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Vita delle Società - Associazioni
venerdì 05 agosto 2016
di Micaela Ancora - FIRE
Occupazione green, spinte e freni nello scenario italiano
L'ultimo Rapporto IRENA ha sottolineato come con un
incremento del 36% di rinnovabili il mondo ne ricavi 24 milioni di posti
di lavoro. Buon dato a livello mondiale e ottimo input per il nostro
Paese…ma noi puntiamo sull'efficienza energetica e sulle fonti
rinnovabili per alimentare il bacino occupazionale? Una fotografia
alquanto esaustiva, dal 2012 al 2015, della situazione italiana è stata
tracciata dallo studio GSE “La valutazione delle ricadute economiche
e occupazionali dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili in Italia”, appena pubblicato. Questo
traccia il rapporto tra lo sviluppo delle rinnovabili e le conseguenti ricadute nel settore occupazionale
ed economico. Emerge che ad oggi sono più di 38 mila gli occupati nel settore delle FER (aumento
pari al 30% rispetto al periodo storico precedente considerato): un buon dato ma singolare, se
consideriamo che ad una maturazione del mercato occupazionale corrisponde un calo degli
investimenti nel campo. Ciò dipende dal fatto che, nonostante il rallentamento del meccanismo legato
agli incentivi, ai freni normativi e ai ritardi dovuti alle recenti e discusse misure retroattive, la filiera del
green job è cresciuta e si è consolidata grazie ad una prima fase (quella antecedente, intorno al
2011), durante la quale si è avuto un forte incremento delle installazioni; ciò ha portato al
consolidamento di una filiera destinata alla gestione e alla manutenzione degli impianti stessi (le
spese per la manutenzione sono oggi pari a 3,9 miliardi, di cui 1,1 miliardi destinate al fotovoltaico).
Inoltre, il GSE evidenzia come gli addetti permanenti occupati direttamente nel settore sono passati
dai 18.600 del 2012 a 22.300 nel 2015, mentre nello stesso periodo quelli indiretti, ossia fornitori della
filiera, da 13.600 sono passati a 16.000. I settori dove si registrano più occupati sono l'eolico, le
bioenergie ed ovviamente il fotovoltaico. Per fornire un quadro più esaustivo, il Rapporto GreenItaly
2015, pubblicato da Fondazione Symbola e Unioncamere, evidenzia come quello delle costruzioni
risulti essere un settore di punta per i green jobs, registrando il 44,5% delle assunzioni di personale
non “tradizionale”, seguono l'industria ed il manifatturiero. Volendo suddividere per area geografica, il
Rapporto evidenzia che la domanda è particolarmente alta nel Nord-Ovest italiano (il primato va alla
Lombardia), seguito dal Nord-Est (Veneto ed Emilia Romagna) ed infine il Centro-Sud. Spostando
l'attenzione di settore in settore e guardando da vicino le varie realtà italiane, notiamo da subito che
le P.A., centrali e locali, potrebbero promuovere sui loro territori l'occupazione verde, ma ad oggi
come evidenziato da FIRE nell'ultimo Rapporto annuale sugli Energy manager, la P.A. non è al passo
con i tempi, è indietro con le nomine degli energy manager e fa fatica a realizzare interventi di
efficientamento energetico. In settori più attivi, come quello industriale o terziario, abbiamo dei
movimenti più significativi, ma solo perché la natura dei settori lo permette (acquisire personale
qualificato, ad esempio un EGE, o nominare un buon energy manager è per un'azienda che intende
ridurre i consumi un valore aggiunto di non poco rilievo).
È un quadro non negativo quello tracciato, ma si può fare di meglio. Ad oggi qualcosa si è
mosso. Nel 2013, ad esempio, il Ministero dell'Ambiente lanciò il Fondo per l'occupazione giovanile
nel settore della green economy (460 milioni di euro stanziati). La concessione dei finanziamenti era
subordinata all'assunzione di personale di età non superiore ai 35 anni. Veniva esclusa una buona
fetta della forza lavoro, in una Italia dove spesso si trova prima occupazione stabile a 40 anni. Il
Fondo ha avuto un discreto successo in termini di partecipazione da parte delle imprese. Alla
conclusione delle procedure istruttorie preliminari all'ammissione al finanziamento agevolato sono
entrati in graduatoria 72 progetti, per un importo complessivo di risorse stanziate pari a circa 150
milioni di euro. A fronte della realizzazione di tali progetti erano previste assunzioni a tempo
indeterminato per circa 180 unità di personale under 35. Purtroppo, successivamente all'ammissione
a finanziamento, molte imprese hanno riscontrato diverse criticità di tipo tecnico-amministrativo, in
particolare per l'ottenimento delle autorizzazioni necessarie alla realizzazione degli interventi. Tali
criticità hanno comportato un ritardo nell'iter di concessione dei finanziamenti, così si è registrato un
notevole tasso di rinuncia da parte dei soggetti beneficiari. Ancora non sono disponibili i dati di
consuntivo, ma l'idea era buona e avrebbe potuto essere seguita con maggiore attenzione e
impegno, ed eventualmente riproposta dopo aver superato le barriere manifestatesi.
Purtroppo la governance del nostro Paese non aiuta a dare continuità alle politiche mirate alla
sostenibilità, nonostante l'importanza di questo tema per la competitività delle imprese e per gli
impegni presi a Parigi lo scorso anno. Troppo spesso gli strumenti adottati non vengono monitorati e
gestiti in modo adeguato, o partono con grande ritardo. Nel secondo gruppo ricordiamo il Fondo
Nazionale per l'Efficienza Energetica previsto dal D.Lgs. 102/14. Aveva una dotazione iniziale di 210
milioni di euro, che potrebbero favorire investimenti in energie pulite e dunque di conseguenza in
occupazione. Si è però ancora in attesa dei decreti attutivi per sfruttarlo.
Oltre a questi input a singhiozzo provenienti da chi legifera, altro punto importante è il mercato:
cosa richiede? Prima di tutto una formazione adeguata dei nuovi entrati nel settore e la
riqualificazione dei disoccupati. Bisogna inoltre attivare l'allineamento delle competenze dei lavoratori
alle nuove tecnologie e garantire alle nuove figure professionali del settore green un'equa
rappresentanza a livello contrattuale.
Allargando gli orizzonti geografici, la Commissione Europea ha stimato per i settori low carbon
dell'energia capacità occupazionale pari a circa 9 milioni di individui, di cui il 5-10% ricercatori, il 2032% ingegneri e il 35-70% tecnici. Per il 2020, le stime attendono l'impiego di altri 5 milioni di figure:
ne deriva un alto aumento di nuove posizioni lavorative e di ricollocamenti. Per il 2030, si stima una
crescita di 6,3 milioni di lavoratori. Il programma Horizon 2020, non a caso, evidenzia in diversi punti
le opportunità lavorative e il benessere sociale del futuro e destina risorse per creare e potenziare
nuove figure capaci di rispondere alle sfide della sostenibilità.
In conclusione la green economy ha già contribuito a creare numerosi posti di lavoro, ma si è
colta solo una parte dell'opportunità. L'impressione è che manchi una visione adeguata a livello
Paese e che troppe risorse vengano disperse su fonti energetiche ed attività lontane dalla strada
tracciata a Parigi.
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