Tallaro - Difensore parte Ammessa

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Tallaro - Difensore parte Ammessa
L a b or a t or i o d i a p pr o f on d im en t o
I n m a t er ia d i pa t r o c i n i o a s p e s e d e l l o S t a t o
n e i pr o c e d i m en t i c iv i l i
Prima sessione
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Il difensore della parte ammessa
di Francesco Tallaro
Milano, 7 ottobre 2014
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1. Premessa
In accordo con le finalità del corso-laboratorio, la presente relazione non intende
costituire una trattazione sistematica del tema assegnato, Il difensore della parte
ammessa.
Piuttosto, si tratta di una raccolta di spunti di riflessione sulle tematiche,
variamente inerenti alla figura del difensore della parte ammessa, evocate dalla
vicenda portata all’attenzione della Corte Suprema di Cassazione e decisa con la
sentenza Cass. Civ., Sez. VI, 7 maggio 2015, n. 9264.
2. La vicenda.
Era accaduto che, nell’ambito di un procedimento penale, l’indagato avesse
chiesto e ottenuto dal giudice per le indagini preliminari l’ammissione al
patrocinio a spese dello Stato.
Nel corso del procedimento, l’indagato aveva nominato un secondo difensore.
A quel punto, il primo difensore aveva chiesto al giudice la liquidazione dei
compensi per le attività prestate sino alla nomina dell’altro.
La richiesta di liquidazione era stata però rigettata sul presupposto che la
nomina del secondo difensore avesse determinato la cessazione degli effetti
dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Il difensore era insorto contro tale decisione, proponendo opposizione ai sensi
dell’art. 99 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, Testo Unico Spese di Giustizia.
Il Presidente del Tribunale aveva rigettato il gravame. Nella decisione era stato
in particolare evidenziato che l’art. 80 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, prevede che
la persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato possa nominare un difensore
iscritto all'apposito elenco tenuto dai Consigli dell’Ordine; nel caso di specie, il
difensore non aveva però dato prova della propria iscrizione nell'elenco previsto e
disciplinato dagli artt. 80 e 81 del medesimo testo unico, sicché la sua pretesa non
poteva trovare accoglimento.
Avverso tale ultima decisione, il difensore aveva proposto ricorso per
cassazione, deducendo che egli era iscritto all’elenco dei difensori abilitati al
patrocinio a spese dello Stato e che, comunque, nessuna norma impone di
documentare tale iscrizione.
3. Le questioni.
I fatti illustrati al § 2. inducono l’attenzione a soffermarsi principalmente su due
questioni.
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La prima, direttamente portata all’esame della Corte Suprema di Cassazione,
attiene alla necessità di documentare – ai fini della decisione sull’istanza di
ammissione al patrocinio a spese dello Stato, o sull’istanza di liquidazione, o sulle
impugnazioni eventualmente proposte – l’iscrizione all’elenco degli avvocati
abilitati del difensore scelto dalla parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
La seconda attiene agli effetti che la nomina di un secondo difensore produce
sull’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Tuttavia, prima ancora di affrontare tali problematiche, la vicenda si presta ad
alcune considerazioni di carattere generale sul rapporto tra la parte ammessa al
patrocinio a spese dello Stato e il suo difensore.
4. Rapporto tra la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato e il suo
difensore.
4.1.
L’instaurazione del rapporto.
Ai sensi dell’art. 80 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, la parte ammessa al
patrocinio a spese dello stato può nominare un difensore scelto tra gli iscritti negli
elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato, istituiti presso i Consigli
dell'Ordine degli Avvocati.
Con l’art. 1, comma 1, l. 24 febbraio 2005, n. 25, il legislatore ha inserito un
terzo comma in coda all’art. 80, con il quale è stato precisato che il difensore può
anche essere incardinato in un Ordine ricompreso in un distretto diverso da quello
in cui si procede.
Dunque, al contrario di quanto avveniva in passato sotto il regime del r .d. 30
dicembre 1923, n. 3282 – quando era l’autorità (Commissione per il gratuito
patrocinio) a destinare un avvocato o un procuratore, che non potevano rifiutare
l’incarico, a difendere gratuitamente la persona non abbiente che avesse fatto
richiesta di gratuito patrocinio –, l’attuale normativa prevede che l’incarico venga
conferito direttamente e fiduciariamente dall’interessato.
La scelta deve ricadere su di un professionista iscritto negli appositi elenchi
tenuti dai Consigli dell’Ordine degli Avvocati e periodicamente aggiornati, ai quali
gli avvocati possono richiedere l’iscrizione nella sussistenza dei requisiti previsti
dall’art. 81, comma 2 del Testo Unico.
La Corte costituzionale ha ritenuto che la normativa in esame — nel limitare la
scelta tra gli iscritti in appositi elenchi in cui sono riportati gli avvocati che ne
abbiano fatto domanda e che siano in possesso di requisiti di attitudine ed
esperienza professionale, di assenza di sanzioni disciplinari e di anzianità
professionale – detti una disciplina ragionevolmente orientata ad assicurare la
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migliore qualità e dignità della prestazione, in correlazione ad esigenze che il
legislatore annette alle caratteristiche proprie del patrocinio a spese dello Stato per
i non abbienti: patrocinio che, per un verso, implica l'impiego di risorse della
collettività e, per un altro verso, si rende necessario a fronte di una situazione di
debolezza economica del singolo. Il meccanismo così delineato, oltre a non
travalicare la soglia della ragionevolezza nell'esercizio della discrezionalità, non
pone alcuna concreta limitazione all'esplicazione del diritto di difesa, inteso come
comprensivo anche del diritto di scegliere liberamente il proprio difensore, dato
che esso assicura comunque all'interessato un’ampia facultas eligendi nell'ambito
degli avvocati iscritti negli elenchi (Cost. cost., ord. 28 giugno 2002, n. 299; Id.,
ord. 23 dicembre 2003, n. 374; Id., 14 dicembre 2004, n. 387).
Non vi sono ostacoli legislativi ad affermare che l’avvocato su cui è ricaduta la
scelta della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato possa rifiutare
l’incarico. Nondimeno, sul piano deontologico, il rifiuto è possibile solo allorché
sussistano giustificati motivi (art. 11, comma 4, Codice deontologico forense,
approvato dal Consiglio nazionale forense nella seduta del 31 gennaio 2014).
Sotto il profilo cronologico, va rilevato che, benché l’art. 80 parli di nomina del
difensore ad opera della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, lasciando
intendere che l’ammissione debba precedere la nomina, nondimeno non vi sono
ostacoli a che la nomina del difensore preceda l’ammissione. Anzi, l’art. 78 d.P.R.
30 maggio 2002, n. 115, il quale prevede che l’istanza di ammissione possa essere
autenticata anche dal difensore, assicura un addentellato normativo a tale
possibilità.
4.2.
Rapporti patrimoniali.
Ai sensi dell’art. 107, comma 3, lett. f) (per il processo penale) e dell’art. 131,
comma lett. a) (per i processi civile, amministrativo, contabile e tributario), gli
onorari e le spese del difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello
Stato sono anticipati dall’Erario.
La norma parla di anticipazione in quanto è previsto (dall’art. 110 per il
processo penale e dall’art. 133 per gli altri processi) che la mano pubblica possa
rivalersi sulla parte soccombente non ammessa al patrocinio a spese dello Stato,
qualora questa sia stata condannata a rifondere le spese di lite, condanna che deve
essere pronunciata – appunto – in favore dell’Erario.
L’art. 82 del Testo Unico Spese di Giustizia stabilisce che l’onorario e le spese
spettanti al difensore siano liquidati dall'autorità giudiziaria con decreto di
pagamento.
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Correlativamente, il successivo art. 85 pone il divieto per il difensore della parte
ammessa al patrocinio a spese dello Stato di chiedere e percepire dal proprio
assistito compensi o rimborsi a qualunque titolo.
Ogni patto contrario è nullo e la violazione del divieto costituisce grave illecito
disciplinare professionale.
La Corte di Cassazione, sulla base del quadro normativo appena illustrato, ha
affermato che l'ammissione al patrocinio a carico dello Stato esclude ogni rapporto
d'incarico professionale tra la parte in favore della quale è stato emesso il relativo
provvedimento e il difensore nominato, sia in caso di vittoria, sia in caso di
soccombenza, in quanto il rapporto si costituisce esclusivamente tra il difensore
nominato e lo Stato (Cass. Civ., Sez. VI-2, ord. 27 gennaio 2015, n. 1539, che ha
pertanto, negato che la parte sia legittimata a proporre impugnazione contro il
provvedimento che liquida le spese o ne rigetta l'istanza, non avendo essa obbligo
di pagare alcun compenso al difensore).
4.3.
Prestazioni oggetto del patrocinio a spese dello Stato.
Nel tessuto normativo del Testo Unico Spese di Giustizia vi sono diversi
elementi normativi che lasciano intendere come il patrocinio a spese dello Stato
riguardi esclusivamente l’attività giudiziale:
a) l'art. 74, che istituisce il patrocinio a spese dello Stato, fa riferimento
esclusivo al processo penale (comma 1) e al “processo civile, amministrativo,
contabile, tributario e affari di volontaria giurisdizione” (comma 2), ma non
anche all’attività stragiudiziale;
b) l'art. 75, comma 2, nel definire l’ambito di applicabilità del patrocinio,
chiarisce che esso opera “nella fase dell'esecuzione, nel processo di revisione,
nei processi di revocazione e opposizione di terzo, nonché nei processi relativi
all'applicazione di misure di sicurezza, di prevenzione e nei processi di
competenza del tribunale di sorveglianza”, non ricomprendendo, dunque,
l'attività stragiudiziale;
c) l'art. 122 stabilisce che, nell'istanza di ammissione al beneficio, siano
specificate, a pena di inammissibilità, le prove di cui si intende chiedere
l'ammissione;
d) l'art. 124 prevede che l'istanza sia presentata al Consiglio dell'Ordine
del luogo in cui ha sede il giudice competente a decidere nel merito o il
magistrato ove pende il procedimento.
Nel senso di escludere che il patrocinio a spese dello Stato riguardi anche la fase
stragiudiziale è orientata anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass.
Civ., Sez. II, 23 novembre 2011, n. 24723).
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Tuttavia, si ritiene che l’istituto trovi applicazione a quelle attività
stragiudiziali che, essendo strettamente dipendenti dal mandato alla difesa, vanno
considerate strumentali o complementari alle prestazioni giudiziali, cioè di quelle
attività che siano svolte in esecuzione di un mandato alle liti conferito per la
rappresentanza e la difesa in giudizio, quale, ad esempio, l'attività svolta dal
difensore per la transazione della controversia instaurata dal medesimo (cfr., oltre
a Cass. Civ., Sez. II, 23 novembre 2011, n. 24723, anche Cass. Civ., Sez. Un., 19
aprile 2013, n. 9529, che ha confermato la sanzione disciplinare irrogata
all’avvocato che aveva chiesto all’assistito ammesso al patrocinio a spese dello
Stato il pagamento per alcune prestazioni stragiudiziali strettamente collegate alla
lite per cui era stato concesso il beneficio).
Partendo da tale dato interpretativo, si è ritenuto che debba rientrare tra le
prestazioni coperte dal patrocinio a spese dello Stato anche la medizione
obbligatoria (cfr. M. Vaccari, Media-Conciliazione e patrocinio a spese dello Stato
dell’epoca “del fare, in Corriere del Merito, 2013, fasc. 12; Trib. Firenze, Sez. II, 13
gennaio 2015, in Diritto e giustizia, 2015; per un maggior approfondimento, si
rimanda alla relazione di C. Trapuzzano).
4.4.
Obblighi del difensore nei confronti della parte ammessa e
responsabilità.
Si è detto che la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, a seguito
dell’ammissione della parte non abbiente al patrocinio a spese dello Stato, non si
costituisce alcun rapporto d'incarico professionale tra la parte ammessa e il
difensore nominato.
Tuttavia è evidente che la nomina, ad opera del beneficiato, del difensore che lo
assisterà in giudizio è fonte, in capo al professionista, di un’obbligazione di
prestazioni professionali nei confronti dell’assistito, obbligazione che dovrà essere
adempiuta con la diligenza dovuta, avuto riguardo alla natura dell'attività
esercitata. Il difensore della parte ammessa, quindi, dovrà svolgere in favore del
proprio assistito tutte le attività che gli assicurerebbe ove non beneficiasse del
patrocinio a spese dello Stato.
Laddove si voglia fornire una giustificazione teorica a tale fenomeno giuridico,
ciò può avvenire mediante due vie. La prima è quella di intendere il fenomeno in
termini di contratto a favore di terzi, in cui lo Stato assume la veste di stipulante,
il difensore è il promittente e la parte ammessa ricopre il ruolo di beneficiario. In
alternativa, è possibile fare riferimento alla teorica dell’obbligazione da contatto
sociale qualificato, per cui – pur non essendoci un diretto accordo negoziale tra il
difensore e l’assistito – l’atto di nomina vale a far sorgere in capo al professionista
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l’obbligazione di prestazione professionale, similmente a quanto accade per i
medici operanti nelle strutture sanitarie allorché un paziente ricorra alle loro cure
e agli insegnanti cui venga affidato uno studente.
Qualunque sia la ricostruzione accolta, vi è che il difensore della parte ammessa
risponderà nei confronti di questi dell’eventuale inadempimento dell’obbligazione
su di lui gravante ai sensi dell’art. 1218 c.c., sicché l’azione di responsabilità potrà
essere esperita nel termine prescrizionale di dieci anni, graverà sul professionista
l’onere di dimostrare di aver correttamente adempiuto o di non aver potuto
adempiere per ragioni non imputabili, il risarcimento sarà limitato al danno
prevedibile salvi i casi di dolo.
Vi è poi da dire che, se si ricostruisca in termini di contratto a favore di terzo
l’interrelazione che sorge tra Stato, difensore e beneficiato, allora si dovrà
ammettere la possibilità che anche lo Stato possa agire, con i normali rimedi
contrattuali, nei confronti del difensore che sia rimasto inadempiente.
4.5.
Conclusione del rapporto.
Così come la legge attribuisce alla parte ammessa al patrocinio a spese dello
Stato il compito di nominare il proprio difensore, allo stesso modo – benché nulla
sia stato in proposito espressamente previsto dal legislatore – costui ha il potere di
interrompere il rapporto con il proprio difensore, revocandone la nomina.
Deve poi ritenersi che, negli stessi limiti in cui l’avvocato possa rifiutare la
nomina, sia possibile la rinuncia alla nomina difensiva.
Deve escludersi, invece, che l’efficacia della nomina venga meno a seguito della
revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Sul punto, la Corte di Cassazione ha chiarito che l'ammissione al beneficio del
patrocinio a spese dello Stato comporta la gratuità della prestazione professionale
espletata nel processo, le cui spese (in parte anticipate, in parte prenotate a debito)
sono poste a carico dell'Erario, ma, diversamente dalla "destinazione" del difensore
d'ufficio, disposta dalla Commissione per il gratuito patrocinio ai sensi della
previgente disciplina dettata dall'art. 29 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, non è
assimilabile alla procura alle liti, in quanto la designazione del difensore è rimessa
alla scelta dell'assistito; ne consegue che la revoca di tale provvedimento, che nulla
dispone al riguardo, ha l'unico effetto di ripristinare l'obbligo della parte assistita
in giudizio di sopportare personalmente le spese della sua difesa, ma non incide
sulla validità della procura alle liti e dell'attività processuale svolta (Cass. Civ.,
Sez. 1, 5 marzo 2010, n. 5364).
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5. Conseguenze dell’ammissione nella regolazione delle spese tra la parte
ammessa e le altre parti processuali.
Sia permessa, a questo punto, una piccola divagazione, apparendo opportuno –
per assonanza al tema dei rapporti patrimoniali tra parte ammessa e difensore,
nonché alla questione dell’estensione del beneficio dell’ammissione al patrocinio a
spese dello Stato – ribadire un principio che spesso non risulta chiaro agli operatori
del diritto.
La parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, se soccombente, non può
pretendere di far carico all'Erario delle spese dovute alla controparte, ove
condannata a rifonderle.
In sede di legittimità, il principio è stato affermato in origine dalle sezioni penali
della Corte di Cassazione, le quali hanno osservato che l’art. 107 d.P.R. 30 maggio
2002, n. 115, pone anticipatamente a carico delle finanze pubbliche "l'onorario e le
spese agli avvocati" e non contempla altri avvocati che quelli officiati dalla difesa
del soggetto ammesso al beneficio. In ragione di ciò, è stato precisato che
l'ammissione dell'imputato al patrocinio a spese dello Stato non comporta che
siano a carico dell'Erario le spese processuali sostenute dalla parte civile alla cui
rifusione l'imputato stesso sia stato condannato (Cass. Pen., Sez. V, 17 luglio 20087 ottobre 2008, n. 38271, Cutone e altro; in senso contrario, seppure con
motivazione estremamente stringata, cfr. Cass. Pen., Sez. III, 13 aprile 2010-9
giugno 2010, n. 22006, Mazzocco e altri).
D’altro canto, l'ammissione al beneficio nemmeno incide sull'operatività della
regola per cui l'imputato soccombente deve essere condannato al pagamento delle
spese processuali, le quali difatti sono soggette a recupero da parte dello Stato, ex
art. 200 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass. Pen., Sez. V, 19 ottobre 2011, n.
44117).
In sede civile, la Suprema Corte ha poi precisato (Cass. Civ., Sez. VI-3, ord. 19
giugno 2012, n. 10053, annotata da M.Gozzi in Riv. Dir. Proc., 2013, 492) che lo
Stato è tenuto a corrispondere solo le spese necessarie alla difesa della parte
ammessa al beneficio, in quanto si sostituisce a questi – considerate le sue precarie
condizioni economiche – per garantirne un diritto primario previsto dall'art. 24
Cost., comma 3. Il beneficio, dunque, non si estende alla tutela di diritti ulteriori.
Infatti, il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 131 – regolando gli effetti
dell'ammissione al gratuito patrocinio nel processo civile, amministrativo,
contabile e tributario e prevedendo che "relativamente alle spese a carico della parte
ammessa" alcune spese sono prenotate a debito, altre sono anticipate dall'erario –
dispone che vengano anticipati dall'erario "gli onorari e le spese dovuti al difensore",
con una disposizione "parallela" a quella contenuta nel precedente art. 107.
Orbene già il raffronto tra il tenore della disposizione di cui all'art. 131 con quella
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di cui al precedente art. 107 evidenzia che, nel processo civile, "gli onorari e le
spese", di cui si fa carico lo Stato, sono esclusivamente quelli dovute al difensore
della parte ammessa al beneficio.
L'inequivocità del rilevato dato letterale trova, del resto, riscontro nel tenore
dell’art. 74, comma 2, che, nel prevedere l'istituzione del beneficio, dispone che "è
assicurato il patrocinio nel processo civile, amministrativo, contabile, tributario e negli
affari di volontaria giurisdizione, per la difesa del cittadino non abbiente quando le sue
ragioni risultino non manifestamente infondate"; con il che - mentre, sotto il profilo
meramente letterale, appare chiaro che l'impegno dello Stato è riferito al
"patrocinio" della parte ammessa al beneficio - sotto il profilo logico, la
circostanza, che la concessione del beneficio risulti condizionata alla preventiva
valutazione della "non manifesta infondatezza" delle ragioni della parte istante,
convalida il convincimento che l'obbligo dello Stato non si estende alla tutela di
diritti di terzi, quale la parte vittoriosa, nei cui confronti l'assistito dal beneficio
risulti soccombente con condanna al pagamento delle spese processuali.
Invece, nel caso in cui la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato sia
vittoriosa, è l’Erario a doversi rivalere nei confronti della parte soccombente non
ammessa al patrocinio a spese dello Stato delle spese anticipate, qualora la parte
non ammessa sia stata condannata alla rifusione delle spese di lite.
L’art. 110 del Testo Unico Spese di Giustizia, con riferimento ai processi penali,
prevede, infatti, che:
- se si tratta di reato punibile a querela della persona offesa, nel caso di sentenza
di non luogo a procedere ovvero di assoluzione dell'imputato ammesso al
patrocinio perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, il
magistrato, se condanna il querelante al pagamento delle spese in favore
dell'imputato, ne dispone il pagamento in favore dello Stato;
- se si tratta di reato per il quale si procede d'ufficio, il magistrato, se rigetta la
domanda di restituzione o di risarcimento del danno, o assolve l'imputato
ammesso al beneficio per cause diverse dal difetto di imputabilità e condanna la
parte civile non ammessa al beneficio al pagamento delle spese processuali in
favore dell'imputato, ne dispone il pagamento in favore dello Stato;
- con la sentenza che accoglie la domanda di restituzione o di risarcimento del
danno il magistrato, se condanna l'imputato non ammesso al beneficio al
pagamento delle spese in favore della parte civile ammessa al beneficio, ne dispone
il pagamento in favore dello Stato.
Analogamente, il successivo art. 133, occupandosi degli altri processi, statuisce
che il provvedimento che pone a carico della parte soccombente non ammessa al
patrocinio la rifusione delle spese processuali a favore della parte ammessa dispone
che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato.
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6. La prova dell’iscrizione nell’elenco dei difensori abilitati al patrocinio a spese
dello Stato.
La questione che la Corte di Cassazione ha direttamente esaminato riguardava,
come si è visto, la necessità che venga fornita la dimostrazione che il difensore
nominato sia iscritto all’elenco degli avvocati abilitati al patrocinio a spese dello
Stato, allorché chieda l’ammissione al beneficio, la liquidazione degli onorari o
venga impugnato uno dei provvedimenti emessi in relazione all’istituto in esame.
La Corte di legittimità ha dato risposta decisamente negativa al quesito,
basando la propria decisione sui seguenti elementi:
a) l'art. 81, comma 4 s.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, stabilisce che "l'elenco
(degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato) è rinnovato entro il 31
gennaio di ogni anno, è pubblico, e si trova presso tutti gli uffici giudiziari
situati nel territorio di ciascuna provincia";
b) la natura pubblica dell'elenco giustifica la mancata previsione di un onere
di documentazione della iscrizione del difensore nominato nell'elenco a
carico della parte che fa istanza di ammissione al patrocinio a spese dello
Stato;
c)
d'altra parte, l’art. 15 d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150, nel disciplinare il
procedimento di opposizione a decreto di pagamento di spese di giustizia,
regolato dalle norme sul rito sommario di cognizione, dispone, al comma
5, che "il presidente può chiedere a chi ha provveduto alla liquidazione o a chi
li detiene, gli atti, i documenti e le informazioni necessari ai fini della
decisione".
Dunque, non sussiste alcun onere di dimostrazione dell’iscrizione all’elenco, ma
incombe sul giudice accertare la sussistenza di tale requisito.
7. La nomina di un secondo difensore.
La Suprema Corte non ha avuto invece modo di pronunziarsi sulle conseguenze
della nomina di un secondo difensore.
Il testo dell’art. 80 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, è sufficientemente chiaro:
“Chi è ammesso al patrocinio può nominare un difensore”. L’uso dell’articolo
indeterminativo singolare evidenzia che non è possibile la nomina di ulteriori
difensori.
Peraltro, il principio ben si sposa con la necessità di un ragionevole
contemperamento tra la necessità di garantire ai non abbienti il diritto di difesa e
l’accesso alla giustizia e l’esigenza di salvaguardare le finanze pubbliche.
Più problematica è la questione degli effetti sull’ammissione al patrocinio a
spese dello Stato della nomina di un secondo difensore.
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Per quanto riguarda il processo penale, infatti, esiste una norma espressa, l’art.
91, per cui l'ammissione al patrocinio è esclusa se il richiedente è assistito da più di
un difensore; in ogni caso gli effetti dell'ammissione cessano a partire dal momento
in cui la persona alla quale il beneficio è stato concesso nomina un secondo
difensore di fiducia.
La circostanza che il legislatore abbia stabilito che la nomina di un secondo
difensore comporti non già la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello
Stato, ma la cessazione degli effetti della stessa, lascia intendere che siano a carico
dell’Erario i compensi per le prestazioni professionali svolte sino a quella data.
Nulla è disposto, invece, con riferimento ai processi diversi da quello penale, né
consta giurisprudenza sul punto.
Tuttavia, una lettura combinata degli artt. 80 e 91 del Testo Unico Spese di
Giustizia, induce a ritenere che la regola prevista da quest’ultimo sia espressione di
un principio generale della disciplina del patrocinio a spese dello Stato, sicché, non
essendovi alcuna specifica previsione per il processo civile, amministrativo,
contabile e tributario, si possa applicare analogicamente la regolamentazione
dettata per il processo penale.
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