05.R Varaldo - Società Italiana di Medicina Interna

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05.R Varaldo - Società Italiana di Medicina Interna
Malattia di Moschowitz
Riccardo Varaldo, Marco Gobbi
(Ann Ital Med Int 2005; 20: 69-70)
La porpora trombotica trombocitopenica (PTT) o sindrome di Moschowitz, dal medico che per primo la descrisse nel 1924, è una malattia piuttosto rara, con un’incidenza annuale variabile tra i 3 ed i 7 casi per milione di
abitanti. La maggior parte dei pazienti ha un’età compresa tra i 30 ed i 40 anni con il sesso femminile che risulta
colpito con una frequenza almeno 2 volte maggiore rispetto
al sesso maschile.
La maggior parte dei casi sono considerati idiopatici,
mentre solo nel 15% dei pazienti è possibile identificare
un vero e proprio fattore eziologico quale la gravidanza,
il trapianto di midollo osseo, farmaci (ad esempio ticlopidina), infezioni (ad esempio HIV o Bartonella), neoplasie
(più comunemente l’adenocarcinoma gastrico).
Esiste peraltro un rara forma familiare di questa malattia, con meno di 50 casi descritti in letteratura, dagli studi sulla quale si sono avute importanti recenti nozioni sui
meccanismi fisiopatologici che sembrano sottendere anche alla forma idiopatica della PTT.
La fondamentale alterazione della sindrome di
Moschowitz è costituita dalla diffusa trombizzazione a carico del microcircolo (piccoli trombi costituiti prevalentemente da piastrine e fibrina). I microtrombi sono diffusi a tutti gli organi, specialmente al cervello, ai visceri addominali ed ai linfonodi. Attualmente si ritiene che la
PTT derivi da una combinazione di due eventi: danno endoteliale ed aggregazione piastrinica, tuttavia è ancora
ignoto quale dei due rappresenti il primum movens della
malattia.
Per molti anni era stata ipotizzata l’esistenza di fattori
plasmatici in grado di aumentare l’aggregazione piastrinica in soggetti affetti da Moschowitz e nel 1982 è stata
dimostrata la presenza, nei pazienti con malattia cronica
ricorrente, di polimeri ad elevato peso molecolare del fattore di von Willebrand ritenuti in grado di incrementare
l’aderenza delle piastrine all’endotelio in seguito a danno endoteliale.
Tra il 1996 ed il 1998 vari ricercatori hanno dato un contributo importante allo studio dei meccanismi eziopatogenetici della malattia con l’identificazione, nel plasma
umano, di una metalloproteasi (ADAMTS 13) deputata al
clivaggio dei polimeri ad elevato peso molecolare del
fattore di von Willebrand. Successivamente è stata dimostrata, in pazienti con PTT familiare, la mancanza di
tale enzima (deficit quantitativo indotto da mutazioni geniche a carico del braccio lungo del cromosoma 9) ma, soprattutto, la presenza di anticorpi IgG (tali da configurare la PTT idiopatica quale malattia autoimunne), con conseguente accumulo nel plasma dei polimeri stessi.
Sulla base dell’attività proteasica è possibile tentare
una classificazione fisiopatologica della PTT; molto schematicamente infatti possiamo riconoscere forme caratterizzate da una diminuita o assente attività proteasica (idiopatica con anticorpi ad attività inibitoria, familiare con mutazioni geniche) e forme “secondarie” in cui l’attività
proteasica risulta normale ed in cui entrano in gioco sicuramente altri meccanismi patogenetici al momento non
ancora pienamente conosciuti ma che conducono anch’essi alla formazione di microtrombi occludenti i lumi
arteriolari e capillari.
Le nuove acquisizioni patogenetiche hanno consentito
una migliore comprensione del razionale delle terapie
adottate sino ad oggi nella PTT e nel contempo potranno
ampliarne il bagaglio terapeutico. Attualmente il trattamento della PTT può essere descritto come centrato sulla plasmaferesi, la sola modalità sottoposta a valutazione
in studi randomizzati. Con l’introduzione negli anni ’70
del plasma exchange come pratica terapeutica, è stato
possibile modificare radicalmente la prognosi di questa malattia, ottenendo la remissione completa nel 70-80% dei
casi. Tuttavia, in circa il 20% dei pazienti si possono osservare ricadute nel corso della terapia stessa od anche a
distanza di tempo (fino a 9 anni in alcuni studi) che richiedono una prosecuzione od una ripresa della terapia plasmatica. Altri presidi terapeutici, da considerarsi comunque ancillari al plasma exchange, sono rappresentati dalla sola infusione di plasma, dal criosupernatante plasma-
Clinica Ematologica (Direttore: Prof. Marco Gobbi), Dipartimento
di Medicina Interna e Specialità Mediche, Università degli Studi di
Genova
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Ann Ital Med Int Vol 20, N 2 Aprile-Giugno 2005
tico dai farmaci antiaggreganti quali aspirina e dipiridamolo e l’immunoadsorbimento extracorporeo su colonne
contenti la proteina A di derivazione stafilococcica in
grado di chelare le IgG. Più recentemente ha acquisito importanza crescente un altro farmaco, la defibrotide, usato per le sue importanti attività antitrombotiche. Tale farmaco interagendo con il recettore per l’adenosina porta alla selettiva liberazione di prostaglandina I2 e E2 con conseguente inibizione della funzione e dell’attivazione piastrinica.
Un capitolo a parte meritano, infine, i farmaci immunosoppressori quali i corticosteroidi, la ciclofosamide, la
ciclosporina e molto recentemente l’anticorpo monoclonale anti-CD20 rituximab, già impiegato con successo in
altre malattie ematologiche su base autoimmune, che trovano un razionale impiego nelle forme secondarie alla presenza di anticorpi neutralizzanti l’attività proteasica.
I prossimi punti all’ordine del giorno nella ricerca sulla PTT dovranno essere volti non solo all’identificazione
di nuove terapie ma, soprattutto, a fornire strumenti utili
alla diagnosi, al monitoraggio della malattia ed all’indi-
viduazione di eventuali fattori prognostici in grado di
stratificare i pazienti in gruppi di rischio differenti per i quali potrebbero identificarsi terapie diverse e più efficaci.
In questo contesto, il lavoro di Anselmi et al. pubblicato
su questo numero di Annali, costituisce una puntuale testimonianza, dell’esperienza attuale sul campo, di un corretto inquadramento e trattamento della PTT.
Bibliografia essenziale
- Anselmi E, Arcari A, Bernuzzi P, et al. Porpora trombotica trombocitopenica: descrizione di sette casi. Ann Ital Med Int 2005; 20:
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