione continuativamente svolto l’attività libero-professionale per tutto il periodo in considerazione". Argomentando ancora sulla sussistenza del pregiudizio patrimoniale subito dall' Università "Parthenope" in https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti relazione agli illeciti suindicati, il requirente ha evidenziato che lo specifico regime delle compatibilità dettato per i docenti universitari e i benefici economici riconosciuti al tempo pieno esclude la valutabilità, a fini scriminanti, del corretto adempimento -dedotto dagli odierni convenuti nella fase istruttoria del presente procedimento- degli obblighi legati alla propria attività d'insegnamento mediante il regolare svolgimento delle ore di didattica previste dallo status lavorativo di ciascuno e della prestabilita attività scientifica. Dopo aver citato taluni precedenti giurisprudenziali ritenuti di particolare ausilio nel descrivere i caratteri d'illiceità rilevati nella vicenda qui esaminata, la P.R. ha osservato, in punto di elemento soggettivo, che "i convenuti, omettendo volontariamente ogni comunicazione in ordine alla loro posizione fiscale ed all’espletamento dell’attività professionale all’amministrazione danneggiata, pur essendo pienamente a conoscenza dei vincoli e delle preclusioni che il regime di docenti a tempo pieno imponeva loro, abbiano occultato e cagionato con dolo, nella forma del dolo civile contrattuale, un danno erariale nei confronti dell’ Università degli Studi di Napoli 'Parthenope'", nocumento che è stato quantificato negli importi indicati in precedenza. Tutti i convenuti si sono costituiti in giudizio, con l'assistenza dei difensori all'uopo incaricati, formulando, in via pregiudiziale, le seguenti eccezioni: difetto di giurisdizione della Corte dei conti in ordine alla (presunta) violazione dell'obbligo di esclusività della prestazione lavorativa conseguente allo svolgimento non autorizzato di incarichi retribuiti da parte del dipendente pubblico (Stefano AVERSA); inammissibilità dell'atto di citazione per violazione del termine di 120 giorni prescritto ex lege per il deposito dell'atto medesimo (Federico ALVINO, che deduce l'individuazione del dies a quo con riferimento alla data di notifica di ciascun invito a dedurre e Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali l'irrilevanza dell'ordinanza di proroga n. 16/2012 in quanto emessa a termine già scaduto e non allegata agli atti di causa; Roberto DE CICCO e Lino CINQUINI, che evidenziano la mancata comunicazione alle parti di tale ultima ordinanza con conseguente preclusione dell'attività d'impugnazione del medesimo provvedimento); nullità dell'atto introduttivo del giudizio "ai sensi dell'art. 164 c.p.c. in quanto privo dell'avvertimento espressamente previsto come obbligatorio dal n. 7) dell'art. 163 c.p.c." (Federico ALVINO) e, comunque, per genericità ed indeterminatezza (Lino CINQUINI); inammissibilità dell'atto di citazione per la genericità dell'invito a dedurre notificatogli nella fase pre-processuale (Guido BENASSAI; Claudio PORZIO) e per la formulazione di domanda nuova nell'atto di citazione rispetto ad esso (Guido BENASSAI; Gennaro FERRARA); nullità dell'atto di citazione e degli atti istruttori ai sensi dell'art. 17, comma 30 ter, D.L. n. 78/2009 (Gennaro https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti FERRARA; Stefano AVERSA); inammissibilità dell'atto introduttivo del giudizio per mancata preventiva vocatio in ius del soggetto erogante gli emolumenti contestati, ovvero dell' Università "Parthenope", come richiesto dall'art. 53, comma 7°, d.lgs. 165/2001 (Federico ALVINO). In via preliminare di merito, tutti hanno eccepito la prescrizione dell'azione di responsabilità amministrativocontabile esercitata nei loro confronti dalla P.R., rilevando, in proposito, che la pretesa risarcitoria in essa dedotta fa riferimento a quanto percepito dai convenuti nel periodo 2003/2007, laddove la notifica degli inviti a dedurre è avvenuta sul finire dell'anno 2011/inizio dell'anno 2012 senza essere preceduta da ulteriori atti interruttivi del termine de quo e non si versa in un'ipotesi di occultamento doloso del danno (Federico ALVINO, Guido BENASSAI, Gennaro FERRARA, Claudio PORZIO, Roberto DE CICCO, Lino CINQUINI, Alberto CAROTENUTO, Stefano AVERSA e Rodolfo Maria A. NAPOLI), nonché per aver fatto fronte con le somme de quibus alle proprie necessità di vita (Vincenzo SANGUIGNI). Sempre in via preliminare di merito, Vincenzo SANGUIGNI ha fatto istanza di sospensione del presente giudizio in attesa dell'esito di quello in corso innanzi al Consiglio di Stato a seguito dell'impugnazione della sentenza n. 775/2014 del TAR Campania emessa in riferimento alla pretesa di rifusione dell'indebito, derivato dalla vicenda esaminata anche nella presente sede contabile, avanzata dall' Università "Parthenope". Ancora sotto l'aspetto preliminare di merito, Federico ALVINO ha fatto istanza istruttoria di acquisizione di CTU tecnico-contabile intesa alla corretta individuazione e quantificazione del danno contestatogli. Nel merito, Federico ALVINO ha dedotto che tutte le attività da lui svolte al di fuori della docenza a tempo pieno negli anni 2003, 2005, 2006 e 2007 -che il convenuto ha provveduto ad elencare e documentare Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali dettagliatamente- sono avvenute su autorizzazione o addirittura su designazione dello stesso Ateneo di appartenenza, dunque sono consistite in attività di carattere didattico e scientifico strettamente connesse alla sua funzione di docente universitario, cui non è conseguita l'emissione di alcuna fattura e, pertanto, si sono svolte in piena conformità al dettato normativo; ALVINO ha negato, sul punto, che la titolarità di partita IVA possa costituire di per sé sicuro indizio o motivo di esercizio di attività libero-professionale, trattandosi, in realtà, di semplice adempimento di natura fiscale richiesto ogni volta che l'importo annuo delle prestazioni professionali eccede i 5000,00 €. Il convenuto ha rilevato, altresì, che il mancato esercizio di tali attività nell'anno 2003 contribuisce a smentire l'assunto attoreo secondo cui esse avrebbero avuto luogo con continuità e sulla base di stabile organizzazione; l'esistenza di quest'ultima caratteristica, in particolare, viene https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti negata da Federico ALVINO con l'ausilio della descrizione di tutte le fatture pagate negli anni in considerazione -a suo avviso da esaminare in luogo della dichiarazione dei redditi onde avere la corretta descrizione dei fatti che sarebbe difettata nell'indagine svolta dalla P.R.- da cui dovrebbe desumersi che si è sempre trattato di acquisti di beni e servizi di natura e per uso personale e solo molto occasionalmente di pagamenti di prestazioni professionali, svolte in assenza di rapporto di lavoro subordinato e, comunque, acquisite a supporto dell'attività didattica del prof. ALVINO proprio a testimonianza del fatto che egli non disponeva di una struttura stabilmente organizzata per l'esercizio di attività ulteriori. Negando, dunque, la sussistenza sia dell'elemento oggettivo dell'illecito contestato -anche sotto i profili del difetto di prova e dell'errata quantificazione del presunto pregiudizio economico- e sia dell'elemento soggettivo dell'illecito medesimo -per essere stata ogni attività svolta in piena buona fede- ha concluso per il proscioglimento da ogni addebito. Vincenzo SANGUIGNI ha chiesto il rigetto della domanda attorea formulata nei suoi confronti, non negando l'illiceità dell'attività libero-professionale da lui notoriamente svolta mentre ricopriva l'incarico di docente a tempo pieno per l' Università "Parthenope", ma ponendo in risalto la mancanza, nel suo caso, dell'elemento soggettivo dell'illecito, testimoniata dal fatto che l'esercizio dell'attività incompatibile avveniva in assoluta trasparenza ed evidenza. Guido BENASSAI ha evidenziato, con l'ausilio della documentazione allegata alla memoria difensiva, che la sua posizione si presta senz'altro al completo proscioglimento, in quanto gli incarichi da lui svolti erano, per ammissione dello stesso Ateneo di appartenenza, tutti astrattamente autorizzabili in quanto compatibili con il tempo pieno -salvo poi ricevere provvedimento di censura impugnato con ricorso al TAR perché basato Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali sull'erroneo presupposto della mancanza delle prescritte autorizzazioni- ed erano stati, altresì, tutti portati dal prof. BENASSAI a conoscenza degli organi universitari preposti al rilascio di tali autorizzazioni, la cui mancanza in alcuni casi è da addebitare, dunque, allo stesso Ateneo. Il convenuto ha rilevato, inoltre, che devesi tenere conto dei cospicui vantaggi ottenuti dall' università "Parthenope", in termini di finanziamento delle attività scientifiche e didattiche svolte dallo stesso BENASSAI in ambito universitario -appunto- proprio grazie all'attività libero-professionale da lui esercitata, vantaggi quantificabili in € 155.000,00 circa, ovvero in un importo pari al triplo di quello che egli dovrebbe risarcire secondo la prospettazione del requirente. Guido BENASSAI ha sottolineato, infine, che l'impegno da lui profuso ed i risultati conseguiti in relazione all'attività di docenza a tempo pieno sono stati espressamente riconosciuti dagli organi apicali dell'Ateneo de quo. https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti Gennaro FERRARA ha rilevato, a sostegno della sua istanza di proscioglimento dall'addebito contestatogli, che: tutte le attività da lui svolte "sono state preventivamente autorizzate e rientrano sicuramente nella previsione dell'art. 11, comma 5, lett. a e b perché tutte sono state svolte nell'interesse di enti pubblici territoriali o di ricerca o per conto dell'amministrazione dello Stato o riguardano lo svolgimento di attività didattiche, compresa la partecipazione a corsi di aggiornamento professionale, svolte in concorso con enti pubblici"; il conferimento delle autorizzazioni all'esercizio delle attività de quo da parte dell'Ateneo, non può essere assoggettato al sindacato giurisdizionale contabile, visto quanto disposto dall'art. 1, comma 1°, legge n. 20/1994; la titolarità di partita IVA non indica di per sé l'esercizio di attività professionale e non è certamente preclusa ai docenti a tempo pieno; la regolarità dello svolgimento della istituzionale attività di docenza del prof. FERRARA non ha mai subito alcuna penalizzazione, come testimoniato dal rilascio delle prescritte autorizzazioni da parte del Consiglio di Facoltà. Le ultime due argomentazioni esposte dal FERRARA, di cui alla sintesi qui riportata, sono state prospettate anche da Claudio PORZIO, il quale ha rilevato, altresì, che il modulo di richiesta di autorizzazione allo svolgimento degli incarichi predisposto dall' Università "Parthenope" all'epoca dei fatti non prevedeva alcuna dichiarazione di possesso di partita IVA o di eventuali preclusioni/incompatibilità e che dal corretto e puntuale esame degli atti e della documentazione fiscale emerge chiaramente che gli incarichi da lui svolti -oltretutto non certamente in modo continuativo ed abituale e con l'ausilio di una stabile organizzazione- erano regolarmente autorizzati, del tutto compatibili con il ruolo di docente a tempo pieno, non in conflitto d'interessi con l'Istituzione universitaria di appartenenza ed anzi finalizzati ad adiuvarla o addirittura non abbisognevoli di Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali alcuna autorizzazione. Inoltre, Claudio PORZIO ha sottolineato di non essere mai stato pro-rettore e di aver legittimamente svolto il ruolo di componente indipendente del CdA della società Vertis s.p.a. in quanto l'assenza di poteri gestionali non faceva rientrare tale incarico nell'esercizio del commercio e dell'industria. Dopo aver negato la sussistenza dell'elemento soggettivo dell'illecito contestato proprio in virtù della convinzione di agire del tutto legittimamente ed aver contestato la quantificazione del danno siccome operata dal requirente -perché non esplicitata, non provata e presumibilmente comprensiva anche delle ritenute fiscali- ha rilevato la necessità di tener conto, sotto tale ultimo profilo, dell'utilitas conseguita dall' Università "Parthenope" per effetto dei contributi finanziari allo svolgimento delle varie attività. Ha concluso per il proscioglimento dall'addebito contestatogli. https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti Deduzioni e conclusioni sostanzialmente simili a quelle già sin qui sintetizzate, hanno esposto e svolto anche Roberto DE CICCO -che riguardo la sua specifica posizione ha lamentato, altresì, un'ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai professori Giancarlo De Stefano e Maria Ferrara, la cui situazione è del tutto simile alla sua ma non sono stati destinatari dell'azione di responsabilità esperita dal requirente, nonché l'aver determinato un vantaggio per l'Erario operando la scelta di sottoporre a fatturazione IVA i pur saltuari incarichi svolti- Lino CINQUINI -che ha contestato la medesima disparità di trattamento rappresentata da DE CICCO, ha dettagliatamente elencato le attività svolte e sottoposte a fatturazione sottolineandone la piena conformità alle disposizioni legislative e regolamentari poste a presidio dell'attività di docenza a tempo pieno ed ha citato la sentenza n. 554/2009 della Sez. I Centr. Appello sulla necessità di dimostrare la concretezza e l'attualità del pregiudizio sì come descritto da requirente "attraverso la prova di una riscontrata minore resa del servizio, con abbassamento anche qualitativo delle prestazioni lavorative"- Alberto CAROTENUTO -che ha dettagliatamente descritto le spese indicate ai fini delle deduzioni fiscali e quelle sostenute per acquisti di beni e servizi nonché per prestazioni lavorative di terzi al fine di dimostrare l'assenza dei requisiti della continuità, dell'abitualità e della stabilità descritti dal requirente ed ha citato varie pronunce delle Sezioni territoriali e centrali della Corte dei conti- Stefano AVERSA e Rodolfo Maria A. NAPOLI. Buona parte dei convenuti ha citato, a sostegno delle proprie argomentazioni difensive, la nota prot. n. 2013/35 del 16-01-2013 del Rettore dell' Università "Parthenope" prof. Claudio Quintano in cui si manifesta l'opinione secondo cui gli emolumenti corrisposti ai docenti, oggetto dell'attività istruttoria della P.R., "risultano essere il frutto di attività che, sebbene non riconducibili ai doveri d'ufficio, sono considerati dalla Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali normativa in materia come liberamente esercitabili anche dai professori universitari a tempo pieno", nonché il parere C.U.N. n. 344 del 11-02-2010, in cui si esclude che la sola titolarità di partita IVA implichi di per sé una situazione d'incompatibilità con la posizione di docente universitario a tempo pieno; inoltre, si è rilevato come le spese portate in detrazione siano state di ammontare ben inferiore al 37% dei proventi indicato ex lege per gli studi professionali. Tutti hanno richiesto, pur se in mero subordine, che si faccia la più ampia applicazione del potere riduttivo dell'addebito, tenendo conto delle circostanze concrete in cui si sono svolti i fatti oggetto del giudizio. Nella pubblica udienza odierna il PM ha integralmente confermato l'atto introduttivo del giudizio, con l'ausilio delle seguenti osservazioni: la sussistenza della giurisdizione contabile sulla fattispecie descritta nell'atto https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti medesimo, è stata chiarita, senza ombra di dubbio, dalle disposizioni contenute nei commi 7 e 7 bis dell'art. 53 d.lgs. 165/2001, introdotte successivamente all'instaurazione del giudizio; l'ordinanza di proroga del termine per il deposito dell'atto di citazione, emessa nel corso della fase pre-processuale, costituisce atto endoprocedimentale, che in quanto tale non necessita di notifica alle parti private e, comunque, sarebbe stata reclamabile da queste ultime una volta avutane conoscenza con la notifica dell'atto di citazione, nel quale se ne fa espressa menzione; l'art. 163, n. 7), c.p.c., non rientra fra le disposizioni del codice di procedura civile applicabili al processo contabile, di modo che la mancanza dell'indicazione ivi fornita nell'atto di citazione non ne determina affatto la nullità; in punto di prescrizione, l'infondatezza della relativa eccezione emerge dal fatto che si versa senz'altro in una fattispecie di occultamento doloso del danno -che fissa il dies a quo nel momento della scoperta dell'illecito- in quanto i convenuti hanno consapevolmente taciuto determinate e rilevanti circostanze, ovvero l'esercizio di attività libero-professionale incompatibile con il regime della docenza a tempo pieno; nel merito, l'invocazione della condizione soggettiva della buona fede è destituita di fondamento, ove si consideri che si tratta di docenti universitari, la cui specifica preparazione tecnica impedisce di ipotizzare che essi non fossero consapevoli dell'illiceità della loro condotta, mentre per ciò che concerne la titolarità di partita IVA, di per sé sicuramente neutra, comunque si colora quando -come nella vicenda in esame- è collegata alla produzione di reddito. Gli avvocati presenti -Luigi Adinolfi, Carlo Grasso, Mario D'Urso, Sergio Como, Paolo Vosa, Dainora Poletti, Giuseppe Franco Ferrari, Gherardo Marone (presente per delega orale dell'avv. Riccardo Marone) e Domenico Sabia- hanno tutti sinteticamente richiamato le deduzioni versate nelle rispettive memorie, confermandone le Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali conclusioni, sia in via pregiudiziale e sia nel merito, per poi svolgere talune precisazioni. In particolare, l'avv. Carlo Grasso ha sottolineato come la sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo sia chiaramente smentita dal fatto che gli incarichi svolti dal suo assistito (Federico ALVINO) avevano luogo quasi esclusivamente su designazione dello stesso Ateneo e che le voci componenti il presunto danno erariale non sono state oggetto di alcuna specificazione da parte del requirente, con ciò, da un lato determinando la compromissione delle possibilità di difesa del convenuto e, dall'altro lato, richiedendo un approfondimento istruttorio finalizzato a chiarire tale aspetto. L'avv. Mario D'URSO ha rimarcato, in primo luogo, che la mancata indicazione nell'atto di citazione del titolo da cui deriverebbe a carico di Stefano AVERSA il danno erariale di € 12.413,13 (che unitamente alla somma di € 68.652,84 percepita per erogazioni stipendiali indebite dal 2003 al 2007 darebbe https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti luogo all'importo totale addebitatogli di € 81.065,97) importa rinuncia implicita della P.R. all'azione per la suddetta somma e, in secondo luogo, che la mancanza del contestato elemento soggettivo del dolo sarebbe testimoniata dal proscioglimento di Stefano AVERSA in sede disciplinare (circostanza a riprova della quale ha depositato copia del verbale del 08-11-2013 del Collegio di Disciplina dell'Ateneo). L'avv. Sergio Como ha sottolineato, riguardo le posizioni di entrambi i suoi assistiti (Guido BENASSAI e Claudio PORZIO), la fondatezza della sollevata eccezione di prescrizione, soprattutto in relazione al fatto che mancava nei convenuti l'intenzione di occultare i propri comportamenti e di violare norme, anche perché l' Università ben conosceva e ampiamente tollerava lo svolgimento di incarichi professionali ulteriori rispetto alla docenza, il che non poteva che legittimare l'affidamento dei docenti nella liceità di essi; riguardo la specifica posizione di Claudio PORZIO, ne ha sottolineato la complessità, trascurata nell'atto introduttivo del giudizio che sulla sua descrizione si è solo brevemente soffermato e testimoniata dalla copiosa documentazione prodotta in allegato alla memoria difensiva, concludendo, sul punto, con un'istanza di approfondimento istruttorio. L'avv. Paolo Vosa ha rappresentato l'avvenuto proscioglimento di Alberto CAROTENUTO in sede disciplinare, a testimonianza sia della liceità del suo comportamento e sia della mancanza in esso di qualsiasi connotazione dolosa; ha fatto istanza, altresì, di stralcio della posizione del suo assistito nel caso in cui il Collegio intenda procedere ad approfondimento istruttorio, essendo il rinnovo dell'incarico consolare in Giappone già conferitogli condizionato dalla definizione del presente giudizio. L'avv. Dainora Poletti ha a sua volta richiamato l'attenzione sulla mancata irrogazione di sanzioni disciplinari in danno del suo assistito (Lino CINQUINI), l'avv. Gherardo Marone ha ulteriormente specificato l'eccezione di nullità degli atti istruttori in Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali relazione alla prescrizione dell'azione di responsabilità amministrativo-contabile e l'avv. Domenico Sabia ha posto in evidenza la buona fede di Rodolfo M. NAPOLI nello svolgimento degli incarichi, per i quali ha sempre presentato apposita richiesta di autorizzazione. Considerato in DIRITTO A. In via del tutto pregiudiziale, il Collegio deve procedere all’esame dell’eccezione di difetto di giurisdizione della Corte dei conti, sollevata dalla difesa di Stefano AVERSA, sotto l'aspetto della violazione dell'obbligo di esclusività della prestazione lavorativa conseguente allo svolgimento non autorizzato di incarichi retribuiti da parte del dipendente pubblico -per la quale sussisterebbe la giurisdizione esclusiva del G.O.- nonché https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti adombrata dalla difesa di Gennaro FERRARA, sotto il profilo della non sottoponibilità al sindacato giurisdizionale contabile del conferimento delle autorizzazioni all'esercizio delle attività de quo da parte dell'Ateneo in relazione a quanto disposto dall'art. 1, comma 1°, legge n. 20/1994. A.1. Sotto il primo profilo, l'eccezione medesima può dirsi superata ex se, avendo l'avv. Mario D'Urso manifestato nel corso dell'odierna udienza la presa d'atto della disposizione intervenuta con l'introduzione (ad opera dell'art. 1, comma 42, lett. d, L. 6 novembre 2012, n. 190) del comma 7 bis nell'art. 53 d.lgs. 165/2001 -richiamata dal PM di udienza- a tenore della quale "L'omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti". Sul punto, valga soltanto ricordare che il precedente comma 7 del medesimo articolo fa esplicito riferimento ai docenti universitari a tempo pieno, tant'è vero che esso così dispone: "I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. Ai fini dell'autorizzazione, l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti". Pertanto, non può revocarsi in dubbio la sussistenza della giurisdizione contabile nella fattispecie all'esame del Collegio, concernente appunto -secondo la prospettazione attorea- l'esercizio di attività incompatibili con l’espletamento della funzione di professore a tempo pieno da parte del Rettore pro-tempore dell’ Università degli Studi di Napoli “Parthenope” e di altri docenti presso il medesimo Ateneo, con la conseguenza che l'eccezione de qua risulta, comunque, giuridicamente infondata. A.2. Sotto il secondo profilo, va esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione contabile per insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali dell' Università "Parthenope", di cui all’art. 1, comma 1, Legge n. 20/1994 e s.m.i., prospettata dalla difesa di Gennaro FERRARA riguardo il conferimento da parte dell'Ateneo delle https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti autorizzazioni all'esercizio di attività ulteriori e di supporto rispetto a quella didattica. Orbene, in disparte considerazioni circa l'evidente inconferenza dell'eccezione in parola stante la circostanza che oggetto delle contestazioni del requirente contabile non sono le suddette autorizzazioni ma l'esercizio da parte del FERRARA e di altri docenti di attività incompatibili con il regime del tempo pieno in cui essi erano inquadrati, valga semplicemente riportare, per statuire l'infondatezza giuridica dell'eccezione medesima, quanto osservato dalla Sez. II Centr. Appello nella recente sentenza n. 374/2013: "L’eccezione, già formulata in primo grado, è stata respinta dai primi giudici sulla base della pacifica giurisprudenza che interpreta detta norma come preclusiva dell’ingerenza del giudice contabile sulle scelte (discrezionali ) tra diverse soluzioni possibili, ugualmente legittime e lecite, per il perseguimento nel caso concreto del fine pubblico posto dalla legge (Cass. S.U. 08.03.2005 n. 4956; Corte conti, Sez. II App. 24.09.2010 n. 367). Sul punto, la giurisprudenza ha ripetutamente precisato che la cognizione della Corte dei conti riguarda, in linea di massima, anche le scelte discrezionali dell’amministrazione, per verificare se esse siano coerenti con i principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, o invece abbiano comportato l’adozione di scelte arbitrarie e diseconomiche: in particolare, è stato pacificamente affermato che la Corte dei conti ben può sindacare gli atti amministrativi, senza che sia di ostacolo il divieto riguardante il merito delle scelte discrezionali (ex multis, cfr. Corte dei conti, Sezione I app., n. 120 del 2009; Sezione III app., 7.1.2003, n. 2 e 8.1.2003, n. 9. Cfr., inoltre, Cassaz, SS.UU., 19.1.2001, n. 11 e 10.7.2000, n. 469). In altri termini, poiché Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali ciò che distingue l’attività amministrativa discrezionale da quella vincolata è la possibilità di scelta tra più comportamenti leciti, in questi casi il Giudice contabile dovrà verificare, con giudizio ex ante, se la scelta operata corrispondesse di per sé a criteri generali di logica e ragionevolezza (cfr., ex plurimis, Corte dei conti, SS.RR., 30.9.1993, n. 904/A)". Pertanto, anche sotto il profilo ora esaminato, l'eccezione di difetto di giurisdizione contabile risulta priva di pregio e va respinta. B. Il Collegio deve ora valutare tutte le eccezioni d’inammissibilità/nullità dell'atto di citazione, opposte dalle difese dei convenuti sotto vari profili. B.1. Un primo profilo d’inammissibilità dell’atto de quo deriverebbe dalla violazione del termine di 120 giorni prescritto ex lege per il deposito dell'atto medesimo, dedotta da Federico ALVINO, che sostiene che https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti l'individuazione del dies a quo del predetto termine debba essere riferita alla data di notifica di ciascun invito a dedurre e l'irrilevanza dell'ordinanza di proroga n. 16/2012 in quanto emessa a termine già scaduto e non allegata agli atti di causa, nonché da Roberto DE CICCO e Lino CINQUINI, che evidenziano la mancata comunicazione alle parti di tale ultima ordinanza con conseguente illegittima preclusione dell'attività d'impugnazione del medesimo provvedimento. Nel caso all'esame del Collegio, dunque, si sarebbe verificato, ad avviso delle suindicate difese, il deposito dell'atto introduttivo del giudizio oltre la scadenza del termine previsto dall'art. 5, comma 1, del d.l. 15 novembre 1993 n. 453, convertito in legge 14 gennaio 1994 n. 19, come sostituito dall'art. 1, comma 3 bis, del d.l. 23 ottobre 1996 n. 543, convertito in legge 20 dicembre 1996, n. 639 (120 giorni a loro volta decorrenti dalla scadenza del termine assegnato nell'invito a dedurre e decorrente dalla data della notifica di esso per la presentazione delle controdeduzioni). Sul punto, occorre premettere che le Sezioni Riunite della Corte dei Conti, con orientamento che il Collegio condivide appieno, hanno affermato che il momento giuridicamente rilevante ai fini dell'esercizio dell'azione, entro la sequenza temporale imposta dal legislatore, va individuato con riferimento alla data in cui l'atto di citazione viene depositato presso la Segreteria della Sezione adita, essendo questo il momento che giuridicamente ne segna l'”emissione” (sentenza n. 18/QM/1998 del 27 maggio-4 agosto 1998). Con riferimento al dies a quo del predetto termine nel caso di pluralità d'invitati, le SS.RR. di questa Corte hanno affermato, nella sentenza n. 1/2005/QM ormai uniformemente applicata e condivisa anche dalle Corti di merito, che gli aspetti strutturali e di garanzia del soggetto indagato e quelli incidenti sulla completezza della Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali fase istruttoria, potessero essere entrambi soddisfatti attraverso l'applicazione della disposizione contenuta nell'art. 7, comma 3, del r.d. n. 1038 del 1933, a tenore della quale “quando nello stesso procedimento siano più i convenuti, vale per tutti il termine maggiore”, in quanto norma funzionale all'esigenza di garantire, nel solo caso di pluralità di presunti corresponsabili del medesimo danno pubblico, esattamente individuati nell'invito a dedurre loro contestualmente comunicato, la valutazione unitaria e comparata delle relative posizioni. Per le altre ipotesi, invece, ivi compresa quella in cui eventuali corresponsabili vengano individuati solo successivamente, le Sezioni Riunite hanno ritenuto di confermare il precedente orientamento espresso nella sentenza n. 13/2003/QM, ovvero quello di ancorare il dies a quo del termine di centoventi giorni dalla data di notifica di ciascun invito a dedurre. https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti Orbene, nella fattispecie in esame è avvenuto che l'invito a dedurre è stato notificato agli odierni convenuti, con assegnazione di termine di trenta giorni per il deposito di controdeduzioni, tra il 31-01-2012 ed il 23-032012, di modo che la scadenza del termine di 120 giorni per il deposito dell'atto di citazione sarebbe avvenuta, tenuto conto della rituale sospensione dei termini processuali, il 04-10-2012; con l'ordinanza di proroga n. 16/2012 di questa Sezione Giurisdizionale, emessa in data 13-07-2012 in esito all'istanza depositata dall'Ufficio di Procura presso la Segreteria della Sezione il 22-06-2012 e cioè entro la data predetta -il che conduce all'infondatezza del rilievo difensivo secondo cui la stessa ordinanza di proroga n. 16/2012 sarebbe stata intempestiva- è stato consentito il differimento di ulteriori 120 giorni del termine di scadenza suindicato, con la conseguenza che il definitivo spirare di esso sarebbe avvenuto il 01-02-2013. Poiché l' atto introduttivo del giudizio è stato depositato presso la Segreteria della Sezione il 04-12-2012, ne deriva l'incontrovertibile tempestività. Inoltre, riguardo la mancata allegazione al fascicolo di Procura dell'ordinanza di proroga n. 16/2012 precedentemente citata -che sempre secondo la difesa di Federico ALVINO ne determinerebbe l'irrilevanza ai fini del presente giudizio-va osservato che, non solo tale rilievo non risponde al vero, dato che l'ordinanza de qua è stata allegata dall'Ufficio di Procura alla nota deposito atti n. 2 del 20-02-2013 (documento indicato al n. 10 della nota), ma anche appare di tutta evidenza la circostanza che il medesimo provvedimento, chiaramente citato nell'atto introduttivo del giudizio, è pubblicato e liberamente consultabile (nonché riproducibile in copia) agli atti della Sezione Giurisdizionale, con la conseguenza che, certamente, la sua incontrovertibile ritualità e pubblicità ne avrebbe in ogni caso determinato la piena validità ed efficacia ai fini Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali del presente giudizio. In merito, poi, all'obbligo di notifica dell'ordinanza che consente la proroga onde consentire alle parti private di sottoporlo ad impugnazione mediante reclamo, il Collegio fa proprio quanto statuito in proposito dalla Sez. I Centr. Appello nella sentenza n. 253/2014, con cui è stata ritenuta giuridicamente infondata la deduzione di parte appellante, secondo cui la mancata comunicazione dell’avvenuta proroga del termine di 120 gg. per la citazione, integrerebbe i presupposti per la declaratoria di nullità dell’atto introduttivo medesimo: "In proposito, si ribadisce che l’onere di detta comunicazione non è previsto da alcuna norma di legge e che tale quadro normativo è stato ritenuto pienamente conforme a Costituzione dalla sentenza n. 513/2002 del Giudice delle leggi, che ha in particolare precisato, a tale riguardo, che '... la posizione del presunto https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti responsabile del danno non risulterebbe compromessa, nemmeno sotto il profilo della certezza rispetto all'iniziativa del Pubblico ministero, poiché, ove non riceva l'atto di citazione entro 165 giorni dall'invito a dedurre, egli potrà verificare se sia stata disposta l'archiviazione, ovvero concessa la proroga. Il presunto responsabile del danno verrebbe così gravato di un onere di attività non eccedente il limite della ragionevolezza e che pertanto non incide negativamente sul suo diritto di difesa'". Intervenendo sulla questione con la sentenza n. 513/02 sopra citata, dunque, la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale della norma che disciplina il procedimento di proroga del termine per l’emissione dell’atto di citazione, nella parte in cui non prevede che l’istanza di proroga debba essere notificata al presunto responsabile, sollevata con riferimento ad un preteso contrasto con l’articolo 111 della Costituzione sotto il profilo del difetto di contraddittorio. Nel sottoporre a vaglio di costituzionalità l'art. 5 , comma 1, del D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito nella legge 14 gennaio 1994, n. 19, come sostituito dall'art. 1, comma 3-bis, del D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito nella legge 20 dicembre 1996, n. 639, il Giudice delle leggi ha escluso che il segmento procedimentale antecedente all'emanazione dell'atto di citazione, che va dalla presentazione dell'istanza di proroga da parte del requirente contabile fino all'autorizzazione o alla mancata autorizzazione della proroga stessa da parte della Sezione, abbia natura processuale e che si imponga in tale fase la necessità del contraddittorio nell'ambito di questo sub-procedimento. La Corte Costituzionale ha dato, peraltro, rilievo alla reclamabilità, ai sensi dell'art. 739 c.p.c., della decisione sull'istanza di proroga, nel termine di dieci giorni dalla avvenuta conoscenza del decreto, ritenendo Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali conseguentemente che “il presunto responsabile del danno dispone di uno strumento processuale utilizzabile per dolersi della concessa proroga; e la possibilità di instaurare il contraddittorio su questa esclude il denunciato vizio di legittimità costituzionale, ben potendo il legislatore differire il contraddittorio ad un momento successivo al provvedimento di adozione della proroga". Le Sezioni Riunite con la pronuncia n. 5/QM/2010 (richiamata dalla difesa di Federico ALVINO) hanno statuito che avverso l’ordinanza che consente o nega la proroga ex art. 5 , comma 1 del d.l. 15 novembre 1993 n. 453, convertito dalla l. 14 gennaio 1994 n. 19 e s.m.i., è proponibile il reclamo ai sensi degli artt. 739 e 742 bis c.p.c. e dell’art. 26 r.d. n. 1038 del 13 agosto 1933. Nel caso di specie l’ordinanza di proroga è stata comunicata ai convenuti mediante espresso richiamo nell'atto https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti introduttivo del giudizio, di modo che i convenuti medesimi avrebbero potuto -come giustamente rilevato dal PM di udienza- sottoporla a reclamo entro i termini e nelle forme previste dall’art. 739 c.p.c. Alcun pregiudizio al principio del contraddittorio può ritenersi quindi configurabile nella fattispecie, risultando conseguentemente priva di fondamento giuridico la censura volta alla dichiarazione di nullità dell’ordinanza di proroga n. 16/2012. Da quanto sopra osservato consegue il rigetto della proposta eccezione d'inammissibilità della citazione. B.2. Un secondo profilo di nullità dell'atto introduttivo del giudizio deriverebbe, secondo la difesa di Federico ALVINO, dalla violazione della previsione dell’art. 164 c.p.c. in relazione alla mancanza in esso “dell'avvertimento espressamente previsto come obbligatorio dal n. 7) dell'art. 163 c.p.c." e, comunque, dalla sua genericità ed indeterminatezza, rilevata dalla difesa di Lino CINQUINI. Anche tale eccezione è infondata. Sul punto, va invero rilevato -come ha giustamente fatto il PM di udienza- che la giurisprudenza contabile ha ripetutamente affermato che la disposizione contenuta nell’art. 163, comma 3°, n. 7), c.p.c. e la relativa sanzione di nullità prevista dall’art. 164 non sono applicabili all’atto di citazione introduttivo del giudizio innanzi alla Corte dei conti, compiutamente regolato dagli artt. 1 e 45 del regolamento di procedura. Ciò in quanto la natura del giudizio di responsabilità amministrativo-contabile “non consente l’applicazione di quelle norme che affidano alle parti, attraverso lo strumento delle eccezioni, iniziative fondamentali per le sorti del processo e ... perché il termine di costituzione per i convenuti, nonché il giorno di udienza vengono stabiliti non dal procuratore regionale bensì dal Presidente della Sezione con decreto nel quale è fissato il termine, non Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali perentorio, per il deposito di atti e documenti ..." (cfr. Sez. Giur. Campania sent. n. 19/1999, Sez. Giur. Puglia sent. n. 195/2006, Sez. Giur. Lazio sent. n. 384/2012; Sez. Giur. Calabria sent. n. 238/2014). Tale orientamento è stato più volte confermato anche dalle Sezioni d’Appello, che hanno affermato che “... le citate disposizioni non possono trovare applicazione nel giudizio di responsabilità in quanto lo stesso risulta strutturato in maniera diversa da quello civile essendo di competenza del Presidente della Sezione fissare il giorno dell’udienza di trattazione della causa ed il termine per la costituzione del convenuto (art.5 del d.l. n.453/1993, convertito dalla legge n. 19/1994)” (cfr. Sez. III Centr. d'Appello sent. n. 66/2012). B.3. Il terzo profilo d’inammissibilità dell'atto di citazione è stato posto in relazione alla genericità dell'invito a dedurre notificato nella fase pre-processuale, lamentata dai convenuti Guido BENASSAI e Claudio PORZIO, ed https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti alla formulazione di domanda nuova nell'atto di citazione rispetto al medesimo invito, rilevata da Guido BENASSAI e da Gennaro FERRARA. Sotto il primo profilo, va evidenziato che se all'atto di citazione è affidata la litis contestatio, e dunque l'instaurazione del giudizio, “diversamente, l'invito appartiene, in quanto atto interno, alla fase delle indagini del procuratore regionale ed è finalizzato a completare il quadro degli elementi probatori che questi porrà a base della domanda ove ritenga di proporla ed ove anche gli elementi raccolti in seguito all'invito (deduzioni scritte e/o audizione dell'invitato) abbiano concorso a rafforzarne il convincimento. Atto, va aggiunto, che assomma alle mere finalità probatorie anche quella di garanzia difensiva, lato sensu intesa, riconosciuta allo stesso invitato, che rende evidente le peculiarità e la singolarità di tale figura processuale: infatti, la domanda proposta dal procuratore regionale non nasce sin dal momento della formulazione dell'invito , ma in conseguenza di questo e degli elementi raccolti…” (SS.RR., sent. n. 14/98/QM). Tale essendo lo scopo specifico dell'invito a dedurre, quale atto pre-processuale, non può ad esso “riferirsi ... il principio, strettamente processuale, che la domanda copre il dedotto e il deducibile: l’invito non copre anche quest’ultimo, limitandosi a contestare al presunto responsabile i fatti acquisiti in istruttoria. La domanda, nella sua definitiva configurazione, intesa come strutturazione del titolo, viene fatta con la citazione, che costituisce l’ atto introduttivo del processo, ed in questo senso non può non rilevarsi -al di là di ogni comprensibile eccezione insita nella dialettica processuale- la limatura delle iniziali richieste compiuta dalla Procura, tenendo conto delle deduzioni esposte dagli invitati” (Sez. Giur. Lombardia, sentenza n. 165/2009). Da ciò discende l'infondatezza giuridica dell'eccezione di genericità e indeterminatezza dell'invito a dedurre, Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali che oltretutto, nel caso di specie, contiene l'accurata descrizione sia dei riferimenti normativi e sia della ricostruzione fattuale della fattispecie oggetto d'indagine da parte dell'Ufficio di Procura. Sotto il secondo profilo, occorre richiamare l’orientamento consolidato della Suprema Corte (n. 7524/2005, n. 17457/2009, n. 9266/2010, n. 1785/2013) secondo cui si verifica una mutatio libelli quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un petitum diverso e più ampio oppure una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema d'indagine e si spostino i termini della controversia, con l'effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo; si ha, invece, semplice emendatio quando si incida sulla causa petendi, in modo che https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti risulti modificata soltanto l'interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure sul petitum, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere” (Cass. n. 12621/2012). Nella specie, si è verificato che, rimanendo del tutto invariati i fatti costitutivi della pretesa (causa petendi), si riscontra addirittura, per alcuni convenuti, una riduzione del quantum contestato rispetto al maggiore importo indicato nell’invito a dedurre, che per gli altri è rimasto invariato. Pertanto, la relativa eccezione non può trovare accoglimento. B.4. La nullità dell'atto di citazione e degli atti istruttori è stata, altresì, eccepita ai sensi dell'art. 17, comma 30 ter, D.L. n. 78/2009, dalle difese di Gennaro FERRARA e di Stefano AVERSA, , essendo l’istruttoria da cui è originato il presente giudizio fondata su uno scritto anonimo e nel quale non sarebbe enunciata una specifica e concreta notizia di danno, come richiede invece la menzionata norma di legge. Riguardo l’utilizzabilità di uno scritto anonimo da parte dell’organo inquirente quale atto d’impulso per la Procura, non ci sono dubbi sul fatto che si possa su di esso fondare un’azione per responsabilità amministrativa, mancando, infatti, l’espressa ed analoga preclusione contenuta nell’art. 333, comma 3, c.p.p. che non può analogicamente essere applicata nel processo contabile. Va tuttavia osservato che l’utilizzabilità processuale dello scritto anonimo nel giudizio avanti alla Corte dei conti è stata posta in dubbio a seguito della promulgazione dell’art. 17 comma 30 ter , D.L. n. 78/2009, conv. in L. n. 102/2009, successivamente modificato con L. n. 141/2009, a causa della sua indeterminatezza intrinseca dovuta all’impossibilità di risalire al suo autore, che farebbe sorgere come conseguenza la sua nullità de plano. Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali Quest'ultima posizione è stata peraltro confutata facendo riferimento alla lettera dell’art. 17, comma 30 ter, che, condizionando l’esercizio dell’azione contabile alla sussistenza di una notizia di danno specifica e concreta, si riferisce al contenuto della stessa, e non certo alla sua provenienza, ben potendo la Procura della Corte dei conti attivare l’azione su uno scritto anonimo qualora contenga una notizia di danno erariale con le caratteristiche di specificità e concretezza (Sez. Giur. Toscana, sentenza n. 85/2012). Nel caso concreto l’azione nei confronti dei convenuti ha trovato l’impulso da uno scritto non autografo indirizzato (fra gli altri) alla Procura Regionale contabile, nel quale sono state evidenziate delle criticità in relazione allo svolgimento da parte di vari docenti dell' Università "Parthenope" -in particolare, del prof. Federico ALVINO, del Rettore Gennaro FERRARA e di alcuni altri specificamente indicati- di attività https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti professionale incompatibile con l'insegnamento universitario in regime di tempo pieno, tanto da richiedere l'intestazione di partita IVA (cfr. all. n. 1 alla nota deposito atti n. 2 del 10.01.2012 del fascicolo di Procura). A giudizio della Sezione i fatti esposti nello scritto anonimo sono sufficientemente dettagliati e circostanziati, e comunque tali da consentire all'ufficio requirente l'apertura di un'indagine, contenendo tutti gli elementi su cui astrattamente fondare un’ipotesi di responsabilità per danno erariale. Nello scritto si prospetta, infatti, l'indebita percezione degli emolumenti stipendiali previsti per la docenza a tempo pieno in presenza di contemporaneo svolgimento di attività libero-professionale non occasionale. Il quadro così delineato consente, in conclusione, di respingere l’eccezione di nullità degli atti processuali e istruttori compiuti dalla Procura attrice, non ravvisandosi gli estremi della mancanza di specificità e di concretezza della notitia damni, come richiesto dall’art. 17 comma 30 ter , D.L. n. 78/2009, conv. in L. n. 102/2009, successivamente modificato con L. n. 141/2009. B.5. Infine, il convenuto Federico ALVINO ha eccepito l’inammissibilità dell'atto introduttivo del giudizio in relazione alla mancata preventiva vocatio in ius del soggetto erogante gli emolumenti contestati, ovvero dell' Università "Parthenope", richiesta dall'art. 53, comma 7°, d.lgs. 165/2001. Al fine di valutare il rilievo così rappresentato, si riporta la disposizione invocata dal convenuto: "I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. Ai fini dell'autorizzazione, l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali dell'autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti". Come si vede, la surriportata disposizione prevede ben altro che l'obbligo di preventiva escussione del soggetto erogante gli emolumenti (stipendiali ed a titolo di indennità varie) che in questa sede l'Ufficio di Procura ha prospettato come indebitamente percepiti dai convenuti, assunto come sussistente dalla difesa di Federico ALVINO, né -in verità- vi potrebbe essere alcuna logica in siffatta previsione. Com'è agevole evincere dalla https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti semplice lettura dell'art. 53, comma 7°, d.lgs. 165/2001, è stabilito -all'esatto contrario di quanto asserito dal convenuto- che nel caso di svolgimento da parte dei docenti universitari a tempo pieno di incarichi retribuiti non conferiti o non previamente autorizzati (sempreché autorizzabili) dall'ateneo, i relativi compensi devono essere versati nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente (l' Università ) per essere destinati ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti, a cura del soggetto erogante il compenso -che ovviamente non è l' Università , bensì chi ha conferito l'incarico non esercitabile- o, in mancanza, a cura del percettore -che, altrettanto ovviamente, è il docente stesso. Quanto qui osservato è stato molto ben chiarito dall'Avvocatura Distrettuale dello stato di Napoli, che nel riscontrare una richiesta di parere dell' università "Parthenope" in merito ad alcuni punti riguardanti la vicenda qui esaminata, si è così espressa: "Appare ... doveroso applicare l'art. 53 co. 7 del D.lgs. n. 165/2001 per le somme percepite in virtù di incarichi non autorizzati dall' università . Obbligati in solido al versamento all'amministrazione del compenso dovuto per le prestazioni non autorizzate saranno pertanto sia l'ente per il quale il docente ha espletato l'incarico che il docente che abbia percepito il compenso, con la differenza che, il mancato versamento all'ateneo della somma indebitamente erogata da parte dell'ente potrà essere fatto valere con un'azione giudiziaria civile, mentre l'omissione del versamento della somma indebitamente percepita da parte del docente costituirà ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei Conti, ai sensi del comma 7 bis, del D.lgs. n. 165/2001 recentemente novellato dall'art. 1, co. 42, L. 190/2012. Alla luce di ciò vorrà, pertanto, codesto Ateneo inoltrare due richieste di recupero sia all'ente erogante che al docente ..." (cfr. nota prot. n. Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali 10884/POS. II RIP. UPDR del 13-06-2013 del Rettore dell' Università degli Studi di Napoli "Parthenope", all. n. 7 all'all. n. 2 della nota deposito atti n. 4 del 14-05-2014 dell'Ufficio di Procura). Per quanto osservato, l'eccezione in parola va rigettata perché totalmente destituita di giuridico fondamento. C. Va ora esaminata la preliminare eccezione di merito rappresentata dalla prescrizione dell'azione di responsabilità amministrativo-contabile esercitata nei loro confronti dalla P.R., opposta –come anticipato nella premessa in fatto- da tutti i convenuti sulla base del rilievo che la pretesa risarcitoria in essa dedotta fa riferimento a quanto percepito dai convenuti nel periodo 2003/2007, laddove la notifica degli inviti a dedurre è avvenuta sul finire dell'anno 2011/inizio dell'anno 2012 senza essere preceduta da ulteriori atti interruttivi del termine de quo e non si versa in un'ipotesi di occultamento doloso del danno nonché –secondo la specifica https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti prospettazione di Vincenzo SANGUIGNI- per aver fatto fronte con le somme de quibus alle proprie necessità di vita. Sotto il primo profilo (inconfigurabilità in fattispecie di un'ipotesi di occultamento doloso del danno con conseguente maturazione del termine di prescrizione quinquennale), va in primo luogo ricordato che l’art. 1, comma 2, della legge 14 gennaio 1994 n. 20, nel testo sostituito dal decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito in legge 20 dicembre 1996, n. 639, stabilisce che il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni, “decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta”. Secondo la giurisprudenza della Sezione II Centr. Appello (sentenze n. 641/2013 e n. 416/2013), che il Collegio condivide appieno, "l’art. 1 comma 2 L. 20/1994 non fa nessun riferimento ad un’attività di occultamento effettuata dal debitore, diversamente dall’analogo art. 2941 n. 8 cod. civ., secondo cui 'La prescrizione rimane sospesa: (...) 8) tra il debitore che ha dolosamente occultato l’esistenza del debito e il creditore, finché il dolo non sia scoperto'. In altri termini, il 'doloso occultamento ' è una fattispecie rilevante non tanto soggettivamente (in relazione ad una condotta occultatrice del debitore), ma obiettivamente (in relazione all’impossibilità dell’amministrazione di conoscere il danno e quindi di azionarlo in giudizio ex art. 2935 c.c.). Inoltre, ai sensi del medesimo art. 1 comma 2 L.20/1994, la prescrizione dell’azione risarcitoria decorre dalla 'scoperta' del danno, che va intesa come conoscenza delle componenti essenziali dal danno stesso: non basta sapere che esiste un danno, ma occorre che sia concretamente disvelato (sì da consentire l’esercizio Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali dell’azione di responsabilità) con l’esercizio dell’azione penale o quanto meno con indagini precise (penali o extrapenali) che lo accertino e quantifichino, consentendo l’azione del P.M. contabile" (Sez. II Centr. Appello, sentenza n. 592/2014). Orbene, se i surriportati principi riguardavano nella richiamata pronuncia della Sez. II Centr. Appello -che cita a sua volta copiosa giurisprudenza contabile analogamente orientata, alla quale si rinvia- una fattispecie di indebita percezione di denaro, le medesime statuizioni sono state condivisibilmente espresse dalla Sez. Emilia Romagna (sentenza n. 137/2014) in riferimento ad una fattispecie del tutto analoga a quella oggetto dell'odierno giudizio, in cui, premesso che "l'approccio all'individuazione del dies a quo si orienta verso l’analisi, da parte del Giudice, delle informazioni che erano in possesso del danneggiato, o alle quali doveva https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti esser messo in condizioni di accedere o che doveva diligentemente procurarsi", si osserva come l'amministrazione universitaria di appartenenza del convenuto -anch'egli docente a tempo pieno che esercitava attività libero professionale non compatibile con tale regime- non avesse avuto modo di avere contezza di tale situazione sino al momento in cui essa si era concretamente disvelata a seguito di un'istanza di autorizzazione presentata dal medesimo convenuto, il quale aveva, sino a quel momento, "serbato un assoluto silenzio informativo rispetto all’Ateneo", individuando, quindi, in tale data il termine iniziale di decorso della prescrizione quinquennale dell'azione di responsabilità amministrativo-contabile. Orbene, nel caso che occupa la Sezione deve ritenersi che l'Ufficio di Procura potesse senz'altro -come già argomentato al punto B.4 che precede- dare inizio all'attività d'indagine sulla base dello scritto non autografo, pervenuto al requirente nel 2004, nel quale sono state evidenziate delle criticità in relazione allo svolgimento da parte di vari docenti dell' Università "Parthenope" -in particolare, del prof. Federico ALVINO, del Rettore Gennaro FERRARA e di alcuni altri specificamente indicati- di attività professionale incompatibile con l'insegnamento universitario in regime di tempo pieno, tanto da richiedere l'intestazione di partita IVA. Nel contempo, però, lo scritto de quo, piuttosto breve e riferito solo ad alcuni nominativi, non può ritenersi idoneo a dar luogo alla decorrenza del termine prescrizionale quinquennale cui è sottoposto l'esercizio dell'azione di responsabilità amministrativo-contabile, esercizio che non avrebbe mai potuto aver luogo se non in presenza della chiara descrizione dei fatti di causa ottenuta attraverso l'Informativa GdF prot. n. 0197142/11 del 07-04-2011, prodotta in adempimento della delega di indagini all'uopo conferita, pervenuta all'Ufficio requirente contabile il 08-04-2011, data quest'ultima dalla quale, pertanto, deve farsi decorrere il Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali termine prescrizionale de quo. Come già precisato al punto B.1. che precede, nella fattispecie in esame è avvenuto che l'invito a dedurre è stato notificato agli odierni convenuti tra il 31-01-2012 ed il 23-03-2012; dal che discende la tempestività dell'azione risarcitoria intrapresa dal requirente contabile, con conseguente rigetto della proposta eccezione di prescrizione. Sotto il secondo profilo, appare del tutto ovvia l'irrilevanza ai fini del dirimere la questione della tempestività (o meno) dell'azione risarcitoria esercitata dal requirente nei confronti degli odierni convenuti, la circostanza evidenziata da Vincenzo SANGUIGNI, ovvero l'aver (asseritamente) fatto fronte con le somme de quibus alle proprie necessità di vita, di modo che il Collegio non ritiene di doversi intrattenere oltre sul punto. https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti D. Sempre in via preliminare di merito, Vincenzo SANGUIGNI ha fatto istanza di sospensione del presente giudizio in attesa dell'esito di quello in corso innanzi al Consiglio di Stato a seguito dell'impugnazione della sentenza n. 775/2014 del TAR Campania emessa in riferimento alla pretesa di rifusione dell'indebito, derivato dalla vicenda esaminata anche nella presente sede contabile, avanzata dall' Università "Parthenope". In disparte considerazioni circa l'ovvia autonomia reciproca tra il presente giudizio -inteso ad accertare la sussistenza di una fattispecie di illecito amministrativo contabile in relazione ai fatti descritti nell'atto introduttivo del giudizio- e quello in corso in sede amministrativa -avente ad oggetto la verifica della legittimità del provvedimento di recupero di somme indebitamente erogate al SANGUIGNI dall'Ateneo di appartenenza- la Sezione ritiene di poter procedere senz'altro ad un autonomo accertamento della responsabilità amministrativa dei convenuti con pienezza di cognizione, non essendo in parte qua vincolata all'esito definitivo del giudizio amministrativo de quo. Pertanto, il Collegio non reputa meritevole di accoglimento l'istanza di sospensione del giudizio in parola. E. Sgombrato il campo dalle questioni pregiudiziali e preliminari proposte dalle difese dei convenuti, il Collegio può esaminare in punto di merito la vicenda descritta nella premessa in fatto. Deve quindi procedersi alla verifica della sussistenza, nel caso concreto, degli elementi tipici della responsabilità amministrativa che, com’è noto, si sostanziano in un danno patrimoniale, economicamente valutabile, arrecato alla pubblica amministrazione, in una condotta connotata da colpa grave o dolo, nel nesso di causalità tra il predetto comportamento e l'evento dannoso, nonché nella sussistenza di un rapporto di servizio fra coloro che lo hanno determinato e l'ente che lo ha subito. Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali F. Con riferimento, in primo luogo, all’elemento oggettivo del danno pubblico, la valutazione della relativa sussistenza nel caso di specie impone l'attenta valutazione degli atti di causa alla luce delle risultanze degli atti di causa, in relazione alle disposizioni normative poste a disciplina della vicenda al vaglio del Collegio. Appare utile, dunque, in primo luogo richiamare il quadro normativo di riferimento riguardante la fattispecie dannosa contestata dalla Procura. L’art. 60 del D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 stabilisce che “L’impiegato non può esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione del Ministro competente”. https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti L'art. 11 del D.P.R. 11 luglio 1980 n. 382, sul riordinamento della docenza universitaria, nel disciplinare l’impegno dei professori ordinari a tempo pieno o a tempo definito, al comma 5 stabilisce che: “Il regime a tempo pieno: a) è incompatibile con lo svolgimento di qualsiasi attività professionale e di consulenza esterna e con l’assunzione di qualsiasi incarico retribuito e con l’esercizio del commercio e dell’industria, sono fatte salve le perizie giudiziarie e la partecipazione ad organi di consulenza tecnico-scientifica dello Stato, degli enti pubblici territoriali e degli enti di ricerca, nonché le attività, comunque svolte, per conto di amministrazioni dello Stato, enti pubblici e organismi a prevalente partecipazione statale purché prestate in quanto esperti nel proprio campo disciplinare e compatibilmente con l’assolvimento dei propri compiti istituzionali; b) è compatibile con lo svolgimento di attività scientifiche e pubblicistiche, espletate al di fuori di compiti istituzionali, nonché con lo svolgimento di attività didattiche, comprese quelle di partecipazione a corsi di aggiornamento professionale, di istruzione permanente e ricorrente svolte in concorso con enti pubblici, purché tali attività non corrispondano ad alcun esercizio professionale; …”. Il D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) all’art. 53 ha disciplinato le incompatibilità e il cumulo d’impieghi e di incarichi (per il periodo antecedente all’entrata in vigore di detto D.Lgs. analoga disciplina era contenuta nell’art. 58 del D.Lgs. n. 29/1993 e successive modificazioni). L’art. 53, comma 7, stabilisce che i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non sono stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza e che “Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell’autorizzazione nei casi previsti dal presente Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti”. Il comma 7 bis dello stesso art. 53 stabilisce che l’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti. Il comma 10 dispone che “L’autorizzazione, di cui ai commi precedenti, deve essere richiesta https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti all’amministrazione di appartenenza del dipendente dai soggetti pubblici o privati, che intendono conferire l’incarico; può, altresì, essere richiesta dal dipendente interessato ...”. Per il regime d’impegno a tempo definito l’art. 11, comma 4, lett. b) del D.P.R. n. 382/1980 stabilisce che “è compatibile con lo svolgimento di attività professionali e di attività di consulenza anche continuativa esterna e con l’assunzione di incarichi retribuiti ma è incompatibile con l’esercizio del commercio e dell’industria”. Per mera completezza -non essendo tale testo normativo applicabile al caso al vaglio del Collegio in quanto entrato in vigore successivamente ai fatti qui esaminati- sii rileva che l’art. 6, comma 9, della Legge n. 240/2010 (cd. Legge Gelmini) stabilisce -di fatto confermando le disposizioni già contenute nel D.P.R. n.382/1980- l’incompatibilità della posizione di professore e ricercatore universitario con l’esercizio del commercio e dell’industria: la disposizione consente tuttavia la possibilità di costituire società con caratteristiche di spin off o di start up universitari anche assumendo, in tali ambiti, responsabilità formali fermo restando il rispetto dei limiti temporali della disciplina regolamentare interna dell’Ateneo. La disposizione in esame prosegue individuando (o meglio, di fatto, confermando) una situazione di assoluta incompatibilità tra il regime di impegno a tempo pieno e l’esercizio di attività libero professionali, richiamando la piena operatività delle disposizioni contenute negli artt. 13, 14 e 15 del D.P.R. n. 382/80, fatto salvo quanto stabilito dalle convenzioni adottate ai sensi del successivo comma 13. L’attività libero-professionale -come pure l’attività di lavoro autonomo di carattere continuativo- viene, invece, consentita ai docenti a tempo definito, ferma restando l’insussistenza di situazioni di conflitto di interesse con l’Ateneo di appartenenza. Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali In specifico riferimento all'Istituto Universitario Navale di Napoli (divenuto Università degli studi di Napoli "Parthenope" nel maggio 2002), con decreto del Rettore n. 553 del 31-12-1998 è stato emanato, ai sensi dell'art. 58 comma 7 D.Lgs. n. 29/1993, il regolamento inteso a "disciplinare criteri e procedure per il rilascio delle autorizzazioni a svolgere incarichi retribuiti da parte di docenti e ricercatori a tempo pieno", con il quale, chiarito all'art. 1 che il regolamento de quo "si applica al personale docente ed ai ricercatori universitari in regime di impegno a tempo pieno", si è stabilito all'art. 2 ("Incompatibilità"), che: "Sono incompatibili con l'ufficio di professore o ricercatore a tempo pieno, le attività indicate testualmente dell'art. 11 comma 5 lettera a) del D.P.R. 382/80, così come modificato dalla legge n. 705/85 e dalla legge n. 118/89, in definitiva con esclusione degli incarichi che non trovano la loro fonte in alcun riferimento normativo, non possono comunque https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti essere autorizzate l'attività professionale e l'esercizio dell'industria e del commercio e di qualsiasi attività imprenditoriale". Quindi, dopo aver indicato all'art. 3 le attività non abbisognevoli di autorizzazione ma soltanto di comunicazione all'Amministrazione ed al Preside della Facoltà di appartenenza (collaborazione a giornali, riviste e simili, utilizzazione economica di proprie opere dell'ingegno, partecipazione a convegni e seminari o comunque a consessi facenti parte di associazioni scientifiche nazionali ed internazionali di cui si sia membri, incarichi per lo svolgimento dei quali si è posti in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo, gli incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti distaccati presso di esse o comunque in aspettativa non retribuita e le perizie affidate dall'autorità giudiziaria nonché la partecipazione ad organi di consulenza tecnico-scientifica dello Stato, degli Enti pubblici territoriali e degli Enti di ricerca e cultura in genere), si è stabilito all'art. 4 ("Attività soggette ad autorizzazione") che i docenti con regime di impegno a tempo pieno avrebbero dovuto ottenere la preventiva autorizzazione del rettore per poter svolgere "ogni incarico di collaborazione, di studio, di ricerca, di consulenza esterna per conto di organi ed amministrazioni statali, oppure organismi universitari italiani e stranieri e loro emanazioni, limitatamente all'attività didattica e scientifica, anche se gli stessi risultino occasionali e non prolungati nel tempo, sotto qualsiasi forma retribuito" e non ricompreso nell'elenco di cui al precedente art. 3. Al secondo comma dell'art. 4 si è precisato che non può esservi rilascio di autorizzazione per "incarichi, anche di studio, nonché per consulenze tecniche di parte e per partecipazione ad organismi di gestione e controllo, conferiti per conto di soggetti che non siano Amministrazioni dello Stato, Enti Pubblici e Organismi a prevalente partecipazione statale, e per incarichi nei Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali collegi arbitrali, tranne nelle controversie in cui è parte una P.A. e purché la nomina dalla stessa provenga". All'art. 5 si fissano gli elementi da considerare ed i criteri da applicare dai Consigli di Facoltà per il rilascio dell'autorizzazione di cui all'art. 4. Perciò, a voler inquadrare in modo sintetico quali siano le attività assolutamente incompatibili con il regime della docenza universitaria e tempo pieno, può dirsi che ai dipendenti degli atenei che si trovino in tale regime è del tutto precluso l'esercizio di attività d’impresa, commerciale e professionale, tenendo presente che: l'attività libero professionale consiste in un'attività economica, svolta a favore di terzi e finalizzata alla prestazione di servizi mediante lavoro intellettuale; ai sensi dell’art. 2082 c.c. “è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi”; l’art. 2195 c.c. definisce come attività commerciale un’attività industriale diretta alla produzione di beni o https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti servizi, intermediaria nella circolazione dei beni, di trasporto per terra, aria, acqua, bancaria e assicurativa, nonché ausiliaria delle attività precedenti. Orbene, per quanto attiene, in primo luogo, alla possibilità per il docente universitario a tempo pieno di essere contemporaneamente titolare di partita IVA -dedotta da quasi tutti i convenuti in giudizio- si rileva quanto segue: > in base alle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 633/1972, l’apertura della partita IVA va effettuata quando un soggetto intraprenda l’esercizio di un’impresa, arte o professione e presuppone che tale esercizio venga svolto con carattere continuativo ed abituale; > considerato che nel nostro ordinamento giuridico sussiste un assoluto divieto per il docente a tempo pieno di svolgere attività libero-professionale e che la titolarità della partita IVA va ad identificare un’attività di tipo imprenditoriale o professionale, ne dovrebbe conseguire che il docente a tempo pieno non potrebbe essere titolare di partita IVA; > tale assunto risulta indirettamente confermato da pareri e determinazioni dell’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici (autorità indipendente ora sostituita dall’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici) e da numerose pronunce giurisprudenziali. Si richiama, in particolare, la sentenza del TAR del Lazio, sez. III. Roma, n. 9028 del 13 settembre 2004. Nello specifico, alcuni professori universitari di ruolo a tempo pieno ricorrevano contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Autorità per la Vigilanza sui Lavori, l’ Università degli Studi di Napoli Federico II affinché fosse accertato il proprio diritto ad esercitare incarichi professionali compatibili con il proprio status (incarichi di progettazione o direzione lavori ex art. 17 legge 109/1994 a Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali favore di soggetti terzi rispetto all’ente di appartenenza) e fossero conseguentemente annullati gli atti con i quali veniva loro impedito l’esercizio di tale diritto. Il TAR si pronunciava contro i ricorrenti precisando che i suddetti incarichi potevano essere esclusivamente assunti da docenti a tempo parziale, posto che gli incarichi di progettazione consistono in “attività che si traduce in un normale servizio professionale, come tale vietato perché incompatibile con lo status di docente a tempo pieno”. Sulla questione, tuttavia, è recentemente intervenuto il Consiglio Universitario Nazionale (CUN) con una mozione al Ministro dell’Istruzione, Università e ricerca (prot. n. 344 dell’11-02-2010) nella quale veniva rilevato che la sola titolarità di partita IVA non possa di per sé comportare alcuna situazione di incompatibilità con la posizione di docente a tempo pieno con rapporto di esclusiva con l’ Università . https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti In ogni caso, nella fattispecie all'esame del Collegio il requirente ha avuto cura di precisare, nell'atto introduttivo del giudizio, che "il profilo di danno che si è inteso contestare non riguarda la mera tenuta di una partita IVA, ma solo ed esclusivamente la incompatibilità degli incarichi espletati (siano stati essi, in tutto o in parte autorizzati) con lo speciale regime del tempo pieno e del contemporaneo espletamento di un’attività professionale. Il ricorso all’esame delle scritture delle partite IVA, in presenza del diffuso stato di illegittimità e del tentativo di rendere non manifesti gli elementi di prova, che hanno caratterizzato l’intera vicenda, è stato necessitato per acquisire in sede di indagini di polizia giudiziaria i necessari elementi istruttori per verificare la sussistenza (le ipotesi di incompatibilità) e la dimensione del danno. Ogni altro profilo sulle modalità di rappresentare i compensi riguarda esclusivamente aspetti di natura fiscale di competenza dell’Agenzia delle Entrate, la quale non mancherà di far valere le eventuali ragioni erariali". In riferimento alla presunta obbligatorietà di aprire ed utilizzare la partita IVA in relazione all’assolvimento di ulteriori attività al di fuori di quelle di servizio -dedotta da alcuni convenuti, come anticipato nella premessa in fatto- il requirente ha giustamente ricordato che l'infondatezza di siffatto assunto emerge da quanto espressamente previsto dall’art. 5 del D.P.R. 633/72, secondo cui “Per esercizio di arti e professioni si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche ovvero da parte di società semplici o di associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l'esercizio in forma associata delle attività stesse”, nonché dalla previsione contenuta nel successivo art. 35 del medesimo D.P.R., secondo cui la partita IVA viene aperta su denuncia da chi ha Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali intenzione di esercitare in forma abituale l’impresa, l’arte o la professione. Inoltre, è ben noto che il reddito percepito mediante prestazioni lavorative occasionali (che per potersi definire tali devono essere svolte non abitualmente, non professionalmente, non continuativamente e senza vincolo di coordinazione) viene recepito tra i “redditi diversi”, che sono disciplinati dall’articolo 67, comma 1, lettera l) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, quindi devono semplicemente essere dichiarati attraverso lo specifico modello di dichiarazione dei redditi (cd. quadro RL del modello Unico PF). Né risponde al vero quanto sostenuto da alcuni convenuti, secondo cui l'apertura di partita IVA avrebbe costituito un semplice adempimento di natura fiscale, richiesto ex lege ogni volta che l'importo annuo delle prestazioni professionali eccede i 5000,00 €; invero, superando tale limite, il professionista occasionale vede https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti semplicemente nascere a suo carico l'obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS, versando i contributi solamente per la quota che eccede il suddetto limite (se, ad esempio, un professionista autonomo occasionale nell'anno ha percepito un corrispettivo netto da prestazioni professionali occasionali pari a 6.700,00 €, la quota contributiva dovrà essere pagata esclusivamente sui 1.700,00 € eccedenti e non sull’intero guadagno). Inoltre, alcuni convenuti hanno inteso rilevare che, in talune occasioni, le attività esercitate in regime di partita IVA erano state legittimamente autorizzate. Tuttavia, al riguardo va evidenziato che -come già precedentemente ricordato- gli artt. 60 D.P.R. 3/57, 11 D.P.R. 382/80 e 53, comma 7 D.Lgs. 165/2001 pongono per i dipendenti pubblici in generale -e per i docenti universitari in regime di tempo pieno in particolare, per ciò che rileva nel presente giudizio- un divieto assoluto all’esercizio del commercio, dell’industria e di alcun’altra professione, dal che ovviamente discende che per le attività rientranti in tale accezione non può essere rilasciata alcuna autorizzazione; pertanto, anche qualora nel caso di specie siffatti incarichi fossero stati autorizzati, tale autorizzazione sarebbe da ritenersi inutiliter data, come posto da varie pronunce giurisprudenziali, fra cui la sentenza n. 1439/2000 della Cass. Civ., Sez.III (citata nell'atto introduttivo del giudizio, cui si possono aggiungere, ex plurimis, Cass., Sez. III, n. 10397/2001, Cass., Sez. Lav., n. 16555/ 2003 e Cass., SS.UU. Lav. n. 3386/ 1998), secondo cui le pubbliche amministrazioni possono autorizzare i propri dipendenti all’esercizio di incarichi, ma questi non possono confondersi con l’esercizio di un’attività professionale e con l’iscrizione nel relativo albo, per cui sussiste il generale divieto posto ex lege. Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali Le difese sostengono, altresì, che lo svolgimento di incarichi professionali da parte degli odierni convenuti non avrebbe comportato alcun danno, poiché, pur se vi fosse stata violazione delle norme in tema d’incompatibilità, si è trattato di violazione formale, avendo i predetti soggetti svolto con regolarità l’attività di docenza. "Al riguardo va chiarito che con il divieto di svolgere cariche presso società costituite per fine di lucro la legge ha ritenuto che le stesse, implicando la partecipazione attiva alla vita sociale, potessero pregiudicare in qualche modo l’attività di pubblico impiego. La disciplina sulle incompatibilità, assistita dalla sanzione della decadenza dall’ufficio di cui all’art. 15 del D.P.R. n. 382/1980, esprime la valutazione del legislatore che, a suo insindacabile giudizio, ha reputato che le attività incompatibili sono contrarie e pregiudizievoli al perseguimento dell’interesse pubblico espresso dalla programmazione didattica e dall’attività di docenza https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti universitaria. Con il regime delle incompatibilità si vuole salvaguardare la credibilità e la qualità del modulo organizzativo universitario" (Sez. Giur. Liguria, sent. n. 85/2014). La violazione delle norme sopra richiamate, che s’inseriscono tra i doveri di servizio a carico del docente a tempo definito, ha dunque compromesso gli interessi perseguiti dalla legge, e, segnatamente, la qualità delle prestazioni dovute dai docenti, ponendoli in una posizione d’inadempimento nei confronti dell’Amministrazione, con conseguente danno rapportabile alla retribuzione percepita (Sez. Giur. Liguria, sent. n. 85/2014, cit.). Ulteriore deduzione di vari convenuti (ALVINO, FERRARA, PORZIO, NAPOLI) riguarda l'avvenuto esercizio delle attività svolte al di fuori della docenza a tempo pieno negli anni qui in considerazione, il più delle volte su autorizzazione o addirittura su designazione dello stesso Ateneo di appartenenza, consistendo dunque in attività di carattere didattico e scientifico strettamente connesse alla funzione di docente universitario, non comportanti l'emissione di alcuna fattura e -in definitiva- pienamente conformi al dettato normativo. Il più delle volte i deducenti hanno dettagliatamente elencato -allegando copia della documentazione a riprova- gli incarichi svolti, le fatture rilasciate e le autorizzazioni ricevute dall'Ateneo in proposito. Tuttavia, anche il suddetto assunto difensivo risulta sfornito di giuridico fondamento, per due fondamentali ragioni: da un lato, non è revocabile in dubbio che, qualora i convenuti abbiano esercitato attività compatibili con il regime della docenza a tempo pieno secondo le previsioni legislative e regolamentari dettate in proposito, siffatte attività non avrebbero mai potuto essere loro contestate né -infatti- hanno costituito motivo Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali di contestazione nei loro confronti; dall'altro lato, è altrettanto irrevocabile in dubbio la circostanza che i medesimi soggetti hanno tutti svolto nel periodo in considerazione attività didattiche e scientifiche incompatibili con il prescelto regime della docenza a tempo pieno alle dipendenze dell' Università "Parthenope", in quanto tali non legittimabili -né riconducibili nell'alveo della legittimità- attraverso alcuna autorizzazione all'uopo rilasciata dall'Ateneo. Del resto, l'avvenuto espletamento di tale illecita attività professionale è ampiamente testimoniato dalla documentazione acquisita dalla GdF e versata dal requirente agli atti del giudizio (dichiarazioni dei redditi, prospetto riepilogativo delle fatture, su cui oltre si dirà più in dettaglio analizzando le singole posizioni dei convenuti). La continuità e la stabile organizzazione che secondo il requirente avrebbe caratterizzato le attività de quibus - https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti così automaticamente conferendogli il carattere della professionalità- sarebbe contraddetta, secondo alcuni convenuti (ALVINO, CINQUINI) dalla descrizione di tutte le fatture pagate negli anni in considerazione, da cui dovrebbe desumersi che si è sempre trattato di acquisti di beni e servizi di natura e per uso personale e solo molto occasionalmente di pagamenti di prestazioni professionali, svolte in assenza di rapporto di lavoro subordinato e, comunque, acquisite a supporto dell'attività didattica dei docenti. Riguardo tale ultima deduzione, valga semplicemente evidenziare che il requisito della stabile organizzazione non rileva ai fini qui in esame -valutazione dell'esercizio da parte dei convenuti di attività professionale incompatibile con il regime della docenza a tempo pieno- ma soltanto ai fini fiscali, onde discernere se ci si trovi di fronte a redditi d'impresa o da lavoro autonomo, in quanto la presenza di un’autonoma organizzazione -rilevabile dall'impiego in modo non occasionale di lavoratori dipendenti o collaboratori e/o dall'utilizzo di beni strumentali che per quantità o valore eccedono le necessità minime per l'esercizio dell'attività- consente senz'altro all'Agenzia delle Entrate di desumere la produzione di redditi d'impresa (art. 55 TUIR, circolare 1306-2008 n. 45) e, dunque, di assoggettare il produttore ad IRAP e ad ILOR, di modo che la prestazione di lavoro autonomo che avvenga con tali caratteristiche (presenza di una stabile ed autonoma organizzazione) espone il prestatore ai predetti adempimenti fiscali. Il che significa, ovviamente, che la prestazione di lavoro autonomo di tipo intellettuale non necessita, per essere definita "professionale", di stabile ed autonoma organizzazione, potendo bensì svolgersi anche in una camera-studio collocata in un appartamento e senza la collaborazione nemmeno saltuaria di altri soggetti, restando in tal caso semplicemente non produttiva di reddito d'impresa e -dunque- non assoggettata al relativo regime fiscale, ma a quello previsto, appunto, per i Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali redditi da lavoro autonomo. Pertanto, anche tutte le -pur pregevoli- argomentazioni utilizzate dalle difese dei convenuti al fine di contestare l'attribuzione del requisito della stabilità ed autonomia organizzativa all'attività "ulteriore" da loro svolta rispetto alla docenza a tempo pieno alle dipendenze dell' Università "Parthenope", risultano inconferenti al fine di dimostrare la legittimità e la compatibilità dell'attività de qua. Illegittimità ed incompatibilità che emergono, per contro, evidenti anche da una ulteriore circostanza, rilevabile dall'esame della documentazione acquisita dalla GdF: tutti gli odierni convenuti erano assoggettati nel periodo di riferimento (2003/2007) alla ritenuta d'acconto applicata sui redditi di lavoro autonomo ai sensi dell'art. 25 DPR 600/1973, il quale prevede, appunto, che per le prestazioni di https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti lavoro autonomo, ancorché non esercitate abitualmente ovvero rese a terzi o nell'interesse di terzi o per l'assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere, deve essere operata all'atto del pagamento una ritenuta del 20% a titolo di acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti. Appare, dunque, evidente che gli odierni convenuti agivano senz'altro -in patente violazione del regime delle incompatibilità disciplinato nel quadro normativo di riferimento sopra dettagliatamente descritto- quali prestatori di lavoro autonomo pur essendo contemporaneamente dipendenti dell' Università "Parthenope" come docenti a tempo pieno. Riguardo la necessità -rappresentata dalla difesa di Federico ALVINO- di esaminare le singole fatture allegate alle memorie difensive in luogo delle dichiarazioni dei redditi, onde avere la corretta descrizione dei fatti che sarebbe difettata nell'indagine svolta dalla P.R., rappresenta affermazione sfornita di qualsiasi fondamento logico, poiché la GdF ha correttamente provveduto, in puntuale espletamento della delega d’indagini ricevuta dal requirente contabile, ad acquisire le copie di tutte le fatture rilasciate dai convenuti in relazione all’attività professionale svolta negli anni assunti in considerazione e ad esporne sinteticamente il contenuto in prospetti riepilogativi distinti per ciascuno dei soggetti evocati in giudizio. Ed è proprio l’esame delle fatture de quibus che consente di avere precisa contezza del contenuto delle prestazioni offerte di volta in volta a terzi soggetti e di come tali prestazioni non rientrino affatto fra quelle consentite ai docenti operanti in regime di tempo pieno dalle disposizioni normative e regolamentari precedentemente citate. Per contro, è totalmente inconferente il dettagliato riferimento, proposto ancora una volta dalla difesa di ALVINO, ai costi sostenuti nel periodo considerato per l'acquisto di vari beni -che dovrebbero evidenziare Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali come gli acquisti medesimi siano stati compiuti a titolo personale- poiché tale elemento è del tutto inidoneo a fornire indicazioni (in positivo o in negativo) sull'avvenuta prestazione di attività professionale in quanto, essendo tale attività consistita in opera intellettuale o dell'ingegno, non trova indicatori nell'avvenuto acquisto di particolari beni strumentali né, d'altro canto, è esclusa dalla tipologia e dalla quantità dei costi sostenuti dal prestatore. Per quanto sin qui osservato, risulta palesemente sfornita di qualsiasi pregio giuridico l’affermazione contenuta nella nota prot. n. 2013/35 del 16-01-2013 del Rettore dell' Università "Parthenope" prof. Claudio Quintano – citata da buona parte dei convenuti a sostegno delle proprie argomentazioni difensive- in cui si manifesta l'opinione secondo cui gli emolumenti corrisposti ai docenti, oggetto dell'attività istruttoria della P.R., https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti "risultano essere il frutto di attività che, sebbene non riconducibili ai doveri d'ufficio, sono considerati dalla normativa in materia come liberamente esercitabili anche dai professori universitari a tempo pieno". Invero, tale affermazione, non solo contrasta in modo stridente con i provvedimenti assunti dal medesimo Rettore nei confronti di alcuni degli odierni convenuti (SANGUIGNI, PORZIO, BENASSAI, per citarne alcuni) ai fini del recupero all’Amministrazione dei compensi da costoro illecitamente percepiti per effetto dello svolgimento dell’attività professionale incompatibile con il regime del tempo pieno, in relazione ai quali pendono procedimenti contenziosi innanzi al TAR; ma anche, è palesemente contraddetta dalle risultanze degli atti di causa, ovvero delle fatture di cui dianzi si è detto e delle dichiarazioni dei redditi dei convenuti, da cui si evince, più in dettaglio, quanto di seguito si esporrà in relazione alle singole posizioni dei soggetti medesimi. Quindi, il Collegio ritiene che sussista senz’altro nel caso di specie, l’illecito nocumento erariale descritto dalla P.R., derivato dall’esercizio da parte dei convenuti di attività in regime di partita IVA, incompatibili con la manifestata opzione per la docenza a tempo pieno, in contrasto con le disposizioni contenute nell'art. 11 D.P.R. 11-07-1980 n. 382. Come già anticipato nella premessa in fatto, il danno contestato ai convenuti riguarda, per il quinquennio di riferimento (2003/2007), tre diverse partite di danno, vale a dire: a) differenza fra le somme percepite a titolo stipendiale nella loro qualità di docenti a tempo pieno rispetto a quelle che sarebbero loro spettate a titolo di docenti a tempo definito; b) somme percepite da alcuni dei predetti convenuti a titolo di indennità di carica per le qualifiche istituzionali rivestite all’interno degli organi accademici, il cui presupposto è proprio lo svolgimento delle funzioni di docente a tempo pieno, la cui sostanziale inosservanza induce l'illiceità della Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali percezione anche delle indennità di carica correlate all’esercizio delle funzioni di Rettore, Prorettore, Preside, membro del Consiglio di amministrazione, direttore di dipartimento, direttore di corsi di dottorato di ricerca; c) somme percepite da alcuni convenuti a titolo di incentivazione dell’impegno didattico, prevista dall’art. 4 legge 19-10-1999 n. 370, prevedente la possibilità per le Università di erogare “compensi incentivanti l’impegno didattico ai professori e ricercatori che optano per il tempo pieno e che non svolgono attività didattica comunque retribuita presso altre Università od istituzioni pubbliche e private". La prospettazione offerta dal requirente è, ad avviso del Collegio, senz’altro condivisibile, poiché appare di tutta evidenza la non spettanza agli odierni convenuti degli emolumenti suindicati, in considerazione del fatto che essi operavano, in concreto, alla stregua dei docenti che avevano optato per il tempo definito. https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti Né si rivelano condivisibili le loro controdeduzioni, in primo luogo laddove sostengono la mancata esplicitazione ed il difetto di prova della quantificazione del danno siccome operata dal requirente, anche in relazione al fatto che le voci componenti il danno erariale azionato non sarebbero state oggetto di alcuna specificazione da parte del requirente, con ciò, da un lato determinando la compromissione delle possibilità di difesa del convenuto e, dall'altro lato, richiedendo un approfondimento istruttorio finalizzato a chiarire tale aspetto. Invero, anche le somme percepite da ciascun convenuto ai titoli sopra indicati sono state oggetto di puntuale ed analitico accertamento da parte della GdF, che ha elaborato prospetti riepilogativi riportanti tutti i dati in proposito acquisiti presso l’ Università “Parthenope”, dati e prospetti che sono stati tutti puntualmente allegati dalla Procura agli atti del giudizio, con la conseguenza che non è dato rilevare la presenza di lacune nell'indicazione e nella quantificazione degli emolumenti illegittimamente percepiti dai convenuti e non si ravvisa, conseguentemente, la necessità di disporre alcun supplemento istruttorio in proposito. Pertanto, il Collegio ritiene che le somme illecitamente percepite siano state correttamente indicate nei seguenti importi: € 91.760,29 per Federico ALVINO (€ 73.888,35 a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2003 al 2007 ed € 17.871,94 a titolo di indennità di carica e di incentivazione alla didattica percepite); € 81.065,97 per Stefano AVERSA (€ 68.652,84 a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2003 al 2007 ed € 12.413,13 per indennità di carica e di incentivazione alla didattica percepite); € 56.761,36 per Guido BENASSAI a titolo di indebite erogazioni stipendiali dal 2003 al 2007; € 122.060,29 per Alberto CAROTENUTO (€ 82.197,18 a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2004 al 2007 ed € 39.863,11 a titolo di indennità di Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali carica); € 30.178,24 per Lino CINQUINI a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2003 al 2004; € 32.396,25 per Roberto DE CICCO a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2005 al 2007; € 438.477,30 per Gennaro FERRARA (€ 114.488,97 a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2003 al 2007 ed € 323.983,33 a titolo di indennità di Rettore); € 122.321,91 per Rodolfo Maria A. NAPOLI (€ 114.488,97 a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2003 al 2007 ed € 7.832,94 a titolo di incentivazione alla didattica); € 119.010,32 per Claudio PORZIO (€ 92.661,93 titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2003 al 2007 ed € 26.348,39 a titolo di indennità di carica); € 43.582,50 per Vincenzo SANGUIGNI a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2005 al 2007. La mancata indicazione nell'atto di citazione del titolo da cui deriverebbe a carico di Stefano AVERSA il danno erariale di € 12.413,13 (che unitamente alla somma di € 68.652,84 percepita per erogazioni stipendiali https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti indebite dal 2003 al 2007 dà luogo all'importo totale addebitatogli di € 81.065,97) è ovviamente il frutto di un mero errore materiale, che in quanto tale non può certo comportare rinuncia implicita della P.R. all'azione per la suddetta somma, come avrebbe invece preteso la difesa del medesimo AVERSA. Non si ritiene possa trovare ingresso l'istanza di BENASSAI e di PORZIO, che hanno chiesto che si tenga conto dei cospicui vantaggi ottenuti dall' università "Parthenope" proprio grazie all'attività libero-professionale da loro esercitata, in termini di finanziamenti di una serie di attività scientifiche e didattiche svolte presso l'Ateneo. Invero, la compensatio lucri cum damno di cui all’art. 1, comma 1-bis, L.14 gennaio 1994, n.20, opererebbe, una volta acclarata l'incompatibilità dell'attività libero-professionale esercitata dai docenti operanti in regime di tempo pieno, soltanto se venisse concretamente dimostrato l’effettivo arricchimento dell’ente, quale effetto dell’attività de qua. A ciò va opportunamente aggiunto il richiamo alla distinzione tra compensazione in senso tecnico ex art. 1241 cc., in cui l’identità della fonte delle obbligazioni esclude la possibilità di compensare (in tal senso anche Cass., 10629/2006; id., 260/2006; id., 16561/2002), e la specifica compensatio lucri cum damno, di cui all’articolo 1223 c.c. che, al contrario, trova applicazione quando sia il danno che il vantaggio siano conseguenza immediata e diretta dallo stesso fatto, il quale abbia in sé l’idoneità a produrre ambedue gli effetti (Cass., n. 81/2000, n. 4237/1997, n. 9704/1997 e n. 10218/1994; C. conti, SS.RR. n. 5/1997). Nell'ipotesi in esame, non vi è alcuna dimostrazione concreta della correlabilità alle attività professionali incompatibili con il regime della docenza a tempo pieno, svolte da PORZIO e BENASSAI, rispetto alle Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali sovvenzioni ed ai finanziamenti attribuiti all'Ateneo di appartenenza, cui essi fanno riferimento nelle rispettive difese, con la conseguenza che essi non acquistano alcun rilievo ai fini prospettati. Infine, la deduzione di Roberto DE CICCO, il quale ha rappresentato il vantaggio derivato all'Erario dalla scelta di sottoporre a fatturazione IVA i compensi percepiti per gli incarichi svolti, si rivela priva di fondamento giuridico semplicemente ricordando che l'Erario avrebbe comunque ricevuto in relazione ad essi il dovuto gettito fiscale se se ne fossero dichiarati, come dovuto, la percezione e l'ammontare nei cd. "redditi diversi", come già osservato in precedenza. Infine, l'argomentazione svolta da Rodolfo Maria NAPOLI, secondo cui la piena liceità e compatibilità della sporadica attività professionale da lui svolta parallelamente alla docenza a tempo pieno alle dipendenze dell' Università "Parthenope" dovrebbe dedursi dal fatto che nel periodo considerato le spese portate in detrazione https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti sono state di ammontare ben inferiore al 37% dei proventi indicato ex lege per gli studi professionali, non trova, in realtà, alcun addentellato normativo, in quanto l'art. 54 del DPR 917/1986 (cd. TUIR), che fissa i criteri per la determinazione del reddito da lavoro autonomo, disciplina la deduzione delle spese sostenute per ammortamenti, per acquisizione di beni strumentali e quant'altro, senza prevedere assolutamente la percentuale del 37% indicata dal convenuto NAPOLI, che in effetti non precisa affatto quale sia la disposizione di legge che dovrebbe contenere la previsione de qua. G. Riguardo, infine, all'elemento soggettivo dell'illecito amministrativo-contabile in controversia, che la Procura ha indicato come dolo contrattuale, questo deve, del pari essere ritenuto sussistente, per le considerazioni che di seguito si espongono, mediante l'esame delle singole posizioni dei convenuti, chiaramente descritte dalle dichiarazioni dei redditi e IVA da loro presentate negli anni di riferimento e dalle complessive risultanze documentali in atti. Federico ALVINO ha addirittura proceduto a conferire egli stesso ulteriori incarichi a terzi nell’ambito dell'attività professionale esercitata, avendo avuto del personale dipendente o assimilato (cfr. dichiarazione dei redditi anno 2006), e a dichiarare anche la sussistenza di minusvalenze patrimoniali (cfr. dichiarazione redditi anno 2008). Inoltre, il medesimo ALVINO ha annualmente provveduto a dichiarare, accanto ai redditi da attività professionali, anche l’avvenuta percezione di redditi da lavoro autonomo per attività non esercitate abitualmente, il che, fra l'altro -come giustamente osservato da requirente- rende evidente come fosse ben chiara la distinzione fra attività meramente occasionale (compatibile con il regime di tempo pieno) ed attività esercitata in via professionale (incompatibile in via assoluta con il regime di docenza a tempo pieno), Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali quest'ultima svolta per tutti gli anni (2003/2007), tranne che per il 2004 (cfr. dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2005). Con riferimento all’incentivazione didattica percepita da Federico ALVINO, nell'atto di citazione si rileva correttamente "la non spettanza della stessa a fronte degli innumerevoli incarichi di docenza e formazione tenuti dal Prof. Alvino presso altre istituzioni pubbliche o private, in considerazione del tenore letterale dell’art. 4 della legge 19 Ottobre 1999, n.370 che indicava la possibilità per le Università di erogare 'compensi incentivanti l’impegno didattico ai professori e ricercatori che optano per il tempo pieno e che non svolgono attività didattica comunque retribuita presso altre Università od istituzioni pubbliche e private'". Stefano AVERSA ha esercitato la propria attività professionale per tutti gli anni (2003/2003) in maniera https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti intensa, dedicando all’attività de qua ben 45 settimane di lavoro all’anno (cfr. dichiarazioni dei redditi 2007 e 2008), effettuando spese ed acquisti funzionali all’esercizio della società ed avvalendosi di collaboratori; fra i vari incarichi svolti, ve ne sono diversi espletati per conto di soggetti privati (società Panna s.p.a., Fondazioni Speciali s.r.l., Servizi di Ingegneria s.a.s., Associazione Geotecnica Italiana). La posizione di Guido BENASSAI ha caratteristiche analoghe a quelle dei convenuti precedentemente citati, avendo egli svolto continuativamente la libera professione nel periodo qui esaminato, come si evince dalle dichiarazioni dei redditi presentate, conferendo anche egli stesso ulteriori incarichi a terzi soggetti e corrispondendo a tal fine compensi portati in detrazione dal reddito imponibile, nonché dedicando diverse settimane all’anno all’esercizio della professione e svolgendo diversi incarichi non solo per enti pubblici, ma anche per diversi soggetti privati (condomini, società private e privati professionisti). Alberto CAROTENUTO ha presentato anch'egli, a partire dal 2004, dichiarazioni dei redditi da cui emerge con chiarezza che egli ha svolto attività professionale comportante, tra l'altro, una serie di spese portate in deduzione, quali spese telefoniche, di luce e di gas, nonché relative a viaggi ed a ristoranti, spese in effetti deducibili soltanto qualora venga svolta un’attività professionale. D’altra parte, la notevole entità degli ammortamenti e delle deduzioni rappresenta chiaro indizio dell’organizzazione professionale del CAROTENUTO, il quale si è avvalso, ad ausilio dell'attività svolta, anche della collaborazione e delle prestazioni di terzi, circostanza "inconciliabile con l’assolvimento di prestazioni sporadiche e strettamente legate all’intuitu personae degli incarichi autorizzabili ai dipendenti pubblici vincolati al regime di esclusività". Roberto DE CICCO ha svolto attività professionale solo negli anni 2005/2007, consistita esclusivamente in Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali attività di docenza per l’ Università Bocconi di Milano ed in attività marginali di docenza presso la Fondazione dei Dottori Commercialisti di Milano e dei Dottori Commercialisti di Monza, di modo che, pur se in misura di gran lunga minore rispetto a quella degli altri convenuti sopra indicati, egli ha comunque svolto attività professionale incompatibile con il regime della docenza a tempo pieno secondo i divieti stabilit ex lege, tanto da aver dichiarato l'effettuazione di spese relative all’attività professionale esercitata, di acquisti ammortizzabili nonché di consumi e da conferire altresì, pur se in misura minima, incarichi di collaborazione a terzi. La posizione di Lino CINQUINI si rivela come del tutto analoga, pur se relativamente ai soli anni 2003-2004, a quella di Roberto DE CICCO, sempre per quanto chiaramente evidenziato dalla documentazione fiscale in atti https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti (dichiarazioni dei redditi ed IVA). Gennaro FERRARA, invece, ha percepito redditi derivanti dall’attività professionale esercitata in ammontare estremamente elevato, sostenendo anche costi e spese di considerevole importo in ragione dell'attività medesima (la Procura ha evidenziato nell'atto di citazione, a mero titolo esemplificativo, "che nel 2004, a fronte di compensi derivanti dalle attività extraistituzionali effettuate, pari ad € 272.992,00, vi sono state ben € 199.208,00 di spese"). Dalla documentazione in atti emerge, altresì, che il prof. FERRARA è anche stato committente di alcune prestazioni richieste a terzi, per le quali gli è stata di volta in volta rilasciata apposita fattura. Claudio PORZIO ha svolto diverse attività consulenziali e didattiche per soggetti privati (Villa Russo s.p.a., Studio Esposito De Falco s.a.s., Deloite consulting), oltre ad aver continuativamente assunto un incarico retribuito nel consiglio di Amministrazione di una società privata, la Vertis s.p.a., attività del tutto incompatibile, non autorizzabile neppure in astratto ed espressamente vietata dalla legge, senza che sia in alcun modo condivisibile l'argomentazione difensiva che richiederebbe di tener conto della natura della società e della distinzione fra cariche gestionali e cariche meramente amministrative, poiché le disposizioni legislative disciplinanti il regime delle incompatibilità sono tassative e non ammettono le prospettate eccezioni. Rodolfo Maria NAPOLI ha sì, effettuato prestazioni esclusivamente per enti pubblici, ma lo ha fatto nell’ambito dell’attività professionale da lui esercitata, tanto da sostenere una serie di spese portate in deduzione e da avvalersi anche dell’attività e delle prestazioni di terzi. Infine, Vincenzo SANGUIGNI ha palesemente, per sua stessa ammissione, continuativamente svolto l’attività Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali libero-professionale per tutto il periodo in considerazione. Quindi, le specifiche indagini delegate dalla Procura regionale contabile al competente Nucleo della Guardia di Finanza di Napoli, articolate su una complessa raccolta di dati e riscontri, hanno incontrovertibilmente consentito di individuare situazioni di evidente criticità riguardanti i docenti a tempo pieno in servizio presso l' Università "Parthenope" di Napoli, odierni convenuti, consistenti nel fatto che essi, omettendo ogni prescritta comunicazione alla amministrazione di appartenenza, hanno svolto nel periodo dal 2003 al 2007 incarichi professionali e/o commerciali incompatibili con l’attività di docente a tempo pieno. Solo il regime a tempo definito -ha condivisibilmente osservato il requirente- "consente il libero esercizio di attività che, invece, sono precluse dall’opzione per il tempo pieno, che comporta un vero e proprio dovere di https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti esclusività, nei confronti dell’Amministrazione di appartenenza, con le eccezioni derivanti dalla specifica e saltuaria attività autorizzabile volta per volta. Nel caso di specie, l’attività posta in essere dagli odierni convenuti è stata effettuata in chiara violazione del dovere di esclusività". Le deduzioni difensive intese a negare la sussistenza dell'elemento soggettivo del rilevato illecito amministrativo-contabile, si rivelano prive di fondamento giuridico. In particolare, l'affermazione di Vincenzo SANGUIGNI della sua buona fede -a suo avviso testimoniata dal fatto che l'esercizio dell'attività incompatibile avveniva in assoluta trasparenza ed evidenza- è smentita, come giustamente osservato nella sentenza n. 775/2014 del TAR Campania - Sezione II^, "dalla dichiarazione sottoscritta dal Sanguigni in data 13 gennaio 2005, con la quale il professore ha espressamente dichiarato di optare per il regime di impiego a tempo pieno, 'ritenendosi obbligato al rispetto di tale impegno per il biennio accademico 2005-2007' ed impegnandosi 'ad osservare le norme in materia di tempo pieno e di incompatibilità previste dal D.P.R. n. 382/80'". Nemmeno possono rappresentare cause giustificative, né tanto meno circostanze scriminanti, il fatto che il modulo di richiesta di autorizzazione allo svolgimento degli incarichi predisposto dall' Università "Parthenope" all'epoca dei fatti non prevedesse alcuna dichiarazione di possesso di partita IVA o di eventuali preclusioni/incompatibilità e che l' Università ben conoscesse e ampiamente tollerasse lo svolgimento di incarichi professionali ulteriori rispetto alla docenza così legittimando l'affidamento dei docenti nella liceità degli stessi, poiché, come giustamente rilevato dal PM di udienza, l'invocazione della condizione soggettiva della buona fede è destituita di fondamento, ove si consideri che si tratta di docenti universitari, la cui specifica preparazione tecnica impedisce di ipotizzare che essi non fossero consapevoli dell'illiceità della loro Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali condotta. Inoltre, a fronte di un silenzio dell'Ateneo che in nessun modo poteva essere interpretato come assenso, essi non erano giustificati a ritenere che lo svolgimento di attività incompatibile con il rapporto esclusivo potesse costituire una situazione “tollerata” dall’amministrazione, sia perché da questa non conosciuta, sia perché comunque concomitante al fatto che detto rapporto continuava ad essere retribuito come esclusivo (Sez. Giur. Lazio, sentenza n. 897/2013). Infine, il proscioglimento di coloro che sono rimasti coinvolti in procedimenti disciplinari in relazione all'esaminata vicenda, rappresenta circostanza non rilevante nella presente sede di accertamento di responsabilità erariale, in quanto "risulta evidente che alcun rapporto di pregiudizialità potrebbe sussistere tra https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti procedimento erariale e procedimento disciplinare , che peraltro non ha carattere giurisdizionale: i due procedimenti, infatti, operano ciascuno sulla base di presupposti diversi, anche se una declaratoria di responsabilità disciplinare può rappresentare una conferma della gravità dei fatti ai fini della responsabilità amministrativa" (Sez. Giur. Veneto, sentenza n. 221/2013). H. Quindi, il Collegio ritiene, conclusivamente, che i convenuti, omettendo volontariamente ogni comunicazione in ordine alla loro posizione fiscale ed all’espletamento dell’attività professionale all’Amministrazione universitaria di appartenenza, pur essendo pienamente a conoscenza dei vincoli e delle preclusioni che il regime di docenti a tempo pieno imponeva loro, abbiano cagionato con dolo, nella forma del dolo civile contrattuale, un danno erariale nei confronti dell’ Università degli Studi di Napoli “Parthenope” che si sostanzia nella sommatoria di quanto indebitamente percepito come indicato nei prospetti presentati dalla Guardia di Finanza, sulla scorta di quanto loro comunicato dall’Amministrazione universitaria. Pertanto, ai medesimi convenuti vengono addebitati, con conseguente e corrispondente obbligo di risarcimento nei confronti dell’ Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, i seguenti importi: € 91.760,29 a carico di Federico ALVINO (€ 73.888,35 a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2003 al 2007 ed € 17.871,94 a titolo di indennità di carica e di incentivazione alla didattica percepite); € 81.065,97 a carico di Stefano AVERSA (€ 68.652,84 a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2003 al 2007 ed € 12.413,13 per indennità di carica e di incentivazione alla didattica percepite); € 56.761,36 a carico Guido BENASSAI a titolo di indebite erogazioni stipendiali dal 2003 al 2007; € 122.060,29 a carico di Alberto CAROTENUTO (€ 82.197,18 a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2004 al 2007 ed € 39.863,11 a titolo di indennità di Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali carica); € 30.178,24 a carico di Lino CINQUINI a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2003 al 2004; € 32.396,25 a carico di Roberto DE CICCO a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2005 al 2007; € 438.477,30 a carico di Gennaro FERRARA (€ 114.488,97 a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2003 al 2007 ed € 323.983,33 a titolo di indennità di Rettore); € 122.321,91 a carico di Rodolfo Maria A. NAPOLI (€ 114.488,97 a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2003 al 2007 ed € 7.832,94 a titolo di incentivazione alla didattica); € 119.010,32 a carico di Claudio PORZIO (€ 92.661,93 titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2003 al 2007 ed € 26.348,39 a titolo di indennità di carica); € 43.582,50 a carico di Vincenzo SANGUIGNI a titolo di erogazioni stipendiali indebite dal 2005 al 2007. Sulle predette somme dovranno essere applicati, innanzitutto, la rivalutazione monetaria, da calcolarsi secondo https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti gli indici ISTAT, dall’esborso e fino al giorno della pubblicazione della presente sentenza, nonché gli interessi legali sulla somma così rivalutata dalla predetta pubblicazione al soddisfo. Per quanto riguarda, infine, le spese di giudizio, queste ai sensi dell'art. 97 c.p.c., seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale per la Campania 1. RESPINGE le eccezioni di difetto di giurisdizione; 2. RESPINGE le eccezioni di nullità/inammissibilità dell'atto di citazione e degli atti istruttori; 3. RESPINGE l'eccezione di prescrizione; 4. RESPINGE l'istanza di sospensione del presente giudizio in attesa dell'esito di quello in corso innanzi al Consiglio di Stato a seguito dell'impugnazione della sentenza n. 775/2014 del TAR Campania, proposta da Vincenzo SANGUIGNI; 5. CONDANNA i convenuti al pagamento, in favore dell’ Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, delle somme di seguito indicate: € 91.760,29 a carico di Federico ALVINO, € 81.065,97 a carico di Stefano AVERSA, € 56.761,36 a carico Guido BENASSAI, € 122.060,29 a carico di Alberto CAROTENUTO, € 30.178,24 a carico di Lino CINQUINI, € 32.396,25 a carico di Roberto DE CICCO, € 438.477,30 a carico di Gennaro FERRARA, € 122.321,91 a carico di Rodolfo Maria A. NAPOLI, € 119.010,32 a carico di Claudio PORZIO, € 43.582,50 a carico di Vincenzo SANGUIGNI. Scuola Normale Superiore - Affari legali e istituzionali Sulle predette somme andranno, altresì, corrisposti, oltre rivalutazione monetaria da calcolarsi secondo gli indici ISTAT dall’esborso e fino al giorno della pubblicazione della presente sentenza, gli interessi legali sulla somma così rivalutata dalla predetta pubblicazione al soddisfo. I predetti soggetti sono, poi, tenuti al pagamento, nei confronti dell'erario, delle spese di giustizia che si liquidano in euro duemilaottocentoquarantatre/38 (€. 2.843,38). Così deciso in Napoli, nelle camere di consiglio del 16 ottobre, del 13 novembre e del 11 dicembre 2014. IL CONS. ESTENSORE IL PRESIDENTE (Rossella Cassaneti) (Fiorenzo Santoro) https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28] Corte dei conti Depositata in Segreteria il 30 marzo 2015 Il Direttore della Segreteria (Dott. Carmine De Michele) https://servizi.corteconti.it/...=305%20%20%20%20%20%20%20%20&anno=2015&pubblicazione=20150330&mod=stampa&rigenera=SI[27/04/2015 11:49:28]