Libertà di ricerca scientifica in campo aperto e OGM

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Libertà di ricerca scientifica in campo aperto e OGM
Libertà di ricerca scientifica in campo aperto e OGM
Stralci del resoconto stenografico del Senato nel corso della discussione sulla legge di delegazione
europea 2014 - Disegno di legge n. 1758 del 15 maggio 2015
1. Discussione generale
1.1 Sen.ce Elena Cattaneo - discorso su libertà di ricerca e OGM
1.2 Sen.ce Serenella Fucksia (M5S - Segr. Comm. Sanità)
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2. Discussione emendamenti e ordini del giorno
2.1 Sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi
2.2 Sen.ce Elena Cattaneo
2.3 Sen. Paolo Romani (PDL - Capogruppo)
2.4 Sen.Luigi Zanda (PD - Capogruppo)
2.5 Sen.ce Loredana De Petris (Misto-SEL - Capogruppo)
2.6 Sen.ce Elena Fattori (M5S - Vicepres. Comm. Politiche Ue)
2.7 Sen. Stefano Candiani (LN-Aut - Comm. Agricoltura e Politiche Ue)
2.8 Sen. Roberto Formigoni (AP - NCD-UDC - Pres. Comm. Agricoltura)
2.9 Sen. Roberto Ruta (PD - Comm. Agricoltura)
2.10 Sen.ce Loredana De Petris (Misto-SEL - Capogruppo)
2.11 Sen.ce Emilia Grazia De Biasi (PD - Pres. Comm. Sanità)
2.12 Sen.ce Elena Fattori (M5S - Vicepres. Comm. Politiche Ue)
2.13 Sen. Maurizio Romani (Misto-MovX - Vicepres. Comm. Sanità)
2.14 Sen. Bartolomeo Amidei (FI-PdL - Comm. Agricoltura)
2.15 Sen. Carlo Giovanardi (AP - NCD-UDC - Comm. Giustizia)
2.16 Sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi
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3. Allegato
3.1 Testo Ordine del giorno G1.100 Cattaneo ed altri
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1. Discussione generale
1.1 Sen.ce Elena Cattaneo - discorso su libertà di ricerca e OGM
Gentile Presidente, cari colleghi,
ho chiesto di intervenire in questa discussione per approfondire con voi un aspetto del disegno di
legge connesso alla direttiva europea n. 412 del 2015, che lascia liberi gli Stati di scegliere in
autonomia se coltivare o meno OGM, ma io voglio trattare un tema che è rappresentato in uno
specifico ordine del giorno, tangente ma autonomo rispetto alla coltivazione, ovvero la
raccomandazione richiamata nei considerata della stessa direttiva di promuovere la ricerca
scientifica sugli OGM nella sua completezza. Mi rendo conto che discutere di OGM è
difficilissimo: al solo pronunciarne il nome, scattano riflessi condizionati di rifiuto, che li associano
alle multinazionali, alle grandi monoculture, a rischi ignoti per la salute e per l'ambiente, al timore
della contaminazione delle coltivazioni tradizionali. Mi chiedo se possiamo provare a non farlo per i
prossimi 15 minuti, perché vorrei ragionare con voi di ricerca pubblica in pieno campo sugli OGM,
cioè quella ricerca pubblica che si fa in tanti Paesi europei, anche quelli che sono contro la
coltivazione commerciale degli OGM.
Vorrei parlare con voi di ricerca pubblica basata sulle biotecnologie per tutelare le nostre tipicità,
per proteggere le nostre piante nei campi in cui sono coltivate, per ridurre l'impiego di dannosi
pesticidi, per sviluppare le biotecnologie su semi non brevettati e complessivamente consentire
all'agricoltura italiana di rimanere o diventare più competitiva. Questo è il mio specifico intento con
voi oggi.
Gli OGM sono piante geneticamente modificate, come tutte quelle che l'uomo ha addomesticato
dall'invenzione dell'agricoltura in poi, si tratta di una tecnologia che non è più nuova, lo sappiamo
tutti. Fino ad ora questa tecnologia spostava un gene d'interesse da una specie - ad esempio da un
batterio resistente ad un parassita - ad un'altra specie - ad esempio il mais - per conferire in tanti tipi
diversi di mais resistenza a quei dannosi parassiti e quindi ridurre notevolmente l'impiego di
pericolosi pesticidi.
Oggi le biotecnologie fanno molto di più e, direi, molto meglio e non possiamo stare a guardare:
spostano geni di interesse tra piante della stessa specie (un gene di un melo resistente spostato in un
altro melo) oppure spengono un gene in un'altra pianta allo scopo di migliorarla, quindi non
introducono niente di nuovo dall'esterno.
Ho passato dei mesi a studiare questi aspetti, a studiare come i ricercatori agrari in altri Paesi fanno
ricerca su queste piante, usando le biotecnologie, con quali obiettivi. I loro Governi sostengono la
loro sperimentazione in campo aperto. Ho studiato le tecniche per produrli, le procedure di
protezione dei campi sperimentali, affinché niente esca e niente entri, i dati sulla sicurezza, il loro
uso nell'alimentazione, l'impatto ambientale, eccetera. Studiando questi temi ho dovuto anche
affrontare le contraddizioni del nostro Paese e confesso di essermi appassionata all'argomento,
senza avere alcun diretto interesse. Mi interessa, infatti, capire come si affronta, in una società laica,
un tema percepito come controverso e pieno di contraddizioni, che tocca le nostre emozioni più
profonde, le nostre sensibilità più estreme, come la dipendenza dal cibo e dal buon cibo, la
tradizione italiana e la nostra idea del "naturale quindi buono"; un tema davvero culturalmente
affascinante nel quale dobbiamo inserire i fatti.
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Come vi ho anticipato, l'ordine del giorno che ho presentato non riguarda la coltivazione
commerciale, ma quello che si può studiare a monte di tutto ciò. La stessa direttiva, nel lasciare
liberi gli Stati, raccomanda l'investimento in ricerca. L'ordine del giorno mira a dare la possibilità ai
nostri ricercatori di studiare le nostre piante, mira a lasciare liberi i nostri ricercatori pubblici,
insieme agli agricoltori, di capire come evitare che le nostre piante, quelle che ci interessano e che
abbiamo nei nostri campi, siano devastate, alle nostre latitudini, da tanti parassiti.
Sto parlando - vorrei chiarirlo ancora una volta - non della generazione di presunte piante
omologate e standardizzate, prodotte con semi di multinazionali, ma, al contrario, di come le
biotecnologie, soprattutto le nuove biotecnologie, non OGM (cioè quelle che non spostano geni da
una specie all'altra, ma che usano geni della stessa specie) possano aiutare a tutelare la tipicità dei
prodotti e delle piante italiani, che altrimenti - lo sapete bene - sarebbero presto persi (molti sono
già persi).
Sto anche parlando - e mi permetto di parlare anche di questo - del tema della libertà di ricerca;
della libertà di ricerca su OGM in pieno campo, quella che fanno i tanti Paesi europei che non
hanno mai impedito tale attività. Da noi, invece, i progetti dei nostri ricercatori universitari o degli
istituti di ricerca controllati dal Ministero dell'agricoltura sono chiusi da quindici anni nei cassetti.
Dunque, noi paghiamo scienziati per scoprire, inventare, insegnare e applicare cose di utilità
nazionale che, allo stesso tempo, impediamo loro di realizzare.
Mi rendo conto che questo blocco alla ricerca pubblica è frutto dell'avversione cresciuta negli anni
verso le coltivazioni commerciali degli OGM e verso le multinazionali che producono i semi OGM.
Ma, attenzione onorevoli senatori, sono le stesse multinazionali da cui ormai siamo dipendenti per i
semi non OGM.
Mi rendo anche conto che l'avversione è verso l'idea di questa omologazione, verso il controllo
totale sulla produzione di beni vitali, ma la coltivazione commerciale e la ricerca pubblica sulle
piante sono due cose diverse. Si può bloccare la prima pagando un caro prezzo economico - e non
mi cimento su questo - ma non ci si può vietare di studiare qualcosa nella misura in cui le procedure
sono sicure (e lo sono). Vietare la ricerca, colleghi, è come censurare la libertà d'espressione: si lede
un diritto fondamentale.
Vorrei essere chiara ancora una volta su un concetto: impedire le sperimentazioni in pieno campo su
OGM significa impedire la ricerca pubblica, perché l'unica ricerca vera su OGM è quella che
sperimenta le migliorie genetiche nelle condizioni di campo che attaccano quella pianta.
L'Italia ha fatto ciò per 13 anni, ha impedito la conoscenza vietando la sperimentazione in campo
aperto, mentre nel resto dell'Europa sono state condotte migliaia di sperimentazioni di OGM in
pieno campo, anche in Paesi come la Germania e la Francia che osteggiano la coltivazione
commerciale.
Guardate che la posizione del nostro Paese diventa ancora più singolare e addirittura contraddittoria
quando si scopre che mentre si vieta la ricerca biotecnologica pubblica sulle piante in generale, gli
OGM per così dire classici e ormai di vecchia generazione li importiamo e li mangiamo. Questa è la
prima contraddizione dalla quale trae spunto l'ordine del giorno sulla ricerca pubblica: li vietiamo,
ma li importiamo; li mangiamo in modo massiccio da 20 anni, ma non li studiamo. Tra l'altro, se li
mangiamo, la prima cosa che mi viene in mente è che quindi non è vero che sono pericolosi per la
salute. Inoltre, non è vero che possiamo farne a meno, non si può mentire. Al Paese bisogna dire che
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non li vogliamo coltivare, ma li acquistiamo a tonnellate, nutriamo gli allevamenti, poi finiscono nel
nostro piatto, nelle forme di Parmigiano reggiano o nel prosciutto San Daniele.
Questa contraddizione viaggia insieme a un altro paradosso che mi interessa per l'ordine del giorno.
Abbiamo il terrore del monopolio delle multinazionali (sempre quelle a cui diamo il monopolio
anche dei semi non OGM, non nascondiamolo mai questo), ma allo stesso tempo a tali
multinazionali lasciamo campo libero non investendo in ricerca, cioè non facciamo proprio niente
per limitare il loro monopolio. Non muoviamo un passo nella ricerca di forme di tutela e di
rafforzamento dei nostri semi e delle nostre tipicità; non abbiamo quasi neanche più un'industria
sementiera nel nostro Paese. Vietiamo cose che importiamo; mangiamo ciò che non studiamo; ci
consegniamo alle multinazionali non producendo innovazione.
Vengo ora alla seconda contraddizione che è ancora più rilevante per l'ordine del giorno. Le nostre
piante sono invase da parassiti e noi stiamo perdendo delle tipicità agricole di cui andiamo fieri nel
mondo perché non vogliamo studiare, sperimentare e usare le bio-tecnologie OGM e non OGM.
Tutti o quasi tutti i semi che piantiamo in Italia sono progettati all'estero, anche le piante da orto.
Scusate se mi ripeto, ma questo ordine del giorno non chiede di sostenere la coltivazione
commerciale; lasciamola agli altri, alla Spagna, da cui poi acquisteremo. Lo scopo non è sdoganare
OGM prodotti dalle multinazionali, non è avere mele omologate; l'obiettivo è l'opposto, cioè
sollecitare con voi una riflessione pubblica sulle contraddizioni della nostra politica in materia, per
capire se la ricerca pubblica che impiega le bio-tecnologie agrarie può esserci utile, almeno per
proteggere e mantenere le nostre piante tipiche, perché ne stiamo perdendo troppe.
Esistono progetti da anni chiusi nei cassetti (dovreste leggerli), ve ne racconto uno. Si tratta di un
OGM pubblico, tutto italiano, persino ecosostenibile. L'Italia, come sappiamo bene, esporta mele in
tutta Europa: sono dei prodotti tipici, dalle splendide mele dei nostri colleghi trentini, a quelle della
Valle d'Aosta, alle mele annurche campane. Tra l'altro, nel nostro Paese queste piantagioni hanno
anche una rilevanza ambientale e culturale notevole: alcune piantagioni arrivano dal Medioevo.
Tuttavia il clima è cambiato e in tutto il mondo - lo ripeto, in tutto il mondo - i meli sono attaccati
da un flagello, un fungo responsabile della più grave e diffusa malattia delle mele: la ticchiolatura,
che danneggia la pianta e produce delle macchie sul frutto rendendolo non più commerciale. Lo
scorso anno in una Regione d'Italia sono stati effettuati più di 30 trattamenti di pesticidi per
difendere le mele dai parassiti. Anche le mele biologiche sono trattate con le sostanze chimiche
consentite per questo tipo di coltivazioni: i sali di rame. È un metallo pesante, tossico, che resta nel
terreno per decenni. Non sarebbe bello avere delle mele che resistono alla malattia, cosicché si
ridurrebbe drasticamente il numero di trattamenti con agrofarmaci? Ecco la storia del professor
Silviero Sansavini dell'università di Bologna, un distinto signore, ora professore emerito, che ha più
di 70 anni. Insieme al professor Tartarini scopre che una mela selvatica è immune dalla ticchiolatura
perché porta un gene, che si chiama VF, che la protegge e le dà questa protezione in dono dalla
natura. È una selezione naturale.
I ricercatori cercano di incrociare questa mela selvatica con le mele che noi siamo abituati a
mangiare, ma non ci riescono perché, durante questo incrocio, non passa solo il gene di interesse ma
anche migliaia o centinaia di altri geni che tolgono il valore organolettico a quella mela.
Sansavini e Tartarini, in un laboratorio universitario prendono una mela della varietà Gala, una delle
favorite dagli italiani, ma che deve essere spruzzata con decine trattamenti, e impiantano in quella
mela Gala quel gene, quello che la rende immune dal parassita. Erano gli anni 1992 e 1993, e l'Italia
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era all'avanguardia nel mondo nel campo delle biotecnologie agrarie. I nostri genetisti agrari
tenevano ancora alta nel mondo la bandiera di Nazzareno Strampelli, universalmente riconosciuto
come il fondatore del miglioramento delle piante su basi scientifiche.
Ma torniamo alle mele. Dopo pochi anni, le prime prove sulla mela Gala, fatte su meli coltivati in
serra, danno i risultati sperati e, nel 2002, il nostro Paese è il primo al mondo ad arrivare a un
risultato che era desiderato da tutti. A Bologna quei meli geneticamente modificati, che
ridurrebbero l'impatto ambientale, se coltivati, stanno in un cassetto. Dobbiamo aver paura di questa
mela? Viene chiamata cisgenica, perché si sposta un gene da una pianta a un'altra pianta della stessa
specie. Non è progettata per essere venduta insieme a un pesticida. Anzi, ne riduce fortemente la
necessità e la pianta non deve essere riacquistata tutti gli anni dall'agricoltore.
Il professore Sansavini avrebbe potuto brevettare la tecnologia di trasferimento del genere, ma non
ha voluto perché ha pensato che non fosse giusto e l'ha resa di dominio pubblico. Chiunque nel
mondo può utilizzare quel metodo per produrre mele resistenti alla malattia. Una bellissima storia,
che però finisce qui, con la soddisfazione di un professore di essere stato il primo al mondo a
realizzare un risultato cui tutti ambivano, ma anche con la lacerazione professionale di non avere
mai visto la sua scoperta in campo perché il Ministero dell'agricoltura, dal 2002 vieta la
sperimentazione in campo aperto.
In Olanda e in Svizzera, invece, hanno sviluppato l'uso del gene scoperto da Sansavini, hanno avuto
l'autorizzazione alla coltivazione in esterno, con tutte le norme di sicurezza, e ora hanno campi di
meli resistenti alla malattia. Sono tanti gli esempi di questo tipo.
Il professor Eddo Rugini, dell'Università della Tuscia, ha assistito impotente, il 12 giugno 2012, al
rogo di 30 anni di conoscenza: alla distruzione delle sue piante di kiwi, di ciliegio, ma anche di ulivi
geneticamente modificate per resistere ad alcuni parassiti o per tollerare meglio la siccità. Decenni
di ricerca distrutti dalla mancanza di rinnovo dì un'autorizzazione.
Vorrei citare anche Francesco Sala, scomparso nel 2011, grande genetista della mia università, la
Statale di Milano. Non potendo sperimentare in campo i suoi meli valdostani resistenti al parassita
melolontha, una larva che mangia le radici, e il suo riso Carnaroli, oramai rarissimo per l'attacco di
un fungo, si dedicò allo sviluppo di pioppi resistenti agli insetti che riuscì finalmente a vedere
coltivati. Ma non in Italia: in Cina, dove ve ne sono centinaia di migliaia di ettari.
E possiamo anche citare il pomodoro San Marzano, che ormai non esiste più. Era una tipicità di cui
la Campania era il maggior produttore in Italia. Ma la pianta è attaccata da virus con sigle orribili:
CMV, TSWV, CAMV. Non esistono preparati antivirali. Negli anni 2000 alcuni ricercatori stavano
lavorando su geni capaci di dare resistenza a questo attacco virale. Il progetto è nel cassetto, e del
nostro pomodoro tipico San Marzano non vi è ormai più alcuna traccia.
Tra gli anni Novanta e il 2000, noi eravamo all'avanguardia nel settore delle biotecnologie in
agricoltura sui nostri prodotti tipici, per proteggerli: mele, ulivi, ciliegi, pomodori, kiwi, peperoni,
riso, vite, melanzana e tanto altro. Prodotti nostri, della nostra agricoltura, che non interessano
alcuna multinazionale. Si aspettava solo l'emanazione di un regolamento dei Ministeri competenti
per poter effettuare, in tutta sicurezza, le sperimentazioni in campo.
Esattamente come un farmaco salvavita deve essere sperimentato sull'uomo per poterne verificare
sicurezza ed efficacia. Ma dal 2000 la politica italiana decide di bloccare tutto. Il Regolamento non
fu mai emanato.
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Sapete qual è stato, secondo me, l'errore principale? Il fatto di non rendersi conto che i nostri
ricercatori nei nostri centri di ricerca pubblici stavano lavorando su esigenze nostre, tutte italiane.
Un senatore mi ha chiesto - e lo ringrazio, perché la domanda è giusta e pertinente - come si
affronta il timore della contaminazione, conseguente alla sperimentazione in campo aperto con
OGM. La domanda sorge spontanea, se non si è specializzati sull'argomento o se non lo si è
studiato, ma ciascuno di noi studia argomenti diversi. Questo timore lo si annulla, come hanno fatto
gli altri 19 Paesi europei che sperimentano in campo aperto, applicando i protocolli rigorosi che
riducono a zero il rischio di contaminazione. Questi protocolli contemplano soluzioni tecniche che
gli specialisti conoscono bene e sono applicati nei Paesi che confinano con noi e fanno ricerca in
campo aperto. Si tratta anche di questioni tecniche, con problematiche e soluzioni gestite in maniera
assolutamente diversa rispetto alla coltivazione commerciale, anche a livello di legislazione
europea.
Il raccolto di un campo sperimentale - teniamolo bene a mente - che sia OGM o sperimentale di
altro tipo, non può mai entrare nella filiera commerciale o alimentare, ma resta a disposizione
solamente per le analisi scientifiche dei laboratori di ricerca che compiono quella sperimentazione.
Le due filiere sono strutturalmente separate per regola ed è scontato che tale separazione vada
ribadita e sottolineata nelle normali procedure di autorizzazione.
Sapete, colleghi, non sarebbe la prima volta che sperimenteremmo piante OGM in campo aperto in
Italia. Tra il 1992 e il 2004 abbiamo coltivato in campo aperto quasi 300 tipologie di piante OGM
diverse, senza leggi speciali e senza inventarsi nulla di particolare, ma semplicemente osservando le
norme e i protocolli definiti pianta per pianta. Abbiamo messo in campo decine di piante OGM di
pomodoro, melanzana, cicoria, vite, fragola, grano, mais o insalata, senza che ci fosse il minimo
problema. Nella seconda metà degli anni Novanta in Italia si coltivarono anche decine di migliaia di
campi di mais OGM, senza che ne sia rimasta traccia a livello sanitario e ambientale.
Chiudo, gentili colleghi, sottolineando che forse oggi abbiamo l'opportunità di richiamare
l'attenzione del Governo verso una questione che, a mio avviso, deve essere per coerenza risolta. Vi
ripeto che non c'è ricerca sugli OGM, se non è in pieno campo.
La scienza, vedete, ha una qualità formidabile che io non mi trattengo mai dal raccontare ai giovani.
Non conosce le espressioni come: «È troppo tardi», «Abbiamo perso il treno» o «Cosa potremo mai
fare noi con poche risorse di fronte ai giganti dei mondo». Nella scienza vincono solo l'intelligenza,
le idee, l'ingegno, non la forza. E basterebbe davvero poco, basterebbe cioè raccogliere la
raccomandazione dell'Unione europea a sostenere la ricerca pubblica in campo pieno su OGM e
non OGM per ridare speranza ad un settore dell'economia italiana che è strategico rispetto al futuro.
Se questo accadesse sarebbe anche un segnale della volontà del nostro Paese di riaccendere la
fiammella della conoscenza su questo argomento.
1.2 Sen.ce Serenella Fucksia (M5S - Segretario Commissione Igiene e Sanità)
Signor Presidente,
avevo preparato un discorso che però, dopo aver ascoltato in discussione la senatrice Cattaneo, ho
un po' modificato, aggiornandolo, e quindi parlerò a braccio.
Vorrei ricordare a tutta l'Assemblea - e quindi anche alla senatrice Cattaneo - un principio
fondamentale che è ben fissato al paragrafo 3 dell'articolo 3 del Trattato dell'Unione europea,
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ovvero la disposizione che impone agli Stati membri di adottare «tutte le misure di carattere
generale e particolare atte ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dai trattai o
conseguenti agli atti delle istituzioni dell'Unione». Il principio che viene sancito in questo breve ma
intenso periodo normativo è quello della leale collaborazione, ovvero l'obbligo per ogni Stato
membro, compresa l'Italia, di adoperarsi con ogni mezzo per agevolare l'affermazione dei valori di
cui l'Unione europea si rende portatrice. Tra questi valori compaiono la democrazia, l'uguaglianza,
il rispetto dei diritti umani, la dignità umana e anche la libertà. La libertà: questo è importantissimo.
Noi innanzitutto tuteliamo la libertà e, in particolare, anche la libertà di ricerca, per tutti i
ricercatori, quelli più o meno blasonati, quelli più o meno aiutati. Ma nel momento in cui si fa
riferimento al sacrosanto diritto, anche di aziende private o pubbliche, di fare ricerca, naturalmente
deve essere salvaguardato anche il diritto del piccolo.
Faccio un esempio. Se noi liberalizziamo la ricerca di OGM in campo aperto io non ho nulla in
contrario; ma a quel punto devono essere disposte tutte le misure volte ad assicurare, ad esempio,
che il coltivatore a tre o quattro chilometri di distanza sia tutelato. Negli studi di tossicologia svolti,
dalle misurazioni dei livelli di insetticidi su fragole biologiche o non biologiche, si è visto che,
siccome l'aria gira, alla fine i livelli spesso sono gli stessi. Sappiamo, ad esempio, che le api fanno
almeno tre chilometri e vanno di fiore in fiore a prendere il polline: questa è la prima diffusione e
contaminazione difficile da arginare.
In audizione, il Corpo forestale dello Stato ha specificato, portando gli atti di un lavoro svolto dalla
Procura della Repubblica per il Friuli Venezia Giulia sul caso Fidenato, che nei campi vicini ad
alcune zone in cui erano stati trattati OGM c'erano delle contaminazioni che, a seconda che queste
piante si trovassero sotto vento o meno, avevano una concentrazione di tali organismi dallo 0,5 al
10 per cento.
Ben venga, quindi, la ricerca, ma tuteliamo la libertà di tutti, perché è un principio alla base della
nostra Europa. Forse sarebbe anche opportuno non solo riconoscere la ricerca mirata all'indagine di
mercato e, quindi, al profitto, ma anche riscoprire le nostre tipicità tradizionali e la nostra cultura
contadina. Tanti attacchi, per esempio al mais o ad altre piante, possono essere sicuramente risolti
non con l'uso di erbicidi o insetticidi, ma con quella che era la famosa rotazione agraria che i nostri
contadini ben conoscevano. Ci sono tanti approcci per tutelare i prodotti tipici.
Non posso, poi, paragonare una realtà così diversificata e ristretta come quella del territorio italiano,
così ricco di tipicità e diviso in spazi così piccoli, con altre realtà in cui si possono fare colture più
estensive, avendo a disposizione spazi molto più grandi.
Libertà per tutti, quindi; ma per tutti vuol dire proprio per tutti, dal grande al piccolo.
Sempre in riferimento a come è stata recepita la direttiva europea, questa mattina la collega Donno
ha ricordato che noi siamo sempre in ritardo rispetto all'Europa in quanto abbiamo almeno 92
provvedimenti sanzionatori a carico del nostro Paese per ritardo nel recepimento, di cui 19 per
mancato recepimento di direttive anche in settori fondamentali come l'ambiente e la salute.
Questa volta avevamo l'occasione per fare benissimo e invece cosa è successo in Commissione?
Voglio stigmatizzare questo aspetto perché lo trovo vergognoso. Praticamente, abbiamo abrogato
l'articolo 10 (si è detto che lo tratteremo, se va bene, tra 6 mesi, quindi non ora), che era di carattere
ordinamentale, quindi con invarianza di spesa (e il Governo, a dire il vero, lo aveva anche detto),
però la Commissione bilancio si è espressa e, per paura che potesse esserci qualcosa, ha chiesto una
relazione tecnica che il Governo non è stato in grado di produrre. Pertanto, noi ci esponiamo a fare
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la solita figuraccia. Invece era importante che quell'articolo fosse discusso, che la relazione tecnica
valutata e quindi che non ci fossero l'abrogazione e il rinvio, perché dal 4 aprile 2014 presso il
Ministero dello sviluppo economico è istituito un tavolo istruttorio interistituzionale, organizzato in
gruppi tecnici, che, attraverso l'analisi e la discussione dettagliata e ponderata della complessa
materia di radioprotezione e il confronto con esperti del settore, lavora su possibili contenuti del
decreto legislativo di recepimento. Ci troviamo quindi in uno di quei rari casi in cui il nostro Paese
sarebbe stato in grado di recepire una direttiva tempestivamente e con cognizione di causa.
Sembrava che ci stessimo muovendo in questa direzione, quindi stigmatizzo questo palleggio
istituzionale di responsabilità, che trovo gravissimo. Stiamo facendo sempre peggio.
Ricordo che il citato articolo 10 riguarda la protezione della popolazione dalle radiazioni ionizzanti;
ci sono normative che regolano la presenza del radon nelle abitazioni, quindi sono temi che
riguardano la salute, cui sono interessati tutti i cittadini e in particolare i lavoratori.
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione ricordando che una volta eravamo molto migliori.
Quando le quattro direttive Euratom, tra cui anche la n. 29 del 1996, ci obbligarono a varare il testo
oggi vigente in tema di sorveglianza delle radiazioni ionizzanti (mi riferisco al decreto legislativo n.
230 del 1995, modificato dal decreto legislativo n. 241 del 2000 e integrato con il decreto
legislativo n. 187 del 2000), noi eravamo già in ordine. L'Europa ci diede delle direttive e noi le
avevamo già recepite, perché era stato già emanato il decreto del Presidente della Repubblica n. 185
del 1964, su sicurezza degli impianti e protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione contro
i pericoli delle radiazioni ionizzanti derivanti dal pacifico utilizzo dell'energia nucleare, quindi
facevamo una figura bellissima perché avevamo già fatto tutto. Ora lo potremmo fare, ma ci
teniamo a fare una brutta figura.
Concludo con una battuta finale. È come se noi dicessimo che rallentiamo adesso per andare poi di
corsa e fare le cose male e frettolosamente, visto che entro il 2018 ci dovrà essere il recepimento.
Sappiamo benissimo che il proverbio dice che la gatta frettolosa fa i figli ciechi e anche questa
volta, pur potendo far bene, faremo male, perché recepiremo il tutto in fretta e intanto i componenti
di un tavolo tecnico aperto, su cui sono investiti soldi e tempo, stanno lì a girarsi i pollici per colpa
nostra, di un Governo che ha fretta...
2. Discussione emendamenti e ordini del giorno
2.1 Sottosegretario agli affari europei Sandro Gozi - richiesta di ritiro dell'Odg Cattaneo e
impegni del Governo
(...) È evidente che vari senatori, attraverso emendamenti e ordini del giorno, hanno posto un tema
che è certamente di grandissima rilevanza. Mi riferisco alla ricerca in generale, alla ricerca pubblica
in generale e all'attuazione di quel compromesso OGM che abbiamo ottenuto durante il semestre di
Presidenza: è stato uno degli ultimi atti su cui abbiamo ottenuto un accordo durante la nostra
Presidenza e che è seguito anche da un'ulteriore proposta di regolamento che il Senato sta
esaminando in fase ascendente. Sono certamente temi di grande rilevanza; non ritengo tuttavia sia
questa la sede in cui affrontare la questione in generale della ricerca pubblica in campo
alimentare, bioalimentare, della biodiversità alimentare. Credo invece che occorra affrontarla
in un dibattito specifico attorno a questo argomento, non collegato alla legge europea. Il
Governo è perfettamente conscio dell'urgenza e della necessità di trattare e di risolvere il tema
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della ricerca pubblica in campo aperto, garantendo la massima sicurezza delle nostre
coltivazioni tipiche, e dovremo farlo prima della pausa estiva.
Sono questioni su cui tornerò nel momento in cui esamineremo i singoli emendamenti e ordini del
giorno; annuncio già, signora Presidente, che inviterò al ritiro o darò parere contrario a tutti gli
emendamenti e ordini del giorno che pongono questo tema, perché ritengo che sia molto più utile e
che garantisca un approfondimento molto più adeguato rispetto all'importanza del tema affrontarlo
in un'altra sede che non sia quella della legge di delegazione europea. [dich. in sede di replica]
(...) In particolare, rispetto all'ordine del giorno G1.100, a prima firma della senatrice Cattaneo - ma
in realtà anche agli emendamenti, che vedremo via via nell'esame del provvedimento, sul tema
ricerca-OGM - confermo la consapevolezza della necessità di trattare e risolvere il problema
della ricerca pubblica in campo aperto, garantendo la massima sicurezza delle nostre
coltivazioni tipiche entro la pausa estiva. Proprio con questo impegno, il Governo invita la
senatrice Cattaneo a ritirare l'ordine del giorno. [dich. sui pareri agli odg ed emendamenti
presentati]
2.2 Sen.ce Elena Cattaneo - risposta alla richiesta di ritiro dell'odg
Sono consapevole che un ordine del giorno, anche se approvato in quest'Aula, non avrebbe
possibilità di realizzarsi senza la piena convinzione del Governo, che non si sente pronto ad
impegnarsi. Quel che è certo è che da 13 anni la ricerca pubblica è ferma al palo, e con essa la tutela
delle tipicità italiane in campo agroalimentare. Da oggi questo blocco è imputabile anche a questo
Governo e a questo Parlamento, quindi raccolgo con soddisfazione l'impegno del Governo e del
Sottosegretario a far sì che prima della pausa estiva si abbia - io spero - il coraggio di voltare pagina
affinché l'Italia promuova davvero, in questo ambito così strategico, la ricerca scientifica, come
stabilito dall'articolo 9 della Costituzione, e ne garantisca il libero esercizio, come stabilito
dall'articolo 33, rispettando tutte le norme di sicurezza.
Segnalo che proprio oggi, sul «Corriere della sera», il premio Nobel Amartya Sen si è espresso,
sostenendo gli OGM, con una frase che vorrei restasse nella memoria e nel pensiero di tutti noi:
«Possiamo benissimo combinare le nuove tecnologie con il rispetto della biodiversità. Se non
vogliamo chiamarli OGM, chiamiamoli nuove varietà».
Con queste motivazioni, ringraziando i senatori Capigruppo che hanno sottoscritto l'ordine del
giorno G1.100 (testo 2), e anche i colleghi che questa mattina e oggi mi hanno chiesto di
sottoscriverlo, accetto il ritiro di tale ordine del giorno.
2.3 Sen. Paolo Romani (PDL - Capogruppo)
Signora Presidente,
considero con grave disappunto il fatto che il Governo chieda il ritiro di questo ordine del giorno.
Mi sembra che ieri abbiamo ascoltato tutti con grande attenzione l'intervento della senatrice
Cattaneo e, se non leggo male, l'ordine del giorno G1.100 (testo 2) è firmato dai senatori Cattaneo,
Zanda, Romani, Schifani. Tutto il Parlamento mi sembrava convergere ed essere d'accordo sul
contenuto importante di tale ordine del giorno e le vaghe parole pronunciate dal rappresentante del
Governo non mi sembrano sufficienti per giustificarne il ritiro. Mi sembrava che in questo caso
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fosse necessario un impegno molto più forte e preciso su un argomento sicuramente
controverso, ma sul quale mi sembrava che, da parte di tutti i Gruppi, fosse stato raccolto un
consenso che vorrei definire quasi unanime.
Signor Sottosegretario, mi auguro che la sua promessa sia precisa e rigorosa. Il riferimento ad
adottare iniziative entro l'estate non mi sembra una promessa così perentoria, e mi auguro che il
Parlamento e quest'Aula possano incominciare ad approfondire i temi che sono stati riferiti con
precisione e con passione dalla senatrice Cattaneo, che ringrazio per l'impegno che ha dimostrato in
questo caso su un argomento così importante per la ricerca scientifica del nostro Paese.
Mi auguro che queste giornate non siano passate inutilmente e chiedo - lo ribadisco e vorrei che
fosse messo a verbale - che ci sia un impegno non vago, ma molto preciso del Governo su un
argomento che pensavo appassionasse tutti. A quanto pare altri Gruppi non se la sentono di
sostenere tale impegno, perché è singolare il fatto che un Capogruppo firmi e poi il Governo chieda
che questa firma venga contraddetta, ma tant'è. Spero che almeno queste giornate non siano state
perse. L'argomento è troppo importante perché possa essere disperso fra tante cose che si fanno. La
ricerca scientifica è fondamentale come lo è l'argomento che è stato trattato.
Lo ribadisco, signor Sottosegretario: è un impegno che prendete. Noi possiamo anche ottemperare
alla vostra richiesta di ritirare questo ordine del giorno, ma mi auguro che non entro l'estate, ma in
un tempo preciso fra giugno e luglio, il Governo si faccia protagonista di un percorso riformatore su
un argomento importante che da 13 anni, come sottolineava la senatrice Cattaneo, ci vede al palo.
2.4 Sen. Luigi Zanda (PD - Capogruppo)
Signora Presidente,
l'argomento dell'ordine del giorno della senatrice Cattaneo, che ringrazio molto per averlo pensato
elaborato e presentato, va molto al di là della questione specifica che tratta, ossia il tema degli
OGM. Ciò perché - almeno io così l'ho inteso e per questo motivo l'ho sottoscritto - si tratta di un
ordine del giorno che pone al centro dell'interesse del Parlamento una questione centrale per il
futuro dell'Italia, della ricerca scientifica. Ritengo sia il cuore del nostro futuro.
Mi dispiace di doverlo dire al senatore Paolo Romani, ma penso che questa non sia la sede, perché
l'animo con cui viene trattato l'argomento non dovrebbe essere quello di punzecchiarci tra di noi.
Parliamo di una questione decisiva per l'Italia e io credo che sia corretto che il Parlamento la
affronti in un modo complessivo.
Sono grato anch'io al Governo per l'impegno che ha preso, impegno che i senatori del Partito
Democratico intendono sostenere perché presenteranno certamente uno strumento parlamentare, nei
tempi che l'onorevole Gozi ha annunciato, per rendere concreto tale impegno e per portare nell'Aula
del Senato la questione degli OGM all'interno delle politiche dell'Italia in materia di ricerca
scientifica. È una questione troppo delicata, senatore Romani, per ridurla ad una piccola polemica
tra i nostri Gruppi.
2.5 Sen.ce Loredana De Petris (Misto-SEL - Capogruppo)
Signora Presidente,
apprezzo il fatto che il Governo abbia avanzato l'invito al ritiro, per affrontare la questione più
generale in modo maggiormente approfondito.
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Mi è d'obbligo, però, per onestà intellettuale, spiegare a tutti coloro che magari non hanno ancora
letto attentamente che un conto è discutere - finalmente anche con serietà - di cosa significa
investire nella ricerca scientifica pubblica, tutta la ricerca, un conto è la questione specifica che
riguarda la ricerca sugli OGM in campo aperto. È evidente a tutti che sul punto vi sono state
discussioni non tra oscurantisti e scienziati, ma di natura scientifica, che approfondiremo ancora,
per una questione che è chiara soprattutto a chi si occupa da anni di queste questioni e riguarda il
problema generale della contaminazione. Molti anni fa, signora Presidente, insieme a molti senatori
membri della Commissione agricoltura del Senato, nella XIV legislatura (dal 2001 al 2006), ho
fatto un'indagine, che è agli atti del Senato, con visita ai laboratori della Monsanto, nei luoghi
in cui queste sperimentazioni venivano fatte, che tra l'altro per la maggiore parte erano serre
(abbiamo interessanti fotografie di come ci vestirono dalla testa ai piedi, coprendo anche la
bocca, per evitare problemi di contaminazione). Lo dico per far capire che, per il problema della
ricerca, un conto è il luogo sicuro, come il laboratorio, altro è la questione che riguarda il campo
aperto.
In conclusione, non volendo ora entrare nei particolari, il nostro Paese ha approvato all'unanimità
una mozione in quest'Aula e altre alla Camera l'anno scorso in cui non è che non si parlasse di
ricerca, ma si declinava esattamente quel punto. Siamo sempre aperti alle discussioni, perché vanno
bene, ma vorrei spiegare che il motivo per cui ormai abbiamo un problema di impoverimento della
biodiversità agricola è legato a fattori molto articolati. La tutela della biodiversità, che è una grande
risorsa per la nostra agricoltura, basata sulla tipicità, non avviene con gli organismi geneticamente
modificati, ma investendo nella ricerca in quel campo. Tutte le varietà che abbiamo selezionato in
tanti secoli sono il frutto della sapienza contadina: basti pensare alle malattie che abbiamo oggi. Su
quello, forse, bisognerebbe concentrare ancor più l'attenzione.
2.6 Sen.ce Elena Fattori (M5S - Vicepresidente Commissione politiche dell'Unione europea)
Signora Presidente,
chiederei a quest'Aula un minimo di tempo, dato che ne è stato dato tanto a tutti i proponenti di
quest'ordine del giorno, come la senatrice Cattaneo, e a tutti quanti.
In questo momento voglio parlare a nome del mio Gruppo e anche di quei tanti scienziati che non
hanno voce nelle aule politiche, perché purtroppo dietro a queste aperture vi sono interessi
economici molto grandi, anche della ricerca, che spesso è finanziata dalle multinazionali che fa finta
di avversare.
Le chiederei quindi un po' di tempo, signora Presidente, perché purtroppo in quest'Aula sento
parlare molto di scienza e molto a sproposito.
Vorrei leggervi la meditazione importante di un costituzionalista, così che non si dica che è il
Movimento 5 Stelle ad essere populista. Egli dà una bellissima definizione di cosa è scienza, cosa è
tecnologia, cosa è politica e cosa è etica.
Mi dispiace, ma prenderò tutto il tempo che mi serve, perché ne avete dato tanto ad altri Gruppi e
spero che lo darete anche a me: «La scienza, e in particolare la scienza della natura, ci consente una
conoscenza progressiva del mondo intorno a noi, dei fenomeni che lo attraversano. La scienza
(quella vera, non quella che si discute in quest'Aula) di per sé non ha altro finalismo intrinseco se
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non quello conoscitivo. Non ha altri fini che aumentare la conoscenza, individuale e diffusa». E non
lo dico io, ma Valerio Onida.
Non c'è dunque di per sé una scienza buona e una scienza meno buona. La scienza può essere solo
onesta, cioè non spacciare per vero ciò che non lo è (falso scientifico) o per sicuro ciò che non lo è.
In scienza non esiste il rischio zero. Ogni scienziato lo sa. E chi lo afferma dice il falso.
La tecnica, invece, è creazione e utilizzazione di strumenti e di processi per conseguire effetti di
trasformazione sulla realtà attraverso il consapevole intervento umano su di essa. Si basa su
conoscenze scientifiche, ma non è scienza. La tecnica può essere efficace o meno efficace nel
conseguire determinati effetti, ed essendo strumento di trasformazione può essere valutata buona o
meno buona in base a ciò che realizza.
Quindi, mi dispiace per tutti quelli che qui dentro di scienza capiscono poco, ma gli organismi
geneticamente modificati non sono scienza, ma tecnologia, e il loro utilizzo, soprattutto in un
settore così delicato come quello della loro introduzione in ambiente, deve essere attentamente
valutato dal punto di vista politico.
Non mi voglio addentrare nell'eterna polemica se gli OGM siano o meno dannosi per la salute
umana. L'ipotesi sui danni alla salute umana non risulta supportata dalla letteratura e i pochi
lavori sull'argomento contengono tante contraddizioni.
Vero è che nella vita normale, come nella vita scientifica, chi non va a cercare qualcosa
difficilmente la trova. Uno scienziato serio sa che non ci sono dati definitivi e direbbe solo che non
possiamo valutare con certezza l'impatto sulla salute degli OGM, ma occorre una valutazione del
rapporto rischio/beneficio.
Io aggiungerei anche che bisognerebbe valutare di chi è il rischio e di chi è il beneficio
dell'introduzione massiccia di OGM in agricoltura e nell'alimentazione. Ma entrerei in un campo
minato, dove si rischiano anche denunce.
Per quanto riguarda l'impatto ambientale, qui di scienza parla il senatore Zanda ma anche il senatore
Giovanardi, quindi siamo proprio a dei livelli molto bassi.
Sulla prestigiosa rivista «Nature» dati scientifici allarmanti sono stati recentemente
pubblicati. Chi conosce questa rivista può parlare di scienza.
Nel suo numero del 12 giugno 2014, la più illustre rivista scientifica del mondo ha divulgato
uno studio che dimostra la dannosità delle colture transgeniche per l'ambiente. In particolare,
l'articolo mette in evidenza come l'utilizzo combinato di OGM ed erbicidi provochi l'insorgenza di
piante infestanti con resistenze multiple, esattamente come i batteri diventano resistenti agli
antibiotici.
Per concludere, il Governo ha promesso di prendere in seria considerazione la coltivazione in
campo aperto. Vorrei però fare un inciso sulla ricerca. Mi dispiace dirlo, ma le varie soluzione
proposte dai ricercatori di aprire la ricerca in campo aperto per mettere a punto specie transgeniche
made in Italy e per far fronte alle multinazionali sono una pia illusione.
Di fatto, gli OGM che hanno superato fasi lunghe di studio e si sono dimostrate adatte alla
coltivazione su larga scala si contano sulle dita di una mano e sono tutte sottoposte e brevetto.
Difficile immaginare che, se improvvisamente si concedesse libertà di coltivazione di OGM sul
nostro territorio, la nostra povera ricerca potrebbe competere con le multinazionali dall'enorme
potere economico, che hanno già colonizzato vaste parti del mondo. Purtroppo, una volta aperte le
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porte, come detto precedentemente, non si torna indietro. Gli interessi sono molteplici e vi è una
enorme quantità di denaro e di potere.
Io vorrei ricordare al Governo che non può prendere l'impegno a legiferare in materia, perché chi
legifera è il Parlamento. E il Parlamento ha approvato una mozione all'unanimità per impedire
la ricerca in campo aperto, che altro non è che un modo di introdurre gli OGM in ambiente e
lasciare la porta aperta alle multinazionali che, in realtà, sono quelle che finanziano i
maggiori laboratori italiani. Quindi io chiedo veramente un impegno del Governo a rispettare la
mozione che è stata votata all'unanimità in questo Parlamento, perché quello che si vuole a maggio
è solo consentire la coltivazione del mais geneticamente modificato della Monsanto. Quindi, per
favore, rispettate la libertà del Parlamento e la libertà di chi non vuole avere i campi contaminati
dagli OGM. La libertà non è solo dei ricercatori. Queste decisioni spettano ai cittadini, agli
agricoltori e alla società tutta.
2.7 Sen. Stefano Candiani (LN-Aut - Membro Commissione Agricoltura e Politiche
dell'Unione europea )
Senatrice Cattaneo,
come recita un antico adagio, senatores boni viri, senatus mala bestia. Ne abbiamo parlato qualche
giorno fa e abbiamo approfondito il tema.
Si sarà accorta che la dinamica parlamentare non è così lineare e, soprattutto, così coerente rispetto
a quello che ci si aspetterebbe. Infatti, se c'è un ordine del giorno i cui sottoscrittori, dopo il suo
nome, sono il Capogruppo del PD, il Capogruppo di Forza Italia e tutti gli altri Capigruppo di
maggioranza (i senatori e le senatrici De Biasi, Formigoni, Bianconi, eccetera), ci si aspetterebbe un
percorso lineare e rettilineo verso un'approvazione a grande, grandissima maggioranza. Invece, così
non è stato.
Qui c'è da domandarsi un po' cosa è successo. Bastava scorrere le pagine e andare successivamente
e si sarebbe accorta che ci sono degli ordini del giorno e degli emendamenti presentati da senatori
del PD che vanno in direzione diametralmente opposta a quella dell'ordine del giorno da lei
presentato. Si sarà accorta, quindi, che il Governo non ha una linea politica definita sul tema perché
vuole evitare di esporsi su un tema politicamente scorretto, rimanendo magari mascherato ed
evitando di dover dire sì o no ai propri senatori o all'opinione pubblica. Certo che se ne deve parlare
di questo tema, perché oggi, come lei ha giustamente messo in evidenza stamani, ci sono delle
situazioni paradossali per cui in Italia ci sono i divieti e poi mangiamo del suino che è stato allevato
in Germania con prodotti OGM. Paradossi. Certo che ci sono delle situazioni che vanno affrontate,
perché ci sono malattie che stanno aggredendo le nostre coltivazioni e non si sa neppure che cosa
stia facendo la ricerca scientifica per evitare di perdere anche quelle coltivazioni.
Certo, senatore Zanda, che bisogna parlare del tema, perché in Italia non esiste praticamente più
neanche un'azienda sementiera perché ormai siamo costretti ad importare i semi dall'estero, dove
certamente la ricerca scientifica non è nelle mani degli agricoltori, ma nelle mani di chi con la
ricerca scientifica fa speculazione sull'agricoltura. Abbiamo anche perso il controllo di quella che
può essere la gestione attraverso il seme dell'agricoltura, perché se noi domani non saremo in grado
di produrre e riprodurre attraverso i semi, non saremo neanche in grado di poter preservare quelle
colture che ci vengono dalle generazioni precedenti. E poi, Presidente, si porta in Commissione
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agricoltura un provvedimento che parla della tutela dell'agricoltura biologica. Ci sono veramente
tanti temi su cui dover approfondire. Lo chiediamo anche noi al Governo.
Tuttavia, tutto ci si dica tranne che quest'Aula non si è già occupata del tema OGM. Ricordo al
presidente Zanda che se ne parlò nell'Aula del Senato all'inizio della legislatura, quando fu
approvato un ordine del giorno a larghissima maggioranza - era il 9/1/19 del 21 maggio 2013 - in
cui il Senato della Repubblica si espresse proprio in direzione opposta con il suo voto favorevole a
quello che lei, invece, ha sottoscritto all'interno dell'ordine del giorno Cattaneo. Quindi, senatrice
Cattaneo, si fidi meno dei senatori e si fidi un po' di più del suo intuito, come le ho detto l'altro
giorno.
2.8 Sen. Roberto Formigoni (AP - NCD-UDC - Presidente Commissione Agricoltura)
Signora Presidente,
vorrei innanzitutto ringraziare la senatrice Cattaneo, perché con la sua iniziativa di proporre questo
ordine del giorno, che ho firmato insieme a molti senatori del mio Gruppo, è riuscita a riportare
all'attenzione della nostra Assemblea un tema decisivo, sul quale il dibattito è e deve rimanere
aperto. Certo, quest'Aula si è già pronunciata, ad inizio di legislatura, con un pronunciamento che
ha visto fortemente d'accordo e unitari nel voto la grande maggioranza dei componenti di questa
Assemblea. Ma non è un'eresia né un errore tornare a riflettere su un tema sul quale
l'esperienza quotidiana e la riflessione degli scienziati ci porta nuovi elementi giorno dopo
giorno. È esattamente questo il compito che credo il Senato intenda assumersi. Non è stata inutile
questa giornata, perché ha spinto il Governo ad assumere un impegno forte, che certamente
adempirà in tempi rapidi, come il Vice Ministro ha ricordato. Non è stata inutile, perché credo
che stimolerà l'azione di alcune nostre Commissioni. Personalmente proporrò alla Commissione
di cui ho l'onore di essere Presidente di riprendere una riflessione e un lavoro su un tema che
- torno a dire - è certamente decisivo, anche e soprattutto visto in prospezione mondiale. Quindi
non è un tema da trattare con pregiudiziali politiche o di tipo ideologico, ma è un tema da
approfondire, ascoltando le riflessioni degli scienziati, ma anche sapendoci assumere fino in fondo
le responsabilità dei politici. È quello che quest'Aula deve fare ed è quello che il mio Gruppo
intende fare, portando un contributo alla decisione di tutti.
2.9 Sen. Roberto Ruta (PD - Membro Commissione Agricoltura) - risposta alla richiesta di
ritiro di un emendamento su sperimentazione in ambito protetto
Signor Presidente,
impiegherò un minuto per dire quanto segue: accolgo l'invito del Governo a ritirare l'emendamento
13.0.200, che riguarda esattamente la questione degli OGM, a condizione che il Governo dica una
parola chiara anche su un altro aspetto: finché non vi sarà la seduta nella quale si deciderà
liberamente, come Parlamento, che tipo di ricerca vogliamo fare e se consentire o vietare la ricerca
in campo aperto, il Governo non adotti alcun provvedimento in tal senso. Lo dico perché sembra
una cosa ovvia, ma le cose ovvie vanno dette, in alcuni casi: che il Governo non ne consenta
l'autorizzazione, di alcun genere e alcun tipo, neanche di quelle in corso, potenziali o future, finché
non vi sarà il pronunciamento del Parlamento.
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Se non fosse ancora chiaro, il Parlamento - o perlomeno il Senato della Repubblica - si era già
espresso. Leggerò solo due righe del dispositivo di un ordine del giorno adottato da quest'Aula,
signori del Governo: «Ad adottare la clausola di salvaguardia prevista dall'articolo 23 della direttiva
2001/18/CE e/o ad adottare la misura cautelare di cui all'articolo 34 del regolamento (CE) n.
1829/2003, in base alla procedura prevista dall'articolo 54 del regolamento (CE) n. 178/2002, a
tutela della salute umana, dell'ambiente e del modello economico e sociale del settore
agroalimentare italiano». Al terzo punto, veniva poi detto in maniera chiara: «a sostenere e
potenziare la ricerca scientifica pubblica in materia agricola e biologica, e in caso di OGM, in
ambiente confinato di laboratorio». Tutto ciò è accaduto il 21 maggio del 2013 e mi rivolgo
anche alla collega senatrice Cattaneo, di cui ho massimo rispetto sia per i contenuti espressi sia
per il lavoro che sta svolgendo e ha svolto, non solo come ricercatrice: qui in Senato il 21 maggio
2013, con un solo voto contrario, tutta l'Assemblea, tutta quest'Aula, tutto l'emiciclo - e lo
ricordo anche al collega Maurizio Romani e a quanti altri - ha votato; abbiamo votato tutti
insieme esattamente queste parole.
Lo dico al Governo, che avrebbe già dovuto tenerne conto ed avrebbe dovuto già provvedere ad
emanare una disciplina normativa atta a far sì che il territorio italiano venga dichiarato no OGM o
OGM free, o semplicemente che non è consentito in Italia coltivare produzioni di OGM.
Questo l'abbiamo già deciso, ma ovviamente si può cambiare idea: l'avanzamento scientifico e
culturale può anche portare a modificare le opinioni, ma evidentemente devo immaginare che dal 21
maggio 2013 ad oggi vi siano nuove evidenze in materia scientifica, tanto chiare da portarci a
ridiscutere e semmai a cambiare opinione. Nella vita, infatti, questo è il mondo della ricerca, che a
questo porta. Spero dunque che in una futura seduta ci saranno dette tutte le novità e tutte le
evidenze scientifiche, altrimenti cambiare opinione - e lo si può fare comunque - da parte della
stessa Assemblea parlamentare e delle stesse persone in maniera così radicale e di colpo, se i
dati oggettivi sono rimasti gli stessi, mi porta a pensare che forse ci sia qualche problema: o
non ci siamo spiegati bene quel 21 maggio o ci sono nuovi elementi che mi sfuggono,
esattamente due anni dopo.
Io lo dico perché vorrei essere ascoltato su questo punto. Io sono a favore della ricerca scientifica in
maniera convinta, e penso che i problemi dell'umanità si risolvano attraverso il progresso; io ne
sono un convintissimo assertore, come abbiamo scritto in questo emendamento. Sono un convinto
assertore, anche e soprattutto, della ricerca pubblica. Noi abbiamo il Consiglio per la ricerca in
agricoltura (CRA) che si occupa anche delle sementi, un istituto pubblico vigilato dal MIPAAF. Al
senatore Candiani, che giustamente ha sollevato il tema delle sementi, io ricordo che noi abbiamo il
CRA, il nostro centro di ricerca che appartiene allo Stato italiano.
Siamo pertanto favorevoli a questo, e siamo favorevoli alla ricerca anche sugli OGM, ma in
laboratorio o, comunque, in ambiente protetto. Non siamo disponibili a rischiare un'invasione
non voluta dagli italiani, dagli agricoltori e da tutta la nostra storia e dalla cultura che
vogliamo difendere.
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2.10 Sen. Loredana De Petris (Misto-SEL - Capogruppo) - illustrazione di un emendamento
Signor Presidente,
il nostro emendamento 13.0.202 è molto chiaro e preciso, chiedendo semplicemente al Governo di
proseguire su quelle che sono state le indicazioni e il lavoro, peraltro fatto dalla stessa Italia in sede
europea, che ha portato a far sì che si arrivasse alla direttiva che dà la possibilità agli Stati membri
di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati sul loro territorio,
estendendo, tra l'altro, le motivazioni, da quelle ambientali a quelle economico-sociali.
Questo è un punto assolutamente fondamentale, perché io ribadisco che la scelta che il Paese fino
ad oggi ha fatto per quanto riguarda gli OGM in agricoltura (e bene ha fatto il collega Ruta a
leggere specificatamente quell'ordine del giorno approvato all'unanimità da quest'Aula nel
2013, in occasione dell'esame delle mozioni sulle colture geneticamente modificate) è stata
innanzitutto una scelta economica per salvaguardare e tutelare le nostre tante agricolture.
Noi abbiamo l'Expo, che si è aperto il 1° maggio, e abbiamo avuto la possibilità che fosse scelta la
sede di Milano anche in virtù di queste nostre agricolture e, quindi, di un legame forte con il
territorio e della tipicità di un prodotto che non è omologato.
La scelta degli OGM comporta qualcos'altro dal punto di vista della nostra agricoltura.
Significa cambiare modello agricolo (di questo infatti stiamo parlando) e pensare di arrivare a
un modello omologato. Nel mondo esistono sono ormai pochissime varietà, e tutto questo
perché le sementi sono nelle mani di quattro grandi multinazionali. La vicenda del cibo, come
quella dell'acqua, riguarda il futuro dell'umanità. Noi abbiamo fino ad oggi compiuto questa scelta,
ribadita nell'Aula.
Questa direttiva ci dà oggi la possibilità, come Stato membro, di poter finalmente decidere per
l'interesse nazionale. Noi chiediamo che nel recepimento della direttiva siano inseriti anche dei
criteri direttivi specifici, cioè di estendere all'intero territorio nazionale l'ambito geografico di
esclusione dalla coltivazione per le richieste di adeguamento concernenti la procedura di
autorizzazione e di estendere all'intero territorio nazionale e a tutte le varietà di OGM l'adozione
delle misure di divieto di cui all'articolo 26-ter, paragrafo 3, della direttiva 2001/18/UE.
È quindi una richiesta molto specifica perché spero - almeno così ci pareva - che su questo il
Governo (ovviamente il sottosegretario Gozi lo sa perfettamente) voglia tutelare l'interesse
nazionale.
Sulla vexata quaestio di prima della ricerca, ricordo che, nel corso dell'esame di quelle mozioni,
abbiamo fatto una discussione molto approfondita proprio sulla parte della ricerca scientifica. Come
ho detto prima, è chiarissimo quello che abbiamo scritto. Quindi, noi chiediamo anche al Governo spero che il sottosegretario Gozi mi stia a sentire - di procedere sulle indicazioni molto precise che
il Parlamento ha già dato all'Esecutivo. Chiediamo anche di non farci trovare di fronte a
provvedimenti inseriti in un decreto che smentirebbero anche il posizionamento italiano e le Aule
parlamentari. Infatti, noi abbiamo antiche tradizioni anche nel campo della ricerca e nel campo
sementiero e - torno a ripetere - quelle possono vivere e avere un futuro se si investe certamente
nella ricerca, ma non in quella OGM. Spacciare le varietà OGM come nuove varietà la dice lunga
su chi, in qualche modo, le cita e le propone a proposito di principi scientifici.
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Spero che prima il Governo si sia un po' confuso nell'annunciare la discussione futura, ma è
evidente a tutti che noi non possiamo che chiedere al Governo che si continui sulla strada che già il
Senato e la Camera hanno tracciato e che si prosegua, quindi, nell'attuazione di quella direttiva.
Mi avvio davvero a concludere. Non vorrei che, siccome siamo a maggio, tutto questo attivismo ci
debba riportare, magari, a far sì che qualcuno possa autorizzare la coltivazione della semina in
Friuli-Venezia Giulia, con tutti i guai che abbiamo avuto e i danni ai produttori di mais! Infatti,
anche la ricerca in campo aperto significa che noi danneggiamo le nostre aziende e i nostri prodotti.
Voglio poi vedere chi pagherà anche i danni economici di queste eventuali scelte scellerate.
2.11 Sen.ce Emilia Grazia De Biasi (PD - Presidente Commissione Igiene e sanità)
Signor Presidente,
apprezzo la scelta, l'indicazione, l'invito che ci fa il Governo a discutere seriamente in quest'Aula il
tema della ricerca scientifica, perché il bello della ricerca e della vita è che evolve e che ci sono
sempre elementi nuovi di conoscenza. Non c'è niente di male a discutere della conoscenza, a meno
che vogliamo decidere che l'Italia sia una zona extraterritoriale rispetto al dibattito che c'è nel
mondo. Amartya Sen oggi è molto chiaro, ma, per carità, ognuno ha le sue opinioni.
Mi permetto soltanto di dire una cosa: non si usi l'argomentazione che questo Parlamento si è
già espresso, perché, se così fosse, vorrebbe dire che oggi noi dovremmo dire che abbiamo
avuto ragione a votare per Stamina, che è stato invece un errore politico gigantesco! Ripeto:
un errore gigantesco e sanzionato in modo chiaro dalla magistratura.
È allora evidente che ognuno ha le sue opinioni, ma penso che la volontà di confrontarsi significhi
anche la sicurezza delle proprie opinioni, mantenendo nella sicurezza anche quel margine di dubbio
che tante colleghe non hanno in questo caso, ma che io, da povera profana, ultima delle ultime, mi
permetto di mantenere, perché il dubbio è ciò che ha fatto proseguire la scienza nel mondo e che ha
fatto stare meglio le persone. Diversamente, saremmo ancora all'idea che la terra è piatta e non
credo che noi potremmo procedere in questa direzione.
2.12 Sen.ce Elena Fattori (M5S - Vicepresidente Commissione politiche dell'Unione europea) risposta alla richiesta di ritiro di un emendamento su divieto alla ricerca su OGM in campo
aperto
Mi associo un po' a quanto detto finora. Io stessa sono disposta a ritirare questo emendamento,
purché il Governo mi assicuri che, fino a che il Parlamento non si esprimerà diversamente, fa fede
la vecchia mozione, quella in cui invitavamo il Governo a non autorizzare nuovi OGM e a fare
ricerca esclusivamente in ambiente confinato. Al di là del fatto che si possa cambiare idea,
probabilmente la si deve cambiare in maniera democratica, votando qualcosa di nuovo, di discusso
e di approfondito, come è accaduto l'altra volta. Non è che, se cambia idea una persona sola, in
qualche modo poi questo Parlamento deve prenderne atto.
Parliamo però un pochino anche di ricerca, perché qua si mistifica molto tra io ci capisco e io non ci
capisco, io sono qua e io sono là. Stamina l'avete approvata tutti e forse noi siamo stati gli unici
ad approfondire l'argomento: quindi è meglio stendere un velo pietoso su Stamina. La ricerca
però, signori cari, non è necessariamente ricerca in campo aperto. La stessa dottoressa Cattaneo ha
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detto effettivamente che gli OGM fino a adesso sono archeologia rispetto alle nuove ricerche. Io
vorrei richiamare, ad esempio, una nuova metodologia di manipolazione del DNA, che si chiama
CRISPR, la quale archivia tutto quello che è stato fatto fino a adesso sugli OGM. È una nuova
scoperta meravigliosa, pubblicata sui migliori giornali scientifici. Ho avuto modo di avere una
discussione molto approfondita con un gruppo di scienziati, che mi hanno detto che tutta la
biotecnologia fatta fino a adesso, in vista di questa nuova tecnologia di manipolazione del
DNA, è archeologia.
Io allora rimango perplessa per l'arroganza di chi dice che gli OGM in campo è scienza. Gli
OGM in campo è qualcosa di applicato alla vita di tutti i giorni, non è scienza. È una scelta
scientifica fino ad un certo punto. La scienza si può fare in laboratorio, dove possiamo fare tante
cose: la selezione dei marker o la selezione accelerata come si fa sulle phage library, visto che
vogliamo parlare di scienza. Gli OGM che sono oggi in commercio sono degli OGM degli anni '60,
'70 ed '80; sono delle cose che non hanno nemmeno più diritto di esistere, perché sono veramente
cose antiche. Se l'Italia vuole fare scienza, allora, la facesse per bene, in maniera intelligente ed
innovativa, senza necessariamente piantare il melo resistente alla farfallina, magari prodotto
vent'anni fa e che non ha più ragione di esistere, perché la scienza nel frattempo è andata
avanti.
Quindi non stiamo parlando di scienza, ma stiamo parlando di scelte economiche, politiche,
agricole ed industriali. Non mistifichiamo: coltivare non è scienza, coltivare è economia. Ci
sono degli studi diffusi dalla Reuters che dimostrano che l'introduzione di OGM non ha affatto
diminuito il prezzo dei cibi, come molti dichiarano. Poi ci sarebbe anche da pensare se sia
opportuno avere delle monocolture a basso prezzo o se invece la nostra Italia vorrebbe avere delle
colture di eccellenza, magari più costose, magari da esportare. Quindi non mistifichiamo: non
stiamo parlando di scienza, ma stiamo parlando di altro.
Noi nella nostra mozione abbiamo detto che è bene fare della ricerca, ma questa deve essere
fatta in campo chiuso e in ambiente controllato. I danni ambientali ci sono, perché negli Stati
Uniti ci sono 25.000 ettari infestati da piante che sono diventate resistenti al glifosato. Allora
non facciamo gli scienziati pazzi. La scienza è quella che si fa in laboratorio; nel momento in
cui si coltiva qualcosa, si fa una cosa diversa dalla scienza, si fa una scelta di sistema,
economica e di società. Questa, allora, è la società che vogliamo per l'Italia? Vogliamo le
monocolture con le mele tutte uguali? Oppure vogliamo essere eccellenti con i nostri piccoli pezzi
di terra, con delle coltivazioni particolari?
Circoscriviamo i discorsi. Non ci venite a prendere in giro parlando di scienza, perché questa
non è scienza: è una scelta politica importante che influenzerà le nostre eccellenze per il
prossimo trentennio. Diciamo le cose come stanno e non mistifichiamo.
Se questo Governo vuole fare dell'Italia una monocultura, ce lo dica, perché altrimenti stiamo
parlando di una cosa invece che di un'altra. Se il Governo mi ascolta per un istante, se mi promette
che ci sarà una discussione seria non solo sulla scienza, sottosegretario Gozi, ma economica, di
sistema, agronomica, poi parliamo anche di ricerca italiana, che però è tutta un'altra cosa, è tutto un
altro campo.
Sono disposta a ritirare l'emendamento, purché ci sia l'impegno da parte del Governo - da cui mi
attendo una risposta - a non limitare la discussione al mondo scientifico, ma di estenderlo anche al
mondo agricolo, al mondo economico, al mondo delle associazioni di base ed anche ai cittadini.
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Ritiro, quindi, il mio emendamento 13.0.201 a condizione di un impegno del Governo che mi
aspetto che risponda.
2.13 Sen. Maurizio Romani (Misto-MovX - Vicepresidente Commissione Igiene e Sanità)
Signor Presidente,
innanzitutto volevo chiedere di poter aggiungere la mia firma all'emendamento 13.0.200 del
senatore Ruta e all'emendamento 13.0. 202 della senatrice De Petris.
Credo che qui nessuno voglia andare contro la scienza e contro la ricerca. Come ha detto il senatore
Ruta, noi abbiamo il CRA-CIN, che è l'ente pubblico per la ricerca e la sperimentazione in
agricoltura e per le colture industriali, ma quello che dovrebbe preoccupare i nostri ricercatori
italiani è il fatto che nella spending review si è proposta la chiusura di questo stabilimento di ricerca
di Rovigo proprio a causa dei tagli imposti dal processo di revisione. Quando parliamo di ricerca ed
in particolare di ricerca italiana in campo agricolo, dovremmo difendere questo e non gli OGM.
È vero che tutto quello che noi diciamo oggi tra trent'anni può essere contestato, ma qui si sta
cercando di sdoganare un'altra volta la ricerca in campo aperto sugli OGM quando è una
cosa che si fa da trent'anni e che abbiamo visto che reca più danni che benefici.
2.14 Sen. Bartolomeo Amidei (FI-PdL - Membro Commissione Agricoltura)
Signor Presidente,
sin qui ho sentito più volte citare la parola «scienza» ma ahimè credo che qui - non vorrei
assolutamente essere offensivo nei confronti dei colleghi senatori - quanti conoscono effettivamente
la materia siano ben pochi, per non dire nessuno.
Vorrei tranquillizzare la senatrice De Petris, che si dice preoccupata che in Friuli si possa seminare
il mais o la soia, perché questo è già avvenuto.
Ho sentito parlare, nel corso della giornata, di trattamento di piante roundup ready, o meglio
resistenti al glifosato, e del fatto che in qualche modo ormai tutte le infestanti crescono a causa di
questo utilizzo. Prima di tutto, non si possono coltivare piante roundup ready in Italia e
conseguentemente la selezione di piante in grado di tollerare l'utilizzo di erbicidi a base di glifosato
non è dovuta alla presenza di una eventuale pianta OGM, bensì all'utilizzo continuo e costante di un
prodotto che nel tempo provoca una selezione delle piante infestanti che poi, semplicemente usando
un dosaggio superiore e comunque nei limiti consentiti dall'etichetta, vengono debellate.
C'è quindi la necessità, ahimè, di capire molto meglio di cosa si parla. Basti pensare che in altri
Paesi europei comunque viene consentita la libertà di autoregolamentarsi nell'utilizzo degli OGM,
quando in Italia solo dire di no significa penalizzare il Paese.
Va fatta assolutamente chiarezza sulla tipicità dei prodotti e sulla loro salvaguardia, che non ha
nulla a che vedere con gli OGM. Quelle paure fantomatiche sul fatto che se un'ape prende il
polline e vola da un'altra parte ciò possa innescare una contaminazione devono essere sfatate,
perché non sono assolutamente fondate. Basti pensare ad una qualità di mela, ad esempio fuji:
se il suo polline viene trasportato da un'ape verso un melo golden non nasce un incrocio.
Potrei quasi pensare, ahimè, che ci troviamo ancora a livelli in cui si crede che con il bacio si
rimanga incinte. Non è assolutamente vero.
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Se consideriamo l'aspetto commerciale, basta prendere un listino della borsa merci di Bologna: la
soia, il mais, il grano OGM provenienti da altri Paesi costano mediamente un 10 per cento in più.
Ma questo è semplicemente un dato di fatto e sfido chiunque a dimostrare il contrario.
Diverso, invece, è il problema che pone la senatrice Cattaneo. Non è un problema di dire sì o no,
non è questa la materia del contendere. La materia del contendere è dare la possibilità anche alla
ricerca pubblica di valutare, con tutti i sistemi che la scienza mette a disposizione, quale sia la
strada migliore da intraprendere, senza porre limiti, se non quelli dettati da una ricerca seria, dove il
controllo deve essere assoluto. Questa è la materia. Opporsi a questo significa veramente dare corso
ad un oscurantismo inaccettabile al giorno d'oggi, a maggior ragione se altri Paesi europei lo fanno.
Ma sapete che la metà della superficie degli Stati Uniti d'America è OGM? Non stiamo parlando di
chissà quale Paese.
Signor Presidente, mi avvio a concludere. Credo che l'argomento sia quello sottoscritto da tutti i
Presidenti dei Gruppi politici presenti in Senato e non credo che qualcuno voglia nascondere la
mano per aver lanciato un sasso in quello stagno che può creare conoscenza per l'umanità. È
soprattutto questo l'obiettivo che dobbiamo perseguire, a prescindere da pregiudizi che non devono
far parte della nostra cultura, per il bene dell'umanità.
2.15 Sen. Carlo Giovanardi (AP - NCD-UDC - Membro Commissione Giustizia)
Signor Presidente, vista l'importanza del dibattito, vorrei capire di cosa il Governo ha detto che terrà
conto. Di quello che è stato approvato due anni fa o anche del dibattito odierno? Se il Governo ha
detto e ha informato i senatori che si muoverà rispettando quello che è stato deliberato due anni fa
da questo Senato, non credo che ciò sia nello spirito di quanto abbiamo detto finora. Vorrei capire
in che senso si sia espresso il Governo.
2.16 Sottosegretario agli affari europei Sandro Gozi - risposta al Sen. Giovanardi
Signor Presidente, oggi il Governo ha preso l'iniziativa e si è impegnato a stimolare prima
della pausa estiva un dibattito su un tema molto più ampio di quello che è oggetto della legge
di delegazione europea, la quale non può certo essere la sede per affrontare un tema vasto
come quello che è emerso e come gli interventi hanno dimostrato essere. L'Esecutivo si impegna
quindi a presentare una posizione che tenga conto del tema della ricerca, che va ben al di là del tema
specifico relativo a OGM e biodiversità nell'agroalimentare, e di tutti gli interventi fatti.
Nel merito specifico il Governo rimanda al funzionamento della direttiva che stiamo recependo, che
è molto chiaro sia in termini di possibilità di vietare gli OGM nei singoli Stati membri, che nei
termini di quel compromesso a livello di Unione europea che è stato il tema fondamentale attorno al
quale abbiamo organizzato un negoziato che ha portato a un accordo europeo che è oggetto della
direttiva che stiamo recependo.
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3. Allegato
3.1 Testo Ordine del giorno G1.100 Cattaneo ed altri
ORDINE DEL GIORNO - G1.100 (testo 2)
CATTANEO, ZANDA, Paolo ROMANI, SCHIFANI, DE BIASI, FORMIGONI, BIANCONI
Ritirato
Il Senato,
premesso che:
il disegno di legge in discussione AS 1758 recante «Delega al Governo per il recepimento
delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea; Legge di delegazione europea
2014» dispone al primo comma dell'articolo uno che «il Governo è delegato ad adottare secondo le
procedure, i princìpi e i criteri direttivi di cui agli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n.
234, i decreti legislativi per l'attuazione delle direttive elencate negli allegati A e B alla presente
legge»;
all'allegato B della presente legge il penultimo punto, il numero 54, aggiunto al testo
d'iniziativa del Governo dalla 14ª Commissione permanente in sede referente, si individua la
seguente direttiva tra quelle oggetto di recepimento: «54) (UE) 2015/412 del Parlamento europeo e
del Consiglio, dell'11 marzo 2015, che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la
possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente
modificati (OGM) sul loro territorio (senza termine di recepimento)»;
- in Italia, da oltre dieci anni, in controtendenza con le tradizioni d'eccellenza scientifica di
settore del Paese e al contrario di quanto avviene nei maggiori Paesi europei, non è possibile fare
ricerca scientifica pubblica sperimentando in pieno campo le innovazioni biotecnologiche scoperte
dagli scienziati italiani;
- il divieto è in contrasto con l'interesse nazionale e con le indicazioni dell'Unione Europea
contenute nella stessa direttiva (UE) 2015/412 di cui si dispone il recepimento che, nel lasciare
liberi gli Stati di regolamentare a piacere sul loro territorio le piante geneticamente modificate,
raccomanda di favorire la ricerca scientifica nell'interesse dell'economia agricola europea e
mondiale;
- inoltre, la direttiva dispone che l'Autorità e gli Stati membri dovrebbero perseguire la
formazione di una vasta rete di organizzazioni scientifiche in rappresentanza di tutte le discipline,
comprese quelle relative alle tematiche ecologiche;
- la direttiva raccomanda che la Commissione e gli Stati membri garantiscano la messa a
disposizione delle risorse necessarie per la ricerca indipendente sui rischi potenziali che possono
insorgere a seguito dell'emissione deliberata o dell'immissione in commercio di OGM e a fare in
modo che i ricercatori indipendenti abbiano accesso a tutta la documentazione pertinente, nel
rispetto dei diritti di proprietà intellettuale;
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- nuovi finanziamenti specifici devono essere assegnati per rendere possibili le valutazioni
d'impatto ambientale delle innovazioni che vengono sperimentate in campo;
- le sperimentazioni e le valutazioni d'impatto ambientate devono essere condotte in maniera
comparata tra le diverse tipologie di coltivazioni. Questo vuol dire che una pianta modificata va
valutata rispetto alla stessa pianta coltivata in maniera tradizionale, o secondo le procedure
dell'agricoltura biologica. Quindi la valutazione d'impatto non è assoluta, ma relativa al carico
ambientale prodotto dai tre tipi dì coltivazioni;
- l'Italia ha accumulato uno spaventoso ritardo nelle discipline dell'innovazione agronomiche
che si traducono anche nell'assenza di aziende sementiere italiane anche di medie dimensioni, tanto
che tutti i semi di piante orti col e ci arrivano dall'estero;
- se la ricerca pubblica italiana continuerà a vedersi proibita ogni possibilità di sperimentare
piante ingegnerizzate di interesse nazionale, a fame le spese saranno la tutela della biodiversità
agraria italiana che, senza ricerca, continuerà a ridursi; la possibilità di limitare l'impatto della
chimica sulle coltivazioni nazionali; l'ulteriore invasione da parte di semi e piante di provenienza
estera con le logiche conseguenze di inquinamento per le nostre coltivazioni (si vedano i casi, della
distruzione delle palme per il punteruolo rosso, di castagni, noccioleti, fino all'ultimo episodio di
Xylella, un parassita importato con semi e piante d'importazione) e complessivamente la possibilità
di rendere l'Italia un Paese più competitivo nel settore;
- preservare e implementare la biodiversità dell'agricoltura del Paese significa consentire alla
ricerca pubblica la sperimentazione di due tipologie di piante geneticamente modificate:
a) le piante transgeniche, cioè quelle in cui vengono trasferiti geni presenti in specie
diverse, che sono esenti da brevetti delle grandi multinazionali sementiere;
b) le piante non-transgeniche in cui sono trasferiti geni da altre piante della stessa specie o
in cui funzioni della stessa pianta vengono spente anche usando le nuovissime tecnologie di
evoluzione guidata;
- sono necessari investimenti mirati per lo sviluppo di tecnologie che descrivano le
informazioni contenute nel DNA di piante d'interesse specifico per l'agricoltura italiana e dei suoi
prodotti tipici, riguardanti i sistemi di difesa dai parassiti;
- il principale problema dei cultivar italiani è la loro suscettibilità alle malattie da parassiti,
rispetto ai quali i recenti progressi delle conoscenze scientifiche sui sistemi genetici di difesa
acquisiti evolutivamente dai genomi, potrebbero consentire di dotare le piante della capacità di
resistere ai parassiti anche senza dover inserire geni estranei; in altre parole esiste un potenziale
straordinario di sviluppo conoscitivo e innovativo che può scaturire dallo studio dei meccanismi di
difesa delle piante, che fino ad ora è stato poco sfruttato dalla ricerca biotecnologica;
- il melo è un esempio di pianta nelle quali le modifiche (intese come silenziamenti di .geni
di cui al precedente punto b) garantiscono un vantaggio per i consumatori e non più solo per i
produttori, con la consistente riduzione nell'uso di fungicidi;
- allestire una pianta che deriva dall'incrocio tra varietà commerciali e varietà selvatiche
permetterebbe di accelerare di vari decenni l'ottenimento di una pianta che potrebbe nascere da un
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normale incrocio tra le due varietà, ma solo in un tempo troppo lungo, tempo durante il quale la
pianta verrebbe ulteriormente appesantita dal già enorme carico di fungicidi che affliggono le
coltivazioni;
- esempi analoghi di come ridurre l'allarme sociale per l'uso di pesticidi potrebbero essere le
viti che evitano l'impiego di metalli pesanti come l'ossido di rame usato come fungicida a livello
internazionale anche perché l'Italia non consente (a differenza della Germania) di fare
miglioramento genetico mirato (non-transgenico) sulle piante di vite. Va ricordato che il rame
essendo un metallo pesante resta nei terreni per varie decine di anni e che queste pratiche
andrebbero scoraggiate a differenza di quanto accade ancora oggi per le coltivazioni biologiche di
vite. Lo stesso problema deve essere affrontato per altre coltivazioni tipiche nazionali come il riso
Carnaroli aggredito da altri tipi di funghi e la cui coltivazione sta ora scomparendo;
- in tal senso queste tecnologie mirano a preservare la biodiversità vegetale delle
coltivazioni tipiche nazionali,
impegna il Governo:
1) a rilanciare, recependo la direttiva (VE) 2015/412, la ricerca biotecnologica agraria
pubblica in Italia, prevedendo una disciplina per riprendere la sperimentazione in campo aperto
delle innovazioni studiate in ambito pubblico, a tal fine valutando la possibilità di:
- approvare i protocolli sperimentali di messa in campo relativi a ogni singola pianta,
pronti dal 2007;
- istituire una Commissione di valutazione delle richieste di sperimentazione, composta
anche dai ricercatori più prestigio si e qualificati, sulla base delle migliori liste di pubblicazioni
internazionali;
2) individuare sul territorio dei campi sperimentali di interesse nazionale, differenziati in
modo da poter rappresentare le differenti aree climatiche del Paese;
3) assegnare nuovi finanziamenti specifici per rendere possibili le ricerche su nuove piante e
microrganismi utili in agricoltura, con particolare riferimento alle tecniche di garanzia della tutela
della salute e alla lotta nei confronti dell'abuso di fertilizzanti chimici di cui sono conosciute le
negatività, oltre che sulle valutazioni di impatto ambientale delle innovazioni che vengono
sperimentate in campo;
4) attuare la ricerca sulle piante geneticamente migliorate che si occupi di:
- piante transgeniche esenti da brevetti delle grandi multinazionali sementiere, così da
proteggere l'agroalimentare nazionale,
- piante e microrganismi utili per aumentare la fertilità dei suoli che hanno ricevuto geni
da piante della stessa specie o, ancora
- piante con geni della pianta stessa spenti al fine di dotarle della capacità di resistere ai
parassiti senza dover inserire geni estranei.
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