symphonie - Francesco Maria Paradiso

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symphonie - Francesco Maria Paradiso
Francesco Paradiso
SYMPHONIE
OP. 21
(1928)
di
Anton Webern
Lineamenti della poetica
ed
analisi dell’opera
Milano, Marzo 2000
2
La Sinfonia op. 21 (1928) di Anton Webern
- Lineamenti della poetica ed analisi dell’opera -
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L’allievo di Schönberg e la Scuola di Vienna
“Anton Webern – scrisse Nikolai Andreevic Roslavec compositore e critico sovietico degli anni
‘20 nella recensione alla pubblicazione dell’op.71 – è uno dei più ortodossi allievi di Arnold
Schönberg di cui ha amorosamente assimilato gli insegnamenti. Non è perciò da meravigliarsi se a
prima vista si ha l’impressione di una piena identità stilistica di queste composizioni con la maniera
complessiva delle opere del famoso maestro. Tuttavia, a un esame più accurato la fisionomia
musicale dell’autore si delinea con maggiore precisione, e infine si configura a statura naturale
l’immagine di uno splendido, raffinato e riflessivo artista, di un maestro ottimo e coraggioso, ben
consapevole di dove stia andando e di quello che vuole, dietro al quale si sentono secoli di profonda
cultura musicale. […] Il raffinatissimo stile armonico, nettamente schonberghiano, gli estrosi
episodi melodici, la ricchezza del ritmo e la levigatura della forma ne sono elementi salienti. E’
superfluo dire che dovrà passare del tempo prima che queste composizioni riescano ad aprirsi le
porte delle sale da concerto […]”.
Com’è noto, al giovane viennese non mancarono certo le difficoltà. La sua musica, la forma
aforistica2 che è caratteristica delle sue opere e con la quale esprime un pensiero concentrato al
massimo grado, non di rado fu derisa, e giudicata come un insieme di pigolii e di contorsioni. La
critica del tempo tentò di ravvisarvi perfino un capriccio o uno scherzo dell’autore. Tant’è, che
Webern fu costretto a scrivere di sé: “Io non aspiro affatto a diventare uno spaventapasseri
musicale, al contrario intendo pormi come il continuatore naturale delle antiche tradizioni
correttamente intese!3”.
Al tempo della formazione e della prima maturità di Webern, Vienna può essere considerata
quasi il punto nevralgico della cultura europea: nella città che Karl Kraus ebbe a chiamare «stazione
meteorologica per la fine del mondo» maturarono allora, in campi diversi, idee e riflessioni
fondamentali per la cultura del XX secolo e per quella successiva.
Nella capitale austriaca, negli stessi anni di Schönberg, Berg e Webern - la storica “triade” di
Vienna -, vissero Freud (che nel 1895 pubblicò gli Studi sull’isteria insieme con Breuer e nel 1900
Interpretazione dei sogni), Hofmannsthal, Schnitzler, Mach, Musil e molti altri. Si deve ricordare,
inoltre, la coincidenza dell’arrivo di Mahler a Vienna e la nascita ufficiale della Seccessione: su
quel terreno si formarono Schiele, Kokoschka, e Loos, che presto presero vie autonome.
L’elenco potrebbe continuare; ma qui importa sottolineare che personalità tanto diverse e attive
in campi disparati sembrano trovare un punto d’incontro, un terreno d’indagine comune nella
riflessione sulla crisi della nozione tradizionale del soggetto e del suo linguaggio. In altre parole, si
rende sempre più manifesta la percezione del dissolversi della capacità del soggetto di portarsi come
principio ordinatore della realtà.
1
Quattro brani per violino e pianoforte, op.7 (1910)
I segni tipici della maniera aforistica – puntillismo e massima brevità della forma musicale – sono aspetti diversi di
quel principio generale che informa lo stile di Webern, vale a dire della sorprendente concentrazione del pensiero
creativo. Pertanto, questa maniera non è qualcosa di artificiale (come in alcuni suoi epigoni), ma la conseguenza
necessaria di un principio stilistico basilare. In V. Cholopova, J. Cholopov, Anton Webern, Unicopli Ricordi, Milano
1990.
3
Cfr. op.cit. p.90
2
3
E’ la scoperta di una molteplicità d’esperienze che distruggono la salda nozione tradizionale
dell’io, il suo controllo sul reale, e lo inducono ad una tormentosa, inquieta indagine, e quindi a
rivedere criticamente l’ordine convenzionale dei linguaggi esistenti ed a cercare nuovi sistemi.
Tralasciando altri campi pur fondamentali, come ad esempio quello psicoanalitico, pittorico e
letterario, in campo musicale si devono ricordare quali immagini intimamente lacerate, non
conciliate, crei il mondo di Malher: egli fu oggetto di incondizionata ammirazione per Berg e
Webern, di perplessità prima e di adesione senza riserve poi per Schönberg.
Si è fin troppo insistito sulla banale constatazione che Malher, a differenza dei viennesi, non
approda alla compiuta sospensione della tonalità; ma la sua eredità non riguarda soltanto le tracce
direttamente riconoscibili nella loro opera, in particolare in quella di Berg: a Malher li accomuna
infatti in primo luogo la tensione etica, l’ansia di «verità».
«La musica non deve ornare, deve essere vera», ebbe a scrivere Schönberg, e la sua frase rivela il
punto di contatto non soltanto con Malher, ma con tutti i grandi protagonisti della cultura viennese,
le cui diversissime esperienze si possono ricondurre sotto il segno della ricerca del linguaggio,
vissuta con strenuo impegno etico nella consapevolezza della impossibilità di chiudersi nell’ordine
dei linguaggi tramandati, della necessità di sperimentare ordini nuovi sapendo che non vi sono
soluzioni su cui contare, vie d’uscita certe e rassicuranti.
Dalla perdita del centro e dalla denuncia della crisi del linguaggio discendono in Schönberg, Berg
e Webern vie diverse, autonome e nettamente individuate.
•
La scoperta di Webern
Dei tre viennesi, “Webern resterà sempre e per sempre nella coscienza di coloro i quali sono stati
direttamente toccati dalla sua musica. […] E ogni musicista che ami questa musica, deve prendersi
la responsabilità di comunicare agli altri il piacere di scoprire Webern. Allora la musica di Webern,
a poco a poco, irradierà la sua forza interiore, creando tra gli uomini il legame della comune
ammirazione della bellezza”: così si esprimeva il ventisettenne Karlheiz Stockhausen nell’articolo
“Per il 15 settembre 1955” nel decimo anniversario della morte di Webern. Il suo entusiasmo era la
voce di tutta una generazione di compositori che poneva Webern sul gradino più alto dell’arte.
“Nessun artista è stato più fanatico nella sua aspirazione verso la verità e la perfezione” diceva
nel 1947 Renè Leibowitz. E Boulez - con la sua tipica categoricità – affermava che: “Webern è
l’unica anticamera per la musica del futuro”.
In Germania l’acquisizione della musica di Webern ebbe come tramite sia le esecuzioni
concertistiche sia le ricerche musicologiche. Tuttavia, ai Ferenkursen di Darmastadt del 1946 e del
1947 la musica di Webern era ancora assente dal programma. Solo nel 1948 il pianista Peter
Stadlen, già in precedenza interprete delle Variazioni per pianoforte, eseguì per la prima volta in
Germania le Variazioni op.27. Nello stesso anno, Leibowitz, anche lui per la prima volta in
Germania, tenne un corso sul sistema dodecafonico di Schönberg che iniziava proprio con l’analisi
delle composizioni di Webern. Fu Leibowitz dunque, a schiudere ai giovani compositori la via della
conoscenza di Webern.
Nel 1955 (il decimo anniversario della morte del compositore viennese) fu pubblicato il numero
speciale di Die Reihe che comprendeva articoli di Krenek, Eimert, Stockhausen, Boulez, Pousser,
con la prefazione di Igor Stravinskij. Quello stesso anno è contrassegnato da un evento che
rappresenta una svolta nel destino della musica di Webern: la casa americana Columbia incide
quattro dischi con l’opera completa del compositore, dall’op. 1 all’op. 31, comprendenti anche il
giovanile Quartetto per pianoforte (1906) e la rielaborazione orchestrale del Ricercare dall’Offerta
musicale di Bach.
4
La letteratura su Webern, poi, si è sviluppata negli anni Cinquanta-Sessanta con inconsueta
rapidità. Sono state pubblicate le lezioni da lui tenute nel 1932 e nel 1933, e la corrispondenza con
la Jone e Humplick che hanno consentito di penetrare nel suo mondo interiore. Nel 1962, inoltre,
Ida Cappelli ha compilato una rassegna della letteratura sui compositori contemporanei e ha finito
per concludere che “Webern emerge in primo piano”.
Un’intera generazione di compositori occidentali, venuti alla ribalta verso la metà del ‘900, si è
formata, per un verso o per l’altro, sotto l’influenza di Webern: Stockhausen, Boulez, Berio,
Dallapiccola, Xenakis, Nono, Donatoni; Pousser, Searle, Henze e molti altri.
Anche Stravinskij riconobbe che “il mio entusiasmo per Webern come compositore fu più
duraturo che per chiunque altro”. “Secondo me – continua Stravinskij - Webern possedeva la
capacità di toccare nel vivo, e nessuna altra musica contemporanea mi ha perseguitato come la coda
della sua sinfonia”.
“Anton Webern – ricorda Stockhausen - si trovava allora al centro dei miei interessi. Egli
risvegliò la mia sensibilità al suono. Le sue indagini in una tecnica compositiva differenziata erano
a largo raggio e condussero al principio della serialità integrale”; sul piano estetico, tuttavia, egli
invitava a percorrere strade del tutto differenti da quelle di Webern.
L’ “avanguardia musicale” degli anni Cinquanta elaborò, infatti, una nuova “concezione di
Webern”, nel senso di un nuovo modo di concepire la musica, che si contrapponeva al
romanticismo e all’espressionismo, ed a tutto ciò che deriva dal culto dell’emozione fine a se stessa.
Quella di seguito è, per esempio, la posizione sostenuta da Herbert Eimert nel saggio Die
notwendige Korrekturt [Un correttivo necessario] :
“L’ultima indicazione dell’ultima composizione di Webern è ‘a spegnersi’, e un ascoltatore
pateticamente disposto non potrebbe terminare meglio la sua storia d’appendice su Webern […].
Ma persino uno sguardo superficiale a queste partiture dovrebbe essere in grado di rintracciare la
verità, […]. Con la liquidazione da parte di Webern dell’«io» sofferente, la musica diventa il centro
della forma, di una forma percettibile, ‘animata’, come la descriveva Webern sull’esempio
dell’equilibrato veleggiare delle voci nel corale di Isaac. […] La musica di Webern è intensa,
severa, chiara e precisa, suggestiva e rigorosa nella forma. Non è un precipitato di vapori
impressionistici, bensì slancio, agile forza di una flessibile scultura in fil di ferro. Questo miracolo
di delicatezza e questa severa fantasia formale affascinano non per la loro demonicità o per il loro
gioioso senso contenutistico, ma per una forma fatta di un’impercettibile misura strutturale”4.
In ultima analisi, la scoperta di Webern generò nell’avanguardia degli anni Cinquanta un tipo di
tecnica compositiva portata al più alto grado di razionalismo, la post-serialità.
La elaborazione teorica della «post-serialità» si deve a Stockhausen, Boulez, Nono, Pousser,
Ligeti e altri, in diverse varianti. E sebbene inizialmente i teorici del serialismo fossero partiti dalle
innovazioni compositive di Messiaen, presto la loro attenzione si concentrò su Webern. In
particolare, nel 1957, al festival di Darmstadt, Luigi Nono tenne la ormai storica relazione
Evoluzione della tecnica seriale, in cui partiva dall’analisi della musica di Webern per giungere alla
costruzione della nuova teoria sul serialismo.
4
Cfr. op. cit. p.127.
5
•
La Sinfonia op.21: introduzione all’analisi
“Vorrei paragonare un qualsiasi lavoro di Webern a un cristallo che, a girarlo, rivela ogni volta
una nuova faccia scintillante. Anzi il processo creativo di Webern mi appare come il processo di
cristallizzazione, per cui una semplice grafite si trasforma, in seguito ad un’enorme forza di
compressione, in un prezioso diamante”: questo è quanto coglieva E. Serov, il primo interprete della
Sinfonia op.215.
Fra tutte le opere di Webern, infatti, la Sinfonia op.21 emerge proprio per gli elementi
fondamentalmente nuovi, e per la nuova qualità dello stile compositivo .
Se scrivere una sinfonia equivale a costruire un nuovo mondo - come s’espresse una volta
Malher –, qui, nella Sinfonia op.21, l’estrema contrazione del tempo e la nuova struttura dello
spazio musicale - webernianamente articolato nella dimensione della profondità - fanno scaturire
immagini di assoluta originalità.
Il pensiero è tanto concentrato e compresso che, di fatto, non si sviluppa, e si evidenzia soltanto
nel fluire del tempo, essendo di per sé perfettamente immobile. Nell’opera inizio e fine sono
identici l’uno e l’altra, e la possibilità di vedere tutti i momenti del movimento sin dall’inizio si
esprime nella percezione di un moto circolare. Questo carattere delle immagini esclude, subito e
totalmente, qualsiasi sapore di neoclassicismo e fa sì che la nuova espressività lirica weberniana
possa estrinsecarsi nella maniera più completa.
Pur non spezzando il legame con la cultura delle forme classiche a cui era stato educato, Webern
trova di fatto ispirazione non già in esse, bensì nelle possibilità che offre il nuovo mondo dei dodici
suoni.
Su questo terreno le vie creative di Webern e Schönberg si divaricano definitivamente.
A Schönberg la dodecafonia servì per tornare indietro e scrivere ancora sonate, rondò ed adagi, ma
secondo i principi del nuovo metodo tonal-dodecafonico. Webern, invece, pur conservando anche
lui i profili dell’adagio e del rondò, in realtà scoprì un universo di immagini del tutto nuove: al
posto delle forme classiche appesantite da un eccesso di sonorità dissonanti e quindi logorate,
abbiamo un continuum di straordinaria leggerezza dalle simmetrie pluridimensionali e
stereofonicamente spaziali, che contiene tutti i delicati fili delle nuove immagini sonore,
abbaglianti, policrome, luminose come la gamma dell’iride, nonché tutte le possibili simmetrie e
riflessioni speculari, idealmente perfette e cesellate in un aleggiare di esili linee e figure6.
Un sommesso lirismo che paradossalmente si innesta sulla straordinaria luminosità e sottigliezza
del tessuto puntillistico7 e sulla sorprendente concentrazione del pensiero, caratterizzano, poi, la
sfera immaginifica sia dell’op.21 come anche delle ultime composizioni di Webern. Inoltre, le opere
di Anton Webern, soprattutto quelle seriali, nelle quali la fedeltà al principio scelto non ammette
compromessi, costituiscono un modello di organizzazione musicale rigorosissima.
E se a ciò si aggiunge l’ordine (in verità, non del tutto rigoroso) delle successioni dei gradi di
intensità, dei segni interpretativi, che va parallelamente alla serializzazione delle altezze
(ricordiamo per esempio anche il secondo movimento delle Variazioni op.27), apparirà evidente la
tendenza nella tarda produzione di Webern, a trattare con razionale chiarezza anche altri elementi
del linguaggio musicale non strettamente legati all’altezza del suono. Tale tendenza riflette un’idea
costante di Webern, quella della Faßlichkeit8 (afferrabilità) che però è ben altra cosa dalla tecnica
della serialità integrale di Boulez, Stockhausen, Nono e altri compositori della loro generazione.
5
cfr. op. cit. p. 131
cfr. op. cit. p. 241
7
cfr. nota 20
8
Faßlichkeit è il risultato del rapporto di tutti gli elementi della composizione tra loro e assume, di conseguenza, il
ruolo di portatore di logica musicale. Cfr. op. cit. p.146.
6
6
In effetti, le composizioni di Webern contengono, accanto alla serializzazione delle altezze,
l’organizzazione di molti altri parametri musicali - ritmo, timbro, linee, intensità, articolazione,
densità e così via –, che è ad un tempo autonoma e correlativa. Tuttavia, in nessuna delle sue
composizione c’e, all’interno della totalità della forma, un trattamento seriale ciclico degli “ordini”
o delle lunghezze, o delle intensità, o dei segni d’espressione, o dei timbri; non c’è ciclicità neppure
rispetto ai “micro-ordini” di questi parametri. L’unico sistema di ripetizioni, a cui Webern si attiene
saldamente a partire dall’op.179 è quello delle serie di altezze dei dodici suoni.
Dunque, ci vollero quattro anni di intenso lavoro – dal 1924 al 1928, e ben sei anni dalla prima
opera dodecafonica di Schönberg10 - prima che, portate più o meno a termine un certo numero di
composizioni (opp. 17-20, Kinderstück per pianoforte, Satz movimento per trio, Satz movimento
per quartetto d’archi e una serie di composizioni vocali), Webern componesse l’opera che segnò
l’avvento di una nuova maniera nella produzione e nella musica della prima metà del XX secolo, la
Sinfonia op.21 – la variante weberniana della dodecafonia - del 1928.
Come era già avvenuto con la Klangfarbenmelodie (il principio della “melodia dei timbri”
annunciato da Schönberg nelle ultime pagine dell’Harmonielehre ma effettivamente realizzato da
Webern nella orchestrazione del Ricercare di Bach11), in questa sinfonia Webern impiegò in
maniera del tutto propria il sistema di composizione coi dodici suoni12. In sostanza integrò il
sistema di Schönberg con almeno tre importantissimi criteri personali:
1. Agganciò solidamente la serialità alla tecnica del canone, restituendo l’inversione e il moto
retrogrado al vecchio alveo naturale della polifonia13.
2. Nella serie come nell’organizzazione musicale in generale, rafforzò la “emitonia” (sistema
cromatico) che fu il solo ad applicare in modo coerente.
3. Nella costruzione e disposizione della serie introdusse un criterio nuovo: la simmetria.
Difatti, la precisione canonica e la severità della simmetria nel tessuto musicale weberniano non
lasciavano spazio per i suoni “superflui” che non rientravano nella serie. Per tale motivo il rigore
della tecnica seriale di Webern può essere considerato assoluto e di conseguenza superiore a quello
del maestro: Schönberg. Webern difatti, risultò l’unico della “triade” della Scuola di Vienna a
seguire il metodo con coerenza e costanza.
E’utile notare, inoltre, che la maniera stilistica di Webern presenta tratti comuni con quella di un
altra importante figura del ‘900, Igor Stravinskij, almeno per tre ragioni:
9
I)
La levigatezza e precisione di ogni singolo suono.
II)
La fiducia nella struttura come garanzia della perfezione musicale.
III)
L’impostazione di nuovi compiti strutturali da un’opera all’altra14.
Tre rime tradizionali, op.17 (1924)
I Fünf Klavierstücke op.23 (quinto pezzo Walzer), e poi più decisamente la Serenade op.24 (1923-24) precedono
l’integrale adozione della tecnica dodecafonica nella Suite op.25 (1924). Riportiamo, inoltre, per completezza: «Questo
metodo consiste, in primo luogo, nel costante uso di una serie di dodici suoni differenti; il che significa evidentemente
che nessun suono è ripetuto in seno alla serie, e che questa utilizza tutti i dodici suoni della scala cromatica, sia pure in
un ordine differente; giacché è chiaro che la serie non è in nessun modo, simile alla scala cromatica» A Schönberg,
Composition with twelve tones, in Style and Idea p.107.
11
Nell’orchestrazione weberniana del Ricercare una frase melodicamente completa viene scomposta in frammenti
affidati a timbri diversi, dissimili, cosicché, ne risulta una musica radicalmente diversa. Questo metodo non aveva
precedenti né in Schönberg né in nessun altro dei contemporanei. Cfr. op.cit. p.44-45.
12
Ossia “la scala cromatica come fondamento della tonalità” cfr. op.cit. p.45
13
“Noi viviamo, ai nostri giorni, il periodo polifonico, e la nostra tecnica di composizione ha molte parentele con i
metodi dei fiamminghi del XVI secolo con in più si capisce, tutti i risultati della conquista delle risorse armoniche” ed
ancora “I tardi rappresentanti della scuola fiamminga hanno scritto intere opere sul materiale di una tema, con
inversione, moto contrario, ritmo variabile e così via” dalle lezioni di A.W. del 1933.
10
7
Della “triade” della scuola di Vienna fu proprio Webern ad esercitare una certa influenza su
Stravinskij sia nel senso di un suo più accentuato impegno espressivo di carattere lirico, sia nel
portarlo alla tecnica dodecafonica, appunto a quella di Webern.
Tuttavia sorprende constatare come Webern non avesse coscienza delle sue scoperte musicali, e
di quanto egli stesso avesse contribuito all’elaborazione del metodo di composizione dodecafonico.
Persino in Webern, dunque, persisteva la tradizionale “forbice” tra prassi intuitiva e teorizzazione
musicale. Al contrario, egli era acutamente cosciente dello scarto tra la pratica e la teoria nella sua
arte. Infatti, la correlazione tra intuizione e conoscenza è uno dei temi più interessanti delle sue
lezioni. Rifacendosi agli insegnamenti di Schönberg, Webern sviluppa inoltre l’idea della continuità
della evoluzione storica del linguaggio musicale:
•
I modi ecclesiastici erano stati sostituiti dal modo maggiore-minore, a quest’ultimo era
subentrato il sistema basato sui dodici semitoni della scala cromatica.
•
Il passaggio dal maggiore-minore al cromatismo è altrettanto naturale ed inevitabile di
quello dai modi ecclesiastici al maggiore-minore: tuttavia «è più doloroso», aggiunge
Webern.
Come prefigurazione dei principi dodecafonici nella musica del passato Webern individua fra
tutti:
1. Il tematismo15 in quanto tale.
2. La variazione in quanto metodo di sviluppo.
Apparentemente, del suo nuovo sistema cromatico (emitonia) egli sa solo che il materiale sonoro
è la scala cromatica e che il principale procedimento compositivo è per semitoni.
Della nuova legge della simmetria nella struttura della serie, egli ne da una ragione formale, e
dunque la simmetricità della serie, proprio nella Sinfonia op.21, gli appare una necessità. D’altra
parte mette a confronto elementi dodecafonici con elementi della tonalità, intendendo in tal modo
affermarne la legittimità. La Sinfonia inizia e termina con una serie alla stessa altezza, quasi si
trattasse dello stesso tono, oppure la serie viene divisa in due metà, di cui la seconda è alla quarta
inferiore o alla quinta superiore, come se fosse costruita sulla dominante. A questo proposito egli
formula uno dei suoi più importanti postulati: La simmetria nella nuova musica emerge in primo
piano in luogo delle vecchie funzioni tonali T, S, D.
Dunque a partire dalla Sinfonia op. 21 l’ordine della struttura seriale diventa una delle
componenti estetiche essenziali della composizione, apportandovi il suo carattere di legge,di
regolarità, di necessità.
E’ interessante notare infine, che i tre cicli strumentali, Trio op.20, Sinfonia op.21, Quartetto
op.22, avrebbero dovuto consistere di tre movimenti (si sono conservati gli studi riferiti a
quest’ultimi), ma nella versione ne hanno solo due. Quindi, in un certo senso, si tratta di opere
incompiute.
14
«Ogni musica - affermava Webern - deve poter superare la verifica sulla autenticità dell’espressione e sull’integrità
dell’invenzione. Altrimenti non sarebbe tecnica». Cfr. op cit. p.80.
15
Nello spiegare il metodo dodecafonico, egli parla di 48 tipi di serie, sebbene egli stesso non si sia mai avvalso di un
così gran numero di trasposizioni della serie. “Ma - afferma – “il principio deve essere sempre lo stesso: tematismo,
tematismo, tematismo!” “Io – continua – posso anche lavorare senza un tema, essendo così molto più libero: è la stessa
serie a garantirmi la coerenza” Cfr. op.cit. p. 82
8
•
Analisi dell’opera
La Symphonie op.21 è formata di due movimenti. Il primo è un «doppio canone per moto
contrario» a quattro voci, distribuite su dieci pentagrammi (Clarinetto, clarinetto basso, due corni,
arpa, due violini, viola e violoncello). Il secondo movimento è costituito da un tema con sette
variazioni. La durata complessiva dell’opera è di sei minuti circa16.
Il primo movimento.
La serie originale, annotata nella tabella di Webern, è la seguente17:
(in Luigi Rognoni, ‘La Scuola musicale di
Vienna’, Giulio Einaudi editore, Torino 1966, p.343 es.211)
[…]
Essa è costruita in modo che la seconda metà (7-12) non è altro che la regressione (trasposta)
della prima18 (1-6); come ha osservato lo stesso compositore: «questo ne costituisce una particolare
coerenza interna. Si danno quindi 24 forme, perché due risultano sempre identiche»19.
Nel primo movimento, le quattro voci che articolano il doppio canone per moto contrario si
muovono su un piano orizzontale, sopra una trama a base puntillistica20, verticalmente proiettate
nello spazio timbrico definito da ciascuno strumento.
La testura melodico-contrappuntistica dal carattere pacato e contemplativo, vive perciò in
funzione strettamente timbrica, in frammenti di cinque, quattro, due e persino una sola frequenza,
distribuite a tre, quattro, cinque matrici timbriche con l’accortezza di non ricorrere mai a raddoppi.
Ci sembra chiaro il riferimento alla tecnica dell’ochetus. Tecnica che nella Sinfonia viene applicata
con estremo rigore assieme ad un’altrettanto rigorosa tecnica canonica.
Per l’identità speculare delle quattro forme della serie21, l’analisi seriale può procedere
considerando come O (serie originale) il primo seguito di dodici note rintracciabile
nell’enunciazione del corno II (batt.1-4), cui risponde il Ro nel corno I, proseguita dal clarinetto
(batt.5-8) e dal violoncello (batt.9-12):
(idem, es. 212, p. 343)
[…]
16
cfr. Luigi Rognoni, Umanesimo di Anton Webern, in La Scuola Musicale di Vienna, G.Einaudi editore, Torino 1966
Il fattore che caratterizza le potenzialità intonative delle serie weberniane è costituito dalla combinazione di due tipi
di intervalli: di seconda minore e di terza (maggiore e minore). E’ naturale che il contenuto intonativo della serie
garantisca la presenza costante del «gruppo weberniano» del tipo: re – do diesis – si bemolle. Così la tecnica seriale
garantisce a Webern la massima purezza stilistica e la massima parità dei suoni e anche un’estrema saturazione
dell’intonatività nella dimensione orizzontale, verticale e mista, “diagonale”.
18
Questa serie, tipica del pensiero seriale di Webern, è detta palindroma cioè letta da sinistra o da destra dà gli stessi
intervalli. Sicché l’Originale risulta identico al Retrogrado trasposto, e lo stesso si dica delle rispettive Inversioni. Ciò
esclude, in quanto identiche, metà delle 48 forme possibili; il compositore deve estrarre perciò le relazioni motiviche
soprattutto dall’interno della serie.
19
A. Webern, Der Weg zur neuen Musik, in L. Rognoni op.cit. p.347
20
Con questo termine normalmente si definisce una scrittura a punti, dovuta non a motivi o formazioni accordali, bensì
a suoni isolati, separati (ma anche accoppiati, costruiti, se sono isolati dal registro, dalla dinamica, dal timbro e da altri
analoghi. Tutta la trama consiste di punti. In questo caso i repentini cambi di registro caratterizzano momenti di
particolare vigore, esaltazione, foga [“äußerst schwungvoll”]. Tuttavia il puntillismo non è finalizzato ad un tipo
d’espressione.
21
L’idea weberniana della serie, specularità delle parti dei segmenti (per esempio, i gruppi di tre note nella serie
dell’op.24, di quattro note nell’op.28 e di sei note nell’op. 21), si avvicina ad altre analoghe tendenze già presenti nella
struttura seriale della composizione. Tale , per esempio, è la tendenza a riferire le altezze a determinate ottave,
brillantemente evidenziata proprio nel primo movimento della Sinfonia dove assume un carattere di riconcezione
armonica delle forma-sonata classica. Cfr. op.cit. p.295-296.
17
9
La Grundgestalt (la serie originale annotata da Webern) viene occultata nel primo
movimento, per comparire poi tematizzata nel secondo e in senso tradizionale di figura motivo
seguita da variazioni.
Tuttavia ha importanza, in riferimento alla «comunicazione» musicale del piano architettonico, il
riferimento analitico alla Grundestalt in quanto radice sonora dalla quale il compositore si è
percettivamente mosso ed alla quale si riconduce tutta la composizione al modo di sviluppo
speculare di un’unica idea.
Per chiarezza di lettura, riuniamo le voci del canone su quattro pentagrammi ed analizziamo la
connessione seriale di ogni singola voce nelle prime 14 battute:
(idem, es. 213, p. 344)
[…]
10
In base alla serie originale annotata da Webern, nelle quattro voci del canone si hanno quattro
posizioni della serie che si articolano nel seguente modo:
•
La prima voce (a) espone il Ro alla terza superiore, in tre sezioni, enunciate dal corno II,
dal clarinetto e dal violoncello. Una linea tematica ampia, nella quale la pausa agisce sul
ritmo, con intensa forza espressiva.
•
La seconda voce (b) si muove nella forma O trasposta alla terza superiore ed è pure divisa
in tre sezioni, esposte dal corno I, dal clarinetto basso e dalla viola .
•
La terza voce (c) espone la serie O.d. (originale diritta, Grundgestalt) che si articola su sei
parti strumentali alternate fra arpa, violoncello, violino II, e corno II.
•
La quarta voce infine (d) è costituita dal Ro alla terza inferiore ed è distribuita tra arpa,
viola, violino I, e corno I.
E’ da notare che il contrappunto fra le matrici timbriche delle voci inferiori dimostra un carattere
più complesso.
Le quattro voci, magistralmente intrecciate in un serrato movimento contrappuntistico, giungono
in tal modo a totalizzare le quattro trasposizioni della serie, quasi in sincrono, alla dodicesima alla
quattordicesima battuta.
Non è possibile immaginare una maggiore unità nella massima varietà espressiva; tanto che dopo
questa esposizione , il canone procede per rifrazione sino al diradamento, alla riduzione timbrica più
eterea e immateriale, sin quasi alla consumazione, per trasformarsi, nella chiusa, in un canone
semplice a due voci per moto contrario.
Il secondo movimento
Il secondo movimento è costituito, da un tema e sette variazioni. Di questo movimento riportiamo,
per completezza, l’autoanalisi di Webern22:
«La serie riecheggia… Essa ha la peculiarità che la seconda parte è il Retrogrado della
prima. E’ un’unità molto intima. Sicché qui sono possibili solo ventiquattro forme,
dato che le altre sono identiche a due a due con queste. All’inizio, il Retrogrado appare
nell’accompagnamento del tema, e la prima variazione ha per melodia la trasposizione
della serie a partire da do. L’accompagnamento è un canone doppio. E’ impossibile
una maggiore unitarietà; neanche i Fiamminghi sono arrivati a tanto. Nella quarta
variazione appaiono di continuo forme a specchio. Questa stessa variazione è il punto
centrale dell’intero movimento, e da qui in poi tutto torna indietro. Sicchè l’intero
movimento rappresenta un doppio canone per moto contrario. Ciò che vedete qui –
Retrogrado, canone… - è sempre la stessa cosa: non vanno considerate acrobazie;
sarebbe ridicolo! Lo scopo era creare la maggior quantità possibile di relazioni, e
bisogna ammettere che di relazioni ce ne sono parecchie!»
22
A. Webern, Der Weg zur neu Musik (Verso la nuova musica) in Walter Koldener, Webern, Rusconi Milano 1996
11
IL TEMA
Il tema è esposto dal clarinetto e svolge diastematicamente tutta la serie O.d. sopra un sostegno
armonico-contrappuntistico affidato ai due corni ed all’arpa. Come emerge dalla descrizione
dell’autore, tale basamento è ingegnosamente costruito sulla forma Re della serie O.d. che fonda il
tema, in modo tale che il tema armonizza se stesso. Esempio assoluto di unità sia in senso
orizzontale che in verticale.
(idem, es. 214, p. 346)
[…]
Soffermandoci su queste undici misure ritroviamo la costante d’un principio fisso di
armonizzazione nell’ambito della tecnica dodecafonica.
Il tema viene suddiviso in tre segmenti secondo lo schema liederistico A – B – A.
Il primo segmento comprende le misure 1 – 4. Caratterizzato da una regolare scansione ritmica in
quarti, il segmento espone i primi quattro suoni della O.d.. L’armonizzazione del segmento adotta
anch’essa un scansione ritmica regolare basata però sui primi quattro suoni della Re.
Il secondo segmento, ritmicamente caratterizzato da quarti puntati ed ottavi, presenta i quattro suoni
centrali della serie, cui corrispondo quale fondamento armonico le stesse altezze ma raggruppate in
ottavi.
L’ultimo segmento è la ripresa (batt. 8-11) di quanto esposto nel primo segmento, e come tale
adotta lo stesso procedimento di armonizzazione.
LE VARIAZIONI
«La melodia della prima variazione è una trasposizione della serie che parte da do» - dice Webern e l’accompagnamento è un doppio canone per moto contrario, sviluppato stavolta, dai soli archi.
Il corno I, con un movimento ostinato, a mò di accompagnamento, dà l’avvio alla seconda
variazione, in cui, come nel primo movimento, i dodici suoni della serie vengono distribuiti nello
spazio timbrico.
(in Renè Leibowitz, ‘Introductionion a la musique de douze sons’, L’ARCHE, es. 90, p. 236)
[…]
12
La terza e la quarta variazione, dinamicamente opposte, sono entrambe costruite su figurazioni
a specchio; la quarta variazione - continua Webern – «costituisce il punto centrale di tutto il
movimento e da qui in poi tutto torna indietro23», l’intero movimento costituisce quindi un doppio
canone con la sua regressione.
Proseguendo, le variazioni s’incatenano in un crescendo che non è più soltanto di tempo, ma di
spazio timbrico e ritmico, cosicché alla quinta si ha ritmicamente una straordinaria variazione
puramente armonica del tema.
(in Luigi Rognoni, ‘La Scuola musicale di Vienna’, Giulio Einaudi editore, Torino 1966, es. 215 p. 346)
[…]
«L’ostinato delle biscrome degli archi e delle terzine dell’arpa è qui ricavato dalla stessa forma
che aveva dato origine al tema» osserva Renè Leibowitz24. Ancora due variazioni – la sesta, un
canone per moto contrario fra clarinetto e clarinetto basso in cui il corno I espone una sorta di
Cantus Firmus utilizzando alternativamente la Re e la O (v. es.), e la settima -, poi la «coda»,
un’improvvisa schiarita sullo schermo sonoro purissimo dell’orchestra:
(idem, es. 216, p. 347)
[…]
La Grundgestalt (O.d.) e la regressione relativa, intensamente compenetrate, si smaterializzano
per porre il suono come «punto e linea nello spazio».
L’intenzionalità auditiva qui acquista una forza percettiva di pura Gestalt pittorica: il timbro del
violoncello pizz., la curva simmetrica del violino solo, punteggiata dall’arpa, che prolunga
l’emozione timbro-colore sulle ultime due note energicamente vibrate dell’arpa.
23
24
A: Webern, Der Weg zur neu Musik (Verso la nuova musica)
R. Leibowitz, Introduction à la musique de douze sons, p.237
13
•
Compressione dei parametri temporali e tempo sospeso: l’esempio dell’op.21
Le prime dieci battute della Sinfonia op. 21 mostrano concretamente quale fosse la percezione
del tempo in Webern25:
(in V. Cholopova, J. Cholopov, ‘Anton Weber’, Ricordi Unicopli, Milano 1990, es. 22, p. 183)
[…]
A prima vista sembra evidente il legame con il consueto trattamento del tempo: il primo schema
ritmico, infatti, (v. il rigo del “ritmo risultante”) mostra un ostinato molto elementare. Il disegno
potrebbe intendersi come testimonianza della più comune e tradizionale fruizione del tempo. Del
tutto elementari sono i disegni ritmici di ciascuna delle voci presenti e della battuta (2/2 per tutto il
movimento, dall’inizio alla fine). Dov’è dunque la novità? Innanzitutto essa si manifesta nei
principi appena esposti.
1. Comprensione dei parametri, concentrazione nel tempo.
Webern satura di significati ogni frazione di tempo di questo Andante lento [“Ruhig schreitend”].
Grazie all’uso particolare, proprio soprattutto del Webern della tecnica dodecafonica, ciascun suono
ha valore non solo in quanto membro della serie dei dodici suoni e di un segmento di essa, ma
anche di per sé,cosicché quasi ogni suono ha valore (o ogni figura di due suoni) si pone come
motivo autosufficiente (ciò accade anche nella tecnica motivica classica, ma come eccezione che
già prelude a una diversa concezione del motivo). Per esempio, il primo suono della terza voce (il
La del Cr. Al III rigo) è imitato dal primo suono delle altre voci, come se si trattasse di un’intera
unità significante, già completamente e pienamente esposta (tale procedimento si conserva per tutta
l’esposizione).
I «punti» contengono in sé ciò che prima apparteneva alle linee motiviche. La testura seriale si
contraddistingue per un rigore e una ricchezza eccezionali nelle microdimensioni: al III rigo
25
L’idea fondamentale della percezione weberniana del tempo è: sinteticità, concentrazione, e massima saturazione,
unite al più rigoroso calcolo e il più rigoroso controllo dei rapporti temporali. Inoltre, il grado di saturazione è tale da
proporre una nuova qualità della struttura, cosicché la concezione della forma finisce pere esserne influenzata in
maniera decisiva. Cfr. op. cit. p. 179
14
risponde la linea che è l’esatta imitazione speculare del II rigo, al IV quella del I primo rigo;
inoltre, le coppie formate dai righi I-II e III-IV sono tra loro nella stessa relazione intervallare
serializzata delle coppie dei righi II-III e I-IV.
La matrice timbrica, quindi, diventa portatrice di relazioni sostanziali, estremamente significanti,
con un ruolo che si avvicina - in qualche misura - a quello che in precedenza apparteneva alla figura
motivo, alla struttura armonica ed alle successioni scalari. Così – per esempio – per quanto attiene
alla elaborazione diretta del rispecchiarsi della terza voce sulla seconda, il timbro del corno ha
significato non inferiore a quello del sistema intervallare della successione scalare, ed a quello della
precisione motivica dell’imitazione. Ma c’è di più: la matrice timbrica crea di per se già una nuova
struttura quasi tematica che, sebbene legata con quella motivica-seriale generale ( e qui questa
svolge la funzione di legame tematico), non è generata da essa, bensì completamente autonoma. Lo
dimostra il seguente schema:
(in V. Cholopova, J. Cholopov, ‘Anton Weber’, Ricordi Unicopli, Milano 1990, p.185 e 186)
[…]
Le successioni timbriche si imitano come fossero unità tematiche. Persino i singoli intervalli sono
trattati come microimitazioni se sono legati agli stessi suoni (Sol – la b per il Cr. nelle battute 3-4 e
lab – sol nelle stesse battute per il Vc., si – sib per il Cr.nelle battute 5-6 e nelle stesse battute 2-3 e
sol – fa# per il Vc. Nelle 4-5; inoltre, questi suoni sono riportabili a quelli già citati lab – sol nei
gruppi imitati di tre suoni; lo stesso avviene con do – si del Cr. nelle battute 5-6 e del Cl. nelle
battute 7-8, la – mib dell’Ar. nella battuta 7 e mib – la della stessa Ar. nella battuta 9, e così via).
Tutta la partitura è attraversata da questo tipo di corrispondenze. Con altrettanta coerenza la linea
orizzontale-tempo si inverte in una identica linea orizzontale-sincronia (v. il Cr.2 e il Vc. nelle
battute 3-4 e altrove).
Lungi dall’essere completamente riportate, tutte queste corrispondenze, imitazioni, correlazioni
nella distanza temporale non sono citate come esempi di semplici procedimenti della tecnica
contrappuntistica o seriale, ma stanno a dimostrare quanto ciascun momento del tempo sia saturo
dei valori logico-musicali degli elementi, e come in Webern il tempo sia “denso”.
Se si pretende di affrontare la Sinfonia con i parametri percettivi del passato, risulterà che essa,
nonostante il tempo lento e il succedersi apparentemente misurato delle lunghezze, sembra
stranamente appena sfiorare la sfera della coscienza sensibile.
La concentrazione temporale è così alta, così qualitativamente nuova, che la coscienza percettiva
non riesce a star dietro alla musica.
L’assuefazione a correlare i momenti del passato con il presente e le estrapolazioni del futuro di cui
consiste la nostra rappresentazione del trascorrere del tempo cha va dal passato al futuro, qui non è
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più in grado di svolgere la sua funzione. Di fronte ad una estensione temporale tradizionale
dei motivi e di ampie unità musicali, il passato agisce attivamente, tramite la memoria, sul nostro
modo di intendere il presente.
Perché la consuetudine a correlare i diversi momenti del tempo possa aiutarci a recepire una tale
autenticità d’espressione musicale, il processo di riconoscimento delle relazioni logico musicali
deve maturare sincronicamente al tempo “condensato” weberniano.
Il “ritmo risultante” riportato nell’esempio, è certamente legittimo, ma non lo è più se la ricezione
della musica avviene in modo corretto ed adeguato; infatti, i suoni sommati è come se giacessero su
superfici diverse (anzitutto per via delle soluzioni timbriche) e le loro durate si compongono come
stereofonicamente l’una sull’altra, ma non si sommano.Si produce cioè una sorta di “tempo
multiplo”.
2. Tempo sospeso
Anche qui Webern non rifiuta il tempo “antropologico” classico che modella i processi vitali,
biologici.
L’addensamento musicale del tempo può essere esemplificato in questo modo:
, dove la
linea di elevazione, il raggiungimento dell’acme e la linea di discesa sono le componenti usuali
della forma weberniana.
Ma questo è soltanto uno degli aspetti del problema. L’altro aspetto, opposto per certi versi al
primo, consiste nelle particolari modalità di trattamento dello schema classico.
Le potremmo intendere e analizzare nel seguente modo: Webern supera l’infinito trascorrere del
tempo poiché ne rappresenta o il fluire come movimento che torna al suo principio, ossia
circolarmente, oppure come movimento ondulatorio.
Per tale motivo, in teoria, fine ed inizio possono essere trattati come movimenti identici; il
movimento e l’aspirazione alla fine diventano la forza che spinge a portare a conclusione un
predeterminato ciclo di sviluppo. La possibilità di riconoscere fin dall’inizio tutti i movimenti dello
sviluppo rende necessaria la loro crescita progressiva, e ciò perché il loro risultato, e il loro
movimento, sono pensati come se fossero già noti e vissuti in anticipo.
Tutta l’esposizione del primo movimento della Sinfonia si muove dentro un cerchio chiuso in cui
inizio e fine coincidono, in cui l’inizio non è contrassegnato da nessun segno tipico dell’ “inizialità”
ma è come se andasse gradualmente rivelandosi.
Ciò si verifica almeno per tre ragioni:
1) Poiché al termine dell’esposizione la struttura seriale torna al suo principio, e cioè si ha un
canone infinito, un movimento circolare nella successione.
2) Il doppio canone (voci III-II e IV-I) è l’analogo simultaneo del ritorno al principio, in altre
parole è un riverberamento nella sincronia, quasi movimento circolare di essa.
3) Tutta l’esposizione si muove lungo uno stesso ambito di altezze, ogni suono qualitativamente
determinato torna sempre alla stessa posizione di registro, di ottava (ad esempio il suono mi è
sempre nella seconda ottava, e così via).
16
Schema generale delle altezze:
(in V. Cholopova, J. Cholopov, ‘Anton Weber’, Ricordi Unicopli, Milano 1990, p.188)
[…]
L’accordo è assolutamente immobile26, quindi esclude qualsiasi sviluppo di altezze all’interno
dell’esposizione come modificazione qualitativa. (idem, es. 15 p. 146)
[…]
Il pensiero musicale si sviluppa in modo che al centro (per esempio nelle battute 11-14) e alla
fine (battute 23-25) dell’esposizione ci si ritrovi esattamente allo stesso punto delle battute iniziali
(1-4).
In qualche punto alcuni suoni possono essere mancanti, ma quelli presenti coincideranno
esattamente con i suoni degli altri punti. Per esempio: (idem, p. 189)
[…]
Questo trattamento del tempo ricorda apparentemente la concezione del tempo medioevale, ma le
analogie non si spingono molto lontano. La profonda tensione interiore della struttura, l’estrema
esacerbazione del sentimento, la singolare saturazione di tutte le frazioni di tempo rendono l’affinità
con il tempo medievale puramente esteriore. Essa è conseguenza dell’azione di una legge dialettica
(“negazione della negazione”) che presuppone il ritorno a livello diverso, ma arricchito della qualità
del fenomeno che storicamente è preceduto. Questo è quanto troviamo in Webern.
A partire dalla Sinfonia op. 21, si precisano, dunque, i caratteri più tipici del modo weberniano di
intendere la dodecafonia negli anni della maturità.
Webern tende - in estrema sintesi - a pensare, a «comporre la serie», come un materiale di
partenza che unifichi compiutamente i diversi aspetti della composizione musicale , e che ne sia
davvero il nucleo generatore in un modo che lo stesso Webern paragona alla immagine della
Urpflanze, della«pianta originaria» della teoria goethiana della natura, dove le radici, il gambo, e la
foglia si identificano come «variazioni dello stesso pensiero».
26
Nella sua analisi, Siegfrid Borris, ha mostrato come l’inizio della Sinfonia si basi su un accordo “rotante”: cinque
quarte sovrapposte, e rispettiva forma a specchio, con perno sulla prima nota della serie, il la
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Attraverso la serie Webern persegue - sulla scia del suo fondamentale principio di
afferrabilità (Faßlichkeit) - la massima coerenza interna. Una coerenza che stabilisca il maggior
numero possibile di relazioni tra ogni elemento della composizione musicale.
Di qui la fiducia nella struttura, la ricerca di cristalline simmetrie27 interne alla serie e di
rigorosissime tecniche imitative a garanzia della perfezione musicale.
Le linee dei canoni della Sinfonia o di molte altre pagine, non sono però percepibili come tali: si
frantumano passando da uno strumento all’altro28 (con la massima differenziazione della matrice
timbrica29), si proiettano in diversi registri con intervalli spesso di grande ampiezza30, sono
interrotte da pause che assumono un peso fondamentale (come sorta di continua interiorizzazione,
di immediata riverberazione dell’evento appena trascorso), e riducono le linee del canone a sottili
trame sonore che vivono e si tendono, con forza, nello spazio interiore, dentro un rinnovata forma
di lirismo che può essere definita, proprio nella Sinfonia op. 21, come lirismo filosofico.
Con la Sinfonia op. 21 Webern ha creato effettivamente un mondo, uno universo sonoro del tutto
nuovo. Un cosmo estremamente rarefatto e non più interpretabile secondo i tradizionali concetti di
armonia o di polifonia. Uno spazio fatto non di linee ed accordi, ma di «punti» e costellazioni.
Nelle profonde ed esili trame strumentali, si agita il soffio lirico weberniano che appare, negli
esiti più radicali, rarefatto e filtrato in un clima di geometrica astrazione, di cristallina limpidezza.
La sua voce, ridotta man mano ad una solitudine estrema, pare opporre alle gigantesche tensioni
di quel tempo, ai cataclismi che hanno scosso i fondamenti etici ed estetici del mondo, il suo forte
senso di responsabilità, il rigore di una lucida perfezione, l’assoluta purezza delle arcane geometrie
dell’opera 21.
Milano, Marzo 2000
Francesco Paradiso
27
La composizione seriale ha due componenti principali: 1) il principio della ripetizione perpetua di uno stesso insieme
di intervalli (della serie) e 2) il riempimento sistematico del campo dei dodici suoni (emitonia). La funzione
compositiva della serializzazione è quella di regolare e ordinare l’infinita quantità dei legami possibili nella libera
atonalità, di andare oltre l’interdipendenza dei gradi. La funzione compositiva della serie è quella di ordinare i rapporti
di altezza (la serie è l’elemento centrale del sistema delle altezze in una data composizione concreta). Cfr.
V.Cholopova,J.Cholopov op.cit. p.292 e segg.
28
Per la struttura profonda (“stereofonica”) dello spazio musicale, che scaturisce da un’originale interpretazione delle
tendenze centripete della dissonanza assoluta, di un insieme completo di semitoni; in altre parole l’armonia va a
coincidere con il timbro. Cfr op.cit. p..283
29
Il principio armonico fondamentale di Webern – un insieme di dodici suoni con la dimensione della profondità –
trova corrispondenze ed echi nelle caratteristiche del pensiero timbrico e, innanzi tutto, in quel principio che possiamo
chiamare della policromia timbrica oppure della eterofonia timbrica. Con questo termine si suole definire la struttura
del tessuto timbrico, e cioè quando ogni pur piccolo elemento (frase, motivo, parte del motivo, singolo suono), possiede
un suo proprio colore sonoro che la isola dalle altre. Si offre, così una nuova possibilità di risonanza sincronica che non
è fusione di suoni, ma al contrario differenziazione (nella dimensione sincronica), avvicinamento, allontanamento,
compenetrazione reciproca (ma se è necessario anche fusione, effettiva o convenzionale). La bellezza di una
aggregazione di timbri non dipende dal loro essere in equilibrio alla maniera classica, cosicché si formi un accordo dal
suono compatto o intervallo (concezione della consonanza estranea a Webern), bensì l’interazione di colori contrastanti,
dal loro essere ripartiti quasi su più superfici, stereofonicamente, quando non soltanto si fondono, ma sembra che
neppure si sfiorino.
30
La settima maggiore (e i suoi rivolti) come intervallo fondamentale della struttura del sistema. Cfr. op. cit. p. 282