Dalla “comunità accademica” alla “comunità territoriale
Transcript
Dalla “comunità accademica” alla “comunità territoriale
ISSN 2284-0354 marzo periodico di cultura dell’Università del Salento periodico di cultura dell’Università del Salento ISSN 2284-0354 marzo www.ilbollettino.unisalento.it www.ilbollettino.unisalento.it Dalla “comunità accademica” alla “comunità territoriale”, modi e strumenti per “rifondare il patto università-territorio” La cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2014/2015 Loredana De Vitis I l ruolo dell’Università del Salento nel contesto locale e nazionale e in prospettiva internazionale, il sistema universitario italiano nel contesto europeo e in relazione agli emergenti Paesi del Mediterraneo: parlare di “territorio”, nel corso della giornata di inaugurazione dell’anno accademico 2014/2015, il 20 marzo, ha significato declinare questo concetto in modo ampio e articolato, cercando di definire (o ridefinire), per tentativi e approssimazioni, modi e strumenti per allargare così l’idea di “comunità” e “rifondare” l’originario “patto” che portò alla fondazione dell’Ateneo salentino sessant’anni fa. Presenti come ospiti, in mattinata, nella sala conferenze del complesso Ecotekne colma e concentrata, il Presidente della Conferenza dei Rettori Stefano Paleari e la Ministra all’Istruzione Università e Ricerca Stefania Giannini; nel pomeriggio, una tavola rotonda davanti a una numerosa platea nell’aula magna della Facoltà di Giurisprudenza, con rappresentanti politici, istituzionali e del mondo produttivo. Dopo gli interventi di Giacinto Urso (che pubblichiamo a parte), del sindaco di Lecce Paolo Perrone, di Alba Sasso per la Regione Puglia, del vice presidente della Consulta del personale tecnico-amministrativo Manfredi De Pascalis e della presidente del Consiglio degli studenti Maria Pia De Medici (pubblicate online su https://www.unisalento.it/web/10122/448), nel discorso inaugurale, tra bilanci e progetti, anche quest’anno il Rettore Vincenzo Zara ha voluto richiamare l’attenzione sul lavoro dei giovani ricercatori: «Stiamo cercando di dare nuova linfa alla nostra Università, ma il problema fondamentale è legato alla limitazione del turnover e al fatto che i nuovi ingressi sono a tempo determinato, e non è detto che tutti possano aspirare alla stabilizzazione». Il rischio è, allora, «impegnare gli anni migliori della propria vita su un progetto, senza poter avere speranza nel futuro. E la situazione dei colleghi ricercatori a tempo indeterminato non è migliore, poiché la maggior parte di essi dedica molto del proprio tempo agli studenti ed è grazie a loro che la nostra Università si sostiene. A loro va il nostro plauso e il mio personale ringraziamento per l’impegno quotidiano, l’entusiasmo, la vivacità intellettuale, la passione, il sogno di portare avanti il nostro Ateneo nonostante le difficoltà di contesto. Sarebbe opportuno», ha chiosato il Rettore, «ragionare in termini di programmazione del sistema universitario». Lo stesso approccio che dovrebbe guidare ogni decisione riguardi gli studenti e il personale tecnico-amministrativo, le altre due “anime” dell’Università: ogni sforzo va compiuto – dice Zara – perché si possa tornare a nominare la parola “futuro”. Come fare? «È tutto nel titolo di questa giornata, “Rifondare il patto università- territorio”: io ho un’idea», ha detto, «vorrei che tutto quello che diremo non si risolvesse in parole, vorrei legare l’incontro del pomeriggio, con le parti politiche e le organizzazioni rappresentative del mondo del lavoro, del turismo, dell’agroalimentare, dei trasporti, con l’avvio di processi congiunti in cui siano sempre presenti l’interlocutore politico, il rappresentante del mondo del lavoro e l’Università. 2 3 8 L’Università può offrire le proprie competenze, svolgere il ruolo di mediatore, offrire chiavi di lettura e di decodifica della complessità della realtà. Mi piacerebbe che l’orgoglio di appartenenza a questa Università si tramutasse in un messaggio di offrire alla comunità territoriale, determinando un cambiamento culturale. È il cambiamento più importante che muove il mondo, tutto il resto viene dopo». Costellata di domande cruciali, quindi, la lectio di Stefano Paleari: «Francia e Germania, paesi con cui dobbiamo competere per i fondi Horizon 2020, investono nella ricerca e università tre volte quello che investe l’Italia per abitante, il doppio in termini di Pil. Dove stiamo andando? Il trend è: meno risorse, meno giovani, meno studenti, maggiore disuguaglianza in partenza. Le condizioni di arrivo, quando quelle di partenza sono differenti, rischiano di essere predeterminate. L’educazione è un diritto o un’opportunità? L’educazione superiore universitaria è un bene sociale? La società deve farsi carico di tutti i talenti? Abbiamo davanti due modelli divergenti: la Germania, dove l’università è totalmente gratuita, e gli Stati Uniti, dove le tasse coprono il 90% dei costi. Penso che il nostro Paese, per quello che rappresenta in termini culturali, per quello che la storia ci ha affidato, anziché copiare modelli dovrebbe porsi l’obiettivo di averne uno proprio. Abbiamo fatto molti passi in avanti e ne siamo molto orgogliosi», ha poi aggiunto il Presidente della CRUI, «vogliamo che l’università rimanga un’università di massa ma non massificata, che l’opportunità educativa sia una delle poche cose ancora garantite ai nostri giovani, e che il buon uso delle risorse e la valorizzazione del talento siano il succo della competizione, una competizione che non abbia fine eliminatorio, perché se eliminassimo i secondi e i terzi, i primi si sceglierebbero da soli». Infine, una traccia per il futuro del sistema: «Dal 2009 a oggi, tra diritto allo studio e Fondo di Finanziamento, sono stati sottratti mille milioni, quando invece bisognerebbe investire cento milioni di euro il primo anno e trecento a regime per reclutare il 20% dei migliori dottori di ricerca, circa duemila giovani all’anno. Occorre investire sul diritto allo studio, facendo in modo che non ci sia più la categoria degli “aventi diritto senza borsa” e privilegiando le regioni che ne hanno più bisogno; occorre semplificare, perché l’università ha sfide differenti dal resto della pubblica amministrazione, magari attraverso un testo unico che raccolga tutto ciò che la riguarda; infine valorizzare la qualità media assieme all’eccellenza. Stabiliamo, insomma, regole chiare e semplici grazie alle quali chi è bravo arriva in fondo e alla svelta». 9 L’intervento della Ministra Giannini, alla quale sono state peraltro indirizzate due lettere aperte – una degli studenti, l’altra dei docenti dei corsi Tfa, assieme a una composta protesta studentesca - si è aperto con la conferma che «L’Italia ha bisogno di più università per produrre la svolta qualitativa di cui necessita, per recuperare la competitività, ma anche un progresso mancato, e questo potrà avvenire se si troverà un punto di equilibrio tra qualità della formazione e diritto alla formazione. Mi permetto di suggerire anche una prospettiva esterna», ha poi aggiunto, «che parte dal proporre un quesito più ampio: qual è il ruolo delle nostre Università, italiana ed europea, nella formulazione del pensiero critico e nella formazione della élite la cui debolezza oggi, nel mondo occidentale e nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo, sta costituendo uno dei punti di massima fragilità della nostra sicurezza sociale e politica e della nostra sopravvivenza dignitosa in un mondo avanzato? Negli ultimi secoli e decenni si è spezzato l’obiettivo unitario di formare la classe dirigente e allo tempo stesso di estendere il sapere nella più ampia fascia di popolazione possibile. Ci si presentano due compiti. Il primo è guardare alla tradizione storica dell’Università europea, formando ed estendendo un modello educativo vincente che possa competere nel modo più avanzato ed efficace con i modelli presentati dai grandi Paesi emergenti che investono in educazione e formazione; l’altro è più difficile: diventare il vero motore di recupero di una frattura fra mondi e culture in una società multietnica e multiculturale. Un terzo obiettivo da porsi», ha concluso la ministra, «è l’interazione tra pubblico e privato: solo se troveremo un accordo e una politica condivisa con gli investimenti provenienti anche dal settore privato riusciremo a costruire una ricerca competitiva all’interna e recupereremo solidità a livello europeo e internazionale. Infine, occorre investire sul capitale umano». Moderato dal giornalista Rosario Tornesello, l’incontro pomeridiano ha visto un susseguirsi di suggerimenti, segnalazione di criticità e punti di forza da parte di diversi “attori” territoriali. Presente, almeno all’inizio, anche il presidente Paleari, secondo il quale «La Puglia è una regione che possiede gli ingredienti necessari per svolgere un’azione trainante per tutta l’Italia. Fondamentale è far sentire l’università come patrimonio trasversale di tutte le forze politiche, valorizzare i rapporti con altre università di eccellenza sia sul territorio nazionale che all’estero, creare un network che possa aumentarne l’attrattività». Altri spunti da Giuseppe Acierno, amministratore unico di Aeroporti di Puglia (“Un sistema di robusti collegamenti 10 crea crescita, ricchezza e lavoro”); da Loredana Capone, in rappresentanza della Regione (“Facciamo della Puglia un luogo dove le imprese investono e i ricercatori hanno l’opportunità di lavorare nell’impresa”); dall’europarlamentare Raffaele Fitto (“Occorre un forte collegamento fra il mondo della formazione e quello del lavoro, con modelli formativi basati sulle richieste del territorio”); Bernardo Giua Marassi di Sanofi (“Le imprese hanno bisogno di semplificazione, regolamenti stabili e meno burocrazia”); del sindaco di Lecce Paolo Perrone (“Nelle politiche territoriali è mancato il coinvolgimento dell’Università su tantissimi temi, dalla pianificazione territoriale alla mobilità, dalle politiche ambientali alla conservazione e fruizione dei beni culturali. Partendo da questi punti si può costruire qualcosa di importante e significativo”); dal sindaco di Brindisi Cosimo Consales (“Bisogna potenziare l’offerta formativa legata a settori strategici per il nostro territorio, come il farmaceutico, l’agrario e l’energetico”); dal presidente della Provincia di Lecce Antonio Gabellone (“Si avverte l’esigenza di un raccordo fra gli Enti locali per creare un sistema-Salento con obiettivi comuni”); dal presidente di Coldiretti Puglia Gianni Cantele (“Il bisogno di innalzare la qualità dei prodotti richiede necessariamente il coinvolgimento dell’Università”); dal presidente del Centro Servizi Volontariato Salento Luigi Russo (“Con l’Università si possono studiare le modalità con cui trasferire conoscenze e informazioni per elevare il livello di cultura e partecipazione democratica in ambiti come la salute, l’ambiente, la solidarietà, le politiche sociali, il dialogo con il Mediterraneo”). «Gli spunti e gli stimoli sono stati tanti», ha concluso infine il Rettore, «Ora dobbiamo cercare di portare a sintesi quanto abbiamo detto. Mi è piaciuto chi ha parlato di dialogo inter-istituzionale, che deve essere appropriato, trasparente, propositivo. Gli strumenti sono quelli del dialogo costruttivo e di un utilizzo trasparente delle risorse: tutti devono avere la possibilità di esprimere le proprie potenzialità e competenze, perché solo così riusciremo a crescere collettivamente. Ora diamo concretezza a quanto ci siamo detti, dalle parole passiamo ai fatti». Il video dell’intera giornata (in due parti) è online all’indirizzo http://came.unisalento.it/media/ inaugurazione-anno-accademico-20142015/ Hanno collaborato Miriam Accogli, studente corso di laurea magistrale in Biologia Rascela Diane Oxha, studente corso di laurea magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza